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Fondi Pon, l’Ue scrive agli istituti: compensi solo con verbali in ordine

da Il Sole 24 Ore

Fondi Pon, l’Ue scrive agli istituti: compensi solo con verbali in ordine

di Alessia Tripodi

Una nota Miur trasmette agli istituti le indicazioni di Bruxelles per un corretto uso dei fondi strutturali 2007-2013

Progetti Pon 2007-2013, la commissione Ue richiama le scuole su una gestione più corretta dei registri e dei verbali delle attività svolte. Lo comunica il Miur in una nota inviata agli Uffici scolastici regionali e alle scuole delle regioni del cosiddetto «Obiettivo convergenza», vale a dire Calabria, Campania, Puglia e Sicilia beneficiarie della programmazione dei Fondi strutturali Ue.

Più attenzione ai verbali
I servizi di controllo di Bruxelles, riferisce il Miur, raccomandano alle scuole una maggiore attenzione alla tenuta dei registri delle firme e delle presenze di ogni collaboratore di progetti che riceve compenso e, più nello specifico, richiedono che – anche sui verbali del Gop, il Gruppo operativo di Piano – siano registrate sia le firme del responsabile di progettoi che quelle di tutte le altre figure coinvolte di volta in vola nelle diverse riunioni di progetto.
Prima di procedere a qualsiasi rimborso per le prestazioni effettuate, quindi, le scuole – dice il Miur – dovranno verificare la presenza delle firme di tutti i partecipanti presenti agli incontri di Gop.

Invalsi, l’autolesionismo di studenti e prof

da La Stampa

Invalsi, l’autolesionismo di studenti e prof

Il boicottaggio, lanciato come un gesto di protesta, diventa un danno per la scuola
raffaello masci

Un fantasma agita le scuole italiane, si chiama Invalsi e minaccia di introdurre nel paese del tiriamo a campare una pratica terroristica già in voga in tanta parte dell’Occidente (che, del tutto sconsideratamente, non solo non se ne preoccupa ma addirittura lo accetta): la valutazione. Di questo mostro si raccontano cose terribili: sarebbe una specie di Minosse dantesco che «giudica e manda secondo che avvinghia», al grido romanesco di «a chi tocca, tocca». Può la scuola italiana finire in un simile tritacarne? E allora tanto valer buttarla in caciara.

Questo è il ragionamento che sta alla base del boicottaggio che le prove di valutazione Invalsi hanno subito quest’anno: il 10% delle classi, secondo i dati diffusi da Skuola.net, hanno disertato i questionari oppure hanno risposto con sberleffi, battutacce e ironie. Il gesto (forse ) vorrebbe essere di protesta, ma è totalmente autolesionistico.

La valutazione, infatti, non serve per dividere i buoni dai cattivi, premiare i primi e punire i secondi. Ma ha la stessa funzione che in medicina hanno le analisi cliniche: serve per individuare dove si trovi il problema nella maniera più circostanziata e precisa possibile, in maniera di poterlo risolvere. Tutto qua. Scherzare sulla valutazione è come mentire al medico: il danno è tutto del paziente.

«Ma agli insegnanti non piace essere valutati» dice la vulgata diffusa da alcuni (solo alcuni) sindacati. D’altronde già quando ci provò il ministro Berlinguer, nel ’99, scoppiò un putiferio. Il timore – secondo questa visione delle cose – è che dietro una valutazione asettica, si nasconda un criterio considerato insopportabile, e cioè una meritocrazia che premi solo i migliori e faccia tramontare la pratica consolatoria delle prebende miserevoli ma uguali per tutti.

Senza dire che se la pratica della valutazione non va bene per gli insegnanti, perché dovrebbe andare bene per gli studenti? Non si valuti nessuno. E 6 politico per tutti.

“Anacronistico boicottare gli Invalsi”

da La Stampa

“Anacronistico boicottare gli Invalsi”

Il vicepresidente dell’Associazione Presidi: “I test ci sono in tutto il mondo civile: non seguire questo modello vuol dire condannare i nostri studenti ad un divario di formazione”
flavia amabile

roma

Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi, la scorsa settimana una scuola su 10 ha boicottato le prove Invalsi nella primaria. Oggi ci sono i test della secondaria, si teme che la protesta sarà più ampia. A sostenerla anche alcuni genitori che si sono rifiutati di mandare i figli a scuola. Ma le prove Invalsi sono davvero così inutili e pericolose?

“Metaforicamente le prove Invalsi equivalgono ad un termometro. Ci sono persone che sostengono che per guarire non serva misurare la febbre e ci sono invece persone che per curare una malattia preferiscono usare il termometro e, sulla base della temperatura rilevata, decidere se e come intervenire. Servono a sapere che cosa sanno gli studenti in matematica e in italiano. Servono a chi prende decisioni politiche a capire quali sono gli errori più comuni e quindi dove intervenire nella formazione degli insegnanti e nel potenziamento degli strumenti da fornire alle scuole”.

Gli insegnanti che protestano si sentono controllati, sostengono che sono “costosi, dannosi, escludenti e antidemocratici”. Lei cosa ne pensa?

