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Autovalutazione d’istituto e l’inclusione degli alunni con disabilità

Autovalutazione d’istituto e l’inclusione degli alunni con disabilità (DPR 80/13)

di Salvatore Nocera


E’ stato emanato il DPR n° 80/13 concernente il Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione.

Il regolamento è molto importante, poichè per la prima volta in Italia avvierà la valutazione della qualità del sistema di istruzione, attraverso l’autovalutazione e la valutazione esterna della qualità delle singole scuole.

Tale valutazione verrà effettuata da INVALSI, INDIRE ed un nucleo d i ispettori tecnici del MIUR e non si limiterà ai soli risultati del profitto (come avviene con le prove INVALSI), ma riguarderà anche i processi di educazione ed istruzione, nonchè le risorse strutturali ed operative di ogni singola classe e di ogni singola scuola.

Gli esperti formuleranno degli indicatori che permetteranno di effettuare tale valutazione.

Le associazioni degli alunni con disabilità hanno già chiesto al MIUR, tramite l’Osservatorio Scolastico ministeriale, la formulazione di indicatori strutturali, di processo e di risultato, concernenti l’inclusione scolastica degli alunni con disabilitò che entrino ne numero degli indicatori generali per la valutazione del sistema di istruzione.

Data l’importanza dell’argomento, ci si permette segnalare un volume recente che commenta il regolamento nel quadro più ampio della teoria generale della valutazione, sia interna (consigli di classe, collegio dei docenti, Dirigente Scolastico) che esterna (da parte delle famiglie e da parte degli Enti Locali),

Per dare un’idea dell’importanza dell’argomento e del volume e della necessità di riflessione su come inserire in essa anche la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica nel suo complesso (alunni con disabilità, con DSA, con altri BES) si riporta qui l’indice del volume “L’autovalutazione di istituto” di Allulli, Farinelli e Petrolino, Ed. Guerini e Associati, 2013, Milano, pp. 207, € 18,00

Quell’idea di scuola sottostante

Quell’idea di scuola sottostante

 di Cosimo De Nitto

 

Fondazione Agnelli si muove. I tempi sono giusti, il “rapporto” arriva subito dopo la nomina del nuovo presidente INVALSI Annamaria Ajello; sarà una coincidenza, ma suona quasi come un invito o un monito a ribaltare l’indirizzo politico che si evince dalle sue prime parole “L’Invalsi deve fornire misurazioni, non valutazione. E deve fermarsi sempre sulla soglia delle scuole”.

Tra i principali enunciati del rapporto, come prontamente hanno rilevato i commentatori come Flavia Amabile (La Stampa), Simonetta Fiori (Repubblica), Gianni Bocchieri  (sussidiario.net) e altri, ci sono questi:

1)perché le scuole funzionino «della valutazione si può fare a meno». Alcuni dei sistemi di maggior successo nel mondo ne sono del tutto privi.  La valutazione non è fondamentale. La vera priorità della scuola italiana è il reclutamento dei docenti. (di pari se non maggiore importanza è la formazione continua in servizio, perché insegnanti non si è per sempre. Ma questo magari potrà essere oggetto di indagine del prossimo “rapporto”. ndr)

2)abbiamo bisogno di sapere cosa funziona e cosa non funziona nelle singole scuole (basta saperlo chiedere ndr.)

3)in nessun paese europeo vengono valutati i singoli insegnanti. E là dove si è provato a farlo — gli Stati Uniti — l’esito è stato fallimentare (a quanti fischieranno le orecchie? ndr.).

4)«Una valutazione CONTRO o SENZA i docenti non potrà mai decollare» (lo abbiamo sempre detto noi ndr.)

5)Sbagliato premiare con somme di danaro le scuole d’eccellenza (per non parlare poi dei docenti! ndr).

Allora via la valutazione dei singoli insegnanti e via il sistema di pagelle, voti, premi e punizioni per essi e per le singole scuole. Fin qui siamo d’accordo. Un passettino lo hanno fatto.

Una riflessione, però, a tal proposito va fatta: non si dovranno vergognare un po’ quelli che per anni hanno accusato gli insegnanti di non volersi far valutare e di rifiutare pregiudizialmente qualsiasi forma di valutazione? Gli insegnanti avevano visto bene mentre, ministri, docimologi improvvisati, corifei a vario titolo e mestiere, i vari Bocchieri, Ichino,  dirigenti, ispettori e organizzatori di cordate pro-Invalsi, ma anche i vari Gavosto e i ri-Fondazione Agnelli,  NO.

C’è più verità e più saggezza nelle posizioni ragionate di chi ha criticato e critica l’invalsimania di quanto ce ne sia in tutti i pasdaran che sbandierano la “cultura della valutazione” della quale non hanno mai precisato confini, ambiti, situazioni, metodi, istanze, principi ecc., ma solo uno slogan, uno spot come è (mal)costume italico, o italiota, oggi.

Se sui punti in elenco siamo d’accordo, erano già nostre da sempre, sul resto dobbiamo registrare distanze molto profonde nelle posizioni.

La formazione iniziale e il reclutamento degli insegnanti statali sono e restano prerogative di gestione nazionale tramite concorsi pubblici. L’assunzione diretta da parte dei dirigenti scolastici delle singole scuole disintegrerebbe l’unitarietà del sistema scolastico e lo trasformerebbe in sistema privatistico, localistico. La formazione iniziale degli insegnanti, poi, dovrà essere seguita da una formazione in servizio lungo tutto l’arco della carriera professionale, in varie forme come aggiornamento, ricerca, sperimentazione, periodi sabbatici, scambi e collaborazioni con docenti di altri paesi ecc.

Non siamo assolutamente d’accordo sul ruolo, funzione, finalità dell’INVALSI.

Se questo istituto non ha e non deve avere compiti che riguardano la valutazione dei docenti e delle scuole, che significa deve essere autonomo, la cosiddetta terzietà? All’Invalsi resterebbe solo il compito di valutare gli apprendimenti, cosa fra l’altro che fa già OCSE-PISA indipendente e sovranazionale.

L’INVALSI avrebbe compiti di ricerca, come quella che fanno tanti altri istituti che sono sempre per definizione dotati di autonomia, definita e regolamentata in relazione ai fini perseguiti.

Viene detto: Fondazione Agnelli “propone anche l’autonomia dell’Invalsi, l’istituto di valutazione, dal Miur: proprio per essere libero di valutare anche l’azione del governo.”

Su questo non si può essere d’accordo. Non ci può essere nessun istituto autonomo, pubblico o privato che sia, al quale possa essere affidato il compito di “valutare l’azione di governo”. L’azione di governo la valuta il Parlamento, il complesso delle istituzioni e poteri autonomi dello Stato, le scuole, gli insegnanti, i cittadini, il complesso delle organizzazioni che si occupano di scuola, ricerca e formazione. La valutazione dell’azione di governo è un processo democratico non tecnocratico, affidato ad un ente che sfugge al controllo dello Stato e non risponde a nessuno. Invalsi ha ragion d’essere solo come istituto di ricerca sulla  qualità degli apprendimenti scolastici che restituisce i risultati ai soggetti deputati al funzionamento delle istituzioni scolastiche: MIUR, scuole. Saranno questi i soggetti che valuteranno i risultati della ricerca e si attrezzeranno per operare gli interventi ritenuti opportuni. Oltre a fornire strumenti di conoscenza l’Invalsi inoltre dovrebbe svolgere lavoro di supporto e consulenza alle singole scuole circa la costruzione di strumenti specifici di rilevazione e valutazione degli apprendimenti e di implementazione di questi nella normalità dell’azione didattica, fermo restando la titolarità dei docenti nel decidere il cosa, il come, il quando.

