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Cultura della sicurezza a scuola, al via il bando «Memory Safe» da 4 milioni di euro

da Il Sole 24 Ore

Cultura della sicurezza a scuola, al via il bando «Memory Safe» da 4 milioni di euro

di Alessia Tripodi

L’iniziativa promossa da Indire con Miur e ministero del Lavoro finanzia anche i progetti per potenziare il collegamento tra istruzione e mondo del lavoro

Un bando da 4 milioni di euro per far entrare la cultura della sicurezza e della prevenzione direttamente nelle scuole italiane. E’ l’obiettivo di Memory Safe, il progetto promosso da Indire e Miur e finanziato dal ministero del Lavoro, che assegna agli istituti scolastici contributi per la realizzazione di progetti non solo nell’ambito della prevenzione, ma anche per potenziare il collegamento tra scuole e mondo del lavoro.

Il concorso
Il bando, presentato a Firenze lo scorso 24 aprile, prevede l’assegnazione di contributi (fino a un massimo di 100 mila euro ciascuno e previa valutazione da parte di una commissione di esperti) agli istituti scolastici pubblici e legalmente riconosciuti di ogni ordine e grado per progetti relativi a due ambiti specifici: il primo riguarda la creazione e l’utilizzo di strumenti didattici innovativi sul tema della sicurezza, il secondo è relativo alla progettazione e la realizzazione di strumenti di formazione che permettano il dialogo tra scuola e mondo del lavoro.
Per partecipare, gli istituti scolastici devono essere collegati a soggetti con «comprovata esperienza» in materia di salute e sicurezza sul lavoro. I progetti dovranno essere realizzati entro il 30 giugno 2016 e «in modo chiaro ed innovativo – spiega l’Indire – dovranno declinare nella didattica le tematiche della cultura della salute e della sicurezza».
Le scuole possono presentare le loro proposte compilando il modulo on line all’indirizzo http://www.indire.it/bandi/memorysafe . In una fase successiva, i risultati dei progetti finanziati saranno pubblicati nel portale di Memory Safe e il materiale condiviso potrà così entrare a far parte della didattica dei docenti, direttamente coinvolti nei progetti o interessati ai contenuti.

«Un progetto per La Buona Scuola»
«Con la promozione della sicurezza nelle scuole e della forte sinergia tra queste e il mondo del lavoro, il progetto Memory Safe va nella stessa direzione presa da questo governo con il ddl “La Buona Scuola”» ha detto il sottosegretario al Miur, Davide Faraone, in occasione della presentazione del bando. Il vicesindaco e assessore all’Educazione del comune di Firenza, Cristina Giachi, ha sottolineato come «coinvolgendo gli studenti si raggiungeranno anche le loro famiglie e così l’effetto moltiplicatore nella società di un progetto per le scuole potrà davvero avere una valenza significativa», mentre il direttore generale di Indire, Flaminio Galli, ha ricordato che grazie a Memory Safe «all’aggiornamento delle competenze dei docenti sul tema della prevenzione si accompagna un potenziale aumento delle assunzioni dei giovani neodiplomati da parte delle imprese».

Quelle classi che non mollano tra le crepe e i muri scrostati

da Corriere della sera

Quelle classi che non mollano tra le crepe e i muri scrostati

Viene voglia di credere in questa scuola, in questa Italia. Antica, dimenticata e vitale nonostante tutto

di Paolo Di Stefano

Edifici vecchi e fatiscenti, soffitti che vengono giù, muri scrostati, zone pericolanti, finestroni che non si chiudono, riscaldamenti che non funzionano. La scuola italiana ha bisogno di una ristrutturazione. Giustamente, Gianna Fregonara ( Corriere della Sera di venerdì scorso) ha denunciato il ritardo imperdonabile del governo nel distribuire i fondi promessi per l’edilizia scolastica. Ma edilizia a parte, com’è la scuola italiana al suo interno, tra quei muri cadenti?
Mi è capitato, nell’ultimo anno, di essere ospitato, come autore di un romanzo per ragazzi che racconta una storia adolescenziale di immigrazione, da tante scuole medie italiane, specialmente al Sud. L’ultima esperienza, nelle scorse due settimane, in Sicilia e in Puglia. Ed è stata la scoperta di un mondo segreto, quasi clandestino, che cerca di resistere eroicamente alle intemperie della crisi e soprattutto alla scarsissima considerazione della società. Ho visto cose che voi umani… verrebbe da dire.
A febbraio ho visto, nella scuola Manzoni di Mottola (Taranto), un auditorium con un maestoso tendone rosso cupo sul fondo, immerso nel gelo dei giorni di neve e privo di riscaldamento: tutti i ragazzi seduti ad ascoltare, imbacuccati nelle giacche a vento e nei cappotti, con tante scuse all’autore, anche lui intabarrato dentro sciarpa e giaccone. Ragazzi festosi, pieni di curiosità. Docenti entusiasti (fa effetto non vederne di giovani e tanto meno giovanissimi).
Ho visto a Gravina una banca che meritoriamente presta alla scuola media Montemurro la sua sala conferenze, in modo da poter ospitare trecento, forse quattrocento, ragazzi tra gli 11 e i 13 anni che hanno letto e discusso per mesi il libro in classe, lo hanno recensito, hanno voglia di interrogare lo scrittore, hanno voglia di mostrargli i disegni e le illustrazioni ricavati dalla lettura, di recitare i brani che considerano più significativi, di far sentire la propria voce. A Cavallino, vicino Lecce, c’è anche il parroco, don Gaetano: dice parole commoventi sui morti nel Mediterraneo e sulle nostre responsabilità. Ho sentito tanti insegnanti straordinari, capaci di trasmettere emozioni e conoscenza ai loro allievi, di far capire il valore della lettura e dei libri.
Questa classe di docenti, generalmente maltrattata o nel migliore dei casi ignorata, avrà pure nelle proprie fila gente senza stimoli e senza passione: capita in tutte le professioni e non si vede perché non possa succedere anche tra i professori. Ma per la grandissima parte si tratta di persone che cercano di rimediare alla carenza di mezzi con la buona volontà, con l’orgoglio e con la fantasia. E questo in un momento in cui, spesso, non ha neanche l’alleanza dei genitori, che invece tendono a (iper)proteggere i loro figli «contro» la scuola.
Ho visto a Tricase, gioiello barocco del Salento, scolaresche attente, classi che partendo da un libro organizzano canti, piccole sonate per basso, violino, chitarra e flauto, uno spettacolo teatrale dei bambini di quinta elementare preparato con cura: un evento per cui si «scomoda» anche il sindaco.
Un’Italia d’altri tempi, un’Italia appartata, periferica, che ha il desiderio di conoscere e di farsi conoscere, non ha per niente la tentazione di naufragare nella retorica e nella sciatteria generale. Ho visto, suggerite dalla lettura di un libro, proiezioni di fumetti composti con i pochi strumenti digitali di cui dispongono gli istituti del Sud. Ho visto la bibliotecaria della scuola Materdona di Mesagne (un tempo fulcro della Sacra Corona Unita) fiera della saletta di lettura, scalcinata ma dignitosa, dove sono collocati pochi e indispensabili romanzi e saggi sulla memoria, senza sedie e poltrone ma con una decina di cuscini sul pavimento. La dirigente va in pensione l’anno prossimo, lamenta il carico crescente di incombenze amministrative e sul suo computer esibisce le tante pubblicazioni fatte con i ragazzi negli anni passati (sull’emigrazione, sulle feste popolari locali, sulla guerra…): ma ormai mancano i fondi per proseguire.
Prime, seconde e terze al completo all’Istituto Quirino Maiorana di Catania: un edificio dall’aspetto dignitoso, ma antiquato. Di fronte, un muro enorme con le immagini dei morti per mafia, a futura memoria. Gli incontri, organizzati dalla Libreria Cavallotto, sono una pioggia di domande sull’immigrazione. Prima di me, sono arrivati Andrea De Carlo, Valerio Massimo Manfredi, Dacia Maraini. La settimana dopo ci sarà Gherardo Colombo. Viene voglia di credere in questa scuola, in questa Italia. Antica, dimenticata e vitale nonostante tutto.

