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Osservatorio per integrazione dei disabili

Scuola, insediato Osservatorio per integrazione dei disabili
Faraone: “Luogo importante di raccolta proposte e confronto”

Si è insediato il 22 dicembre al Miur l’Osservatorio permanente per l’integrazione degli alunni con disabilità, ricostituito questa estate con un decreto del Ministro Stefania Giannini.

“L’Osservatorio è un organo che ci permette, da una parte di monitorare le situazioni degli istituti scolastici del Paese così da poter intervenire per eliminare quei residui di inclusione ipocrita che in alcuni casi permangono ancora oggi, dall’altra di raccogliere proposte e pareri per migliorare le condizioni di vita di questi ragazzi e delle loro famiglie. Proposte che verranno tenute in conto nella fase di stesura delle deleghe della legge Buona Scuola”. Sottolinea il Sottosegretario all’Istruzione, all’Università e alla Ricerca Davide Faraone che ha aperto la riunione di insediamento.

Fanno parte dell’Osservatorio le Associazioni dei disabili e dei loro familiari, pedagogisti, esperti, docenti e dirigenti scolastici, rappresentanti dei Ministeri del Lavoro e della Salute. Per la prima volta hanno partecipato ai lavori anche i rappresentanti del Cnudd, la Conferenza nazionale universitaria dei delegati per la disabilità, estendendo così le competenze dell’Osservatorio anche agli studenti universitari.
“In Italia – ha dichiarato Faraone – siamo all’avanguardia per quanto riguarda l’inclusione scolastica ma tanto possiamo ancora fare per migliorarci e rendere non solo la scuola, ma l’intera società accogliente. Una scuola più inclusiva significa una società più inclusiva, in un’ottica di vera continuità: famiglia, scuola, territorio. Siamo tutti responsabili e ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo operativo in un momento in cui possiamo davvero cambiare, grazie alla Buona Scuola, il destino dei nostri ragazzi, migliorando la qualità della loro vita”.

L’Osservatorio è uno strumento di supporto alle attività del Miur nell’ambito dell’inclusione di alunni disabili. Tra i suoi compiti, quello di controllare che agli studenti siano garantiti il diritto allo studio, la continuità educativa, l’orientamento professionale.

Insegnante di sostegno: illegittimo il provvedimento del dirigente che assegna meno ore

Insegnante di sostegno: illegittimo il provvedimento del dirigente che assegna meno ore

Pubblicato da Avv. Nadia Delle Side
Data:22 dicembre 2015
in: Giurisprudenza disabili

Con la recentissima sentenza n. 5428 del 2015 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dai genitori di un alunno disabile a cui il dirigente scolastico aveva assegnato un insegnante di sostegno per  undici ore settimanali al posto delle 24 ore spettanti.

In tal modo il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del Tar che aveva inizialmente rigettato il ricorso, ritenendo congrue undici ore di sostegno, con l’affiancamento di un operatore per ulteriori cinque ore, oltre ad otto ore di compresenza e ciò sulla base della valutazione della gravità della malattia effettuata nel piano educativo individualizzato

I genitori dell’alunno disabile hanno invece proposto appello, facendo valere la violazione della legge 104 del 1992, e sottolineando il fatto che il minore avesse un autismo grave con totale incapacità di attenzione.

I giudici del Consiglio di Stato hanno ritenuto di accogliere tale istanza sull’assunto che “il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha rango di diritto fondamentale” e come tale va rispettato con rigore ed effettività. Inoltre, “l’istruzione rappresenta uno dei fattori che maggiormente incidono sui rapporti sociali dell’individuo e sulle sue possibilità di affermazione professionale… con la conseguente necessità, con riferimento ai portatori di handicap, di assicurarne la piena attuazione attraverso la predisposizione di adeguate misure di integrazione e di sostegno“.

Sempre dalla lettura della sentenza si evince che, a causa del grave autismo, il minore è invalido con totale e permanente inabilità lavorativa e con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita. Di conseguenza, di fronte a tale quadro clinico, il dirigente scolastico avrebbe dovuto motivare in modo rigoroso le ragioni per le quali non abbia ritenuto necessario assicurare al minore il sostegno adeguato.

Un anno senza Bomprezzi e la sua “forza gentile”

da Superabile

Un anno senza Bomprezzi e la sua “forza gentile”

Un anno fa moriva Franco Bomprezzi, il ricordo delle associazioni. La Ledha: il Centro antidiscriminazione era uno dei suoi progetti ed è stato naturale intitolarlo a lui. Non alla sua memoria, ma alla sua presenza

MILANO – Quando nel 2013 si è candidato al Consiglio regionale della Lombardia amava denifirsi “la forza gentile a rotelle”. E in questo primo anno di sua assenza, la sua forza gentile ha raccolto i risultati. Se Milano, infatti, ha vinto l’Access city award, prestigioso premio di città più accessibile dell’Unione Europea, è grazie anche all’impegno di Franco Bomprezzi, che è stato senza ombra di dubbio un grande giornalista e una grande forza di cambiamento. Bene ha fatto il Comune ha iscriverlo al Famedio tra i grandi della città. “Ci manca la sua forza e la sua capacità di leggere in profondità i fatti – ha detto oggi Giuseppe Bettoni, sacerdote e amico di Franco durante la Messa celebrata per ricordarlo -. Ci ha insegnato a non desiderare mondi ideali, ma a cambiare la condizione in cui ci si trova, come lui ha fatto durante la sua vita”.

Come presidente della Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha) ha promosso e contribuito al lavoro che ha visto insieme istituzioni e associazioni per rendere l’Expo e la città accessibile a tutti, anche se poi è scomparso, il 18 dicembre scorso, prima di poter vedere i frutti del suo impegno. A chi, tra il terzo settore, tendeva a evidenziare soprattutto le cose che non funzionavano, lui ripeteva: “Non c’è spazio ora per le polemiche, stiamo vivendo un’occasione preziosa di collaborazione per migliorare la città”. Oggi la Ledha ha pubblicato un lungo ricordo “Un anno senza Franco. Un anno con Franco”: “La nostra città e la nostra regione, almeno per quest’anno, si sono trasformati in uno straordinario laboratorio dell’inclusione, in un modo che forse neanche Franco, sognatore per eccellenza, avrebbe potuto prevedere. Girando per Expo e per la città, ogni volta che si incontrava una famiglia o un gruppo di amici, con una persona con disabilità, non poteva scappare un pensiero e un sorriso pensando che quella presenza era possibile grazie al lavoro svolto da Franco negli ultimi anni della sua vita, bussando a tutte le porte e cercando di convincere tutti gli interlocutori che la scommessa di Expo accessibile doveva essere prima assunta e quindi vinta”.