Modellato l’ente in tal modo,  non ha più senso il metodo censuario delle rilevazioni, basta quello campionario, come fa OCSE-PISA. Inoltre le prove dovrebbero uscire dal sistema di valutazione dei singoli alunni, soprattutto negli esami. Il diritto/dovere di valutare resta prerogativa della funzione docente, come la scelta degli strumenti di rilevazione “oggettivi” o soggettivi che siano perché parte integrante della valutazione formativa.

Mantenere obbligatorietà, censuarietà, valore valutativo anche negli esami produce quel cancro della didattica che viene indicato con l’espressione “teaching to test”. Questa malattia perniciosa produce l’immiserimento culturale e formativo del rapporto insegnamento/apprendimento, ridotto a puro addestramento sulle tecniche di risposta ai test.

Una volta escluso dai compiti INVALSI la valutazione dei singoli alunni e la valutazione dei docenti, resta il problema della valutazione delle singole scuole.

Finora su questo versante sono state pensate e proposte cose molto diverse. Ci sono state le “sperimentazioni” VSQ e “Valorizza” promosse dal ministro Gelmini che sono state solennemente bocciate e respinte dalle scuole. Il massimo del ridicolo si è raggiunto col metodo “reputazionale”. A queste si è aggiunta la sperimentazione VALeS, promossa dal ministro Profumo, che più o meno applica il sistema della qualità totale (TQM = Total Quality Management ) alla scuola.

L’aziendalismo pare l’unica ricetta disponibile, visto che di crearne una nuova che nasca specificamente dalla scuola e possa essere praticata dalla scuola i nostri grandi consulenti non vogliono proprio saperne. I punti critici alla base di queste sperimentazioni, pur nella diversità che le contraddistingue restano:

1) l’attendibilità (discutibile) dei test INVALSI nella rilevazione della qualità degli apprendimenti;

2) il calcolo del “valore aggiunto” ( contesto socio-economico-culturale), che fra l’altro non è utilizzato in nessun sistema di valutazione all’estero ed è ritenuto molto discutibile;

3) il nucleo esterno, sua composizione, competenze, status giuridico. A proposito di questo c’è chi reclama un corpo ispettivo che non c’è, non è preparato, non è formato. Così come non ci sono in giro tanti esperti certificati (da chi?) di valutazione scolastica. Un conto, infatti, è una piccola

Sperimentazione per poche decine di scuole, altro conto è un Sistema Nazionale che funzioni a regime su 72.554 istituti quanto sono le scuole in Italia.

Quanti ispettori ci vorrebbero? Quanti “esperti”? Così come in Italia non esiste un equivalente dell’Ofsted britannico, a meno che non si candidino ad assumere quel ruolo enti privati come

Fondazione S. Paolo, Fondazione Treelle, Fondazione Agnelli collegati al sistema economico (Confindustria) e alle banche.

In verità ciò che prima bisognava capire attraverso un ragionamento politico è ormai detto esplicitamente dagli stessi, e cioè che i loro studi, i loro rapporti, le loro ricerche non sono disgiungibili da “un’idea sottostante di scuola” e di società. E che i risultati delle loro ricerche, dei loro “rapporti” non sono altro che un programma politico col quale si vuole governare la scuola italiana, col quale già in qualche modo si governa la scuola italiana, nonostante qualche impaccio, qualche laccio e lacciolo costituiti da quelle quisquilie e pinzillacchere che si chiamano democrazia e Costituzione.

Quell’idea sottostante di scuola e di società portata avanti da questi signori è incompatibile con l’altra idea di scuola e società, quella che pensa la scuola come di tutti e di ciascuno, come luogo in cui i cittadini di si formano consapevoli, autonomi, liberi, colti, solidali, democratici, non solo professionalmente preparati, o per meglio dire, addestrati a compiti e progetti che altri hanno fatto al posto loro, i cosiddetti “poteri forti” che li vogliono solo utenti, clienti, consumatori, esecutori passivi delle regole del dio mercato-azienda-finanza.

L’insensatezza della proposta di valutazione della Fondazione Agnelli

L’insensatezza della proposta di valutazione della Fondazione Agnelli

di Enrico Maranzana

La Fondazione Agnelli ha pubblicato il rapporto conclusivo della ricerca “La valutazione della scuola”.

La filosofia di fondo è analoga a quella di  A.Ichino e G.Tabellini [CFT in rete  – Una composizione fuori traccia: “liberiamo la scuola”]: le strategie formulate eludono i vincoli posti dal sistema di regole in cui  l’istituzione scuola è immersa.

 

La speranza è che politici e ministeriali non si facciano ammaliare dai falsi profeti.

 

 

Si considerino tre domande cui il resoconto della Fondazione Agnelli risponde:

 

La valutazione è davvero necessaria?

 

Il feedback è essenziale per il governo del sistema educativo: si sostanzia nel confronto tra obiettivi programmati e risultati attesi. [CFR in rete: Coraggio! Organizziamo le scuole]. Nei Piani dell’Offerta Formativa delle scuola i processi di retroazione non appaiono: dal paragrafo “valutazione” emerge lampante che l’unico, costante riferimento è il grado di adesione ai contenuti disciplinari.

 

La Fondazione Agnelli bypassa questo problema considerando la scuola una scatola nera. Un’impostazione analoga a quella che si genererebbe in un box di formula uno in cui si valutano le prestazioni di un prototipo prescindendo dalla professionalità del pilota.

La spiegazione di tale comportamento deriva dalla mancata comprensione della specificità delle responsabilità formative, educative e dell’insegnamento: si presuppone, erroneamente, che scuola e università abbiano finalità e struttura coincidenti.

 

 

Perché la maggioranza degli insegnanti è ostile alla valutazione?

 

Le risposte fornite dalla Fondazione Agnelli non hanno colto la sostanza del problema. Affermano: la valutazione è “buona cosa e giusta”, ad essa scuole e docenti devono conformarsi.

 

La questione è molto più spinosa: lo spirito della legge e l’ordinaria gestione scolastica sono separate da una profonda frattura.

Da un lato l’Invalsi che rileva l’intensità delle competenze, dall’altro lato le scuole che le certificano ma che non progettano itinerari idonei alla loro promozione.

Si tratta di una questione originata dalla mancanza di una terminologia univoca e condivisa: apprendimento e competenza sono parole utilizzate in modo vago e generico, sintomo di una generale e scarsa professionalità.

Ecco quanto afferma Anna Maria Ajello, presidente Invalsi: “La nozione di apprendimento a cui si può far riferimento, se pensiamo alla competenza, si caratterizza come esito di attività autentiche a cui il soggetto prende parte e di cui riconosce a pieno il significato, e non come esito di apposita memorizzazione. La sua fondamentale caratteristica è il diretto coinvolgimento dell’individuo e il suo prendere parte attiva, tanto da imparare con tutti i cinque sensi e non soltanto mediante l’ascolto e lo studio solitario”.

