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La metà delle aule è ancora senza internet. Giannini: ecco i soldi per connetterle

da La Tecnica della Scuola

La metà delle aule è ancora senza internet. Giannini: ecco i soldi per connetterle

Ci sono aule che non hanno ancora i servizi digitali, ma è questione solo di tempo: ormai “ci sono le risorse per condurre in porto questo obiettivo”.

A dirlo, il 7 giugno in occasione della firma di un protocollo nazionale del ministero dell’Istruzione con la Rai, è stato il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini.

Che ha anche quantificato l’entità dell’investimento: metteremo a disposizione “1 miliardo per 5 anni a partire da questo”, per centrare anche il target che ci siamo prefissati.

È bene sapere che le buone intenzioni del ministro, tuttavia, debbono essere corredate da un piano di potenziamento di primo livello.

Secondo i dati forniti di recente dall’Osservatorio Tecnologico del Miur, solo il 10,5% delle scuole di primo grado avrebbe una connessione veloce, percentuale che arriva al 23,1% nel caso delle superiori. Mentre in totale più del 53% delle aule sono completamente disconnesse.

Inoltre, per insegnare in modalità digitale servono competenze specifiche, che esulano dalla formazione base della maggior parte dei docenti.

Pochi mesi fa, La Tecnica della Scuola ha scritto, a proposito del livello tecnologico della scuola italiana: “cosa è oggi quindi la “scuola 2.0”? Dalle esperienze eterogenee ed individuali dei singoli Istituti, possiamo affermare sicuramente che essa somiglia ad un grande cantiere di idee e sperimentazioni, alcune di buon livello altre meno, in cui però, nella stragrande maggioranza di casi, si naviga a vista senza una programmazione omogenea e diffuso su tutto il territorio”.

Chiamata diretta: se ne riparla domani 8 giugno

da La Tecnica della Scuola

Chiamata diretta: se ne riparla domani 8 giugno

Come era facilmente prevedibile l’incontro odierno sulla questione della chiamata diretta fra Governo e sindacati si è concluso con un nulla di fatto.

Tutto è stato rinviato a domani “nel tentativo – rende noto Cisl Scuola –  di individuare ipotesi condivise in vista di un possibile nuovo incontro politico che, se ve ne saranno le condizioni, potrebbe aver luogo giovedì 9 giugno”.

All’incontro era presente anche il sottosegretario Faraone che, per l’ennesima volta, ha annunciato la volontà del Governo di portare a compimento il progetto contenuto nella legge 107 in materia di assegnazione dei docenti alle scuole.

Per parte loro i sindacati hanno ribadito la loro posizione: la chiamata da parte dei dirigenti deve essere attuata utilizzando criteri oggettivi e trasparenti, in pratica – sempre secondo i sindacati – si dovrà fare riferimento alle graduatorie.

L’idea di consentire ai dirigenti di effettuare le assegnazioni ricorrendo a colloqui o ad altre forme di selezione analoghe è da escludere nel modo più assoluto.
L’incontro di domani 8 giugno dovrebbe quindi essere risolutivo: se si troverà un punto di intesa si andrà avanti a discutere e a confrontarsi, in caso contrario la rottura sarà inevitabile, con conseguenze imprevedibili per l’avvio del nuovo anno scolastico.

Bonus docente: andrà rendicontato entro il 31 agosto… ma come

da La Tecnica della Scuola

Bonus docente: andrà rendicontato entro il 31 agosto… ma come?

Nel mese di ottobre i docenti hanno ricevuto nei propri cedolini 500 euro per la formazione. Il bonus, dal prossimo anno, diventerà una Carta elettronica che potrà essere utilizzata per gli acquisti.

Con la nota 15219 del 15 ottobre 2016, il Miur aveva emanato le indicazioni operative in applicazione del DPCM 23 settembre 2015, sull’istituzione della Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, secondo quanto previsto dall’art.1 comma 121 della legge 107/2015 (“Buona Scuola”).

Il Ministero aveva spiegato che nel caso la documentazione fosse risultata non conforme, incompleta, presentata oltre il termine o non presentata, la somma sarà recuperata con l’erogazione riferita al 2016/17. Inoltre, i rendiconti dovranno essere messi a disposizione dei revisori per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile.

