Coco di Lee Unrich e Adrian Molina

print

Coco, un film d’animazione Usa 2017, di Lee Unrich e Adrian Molina

di Mario Coviello

Coco è un film d’animazione della Pixar, quella di “Inside out”,di “Up”, che nel periodo natalizio è arrivato nelle sale cinematografiche italiane e che vi consiglio vivamente perché è profondo, intelligente, divertente e commovente.

Se in “Inside out” per la prima volta un cartone animato ha affrontato il tema delle emozioni e ci ha insegnato a distinguerle e a fare i conti con esse, con Coco il tema principale è la morte. Quante volte avremmo voluto chiedere ai nostri genitori, che ci allontanavano da casa quando un nostro caro moriva, dove andava?, cosa c’era nell’aldilà?

Ma abbiamo tenuto per noi questa domanda perché anche questo era uno di quegli argomenti che avremmo capito da grandi. Eppure il post mortem è un luogo di vita per adulti e bambini e anche oggi in un mondo in cui tutti dobbiamo essere eternamente giovani, belli e in salute, la morte è un tabù che non si racconta.

Coco racconta la storia di Miguel, un ragazzino messicano che coltiva un sogno: vuole suonare la chitarra e cantare. Ma nella sua famiglia la musica è proibita perché un suo antenato ha abbandonato la trisavola Imelda e la figlia Coco, che è l’ anziana ed inferma bisnonna di Miguel, per diventare un musicista famoso.

Nella notte dei morti che si festeggia in Messico offrendo cibo ai cari defunti, ricordati in ogni casa con altari e foto e illuminando i cimiteri, Miguel decide di rubare al cimitero la chitarra del più famoso cantante del suo paese per potersi finalmente esibire in piazza e seguire il suo sogno.

Il furto lo catapulta nel mondo dei morti e solo la sua famiglia di cari defunti lo potrà far ritornare nel mondo dei vivi.

Quello dei morti è un mondo di colori caldi, rutilanti e gli scheletri conservano i caratteri che le persone avevano in vita.

Ancora una volta a Miguel verrà chiesto di scegliere fra la famiglia e il suo sogno di diventare musicista e sarà il legame familiare a prevalere perché i nostri cari defunti non moriranno mai del tutto se noi saremo capaci di ricordarli. Quelli che muoiono veramente sono solo quelli che nessuno ricorda e non omaggia con dolci e bevande.

Il film è da vedere perché ci immerge nella cultura messicana e, mentre Trump parla di paesi “schifosi” e il mondo ha sempre più paura degli “altri che ci invadono”, ribadisce che l’altro è ricchezza, completamento.

Coco è un film da vedere perché la cultura messicana ci viene raccontata con i ritmi delle sue canzoni e i caldi colori della sua pittura,la bellezza della sua fotografia in bianco e nero, arrivando a ironizzare perfino su figure mitiche come quella di Frida Khalo.

Coco è un viaggio, il viaggio della vita che ci matura facendoci affrontare prove, superare ostacoli, rafforzando la capacità di credere in noi stessi. Morire significa dimenticare, non avere più memoria. Non è l’allontanamento di un corpo il tema di Coco, ma il recupero con l’aiuto del ricordo, della memoria di qualcuno che non è più tra noi ma il cui spirito aleggia in un ponte tra morte e vita. E non è un caso che in una delle scene più belle e commoventi del film, questo ponte lo rappresenti la musica, uno degli arieti più spontanei, uno dei mezzi espressivi più poetici e al tempo stesso potenti. Originale e realistica, la musica accompagna Miguel nel suo viaggio, al termine del quale, morti e vivi danzeranno insieme, uniti in un cammino, etereo e formale, divertito e elegiaco, coinvolgente e commovente.