 

Una definizione che, proiettata sulla dispersione scolastica, la cui misura esprime l’inefficacia del servizio scolastico, consente di rilevare il momento in cui gli studenti manifestano l’insofferenza per lo studio e per il conoscere.

Un malessere che emerge quando nell’attività di classe, che nei primi anni della primaria è finalizzata alla promozione delle competenze, irrompe l’insegnamento disciplinare. Da un lato una situazione in cui lo studente e le sue potenzialità sono il cardine dell’attività scolastica, dall’altro lato il centro della scena è occupato dal libro di testo a cui l’alunno deve uniformarsi.

 

Una definizione che consente di comprendere l’origine del fallimento della scuola media che, banalmente, molti vorrebbero ristrutturare senza ricercare le cause della sua inefficacia [CFR in rete – Riformare la scuola media: perché?].

 

Una definizione che circoscrive il campo dell’intervento necessario: la didattica va ripensata, ri-finalizzata, coordinata [CFR in rete – Laboratorio di matematica: Pitagora]

 

 

Chi si può valutare?

Insegnanti: valutazione della loro formazione iniziale

e dei risultati ottenuti con i loro studenti.

 

Le proposte presenti nel rapporto sono il frutto di un incerto procedere, di un evidente disorientamento: manca ogni attenzione alla finalità della scuola. Si è sorvolato sul fatto che la promozione di capacità e di competenze è il la meta del sistema educativo. Un traguardo che implica la progettazione di percorsi unitari, coordinati, convergenti, unici per tutte le discipline: l’insegnamento rappresenta il momento esecutivo.

Ne discende che la professionalità dei docenti si esplica a livelli differenti: la valutazione delle loro prestazioni non può avvenire al di fuori del naturale ambito di responsabilità e per risultati che dipendono solo parzialmente dalla loro azione.

Il mondo dello sport fornisce una calzante analogia. Si può formulare un giudizio sul singolo giocatore sulla base del punteggio di classifica se la sua squadra di calcio è priva d’allenatore?

 

 

Scuole (e dirigenti): valutazione della qualità degli istituti,

attraverso il confronto nel tempo o con le altre scuole.

 

Razionalità vorrebbe che la valutazione delle prestazioni di una scuola derivassero dalla misurazione dal grado di conseguimento degli obiettivi programmati. Un intervento molto più articolato di quello proposto dalla Fondazione, un intervento che garantirebbe la conformità della gestione delle scuole al sistema normativo [CFR in rete – Quale formazione per il dirigente scolastico?].

 

Esiste nel mondo contemporaneo un’organizzazione che non definisce i traguardi, che non formula strategie, che non monitorizza i processi?

 

La valutazione della Scuola

Rapporto_Valutazione

Sintesi Rapporto Valutazione

Non è la bacchetta magica che ne risolva tutti i problemi, ma un moderno sistema di valutazione può aiutare la scuola pubblica italiana a rinnovarsi, evitando i rischi di declino. Come? Fornendo dati, informazioni e analisi per capire le debolezze del nostro sistema d’istruzione e le ragioni dei suoi ritardi e divari. Offrendo a ciascuna scuola – attraverso le risorse della valutazione esterna (prove Invalsi e visite degli ispettori scolastici) – strumenti di diagnosi, che inneschino riflessioni critiche e azioni correttive per innalzare la qualità dei risultati dei propri studenti. Infine, mettendo a disposizione delle famiglie efficaci bussole per orientarsi, nella convinzione che un’informazione trasparente e disponibile a tutti potrà riguadagnare la fiducia dell’opinione pubblica e delle famiglie nella scuola pubblica.
Ciò sarà possibile a condizione di accelerare il processo di costruzione del Sistema nazionale di valutazione, che negli ultimi mesi ha rallentato e sembra quasi essere uscito dalle priorità della politica scolastica italiana, ma al tempo stesso di conquistare il consenso degli insegnanti, superandone le resistenze ancora forti. È, infatti, del tutto velleitario pensare di costruire un sistema di valutazione senza che una cospicua maggioranza degli insegnanti ne comprenda e ne condivida le finalità di miglioramento, cessando di temere – come invece è avvenuto in questi anni – che la valutazione sia «contro» di loro.
Ne è convinta la Fondazione Agnelli, che dopo un lungo percorso di ricerca presenta oggi a Roma il suo nuovo Rapporto La valutazione della scuola. A che cosa serve e perché è necessaria in un incontro pubblico che si terrà alle ore 18 presso la sede degli Editori Laterza, che pubblicano il volume, in libreria dal 20 febbraio.
Alla presentazione del Rapporto, a cura del direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, partecipano Luigi Berlinguer, Mariastella Gelmini e Francesco Profumo, durante il loro mandato al Miur protagonisti del faticoso e controverso percorso della valutazione in Italia.
Il Rapporto della Fondazione Agnelli presenta un quadro esauriente sulla valutazione della scuola in Italia e le soluzioni possibili, a partire dalle evidenze e dalle lezioni che vengono dalla ricerca, dall’esperienza internazionale e dalle sperimentazioni nazionali, in particolare dalla sperimentazione VSQ, svolta dal Miur in 77 scuole medie di alcune province italiane fra il 2011 e il 2013, con il monitoraggio della stessa Fondazione Agnelli.
Non mancano certo i dilemmi a cui il Rapporto cerca di dare una risposta. In primo luogo, è davvero necessaria la valutazione della scuola? Vi sono, infatti, paesi con una scuola eccellente che fanno a meno di sistemi di valutazione strutturati. Sono, di solito, paesi dove – come in Finlandia – i docenti, grazie a un reclutamento selettivo e rigoroso, hanno in media qualità e motivazioni professionali così elevate che bastano deontologia e controllo dei colleghi a fare funzionare bene le scuole. Ma non è questa la situazione dell’Italia, dove un rinnovamento e innalzamento degli standard qualitativi dei docenti, attraverso anche migliori prospettive di carriera e incentivi professionali, sono obiettivi prioritari, ma di lungo periodo. La valutazione, invece, è necessaria oggi all’Italia, perché senza di essa è impossibile fare diagnosi precise dei punti di forza e delle criticità del sistema scolastico e delle singole scuole.
In secondo luogo, chi valutare? Certamente è possibile e utile valutare il sistema scolastico nel suo complesso, così come è decisivo valutare le scuole, con finalità sia di rendicontazione sia di diagnosi e miglioramento. La Fondazione Agnelli ritiene, invece, che non sia possibile né utile dare un giudizio sulla qualità dei singoli insegnanti attraverso gli strumenti della valutazione esterna, come le prove Invalsi. Lo suggeriscono l’esperienza internazionale (i pochi tentativi di valutazione degli insegnanti sono falliti, ad esempio, negli Usa), insieme a considerazioni metodologiche e statistiche. Lo suggerisce, infine, il fatto che i buoni risultati di un allievo sono sempre il frutto di un lavoro «di squadra» dei docenti, grazie a un clima di collaborazione e comune progettazione didattica. È giusto avere un sistema di incentivi per i docenti (ad es. di carriera), ma indipendente dalle prove standardizzate: servono, perciò, leve differenti, come nuove regole contrattuali, il controllo fra pari e maggiori strumenti decisionali per il dirigente scolastico.
In terzo luogo, con quali strumenti valutare? Oggi le prove standardizzate che misurano gli apprendimenti e le competenze degli allievi (come le prove Invalsi o Ocse Pisa), per quanto perfettibili, non sono affatto «quiz», ma hanno raggiunto un buon grado di affidabilità. Il modello di «valore aggiunto», inoltre, permette di misurare efficacemente il progresso compiuto dagli allievi di ciascuna scuola, tenendo conto dei fattori contestuali, come la provenienza socio-culturale ed economica dei ragazzi. Apprendimenti e competenze, tuttavia, non esauriscono quel che interessa valutare per capire la qualità di una scuola: per questo le prove vanno integrate con le visite periodiche agli istituti del corpo degli ispettori del Miur, che attraverso il dialogo con dirigente scolastico, docenti e famiglie permettano di ampliare gli ambiti della valutazione ad altri aspetti della vita scolastica (ad es. la capacità inclusiva) e avviare processi di miglioramento. Contano anche i processi di autovalutazione interni alle scuole, a condizione, però, che siano orientati da una seria e costante valutazione esterna, in assenza della quale il rischio è che diventino autoreferenziali.
Dal «concorsone» di Luigi Berlinguer del 1999, passando per le sperimentazioni volute da Mariastella Gelmini – come VSQ – fino al Regolamento del Sistema nazionale di valutazione (SNV), approvato con Francesco Profumo nel 2013, la storia della valutazione in Italia è stata tormentata ed esitante, con «false partenze», arretramenti, atteggiamenti ondivaghi della politica. Ci sono, però, alcune lezioni chiare che abbiamo appreso: (i) nonostante in 15 anni sia cresciuta una cultura della valutazione, la resistenza da parte degli insegnanti è ancora forte: scioperi, boicottaggi, manipolazione delle prove. Occorre che disegno e scopi della valutazione siano chiari ai docenti, che devono anche essere più coinvolti nella predisposizione delle prove; (ii) la funzione della valutazione di diagnosi e supporto al miglioramento delle scuole va rafforzata, affiancandola a quella di rendicontazione; (iii) l’improvvisazione non paga, fa perdere credibilità all’intero progetto: una volta decisa la rotta e ottenuto un sufficiente consenso, occorre mantenere coerenza di impianto; (iv) è necessaria una formazione dei docenti alla valutazione su larga scala, oggi del tutto assente; (v) infine, usare gli strumenti di valutazione esterna per assegnare premi economici non funziona ed è controproducente, perché spinge a comportamenti opportunistici (teaching to the test) o manipolatori.
In sintesi, l’indicazione della Fondazione Agnelli – articolata in dettaglio nelle conclusioni del Rapporto – è che il futuro SNV debba concentrarsi sulla valutazione del sistema scolastico (sotto la responsabilità di un Invalsi indipendente dal Miur) e delle scuole (sotto la responsabilità dello stesso Miur, attraverso il corpo degli ispettori): per le scuole che superano con successo il vaglio della valutazione il premio dovrà essere un maggior grado di autonomia, ad esempio, nella gestione delle risorse umane (fino alla chiamata diretta), dei fondi per la formazione e le tecnologie, nella programmazione didattica.
Dopo molti anni in definitiva inconcludenti e che anche su questo tema hanno portato l’Italia a un ritardo rispetto agli altri paesi, ci si può chiedere: siamo ancora in tempo? La risposta della Fondazione è affermativa, ma preoccupata: «Il Regolamento del SNV, con alcune sostanziali modifiche, è forse l’ultima occasione per dare all’Italia un‘efficace valutazione della scuola – ha detto Andrea Gavosto – occorre impegnarsi a coglierla, con chiarezza e perseveranza negli obiettivi, unita a una costante ricerca del consenso da parte degli insegnanti. Senza la valutazione, infatti, sono a rischio la qualità e, dunque, il futuro della scuola pubblica italiana».