La Ledha ha dedicato a Bomprezzi il Centro antidiscriminazioni. Perché di lavoro per abbattere ogni tipo di barriere ce n’è ancora tanto da fare. “È stato anche un anno difficile, in cui abbiamo visto aumentare le segnalazioni di problemi e di discriminazione, con pericolosi arretramenti sulla bontà stessa dell’idea di inclusione sociale, persino nel campo della scuola, oltre che in quello del lavoro, della mobilità e della vita indipendente. Un anno in cui però abbiamo visto come le nostre iniziative di promozione e di tutela sono sempre più considerate significative dalle persone con disabilità, dai loro familiari e dalle nostre associazioni. Anche il Centro Antidiscriminazione era uno dei progetti di Franco ed è stato naturale intitolarlo a lui. Non alla sua memoria, ma alla sua presenza”. (dp)

Lettera aperta al Cardinale Bertone

IL CARDINALE BERTONE CONTINUA A SBROCCARE

 

di Paolo Farinella, prete

 

Genova, 20-12-2015 – Domenica IV di Avvento-C

 

Sig. cardinale Tarcisio Pietro Evasio Bertone,

che lei sia sempre stato inadeguato ai ruoli e compiti che ha svolto, è davanti agli occhi di tutti: da Vercelli, dove lasciò lo scandalo dei candelieri e della casa dei suoi ristrutturata – a quanto si disse al tempo della visita di Papa Benedetto a Romano Canavese (20-07-2009) – con contributi pubblici; da Genova dove non lasciò alcuna traccia significativa, ma scelse come plenipotenziario del Galliera, il prof. Giuseppe Profiti, al centro di ogni ben di Dio; da segretario di Stato dove ha distrutto la credibilità della Chiesa universale con la sua incapacità di governo, privo di qualsiasi discernimento, ma dedito a costruire una rete di fedelissimi per perpetuare il suo potere anche da pensionato e da morto; infine da cardinale in pensione con il miserevole attico e appartamento di 296 mq dove vive con tre suore e magari si rilassa, giocando a golf negli appropriati corridoi. Mi piacerebbe sapere se le suore hanno anche il compito di raccattapalle.

 

Leggo sui giornali di oggi (19-12-2015) che lei ha deciso «ex abundantia cordis» di donare all’ospedale «Bambin Gesù» un contributo di € 150 mila, attinti come da lei dichiarato, dai «miei risparmi e dai vari contributi di beneficenza ricevuti negli anni per finalità caritative». Mi faccia capire perché c’è qualcosa che non quadra. Non sto a questionare sul fatto che la ristrutturazione è costata € 300 mila, per cui ne mancherebbero la metà. Mi lascia esterrefatto la notizia che lei ha preso questi soldi «dai vari contributi di beneficenza ricevuti negli anni per finalità caritative», cioè non per lei, ma perché lei li desse per gli scopi per cui li ha ricevuti o, genericamente, per opere di carità. Invece lei dice che attinge da questi «vari contributi di beneficenza ricevuti negli anni» per pagare il suo appartamento. Non solo, ma lei parla di «vari anni», lasciando intendere un solo senso: lei ha trattenuto per anni contributi ricevuti per beneficenza. Mi perdoni, quando pensava di darli in beneficenza, alla sua morte per testamento?

 

Il buco che lei vuol coprire risulta più grande della toppa che cerca disperatamente di metterci su senza riuscirci perché la sua maldestra difesa aggrava ancora di più la sua posizione che l’espone, per le sue stesse parole, al ludibrio della gente perbene che vede nei suoi comportamenti una miserabile attitudine alla superficialità che è colpa ancora più grande della delinquenza di persone come lei che dicono di volere rappresentare quel Dio che accusa chi veste di porpora di essere soci della casta del potere. Non solo lei ha trattenuto nel suo conto personale denari ricevuti per beneficenza, ma li ha anche trattenuti per «vari anni», lucrando magari sugli interessi che dalle parti dello Ior, gestito da suoi uomini e da lei stesso, potrebbero essere stati più che generosi.

 

Lei ha rubato due volte ai poveri: la prima volta trattenendo questi denari non suoi e la seconda volta facendosi bello con l’ospedale «Bambin Gesù» dando soldi non suoi, ma quelli della beneficenza che non ha donato negli anni passati. In ultima analisi, poiché è il totale che fa la somma (copyright Totò), lei non sborsa nulla di tasca sua, ma paga tutto sempre con denaro di beneficenza. Complimenti, esimio cardinale!

 

La rovina dei preti sono sempre i soldi. Per questo sproloquiate di celibato perché così siete più liberi di amare «mammona iniquitatis», fornicando giorno e notte senza essere visti da alcuno. Se il tempo che dedicate a difendere il celibato dei preti, che solo pochi rispettano (e lei lo sa perfettamente!) o a condannare i gay laici – visto che preti, vescovi, monsignori e cardinali lo sono ad abundantiam – o a sproloquiare di separati e divorziati, di cui non sapete nulla, lo dedicaste a proibire ai preti di gestire denaro, fareste una cosa preziosa per il mondo e per la Chiesa. Sicuramente due terzi del clero lascerebbe la Chiesa, ma con il terzo che resta e con l’aiuto dei preti ridotti allo stato laicale perché sposati, ripresi in servizio, saremmo capaci di rivoluzionare il mondo, oltre che il Vaticano, covo di malaffare e di depravazione senza misura.