“Sono posizioni anacronistiche, parasovietiche. I test ci sono in tutto il mondo civile: o pensiamo che tutti gli altri stanno sbagliando oppure non seguire questo modello vuol dire condannare i nostri studenti ad un divario di formazione sempre più grande che sarebbe, quello sì, davvero pericoloso. Forse chi si oppone alle prove Invalsi farebbe bene a farsi un esame di coscienza. Il malato muore se si pretende di curarlo senza misurargli la febbre”.

Le proteste nel corso degli anni hanno però portato a modifiche che hanno migliorato i test. La tendenza continuerà?

“Auspico una partecipazione sempre più attiva da parte degli insegnanti in questo senso. Quello che non va è il negazionismo e il luddismo sulla base di preconcetti. Mi piacerebbe invece una task force di insegnanti al massimo quarantenni che dessero il loro contributo di esperienze e idee per rendere i test sempre più utili per capire e formare gli studenti italiani”.

Super presidi, Renzi tira dritto

da ItaliaOggi

Super presidi, Renzi tira dritto

Il governo tratta, ma non sull’idea iniziale del dirigente che sceglie i prof. Domani la Bilancio. Margini di modifica invece sulla triennalità delle docenze

Alessandra Ricciardi

Difesa come la roccaforte della riforma. Va bene, i docenti potranno anche decidere di candidarsi presso le scuole che trovano più interessanti per offerta formativa e squadra, ma la scelta finale sarà sempre del dirigente scolastico. Un punto sul quale il premier Matteo Renzi non ha dato spazi di manovra ai suoi deputati in commissione cultura alla camera, considerandolo l’asse portante della riforma, la vera svolta in termini di autonomia scolastica. E così gli emendamenti approvati dalla VII sabato scorso, e su cui domani dovrà pronunciarsi la commissione bilancio della camera, hanno ristabilito un maggiore equilibrio tra i poteri della scuola, per esempio sul Pof, ma hanno tenuto la barra dritta sulla scelta dei docenti da parte dei dirigenti. Un punto su cui si sono concentrate le critiche dei sindacati, che dopo il successo dello sciopero del 5 maggio si attendevano ben altro riscontro dal governo.

Ma altre aperture, dicono fonti governative, potranno ancora esserci. «Dei cambiamenti sono possibili anche in aula», ha precisato il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, dei margini esistono sul fronte della durata triennale dell’assegnazione: ad oggi la norma prevede che il docente cambi scuola ogni tre anni. Si potrebbe invece, è il ragionamento in corso in queste ore, consentire, dopo una prima conferma triennale, di concedere la titolarità presso la stessa scuola. Altro discorso aperto è quello della discrezionalità del dirigente nel decidere l’incarico del prof all’interno dell’organico: quante ore sull’orario di cattedra, quanto sul potenziamento dell’offerta formativa, dei parametri potrebbero definirlo.

Così come non è data del tutto per chiusa la partita sulla valutazione, in particolare sulla norma, di cui i sindacati chiedono lo stralcio, che prevede la presenza di genitori e studenti nel comitato interno. Se ne parlerà nell’aula di Montecitorio, dove il testo approderà la prossima settimana con l’obiettivo di essere poi licenziato dal senato senza modifiche entro metà giugno. Un obiettivo ambizioso, che dovrà fare i conti con le resistenze della sinistra interna. Ieri Stefano Fassina minacciava: senza correzzioni profonde del ddl scuola non lo voterò».

Intanto sale la protesta on line dei docenti, precari e non, contro Renzi. «Noi non voteremo più il Pd perché indignati dal ddl La Buona scuola», è il messaggio che dilaga anche sulla bacheca facebook del presidente del consiglio. In calce agli ultimi post del premier, decine di persone hanno manifestato il loro dissenso con un bombardamento di commenti in cui si collega la protesta contro la riforma al voto per le prossime amministrative. Tra i messaggi contro, preponderanti per numero, spunta anche qualche commento a favore del ddl e del governo che l’ha proposto. Una sparuta minoranza. E di certo non è servita a rasserenare i rapporti governo-sindacati la dischiarazione del ministro delle riforme, Maria Elena Boschi: «La scuola non è dei sindacati, noi non cediamo». L’ex ministro forzista Mariastella Gelmini è intervenuta per dire: «Non condivido il fatto di ritenere tutto il sindacato refrattario al cambiamento, non è così».

Retromarcia sui nuovi albi dei prof Saranno più ampi delle province

da ItaliaOggi

Retromarcia sui nuovi albi dei prof Saranno più ampi delle province

E anche i vecchi docenti dovranno essere pronti a cambiare sede

Antimo Di Geronimo

Dal 1° settembre 2016 il diritto alla sede di titolarità non esisterà più. I docenti saranno inseriti in albi territoriali, la cui ampiezza potrà superare anche i confini delle singole province. E se presenteranno la domanda di trasferimento o di passaggio, potranno chiedere solo di passare da un albo all’altro, senza indicare le sedi di preferenza come avviene oggi. Lo prevede l’articolo 6 del disegno di legge sulla scuola, nella versione varata dalla VII commissione della camera sabato scorso. Una retromarcia rispetto a quanto prevedeva l’emendamento della relatrice, Maria Coscia (Pd).