 

Tra Appelli e Cordate

Tra Appelli e Cordate

di Aldo Tropea e Loredana Leoni

La scelta di nominare una commissione per l’individuazione del prossimo Presidente dell’Invalsi, da parte del Ministro Carrozza, ha avuto almeno un aspetto positivo: non solo riavviare una discussione sulle finalità, i compiti, gli strumenti e i metodi dell’INVALSI, ma anche ribadire la necessità di mantenere prove standardizzate e confrontabili, da somministrare a tutte le scuole secondo un criterio censuario e non campionario, sostenuta da una maggioranza forse non prevista. E non è poca cosa, visto che questo inverno molte associazioni professionali avevano condiviso un documento che sosteneva il ritorno al sistema campionario e, addirittura, invocavano la sospensione della somministrazione delle prove INVALSI in attesa di una maturazione della “sensibilità valutativa nelle scuole”, come se la sua incontestabile carenza fosse causata dall’Istituto stesso e non da gravissime e lontane responsabilità politiche.

Il fatto ambiguo e allarmante, in quelle prese di posizione, giunte fino al punto di coinvolgere studenti e genitori, in nome persino della difesa della “privacy”, era che fossero assunte in nome di una cultura dell’autovalutazione e dell’attenzione ai processi, aspetti che in realtà sono stati rimessi sotto i riflettori proprio grazie ai rapporti INVALSI. Nelle scuole più attente alla progettazione, con dirigenti consapevoli del significato strategico che questa operazione può assumere, sono maturate riflessioni a partire dai dati restituiti. In particolare dove l’autoanalisi non si è fermata solo ai risultati generali della scuola e delle classi, ma si è entrati nel merito della connessione tra le singole parti delle prove e i processi cognitivi, delle conoscenze e delle abilità richieste dagli item. Se da una parte questo è certamente positivo per la riflessione sul curricolo e soprattutto sulle strategie di insegnamento, dall’altra la somministrazione all’intero universo e la contemporanea ricerca degli elementi che consentono l’individuazione di contesti ambientali omogenei consentono una corretta comparazione sincronica tra situazioni analoghe e un’analisi diacronica per valutare l’efficacia della programmazione educativa.

Come per ogni evento legato alla rilevazione e misurazione di fatti umani e sociali, si tratta certamente di un lavoro non privo di incertezze ed errori. Consapevoli che muoversi nel campo valutativo significa, come affermato da Bateson in Mente e Natura, Guardare con molta attenzione alle cose che si è deciso di guardare, è possibile migliorare la elaborazione delle prove, affrontare le difficoltà nella rilevazione dei condizionamenti ambientali e degli esiti nel tempo. E’ un lavoro tecnico che ha bisogno di interlocuzioni costanti con la didattica reale che si pratica nelle scuole ma soprattutto di competenze specialistiche complesse di natura statistica, a servizio del sistema e delle scuole.

