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Special Olympics, a Los Angeles la carica dei 101

da Superabile

Special Olympics, a Los Angeles la carica dei 101

Al via domani i Giochi estivi del movimento sportivo che promuove l’integrazione degli atleti con disabilità intellettiva. Arrivati negli Usa 7 mila atleti da più di 170 nazioni: gareggiano in 24 discipline e vinceranno tutti, senza eccezioni. Gli azzurri sono 101. Michelle Obama alla cerimonia di apertura

ROMA – Andrea ha 23 anni e una passione per l’acqua: gli piace un sacco nuotare, e non si accontenta della piscina, che peraltro ha anche imparato a raggiungere da solo in treno e in bicicletta. Da poco ha iniziato a giocare a pallanuoto ma, soprattutto, ha talmente tante energie da spendere che è pronto per il nuoto in acque libere, per affrontare il mare. Lucia di anni ne ha 63 e da tre ha sviluppato un amore per le bocce: uno sport grazie al quale è migliorata come persona, facendo grandi passi avanti dal punto di vista tecnico ed emotivo. Carlotta, invece, è molto più giovane, ha 20 anni e di se stessa dice di essere dolce e testarda: le piacciono lo sport e il teatro, da poco ha iniziato a lavorare come assistente in una scuola per l’infanzia di Cagliari. E ha un grande amore per la ginnastica.

Andrea, Lucia e Carlotta sono solo tre dei 101 atleti italiani arrivati a Los Angeles per gli Special Olympics World Summer Games 2015, i giochi mondiali che celebrano le capacità e il talento delle persone con disabilità intellettiva. Un evento planetario, che dal 25 luglio al 2 agosto richiama in California 7mila atleti da 177 nazioni diverse, insieme a 3mila tecnici, 30mila volontari, migliaia e migliaia di spettatori. Alla cerimonia d’apertura avverrà nello storico Los Angeles Memorial Coliseum, sede dei Giochi Olimpici del 1932 e del 1984: e in diretta tv sul canale Usa ESPN sarà la First Lady, Michelle Obama, a dichiarare ufficialmente aperti i Giochi.

I mondiali sono solo la punta dell’iceberg di un movimento al quale il mensile “SuperAbile Inail” ha dedicato un’inchiesta nel suo numero di luglio. Un movimento formato in tutto il mondo da circa 4 milioni e mezzo di atleti, che hanno partecipato nel corso del 2014 a oltre 81mila eventi e competizioni, anche con l’ausilio di un milione e 350mila volontari. E’ il volto migliore dello sport, quello che esalta non tanto le prestazioni agonistiche, ma l’impegno, la determinazione, la costanza, la forza di volontà. Perché qui la competizione è anzitutto una sfida con se stessi, è una lotta per migliorarsi, per raggiungere tutta l’autonomia possibile, superando almeno in parte ostacoli e limiti. Special Olympics è il regno del semplice e dell’incredibile, è quel posto dove le priorità diventano altre e le conquiste a lungo sognate diventano reali, è uno scorrere continuo di emozioni e di sorrisi: è, in definitiva, un posto vero, uno di quei pochi dove senti potente la forza della realtà, dove intravedi netta, evidente, palese, quella cosa che chiamano bellezza, felicità, letizia.

Special Olympics è un concentrato di tutto questo, un’invenzione che nel suo mezzo secolo di vita ha saputo stupire ed emozionare. Nato negli Stati Uniti negli anni Sessanta del secolo scorso (è una delle tante eredità della famiglia Kennedy), è riuscito a dare concretezza a un’idea che oggi definiremmo perfino banale se non fosse stata in realtà, per l’epoca, totalmente rivoluzionaria: mettere insieme tanti ragazzi con disabilità intellettive e farli giocare. Niente di più, niente di meno. Farli giocare e, proprio attraverso lo sport, fare in modo che essi trovassero nella società piena integrazione, inclusione e rispetto. Un cambiamento epocale che la fondatrice Eunice Kennedy raccontava così, nel 1999, rivolgendosi direttamente agli atleti in procinto di disputare quell’edizione dei Summer Games: «Trent’anni fa dicevano che non eravate in grado di correre i 100 metri. Oggi voi correte la maratona. Trent’anni fa dicevano che dovevate rimanere chiusi negli istituti. Oggi siete di fronte alle televisioni di tutto il mondo. Trent’anni fa dicevano che non potevate dare un valido contributo all’umanità. Oggi voi riunite, sullo stesso terreno dello sport, tante nazioni che sono in guerra».

Tutta questa bellezza la vedi negli occhi degli atleti che hanno trovato nello sport un amico prezioso, ma la vedi anche negli sguardi dei loro tecnici e allenatori, dei volontari, degli arbitri, degli altri giocatori senza disabilità, e la vedi soprattutto – accidenti se la vedi – nei volti delle mamme e dei papà, dei fratelli e delle sorelle. Gente che ha pianto, e a lungo, di fronte alle difficoltà; gente lasciata spesso sola, gente ferita dall’indifferenza altrui, gente alla quale più volte si è stretto il cuore nel vedere quell’amatissimo figlio, rifiutato dai compagni di classe, sbeffeggiato, ridicolizzato, perfino insultato.

Padri e madri sul cui volto trovi ora lacrime che scendono gioiose mentre il loro ragazzo alza le braccia al cielo per festeggiare una medaglia appena messa al collo, medaglia che riporta alla mente in un colpo solo tutti i progressi conseguiti nel tempo. Come è successo ad Alessandro, papà di Marta, che due anni fa l’ha accompagnata in Corea del Sud per partecipare ai Giochi invernali: «Vedere la propria figlia sul gradino del podio con la medaglia d’argento intorno al collo è stata un’emozione fortissima, indescrivibile. Ringrazio la mia macchina fotografica che ha nascosto le lacrime che venivano giù lungo il viso. In quel momento penso di essere stato il papà più orgoglioso e felice al mondo e voltandomi ho visto anche una mamma e una sorella che come me pensavano la stessa cosa: orgogliosi di Marta, orgogliosi di quel suo piccolo, grande successo». Un successo che non è tanto e solamente quello sportivo, ma quello della conquista progressiva di una sua autonomia, la capacità di fare da sola: «Marta – racconta la sua allenatrice, Antonella – in quell’esperienza non ha solo fatto una bella prestazione, ma ha vinto la grande sfida del “me la cavo da sola”: la mattina si alzava prestissimo, intorno alle sei, e senza battere ciglio andava al bagno e si preparava. Si lavava, si vestiva con la tuta e tutto il necessario, controllava che avesse preso tutto l’occorrente e via a far colazione per poi andare ad allenarsi aspettando senza problemi il suo turno di prove e poi la gara». Chi conosce i ragazzi con disabilità intellettiva sa quanto sia importante tutto questo, quanto il raggiungimento di un grado di autonomia personale sia fondamentale per migliorare la vita di ogni giorno.

Special Olympics in effetti non è solo sport, ma incarna un’esperienza di vita: permette agli atleti di conoscere ragazzi con altre disabilità, fa capire loro i talenti e i limiti (propri e altrui), consente di rapportarsi con persone senza disabilità e di sentirsi accettati, di essere parte integrante di un gruppo. Allenarsi significa sentirsi impegnati, avere un obiettivo e lavorare sodo per raggiungerlo, veder crescere la propria autostima, migliorare le proprie relazioni interpersonali. E quando ci scappa la partecipazione a un evento – come possono essere anche le gare a livello provinciale o regionale, non necessariamente quelle a livello nazionale o mondiale – c’è anche la novità di un viaggio, del dormire fuori casa (magari per la prima volta), del prendere un aereo o un treno, del fare una valigia, dell’amministrare i cambi da indossare giorno dopo giorno, del doversi insomma gestire da soli in tantissimi aspetti che all’apparenza sembrano poca cosa ma che invece costruiscono una persona autonoma. Questa è la gratificazione più grande, questo è il risultato che Special Olympics – con i suoi team, i suoi tecnici, i suoi allenatori – persegue.