Con l’occasione, il Miur aveva annunciato l’emissione di una successiva nota, con la quale avrebbe fornito ulteriori dettagli riguardo all’attività di rendicontazione delle spese sostenute.

Di questa nota, ormai alla fine dell’anno scolastico, non c‘è alcuna traccia, nonostante le richieste di chiarimento dei Sindacati avanzate, da ultimo, nel mese di maggio.

Le scuole stanno quindi adottando procedure diverse: alcune hanno emanato circolari informative e predisposto modulistica ad hoc, altre hanno addirittura preparato piattaforme per l’inserimento dei dati direttamente dai docenti, altre ancora hanno lasciato tutto in standby in attesa di indicazioni operative dal Miur.

Ad ogni modo, per i docenti interessati, riepiloghiamo quali sono le spese ammissibili, meglio esplicitate in alcune Faq pubblicate dal Miur :

  • acquisto di libri, pubblicazioni e riviste, anche in formato digitale, e anche se non attinenti alla disciplina insegnata;
  • hardware, come i PC, i computer portatili o notebook, i computer palmari, i tablet;
  • software, come i programmi e le applicazioni destinati alle specifiche esigenze formative di un docente (programmi che permettono di consultare enciclopedie, vocabolari, repertori culturali o di progettare modelli matematici o di realizzare disegni tecnici, di videoscrittura e di calcolo);
  • corsi di formazione (anche on-line) organizzati dagli enti accreditati, dalle università, consorzi universitari e interuniversitari, Indire, Istituti pubblici di ricerca;
  • corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, corsi post lauream o master;
  • corsi destinati specificamente alla formazione degli insegnanti, purché inerenti al proprio profilo professionale;
  • corsi per lo studio di una lingua straniera all’estero, purché il corso venga erogato da uno dei soggetti di per sé qualificati per la formazione nella scuola, ovvero dagli “Enti culturali rappresentanti i Paesi membri dell’Unione Europea, le cui lingue siano incluse nei curricoli scolastici italiani”;
  • esame di certificazione di una lingua straniera, se l’esame è promosso da uno degli Enti certificatori delle competenze in lingua straniera del personale scolastico;
  • corso di formazione organizzato dalla propria o da altre scuole, purché coerente “con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione”;
  • rappresentazioni cinematografiche, ingressi ai musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, anche se non attinenti alla disciplina insegnata;
  • attrezzature per la scuola come LIM o libri, riviste o materiale didattico per la biblioteca scolastica.
  • corso insieme ad altri docenti esterno al piano di formazione della scuola.

Invece, non è possibile fare rientrare i seguenti acquisti:

  • smartphone, toner, cartucce, stampanti, pennette USB e videocamere;
  • abbonamenti per la linea Adsl;
  • acquisto di titoli di viaggio per la partecipazione a eventi o per viaggi culturali.

Per quanto riguarda gli smartphone, ormai del tutto assimilabili ai tablet, i Sindacati hanno chiesto chiarimenti al Miur, ma per ora non hanno ottenuto risposta.

Così come sono state richieste precisazioni su rappresentazioni cinematografiche, ingressi ai musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, i cui biglietti spesso non sono nominativi: verranno ugualmente accettati?

Esami di Stato: cos’è il “Supplemento Europass al Certificato”?

da La Tecnica della Scuola

Esami di Stato: cos’è il “Supplemento Europass al Certificato”?

Una delle novità della Maturità 2016 è rappresentata dal “Supplemento Europass al Certificato”, un documento un documento standard, diffuso e riconosciuto nell’Unione Europea, riferito a ciascun Indirizzo di studio, che contiene informazioni riguardanti il percorso ufficiale compiuto dallo studente per acquisire il diploma, il corrispondente livello EQF, le competenze generali e d’indirizzo e le attività professionali cui il diplomato potrebbe accedere, anche in contesti di mobilità transnazionale.

Si tratta in pratica di un documento che integra il diploma, ma non rappresenta una certificazione delle competenze acquisite dai singoli diplomati, e si aggiunge agli altri documenti del portafoglio Europass (Curriculum Vitae, Europass Mobilità, Passaporto delle lingue, Supplemento al diploma) previsti dall’Unione Europea per facilitare l’inserimento nel lavoro e la mobilità al di fuori del Paese.

Con la nota prot. n. 5952 dell’1/06/2016 il Miur ha illustrato le modalità di reperimento del documento da parte delle scuole e di rilascio agli studenti.