Scuola, caos sulla riforma Giannini: «Contro di me usati metodi squadristi»

da Corriere della sera

Scuola, caos sulla riforma Giannini: «Contro di me usati metodi squadristi»

Il ministro contestato. Verso lo sciopero del 5 maggio

ROMA
Paura? «No, non ho avuto paura, anzi. Ma mentre ascoltavo accuse che per me erano e restano fuori dalla realtà, pensavo con dispiacere ai militanti del Pd che volevano assistere al dibattito per capire e magari anche criticare».
Il giorno dopo la contestazione da parte di studenti e prof dei Cobas alla Festa dell’Unità a Bologna, la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini torna sull’accaduto. Loro urlavano e rumoreggiavano con pentole e coperchi, lei alla fine ha dovuto lasciare il tendone alla Montagnola senza riuscire a pronunciare una parola. «Metodi squadristi» dice. «Ci hanno negato un confronto utile». Ma non è preoccupata, perché «questi contestatori non rappresentano di certo la scuola italiana, questa non è la scuola che conosco».
Ma il mondo della scuola è in subbuglio, inutile negarlo. Professori, precari e non, ma anche studenti, bidelli. E presidi. Giovedì sera migliaia di prof hanno improvvisato flashmob in tutta Italia vestiti a lutto. Venerdì scorso in diecimila erano a Roma. Il 5 maggio ne sono attesi migliaia a Milano, Roma, Palermo, Bari, Catania, Cagliari. E quel giorno si fermerà tutta la scuola, la prima volta con i sindacati tutti uniti dal 2008: Flc Cgil, Cils scuola, UIl scuola, Snals, Gilda. Perché il disegno di legge della Buona scuola va avanti e la preoccupazione — e il senso di incertezza — cresce.
Dalla prossima settimana comincerà l’esame degli oltre 2.400 emendamenti presentati in commissione Cultura e Istruzione alla Camera. Poi l’11 maggio il testo arriverà in Aula. L’obiettivo del governo è arrivare alla fine di giugno alla sua approvazione definitiva. Una corsa contro il tempo per riuscire a far partire la macchina burocratica per assumere centomila professori precari e averli in classe dal primo settembre 2015. «Abbiamo calcolato tutto — assicura il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone — ce la faremo». Anche il Partito democratico ha presentato degli emendamenti. «Abbiamo accolto proposte di modifica — spiega ancora Faraone — e il potere dei presidi, ad esempio, sarà ridimensionato: il piano d’offerta formativa sarà deciso dal consiglio d’istituto e non più dal dirigente e anche i duecento milioni di euro per premiare gli insegnanti più bravi saranno assegnati da un nucleo di valutazione all’interno del quale il preside è soltanto uno dei protagonisti».
Il ruolo del preside è uno dei nodi dello sciopero del 5 maggio. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi sogna il «preside sindaco» dai super poteri. Gli insegnanti temono un «preside padrone» dal potere assoluto. «Ma più potere — dice Faraone — significa anche più responsabilità e il dirigente che pensa di comandare senza l’aiuto dei suoi collaboratori non potrà mai far funzionare la sua scuola». Piuttosto, aggiunge, «il ddl va guardato nel merito: tre miliardi di euro alla scuola non sono pochi ed è incredibile che noi assumiamo 160 mila persone in due anni e i sindacati scioperano contro le assunzioni, a me questa sembra più una protesta per riaffermare la titolarità del loro potere che altro, perciò noi andiamo avanti tranquilli e determinati, se con le proteste come quelle di Bologna pensano di intimidirci hanno perso il lume della ragione».
Ma intanto lo sciopero del 5 maggio impensierisce il premier visto che invierà una lettera prima del 5 a tutti gli insegnanti per spiegare (ancora una volta) la sua Buona scuola. «È un ulteriore incentivo allo sciopero, qualcuno si sta già organizzando per rimandargliela indietro» sorride Mimmo Pantaleo, della Cigl scuola. E poi spiega che «intorno alla Buona scuola cresce il malcontento: docenti, studenti e famiglie si lamentano dell’incertezza più assoluta su tutti i fronti: non c’è un’idea, ma solo imposizioni dall’alto senza ascoltare né discutere». Il sottosegretario non è d’accordo: «Abbiamo ascoltato tutti: ma se i sindacati pensano di contare più di studenti, genitori e insegnanti si sbagliano di grosso, dopo anni in cui comandavano, oggi accettino di essere una parte della scuola, accettino il loro ruolo con umiltà, non ci siamo fermati sul Jobs act, non ci fermeremo sulla scuola». Promette Pantaleo: «Se il testo non cambia, lo scontro continuerà, non escludiamo nulla dopo il 5 maggio, ma noi siamo sereni, molto sereni».
Claudia Voltattorni