 

Tanti anni fa, quando era potente, io la ripudiai pubblicamente insieme al suo amico e sodale Berlusconi, da cui lei – o lui da lei? – «prese lo bello stile che le ha fatto (dis)onore» e oggi sono contento di avere visto lungo e giusto. Lei mente dicendo di essere salesiano; se lo fosse veramente, avrebbe agito come il cardinale Carlo Maria Martini, il quale, date le dimissioni, si è ritirato in una casa di Gesuiti abitando in una stanza 6×4 con letto, tavolo, armadio, servizi e un assistente personale perché malato, partecipando alla vita comunitaria da cui proveniva. Scegliendo di accorpare due appartamenti con i soldi della beneficenza, lei ha dimostrato non solo di non credere in Dio, ma di dare un pugno nello stomaco a Papa Francesco che sta provando a dire ai cardinali, ai vescovi e ai preti che c’è anche un piccolo libretto che si chiama Vangelo. A lei, di sicuro non interessa, perché come i fatti dimostrano, lei legge solo «Gli Attici degli Apostoli».

 

Con profonda disistima perché la conosco dai tempi di Genova, senza rimpianti.

 

Paolo Farinella, prete – Genova

Stabilità, scoppia il caso Isee: bocciata la norma sull’esenzione per i disabili

Stabilità, scoppia il caso Isee: bocciata la norma sull’esenzione per i disabili

L’Aula della Camera (con 278 no, 131 si’ e 30 astenuti) ha respinto l’emendamento di Fratelli d’Italia che chiedeva di escludere dal computo dei redditi per la determinazione dell’indicatore le pensioni di invalidita’ e le indennita’ di accompagnamento

L’Aula della Camera (con 278 no, 131 si’ e 30 astenuti) ha respinto l’emendamento di Fratelli d’Italia, a cui il governo aveva dato parere contrario, che chiedeva di escludere dal computo dei redditi per la determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee), le pensioni di invalidita’ e le indennita’ di accompagnamento. Prima del voto sull’emendamento era stata bocciata anche la proposta di accantomamento per verificare le coperture (richiesta avanzata da Sel e Lega). La proposta di accantonamento e’ stata respinta per 130 voti di differenza.

Il caso esplode dopo l’approvazione dell’emendamento sulla Carta della Famiglia. A chiedere un intervento correttivo e’ Fratelli d’Italia, con un emendamento a doppia firma Fabio Rampelli e Giorgia Meloni, per escludere appunto dal computo dei redditi per la determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee), le pensioni di invalidita’ e le indennita’ di accompagnamento. Il vice ministro dell’Economia, Enrico Morando, spiega che “la sede” per la riforma dell’Isee non e’ la Legge di stabilita’. “Se dobbiamo riformare l’Isee- sottolinea- potremmo farlo molto presto utilizzando il collegato sulle politiche sociali, quella e’ la sede in cui realizzare la riforma dell’istituto, se si riterra’ necessaria”. L’esclusione delle pensioni di invalidita’ e delle indennita’ di accompagnamento, come redditi aggiuntivi, viene sostenuta anche da Sel e Movimento 5 stelle perche’, sottolineano, “si sottraggono risorse ai piu’ deboli”. In dissenso dal gruppo del Pd, la deputata Ileana Argentin.

Anche il capogruppo del Pd, Ettore Rosato, interviene per ribadire quanto detto precedentemente dal viceministro all’Economia Enrico Morando, e cioe’ che la riforma dell’Isee sara’ valutata nel collegato alla Legge di stabilita’ sulle politiche sociali. “Io chiedo- sottolinea Rosato- che il governo  continui nell’impegno assunto di fronte al parlamento di verificare gli approfondimenti nel collegato gia’ predisposto alla legge di stabilita’. E’ un approfondimento che faremo con gli altri gruppi per arrivare alla norma migliore possibile. Discuterne nella Legge di stabilita’ oggi non e’ opportuno”.
Replica, dal gruppo M5s, Riccardo Nuti: “Quando si discusse del problema di ‘quota 96’, proprio da quei banchi del governo ci dissero che si sarebbe affrontato in un altro provvedimento. Era tutto falso, dopo un anno e mezzo il problema ‘quota 96′ e’ ancora qui presente. Oggi dite che la questione Isee sara’ risolta in un altro provvedimento…”. (DIRE)

Un nuovo mondo per i ciechi, ecco come ritrovare la vista con il suono

Un nuovo mondo per i ciechi, ecco come ritrovare la vista con il suono

Dare la vista ai ciechi con il suono. Come? Sviluppando e allenando l’udito a percepire e a identificare gli oggetti circostanti. E’ la sfida che parte da Reggio Emilia dove Irene Lanza, giovane ceo della start up “Soundsight Training”. Parte il crowfunding

REGGIO EMILIA – Dare la vista ai ciechi con il suono. Come? Sviluppando e allenando l’udito a percepire e a identificare gli oggetti circostanti. E’ la sfida che parte da Reggio Emilia dove Irene Lanza, giovane ceo della start up “Soundsight Training”, ha sviluppato una realtà acustica virtuale che permetterà ai non vedenti di allenare il proprio udito a percepire e identificare gli oggetti. “Fino a poter riuscire a tirare in porta o mettere a segno un tiro libero a basket”, spiega provocatoriamente. Il prototipo del software è pronto e da lunedì prossimo sarà on line una campagna di crowfunding sulla piattaforma Kickstarter, con l’obiettivo di raccogliere i 250.000 euro necessari a svilupparlo e renderlo accessibile a tutti.

Già, perché -se tutto andrà secondo i piani- dal 2017 il software sarà libero e open source. Irene Lanza, studentessa di 25 anni di ingegneria gestionale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, assessore nel Comune reggiano di Rio Saliceto con le deleghe ad Ambiente e Politiche giovanili, e Ceo della società Soundsight Training (qui la pagina Facebook) si è posta dunque un obiettivo che potrebbe davvero rivoluzionare la vita delle persone cieche, sfruttando una tecnica che può essere adottata anche dai normodotati per aumentare la percezione di sé nell’ambiente. In una parola: ecolocalizzazione, ovvero lo stesso principio del sonar, la tecnica del pipistrello. Ma come è nata l’idea, come funziona il software, quando e grazie a chi è stata sviluppata?
“Oggi nel mondo c’è una ampia disponibilità di tecnologia sonora, che viene usata soprattutto per l’intrattenimento”, spiega Lanza. “Il nostro obiettivo è, fedeli al trattato di Marrakech (l’accordo internazionale, firmato il 28 giugno 2013 per favorire la circolazione e la diffusione di libri accessibili, ndr), favorire la circolazione e la diffusione di libri accessibili”.