Dall’atletica al tennis, dall’equitazione alla ginnastica, sono almeno 24 le discipline praticate fra ufficiali, sperimentali e dimostrative: alcune vengono ora praticate anche in una versione “unificata”, cioè con la contemporanea presenza in squadra di atleti con disabilità e senza disabilità. “Play Unified” è una delle innovazioni più recenti del movimento Special Olympics, un programma rivolto soprattutto ai giovanissimi (14-25 anni) senza disabilità per incoraggiarli ad annullare ogni differenza e a giocare tutti insieme, uniti, con i propri coetanei disabili. L’obiettivo dichiarato è quello di fermare l’inattività, l’ingiustizia e l’intolleranza verso le persone con disabilità intellettiva, costruendo – sottolinea lo stesso movimento – «la prima generazione di persone giovani che vogliono un futuro di rispetto e di inclusione». Un obiettivo di lungo periodo che intanto nel mondo ha già coinvolto 700mila fra atleti disabili e atleti partner. A Los Angeles si gioca “unificati” a pallacanestro, pallavolo e calcio, ma anche a bocce e nel nuoto in acque libere. Fra i 101 atleti italiani, 17 non hanno disabilità. E anche loro, come tutti gli altri, sono parte integrante della squadra.

Il tram è inaccessibile: per il Tribunale è discriminazione

da Superabile

Il tram è inaccessibile: per il Tribunale è discriminazione

La sentenza condanna Comune di Milano e l’azienda di trasporti Atm a correre ai ripari, migliorando la linea del tram 24. C’è tempo fino 31 dicembre 2015. Antonio (nome di fantasia) era costretto a prendere il doppio dei mezzi degli altri per fare lo stesso tragitto

MILANO – Il tram è inaccessibile alle persone con disabilità, così Comune e azienda municipale dei trasporti sono costretti a correre ai ripari. È quanto ha stabilito il Tribunale di Milano con una sentenza del 18 giugno. Protagonista della storia Antonio (nome di fantasia, ndr), un ragazzo che per spostarsi è costretto a utilizzare da anni mezzi privati, visti che a quelli pubblici non ha accesso. Il mezzo su cui non può salire è il tram 24, che dal quartiere Vigentina arriva fino in centro. Se Antonio volesse arrivare al Duomo, da dove abita gli dovrebbero bastare due mezzi. Non per lui, costretto ad utilizzarne il doppio. Questa condizione in cui è costretto a vivere Antonio è considerata discriminatoria dal Tribunale che quindi ha imposto una deadline a Comune e Atm per attrezzare mezzi e aree urbane. A condurre la causa in Tribunale è stata Ledha Milano.

Entro il 31 dicembre Atm dovrà introdurre “un numero di vetture (tali da assicurarne l’utilizzo da parte del disabile nelle diverse ore della giornata) accessibili al disabile motorio”, scrive il Tribunale, mentre il Comune di Milano dovrà adeguare banchine e marciapiedi. “Non è mai positivo che, per vedere rispettato un proprio diritto, si debba ricorrere a un tribunale. Ma vogliamo intendere questa sentenza come un memento per il Comune e per Atm affinchè si attivino per consentire la libera circolazione delle persona con disabilità – afferma Marco Rasconi, presidente di Ledha Milano -. Auspichiamo che il Comune si attivi in tempi brevi. Mentre noi, come di consueto, offriamo la nostra disponibilità a collaborare sul tema dei trasporti e dell’accessibilità”.

Una sentenza importante, che mette in evidenza come il diritto di muoversi autonomamente costituisca un elemento essenziale per il rispetto della dignità degli individui e deve essere garantito alle persone con disabilità al pari degli altri. Al momento, a quanto risulta a Ledha Milano non ci sono altre situazioni di gravità paragonabile a quella del tram 24, ma in ogni caso il dibattito sul trasporto pubblico per le persone con disabilità dovrà essere affrontato in un nuovo tavolo tecnico a settembre. (lb)

Quelle scuole “speciali” che attraggono circa mille alunni con disabilità

da Redattore sociale

Quelle scuole “speciali” che attraggono circa mille alunni con disabilità

In Lombardia ci sono 24 scuole dedicate a ragazzi con disabilità grave. C’è la lista d’attesa per accedervi: per i genitori la scelta migliore per i propri figli, ma anche il segno che la scuola ordinaria non sa ancora accogliere. L’analisi in un saggio di Giovanni Merlo, direttore della Ledha

MILANO – Si chiamano “scuole speciali” e sono tali per gli alunni che le frequentano, ossia ragazzi con disabilità, di solito grave o molto grave. Ogni alunno, qualunque sia la sua condizione, ha il diritto di iscriversi nella scuola pubblica, ma poi dalla teoria alla pratica non sempre tutto funziona bene, soprattutto in tempi di tagli pubblici che riducono i servizi alle persona con disabilità. E così rimangono le scuole speciali: in Lombardia ce ne sono 24, di cui 5 dell’infanzia, 17 primarie e 2 secondarie di primo grado. 19 sono scuole statali, 3 private paritarie e 2 private. Circa un migliaio gli studenti.

Si tratta di strutture ben tenute, con spazi adeguati, in alcuni casi molto recenti o recentemente ristrutturate -racconta Giovanni Merlo, direttore della Lega per i diritti delle persone con disabilità, che alle scuole speciali lombarde ha dedicato un saggio dal titolo “L’attrazione speciale” (Maggioli editore). “Sono luoghi dove si respira un’aria di serenità e di forte attenzione al benessere dei bambini -scrive nel suo saggio-. Nel loro funzionamento e nella loro impostazione, non hanno nulla in comune con le istituzioni chiuse dei primi del ’900 e sono solo delle lontane parenti delle vecchie scuole speciali. Tendono ad assomigliare, ed in parte anche a rappresentarsi, più come servizi educativi e riabilitativi”.
Non sono diffuse in tutta la Lombardia. Non ve ne sono province di Brescia, Cremona, Lodi e Sondrio mentre sono presenti più realtà nei territori di Como, Lecco, Mantova, Monza e Brianza, Milano, Pavia e Varese. Rappresentano lo 0,35% del totale dell’offerta formativa regionale. “È un fenomeno la cui diffusione non appare rispondere a criteri di pianificazione -spiega nel suo saggio Giovanni Merlo- quanto piuttosto a fenomeni di tipo storico”. Le scuole speciali si organizzano per classi, in genere con un numero esiguo di alunni, dai 3 ai 13. Nelle classi vengono spesso inseriti raganni con età e bisogni molto diversi fra loro. All’interno delle scuole speciali operano insegnanti, educatori professionali e, nella gran parte dei casi, professionisti sanitari per le attività e prestazioni di carattere riabilitativo e terapeutico. Il rapporto medio insegnanti-alunni è di 1:3, come anche il rapporto educatori-alunni.

Nel suo lavoro di ricerca, Giovanni Merlo ha intervistato 16 genitori, per capire le ragioni che li hanno spinti a iscrivere i figlio in una scuola speciale. E, al di la delle singole storie, c’è un filo comune che lega questi genitori:  ritengono che sia stata “la scelta migliore” per i propri figli, e non “il male minore”. Inoltre, hanno influito su questa scelta “l’inerzia dei servizi specialistici”, “la fatica della scuola a mettersi in discussione”. Insomma servizi pubblici e scuola ordinaria sono percepiti come inadeguati. “Il crescente successo e suggestione dei percorsi di educazione separata sta mettendo a rischio alcuni diritti umani fondamentali dei bambini e ragazzi con disabilità -sottolinea Giovanni Merlo-. Certifica una graduale regressione della capacità della nostra comunità e del nostro sistema sociale di garantire a tutte le persone con disabilità la loro piena inclusione e partecipazione nella società”. In altre parole, le scuole speciali fanno un lavoro egregio, ma sono anche il segno che sull’integrazione degli alunni disabili c’è ancora tanta strada da fare. (dp)