Per l’anno scolastico 2015/2016 gli ambiti territoriali avranno estensione provinciale. Ma dall’anno successivo gli ambiti dovranno essere ridisegnati. Saranno gli uffici territoriali a delinearne i confini, entro il 31 marzo 2016, secondo le indicazioni che saranno fornite dall’amministrazione centrale. I nuovi ambiti territoriali dovranno avere un’ampiezza, di norma, non superiore alle provincie, tenendo conto della popolazione scolastica e della prossimità delle istituzioni scolastiche. Gli uffici dovranno anche tenere conto delle caratteristiche del territorio, delle specificità delle aree interne, montane e delle piccole isole, della presenza di scuole in carcere, nonché di ulteriori situazioni o esperienze territoriali già in essere. L’intenzione del legislatore, dunque, è quella di costituire albi territoriali molto grandi. Che potranno comprendere territori anche più ampi delle singole province.

Inizialmente, il Pd aveva deciso di restringere i territori di riferimento degli ambiti fino a comprendere una popolazione scolastica di massimo 20mila alunni. Ciò avrebbe determinato l’inclusione da un minimo di 10 fino a un massimo di 20 istituzioni scolastiche per ogni ambito. Ma l’ipotesi è stata accantonata. Se il testo dovesse diventare legge, ciò comporterebbe la definitiva cancellazione del diritto alla titolarità della sede e la soggezione alla mobilità coatta su tutto il territorio provinciale e oltre. Tanto più che: «Dall’anno scolastico 2016-2017», recita il provvedimento, «la mobilità territoriale e professionale di tutto il personale opera tra gli ambiti territoriali».

La nuova stesura dell’articolo 6 prevede anche che i docenti che rinunceranno a presentare la domanda di trasferimento o di passaggio conserveranno il diritto di rimanere nella scuola dove sono attualmente titolari. Ma ciò avrà valore solo fino a quando non dovessero diventare soprannumerari. In quel caso, la norma prevede che saranno comunque inseriti negli albi territoriali. E ciò comporterà il relativo assoggettamento alle scelte dei dirigenti scolastici nell’ambito della lotteria sul conferimento degli incarichi triennali. Insomma, non si salverà nessuno.

Anche i docenti più anziani dovranno rassegnarsi alla necessità di tenere sempre pronta la valigia. Una prospettiva oltremodo ansiogena, specie se si pensa che l’ordinamento scolastico non prevede alcuna possibilità di fruire di indennità, per fare fronte alle maggiori spese collegate ai trasferimenti d’ufficio. Perché di questo si tratta: la sostituzione dell’attuale sistema (basato sui punteggi, sulla tassatività delle regole e sulla trasparenza delle operazioni) con un nuovo sistema fondato su quella che nell’ordinamento societario è nota come clausola di gradimento. E cioè su di un’unica regola, che lega le probabilità di essere accolto in una scuola vicino casa alla capacità del docente di piacere al dirigente scolastico preposto a tale scuola.

A ogni scuola i suoi insegnanti

da ItaliaOggi

A ogni scuola i suoi insegnanti

L’incarico sarà triennale, il prof che resta senza avrà l’assegnazione dal direttore regionale. Saranno scelti dal dirigente, anche su autocandidatura

Antimo Di Geronimo

I dirigenti scolastici sceglieranno i docenti ai quali proporre incarichi triennali di insegnamento rinnovabili. E i docenti non potranno più vantare il diritto di rimanere nella stessa scuola se il preside non rinnoverà loro l’incarico. I dirigenti sceglieranno anche i docenti che comporranno il loro staff nell’ordine del 10% dell’organico. Lo prevede l’articolo 7 del disegno di legge sulla scuola. Il dirigente proporrà gli incarichi agli insegnanti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti, una delle novità introdotte in sede emendativa. E potrà utilizzare il personale docente in classi di concorso diverse da quelle per le quali è abilitato, purché possegga titoli di studio, validi per l’insegnamento della disciplina, percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire. L’incarico avrà durata triennale e rinnovabile per ulteriori cicli triennali e sarà conferito con modalità che valorizzeranno il curriculum, le esperienze e le competenze professionali, anche attraverso lo svolgimento di colloqui.

Le procedure dovranno essere trasparenti: gli incarichi saranno pubblicati sul sito internet della scuola di riferimento insieme al curriculum di ogni docente incaricato. Va detto subito che non si tratterà di procedure negoziali. Al docente, infatti, non sarà consentito di rifiutare la proposta. Ma se dovesse ricevere più proposte contemporaneamente, sarà il docente a scegliere quale proposta accettare. In caso di inerzia dei dirigenti scolastici nella individuazione dei docenti, sarà l’ufficio scolastico regionale a provvedere ad assegnarli d’ufficio alle istituzioni scolastiche. Idem per gli incarichi ai docenti non destinatari di alcuna proposta.

Più che di proposte, sarebbe opportuno parlare di nomine. E cioè di incarichi che saranno conferiti dall’amministrazione nell’esercizio del proprio potere autoritativo. Perché i docenti non avranno più alcun diritto nella scelta della sede. Ma questo potrebbe essere un punto debole del provvedimento, nel quale potrebbe incunearsi il contenzioso. L’ordinamento prevede, infatti, particolari tutele in favore dei disabili e di chi li assiste (si veda la legge 104/92). E prevede anche precedenze per i coniugi di militari trasferiti d’autorità (ex legge 100) e per gli amministratori locali. Ma il disegno di legge non ne tiene conto.