Molte incomprensioni e successive alzate di scudi, se non legate a questioni di principio, sono certamente connesse a una mancata comprensione del senso complessivo dell’operazione. Per questo è fondamentale un rapporto costruttivo con le scuole; è necessario che gli insegnanti siano formati per comprendere le metodologie della rilevazione esterna e per poter leggere i rapporti ai fini dell’autovalutazione. Ciò è propedeutico a modalità di somministrazione corrette e al rispetto delle regole deontologiche che implicano.
Si tratta dunque di potenziare e migliorare, certo non di azzerare, il lavoro fatto dall’Istituto fino ad ora, con risorse davvero modeste se confrontate con quelle degli altri paesi con i quali ci confrontiamo nelle ricerche europee ed internazionali. Tutto questo è affermato con forza nel documento dei 74, di cui Cerini ha fatto su queste pagine una dettagliata presentazione e che abbiamo firmato.

Ma gli avversari “a priori” dell’INVALSI non hanno scelto la strada della sollecitazione critica, hanno piuttosto chiamato a raccolta tutti quelli convinti che, mentre gli insegnanti sono gli unici
legittimati a valutare gli esiti di apprendimento di ciascun allievo (cosa ovvia), nessuno è in grado di raccogliere dati attendibili e formulare giudizi comparativi sul grado di efficacia del sistema e sull’adeguatezza degli obiettivi raggiunti. Con ciò confondendo in maniera clamorosa e intenzionale il livello della valutazione di sistema con quello della valutazione degli allievi.
Franco De Anna, che pure non ha firmato il documento dei 74 rilevandone alcune ambiguità, ha chiarito in un lucido intervento su “Scuola oggi” la differenza di statuto epistemologico e di metodologia tra la ricerca educativa e quella pedagogica. “La Ricerca Educativa” rappresenta un insieme (di attività, competenze, oggetti di ricerca, metodologie, strumenti…) diverso e distinto dalla “Ricerca Pedagogica”: “se la ricerca educativa ha il suo specifico nell’essere ricerca “sul” sistema educativo, allora gli approcci economici, statistici, sociologici ecc… hanno assoluta pertinenza…. Chiedersi e “misurare” come funziona non solo è essenziale, ma doveroso per qualunque responsabile di “politica pubblica”.
E’ ovvio, d’altra parte, che la distinzione non significa estraneità, ma anche scambio di competenze e di linguaggio e proprio per questo la questione INVALSI non è riconducibile a un problema di persone e di prevalenza tra figure professionale di diversa origine.
Occorre anche dire che tra i sostenitori della valutazione esterna non sono mancati quelli che hanno offerto argomenti per questa scorretta identificazione: per esempio, coloro che hanno adombrato la possibilità che i risultati conseguiti nelle prove INVALSI potessero essere utilizzati per differenziare stipendi e carriere dei docenti.
E parimenti occorre pure dire che abbiamo molti dubbi sull’efficacia di un meccanismo di “media” tra prove che hanno significati e scopi diversi, come accade nell’esame al termine della scuola secondaria di primo grado.
E’ certo doveroso mettere in rilievo le differenze eclatanti tra i risultati delle rilevazioni esterne e le valutazioni espresse dai docenti, per esempio nei voti attribuiti agli esami di stato, ma questa problematica è di stretta competenza politica e dovrebbe portare alla riconsiderazione dell’esame di Stato, nella sua struttura e nel suo significato.
Anche per questo, insomma, si tratta di sperimentare e non di bloccare. A Milano giusto un anno fa si è svolto un proficuo dibattito su questo tema, su iniziativa dell’ANDIS, con ADI e Proteo che sarebbe bene riprendere.

Quanto poi alla questione del teaching to testing, davvero ci sembra che questa sia l’ultima delle preoccupazioni da nutrire in un paese come il nostro in cui fin dal biennio delle scuole secondarie ( e forse da prima…) la promozione o la bocciatura dipendono dall’esito di una interrogazione programmata su tutti i contenuti affrontati durante l’anno, o, all’opposto, su un capitolo studiato appositamente per la verifica e dimenticato subito dopo.

Rimangono due problemi seri, rispetto ai quali, pur partendo da posizioni non identiche, è stato raggiunto un grado soddisfacente di condivisione.

Il primo è relativo all’utilizzo pubblico dei risultati delle rilevazioni. Noi riteniamo che le rilevazioni abbiano il compito di dare informazioni sul grado di efficacia e di equità del sistema, sulla base delle quali il decisore politico deve assumersi la responsabilità di intraprendere azioni coerenti e conseguenti. La finalità principale è quindi quella del miglioramento del sistema. Alcuni – anche e soprattutto su queste pagine on line – sono convinti che enfatizzare i risultati ottenuti da ciascuna scuola sia il modo migliore per avviare una concorrenza virtuosa basata sulla libera scelta delle famiglie. Noi su questo punto la pensiamo come l’ex presidente Cipollone: non crediamo che questa strada sia, nella specifica situazione storica sociale e culturale del nostro paese, la più idonea a migliorare il sistema e temiamo che presenterebbe forti rischi di gerarchizzazione progressiva che, utile probabilmente a livello delle università, presenterebbe rischi pesanti di ghettizzazione nelle scuole primarie e secondarie.
Riteniamo invece doveroso e urgente pubblicare gli esiti delle rilevazioni con modalità tali da mettere in evidenza il trend della scuola nel tempo e in rapporto con quelle che si trovano nella medesima situazione socio-ambientale, visto che la restituzione Invalsi consente questo confronto. Fermo restando che la permanenza nel tempo di una segnalazione di carenza rispetto alla media, dovrà comportare un intervento correttivo da parte dell’amministrazione, prioritariamente in termini di investimento e di supporto al miglioramento e successivamente, in caso di non soluzione della problematica, di individuazione delle responsabilità.

L’altra fondamentale questione, è quella della delimitazione dei compiti dell’INVALSI e della sua terzietà.
Un istituto che abbia il compito di creare strumenti per la valutazione di sistema deve costruire, anche giovandosi delle collaborazioni internazionali, un sistema di prove e di griglie di osservazione, atto a verificare il conseguimento dei livelli di competenza fissati dal potere politico per il sistema educativo di istruzione e formazione. Lo deve fare in piena autonomia scientifica, ma se non si vuole che divenga “invadente” delle competenze altrui, occorre che chi ha la responsabilità politica dichiari con chiarezza gli standard e metta in campo le azioni necessarie per garantire le condizioni per cui la rilevazione esterna sia considerata e vissuta dagli operatori e dagli utenti come un momento essenziale per il buon funzionamento del sistema. Di queste azioni è sicuramente parte integrante la formazione del personale docente riguardo alle modalità con cui sono costruite le prove, le modalità di somministrazione, l’uso dei quadri di riferimento che le accompagnano.
Queste azioni non sono compito dell’INVALSI, ma del livello politico e questo è precisamente quello che il Ministero non ha fatto fino ad oggi, ed è davvero auspicabile che nessuno pensi che questo compito possa essere surrogato cambiando l’estrazione (pedagogica, docimologica o statistica) del nuovo Presidente, caricando con ciò di nuovo l’Istituto di finalità che non sono sue.
Proprio per questo il compito del Ministro Carrozza è assai più difficile della semplice nomina del Presidente: perché è l’attuazione del Regolamento del Sistema Nazionale di Valutazione la vera scommessa da vincere, e l’Invalsi è solo una delle tre gambe previste dal disegno.
A noi sembra che il documento dei 74 e, per converso, l’appello promosso dall’ADI, cui abbiamo aderito, pur nella differenza di articolazione e di punti di vista, costituiscano contributi positivi per sostenere il cammino iniziato dall’Invalsi.