cvoltattorni@corriere.it

Scuola, Giannini: “Gli squadristi strillano gli altri assistono passivi ma la rivoluzione si farà”

da la Repubblica

Scuola, Giannini: “Gli squadristi strillano gli altri assistono passivi ma la rivoluzione si farà”

L’intervista al ministro dopo la contestazione di Bologna: “Per descriverli non trovo altre parole, mi hanno insultata. Quello che arriva dai sindacati invece è un canto stridente si sono arroccati senza guardare al merito del piano”

Corrado Zunino

ROMA

«Mi hanno insultata, parolacce irripetibili. Non mi hanno permesso di parlare, in un luogo pensato per discutere: una Festa dell’Unità. Erano disinteressati ad ascoltare quello che avevo da dire. Come li vuole chiamare, quei cinquanta di Bologna. Squadristi. Insegno linguistica da tempo e non trovo altro termine. Sono stata aggredita da cinquanta squadristi. Vivaddio, solo verbalmente».
Nel suo tailleur nero, il 25 aprile, il ministro Stefania Giannini è alla scrivania del ministero dell’Istruzione. Torna sul cacerolazo del giorno prima: i contestatori che battevano su pentole e padelle.
Chi erano i cinquanta della Festa dell’Unità di Bologna?
«Alcuni precari di seconda fascia, area Cobas, e molti studenti. Mi hanno detto legati ai collettivi universitari, ai centri sociali di Bologna ».
Cosa è successo alle 18 e 30, venerdì?
«Appena ho nominato la frase alternanza scuola lavoro si è levato un boato, come se avessi ingiuriato qualcuno. È partita la contestazione sonora, peraltro già annunciata in agenzia, con il sottofondo di improperi. Ho scelto di non replicare, la situazione poteva degenerare».
Cosa le contestavano?
«L’ho capito solo leggendo i cartelli. Slogan senza tempo, che potevano essere adattati, indifferentemente, a cinque, dieci, quindici anni fa. “No alla privatizzazione”, ma noi non privatizziamo niente. “No ai soldi alle paritarie”, ma noi non diamo soldi alle scuole paritarie. Una signora mi urlava: “Vogliamo la formazione”. Ma è quello che stiamo facendo, di grazia. La negazione della verità si era trasformata in una contestazione surreale».
Continuerà a presentare la Buona scuola nel paese?
«Certo, le urla antidemocratiche non mi fermano. La consultazione sulla Buona scuola, noi, l’abbiamo fatta davvero. Via internet siamo entrati nelle case di due milioni di persone».
I contestatori di Bologna, tuttavia, rappresentano una consistente fetta di insegnanti a cui la legge non piace davvero. Si è fatta l’idea che i docenti italiani non vogliono una riforma quale che sia?
«Ho certezza che tra i docenti ci sia un’inerzia diffusa e avverto il rischio che non vogliano partecipare al cambiamento. Li comprendo: sono stati traditi tante volte e pensano “non lo farete mai”. Ma ora i soldi sono lì, sette miliardi tra edilizia e riforma, i 500 euro da spendere in libri e teatro sono nero su bianco. E ci sono 100 milioni per i laboratori».
È così difficile perché siete partiti dal tentativo di ridimensionare il blocco precari costituito in 40 anni.
«Vorrei dire che stiamo togliendo dal panorama italiano graduatorie così arrovellate che non si riesce a spiegarle a uno straniero. Stiamo istituendo concorsi pubblici regolari, il prossimo, 60mila vincitori, sarà epocale. Stiamo portando in cattedra 100mila insegnanti. Tra il 2009 e il 2011 la Gelmini ne ha tagliati 75mila. Andiamo avanti, ma da una parte abbiamo una maggioranza di docenti abulica e dall’altra una minoranza aggressiva che strilla. Devo dirle, però, che molti mi fermano per dirmi: “Non arretrate” ».
Avete snobbato i sindacati dall’inizio. E’ stato un limite, di cui si pente, o viste le reazioni una buona scelta?
«Tre riunioni con i sindacati io le ho fatte, a partire dalla scorsa estate. Le proteste di questi giorni sono però un canto stridente: il sindacato si è arroccato su posizioni che non guardano al merito. Il mio non è un pregiudizio, è un giudizio».
Maestri e professori sono terrorizzati dai poteri del dirigente scolastico. Se il prossimo anno scopriste che i presidi potenti assumono parenti e lecchini?
«Un preside che sbaglia perderà l’indennità e poi il ruolo, la valutazione li riguarda da vicino. Ho l’impressione che alcuni insegnanti preferiscano restare loro in un contesto di scelte opache, nel solco della tradizione italiana».
Altro fantasma che si aggira: gli albi territoriali da cui il preside potrà attingere il docente che gli manca.
«Gli albi territoriali sostituiscono il folle punteggio che fin qui ha guidato la carriera degli insegnanti: prendo 0,4 con il master del 2008, ci aggiungo la legge 104 sui familiari in difficoltà. Noi diamo la possibilità a un prof oggetto di contabilità burocratica di diventare parte attiva di una scuola che lo ha scelto per le sue qualità».
In commissione parlamentare si sta decidendo di recuperare tra gli assunti gli idonei del concorso 2012, di consentire a chi ha fatto supplenze per 36 mesi di insegnare fino al concorso 2016, di dare punti pro-concorso a chi ha fatto tirocini a pagamento. Il governo?
«Il governo è d’accordo con i cambiamenti che migliorano la Buona scuola».
La Buona scuola sarà legge a giugno?
«A metà giugno, in Senato non ci saranno problemi».