DdL, blocco scrutini sempre più probabile. Il Governo: sarebbe un atto irresponsabile

da La Tecnica della Scuola

DdL, blocco scrutini sempre più probabile. Il Governo: sarebbe un atto irresponsabile

Per i sindacati l’incontro a Palazzo Chigi è stato un flop. Ma per il sottosegretario Claudio De Vincenti sconcerta che, a fronte di una manifesta volontà del Governo di dialogare, si risponda con un’azione che colpirebbe solo studenti e famiglie. Anief furibonda: non accettiamo lezioni di democrazia da parte di chi prima dimentica di convocarci e poi ci zittisce al tavolo.

Come si poteva immaginare, nemmeno l’incontro Governo–sindacati del 12 maggio è servito a calmare gli animi sulla contrapposizione che si è venuta a creare per via del ddl di riforma della scuola: il rischio di vedere compromessi molti scrutini di fine anno scolastico, si fa quindi sempre più concreto.

Un’eventualità che per il Governo è inconcepibile: non ci sarebbero motivi per scioperare, figuriamoci per bloccare gli scrutini di fine anno scolastico. A sostenerlo, dopo aver ascoltato i sindacati a Palazzo Chigi, è stato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti: “sconcerta che, a fronte di una manifesta volontà del Governo di dialogare” sulla riforma della scuola “si risponda – da parte di alcune sigle sindacali – minacciando il blocco degli scrutini. Un’iniziativa del genere sarebbe irresponsabile perché colpirebbe unicamente studenti e famiglie”, ha detto il rappresentante del Governo ai giornalisti presenti.

Lascia esterrefatti, ha aggiunto, l’annuncio del blocco degli scrutini, “a fronte di una manifesta volontà del Governo di dialogare su un tema così delicato come quello di una necessaria riforma della scuola e di una altrettanto necessaria stabilizzazione dei precari”.

Perché, sempre secondo De Vincenti, “durante la riunione, nonostante esplicite divergenze – prosegue – si è registrato un positivo clima di confronto nel merito delle questioni specifiche. Domani, il confronto proseguirà nell’incontro con le organizzazioni studentesche e quelle dei genitori. Al Senato, poi, in occasione di ulteriori consultazioni, ci sarà modo di proseguire nello scambio di opinioni”.

Ma a sentire i sindacati le cose non stanno così. Detto delle forti divergenze, prima di Cgil e Cisl, successivamente della Uil, a scagliarsi contro il comportamento del Governo nel corso dell’incontro è l’Anief: che denuncia prima di non essere stata convocata all’incontro, e poi, quando il sindacalista ha raggiunto comunque Palazzo Chigi e chiesto “di prendere la parola, per esporre al tavolo di confronto le tante lacune presenti nella riforma della scuola”, di essere stato “zittito”, proprio dal sottosegretario De Vincenti, con i componenti del Governo che abbandonavano la sala.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, “quanto accaduto oggi a Palazzo Chigi è stato un pessimo esempio di democrazia da parte delle istituzioni. È ormai sempre più evidente che il Governo vuole far passare la riforma a tutti i costi e che la convocazione dei sindacati e delle associazioni di categoria rappresenta un inutile gioco delle parti per cercare di acquisire un minimo di consensi. Perché il Governo sa bene che sul testo del disegno di legge sono tutti contrari. Questo comportamento irriguardoso verso il sindacato, inoltre, conferma il pressappochismo di chi ci governa in questo momento”.

La proposta di sindacati e associazioni: compensi per il merito docenti decisi fra Ds e Rsu

da La Tecnica della Scuola

La proposta di sindacati e associazioni: compensi per il merito docenti decisi fra Ds e Rsu

La proposta è stata formalizzata nel corso di un incontro con alcuni membri della Commissione Cultura della Camera. Forse potrebbe essere il punto di partenza per un accordo fra Governo e sindacati. Intanto va segnalato il successo dello sciopero anti-Invalsi di oggi 12 maggio.