I Supplementi, distinti per istruzione liceale, tecnica e professionale, saranno gradualmente in visione alle scuole nella sezione dedicata agli Esami di Stato. A partire dal 20 luglio le scuole potranno usare le funzioni SIDI per la consegna del supplemento agli studenti, insieme al diploma e al certificato conclusivo. Le scuole non dovranno in alcun modo modificarlo, ma solo stamparlo e consegnarlo ai diplomati.

Intesa Miur-Cisco per educazione digitale 100.000 studenti

da tuttoscuola.com

Intesa Miur-Cisco per educazione digitale 100.000 studenti

L’amministratore delegato di Cisco Italia Agostino Santoni e il ministro per l’Istruzione Universitò e Ricerca Stefania Giannini hanno presentato oggi a Roma i contenuti della loro collaborazione volta a rafforzare la diffusione delle nuove competenze digitali, sempre più necessarie nel mondo del lavoro, nella scuola italiana. Lo rende noto Cisco Italia.

Il tema delle competenze digitali è un pilastro molto importante di Digitaliani – scrive l’azienda -, il piano di investimento da 100 milioni di dollari in tre anni per accelerare la digitalizzazione dell’Italia che Cisco ha annunciato nel gennaio scorso; quanto annunciato oggi rappresenta la declinazione di questo piano nei confronti del mondo della scuola“.

Nel quadro della collaborazione, Cisco si impegna “a raggiungere 100.000 studenti in tre anni, rafforzando la presenza del suo programma di formazione Cisco Networking Academy negli istituti superiori di tutta Italia, soprattutto istituti tecnici e professionali“.

Con l’inizio dell’anno scolastico 2016/2017 saranno disponibili per le scuole che sono sede di Cisco Academy nuovi percorsi di formazione Cisco dedicati alla cybersecurity e alle tecnologie per l’industria 4.0, che si affiancano ai corsi già esistenti dedicati alle tecnologie di networking.

Inoltre, saranno attivate azioni di formazione digitale in tutto il territorio nazionale verso personale docente, dirigenti scolastici e personale della scuola, con l’obiettivo di raggiungerne 5.000 nell’arco di tre anni.

Giannini, pensiero computazionale per un milione di studenti

da tuttoscuola.com

Giannini, pensiero computazionale per un milione di studenti

L’anno scolastico 2015/2016 si è chiuso oggi all’insegna del digitale con un evento, #DiarioDigitale, per fare il punto su “Generazioni Connesse”, il progetto finanziato dalla Commissione europea e guidato dal Miur per educare i ragazzi alla navigazione sicura in Rete, e su “Programma il Futuro”, l’iniziativa realizzata dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione con il Cini (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica) per portare fra i banchi della scuola il pensiero computazionale e la programmazione informatica.

Un pomeriggio con gli “arrivederci 2.0” del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, e del sottosegretario al Miur, Gabriele Toccafondi, che ha premiato le 34 scuole vincitrici del concorso Codi-Amo. Ai ragazzi è stato chiesto di realizzare storie, giochi e grafica con la programmazione. Hanno partecipato 790 scuole producendo oltre 1.800 elaborati (964 dalla scuola primaria, 714 dalla secondaria di I grado, 150 dalla secondaria di II grado).

Con il Piano Nazionale scuola Digitale – ha detto Giannini – abbiamo avviato un cambiamento culturale importante nella nostra scuola. Il digitale non è più solo lavagne interattive e apparecchi tecnologici, ma uno strumento per rinnovare profondamente la didattica e renderla più attrattiva per i ragazzi usando metodi e linguaggi vicini alle loro sensibilità“.

In due anni di sperimentazione“, ha aggiunto Giannini, “oltre 1 milione di studenti in tutta Italia è stato coinvolto in attività di programmazione informatica. L’obiettivo che ci eravamo prefissati a settembre è stato raggiunto. In totale sono state 8.654.100 le Ore del Codice svolte, con una media di 8,48 ore ad alunno. Prima d’ora non era mai stato portato il pensiero computazionale nelle nostre aule. Il successo dell’iniziativa ci spinge ad andare avanti e a prevedere un sempre maggior coinvolgimento di docenti e studenti, con particolare riferimento alle ragazze: il pensiero computazionale può essere una straordinaria forma di avvicinamento alle materie scientifiche da cui spesso le nostre studentesse restano lontane“.