L’appello di Imposimato a Mattarella: #riformabuonascuola preoccupa e indigna, la fermi

da La Tecnica della Scuola

L’appello di Imposimato a Mattarella: #riformabuonascuola preoccupa e indigna, la fermi

Iniziativa del presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, nel corso di un convegno Adida: la riforma va contro l’interesse del paese a una vita scolastica più adeguata alla realtà dei tempi. Viola gli articoli 3 e 4 della Costituzione, ma anche il 36, secondo cui i docenti hanno diritto a una retribuzione adeguata al lavoro svolto. E il 33, perché mina la libertà degli insegnanti. Francesco Greco, presidente Associazione Nazionale Docenti: le sue parole sono il manifesto della battaglia di chi chiede a Governo e Parlamento di mettere una pietra tombale sulla riforma.

Sono rimbalzate sul web, raccogliendo consensi straordinari, le parole pronunciate contro il ddl ‘La Buona Scuola’ da Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, nel corso di un convegno svolto il 24 aprile per iniziativa dell’Adida. “La riforma del Governo va contro l’interesse del paese a una vita scolastica più adeguata alla realtà dei tempi, più vicina ai cittadini, più in grado di preparare i giovani ad affrontare i problemi di una società in profonda crisi a causa delle diseguaglianze tra una piccola classe di privilegiati, che godono di retribuzioni enormi, e una grande massa di cittadini, tra cui i docenti, che vivono in uno stato di bisogno”, ha detto senza giri di parole Imposimato, che solo poche settimane fa aveva già parlato di rischi di incostituzionalità contenuti nel testo di riforma approvato dal Governo a metà marzo.

Un concetto che il presidente è tornato a ribadire: “questa riforma – ha detto sempre il 24 aprile – viola principi fondamentali della Costituzione, anzitutto l’articolo 3, secondo cui ècompito della Repubblica rimuovere gli ostacolidi ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la effettiva partecipazione di tutti i lavoratori, tra cui gli insegnanti, alla organizzazione politica, economica e sociale dello Stato. E l’articolo 36, secondo cui i docenti hannodiritto a una retribuzione adeguata alla qualità e quantità del lavoro svolto e tale da garantire una vita libera e dignitosa. Ma anche l’articolo 4 secondo cui lo Stato deve rendere effettivo il diritto al lavoro, e l’articolo 33 sulla libertà di insegnamento”. Perché “la riforma minaccia la libertà degli insegnanti (art. 33), che saranno costretti ad abbracciare una fede politica, una dottrina filosofica, una ideologia, una scelta educativa e non verità, che viene dall’alto, mentre essi hanno diritto di dare e ricevere criticamente diverse opinioni politiche, diverse filosofie, diverse ideologi”.

Ma Imposimato parla anche di ingiustizia morale: “preoccupa e indigna – ha sottolineato – l’attacco del Governo agli insegnanti. Il presidente Matteo Renzi, dopo avere promesso il 12 marzo 2015, l’assunzione di 150.000 precari, presenta un disegno di legge che lascia ai docenti di ruolo lo stipendio immorale di 1.800 euro al mesedopo 30 anni, e minaccia dilicenziare circa 100.000 precari, retribuiti con stipendi indecorosi. Non percependo la diseguaglianza dovuta agli enormi e ingiusti stipendi attribuiti a caste privilegiate, tra cui i dirigenti di enti pubblici, spesso coinvolte in gravi episodi di corruzione, degli enormi sprechi nelle grandi opere spesso inutili (…). E ignorando che la scuola è (Calamandrei) un organo costituzionale come Parlamento, Governo e magistratura anzi ancora più importante, poiché l’insegnante ha un compito ancora più difficile, istruire e formare i giovani. La scuola è “organo centrale della democrazia” “da essa parte il sangue che rinnova giornalmente tutti gli altri organi, giorno per giorno”.

Poi Imposimato cita anche Aristotele, che “esaltava la scuola pubblica 450 anni prima di Cristo dicendo che il legislatore deve preoccuparsi soprattutto dell’educazione dei giovani; ed è questo, che trascurato in uno Stato, rovina la democrazia’”.

Ci fermiamo qui (per leggere il discorso completo di Imposimato, riproposto da And, cliccare qui). Prima, però, non possiamo non citare le conclusioni del presidente emerito: “dopo l’asservimento a una oligarchia dominante del sistema mediatico TV e della carta stampata, che con adulazione esalta il Presidente del Consiglio non lasciando spazio alla critica, dopo il nuovo conformismo di molti intellettuali alla ricerca di protettori, il solo comparto da soggiogare resta la scuola pubblica. E questo il Governo sta facendo”.

Imposimatom quindi, rivolge “un appello al Presidente della Repubblica, garante supremo della Costituzione, affinché, in ossequio all’articolo 54 della Costituzione – per il quale i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche come Governo e Parlamento debbano osservare la Costituzione con disciplina e onore – intervenga fin da ora per richiamare il Governo sulle palesi illegittimità costituzionali presenti nella riforma sulla scuola pubblica in discussione davanti alle Camere”.

Sono tantissimi i consensi che ha ricevuto in poco più di un giorno, l’intervento di Imposimato. Riportiamo quello di Francesco Greco, presidente dell’Associazione Nazionale Docenti, che di recente ha chiesto al Governo di ritirare il ddl di riforma: “Ritengo che mai parole più chiare – ha detto – sono state pronunciate riguardo al progetto di legge Renzi-Giannini sulla scuola. Il suo discorso sarà il manifesto della nostra battaglia per chiedere al Governo e al Parlamento di mettere una pietra tombale su una proposta scellerata che umilia e offende oltre ogni misura i docenti italiani”.

Giannini: sta per concludersi il suo incarico?

da La Tecnica della Scuola

Giannini: sta per concludersi il suo incarico?