Quella del 12 maggio non è stata una giornata tranquilla nè per Renzi nè per Giannini: lo sciopero “anti-Invalsi” proclamato dai Cobas per la scuola secondaria ha avuto larga adesione (si parla del 20%) un po’ in tutta Italia. Rispetto agli anni passati la partecipazione è stata molto più ampia proprio perchè si è saldata con la protesta nei confronti del ddl sulla scuola.
Protesta che non sembra destinata a diminuire dopo l’incontro fra Governo e sindacati al termine del quale tutte le organizzazioni hanno ribadito l’intenzione di continuare a chiedere modifiche sostanziali al disegno di legge (da rilevare che nei comunicati successivi all’incontro la parola d’ordine “ritiro” è pressochè assente anche se la richiesta generale riguarda l’adozione di un decreto urgente per garantire le assunzioni).
Va però segnalato un comunicato delle 32 organizzazione di “La scuola che cambia”, di cui fanno parte anche Cgil, Cisl e Uil, in cui vengono avanzate precise proposte alternative.
Una richiesta molto chiara riguarda il tema del merito e dei premi connessi: no – dicono sindacati e associazioni – al modello previsto dal ddl per cui dirigente scolastico e comitato di valutazione (colleghi, genitori, studenti) diventano autorità salariale degli insegnanti; sì invece ad un meccanismo che preveda di assegnare il fondo per il merito alla contrattazione collettiva.
Non è da escludere che su questo punto Governo e sindacati trovino un punto di intesa: in tal caso i “premi” destinati agli insegnanti dovranno essere “contrattati” fra dirigente scolastico e le rappresentanze sindacali.
E c’è anche un’altra proposta alla quale sindacati e associazioni stanno pensando: risolvere il problema delle assunzioni attraverso gli albi territoriali, “favorendo l’incontro tra esigenze progettuali e competenze professionali degli insegnanti attraverso la contrattazione della mobilità e della formazione”.
Può darsi, insomma, che alla resa dei conti i sindacati decidano di deporre le armi a condizione che alcune questione vengano riportate nell’alveo della contrattazione nazionale o decentrata.
Il fatto è che i tempi sono sempre più stretti e non sarà per niente facile trovare soluzioni condivise nell’arco di pochi giorni.

Renzi: “Diamo alle scuole più potere e libertà. No a polemiche strumentali”

da La Tecnica della Scuola

Renzi: “Diamo alle scuole più potere e libertà. No a polemiche strumentali”

Il premier in un’intervista a “Repubblica TV”, fa il punto sul Ddl “Buona Scuola”

In un’intervista a “Repubblica TV”, il premier Matteo Renzi a tutto campo sulla scuola: “Siamo disponibili a discutere sulla riforma della buona scuola” e “siamo molto disponibili a discutere con i sindacati, oggi li vediamo alle 15 a palazzo Chigi”. E sulla polemica sulle frasi di Boschi sui sindacati smorza le polemiche: “Ma la scuola non funziona se è in mano solo ai sindacati, funziona se è di tutti, non facciamo divisioni politiche sulla pelle della scuola”. Renzi ribadisce i punti cardine su cui il governo ha puntato: “Noi diamo alle singole scuole più potere e libertà, autonomia che richiede che venga data la responsabilità in capo a qualcuno, perciò abbiamo dato tre poteri ai presidi: di scegliere i professori, di valutarli e di decidere i programmi ma se può dare serenità che sia il consiglio di istituto ad approvare l’offerta formativa, va bene, questo è un primo passo per ascoltare le critiche. Infine, ha concluso Renzi, “trovo paradossale che a fronte dei tagli degli anni scorsi noi diamo soldi in più e siamo contestati, vuol dire che non ci siamo spiegati bene”.

 

DdL, Giannini spiega il nuovo testo ai sindacati. Ma i nodi restano

da La Tecnica della Scuola

DdL, Giannini spiega il nuovo testo ai sindacati. Ma i nodi restano

“Oggi era importante darvi direttamente una visione complessiva del provvedimento in discussione al Parlamento in un’ottica di dialogo e condivisione”. Con queste parole, il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha avviato l’incontro a Palazzo Chigi con i sindacati della scuola: subito dopo ha riepilogato i contenuti della riforma e gli emendamenti approvati dalla Commissione Cultura della Camera.

La riunione è ancora in corso, ma non sembra che l’intento del Governo di avere maggiori consensi sulla riforma abbia condotto ad un esito positivo. Dopo i leader di Cgil e Cisl, anche il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, presente all’incontro, ha detto di aver “apprezzato gli sforzi del Governo per apportare modifiche, ma sono insufficienti”. Specificando che “precariato, valutazione e contratto sono i tre punti su cui chiediamo interventi”.

Il successore di Luigi Angeletti a capo della Uil, ha poi chiesto ai rappresentanti del Governo (il sottosegretario De Vincenzi, i ministri Madia, Boschi, Giannini, Delrio e il segretario generale di Palazzo Chigi Aquilanti): “cosa succede dopo questo incontro? Quando e come ci farete sapere se vi abbiamo convinto con le nostre idee di ‘Buona Scuola’”.

Da settembre il MEF pagherà direttamente le supplenze brevi

da La Tecnica della Scuola

Da settembre il MEF pagherà direttamente le supplenze brevi

Dal 19 maggio, per un mese di tempo, si svolgerà la sperimentazione del nuovo sistema con un numero limitato di scuole. Da settembre tutto sarà a regime

Se ne parla ormai da tempo e finalmente siamo arrivati al “dunque”: dal 19 maggio, per circa un mese, si sperimenterà il nuovo sistema di pagamento diretto delle supplenze brevi da parte del MEF. E se tutto andrà bene, da settembre prossimo il sistema entrerà a regime.

Lo ha scritto il Miur in una nota indirizzata esclusivamente alle scuole coinvolte nella sperimentazione, in cui sono illustrate le nuove procedure per la gestione giuridico contabile del personale supplente breve. La sperimentazione riguarderà anche le supplenze su maternità e il pagamento delle indennità di maternità.