Disabilità e lavoro: dal diritto teorico all’inclusione reale

Disabilità e lavoro: dal diritto teorico all’inclusione reale

Lo schema di decreto legislativo (Atti del Governo, n. 176), attuativo della delega di cui alla legge n.
183 del 2014 (Jobs Act), in questi giorni in attesa dei pareri della Conferenza Stato-Regioni e delle
Commissioni di Senato e Camera, tratta al Capo I sul collocamento mirato temi, argomenti, riflessioni
che tutti noi che operiamo nel mondo della disabilità e del lavoro in questi 16 anni ci siamo trovati
ripetutamente a condividere.
Già dall’entrata in vigore la legge 68/99 conteneva, rispettosamente, regimi transitori e necessità
applicative che nel tempo si sarebbero dovuti affrontare, e non si contano i seminari, i documenti, le
tavole rotonde in cui si è tornati a ripetersi che sarebbe stato necessario intervenire concretamente.
Ora disponiamo di un testo innovativo che recepisce quelle riflessioni e proposte.
Solo un’analisi lucida e scevra di pregiudizi, consente di cogliere come finalmente il decreto intervenga
per dare attuazione ad alcuni principi cardine sanciti dalla legge 68/99, a partire proprio dallo slogan “la
persona giusta al posto giusto”.
Abbiamo partecipato attivamente ai lavori dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone
con disabilità, istituito in base al dettato della Convenzione ONU, per contribuire a segnalare punti di
caduta dei processi di inserimento, necessità di intervento per interrompere comportamenti
discriminatori e favorire la piena inclusione, ipotesi di sviluppo del sistema. E accogliamo con viva
soddisfazione l’accoglimento nel decreto di gran parte degli indirizzi emersi in quella sede.
1. Piena attuazione della legge n.68/99 sul collocamento mirato
Per la prima volta vi è un tentativo di dare attuazione all’art 2 della legge 68/99, ovvero il collocamento
mirato. Ricordiamo infatti che la legge 68/99 riforma la vecchia legge 482/68 a partire proprio da un
concetto nuovo: si tratta di inserire la persona giusta al posto di lavoro giusto, superando il
principio di mero obbligo di rispetto dell’aliquota. In realtà proprio questa innovazione non ha avuto un
riscontro uniforme nel territorio. Poche ma straordinarie le esperienze di filiere del collocamento mirato
degne delle esigenze delle persone con disabilità, collocate soprattutto nel centro-nord.
Lo schema di decreto attuativo del Jobs Act parte proprio da qui: le linee guida in materia di
collocamento mirato delle persone con disabilità, da emanarsi entro 180 giorni. Lo schema prevede
alcune direttrici:
– la costruzione della filiera di servizi e competenze pubbliche e del privato sociale,
promuovendo accordi territoriali che coinvolgono le rappresentanze sindacali, datoriali, del terzo
settore e delle associazioni delle persone con disabilità;
– l’individuazione di nuovi e più efficaci criteri e modalità di valutazione delle potenzialità delle
persone con disabilità con riferimento all’Icf come linguaggio comune della filiera, un altro irrisolto
sin qui;
– l’introduzione degli accomodamenti ragionevoli con riferimento alla Convenzione Onu, ovvero
una nuova modalità di analisi dei posti di lavoro la cui violazione attiene alla discriminazione;
– l’introduzione del disability manager, da intendersi come organismo collegiale a presenza
paritetica, come luogo di governo dell’inserimento lavorativo, del mantenimento del posto di
lavoro, nonché dell’avanzamento in carriera.
Tali misure corrispondono – finalmente – alla valorizzazione dei servizi di integrazione lavorativa e
delle politiche attive da loro realizzate assieme a reti di competenze e con la collaborazione
delle rappresentanze. Tutti i dati delle Relazioni al Parlamento sull’attuazione della 68/99 restituiscono
uno scenario certo: laddove si sono create le condizioni migliori del collocamento mirato, è stato
possibile ridurre seriamente le discriminazioni verso le persone con disabilità più grave, in
specie intellettive e relazionali.
Parte integrante delle politiche attive è la riforma degli incentivi per l’assunzione, contenuta all’art
10. Si incrementa l’agevolazione al 70% per le persone con disabilità più grave, e analogo
incremento del 10% si applica per coloro in condizioni di ‘media’ disabilità (comunque superiori al 67%).
Con l’obiettivo di limitare l’alto turn over dei lavoratori con disabilità, pur in presenza di contratti stabili di
lavoro, la durata degli incentivi arriva a 36 mesi nel tentativo di supportare il mantenimento del rapporto
lavorativo per le persone con disabilità più grave. Se ciò non bastasse, l’incentivo può raggiungere i 60
mesi nel caso specifico di persone con disabilità intellettiva e psichica, che comporti una riduzione della
capacità lavorativa superiore al 45%, assunte a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata
non inferiore a 12 mesi e per tutta la durata del contratto. Infine, gli incentivi per le assunzioni
divengono ora automatici ed erogati entro termini brevi e perentori, con l’intento di rendere tangibile
il ritorno economico per i datori di lavoro e supportare così un numero maggiore di inserimenti.
In coerenza con la legge n.68/99, che assegna alla chiamata nominativa un ruolo di primo piano,
consentendone l’utilizzo anche al 100% all’interno delle convenzioni ex art.11 e prevedendo che i
lavoratori con disabilità psichica e mentale possano essere avviati al lavoro esclusivamente con
la chiamata nominativa all’interno di tali convenzioni, lo schema di decreto sancisce
legislativamente una modalità già pienamente applicata, che consente esattamente di selezionare la
“persona giusta” e collocarla, attraverso l’insieme degli strumenti a disposizione, nel “posto giusto”.
Probabilmente le critiche mosse a questo pilastro della legge 68/99 muovono dal fraintendimento di
tale istituto con quello neonato nello schema di decreto dell’”assunzione diretta”, che alcune
perplessità le muove in quanto consente al datore di adempiere all’obbligo e accedere ai finanziamenti
del Fondo Nazionale senza alcun contatto con i servizi competenti.
L’istituto della chiamata numerica, utilizzato oggi essenzialmente per le aziende non ottemperanti, viene
inoltre rafforzato dallo Schema di decreto che limita fortemente molti degli escamotage che le
imprese potevano mettere in campo e prevede tempi e controlli molto più stringenti.
2. Allargamento della disponibilità di posti di lavoro
Novità anche in questo campo coerenti con lo spirito della 68/99, che chiariscono e rivedono anche
alcune interpretazione restrittive:
– art 3. A distanza di 16 anni, viene superato il regime di gradualità previsto e il calcolo dell’aliquota
d’obbligo per le imprese da 15 a 35 si applicherà sull’intero numero dei dipendenti, non
solo per i nuovi assunti;
– art 5. Nel caso di lavorazioni con elevato premio assicurativo INAIL (60 per mille), l’azienda non
potrà più escludere tali lavoratori dalla base di computo e sarà tenuta al pagamento di un
contributo esonerativo pari a €30,64 per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore con
disabilità non occupato,
– art. 4. Il lavoratore con disabilità assunto non in quota con la legge 68/99 potrà essere
computato solo se con media e grave disabilità (almeno al 60%), o con disabilità
intellettiva o psichica almeno al 45%.
3. Banca dati sul collocamento mirato
Le Relazioni biennali sullo stato di attuazione della legge 68/1999 hanno messo in luce molte carenze
informative con un danno evidente nella possibilità di monitorare e intervenire sul fenomeno della
inoccupazione delle persone con disabilità. Su tali carenze interviene finalmente l’articolo 8. Al fine di
razionalizzare la raccolta dei dati disponibili sul collocamento mirato, nonché, tra l’altro, di semplificare i
relativi adempimenti e migliorare la valutazione degli interventi, viene istituita all’interno della Banca dati
politiche attive e passive una apposita sezione denominata “Banca dati del collocamento mirato” che
raccoglie le informazioni relative ai datori di lavoro pubblici e privati obbligati e ai lavoratori interessati,
che si aggiungono alle informazioni che il datore di lavoro deve obbligatoriamente fornire circa
l’instaurazione di rapporti di lavoro. La Banca dati sarà alimentata, in particolare, dall’INPS
(relativamente agli incentivi di cui il datore di lavoro beneficia), dall’INAIL (relativamente agli interventi di
reinserimento e integrazione), e dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano. Utile
anche la prevista “restituzione” dei dati che saranno rese disponibili alle regioni, province autonome ed
enti pubblici responsabili del collocamento mirato. È indispensabile che le informazioni vengano
rese disponibili anche alle rappresentanze delle parti sociali e delle associazioni delle persone
con disabilità.
Occorre quindi difendere e rilanciare le misure dello schema decreto che interpretano adeguatamente
alcuni principi fondamentali:
– ogni persona ha le potenzialità di un occupazione, sempre che si eliminino gli ostacoli che
impediscono il pieno sviluppo della personalità attraverso strumenti, servizi e clausole
antidiscriminatorie;
– eliminazione dei privilegi, anche se gradualmente, per talune imprese per evitare l’assunzione
delle persone con disabilità e garantire uguaglianza di trattamento per tutti i datori di lavoro;
– conoscere per decidere, e quindi dotarsi di strumenti di conoscenza non parziale, tendendo
all’obiettivo di definire e monitorare il tasso di disoccupazione delle persone con disabilità.
Tra le questioni non affrontate dallo schema di decreto, e su cui sarà opportuno tornare ad intervenire
per promuovere la piena attuazione della legge n.68/99, ne annoveriamo due:
– riteniamo necessaria una più profonda riforma degli esoneri ed esclusioni seguendo
l’approccio e le prescrizioni della Convenzione Onu, ovvero che in linea di principio non
dovrebbero sussistere i presupposti per escludere totalmente o parzialmente un’attività
economica o settore merceologico dall’adempimento;
– siamo fortemente preoccupati per la proposta, in altro schema di decreto, dell’abrogazione
delle commissioni ‘tripartite’ del lavoro e conseguentemente dei comitati tecnici, organismi
fondamentali della legge n.68/99. Tali luoghi, ove pienamente operativi, rappresentano snodi
importanti nella definizione delle politiche attive e di inserimento dei lavoratori con disabilità, oltre
che di monitoraggio, e devono mantenere le proprie funzioni. Nel caso fosse confermato il testo
dello schema di decreto, sarà necessario recuperare tali funzioni attraverso la definizione delle
Linee Guida del collocamento mirato.
Ci sono tempi e luoghi deputati a presentare proposte, come è l’Osservatorio Nazionale. Poi arriva il
momento in cui le questioni vanno affrontate nel merito e senza pregiudiziali di ordine politico.
Ora, coerentemente con tale analisi, chiediamo alla Conferenza Stato-Regioni e alle
Commissioni parlamentari di dare pareri pienamente favorevoli al Capo I dello Schema di
decreto, in modo che possa speditamente essere approvato e diventare operativo.
Sarà solo a partire da quel momento che inizieremo a declinare con maggiore dettaglio le nostre
proposte, calibrate sulle realtà che ogni giorno viviamo, in merito alla definizione delle Linee Guida sul
collocamento mirato. E ci auguriamo di ricominciare a lavorare per costruire il mondo del diritto al
lavoro delle persone con disabilità insieme a tutte le forze sociali, sindacali, associative, datoriali che
quel mondo lo abitano.
Perche il patrimonio della legge n.68/99 e della Convenzione ONU è un patrimonio di tutti i cittadini del
nostro Paese, e merita l’impegno di tutti noi perché venga concretamente attuato a favore della piena
inclusione di ogni persona, senza discriminazioni.
22 luglio 2015