Matteo Renzi potrà tollerare che il ministro Giannini contribuisca ad alimentare i contrasti interni al PD? Forse no, e allora a Viale Trastevere potrebbe profilarsi un cambio di guardia.

Dal punto di visto tattico e politico le ultime “esternazioni” del Ministro dell’Istruzione sono davvero poco comprensibili.
Stefania Giannini ha usato espressioni forti (insegnanti “abulici”, contestatori “squadristi”) che evidenziano fastidio nei confronti di chi non condive le proposte del Governo in campo scolastico.
Certamente il Ministro ha tutte le ragioni nel difendere la proposta della maggioranza (altrimenti ci sarebbe da chiedersi perchè mai sia stata inviata al Parlamento).
Ma forse il Ministro, che non ha la politica nel sangue, non sa che la maggioranza ha il dovere di difendere le proprie scelte e che la minoranza ha tutto il diritto di contestarle.
E soprattutto non sa che in politica maggioranza e minoranza non sempre sono separate da una linea precisa. La presa di posizione di Stefano Fassina (parlamentare del PD) ne è un chiaro esempio: il deputato, pur facendo parte della maggioranza, non le manda a dire al Ministro e addirittura le “suggerisce” di chiedere scusa agli insegnanti.
Ora, la questione è molto semplice: Giannini, che solo da pochi mesi fa parte del gruppo PD del Senato, ha goduto finora dell’apparente sostegno di Matteo Renzi; ma cosa succederà quando le dinamiche interne al PD si complicheranno ulteriormente? Stefania Giannini è proprio sicura di cosa accadrà quando Renzi dovrà scegliere se continuare a sostenerla o se fare qualche consistente concessione alla minoranza interna del suo partito?
La nostra sensazione è che questa volta il Ministro abbia davvero esagerato: fino a quando parla di inglese obbligatorio nella primaria o della priorità del trilinguismo va tutto bene e Renzi può anche tollerare; ma se incomincia ad esternare creando problemi all’interno del partito, la musica potrebbe cambiare.  A meno che Giannini non sia già praticamente certa di essere arrivata alla fine del proprio percorso e che quindi abbia deciso di creare un po’ di scompiglio all’interno di un partito a cui da poco ha aderito ma che sicuramente non sta nel suo DNA.

Emendamenti PD al DDL: nessun rafforzamento dei poteri dei dirigenti

da La Tecnica della Scuola

Emendamenti PD al DDL: nessun rafforzamento dei poteri dei dirigenti

Emendamenti del PD, concordati con il Governo, per modificare in modo decisivo le disposizioni contenute nel’articolo 7. Anche il piano triennale sarà elaborato dagli organi collegiali e non più dal dirigente scolastico.

Prenderà avvio domattina presso la Commissione Cultura della Camera il dibattito sul ddl sulla scuola.
I lavori proseguiranno per tutta la settimana a ritmo sostenuto di diverse sedute al giorno.
Ovviamente c’è molta attesa per gli emendamenti che verranno proposti dai diversi gruppi e in particolare dal gruppo del PD che pare abbia già concordato con il Governo un buon numero di modifiche.
Dai materiali in nostro possesso possiamo per esempio segnalare ai nostri lettori che l’articolo 7 relativo alle competenze del dirigente scolastico potrebbe uscirne modificato in modo molto significativo.
Il comma 2 recita attualmente che “il dirigente scolastico propone gli incarichi di docenza per la copertura dei posti assegnati all’istituzione scolastica cui è preposto sulla base del Piano triennale di cui all’articolo 2, ai docenti iscritti negli albi territoriali di cui al comma 4, nonché al personale docente di ruolo già in servizio presso altra istituzione scolastica”.
Questo invece il testo emendato: “il dirigente scolastico, sentito il comitato di valutazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo n. 297 del 1994 che istruisce la procedura di reclutamento, propone gli incarichi di docenza per la copertura dei posti assegnati all’istituzione scolastica cui è preposto sulla base del Piano triennale di cui all’articolo 2, ai docenti iscritti negli albi territoriali di cui al comma 4”.
Ma potrebbe cambiare anche la composizione stessa del comitato di valutazione in quanto un altro emendamento, sempre del PD, prevede che esso sarà formato da due docenti e due genitori (nelle superiori un genitore e uno studente).
E cambieranno anche le competenze: “Il Comitato individua i criteri per la valorizzazione dei docenti sulla base dei seguenti principi: qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica; dei risultati ottenuti dal docente o dal gruppo docente in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell’innovazione didattica e metodologica; delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e della formazione del personale. Il Comitato esprime altresì il proprio parere sull’attribuzione degli incarichi ai docenti inserite negli albi territoriali e sul superamento del periodo di formazione e di prova per il personale docente ed educativo”.

DDL scuola: corsa contro il tempo, forse saltano gli albi territoriali

da La Tecnica della Scuola

DDL scuola: corsa contro il tempo, forse saltano gli albi territoriali

 

Il Ministro Giannini parla ormai di ddl approvato entro metà giugno. Entrata in  vigore per fine giugno, è difficile che ci sia il tempo per avviare le novità già da settembre. Molte novità potrebbero essere rinviate al 2016/2017.