Attualmente infatti “i non vedenti hanno accesso a una percentuale di libri stimata fra l’1 e il 5% di quelli presenti sul mercato”, sottolinea la reggiana. “In questo momento lavoriamo su un prototipo dimostrativo già testato da non vedenti- prosege l’ideatrice del progetto- che può essere utilizzato con un normale computer. Servono due periferiche: cuffie e microfono. Grazie al microfono il non vedente dà un input e ascolta il ritorno dell’eco in base all’ambiente simulato all’interno del software. Il principio è lo stesso del sonar, la tecnica del pipistrello. Allenandosi, anche i vedenti possono migliorare le loro capacità. Chiunque potrebbe imparare ad ecolocalizzarsi in base al suono”.

Per sviluppare il software “abbiamo lavorato con un gruppo di tre volontari, tutti non vedenti: Cecilia Camellini di Formigine (già campionessa paralimpica di nuoto) e i reggiani Luca Reverberi e Matteo Severi. Abbiamo chiesto loro di indovinare se un pannello di 50 per 20 centimetri fosse alla loro destra o alla loro sinistra, e se era fatto di cartone o di plexiglas. Sono riusciti a dare le risposte corrette in meno di un pomeriggio lavoro. Utilizzando il nostro software, si impara a spostare l’attenzione del cervello non più sulle immagini, ma sui suoni e sull’eco”.

Insomma, un risultato “straordinario- sottolinea ancora Lanza- ottenuto in meno di un anno di lavoro”. E parte del merito va all’Università di Modena e Reggio Emilia. “Grazie all’Università, ho potuto frequentare per sei mesi il corso Cbi (Challenge Based Innovation) del Cern di Ginevra insieme a studenti provenienti da Università di tutto il mondo. Siamo stati divisi in team. Al mio è stata affidata questa sfida: trovare una soluzione tecnologica per i non vedenti. Durante questa esperienza ho avuto la fortuna di conoscere i miei due attuali compagni di viaggio, Marco Manca (italiano, medico, 37 anni, lavora ancora al Cern) e Henrik Kjeldsen (ingegnere informatico tedesco di 37 anni che nel frattempo si è trasferito a San Francisco per lavoro), con i quali ho iniziato a lavorare nel febbraio 2015″.

Ora però “abbiamo un problema- prosegue Lanza- e cioè come possiamo continuare a sviluppare il software a budget zero. Per questo abbiamo deciso di lanciare la campagna di crowfunding con l’obiettivo di raccogliere 250 mila euro. Su Kickstarter pubblicheremo un nostro video di presentazione girato insieme ai nostri volontari. I soldi serviranno per arrivare in un anno ad avere non più solo un prototipo dimostrativo, ma un prodotto che i non vedenti potranno utilizzare”. E sulla scelta dell’open source, cioè di fornire liberamente il software, aggiunge: “Stiamo parlando di uno strumento educativo. Sarebbe sbagliato? E’ contrario al trattato di Marrakech tenerlo chiuso in uno scrigno e non condividerlo”. Una scelta che fa onore al team di Soungsight Training. Se diffuso su larga scala, questo software potrebbe infatti aiutare milioni di persone, ma al tempo stesso, ovviamente, valere un mucchio di soldi. (DIRE)

DSA: non si finisce mai di imparare

DSA: non si finisce mai di imparare

Una proposta formativa per i docenti, organizzata dal Liceo Classico C. Colombo di Genova in collaborazione con l’ITD, approvata dall’USR Liguria.

L’iniziativa, che vuole essere una prosecuzione di un percorso avviato nel 2009 e concretizzatosi dal 2011 al 2012 con il Progetto Vindis, ha l’obiettivo di fornire ai docenti (in particolare della scuola secondaria di secondo grado, ma non solo) competenze utili ad affrontare e soddisfare i bisogni degli alunni con DSA.

Si tratta di una serie di webinar (con inizio alle 17 e termine alle 19)

Il calendario e le tematiche:

12 ottobre: Neuroscienze e scuola (Giacomo Stella, UniMore)
26 ottobre: Strumenti compensativi low cost (Giuliano Serena, Brescia)
4 novembre: DSA e Lingue straniere (Paola Fantoni, ITIS Caramuel, Vigevano PV)
10 novembre: DSA latino e greco (Angela Straffalaci, Liceo Statale S. Pertini Genova)
27 novembre: DSA, discalculia e didattica delle materie scientifiche (Luigi Oliva, Liceo Classico C Colombo, Genova)
9 dicembre: PDP: un’opportunità per apprendere (Filippo Barbera, IC Vicenza 11, Vicenza)
14 dicembre: Come cambia il DSA nell’adolescenza (Giacomo Stella, UniMore)

Per partecipare, bisogna effettuare l’iscrizione compilando il modulo presente in questa pagina.

(La piattaforma utilizzata è GoToWebinar e permette l’accesso fino a 1000 partecipanti).

Di ciascun seminario sarà disponibile una registrazione sul canale Youtube del progetto Vindis.

http://www.itd.cnr.it/news.php?ID=137

Welfare, piccoli comuni in rete per evitare sprechi nell’assistenza

da Superabile

Welfare, piccoli comuni in rete per evitare sprechi nell’assistenza

Con un progetto innovativo, 16 municipi vicino a Cagliari puntano alla sinergia anche con altri enti pubblici e associazioni non profit. E lanciano il Social day per premiare le “persone di cuore”. Prossimo traguardo: collaborare con le imprese per il welfare aziendale

CAGLIARI – Una rete di 16 piccoli comuni dell’Area Ovest di Cagliari per migliorare l’assistenza sociale di cittadini e lavoratori. È questo l’obiettivo del progetto “I love Plus” che i comuni di Assemini, Capoterra, Decimomannu, Decimoputzu, Domus De Maria, Elmas, Pula, San Sperate, Sarroch, Siliqua, Teulada, Uta, Vallermosa, Villa San Pietro, Villasor, Villaspeciosa stanno portando avanti da qualche mese. Perché l’unione e la condivisione fanno la forza, soprattutto in un momento in cui le risorse sono scarse, la coperta è corta e le esigenze dei cittadini sono tante.