Intanto il 18 maggio, al Miur, si svolgerà un incontro con tutte le scuole aderenti all’iniziativa, durante il quale verrà illustrato l’intero progetto e saranno descritti i processi di gestione delle varie tipologie di supplenza e di assenza del personale.

Seguirà un’attività di formazione, per la fase sperimentale del progetto, rivolta al personale amministrativo, che  si svolgerà mediante la fruizione di appositi moduli didattici  in autoistruzione.

Nel periodo della sperimentazione, si verificherà il corretto accesso all’ambiente di prova e saranno effettuate delle simulazioni di inserimento dati. Per inviare segnalazioni, richieste di chiarimento e problematiche incontrate l’Amministrazione metterà a disposizione la seguente casella email: dgsssi.ufficio3@istruzione.it Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E’ necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

Sarà anche individuato un periodo temporale di due o tre giorni, durante i quali saranno simulati ritorni negativi da parte del MEF e incapienza dei POS assegnati.

Sarà anche prevista una raccolta dei feedback tramite questionario, sui seguenti aspetti:

  • adeguatezza del processo realizzato per la gestione dei contratti e delle variazioni di stato;
  • usabilità delle funzioni realizzate;
  • completezza dei dati e delle funzioni previste.

I risultati di questo questionario saranno valutati dall’Amministrazione e costituiranno l’input per la predisposizione di un eventuale piano di interventi di miglioramento sul sistema realizzato.

Test Invalsi: 9 su 10 non hanno irriso le domande

da La Tecnica della Scuola

Test Invalsi: 9 su 10 non hanno irriso le domande

E’ quanto emerge da un instant poll di Skuola.net i cui risultati, nonostante i boicottaggi, non si sono discostati di molto da quelli dell’anno scorso.

Il 12 maggio i ragazzi di seconda superiore hanno svolto il test Invalsi, e in men che non si dica i social si sono riempiti di post e foto, tanto che in poche ore #Invalsi 2015 è diventato uno dei trending topics del giorno. Tante le risposte ironiche fornite ai quesiti e documentate con scatti con il cellulare poi pubblicati sul web. Tuttavia, il clamore scatenato dall’attività in rete dei ragazzi che hanno deciso di boicottare l’Invalsi ha poco riscontro nella realtà quotidiana delle scuole. Infatti, tra quelli che hanno preso parte alla prova, la maggioranza, ovvero 9 su 10, ha svolto i test provando a rispondere seriamente alle domande e senza utilizzare il telefonino per postare in tempo reale sui social network.

E’ quanto emerge da un instant poll di Skuola.net i cui risultati, nonostante i boicottaggi, non si sono discostati di molto da quelli dell’anno scorso, su un campione di circa 1.500 studenti, di cui 1 uno su 3 alle prese con la prova Invalsi in quanto frequentante il secondo superiore.

Sempre stando alle risposte degli studenti, la protesta sotto forma di mancato ingresso a scuola avrebbe coinvolto il 15% degli alunni di seconda superiore. Una volta entrati in classe, il 9% ha comunque deciso di invalidare il test Invalsi lasciando il questionario in bianco, o scrivendo risposte divertenti, o cancellando il codice identificativo. Poco più alta la percentuale di coloro che hanno usato lo smartphone per documentare le loro gesta e postarle sui Social, circa il 12%.

Il resto dei ragazzi, invece, ha deciso di affrontare la prova più o meno seriamente. Il 16% ammette di non essersi impegnato più di tanto, mentre 1 su 10 circa ce l’ha messa tutta, ma solo perché i prof hanno minacciato di mettere i voti sul registro sulla base della prova. Più idealista il 62% complessivo, che ha risposto al meglio possibile perché ha ritenuto fosse la scelta più giusta.

Dal canto loro, i professori hanno avuto atteggiamenti ambivalenti. Se circa il 58% è stato attento a controllare come in qualsiasi altro compito in classe affinchè i ragazzi non riuscissero a copiare, c’è anche chi ha lasciato correre qualche atteggiamento sospetto, pur restando vigile (27% del totale), mentre altri hanno addirittura suggerito (7% circa). Si distingue quell’8% complessivo che, oltre a suggerire, ha lasciato anche copiare liberamente gli studenti. La prova più difficile? Prevedibilmente Matematica, più difficile di Italiano per il 37% degli studenti.

Complessivamente, le scuole si sono spaccate a metà tra quelle che si sono mosse per la protesta e quelle in cui tutto si è svolto in maniera abbastanza tranquilla, circa il 47% dei casi. Le proteste negli istituti sarebbero nate soprattutto per iniziativa degli studenti, come risponde circa il 39% dei ragazzi, ma non è mancato il contributo dei professori, responsabili del boicottaggio per circa il 14%.

Minacciato blocco degli scrutini. Ma Giannini: niente passi indietro

da tuttoscuola.com

Minacciato blocco degli scrutini. Ma Giannini: niente passi indietro

Il blocco degli scrutini è una prospettiva presa in seria considerazione dai sindacati praticamente all’unanimità, come mai era accaduto in passato. Lo hanno annunciato i sindacati di categoria al termine dell’incontro con il governo che ha lasciato profondamente insoddisfatti Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Gilda, Snals e Cobas. I sindacati di categoria Cgil, Cisl e Uil erano affiancati dai rispettivi segretari generali confederali Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, che hanno egualmente espresso valutazioni negative.