Mano a mano che passano  i giorni, i tempi previsti per l’approvazione del disegno di legge sulla scuola si allungano sempre di più.
Lasciamo stare quanto è accaduto a partire dall’estate scorsa fino pochi mesi fa: a luglio il Presidente del Consiglio e il Ministro parlavano di un provvedimento urgente per la fine di agosto, poi si è arrivati alle “linee guida” del 3 settembre e a quel punto si è iniziato a dire che tutto sarebbe stato inserito nella legge di stabilità. Dopo di che si è detto che con la legge di stabilità si stanziavano le risorse ma che per i contenuti della riforma biosgnava conoscere l’esito della consultazione.
Finalmente a gennaio si è incominciato a parlare di decreto legge che, dopo le proteste degli stessi parlamentari, si è trasformato in un disegno di legge licenziato dal Governo a metà marzo (“Domattina sarà già depositato alle Camere” aveva improvvidamente dichiarato il Ministro Giannini durante la conferenza stampa tenutasi al termine della riunione del Consiglio dei Ministri).
“Il provvedimento dovrà essere approvato entro fine aprile al massimo” aveva quasi ordinato Renzi, provocando anche le reazioni di deputati e senatori (“C’è bisogno di tempo, non si può strozzare il dibattito parlamentare, questo è un ricatto” avevano protestato dalle Camere).
Quando il ddl è arrivato alla Camera (fine marzo) i problemi procedurali che la nostra testata aveva evidenziato fin da subito sono diventati evidenti.
I duemila emendamenti presentati dai diversi gruppi (non ci sono solo quelli delle opposizioni, sono almeno 200 anche quelli delle forze di maggioranza) hanno rallentato l’iter persino prima dell’inizio della loro discussione in Commissione, tanto che durante la settimana che si è appena conclusa la Commissione Cultura ha di fatto sospeso i lavori sull’argomento.
A partire da lunedì 27, in compenso, il dibattito sarà intenso e continuo, per lo meno in Commissione Cultura, mentre nelle altre Commissioni che “contano” non  è ancora previsto nulla.
Quindi, nella migliore delle ipotesi il lavoro delle Coomissioni terminerà l’8 maggio e il dibattito in aula potrebbe iniziare l’11 e concludersi il 15.
Se si tiene conto che nell’ultima settimana di maggio le Camere lavoreranno a ritmo ridotto a causa della concomitanza con le elezioni regionali e amministrative, si può facilmente prevedere che l’approvazione definitiva da parte del Senato non potrà arrivare prima della metà di giugno, come peraltro ha ormai ammesso anche il ministro Giannini.
Poi ci saranno i soliti tempi tecnici per la pubblicazione in Gazzetta e quindi se ne conclude che l’entrata in vigore potrebbe coincidere con la fine del mese di giugno se non addirittura con la prima settimana di luglio.
Non c’è bisogno di un veggente per capire che gran parte della riforma (albi territoriali compresi) sarà di fatto rimandata all’anno scolastico 2016/2017. Con buona pace del Ministro e di quanti continuano a sostenere che a partire da settembre cambierà il volto della scuola italiana.

Idonei in ruolo? Adesso no, in futuro forse

da tuttoscuola.com

Idonei in ruolo? Adesso no, in futuro forse
Dichiarazione di apertura del sottosegretario Faraone

Tra i problemi dei precari in cerca di soluzione c’è anche quello degli idonei dell’ultimo concorso per i quali il Ddl C. 2994 non prevede nulla, escludendo implicitamente una sanatoria per loro.

Il testo della Buona Scuola del settembre scorso prevedeva l’immissione in ruolo di oltre 6 mila idonei, che nel testo ufficiale del ddl non ha più trovato posto.

Tra i 2400 emendamenti presentati in Commissione Cultura ve ne sono certamente diversi che prevedono il salvataggio degli idonei, ma sembra di capire che, forse per ragioni di copertura finanziaria, il Governo non sia intenzionato a tenerne conto. Per il momento.

Ma la speranza di pervenire ad una soluzione per gli idonei non è del tutto spenta, come si deduce dalle dichiarazioni del sottosegretario Faraone.

Sulla vicenda del reclutamento degli idonei del ‘concorsone’ della scuola del 2012 “noi stiamo cercando una soluzione. Facciamo un’operazione che riguarderà 100 mila assunti, più un concorso con un migliaio di persone, che verranno assunte l’anno dopo. Per cui lì dentro stiamo cercando di trovare le condizioni affinché prevalgano due cose: l’interruzione di un percorso di precarietà per gli insegnanti precari, ma al tempo stesso un innalzamento della qualità della didattica”.

Lo ha detto il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone a Firenze.

“Non è un ufficio di collocamento la scuola o un assumificio – ha aggiunto – stiamo facendo assunzioni degli insegnanti perché servono alle scuole. Per cui invito tutti gli insegnanti precari a stare tranquilli, perché questo governo troverà le soluzioni migliori”.

L’opera lirica come patrimonio musicale, culturale e formativo

Studenti all’Opera!
Una giornata di sul valore educativo del melodramma

Studenti all’Opera! E’ dedicato all’opera lirica il convegno internazionale di studi sul valore della musica e del suo esercizio pratico nel sistema formativo. Per l’ottava edizione è stato scelto un tema di grande attualità e rilevanza storica: l’opera lirica come patrimonio musicale e culturale. L’obiettivo è quello di valorizzare anche il grande potenziale dell’opera lirica sul piano educativo. L’iniziativa si terrà lunedì 27 aprile, a partire dalle 9, presso la Sala della Comunicazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ed è promossa dalla D.G per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione e dal Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica del Miur.

Ad aprire i lavori il Sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, mentre le conclusioni saranno di Ilaria Borletti dell’Acqua Buitoni, Sottosegretario del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact). Studiosi ed artisti di rilievo nazionale e internazionale affronteranno il tema da più punti di vista, in un’ottica interdisciplinare. L’intento del convegno, infatti, è quello di mettere in evidenza la duplice dimensione – sia materiale che immateriale – che caratterizza il melodramma: da un lato gli spazi e gli oggetti fisici (teatri, scene, costumi, bozzetti, disegni), dall’altro l’esperienza estetica.

Il convegno è diretto inoltre a sottolineare la rilevanza politico-sociale del melodramma, in particolare per la cultura italiana, in cui lo stesso genere affonda le sue radici. In questa direzione l’opera lirica rappresenta un terreno privilegiato di incontro istituzionale tra il Miur e il Mibact. Ed è proprio nel segno della collaborazione tra le due amministrazioni che la giornata di studi si concluderà con un Gran Galà della Lirica (al Teatro Palladium dell’Università Roma Tre, alle 20.30), a cura dei Cantori Professionisti d’Italia.