Decreto Ministeriale 23 dicembre 2013 n. 1059

Decreto Ministeriale 23 dicembre 2013 n. 1059

 

Autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica Adeguamenti e integrazioni al DM 30 gennaio 2013, n.47
Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

VISTO il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni;

VISTO l’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modificazioni e integrazioni;

VISTO il D.P.R. 27 gennaio 1998, n. 25 e in particolare l’art. 2, comma 5, lettera d);

VISTI gli artt. 1 e 2 della legge 19 ottobre 1999, n. 370;

VISTO il D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, con il quale è stato approvato il regolamento sull’autonomia didattica degli Atenei in sostituzione del D.M. 3 novembre 1999, n. 509 e, in particolare, l’art. 9 il quale prevede che:

  • – (comma 2, sostituito dall’art. 17, comma 3, lettera a) del Decreto Legislativo 27 gennaio 2012, n. 19) “Con apposite deliberazioni le Università attivano i propri corsi di studio, nel rispetto della procedura di accreditamento definita dal citato Decreto Legislativo emanato in attuazione della delega prevista dall’art. 5, comma 1, lettera a) della Legge 30 dicembre 2010, n. 240. Nel caso di mancata conferma dell’accreditamento di uno o più corsi, le Università assicurano la possibilità per gli studenti già iscritti di concludere gli studi, conseguendo il relativo titolo e disciplinando le modalità di esercizio della facoltà di opzione per altri corsi di studio accreditati ed attivati.”;
  • – (comma 3) “l’attivazione dei corsi di studio di cui al comma 2 è subordinata all’inserimento degli stessi nella Banca dati dell’offerta formativa, sulla base di criteri stabiliti con apposito decreto ministeriale”;

 

VISTO l’art. 1-ter, comma 1, del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, in base al quale “le Università adottano programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro”;

VISTE le linee guida europee per l’assicurazione della qualità nello Spazio europeo dell’istruzione superiore, adottate dai Ministri europei dell’istruzione superiore al Consiglio di Bergen nel maggio 2005 e successive modificazioni e integrazioni;

VISTO il decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286;

VISTO il D.P.R. 1 febbraio 2010, n. 76, concernente la struttura e il funzionamento dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR);

VISTA la Legge 30 dicembre 2010, n. 240 con relativi decreti attuativi e in particolare quelli connessi all’art. 6 per le convenzioni con atenei ed enti pubblici di ricerca;

VISTO IL D.Lgs., 27 gennaio 2012, n. 19, recante “Valorizzazione dell’efficienza delle Università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione di risorse pubbliche sulla base di criteri definiti ex ante anche mediante la previsione di un sistema di accreditamento periodico delle università e la valorizzazione della figura dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati al primo anno di attività, a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240”;VISTI i Decreti Ministeriali ed Interministeriali con i quali sono state ridefinite, ai sensi del predetto decreto n. 270/2004, le classi dei corsi di laurea e dei corsi di laurea magistrale, (D.M. 25 novembre 2005, DD.MM. 16 marzo 2007, D.M. 8 gennaio 2009, D.I. 19 febbraio 2009, D.M. 10 settembre 2010, n. 249, D.I. 2 marzo 2011);

TENUTO CONTO dei criteri e degli indicatori per l’accreditamento iniziale e periodico e per la valutazione periodica predisposti dall’ANVUR ai sensi dell’art. 6, comma 1 del D.lgs 19/2012;

TENUTO CONTO dei limiti alle spese di personale e alle spese di indebitamento fissati dal decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49;

VISTO l’art. 66, comma 13, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il quale ha, altresì, previsto le modalità con le quali il sistema universitario statale partecipa agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica;

VISTO l’art. 2 (Misure per la qualità del sistema universitario) del decreto legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, il quale prevede che a decorrere dal 2009 una parte delle risorse rese disponibili sul fondo di finanziamento ordinario delle Università statali sia ripartita “al fine di….migliorare l’efficacia e l’efficienza nell’utilizzo della risorse” con riferimento anche all’offerta formativa delle stesse;

VISTO il Decreto Ministeriale 23 dicembre 2010, n. 50 e in particolare l’elenco n.1 allegato allo stesso;

VISTO il Decreto Ministeriale 30 gennaio 2013, n. 47 “Autovalutazione, Accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e Valutazione periodica”;

VISTO il Decreto Ministeriale 15 ottobre 2013, n. 827 relativo alle linee generali d’indirizzo della programmazione triennale 2013-2015;

VISTA la nota MIUR del Capo Dipartimento per l’Università, l’AFAM e la Ricerca del 22 novembre 2013, n. 1338 e la delibera ANVUR 3 dicembre 2013, n. 132 aventi ad oggetto “Revisione dei requisiti di accreditamento per i corsi di studio e le sedi definiti dal DM 30 gennaio 2013, n. 47”.

 

DECRETA

Art. 1
Ambito di applicazione

  • 1. Le disposizioni di cui al presente decreto modificano, come indicato nei successivi articoli, quanto previsto dal Decreto Ministeriale 30 gennaio 2013, n. 47 “Autovalutazione, Accreditamento Iniziale e Periodico delle sedi e dei corsi di studio e Valutazione Periodica”.

Art. 2
Integrazioni e modifiche al DM 47/2013

  • 1. Il comma 1 dell’articolo 3 del DM 47/13 è sostituito dal seguente: “Le Università istituite al momento dell’entrata in vigore del presente decreto ottengono l’accreditamento iniziale a seguito della verifica del possesso dei requisiti di cui all’allegato B”.
  • 2. I commi 3 e 4 dell’articolo 4 del DM 47/13 sono sostituiti dai seguenti:
    • – Comma 3: I corsi di studio attivi al momento dell’entrata in vigore del presente decreto presso le sedi decentrate diverse da quelle di cui al comma 2, esclusi i corsi delle Professioni sanitarie, ottengono l’accreditamento iniziale a seguito della verifica del possesso dei requisiti di cui all’allegato A per i quali, relativamente alla docenza, si fa riferimento a quelli previsti a regime.
    • – Comma 4: I corsi di studio di nuova attivazione in sedi preesistenti ottengono l’accreditamento iniziale a seguito della verifica del possesso dei requisiti di cui all’allegato A, e devono superare la verifica dei requisiti di Assicurazione della Qualità (AQ) di cui all’allegato C, attraverso la valutazione delle CEV
  • 3. Il comma 12 dell’articolo 4 del DM 47/13 è soppresso.
  • 4. I commi 2 e 4 dell’articolo 6 del DM 47/13 sono soppressi.
  • 5. La disposizione di cui all’articolo 9, comma 1, lettera d) del DM 47/13 si applica fino all’a.a. 14/15 incluso.
  • 6. Gli allegati A, B e C del DM 47/13 sono modificati secondo quanto riportato negli allegati A, B e C del presente decreto.
Roma, 23 dicembre 2013

IL MINISTRO
f.to Maria Chiara Carrozza

Indagine Ocse-Pisa 2012

Martedì 3 dicembre, alle ore 11.00, presso la Sala della Comunicazione del Miur si svolge la presentazione dei risultati dell’Indagine Ocse – Pisa 2012 sulle competenze degli studenti quindicenni in matematica, scienze e lettura.