“Abbracciamo le persone di cuore” è il motto che i 16 comuni hanno sposato, lanciando contemporaneamente un appello ai loro cittadini: “Cerchiamo persone singole o nuclei familiari che si distinguono offrendo, in modo volontario, il loro tempo, le loro energie e le loro risorse economiche a persone che si trovano in situazioni di disagio o fragilità”. “Sappiamo che sono tanti coloro che nelle nostre comunità, spesso in maniera silenziosa, si mettono al servizio dei più deboli e per questo vogliamo celebrarli”, spiega Marina Madeddu, sindaco di Villa San Pietro, comune capofila del progetto.

Le persone segnalate sono state pubblicamente premiate in occasione del Social Day che si è svolto a Cagliari il 12 dicembre 2015, presso la sala Polifunzionale del Parco di Monteclaro. “Una giornata dedicata a tutte le associazioni che si impegnano con dedizione al sociale – prosegue Madeddu – Tutti i cittadini residenti nei 16 comuni hanno segnalato, accedendo al form dal sito www.plusareaovest.it, una o più persone che si sono distinte, a loro giudizio, in azioni meritevoli di riconoscimento sociale”.

Ma il Social Day è stata solo una delle iniziative dei comuni del Plus (Piano locale unitario dei servizi alla persona) Area Ovest ed è parte di un progetto innovativo nella gestione sinergica delle risorse sociali presenti nel loro territorio, attraverso un’integrazione dei servizi già prevista a livello normativo. “La Sardegna – precisa infatti Cristiana Floris, responsabile dell’ufficio di piano locale – a differenza di altre regioni italiane, si è dotata di una legge (23/2005) che prevede che i Plus garantiscano l’integrazione funzionale, gestionale ed operativa tra gli “attori sociali, assistenziali, sanitari”, pubblici e privati, profit e non profit. Ecco perché abbiamo chiamato il progetto I Love Plus: amiamo il concetto di integrazione che è proprio dei Plus”.

Nei mesi scorsi, i comuni hanno avviato un ciclo di incontri con altri soggetti quali l’Inail, i patronati e le associazioni datoriali con lo scopo di fare un vero e proprio censimento di tutte le attività sociali per capire come ciascun attore può contribuire alla realizzazione del progetto, per poi sviluppare patti o protocolli operativi ed evitare duplicazioni di servizi, sovrapposizioni e spreco di risorse.

“Il progetto I Love Plus – conclude Marina Madeddu – nasce dall’esigenza di garantire una migliore gestione delle risorse sociali, assistenziali e sanitarie che a tutti i livelli vengono messe in campo attraverso l’integrazione di tutti gli attori istituzionali e non, a garanzia di livelli essenziali di qualità. Vorremmo anche mettere a disposizione delle imprese la competenza dei comuni per fare welfare aziendale, che il disegno di Legge di Stabilità 2016 mette al centro dell’intervento in ambito lavoristico. Come enti pubblici primari, abbiamo tutta l’esperienza e siamo pronti ad offrire servizi socioassistenziali qualificati alle aziende da destinare ai dipendenti e alle loro famiglie”. (vca)

Lo sportello che aiuta 1.300 studenti disabili. L’85% arriva alla laurea

da Superabile

Lo sportello che aiuta 1.300 studenti disabili. L’85% arriva alla laurea

L’ufficio de La Sapienza di Roma è nato solo nel 2012, ma svolge numerose attività attraverso ausili tecnologici, monetari e studenti tutor selezionati con bando. Ultimo laureato (in videoconferenza) un 55enne affetto da sclerosi multipla che ha svolto tutti gli esami a domicilio

ROMA – “Le persone con disabilità dimostrano, laureandosi, di avere una marcia in più – dice Germana Lancia, responsabile dello Sportello per le relazioni con gli studenti disabili dell’università La Sapienza, la più grande d’Europa -perché nonostante le difficoltà che affrontano nella vita, hanno la forza e la volontà per raggiungere traguardi importanti”. E traguardi importanti sono in molti ad averli superati grazie anche al sostegno che garantisce lo Sportello. Un servizio che oggi sembra la normalità, ma che nasce solamente nel 2012 da un progetto di Lancia, che si sposta in carrozzina elettrica e che si è laureata in giurisprudenza proprio alla Sapienza. Dopo quattro anni di attività, i numeri rendono chiaro il quadro dei servizi offerti.Lo Sportello, al quale può accedere chi ha una disabilità certificata pari o superiore al 66%, assiste 1.300 studenti con disabilità motorie, sensoriali e cognitive, o con un disturbo specifico dell’apprendimento (150).

L’ufficio mette a disposizione degli alunni pc portatili provvisti di sintesi vocale, barra braille, software di ingrandimento testi e video ingranditori. Viene inoltre fornito un servizio di stenotipia che permette alle persone non udenti di leggere su uno schermo quanto spiegato dal docente durante la lezione. Lo studente può così visionare immediatamente, sul monitor del computer, quanto detto del professore e intervenire. Gli alunni disabili possono inoltre richiedere la registrazione audio delle dispense o del materiale didattico di cui necessitano, possono ottenere l’accompagnamento alle lezioni e la possibilità di sostenere esami a domicilio, oltre a facilitazioni di accesso all’università.