FISH*
Il presidente
(Vincenzo Falabella)

UICI Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti
Il presidente
(Mario Barbuto)

CISL
Il segretario confederale
(Maurizio Bernava)

 

  • Aderiscono alla FISH:
    ABC – Associazione Bambini Cerebrolesi
    ADV – Associazione Disabili Visivi, AICE – Associazione Italiana Contro l’Epilessia
    AIPD – Associazione Italiana Persone Down
    AISA – Associazione Italiana per la lotta alle Sindromi Atassiche
    AISLA – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica
    AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla
    AISTOM – Associazione Italiana Stomizzati
    ANFFAS – Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale
    ANGSA – Associazione Nazionale Genitori di Soggetti Autistici
    ANIEP – Associazione Nazionale per la Promozione e la difesa dei diritti civili e sociali degli handicappati
    APICI – Associazioni Provinciali Invalidi Civili e Cittadini Anziani
    Comunità di Capodarco
    DPI – Disabled Peoples’ International Italia
    ENIL Italia Onlus – European Network on Independent Living
    FAIP – Federazione Associazioni Italiane Para-tetraplegici
    Fantasia – Federazione Nazionale delle Associazioni a Tutela delle persone con Autismo e Sindrome di Asperger
    FIADDA – Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi
    FINCO-PP – Federazione Italiana Incontinenti e disfunzioni del Pavimento Pelvico
    FNATC – Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico
    Lega del Filo d’Oro
    Parent Project Onlus
    Parkinson Italia
    RETINA ITALIA – Federazione Italiana per la Lotta alle Distrofie Retinitiche
    UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare
    UNASAM – Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale
    UNITALSI – Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali

Premio Braille

Premio Braille, la lotteria di Stato che aiuta i ciechi

I biglietti si potranno trovare nei normali circuiti di tabaccheria, il premio vale 500 mila euro e i proventi andranno a sostenere le sezioni territoriali dell’Unione Italiana Ciechi

FIRENZE – Al via la prima lotteria di Stato ‘Premio Louis Braille’, i cui proventi andranno alle sezioni territoriali dell’Unione italiana ciechi. 500mila euro il primo premio, che verrà estratto a sorte il prossimo 10 settembre. I biglietti della lotteria si trovano nei normali circuiti delle lotterie, quindi tabaccherie, grande distribuzione e presso le sezioni dell’Uic. Un biglietto costa 3 euro. L’iniziativa è stata presentata stamani nella sala Montanelli del Consiglio regionale toscano alla presenza del presidente Uic Toscana Antonio Quatraro, del presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani e del consigliere regionale Simone Bezzini.

Per molto tempo l’Unione ciechi ha tentato invano di avere una propria lotteria nazionale. Lo scopo è duplice: da un lato dare maggior visibilità alle problematiche di chi non vede, dall’altro ottenere un nuovo prezioso canale per ottenere risorse. “I proventi – ci tiene a dirlo Quatraro, – saranno utilizzati per finanziare progetti speciali, non sostenibili coi contributi ordinari. Grazie alla lotteria sarà soprattutto offerto un aiuto concreto alle sezioni dell’Unione, in particolare le più piccole. La loro presenza sul territorio è fondamentale, perché rappresentano l’unico punto di riferimento per le famiglie in cui vive una persona non vedente o ipovedente”.

Perché abbinare il ricordo dell’inventore del Braille all’idea di fortuna? La risposta è semplice: per i ciechi il metodo di scrittura e lettura inventato da Louis Braille è una manna dal cielo, perché permette di ‘toccar con mano le parole’ e, quindi, di aprire le porte della cultura e dell’educazione. Insomma, il Braille ha liberato chi non vede dalla schiavitù del non sapere.

