E. Clesis, Guardrail

La Clesis e le sue storie di vita vissuta

di Antonio Stanca

Eva Clesis è una scrittrice italiana di trentotto anni, è nata a Bari nel 1980 e attualmente vive tra Bari, Roma e altre città.

Ha cominciato a scrivere a ventiquattro anni, cioè nel 2004, quando si trovava a Parigi e sua prima scrittura era stata quella di articoli per giornali e saggi per riviste francesi. Aveva scritto di pittura, di arte dadaista, di poesia beat. Rientrata in Italia ha continuato a scrivere per giornali e riviste. Suoi articoli, suoi saggi di cultura, di costume, sono comparsi in raccolte antologiche. Anche con siti telematici ha collaborato e intanto s’impegnava nella produzione di racconti e romanzi. A cena con Lolita, nel 2005, è stato il suo primo romanzo, Guardrail, nel 2008, il secondo e di questo ad Ottobre del 2017 la Las Vegas Edizioni di Torino ha pubblicato una nuova edizione nella collana “i jackpot”.

Una storia di vita vissuta contiene Guardrail e così le altre narrazioni della Clesis. Sempre vera, sempre naturale, sempre attuale nel contenuto e nella forma è risultata la scrittrice. Niente della sua narrativa sembra costruito, immaginato, inventato, tutto sembra succedere come nella vita di ogni giorno, quella fatta di ambienti comuni, di persone comuni e dei problemi che pure in questi ambienti, pure tra queste persone possono sorgere, aggravarsi, complicarsi in modo da superare ogni previsione, annullare ogni regola, rovinare ogni rapporto.

Guardrail dice di una ragazza, Alice, nata ad Asti da un padre che proveniva dal Sud d’Italia ed una madre inglese. I due si erano sposati poco dopo essersi conosciuti ma erano morti, in un incidente stradale, poco dopo la nascita della bambina. Questa era stata affidata prima ad un orfanotrofio, poi alla nonna paterna, che risiedeva in Puglia, vecchia insegnante elementare, tra quelle “terribili” di una volta. Alice crescerà priva degli affetti, delle attenzioni, di tutte quelle cure che una bambina può richiedere, che le sono necessarie per sentirsi, per stare bene, per acquistare fiducia in sé stessa, per avere buoni rapporti con gli altri specie con i coetanei. Neanche economicamente si era sentita sicura ché molto avara, oltre che molto severa, era stata la nonna nei suoi riguardi. Alice non accetterà passivamente tante privazioni e ad esse reagirà, contro di esse protesterà fino a diventare impulsiva, collerica, violenta, fino a giungere spesso alle mani e a rubare nei negozi o altrove senza mai sentirsi in colpa. Il suo modo di pensare, però, insieme a quello di fare, di vestire, di parlare, mai correttamente, i suoi problemi in casa con la nonna, a scuola con gli insegnanti a causa della mancata applicazione nello studio e della cattiva condotta, la isoleranno, ne faranno un’esclusa. Soprattutto con le compagne i rapporti diventeranno difficili e a volte violenti. L’avversione, la rabbia, l’odio che Alice ha accumulato verso tutto e verso tutti non tenderanno mai ad acquietarsi ma si aggraveranno e le faranno concepire l’idea di andare lontano, di fuggire da quei posti dove ormai era diventata “un caso” tristemente e ampiamente conosciuto. Penserà di raggiungere Londra, dove vivono i nonni materni, di cercarli perché è convinta di stare meglio con loro. Con i soldi ricavati da un lavoro al quale la nonna l’ha fatta attendere, a soli sedici anni, presso un’azienda visto che i risultati scolastici lasciavano sempre più a desiderare, penserà di pagare il biglietto per l’aereo mentre con l’autostop penserà di compiere il resto del viaggio. E sarà, appunto, con il proprietario della macchina che si è fermato per darle un passaggio fino all’aeroporto di Brindisi, da dove avrebbe dovuto prendere l’aereo per Londra, che Alice avrà uno scambio, una conversazione abbastanza lunga, quanto la durata del loro viaggio. Tra i due si giungerà, però, ad un rapporto che li renderà diffidenti, sospettosi, che spaventerà Alice e la farà scappare alla prima occasione. Una fuga che la esporrà ai pericoli della strada e la farà finire in un letto d’ospedale.

Qui i nonni materni, avvertiti dalla polizia poiché erano gli unici suoi parenti, verranno a trovarla, faranno, cioè, quello che Alice aveva pensato di fare nei loro riguardi.

Dopo tanto male sembra essere giunti ad un bene finale. Come in una favola sembra succedere che le sofferenze, i dolori vengano alla fine ripagati, compensati.

Strano, però, risulta che il romanzo della Clesis acquisti questa dimensione solo nelle poche righe delle ultime pagine mentre per il resto la sua maniera era stata quella di una realtà spietata. Una realtà che la scrittrice ha reso con un linguaggio così autentico da accogliere anche le volgarità che sono proprie di certi ambienti, di certi modi di vivere, e da non far mai pensare alla possibilità di una modifica.