Da parte del governo -ha detto il segretario generale dello Snals Confsal Marco Paolo Niginon c’è stata nessuna apertura, si è limitato ad ascoltare e a prendere atto delle singole posizioni sostenendo, per bocca del sottosegretario De Vincenti, che terrà conto delle obiezioni e vedrà cosa si potrà fare in sede di modifica durante le audizioni al Senato. Oltre questo è stato ottenuto un nuovo incontro con il ministro Giannini, ne abbiamo già avuti tre speriamo che il quarto possa andare meglio“.

Più duro il segretario generale della Flc Cgil Domenico Pantaleo a cui giudizio da parte del governo “non vi è stata nessuna apertura su nessun fronte. Da parte nostra -ha detto- siamo insoddisfatti e continueremo la lotta“.

Anche per Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola,  “sulla questione del precariato, il testo del ddl non offre una soluzione complessiva. Il precariato resta. Bisogna dare una risposta complessiva. Sulla valutazione, siamo alla scuola al contrario: in nessun Paese europeo gli studenti intervengono sugli stipendi dei professori. Inverosimile.  E sul contratto non viene fatto alcun riferimento alle tutele contrattuali. Il personale della scuola si troverebbe nella condizione di essere l’unico senza contratto”.

Per il portavoce nazionale dei Cobas Piero Bernocchi quella di oggi, da parte del governo “è stata solo una formalità, perchè nonostante su diversi punti ci fosse un accordo praticamente unanime da parte dei sindacati sulle modifiche da apportare non hanno indietreggiato nemmeno di un centimetro“.

La situazione al momento è di stallo e di attesa. Il Ministro Giannini non sembra intenzionata a fare troppe concessioni: “Il governo sui punti qualificanti è chiaro che non ha volontà di fare passi indietro perché noi siamo fermamente convinti, l’abbiamo ribadito, che questa sia una riforma strategica, culturalmente oltre che politicamente importante e fondamentale per questo Governo. Si tratta di capire se ci sono soluzioni tecniche a problemi che possano essere accolte senza scardinare minimamente l’impianto del provvedimento“.

Il nuovo concorso docenti e la nostalgia del Testo Unico…

da tuttoscuola.com

Il nuovo concorso docenti e la nostalgia del Testo Unico…

Potrebbe essere a settembre, a meno di tre anni di distanza dal precedente, il nuovo concorso a cattedra 2015, secondo quanto prescrive il nuovo articolo 8 comma 12-quinquies del disegno di legge sulla scuola C 2994, approvato lo scorso sabato sera nella VII Commissione Cultura della Camera: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ferma restando la procedura autorizzatoria, bandisce, entro il 1° ottobre 2015, il concorso per titoli ed esami per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche ed educative statali ai sensi dell’articolo 400 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297, come modificato dalla presente legge, per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili nei limiti delle risorse finanziarie disponibili nell’organico dell’autonomia, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio. Limitatamente al predetto bando è valorizzato, fra i titoli valutabili in termini di maggior punteggio:

a) il titolo di abilitazione all’insegnamento conseguito a seguito sia dell’accesso ai percorsi di abilitazione tramite procedure selettive pubbliche per titoli ed esami, sia del conseguimento di specifica laurea magistrale o a ciclo unico;

b) il servizio prestato a tempo determinato, per un periodo continuativo non inferiore a centottanta giorni, nelle istituzioni scolastiche ed educative statali di ogni ordine e grado“.

Il testo viene evidentemente incontro alle istanze degli aspiranti docenti abilitati, aprendo a loro e a loro soli la possibilità di concorrere per la cattedra e valorizzando gli iter selettivi che hanno condotto all’abilitazione, nonché il servizio pregresso.

Queste scelte del legislatore presentano dei problemi? Secondo noi, sì. E lo spieghiamo.

Il primo punto riguarda l’esclusione, ex abrupto, dei candidati non abilitati aventi titoli di studio conseguiti entro l’anno accademico 2001-2002 (i cosiddetti laureati d’annata) dalla partecipazione al prossimo concorso. Senza entrare nel merito della scelta politica (anche condivisibile, sotto diversi aspetti), il rischio è quello di escluderli non avendo fornito loro una ‘finestra’ utile per abilitarsi. Per loro, si potrebbe prospettare la via del ricorso al Tar con un esito favorevole, alla stessa stregua del ricorso vinto dai laureati più giovani in occasione del concorso 2012, con la motivazione che non avevano avuto chance di abilitazione tra la fine delle Ssis e il principio dei Tfa.

Quanto alla valorizzazione e alla discriminazione dei titoli e dei servizi svolti, si scivola in un terreno incerto. L’emendamento al ddl favorisce i tieffini sui passini e i laureati in scienze della formazione primaria sui diplomati magistrali, sulla base del titolo conseguito “tramite procedure selettive pubbliche per titoli ed esami, sia del conseguimento di specifica laurea magistrale o a ciclo unico”. Viene parimenti dato un vantaggio al personale precario (statale) sui candidati senza precariato alle spalle (o con un precariato nelle scuole paritarie – altra fattispecie debole), valorizzando “il servizio prestato a tempo determinato, per un periodo continuativo non inferiore a centottanta giorni, nelle istituzioni scolastiche ed educative statali di ogni ordine e grado“. In questi casi, non sarebbe inopportuno che la Commissione prima di legiferare verificasse la praticabilità legislativa di questi benefici, che hanno profili molto scivolosi.