Protocollo Miur-Rai. Nuovi strumenti per la didattica digitale

da tuttoscuola.com

Protocollo Miur-Rai. Nuovi strumenti per la didattica digitale

La promozione delle eccellenze della scuola, dell’università, della ricerca, la possibilità per le istituzioni scolastiche di utilizzare l’immenso patrimonio audiovisivo della Rai come strumento per la didattica. L’ideazione di progetti per la diffusione della cultura digitale. Sono i punti chiave del nuovo Protocollo Miur-Rai siglato questa mattina dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini e dal Direttore Generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto.

Quella che sigliamo oggi – ha detto il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini – è una vera e propria alleanza educativa, un cambio di paradigma culturale. I nostri giovani tornano al centro della narrazione e dell’interesse del servizio pubblico radio televisivo. La promozione del digitale e dell’uso delle tecnologie come strumento di supporto alla didattica, la diffusione della cultura scientifica e dei nuovi modelli di collaborazione fra scuola e lavoro rappresentano i capisaldi di un accordo che offre ai nostri studenti ulteriori, preziosi strumenti con cui affrontare in maniera più consapevole il futuro”.

Con questo Protocollo – ha sottolineato il Direttore Generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto – cambia il rapporto tra la Rai e il Miur nell’ottica di una collaborazione fattiva che consentirà di valorizzare l’immenso patrimonio rappresentato dalle nostre teche come strumento per la didattica e la ricerca. È molto importante che attraverso un accordo ufficiale il servizio pubblico radio televisivo si impegni a far emergere le storie positive e le eccellenze che caratterizzano i settori della formazione, dalla scuola all’università, senza dimenticare i Conservatori e le Accademie e senza tralasciare la prevenzione e il contrasto di fenomeni come il bullismo. Sono tutti temi su cui da oggi la Rai rinnova la sua alleanza con il Ministero per scommettere sulle nuove generazioni”.

Tre i macro obiettivi al centro del Protocollo. Il primo: valorizzare l’immagine sociale della Scuola, dell’Università e della Ricerca assicurando spazi di narrazione di storie, buone pratiche ed eccellenze, sia nell’ambito dei palinsesti già programmati e autonomamente realizzati dal Servizio Pubblico Radiotelevisivo, sia attraverso nuovi formati e soluzioni multipiattaforma pensati ad hoc per l’attuazione dell’accordo. Il secondo: mettere a disposizione delle scuole il patrimonio audio-visivo dell’azienda, con particolare riferimento alle divisioni Teche, Cultura, News, affinché possa essere fruito e rielaborato, senza oneri, dalla comunità scolastica, dell’università e della ricerca e opportunamente integrato nell’attività educativa e di insegnamento, ideando strumenti di esplorazione avanzata e originale elaborati per il mondo dell’i

struzione, dell’università e della ricerca. Il terzo: rendere disponibili e potenziare strumenti di didattica digitale. Il Protocollo d’Intesa ha la validità di tre anni dalla data di sottoscrizione e potrà essere rinnovato sulla base di successive intese scritte.

Poletti sul sistema duale: basta sperimentazione

da tuttoscuola.com

Poletti sul sistema duale: basta sperimentazione
Bobba, sottosegretario: il duale può risolvere due problemi: abbandono e disoccupazione per mancanza di competenze

Il sistema duale rappresenta un radicale cambiamento nel rapporto scuola-lavoro“, ma bisogna uscire al più presto dalla fase sperimentale. “Non sono uno che ama molto la parola ‘sperimentazione’, bisogna lavorare affinchè il sistema duale diventi uno strumento definitivo“. Lo dice Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, oggi a Roma ad una conferenza sul sistema duale, seguita dall’agenzia Dire.

Forse alle spalle abbiamo esperienze non esaltanti in questo senso – dice Poletti – ma possiamo fare davvero un cambiamento radicale per i nostri giovani” attraverso l’alternanza scuola-lavoro. “Se non viene percepito questo cambiamento, c’è il rischio di essere risucchiati nel vecchio modo di concepire queste sperimentazioni“.

Per Poletti il sistema duale può unire il sapere scolastico e la cultura dell’impresa, “che a volte manca nel nostro Paese. Si vede l’impresa come un male necessario, quando invece – termina – è un’infrastruttura sociale indispensabile. Insieme al Miur stiamo facendo un ottimo lavoro comune“.