Verso la legge di Stabilità 2016

da Superabile

Verso la legge di Stabilità 2016: centinaia di milioni da stretta su invalidità e assistenza

Il governo deve trovare tra i 20 e i 25 miliardi, di cui 10 arriveranno dalla spending review. Secondo Gutgeld, centinaia di milioni verranno da stretta su invalidità e trattamenti assistenziali”. Fish: “Da un lato si vuole favorire l’equità, dall’altro si colpisce la disabilità”

ROMA – L’estate è calda, ma il governo già trema, pensando all’autunno: si avvicina infatti il momento in cui, con la legge di stabilità 2016, dovrà far quadrare i conti. E sarà una vera e propria “caccia alle risorse”, quella con cui Renzi dovrà trovare i 20 miliardi necessari – ma qualcuno parla addirittura di 25 mila – per centrare l’obiettivo. E tra le “prede” di questa battuta di caccia potrebbero esserci anche le persone con disabilità: è quanto denuncia la Fish, preoccupata dalle dichiarazioni rilasciate in questi giorni da Yoram Gutgeld, consulente del governo per la spending review: proprio da questa, infatti, dovranno derivare almeno 10 miliardi di risparmio. E, in base alla ricognizione che Gutgeld sta portando avanti per definire le misure d’intervento, “alcune centinaia di milioni dovrebbero arrivare proprio dalla stretta su invalidità e altri trattamenti di tipo assistenziale”, come ha riferito ieri il Sole 24 Ore.
A una possibile razionalizzazione della spesa in questo settore, d’altra parte, Gutgeld aveva già accennato proprio all’inizio del suo mandato, nell’aprile scorso: “Ci sono troppe disparità per numero di prestazioni tra una Regione e l’altra, talvolta tra una Provincia e l’altra che non sono giustificate da ragioni socio demografiche – aveva dichiarato allora – Bisogna quindi vedere, in collaborazione con le stesse Regioni, come ricondurre a normalità le situazioni anomale, dove ci sono troppe pensioni di questo tipo”. Per quanto riguarda poi le prestazioni assistenziali, “oggi le istituzioni che se ne occupano – Regioni, Inps, Comuni – non sanno l’una quello che fa l’altra e così finisce che una persona riceve tre prestazioni mentre un’altra, magari più bisognosa, nessuna – aveva detto – Accade anche perché parte delle prestazioni sono indipendenti dal reddito”: di qui, l’ipotesi, finora concreta, di legare al reddito anche le indennità di accompagnamento, che costano oltre 13 miliardi l’anno. “In via di principio bisognerebbe andare in questa direzione, per concentrare le risorse su chi ha più bisogno, ma so che è un tema delicato – aveva concluso Gutgeld – Si deciderà con la legge di Stabilità”.

E ora che il momento decisivo si avvicina, “in queste ore le dichiarazioni e le anticipazioni su quelle che saranno le misure economiche contenute nella prossima legge di Stabilità ribadiscono ancora l’intenzione, nel quadro di un intervento sempre più ambizioso, di colpire le prestazioni assistenziali e quelle riservate alle persone con disabilità – denuncia oggi Fish – Ma non basta: pesanti dovranno essere i tagli a quella sanità che aspetta ancora la revisione dei Lea (i Livelli Essenziali di Assistenza), le cui sorti sono sempre più incerte. E a ben vedere Gutgeld non è nuovo a dichiarazioni ‘bellicose’ verso la spesa per invalidità, quella stessa che Tremonti definiva come improduttiva. Il retropensiero rimane quello, nonostante la spesa sociale e la spesa per invalidità italiane siano fra le più basse d’Europa”.

I dettagli, naturalmente, sono ancora tutti da definire: “Quali siano gli intenti operativi per ridurre ancora quella spesa rimane un mistero – riferisce ancora Fish – Altri controlli sulle invalidità (oltre un milione negli ultimi 5 anni)? Riduzione dei beneficiari? Introduzione di nuovi criteri? In realtà si ha l’impressione che Gutgeld e il ministero non abbiano ben chiara la dimensione e i meccanismi del fenomeno e nemmeno gli effetti e le ricadute sulle persone con disabilità e sulle famiglie italiane di azioni approssimative ed avventate”. E’ quindi alta l’attenzione delle associazioni, “quasi pari alla nostra notevole perplessità – riferisce il presidente della Fish Vincenzo Falabella – Da un lato si esprime l’intento di rilanciare il Paese, di diminuire la pressione fiscale, di favorire l’equità, ma dall’altro si pensa a misure che colpiscono la disabilità (e quindi l’inclusione) e la stessa salute di milioni di italiani”.

Disabilità, Inail: accompagnare le persone fino al reinserimento socio-lavorativo

da Redattore sociale

Disabilità, Inail: accompagnare le persone fino al reinserimento socio-lavorativo

“Così l’Istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro cambia pelle”, dice il direttore centrale Prestazioni sanitarie e reinserimento Giovanni Paura. Traficante (direttore regionale Inail Lombardia): “Ci sono ancora tanti pregiudizi”

MILANO – “Il nostro Istituto ha cambiato pelle nelle ultimi 15 anni. Il nostro obiettivo è accompagnare le persone fino al pieno reinserimento lavorativo, cercando di valorizzare le potenzialità”. Lo ha detto Giovanni Paura, direttore centrale Prestazioni sanitarie e reinserimento dell’Inail, l’Istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, intervenendo all’incontro “Quando il cibo dà gusto alla vita”, organizzato da Inail e dal mensile SuperAbile Inail nella cornice di Cascina Triulza, il padiglione della società civile a Expo. Nell’occasione è stato presentato il supplemento di SuperAbile Inail, dedicato a molte tra le più interessanti esperienze italiane nel campo dell’agricoltura e della ristorazione sociale: 25 storie di inclusione, alcune delle quali realizzate grazie a progetti di Inail. “Queste esperienze – ha aggiunto Paura – dimostrano l’importanza dei laboratori di cucina o di altre attività di questo genere, perché mettono al centro la persona. Non chiedono assistenzialismo, ma occasioni per ricominciare. “Negli ultimi anni Inail ha recuperato anche un ruolo sanitario, prendendosi cura degli assicurati. Ovviamente non intendiamo sostituirci al sistema sanitario, però per una platea più limitata, costituita dai lavoratori infortunati, cerchiamo di offrire prestazioni che vanno oltre a quelle di base già garantite”, ha concluso Paura.

“Il nostro auspicio è che queste storie non rimangano esempi isolati – ha sottolineato Antonio Traficante, direttore regionale Inail Lombardia -. Ci sono ancora tanti pregiudizi che impediscono il reinserimento sociale e lavorativo delle persone con disabilità. Tutti dobbiamo impegnarci per combattere queste resistenze”. (dp)

NELL’UNIBAS CORSI DI INFORMATICA PER RAGAZZI DISABILI

NELL’UNIBAS CORSI DI INFORMATICA PER RAGAZZI DISABILI

AGR Il Servizio Disabilità e Dsa dell’Università degli Studi della Basilicata, in collaborazione con la cooperativa “Il Giardino All-Inclusive” ha realizzato il progetto “Laboratorio Informatico per ragazzi disabili”, rivolto ai giovani ospiti dell’Aias e del centro diurno “il Fiore”: il progetto è stato ideato esclusivamente per ragazzi svantaggiati, con l’obiettivo di apprendere i tanti aspetti che riguardano l’informatica, rappresentando anche uno strumento d’inclusione e di socializzazione tra i partecipanti. La prova finale e la consegna degli attestati del corso ai dodici ragazzi si svolgerà sabato 11 luglio, alle ore 10, nell’aula “Giardino della Speranza”, nel Campus di Macchia Romana, a Potenza.

Il corso si è svolto nel “Giardino della Speranza” dell’Unibas, attrezzata con venti postazioni informatiche e un’ampia dotazione di apparecchiature dedicate a non vedenti, ipovedenti, sordi e a persone con disabilità motorie.

“Il progetto – ha spiegato la Prorettrice dell’Unibas, Paola D’Antonio – si propone di dare l’opportunità a questi ragazzi di apprendere delle conoscenze di base per l’utilizzo di un pc, accenderlo, andare su internet, e approfondire le loro conoscenze tecnologiche e non solo”.

Le lezioni hanno riguardato l’utilizzo dei principali programmi del pacchetto Office, non solo come strumento di composizione e lettura dei testi, ma anche di creazione di “prodotti” che nascono dalla fantasia e dalle passioni dei partecipanti, dalle diapositive, alle immagini su vari argomenti, inserendo l’animazione e l’audio, realizzando anche disegni o cartoline.

Non solo, quindi, semplice apprendimento di strumenti informatici, ma anche un supporto alla fantasia dei ragazzi disabili, e un veicolo per creare un collegamento forte e duraturo tra l’Ateneo e il suo territorio. Nel percorso intrapreso da anni dal Servizio Disabilità, che non solo offre sostegno e supporto agli studenti disabili iscritti nell’Unibas, ma che tenta anche di “aprire” le aule accademiche alla comunità. Il corso, infatti, rappresenta il secondo percorso formativo, dopo quello sull’agricoltura sostenibile che si è svolto lo scorso anno, organizzato dal Servizio Disabilità.