Fondamentale è l’assistenza garantita dai tutor, studenti scelti tramite bando, messi a disposizioni degli alunni disabili per aiutarli nella ripetizione delle lezioni, anche per telefono, e nell’organizzazione della vita dell’ateneo. A completare il quadro dei servizi offerti non bisogna dimenticare il permesso temporaneo per accedere alla città universitaria in auto e l’erogazione dei buoni taxi, entrambi volti a favorire la frequenza dello studente disabile. Le persone disabili possono ottenere tra l’altro un contributo monetario annuo pari a 1.100 euro per l’acquisto di attrezzature specialistiche, di carattere non medicale, utili per superare particolari difficoltà individuali che impediscano la partecipazione attiva ai corsi di studi. Infine sono messi a disposizione anche contributi per gli studenti che scelgono di intraprendere viaggi Erasmus per agevolare il loro inserimento nei programmi comunitari.

Lo sportello segue studenti dai 18 agli 81 anni d’età: quasi l’85% di loro raggiunge la laurea. Come Massimo, un signore romano di 55 anni (che non vuole siano pubblicati foto e cognome) affetto dalla sclerosi multipla da quando ne aveva 27, laureatosi pochi giorni fa in scienze giuridiche alla facoltà di giurisprudenza con una tesi dal titolo “La legge delle Guarentigie pontificie”. Massimo è stato il primo studente della facoltà a sostenere tutti gi esami a domicilio, uno addirittura dall’ospedale, e a laurearsi con una commissione che in parte era a casa con lo studente ed in parte era collegata in videoconferenza. (Luca Basiliotti)

Autonomia degli alunni disabili

da Redattore sociale

Autonomia degli alunni disabili, Fish: “Le regioni non hanno piu’ scuse”

La soddisfazione della Fish per l’emendamento alla legge di stabilità che garantisce 70 milioni per l’autonomia degli alunni con disabilità. Una norma che chiarisce anche le competenze: dopo la soppressione delle province, i servizi di supporto scolastico sono in prima battuta a carico delle regioni.

ROMA. Non ci sono più scuse: tocca alle Regioni, in prima battuta, garantire i servizi agli studenti con disabilità che prima della loro soppressione erano di competenza delle province. Servizi per i quali, nel corso della discussione della legge di stabilità, sono stati stanziati 70 milioni di euro. “Un diritto – commenta la Fish (Federazione italiana superamento handicap) – che deve essere garantito in modo omogeneo e senza discriminazioni in tutta la penisola”.

La decisione della Camera dà ragione – argomenta la Fish – alle istanze promosse negli ultimi mesi soprattutto da Fish (oltre che da Ledha, FederHand, Aipd, Anffas, Uici), in numerosi confronti con i Ministeri. Il tema e’ quello dei servizi di supporto scolastico rimasti “orfani” dopo che la legge 7 aprile 2014, n. 56 ha soppresso le competenze delle Province e ha assegnato alle Regioni il compito di redistribuirle alle Citta’ metropolitane ed ad altri enti.

Il decreto legislativo 112/1998 (art. 139, comma 1 c) attribuiva alle Province il compito di garantire assistenti educativi e della comunicazione (Aec). Il loro supporto e’ essenziale soprattutto nel caso di alunni sordi, non vedenti o ipovedenti o con altre disabilita’. Il loro ruolo e’ espressamente previsto dalla legge quadro 104/1992 (art. 13) e dalla legge 67/1993. Inoltre le stesse Province dovevano assicurare (gratuitamente) il trasporto scolastico alle persone con disabilita’ nelle scuole superiori. Queste competenze ora a chi spettano? Teoricamente alle Regioni o alla Citta’ metropolitane, ma mancano anche i trasferimenti dei fondi necessari per garantire questi servizi. Una prima compensazione provvisoria e’ avvenuta nell’estate scorsa con una prima destinazione di 30 milioni di euro (decreto legge sugli enti territoriali).

Ma quella destinazione e’ largamente insufficiente. La Camera ha dunque approvato un primo emendamento, presentato dal Governo, che ribadisce, una volta per tutte, l’attribuzione delle competenze: vanno alle Regioni, a meno che queste non abbiano gia’ deliberato l’attribuzione a Province, Citta’ metropolitane o Comuni singoli o associati. La stessa disposizione prevede uno stanziamento di 50 milioni. Ma e’ stato approvato anche un subemendamento (primo firmatario On. Elena Carnevali) con cui sono stati reperiti altri 20 milioni (70 totali) attingendo alla tassazione sulle cosiddette slot machines.

“Esprimiamo soddisfazione per il raggiungimento di questo traguardo che riguarda un diritto fondamentale come quello allo studio. Ora pero’ le Regioni, che non hanno piu’ scusanti, devono metterci la loro parte. E lo stesso diritto deve essere garantito in modo omogeneo in tutta la Penisola senza discriminazioni ne’ rallentamenti. Su questo vigileremo come abbiamo fatto finora, ricorrendo a tutti gli strumenti e i mezzi a disposizione”, commenta Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

Stabilità: reperiti i fondi per il diritto allo studio delle persone con disabilità

Stabilità: reperiti i fondi per il diritto allo studio delle persone con disabilità

La Camera ha approvato, nel corso dell’esame sulla legge di stabilità, un emendamento significativo per il diritto allo studio delle persone con disabilità dando ragione, quindi, alle istanze promosse negli ultimi mesi soprattutto da FISH (oltre che da Ledha, FederHand, AIPD, ANFFAS, UICI), in numerosi confronti con i Ministeri.

Il tema è quello dei servizi di supporto scolastico rimasti “orfani” dopo che la legge 7 aprile 2014, n. 56 ha soppresso le competenze delle Province e ha assegnato alle Regioni il compito di redistribuirle alle Città metropolitane ed ad altri enti.

Ricostruiamo la questione: il decreto legislativo 112/1998 (art. 139, comma 1 c) attribuiva alle Province il compito di garantire assistenti educativi e della comunicazione (AEC). Il loro supporto è essenziale soprattutto nel caso di alunni sordi, non vedenti o ipovedenti o con altre disabilità. Il loro ruolo è espressamente previsto dalla legge quadro 104/1992 (art. 13) e dalla legge 67/1993. Inoltre le stesse Province dovevano assicurare (gratuitamente) il trasporto scolastico alle persone con disabilità nelle scuole superiori.