Inoltre, sarà interessante capire se il vantaggio dei 180 giorni di servizio sarà replicabile n volte (nel caso favorendo il precariato di lungo corso), oppure no.

Infine, lascia davvero perplessi che in una riforma del reclutamento trovi posto un comma miserrimo come il 12-ter dell’articolo 8: “Per la partecipazione ai concorsi pubblici per titoli ed esami di cui all’articolo 400 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dalla presente legge, è dovuto un diritto di segreteria il cui ammontare è stabilito nei relativi bandi. Le somme riscosse ai sensi del periodo precedente sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla missione “Istruzione scolastica” iscritta nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca per lo svolgimento della procedura concorsuale”. La previsione sembra dettata dalla longa manus del Ministero dell’Economia per integrare i bassi compensi ricevuti dai commissari nel concorso 2012. Ma è davvero giusto scaricarne il peso, sia pur auspicabilmente simbolico, su candidati che in larga parte già hanno versato migliaia di euro ciascuno per ottenere l’abilitazione?

L’articolo 8 del ddl, benché la Commissione abbia raccolto, forse come meglio poteva, alcune istanze anche giuste da parte di diverse categorie (idonei, abilitati, precari, ecc.), ci fa ricordare con nostalgia al reclutamento come veniva prospettato nel settembre scorso, nel documento sulla Buona Scuola, che a sua volta rifletteva (per ciò che riguardava la selezione del personale) lo splendore della sua piena legittimità sul rispetto del Testo Unico.

Svuotamento (tramite il meccanismo del 50% e 50%) delle graduatorie a esaurimento e delle graduatorie di merito, fine del doppio canale di reclutamento, assunzioni solo per concorso, concorsi e procedure abilitative regolari erano le idee semplici ma convincenti che avevano animato quell’ipotesi di lavoro, peraltro invisa ai sindacati non meno di quanto lo sia il ddl scuola adesso.

Oggi il progetto non svuota più le graduatorie a esaurimento per la scuola dell’infanzia e primaria, rinvia le graduatorie di merito a un futuro incerto nei tempi e nei modi, si è riempito di deroghe e di deroghe alle deroghe, prospetta un concorso con lacune notevoli e che difficilmente interesserà tutte le classi di concorso di tutte le Regioni. Che ne è stato di quelle idee?

Apertura di Renzi al confronto coi sindacati

da tuttoscuola.com

Apertura di Renzi al confronto coi sindacati

Sì al confronto con i sindacati sulla riforma della scuola, ma senza “bloccare la qualità“. Così il premier Matteo Renzi, in un videoforum su Repubblica.it. “Giovanni Berlinguer aveva immaginato la scuola come la scuola dell’autonomia – ha sottolineato Renzi – una invenzione dell’Ulivo di inizio anni Novanta. Noi nel disegno di legge abbiamo individuato tre poteri per i presidi: scrivere il piano offerta formativa, valutare i docenti, scegliere dentro le graduatorie gli insegnanti più adatti“. “Siamo disposti ad ascoltare i sindacati su tutto. Anche oggi, alle 15, la sala verde di palazzo Chigi si riapre per accogliere i sindacati“, ha aggiunto Renzi, specificando però che “la scuola funziona se è di tutti e non siamo disposti a bloccare la qualità nella scuola“. L’educazione come priorità, dunque: “Noi non saremo mai una superpotenza militare. Possiamo essere una superpotenza culturale ed avere questo come ruolo nel mondo. È per questo che punto sulla scuola“, ha spiegato.

Quanto alle proteste degli insegnanti precari, il premier ha chiarito: “Ci sono degli abilitati di seconda fascia che hanno anche pagato per fare dei corsi” e ora quell’abilitazione non vale. “Hanno ragione a essere arrabbiati, ma si arrabbiano con me sbagliando bersaglio. L’unica cosa che possiamo fare è immaginare dei concorsi in cui la loro abilitazione abbia valore“.

Intanto, a poche ore dal confronto di Palazzo Chigi, è tornata a criticare la riforma il segretario generale Cgil Susanna Camusso, secondo la quale va modificata “profondamente“. I sindacati porteranno al tavolo tutti i rilievi che erano alla base della mobilitazione del 5 maggio scorso, e che, cioè “deve esserci una soluzione anche pluriennale per tutti i lavoratori precari della scuola“, che “l’impostazione del dirigente scolastico come uomo solo al comando non va bene“; ma il sindacato rivendica anche che “dell’organizzazione scolastica fa parte anche il rinnovo del contratto e, essendo la scuola segnata profondamente da leggi fatte da governi precedenti, ed essendo in generale difficoltà sia dal punto di vista economico che della funzione, perché abbiamo dati altissimi di dispersione scolastica, non va bene la moltiplicazione delle deleghe ma bisogna partire da come allarghiamo l’istruzione nel nostro Paese“.