Anche Luigi Bobba, sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, intervenuto al convegno, torna sull’argomento: il sistema duale, che consente di acquisire titoli di studio attraverso l’alternanza scuola-lavoro, “dovrà diventare ordinario in Italia“.

Vogliamo trovare la via italiana al sistema duale – dice Bobba – per questo abbiamo avviato 300 agenzie formative e dato risorse aggiuntive alle Regioni“. La speranza, attraverso la sperimentazione in corso e lo sviluppo futuro, è di risolvere in un colpo solo due problemi. “Quello dell’abbandono scolastico che oggi si attesta al 17% e quello della disoccupazione per mancanza di competenze“, termina il sottosegretario.

ANCORA SULLA RESPONSABILITA’ DA ILLECITO AMMINISTRATIVO

ANCORA SULLA RESPONSABILITA’ DA ILLECITO AMMINISTRATIVO: E’ ASSICURABILE OPPURE NO?

In occasione di una conferenza di servizio indetta di recente dall’USR Puglia sul Piano triennale per la corruzione (PTC) e sul Piano triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI), presenti il Direttore generale e il Capodipartimento, dr.ssa Sabrina Bono, molti colleghi partecipanti, iscritti a DIRIGENTISCUOLA, ci hanno chiesto se è possibile tutelarsi, con la stipula di un’apposita polizza per la responsabilità professionale, contro le eventuali sanzioni inflitte al dirigente scolastico in violazione degli obblighi di trasparenza. Com’è noto, e come stato più volte sottolineato dagli illustri relatori, la materia è in attesa di un nuovo assetto, stanti le modifiche apportate alla normativa tuttora formalmente vigente dal decreto legislativo licenziato dal Consiglio dei Ministri il 17 maggio u.s. e in corso di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale. Dopodiché occorrerà verificare se e in quali termini – e anche tenuto conto dei problemi intertemporali per la diluita entrata in vigore della nuova disciplina – potranno configurarsi responsabilità del dirigente scolastico qualora venga confermata la sua sottoposizione agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (D. Lgs. 33/13), tali essendo anche le istituzioni scolastiche (ex art. 1, comma 2, D. Lgs. 165/01). Con riserva di ritornare sull’intera problematica non appena saranno diramate le preannunciate nuove indicazioni ministeriali, proviamo qui a rispondere al quesito posto, che evidentemente interessa – può interessare – non solo i dirigenti scolastici pugliesi.
Attualmente, l’articolo 46 del menzionato D. Lgs. 33/13 prevede delle sanzioni per l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione o per la mancata predisposizione del PTTI, involgenti la responsabilità dirigenziale (che si riverbera altresì sulla
retribuzione di risultato) e per danno all’immagine della P.A., se il dirigente non prova che l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile.
Il successivo articolo 47, rubricato Sanzioni per casi specifici, delinea ulteriori puntuali fattispecie inadempitive, che danno luogo a sanzioni amministrative pecuniarie da euro 500 a euro 10.000, precisando poi che trattasi di sanzioni irrogate dall’autorità amministrativa competente in base a quanto previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689. Senonché, l’intero contenuto dell’articolo inerisce agli obblighi di pubblicazione dei componenti gli organi di indirizzo politico, loro compensi e altri rapporti e posizioni; che, di certo, non possono riguardare le istituzioni scolastiche: neanche a volerli riferire – con una buona dose di fantasia! – ai componenti dell’organo di indirizzo politico, quale potrebbe pure ritenersi, in senso lato, il Consiglio d’istituto ( beninteso, entro i limiti dell’autonomia funzionale attribuita alle istituzioni scolastiche). Ma, a scopo didascalico, possiamo pure assumere che gravi sul dirigente scolastico una responsabilità da illecito amministrativo, regolata dalla legge 689/81 di c.d. depenalizzazione: giusto perché questa sussiste – eccome! – per la violazione della normativa concernente la sicurezza nei luoghi di lavoro, la tutela della privacy, la materia antinfortunistica, la mancata comunicazione ai centri per l’impiego et similia, in cui egli riveste la qualifica giuscivilistica di datore di lavoro. Ebbene, per questa tipologia di responsabilità – e dunque in tutti i casi appena esemplificati – non esiste nessuna possibilità di tutelarsi ricorrendo alla stipula di polizze assicurative contro i rischi professionali o equivalenti, la cui funzione è quella di coprire i danni ingiustamente arrecati a terzi, vale a dire le conseguenze civilistiche (comprensive dei danni non strettamente patrimoniali e suscettibili di essere quantificati in una somma di denaro al momento della liquidazione), susseguenti anche ad un illecito penale, purché non commesso con dolo, nell’esercizio di attività professionali.