Queste competenze ora a chi spettano? Teoricamente alle Regioni o alla Città metropolitane, ma mancano anche i trasferimenti dei fondi necessari per garantire questi servizi. Una prima compensazione provvisoria è avvenuta nell’estate scorsa con una prima destinazione di 30 milioni di euro (decreto legge sugli enti territoriali).

Ma quella destinazione è largamente insufficiente.

La Camera ha dunque approvato un primo emendamento, presentato dal Governo, che ribadisce, una volta per tutte, l’attribuzione delle competenze: vanno alle Regioni, a meno che queste non abbiano già deliberato l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Comuni singoli o associati. La stessa disposizione prevede uno stanziamento di 50 milioni.

Ma è stato approvato anche un subemendamento (primo firmatario On. Elena Carnevali) con cui sono stati reperiti altri 20 milioni (70 totali) attingendo alla tassazione sulle cosiddette slot machines.

“Esprimiamo soddisfazione per il raggiungimento di questo traguardo che riguarda un diritto fondamentale come quello allo studio – commenta Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – Ora però le Regioni, che non hanno più scusanti, devono metterci la loro parte. E lo stesso diritto deve essere garantito in modo omogeneo in tutta la Penisola senza discriminazioni né rallentamenti. Su questo vigileremo come abbiamo fatto finora, ricorrendo a tutti gli strumenti e i mezzi a disposizione.”

Legge autismo, in assenza di risorse “puntare su famiglia, scuola e tecnologie”

da Superabile

Legge autismo, in assenza di risorse “puntare su famiglia, scuola e tecnologie”

Al Convegno nazionale Aira si esamina la legge sull’autismo, in vigore da tre mesi. Arduino: “Bene Lea su autismo, che vuol dire diritti esigibili. Ma senza risorse cosa si può fare? Valorizzare quel che si ha: formazione insegnanti, diffusione tecnologie e programmi mediati dai genitori”

ROMA – Ci sono due grandi assenti nella legge sull’autismo in vigore da settembre: la scuola e i soldi. Ma tanto si può fare, valorizzando le risorse che ci sono e le nuove possibilità che questa normativa offre. E’ questa, in sintesi, la lettura della legge che ha offerto questa mattina Giuseppe Maurizio Arduino, responsabile del Centro autismo e sindrome di Asperger della Asl Cuneo1, intervenendo alla seconda giornata di lavori del Convegno nazionale dell’Aira, l’associazione italiana di ricerca sull’autismo. Ripercorrendo la nuova legge articolo per articolo, Arduino ha evidenziato le principali novità positive, segnalando però anche le criticità e proponendo soluzioni per aggirarle.

Lea ovvero “diritti esigibili”. Tra gli aspetti positivi, c’è sicuramente “il riferimento alle linee guida, con la specificazione che questa vadano aggiornate, non solo sulla base della letteratura scientifica, ma anche delle buone pratiche”, ha osservato. Soprattutto, c’è “la definizione delle prestazioni fornite dai servizi sanitari per l’autismo come Lea, che significa diritto esigibile da tutti coloro, bambini e adulti, che hanno ricevuto una diagnosi”. Altro merito della legge è di “chiedere alle regioni di mettere a punto percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, parlando di modelli organizzatici in base alle situazioni locali”. Positivo, per Arduino anche il fato che, all’articolo , la legge parli di attività di ricerca, che riguardi anche le buone pratiche terapeutiche ed educative”.

La scuola dov’è? Nella legge però “manca la parola scuola, che non viene mai nominata – ha osservato Arduino – La legge infatti si rivolge per lo più ai servizi sanitari e questo è positivo, ma non può certo prescindere dalla scuola: il riferimento infatti c’è nell’articolo 4, dove si citano le ‘linee di indirizzo’ del 2012, che parlano di processi di inclusione scolastica e integrazione tra interventi sanitari e scolastici”.

L’invarianza finanziaria e “l’arte di arrangiarsi”. Il punto più critico della legge sull’autismo è però probabilmente l’articolo 6, il quale “ci dice che dobbiamo fare tutto questo con la clausola dell’invarianza finanziaria – osserva Arduino – Abbiamo calcolato che, solo in Piemonte, se dovessimo garantire 10 ore a settimana di assistenza (a fronte delle attuali 2) ai 109 bambini 0-3 anni diagnosticati, servirebbero oltre 2 milioni in più di oggi: bisognerebbe infatti passare da 544.320 a 2.721-600 euro. Allora la domanda è: come possiamo offrire percorsi di trattamento appropriati, secondo le Linee guida e nel rispetto dei Lea, senza risorse dedicate? Come rendere operativa e concreta una legge senza copertura finanziaria?”. La domanda, apparentemente irrisolvibile, non resta senza risposta: per Arduino, “bisogna aprire il frigo e cucinare ciò che troviamo: dobbiamo insomma valorizzare le risorse che ci sono”. E queste risorse sono principalmente tre.

Famiglia, scuola, tecnologie. Sono questi i tre ambiti che vanno valorizzati: la scuola, “in cui ad oggi il bambino autistico vive il 90% del suo rapporto individualizzato. E’ la scuola quindi la prima grande risorsa che dobbiamo potenziare, soprattutto attraverso la diffusione della formazione, anche tramite soluzioni a basso costo come gli sportelli autismo”. La seconda risorsa è la famiglia, attraverso “programmi mediati dai genitori, che sono raccomandati anche dalle Linee guida”. Infine, le tecnologie, “come la formazione on line, le piattaforme web e le consulenze via Skype. Alcune buone prassi in questo senso stanno già dando buoni frutti e in futuro andranno certamente enfatizzate”. (cl)

Alunni disabili crescono del 40% in dieci anni. Docenti di sostegno solo 12% in più

da Superabile

Alunni disabili crescono del 40% in dieci anni. Docenti di sostegno solo 12% in più

Anief commenta il Focus del Miur su integrazione degli alunni con disabilità. “Solo 96 mila posti coperti con personale di ruolo, a fronte dei 130 mila necessari. Governo e amministrazione assumano 33 mila docenti precari e sopprimano posti in deroga”

ROMA – Cresce del 40%  in dieci anni la percentuale degli alunni disabili che frequentano le scuole italiane: quest’anno sono 235 mila e rappresentano il 2,7% della popolazione scolastica, a fronte dell’1,9% del 2004-2005. Sono alcuni dei numeri contenuti nel Focus del Miur ‘L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità a.s.2014/2015′, pubblicato nei giorni scorsi, commentato criticamente da Anief. “Per coprire questo incremento notevole, pari al 40% di iscritti – osserva infatti il sindacato – la quota dei docenti di sostegno a tempo indeterminato sul totale dei docenti è passata dal 48,1% al 62,8%. Ma espresso in numeri, ciò corrisponde ad appena 96mila posti coperti con personale di ruolo, a fronte di quasi 130mila necessari. E la riforma non ha cambiato di molto le cose”.