ISEE: aggiornamenti da INPS e Ministero del lavoro

ISEE: aggiornamenti da INPS e Ministero del lavoro

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’INPS il 10 luglio scorso hanno aggiornato il precedente documento diramato il 5 maggio che fornisce le risposte alle domande più frequenti in materia di applicazione delle più recenti disposizioni sull’ISEE, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente.

I quesiti sono stati raccolti dalla Consulta nazionale dei CAF (Centri di Assistenza Fiscale) che rappresentano il riferimento principale nella redazione della DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica) alla base del calcolo dell’ISEE.

Rimandiamo al nostro precedente commento per le risposte già consolidate e presentiamo ora le ulteriori nuove indicazioni di diretto interesse per i nuclei familiari in cui siano presenti persone con disabilità.

Detrazione delle spese per la retta in RSA

Il regolamento ISEE (DPCM 159) prevede la detrazione dall’Indicatore della Situazione Reddituale, solo per le persone non autosufficienti, della eventuale spesa per la retta di ricovero (RSA, Istituto, altro). Nel nuovo documento (quesito FC7_2) Ministero-INPS precisano, il linea con il DPCM, che è detraibile solo l’ammontare della retta per l’ospitalità alberghiera senza le spese per l’assistenza medica specifica (che ricordiamo già deducibili in denuncia dei redditi).

È ininfluente, ai fini della detrazione ISEE, il fatto che la struttura di ricovero sia pubblica o privata o convenzionata.

Detrazione delle spese sanitarie per gli incapienti

Il quesito FC8_12 pone una questione di non poco conto relativa ad una specifica detrazione prevista dal DPCM 159/2013 (art. 4) e cioè: “c) fino ad un massimo di 5.000€, le spese sanitarie per disabili, le spese per l’acquisto di cani guida e le spese sostenute per servizi di interpretariato dai soggetti riconosciuti sordi, indicate in dichiarazione dei redditi tra le spese per le quali spetta la detrazione d’imposta, nonché le spese mediche e di assistenza specifica per i disabili indicate in dichiarazione dei redditi tra le spese e gli oneri per i quali spetta la deduzione dal reddito complessivo;”.

Il problema tecnico – e anche normativo – risiede (come avevamo già riportato in queste colonne, NdR) nel fatto che quelle spese vengono estratte dalle dichiarazioni dei redditi degli interessati. Nel caso gli interessati non siano tenuti a presentare la dichiarazione (bassi redditi o incapienti o privi di reddito imponibile) non possono nemmeno ottenere la detrazione anche delle spese sostenute pur se documentate.

Il quesito pone la questione e chiede come costoro possano detrarre le spese documentate.

Ministero/INPS sono perentori: si detraggono solo le spese che possono essere estratte dalla denuncia dei redditi, confermando una disparità di trattamento che potrebbe generare comprensibili contenziosi.

ISEE ordinario e ridotto

Come noto il DPCM 159/2013 prevede un computo di “favore” per le prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria e cioè quelle assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria rivolte a persone con limitazioni dell’autonomia, ovvero altri interventi in favore di queste persone. Vi sono inclusi interventi di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favorire l’autonomia e la permanenza nel proprio domicilio; interventi atti a favorire l’inserimento sociale, inclusi gli interventi di natura economica o di buoni spendibili per l’acquisto di servizi.

In questi casi (se il beneficiario è maggiorenne) il nucleo familiare preso a riferimento, è oltre che il beneficiario, il coniuge, i figli minori di anni 18, nonché i figli maggiorenni. Se questi familiari non sono presenti nel nucleo, ovviamente non vengono computati, come non vengono computati altri familiari che non siano il coniuge o i figli.

Per completezza, se il beneficiario invece è minorenne per l’individuazione della composizione del nucleo familiare ci si riferisce ai genitori anche se non conviventi (e quindi ai loro redditi e patrimoni). Il che appare come una inspiegabile disparità di trattamento.

Quindi per queste prestazioni ci si riferisce all’ISEE sociosanitario (ridotto), per tutte le altre ci si riferisce all’ISEE ordinario (con le precisazioni per quelle relative al diritto allo studio universitario e per quelle di ricovero in istituto, RSA ecc.)

I quesiti N_1 e N_2 confermano che chi dispone solo dell’ISEE ordinario deve richiedere l’ISEE sociosanitario quando richiesto e viceversa, se dispone solo di quello “ridotto” deve richiedere l’ordinario in tutti casi sia previsto.

Per la richiesta di prestazioni socio sanitarie (quesito N_4) da parte di persona disabile o non autosufficiente maggiorenne, in caso si scelga una composizione ristretta del nucleo familiare l’essere a carico fiscalmente dei genitori pur non conviventi è ininfluente.

Modificazione della DSU ISEE

Il quesito V_10 chiede se la DSU possa o debba essere modificata nel caso in cui cambino le condizioni del nucleo di riferimento oppure una persona disabile grave entri in possesso della certificazione che ne attesta la non autosufficienza (con le maggiori franchigie che ne derivano).

Ministero-INPS confermano che tutte le volte che il titolare della DSU deve modificare un dato presente nella precedente DSU, come nei casi presentati, deve presentare una nuova DSU. Se la situazione rispetto alla prima è mutata e obbliga alla presentazione di una nuova DSU nulla vieta di apportare modifiche dei dati auto dichiarati presenti nella prima.

15 luglio 2015

Carlo Giacobini

Direttore responsabile di HandyLex.org

Via libera della Camera alla legge sull’autismo

da Superabile

Via libera della Camera alla legge sull’autismo

Approvato con 296 voti favorevoli e sei contrari il testo del disegno di legge che ora ritorna al Senato per l’approvazione definitiva. La relatrice, Paola Binetti (Ap): “Una risposta concreta per le persone e le famiglie ma è solo il primo passo”. Il movimento Cinque Stelle: “Una presa in giro, sono solo parole”

MA – Via libera dell’aula della Camera disegno di legge “in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie”. La proposta di legge ha avuto 296 voti favorevoli e 6 contrari. Ora il testo torna al Senato.
BINETTI: “BUONA LEGGE MA SERVE PIU’ RICERCA”. Paola Binetti, deputata di Area Popolare, relatore della legge sull’autismo, così commenta: “Approvato il disegno di legge sull’Autismo con un percorso rapido: tra i più rapidi che ci siano stati in questa legislatura; segno evidente della volontà condivisa da tutta la Commissione prima e dall’Aula dopo di offrire una risposta positiva, concreta, alle persone che rientrano nello spettro autistico e alle loro famiglie. Ma certamente si tratta di una risposta che non e’ ancora pienamente soddisfacente; ancora non ne conosciamo bene le cause e per questo serve ricerca scientifica; non sappiamo perché alcune persone abbiano competenze intellettuali che consentono loro di affrontare studi superiori, mentre altri faticano a percorrere un itinerario scolastico completo: e per questo serve una ricerca in campo didattico e pedagogico; alcuni si inseriscono in contesti professionali in cui si fanno apprezzare per loro competenze specifiche, mentre altri hanno bisogno di ambiti protetti come le fattorie sociali, i laboratori guidati etc…”.

“Ministero della salute, Istituto superiore di sanità, Conferenza Stato-Regioni e assessorati regionali alla salute, welfare e istruzione dovranno fare la loro parte per garantire diagnosi precoci, piani di abilitazione-riabilitazione centrati su ognuna delle persone autistiche, coinvolgendo le famiglie e facendosi coinvolgere dalla famiglie stesse, con il loro coraggio e la loro creatività. E’ una buona legge: ne siamo convinti. Ma e’ solo l’inizio di un nuovo processo che vogliamo attivare con determinazione e con grande attenzione alle famiglie e ai professionisti di questo settore così delicato e complesso. Prendersi in carico i soggetti autistici in tutto l’arco della loro vita significa rivedere anche i programmi di formazione e di abilitazione rivolti a loro e alle loro famiglie, perché l’orizzonte a cui tendere e’ quello di una inclusione sociale il più ampia possibile, che vada oltre la scuola e punti al mondo del lavoro”, spiega Paola Binetti. E conclude: “In tempo di tagli alla salute, il recupero delle risorse non può non passare per la lotta agli sprechi, agli interventi inappropriati, alla corruzione. E questo bisognerà ricordarselo quando con troppa faciloneria ci si rende complici degli sprechi in sanità, perché in questo caso si sottrae vita e dignità a tanti malati, a cominciare dai soggetti autistici, protagonisti di questo ddl. E’ più facile smantellare un sistema clientelare, fatto di incompetenze tollerate o subite se si pensa a queste persone, alle loro esigenze. Dobbiamo abituarci a guardare negli occhi queste persone per dire un no deciso a qualunque compromesso, a qualunque connivenza con ciò che non e’ buono. Non e’ moralismo. È solo semplice coerenza con i valori che anche questa legge propone”.