Il programma prevede un video messaggio del Ministro Maria Chiara Carrozza, gli interventi del Sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria, del Presidente dell’Invalsi Paolo Sestito e di Francesca Borgonovi, membro del team Pisa dell’Ocse ed è trasmesso in diretta streaming.

È la prima volta che Roma rientra fra le città in cui viene presentato in contemporanea con il lancio internazionale il Rapporto Pisa.

Scuola, presentati al Miur i dati OCSE – Pisa 2012

(Roma, 3 dicembre 2013) Sono stati presentati a Roma al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca i risultati dell’Indagine Ocse Pisa 2012 che misura le competenze dei quindicenni in matematica, scienze e lettura. L’Italia, spiega l’Ocse, ha risultati sotto la media ma è uno dei paesi che registra i più notevoli progressi in matematica e scienze. “Non possiamo trascurare il fatto che l’Italia registri risultati inferiori alla media Ocse, tuttavia l’indagine rivela che siamo uno dei Paesi che ha registrato i maggiori progressi in matematica e scienze e questo deve essere da stimolo per continuare a lavorare per migliorare le performance dei nostri studenti”. Ha commentato il Ministro Maria Chiara Carrozza che ha voluto portare la presentazione dei dati al Miur. E’ la prima volta che l’Indagine Ocse viene presentata a Roma in contemporanea con il lancio internazionale.

Nell’indagine, continua il ministro, “mi hanno colpito la disparita’ dei risultati delle ragazze in matematica rispetto a quelli dei loro compagni maschi che fanno registrare un divario piu’ ampio della media Ocse. Questa per me e’ la spia di una questione culturale, di un gap di genere che attraversa ancora in maniera profonda il nostro Paese e che va contrastato”. Un altro dato significativo per il ministro e’ rappresentato “dalla diversita’ di performance in molte aree del Mezzogiorno” dove si registrano “risultati al di sotto della media italiana anche se alcune regioni mostrano un trend positivo”. Secondo Carrozza proprio a queste aree bisogna “guardare con piu’ attenzione come abbiamo gia’ iniziato a fare nel Decreto Istruzione”. Infine il Ministro ha sottolineato “un aspetto molto importante di questa indagine che dimostra la validita’ del nostro sistema di formazione come ‘ascensore sociale’. La stessa indagine sottolinea come ‘L’Italia ha migliorato i suoi risultati senza rinunciare al principio di equità nel sistema dinistruzione”. Il nostro Paese “continua a mostrare livelli di qualita’ superiori alla media Ocse nell’apprendimento con solo il 10% di variabilita’ nei risultati in matematica ascrivibile alle differenze di status socioeconomico dei ragazzi”. Per il ministro si tratta di un dato “che testimonia l’incredibile potenziale della nostra scuola come motore della mobilita’ sociale”. Bisogna quindi guardare al nostro sistema educativo “come un investimento” e “non come una spesa. Come Governo Letta abbiamo dato un segnale forte con il Decreto Istruzione. Continueremo su questa strada per aumentare l’investimento nell’istruzione con la massima attenzione al futuro delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi”.

Nota INVALSI 18 novembre 2013, Prot. n. 12537

I N V A L S I
Istituto nazlonalo per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione

Nota INVALSI 18 novembre 2013, Prot. n. 12537

Ai Dirigenti scolastici delle Istituzioni scolastiche autonome statali e delle scuole paritarie

OGGETTO: Rilevazioni nazionali degli apprendimenti.

Risultati Scrutini a.s. 2012-2013

Il 17 luglio il MIUR rende noti i risultati degli scrutini finali dell’a.s. 2012-2013

Scuola, i risultati degli scrutini
In aumento gli studenti promossi: +0,6% alle scuole medie, +0,3% alle superiori e

Aumentano, seppur di poco, gli studenti promossi alle classi successive nelle scuole secondarie di I e II grado nell’anno scolastico appena concluso. E’ quanto emerge dai dati giunti fino ad ora al Miur sull’89% delle scuole secondarie di I grado e sullo 84,5% di II grado.

La percentuale dei promossi alle classi successive nelle scuole medie è del 96,3% (95,7 nell’anno scolastico 2011/12), mentre alle superiori del 63,5% (63,2% lo scorso anno). L’aumento, se la tendenza emersa dovesse essere confermata, risulta leggermente più alto nelle medie con uno 0,6%, mentre per le superiori dello 0,3%.

Diminuiscono le percentuali dei non ammessi: è del 3,7% nella secondaria di I grado e del 10% in quella di II grado.

Ammessi per Regione

La percentuale più alta degli ammessi per la secondaria di I grado si registra in Basilicata con il 97,6%, seguita dall’Emilia Romagna con il 97,1%, la Puglia 96,8% e le Marche con il 96,8%.

Nella secondaria di II grado invece è il Trentino Alto Adige ad avere la percentuale più alta con il 77,2%, segue la Puglia con il 69,5% e l’Umbria con il 69,2%.

Ammessi per tipologia di istituto

Nelle secondarie di II grado l’aumento più consistente si registra negli Istituti professionali, dal 52,2% dell’anno scorso al 54,9% di quest’anno. Sono la Valle d’Aosta (68,1%) e l’Umbria (61,9%) le Regioni con la percentuale più alta di ammessi in questi Istituti.

La più alta percentuale di ammessi si conferma nei Licei con il 72,8% (l’anno scorso era del 71,8%). A livello regionale sono il Trentino Alto Adige, con l’88,3%, la Puglia, con l’82% e la Calabria con il 79,7% ad avere la quota più alta di ammessi. Per quanto riguarda gli Istituti tecnici le Marche registrano il tasso di ammissione più alto (62,1%), mentre per l’Istruzione Artistica è la Calabria con il 69,9%.

In allegato le tabelle con tutti i dati disponibili, divisi per tipologia di scuola e per Regione.

RILEVAZIONI NAZIONALI SUGLI APPRENDIMENTI 2012-­13

INVALSI

RILEVAZIONI NAZIONALI SUGLI APPRENDIMENTI 2012-­13

La rilevazione degli apprendimenti nelle classi II e V primaria, nelle classi I e III (Prova nazionale) della scuola secondaria di primo grado e nella II classe della scuola secondaria di secondo grado

11 luglio Prove Invalsi 2013 – Presentazione del Rapporto Nazionale

L’11 luglio si svolge il convegno “Le prove Invalsi 2013 – Presentazione del Rapporto Nazionale“; la diretta streaming dell’evento è disponibile, a partire dalle ore 10:00, dal sito dell’INVALSI.

Le rilevazioni nazionali sugli apprendimenti A.S. 2012‐13

Lettera INVALSI 4 luglio 2013, Prot. n. 3736

Presentazione

Lo Schema di Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione in materia di istruzione e formazione prevede che ciascuna istituzione scolastica sia interessata sia da un processo di autovalutazione, sia da uno di valutazione esterna; quest’ultimo è previsto perlopiù in via eventuale e periodica. L’INVALSI, cui è affidato il coordinamento del Sistema Nazionale di Valutazione, indicando, su un piano metodologico, procedure e strumenti di tali percorsi, ha il compito di selezionare e formare esperti su tematiche valutative. L’obiettivo è quello sia di poter condurre visite di valutazione esterna delle scuole (i Team di valutazione previsti dal Regolamento), sia di supportare le scuole in questi processi, fornendo una adeguata dimestichezza su tali aspetti a coloro che, nell’ambito degli U.S.R. e Province Autonome, dovranno interagire con le istituzioni scolastiche.