Il Focus del Miur riferisce che primaria e secondaria di I grado sono gli ordini di scuola con una maggiore presenza di alunni disabili. I maschi sono il 68,8% del totale. Il 95,8% degli alunni con disabilità ha un problema psicofisico, l’1,6% di una disabilità visiva, il 2,7% di una disabilità uditiva. Per quanto riguarda l’insegnamento, ci sono 44.657 docenti per il sostegno (37,4% del totale) nella scuola primaria, 34.028 nella scuola secondaria di I grado (28,5% del totale), 29.714 docenti specializzati (24,9% del totale) nella scuola secondaria di II grado ed appena 10.985 unità (9,2% del totale) nella scuola dell’infanzia. “Nell’anno scolastico 2014/2015 – si legge nel Focus – i docenti per il sostegno a tempo indeterminato si sono attestati sui 75.023 e i docenti per il sostegno a tempo determinato sui 44.361; in termini percentuali la quota dei docenti di sostegno a tempo indeterminato sul totale dei docenti è stata del 62,8% del totale (nell’a.s.2006/2007 si attestava ad appena il 48,1%)”.

Per Anief, però, “a ben vedere c’è poco da essere soddisfatti: perché oggi abbiamo ancora un docente di sostegno precario su quattro. Che, detto in numeri, corrisponde ad appena 96mila posti coperti con personale di ruolo, a fronte di quasi 230mila necessari. E a poco è servito, come ha fatto notare nei giorni scorsi la rivista specializzata Tuttoscuola, il mini-potenziamento di assunzioni attuato con la Legge 107/15, che ha previsto 6.446 nuovi posti, perché “dall’anno scorso a quest’anno, i posti di sostegno in deroga (assegnati ai precari) sono aumentati di 11.254 unità, passando dai 117.673 ai 128.927. Perché mentre veniva compiuto lo sforzo di stabilizzare migliaia di posti, ne venivano attivati 5mila in più, in una sorta di fuga verso l’instabilità. Ad oggi, dunque, sono precari, non stabilizzati, oltre 33 mila posti di sostegno, il 26% circa. Occorre, dunque, un nuovo sforzo per aumentare la stabilizzazione”.

Per il presidente di Anief Marcello Pacifico, quindi, “senza un piano di copertura dei posti vacanti, anche nei prossimi anni, con il numero di alunni in costante aumento, staremo qui ancora a parlare di mancato rispetto del rapporto 1 docente ogni 2 studenti, ribadito dalla sentenza della Consulta 80/2010. E di una riforma del sostegno ‘zoppa’, perché incentrata su aspetti marginali, anziché sul più importante: la soppressione dei posti in deroga”. In altre parole, continua, “quel che occorre, per far quadrare il cerchio e risolvere il problema dell’alto precariato nella categoria, con effetti negativi per gli alunni, è assumere i 33mila docenti di sostegno precari prima dell’avvio del nuovo bando di concorso”. La richiesta è dunque che “Governo e amministrazione portino in porto quello che chiediamo da anni: attuare un’offerta didattica migliore, che copra tutti gli alunni disabili, attraverso la soppressione dei posti in deroga e – conclude Pacifico – l’assunzione in ruolo su tutti i posti vacanti”.

Disabilità, è Milano la città più accessibile: l’Ue la proclama vincitrice

da Redattore sociale

Disabilità, è Milano la città più accessibile: l’Ue la proclama vincitrice

In occasione dello European Day for people with disabilities, la Commissione europea annuncia che Milano è la vincitrice del premio 2016, piazzandosi davanti a Wiesbaden, Toulouse, Vaasa e Kapsovár

MILANO – Il premio Access City Award 2016 per le città accessibili ai disabili va a Milano. In occasione dello European Day for People with Disabilities, la Commissione europea annuncia che Milano è la vincitrice del premio 2016. Wiesbaden, Toulouse, Vaasa e Kapsovár erano in lizza per i loro sfrorzi di migliorare l’accessibilità per disabili e anziani. Il commissario per gli Affari sociali, Marianne Thyssen, ha commentato:  ”Oggi, premio Milano per il suo impegno a lungo termine per l’accessibilità. Personalmente incoraggio le città a imparare dalla good practice di Milano e dagli altri vincitori nell’Ue per migliorare l’inclusione attiva”. La cerimonia si è svolta nella cornice della Giornata delle persone disabili 2015 e che quest’anno si è focalizzata su minori e giovani disabili. Con il titolo “Growing together in a barrierfree Europe”, l’evento ha incluso la presentazione e discussione sull’educazione, un modo per assicurare uguale partecipazione nel lavoro e nella società. L’intenzione è promuovere esempi di good practices. Milano, oltre al suo eccellente sforzo, ha anche promosso l’impiego di persone disabili e il supporto per la vita indipendente. Milano è vincitrice non solo per i passi compiuti in passato, ma anche per i suoi piani ambiziosi per il futuro. Wiesbaden, capitale dello stato federale dell’Hessen, conquista il secondo posto. Oltre 200 degli edifici pubblici sono totalmente accessibili e decorati con adesivi con lo slogan “Wir machen mit” – We’re joining in – all’ingresso di ciascuno”.
Toulouse ha ottenuto la menzione speciale per le “Smart City”. Vaasa, la città finlandese, ha vinto una menzione speciale per l’impegno nel migliorare l’ambiente. Infine, Kaposvár: situata nel suo-ovest dell’Ungheria, ha ottenuto una ulteriore menzione speciale.