CINQUESTELLE: SOLO PAROLE. “Tante belle parole e nessun miglioramento concreto. In sostanza, una presa in giro. Non sapremmo come altro definire il Ddl sui disturbi dello spettro autistico licenziato oggi della Camera”. Così il Gruppo del MoVimento 5 Stelle commentando il provvedimento licenziato dalla Camera, nei confronti della quale si è astenuto dal voto “soprattutto per rispetto delle persone con disabilità e delle associazioni che si occupano di autismo. Oggi è stato sostanzialmente approvato un manifesto, non una nuova legge che, tra le sue caratteristiche, dovrebbe contenere punti stringenti e un programma di interventi mirato. Qui invece non c’è niente di tutto questo: solo promesse generiche e buoni intenti, ma tutto a costo zero. Per i disturbi dello spettro autistico lo stato non intende spendere un euro. Quei fondi che però si trovano per le grandi opere, le auto blu, gli F35 e comunque non abbiamo sentito il ministro della Salute Lorenzin pronunciare una parola per spingere l’Esecutivo a investire soldi in questo provvedimento. Dal momento che di fondi non se ne parla, sono state bocciate tutte le misure che avrebbero potuto essere davvero utili per migliorare le condizioni di vita dei cittadini affetti da questa disabilità: integrazione scolastica, formazione degli insegnanti di sostegno, attività extramurali. Infine, il fatto che spettro autistico sia inserito nei nuovi Livelli essenziali di assistenza non ci tranquillizza minimamente, perché si tratta di quegli stessi Lea che dovevano essere realtà già lo scorso dicembre e che, ancora oggi, attendiamo diventino realtà”.

MINISTERO DELLA SALUTE: SODDISFAZIONE. Il sottosegretario alla Salute Vito de Filippo si dice “molto soddisfatto per l’approvazione di questo testo che consentirà di dare risposte ai bisogni di salute di tante famiglie. Lo spettro autistico fa un esordio molto autorevole nella legislazione dello Stato con questo provvedimento che offrirà ai tantissimi attori del sistema la possibilità di mettere in campo nuove reti di servizi utili per la diagnosi, per la cura, per l’assistenza e, non da ultimo, anche per la ricerca sull’autismo”.

“Nei confronti di questo disturbo – aggiunge De Filippo- il Ministero della salute ha avuto, e continuerà ad avere, una forte attenzione: nell’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza che il Ministero ha presentato, e che attualmente e’ all’esame della Conferenza Stato Regioni, sono stati previsti infatti interventi per i minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e quindi anche per chi soffre di autismo, con nuove possibilità nelle varie aree dell’assistenza: territoriale, domiciliare e anche farmaceutica. Ora non resta che applicarli. Sicuramente quella approvata oggi e’ una legge programmatica, basata su queste nuove possibilità e sono certo che renderà un servizio importante e costituirà un punto di riferimento rilevante per le politiche regionali su questa materia”.

Napoli, arriva “Amicar” per il trasporto e l’accompagnamento dei disabili

da Superabile

Napoli, arriva “Amicar” per il trasporto e l’accompagnamento dei disabili

Mette a disposizione automezzi accessibili a persone disabili, anziani e con limitata autonomia, con la possibilità di un accompagnatore, e rispetta la Convenzione Onu per i disabili: a promuoverlo il gruppo di imprese sociali Gesco attraverso l’associazione Farsi Strada. La prima corsa è gratis

NAPOLI – Un servizio di trasporto e di accompagnamento per persone disabili. Si chiama “Amicar” e a promuoverlo a Napoli è l’associazione Farsi Strada del gruppo di imprese sociali Gesco. Presentato oggi, Amicar è pensato per agevolare la mobilità e migliorare la qualità della vita di persone disabili, anziane o con limitata autonomia, attraverso un servizio innovativo e conveniente. A spiegarlo è stato il direttore del gruppo di imprese sociali Gesco, Sergio D’Angelo: “Si tratta di un servizio originale non alternativo al pubblico, pensato per accompagnare i disabili al cinema, al teatro, a una serata con gli amici. A Napoli vivono circa 80 mila disabili che non hanno vita facile, a partire proprio dai trasporti. Noi abbiamo provato a sostenere la costituzione di un’associazione tra utenti, familiari e volontari che vogliano contribuire a realizzare un’iniziativa capace di dare una soluzione collettiva a problemi individuali, nel tentativo di abbattere non solo barriere architettoniche e sociali, ma anche economiche”.

Amicar si rivolge a cittadini e turisti e ha costi molto contenuti. Una corsa per il trasporto urbano costa 20 euro (a fronte di un prezzo di mercato di 70, 80 euro) e può essere telefonando al numero 081 6028779 attivo 24 ore su 24. Si parte con 4 automezzi adeguatamente attrezzati per ospitare in maniera confortevole e sicura i passeggeri con esigenze speciali, grazie alla presenza di personale altamente qualificato (operatori socio-sanitari e socio-assistenziali). Saranno impiegate per il momento 10 persone, tra autisti e operatori socio-assistenziali, uomini e donne, ma si guarda già ai prossimi obiettivi. “Da qui a un anno contiamo di diminuire la tariffa con l’aiuto di sponsor e raddoppiare la flotta” ha annunciato stamattina D’Angelo. Il servizio parte il 13 luglio 2015 e prevede, su richiesta, anche la possibilità di usufruire dell’ausilio di un operatore che agevoli gli spostamenti dall’abitazione alla vettura fino al luogo di destinazione finale. La prima corsa è gratuita.

“Quello di oggi è un segnale in controtendenza – ha dichiarato Rosario Stornaiuolo, presidente di Federconsumatori Campania – La crisi economica non ha fatto altro che tagliare tutti i fondi e questo servizio è un piccolo tassello di quello che va costruito per rendere più semplice la vita alle persone che hanno difficoltà e un’autonomia limitata, senza contare che riesce anche a dare lavoro”. “Napoli non è una città accessibile e la mobilità è una delle partite su cui si giocano i diritti di cittadinanza. Amicar è un progetto utilissimo e importante soprattutto perché rispetta la Convezione Onu sui diritti dei disabili per cui la disabilità non è una condizione soggettiva ma oggettiva, cioè determinata dall’ambiente e dalla società in cui si vive – ha sottolineato Giampiero Griffo, responsabile della Sezione sulle diversità della Biblioteca Nazionale di Napoli e membro dell’esecutivo di Disabled Peoples’ International (DPI) – Grazie a questo servizio Napoli potrà finalmente avvicinarsi agli standard delle altre città italiane”.

Ragazzo audioleso: no alla comunità psichiatrica, sì al progetto di lavoro

Ragazzo audioleso: no alla comunità psichiatrica, sì al progetto di lavoro

Si è passati da un protocollo istituzionale di psichiatria coercitiva a un progetto dignitoso che ridà speranza e dignità a un ragazzo che potrà rifarsi una vita.

Brescia. Innovativa decisione del Tribunale di Brescia sulla vicenda del ragazzo non udente di Lumezzane che alcuni mesi fa si era rivolto al Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus perché rischiava l’allontanamento coatto e il ricovero in una comunità psichiatrica secondo i dettami e i protocolli della psichiatria istituzionale. Il giudice ha dato atto della validità di un progetto per la “cura della persona” che preveda, oltre alla presa in carico del CPS locale senza l’assunzione di psicofarmaci, un percorso di tirocinio e formazione al lavoro al fine di favorire la formazione di competenze necessarie per un futuro lavorativo. Il 6 luglio il ragazzo, che più volte aveva chiesto la possibilità di avere un lavoro, verrà informato direttamente dal giudice che la sua richiesta è stata accolta.