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Aspettando la buona scuola

Aspettando la buona scuola


di Franco Buccino


Il documento “La buona scuola” è stato pubblicato il 3 settembre 2014. In questi giorni, ad aprile inoltrato, è cominciata la discussione in Parlamento del ddl di attuazione del progetto presentato dal governo. A tempo ampiamente scaduto, se si pensadi attuarne i contenuti dal 1° settembre prossimo. Ma chi ci pensaa rispettare la data? Non l’Amministrazione scolastica, già tutta presa dalle uniche operazioni che giustificano la sua esistenza: trasferimenti, assegnazioni provvisorie, utilizzazioni, ricorsi, controricorsi e rettifiche; poi le immissioni in ruolo, modeste come negli anni precedenti (in assenza della legge chistituisce l’organico funzionale); infine, incarichi e supplenze. E così i precari dopo la sbornia di annunci tornano alla triste realtà. Non ci pensa neppure il governo. Renzi in persona, esauritasi la carica mediatica degli annunci sulla buona scuola, ha affermato che da settembre prossimo si passa alla “buona università, e in anteprima ha lanciato le relative parole d’ordine: meno burocrazia, piùricerca, maggiore attenzione alle funzioni dei rettori, e  asso nella manica  un jobs act universitario per stabilizzare i precari. Verrebbe da dire, con tutto il rispetto, che ci vuole una bella faccia tosta.

In tutti questi mesi una breve consultazione e poi tanti discorsi, tante discussioni, tanti interventi, tanti temiproposti, quasi sempre in termini un po’ strumentali, da tutti gli uomini e le donne del Presidente. Che hanno trovato compiacenti casse di risonanzein organi d’informazione e riviste specializzateL’argomento principe è il numero e le modalità di stabilizzazione dei precari. Con cinismo e indifferenza si passa da centotrentamila, a cento, novanta, quaranta, fino ai soliti ventisettemila; per non parlare delle sedi eventualmente loro assegnate: si passa da piccoli spostamenti in regione a esodi biblici da un capo all’altro del paeseE poi, graduatorie ad esaurimento svuotate, anzi no, ma di sicuro abolite. Graduatorie d’istituto e idonei nel concorso, dentro e fuori in un’altalena continua. Paritarie: scarso rilievo ai 400 eurodi detrazione fiscale; molta enfasi, invece, alla rassicurazione che i loro docenti non passeranno in massa nei ruoli dello stato (?).(Nessuno spiega come si fa a passare nei ruoli della scuola statale con i servizi prestati nella scuola privata)E poi il merito, questo sconosciuto. Un anno di prova altamente formativo: peccato che arrivi con molto ritardo, perché i formandi hanno già almeno una decina di anni di servizio al loro attivo. Nessun coraggio a riconoscere la formazione già fatta, in particolare quella di quanti hanno frequentato, dopo la selezione, una scuola di specializzazione interuniversitaria per due anni e oltre, con relativo esame finale. La loro è un’abilitazione uguale a quella che hanno conseguito i frequentanti di un modesto corso durato poche settimane, avendo come unico requisito di accesso 360 giorni di servizioE pensare che questa modalità di reclutamento, il corso-concorso, è quella che è stata scelta per i futuri dirigenti scolastici.

capi d’istituto, il grande tema delle ultime settimane. Sono passati da potenti dirigenti che stilano il piano dell’offerta formativa, definiscono la consistenza dell’organico funzionale, chiamano direttamente i docenti dagli albi territoriali, valutano l’anno di prova deglinsegnantisemplici presidi (cioè che presiedono il collegio)a mini dirigenti che dopo un mandato possono tornare a fare gli insegnanti. Gli stessi che denunciavano la deriva autoritaria, ora cercano di conservare ai capi d’istituto ruolo e funzioni per evitare che le scuole diventino ingovernabili.Verrebbe da chiedersi chi è che vuole veramente l’autonomia scolastica. L’ Amministrazione scolastica non vuole cedere il potere, non ha fiducia nelle competenze delle scuole, scarica su di esse in nome della loro autonomia i problemi che non riesce a risolvere. Ma viene qualche dubbio pure sulle precise volontàdelle diverse componenti della scuola. L’autonomia, e relativo organico funzionale, può immaginarsi solo per scuole di dimensioni molto più ampie delle attuali. Chi è d’accordo?L’autonomia di poter scegliere alcuni insegnamenti specifici, previsti dal piano dell’offerta formativasignifica che non si possono generalizzare trasferimenti, graduatorie interne, forse neppure stipendi determinati solo dall’anzianità. Significa che qualcuno, dopo il lavoro istruttorio di una commissione, si assume la responsabilità di una chiamata diretta. O no? Significa pure che una scuola, con il suo organico funzionale, oltre a crearsi figure di staff, copre da sola, di norma, le assenze del personale.Soprattutto, autonomia significa dar conto del proprio operato, dei risultati ottenuti, la scuola e il suo dirigente. Solo in questa logicafigure, ruoli e funzioni si sottraggono all’inveterato verticismo e autoritarismo, ai meri criteri economicistici e amministrativi, alla vuota e autoreferenziale meritocrazia, e si consegnano alla scuola democratica, come la definisce e la vuole la nostra Costituzione. Perché, in ogni caso, il problema non è la scuola autonoma o il suo dirigente, ma, se mai, gli organi della scuola, in particolare ilconsiglio dell’istituzione scolastica, il suo livello di rappresentatività e competenze.

Mentre anche noi cadiamo nel tranello delle divagazioni, in Parlamento è il momento degli emendamenti: si chiede tutto e il contrario di tutto. Del resto tutto ciò è determinato anche dal fatto che l’intero ddl manca di organicità e di una visione complessiva della scuola che ne giustifichi il pomposo titolo. Anzi, a dir la verità, la buona scuola che c’è, la parte buona della scuola,memore di pessime non lontane riforme, si augura che non si facciano ulteriori danni.