Al fine di contribuire a una maggiore diffusione delle conoscenze su tali tematiche, l’INVALSI ha perciò deciso di organizzare una prima scuola estiva di valutazione. In particolare la scuola permette ai corsisti di familiarizzarsi con l’individuazione e l’analisi dei processi organizzativi di una istituzione scolastica, individuandone i punti di forza e di debolezza del servizio offerto anche al fine individuare piste per l’implementazione di un piano di miglioramento, secondo la direzione indicata dallo Schema di Regolamento. Particolare attenzione è posta anche sull’uso del feedback e sulle modalità di supporto che è possibile offrire ad una scuola all’interno di un percorso di autovalutazione e quindi anche all’uso e all’interpretazione dei dati resi disponibili alle istituzioni scolastiche. Il programma della scuola prevede sia lezioni frontali e tavole rotonde sugli argomenti previsti con esperti di settore, sia approfondimenti attraverso esercitazioni pratiche e gruppi di lavoro. La scuola, di natura residenziale e della durata di 6 giorni, con arrivo dei corsisti nel pomeriggio del giorno precedente l’avvio dei lavori e partenza al tenni ne della mattinata del settimo giorno, dopo lo svolgimento d’un test finale, si svolgerà dal 25 agosto al 1 settembre 2013 e vedrà coinvolti non più di 100 partecipanti provenienti da tutta Italia.

Gli Uffici Scolastici Regionali e le Province autonome di Trento e Bolzano sono invitati a individuare persone interessate a frequentare la scuola estiva INVALSI.

Al Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale

e p.c. Al Referente Vales

Lettera INVALSI 4 luglio 2013, Prot. n. 3736

7 – 16 maggio SNV 2013 INVALSI

Come previsto dall’art. 51, comma 2, della Legge 4 aprile 2012, n. 35, di conversione del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, “le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176.”

Le prove si svolgono secondo il seguente calendario (vd. Nota INVALSI 16 ottobre 2012, Prot.n. 12619):

  • 7 maggio 2013
    II PRIMARIA: prova preliminare di lettura (prova scritta a tempo della durata di due minuti per testare la capacità di lettura/decodifica raggiunta da ciascun allievo) e prova di Italiano;
    V PRIMARIA: prova di Italiano.
  • 10 maggio 2013
    II PRIMARIA: prova di Matematica;
    V PRIMARIA: prova di Matematica e questionario studente.
  • 14 maggio 2013
    I SECONDARIA DI PRIMO GRADO: prova di Italiano, di Matematica e questionario studente.
  • 16 maggio 2013
    II SECONDARIA DI SECONDO GRADO: prova di Italiano, di Matematica e questionario studente.

Manuale somministratore SNV 2012/13

Comunicati stampa:

(Frascati, 7 maggio 2013 – ore 16.30) Oggi si è svolta la prima giornata, dedicata all’Italiano, delle prove INVALSI nella scuola primaria.
Le prove hanno coinvolto rispettivamente circa 560 e 558 mila studenti delle classi II e V primaria.
In queste stesse classi venerdì 10 maggio si svolgerà la prova di Matematica. La prossima settimana, rispettivamente il 14 e il 16 maggio, avranno luogo le prove nella I secondaria di primo grado e nella II secondaria di II grado.
Sulla base delle informazioni relative alle classi campione, dove le prove sono seguite da osservatori esterni, si può stimare che le prove non siano state effettuate in circa lo 0,82% delle classi II e lo 0,75% delle classi V.

(Frascati, 14 maggio 2013 – ore 16.30) Oggi 14 maggio 2013 si sono svolte le prove INVALSI (Matematica e Italiano), nella classe I della scuola secondaria di primo grado. Le prove hanno coinvolto circa 590 mila studenti. Giovedì 16 maggio 2013 avranno luogo le prove nella classe II della secondaria di secondo grado.
Sulla base delle informazioni relative alle classi campione, dove le prove sono seguite da osservatori esterni, si può stimare che le prove non siano state effettuate in circa l’1,84% delle classi.

Nota sugli allievi con bisogni educativi speciali
(Frascati, 16 maggio 2013 – ore 18.15) La decisione sull’effettiva partecipazione alle prove INVALSI degli allievi con bisogni educativi speciali è demandata alle scuole, che ben prima della data prevista ricevono una nota
con dettagliate indicazioni sulle possibili modalità di svolgimento delle prove per tali allievi. Per facilitarne la partecipazione le scuole possono anche chiedere all’INVALSI le prove predisposte in una serie di formati speciali (prove elettroniche per l’utilizzo di strumenti compensativi, prove in formato audio, prove per allievi sordi, prove in Braille, ecc.).
La personalizzazione delle modalità di svolgimento delle prove può riguardare i tempi di svolgimento della stessa (che possono ad esempio essere allungati), lo stralcio di parte della prova, lo svolgimento della prova in altro momento e luogo, o anche la presenza – a supporto dell’allievo con bisogni educativi speciali ‐ del docente di sostegno. L’unico vincolo che viene posto all’iniziativa delle scuole – nel cercare di far partecipare tutti i loro allievi anche a questo momento della vita scolastica ‐ è quello di non modificare il normale decorso delle prove per il complesso degli allievi, facendone venire meno la natura di prova standardizzata.
Proprio perché le prove standardizzate mal si prestano a rilevare gli apprendimenti degli allievi con bisogni educativi speciali, i risultati di tali allievi nelle prove – come detto, condotte secondo modalità adattate dalle scuole in modo da venire incontro alla concreta situazione dei singoli allievi con bisogni educativi speciali – non sono inclusi dall’INVALSI nelle statistiche sulle singole classi e sulle singole scuole ordinariamente restituiti a queste ultime. Ove comunque richiesti da parte della singola scuola, essi vengono forniti ma separatamente da quelli relativi ai restanti allievi che abbiano svolto la prova secondo il protocollo ordinario.

(Frascati, 16 maggio 2013 – ore 18.15) Oggi 16 maggio 2013 si sono svolte le prove INVALSI (Matematica e Italiano), nella classe II della scuola secondaria di secondo grado. Le prove hanno coinvolto circa 559 mila studenti. Per la prima volta, vi hanno partecipato anche gli allievi della formazione professionale di alcune regioni (Liguria, Lombardia, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento e Veneto).
Lunedì 17 giugno 2013 avranno luogo le prove nella classe III della secondaria di primo grado inserite all’interno dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo d’istruzione.
Sulla base delle informazioni relative alle classi campione, dove le prove sono seguite da osservatori esterni, si può stimare che le prove non siano state effettuate in circa lo 0,98% delle classi.
Si riportano di seguito le informazioni relative alla partecipazione alle predette prove in tutti gli ordini di scuola.

Comunicato_stampa_SNV2013_16_05_13