“Siamo certi che questa decisione aprirà la strada ad altre decisioni e procedure rispettose dei diritti umani, e che i vecchi ed invasivi protocolli psichiatrici coercitivi saranno presto un ricordo del passato. Ringraziamo l’avvocato Francesco Miraglia, legale del ragazzo, e la dottoressa Vincenza Palmieri dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Famigliare di Roma. Un grazie va anche al giudice, ai professionisti e ai servizi sociali per aver avuto il coraggio di accettare questa proposta innovativa.” Ha commentato Mariella Brunelli del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani.

Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus

Caregiver familiari, ricorso all’Onu per il riconoscimento dei diritti

da Superabile

Caregiver familiari, ricorso all’Onu per il riconoscimento dei diritti

Dopo aver incassato i “silenzi assordanti” delle istituzioni italiane, il Coordinamento nazionale famiglie disabili si è rivolto al Parlamento Ue. Ora l’appello arriva fino ai palazzi dell’Onu. Nel servizio di Alessandra Bartali il racconto di chi si occupa a tempo pieno di un parente disabile

ROMA – Farà ricorso all’Onu, per rivendicare il diritto al riconoscimento dei diritti e delle tutele dei caregiver familiari: la notizia arriva, stamattina, dal Coordinamento nazionale famiglie disabili, che annuncia: “Dopo svariati colloqui con un team di avvocati di altissimo livello internazionale, il Coordinamento nazionale famiglie disabili avvierà un ricorso all’Onu presso il Comitato per diritti delle persone con disabilità, il più alto organismo mondiale per la tutela dei disabili e delle loro famiglie. Da parte dei legali – continua la nota diffusa dal coordinamento – abbiamo trovato grande disponibilità, umana oltre che professionale, e pertanto i costi da affrontare saranno quelle per coprire le spese vive, ivi incluse traduzioni, spese di segreteria, bolli e tasse”.

Poiché il coordinamento non dispone di fondi pubblici né privati, ad ogni famiglia aderente è chiesto di contribuire con un importo di 50 euro: “è importante raggiungere almeno il numero di 200 partecipanti per raggiungere la cifra necessaria di 10.000 euro”, continua la nota. La richiesta contenuta nel ricorso è quella di sempre: che “in Italia vengano rispettati i diritti delle persone e delle famiglie con disabilità ad una vita piena e dignitosa”.

Così, il coordinamento si gioca la carta delle Nazioni unite, dopo aver incassato “assordanti silenzi” da parte delle istituzioni nazionali, come la bocciatura del ricorso da parte del Tribunale del Lavoro. All’indomani della quale , il coordinamento si giocò la “carta europea”, facendo arrivare la propria petizione al Parlamento europeo, che giusto pochi giorni fa ha riconosciuto alla richiesta la “procedura di urgenza”. Ora, il “grido” dei familiari caregiver oltrepassa anche i confini europei e arriva fino ai palazzi dell’Onu.

Affronta il tema “I badanti famigliari”, servizio audio di Alessandra Bartali trasmesso su Radio Colonia, che ha conquistato il Premio speciale della giuria di qualità de L’Anello debole 2015, nella sezione audio cortometraggi. Il premio, nato nel 2005 da un’idea di Giancarlo Santalmassi e promosso dalla Comunità di Capodarco di Fermo, viene assegnato ai migliori video e audio cortometraggi, giornalistici e di fiction, su tematiche a forte contenuto sociale e sulla sostenibilità ambientale. Dal 2010 il premio si svolge all’interno del Capodarco l’Altro festival. Il servizio raccolgie l’esperienza diretta di chi – quasi sempre donne – si occupa a tempo pieno, notte e giorno, di un figlio o un parente disabile. Sono fondamentali per il nostro welfare, fanno risparmiare fino a 1000 euro al giorno alla collettività, ma per la legislazione italiana non esistono e quindi non hanno diritti. In molti casi avevano un lavoro che hanno dovuto lasciare. (cl/cch)

Le case per disabili diventano B&B per turisti con esigenze speciali

da Redattore sociale

Le case per disabili diventano B&B per turisti con esigenze speciali

Il progetto “B&B Like your Home” è rivolto a persone con disabilità sensoriali e fisiche che desiderino viaggiare. L’iniziativa si basa sull’idea che una persona con disabilità che ha attrezzato la propria casa per esigenze speciali, possa trasformarla in un bed and breakfast

NAPOLI – Nasce per viaggiatori con esigenze speciali e sostiene, allo stesso tempo, l’impiego di persone con disabilità nel settore turistico. È il progetto “B&B Like your Home” rivolto a persone con disabilità sensoriali e fisiche, che desiderino viaggiare e soggiornare in posti adatti ad accoglierle. L’iniziativa si basa sull’idea che una persona con disabilità che ha attrezzato la propria casa per esigenze speciali, possa trasformarla in un bed and breakfast. Il progetto è promosso da un raggruppamento di enti no profit che vede come capofila la Fondazione Onlus CasAmica in collaborazione con Rete Solidale, network di cooperative che operano in ambito sociale. È finanziato dal Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della gioventù e dal servizio civile nazionale, attraverso il Piano Azione Coesione “Giovani no profit”. “La persona con una disabilità uguale a quella del gestore trova, nella casa che la ospita, gli ausili di cui ha bisogno. È difficile che un albergo abbia la sveglia parlante, ad esempio, per le persone che la sveglia non la vedono ma la sentono, oppure il cuscino con vibrazione per chi ha una disabilità uditiva”, spiega Cetty Ummarino, esperta in formazione e marketing turistico, già referente dell’Agenzia di turismo accessibile Mobility Travel, che ha sviluppato il progetto insieme con Carmen Guarino, presidente della onlus CasAmica.

Nei B&B del progetto ci saranno anche le mappe logistiche in codice braille, ausili informatici e un manuale con le norme comportamentali nell’ospitalità di persone con bisogni speciali.  Il progetto, nella fase di start up, si rivolge ai giovani sotto i 35 anni che  vogliano aprire un bed and breakfast tra le province di Napoli e Salerno. Possono beneficiare gratuitamente del corso di formazione turistico/pratico che è la pre-condizione per accedere al progetto, e che prevede, oltre a lezioni e laboratori didattici, anche un servizio di accompagnamento: dalla start-up dell’attività, fino alla sua promozione e commercializzazione. Per partecipare come gestori dei bed & breakfast “B & B Like your Home”,  è necessario inviare una manifestazione di interesse compilando un apposito modulo sul sito www.bblikeyourhome.com  Il termine ultimo per l’invio delle domande è luglio 2015. (ip)

Campus estivo per famiglie di bambini ADHD/DOP

Campus estivo per famiglie di bambini ADHD/DOP
(Deficit di attenzione e iperattività e/o Disturbo oppositivo-provocatorio)

12-16 luglio 2015
Carisolo (TN)

In una famiglia, la presenza del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) e/o del Disturbo Oppositivo-Provocatorio (DOP) è generalmente fonte di stress, affaticamento e tensione, sia per il bambino che ne è affetto, sia per i suoi genitori.
Durante il Campus estivo, famiglie di bambini con ADHD e/o DOP, esperti e tutor formati avranno la possibilità di condurre, in maniera integrata, attività di parent e child training per promuovere lo «star bene» del bambino, attraverso lo sviluppo di corrette modalità relazionali sia da parte del bambino, sia dei genitori.

A chi si rivolge il Campus
• Bambini dai 7 agli 11 anni con difficoltà di attenzione, impulsività e autocontrollo con o senza atteggiamenti oppositivi e provocatori insieme ai loro genitori.
• ADHD Homework Tutor anche formati attraveso altri percorsi riconosciuti.

Coordinamento scientifico
A cura di Gianluca Daffi, ideatore del metodo START, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia, collaboratore del servizio di NPI degli Spedali Civili di Brescia e del Centro Studi Erickson di Trento.