Scuola, test Invalsi a rischio per sciopero. Presidi: “Precettiamo”. Ira dei sindacati

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, test Invalsi a rischio per sciopero. Presidi: “Precettiamo”. Ira dei sindacati

Le sigle hanno programmato lo stop alle lezioni il 5, 6 e 12 maggio. Alcuni istituti prospettano lo spostamento della data del quiz. Cgil, Cisl, Uil Snals e Fgu con un comunicato hanno diffidato i presidi. Bernocchi (Cobas) si dice “pronto a denunciare”. Pantaleo: “Prove non comprese tra le prestazioni indispensabili, quindi nessun docente può essere precettato”

Scuola, Tribunale lavoro dice sì a scatti d’anzianità per prof precaria in pensione

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, Tribunale lavoro dice sì a scatti d’anzianità per prof precaria in pensione

Accolto il ricorso di una docente: il Ministero dovrà riconoscerle tutte le differenze non pagate, con tanto di interessi e spese legali. L’avvocato che ha curato il ricorso Salvatore Russo: “E’ una sentenza storica”

Elezioni CSPI: poco interesse (anche da parte del Miur)

da La Tecnica della Scuola

Elezioni CSPI: poco interesse (anche da parte del Miur)

In molte scuole non sono state neppure affisse le liste dei candidati, come previsto dall’Ordinanza Ministeriale. Stefano d’Errico (Unicobas): “E’ in atto il tentativo di delegittimare il risultato del voto che sicuramente sarà favorevole per il sindacalismo alternativo”.

Martedì 28 aprile si vota per eleggere i rappresentanti del personale docente, dirigente e Ata nel Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, ma nelle scuole se ne sa poco o nulla. L’acceso dibattito che aveva accompagnato le ultime settimane prima del voto del 1998 è solamente un lontano ricordo forse (ma non solo) perchè ormai le attribuzione del CSPI appaiono inferiori a quelle del vecchio CNPI che si articolava anche al proprio interno nelle commissioni per la disciplina a cui era affidato il compito di esaminare i casi di infrazioni disciplinari del personale (docenti delle superiori in particolare).
Ma va anche detto  che ormai sono cambiate di molto le regole per la rappresentanza.
Faranno infatti parte del CSPI 36 membri, 18 eletti e 18 nominati dal Ministro (nel CNPI, la “quota” di posti di nomina ministeriali era di gran lunga inferiore e minoritaria.
Cè però un  altro motivo ancora che non contribuisce a creare interesse intorno all’evento.
In molte scuole non sono state neppure affisse le liste dei candidati (l’OM prevedeva come termine ultimo per tale adempimento la data del 21 aprile)  e la “campagna elettorale” è stata molto contenuta. Gli stessi sindacati rappresentativi non si sono “spesi” più di tanto per mantenere viva l’attenzione di docenti e Ata.
“Quello che sta accadendo – sottolinea Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas, candidato per la sezione scuola primaria – è un fatto molto grave e rappresenta una ulteriore limitazone degli spazi di democrazia, già scarsi,  all’interno delle scuole. E’ gravissimo che il Miur non abbia ricordato alle scuole la necessità di dare la massima pubblicità possibile a questa scadenza. Quasi quasi il Miur dà più spazio al concorso per l’alunno più buono d’Italia che alle elezioni del CSPI”
“Ma anche le organizzazioni sindacali rappresentative – prosegue d’Errico – non hanno brillato per iniziativa: sembra quasi che a loro vada bene una scarsa affluenza alle urne per poter delegittimare o minimizzare il successo che molto probabilmente otterranno le liste del sindacalismo alternativo che – almeno in questa circostanza non ha dovuto sottostare alle regole capestro che per il rinnovo delle RSU di istituto”.
Tutte le liste presentate e ammesse dalla Commissione elettorale centrale potranno infatti essere votate in qualsia scuola italiana, mentre per il rinnovo delle RSU il meccanismo attuale penalizza fortemente i sindacati più piccoli che non hanno una presenza diffusa e capillare sul territorio nazionale; nel caso delle elezioni del CSPI tutte le liste avevano diritto di assemblea, mentre nel caso del voto per le RSU tale diritto vale solo per i sindacati rappresentativi a livello nazionale o per quelli che già sono presenti nella scuola con una propria RSU.
Vedremo se almeno nella giornata di lunedì il Miur ricorderà alle scuole di dare adeguati risalto a questa importante scadenza.

Prove Invalsi: procedure rigorose, caos assicurato (o quasi)

da La Tecnica della Scuola

Prove Invalsi: procedure rigorose, caos assicurato (o quasi)

Cosa succederà il 5 maggio se i docenti incaricati di prelevare presso la sede centrale i fascicoli con le prove aderiranno allo sciopero?  Basterebbero 4-5 insegnanti in sciopero per far “saltare” tutto il meccanismo.

Potrebbero essere le stesse regole fissate dall’Invalsi e rigidamente applicate dai dirigenti scolastici a mettere in crisi la somministrazione delle prove di italiano prevista per il 5 maggio prossimo.
Per ridurre al massimo il rischio di “fughe” di materiali che potrebbero rendere dubbia la rilevazione in quasi tutte le scuole viene messa in atto una procedura piuttosto precisa che prevede che la mattina del 5 maggio il “pacco” con tutto il materiale venga ritirato dal responsabile del plesso o del team d classe e quindi consegnato ai docenti interessati.
Ma, in caso di sciopero, la procedura entra in crisi – se correttamente applicata – comporterebbe l’impossibilità di svolgere le prove anche se ad aderire allo sciopero fossero pochi insegnanti.
Il caso più banale si verifica se il docente incaricato di prelevare i materiali presso la sede centrale aderisce allo sciopero: se la procedura è stata formalizzata dal dirigente scolastico con una circolare ufficiale diventa difficile – nella giornata dello sciopero e all’ultimo momento – affidare l’incarico ad un altro docente perchè si potrebbe configurare una forma di comportamento antisindacale da parte del dirigente.
Paradossalmente se in una scuola scioperassero anche soltanto i 4-5 insegnanti incaricati di trasportare i materiali dalla sede centrale ai singoli plessi, i test non potrebbero essere somministrati.
L’unico modo per evitare tutti questi problemi sembra essere quello di far pervenire i materiali ai doceenti già nel pomeriggio del giorno precedente, modalità in contrasto con quanto previsto dall’Invalsi che però, di qui al giorno 4 potrebbe anche diramare una nota per “liberalizzare” le modalità di consegna dei fascicoli contenenti le prove alle classi interessate (II e V di primaria).