Viceversa, le sanzioni de quibus prescindono dal danno, esse configurando un reato di pericolo. E soprattutto – anche se, in prima istanza, irrogabili per via amministrativa – soggiacciono al principio della personalità, in quanto la loro radice resta di natura penale, ancorché esse siano derubricabili – a determinate condizioni – a illecito amministrativo, considerato il tenue grado di lesività arrecato all’ordine giuridico e volendosi altresì promuovere comportamenti attuosi, rendendoli sanabili con sanzione pecuniaria in capo al trasgressore.
Del resto, è intuitivo che se fossero assicurabili verrebbe meno lo scopo oggettivo prefigurato dall’ordinamento, ovvero l’effetto dissuasivo-deterrente per tutti i soggetti – di norma apicali – che, assumendo posizioni di garanzia, sono incisi da particolari doveri di attenzione.
Soggetti di garanzia sono il dirigente scolastico, titolare di organo-ufficio pubblico e nel contempo svolgente i suoi compiti di gestione con i poteri – e gli obblighi – del privato datore di lavoro; e, in ambito strettamente privatistico, l’imprenditore-datore di lavoro, che è tenuto a rispettare, e a far rispettare, la norma giuridica. Lo è anche lo stesso professionista nell’organizzazione della propria azienda (id est : del suo studio professionale) e nei confronti dei propri dipendenti ivi operanti, nonché delle persone che vi si trovino temporaneamente. Conclusivamente, è solo consentito avvalersi di una polizza di generale tutela legale, qualora il soggetto inciso voglia contestare la sanzione prefigurata/irrogata in via amministrativa e così decidere di sottoporsi al conseguente giudizio penale. Altro discorso – e altra fattispecie – è quello del nostro professionista (e/o del nostro dirigente scolastico) che ben può – o chi per lui – stipulare una polizza contro i rischi professionali nei rapporti di lavoro autonomo con il cliente o in una struttura organizzativa, pubblica o privata, o nei rapporti di lavoro subordinato o parasubordinato, come – giusto a puro titolo di esempio – in una clinica ospedaliera, in uno studio legale esterno, in un cantiere edile e, per l’appunto, in un’istituzione scolastica. Vale a dire che è possibile tutelarsi per i danni recati a terzi nell’esercizio della professione – propriamente, della funzione, per il dirigente scolastico – con una polizza che assicuri la responsabilità civile, ovvero la responsabilità patrimoniale se il soggetto leso è una pubblica amministrazione con cui è stato instaurato un rapporto d’impiego o di servizio. E quindi, nel caso di danno d’immagine alla pubblica amministrazione, di cui alla previsione del menzionato art. 46 del D. Lgs. 33/13, la copertura assicurativa può sussistere, nel mentre non lo può ex se per la responsabilità dirigenziale, né per quella disciplinare, parimenti attesa la loro natura personale e non configurandosi, tecnicamente, un danno risarcibile.
Naturalmente, agli iscritti a DIRIGENTISCUOLA è stato ricordato che è compreso nella quota associativa un pacchetto di polizze assicurative , incluse quelle sopra
menzionate, che garantisce la massima copertura consentita dalle disposizioni di legge, illustrate sul sito dirigentiscuola.org. E che in più è stato per loro costituito un fondo di solidarietà per contributi da erogarsi a parziale ristoro della sanzione pecuniaria subita, di importo commisurato all’entità della stessa.

Università, Abilitazione Scientifica

Università, Abilitazione Scientifica: il Ministro Giannini
ha firmato il decreto con i nuovi criteri
e parametri per la valutazione dei candidati

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha firmato il decreto con i criteri e i parametri per la valutazione dei candidati all’Abilitazione Scientifica Nazionale,  titolo necessario per poter insegnare all’Università. La procedura di Abilitazione, prevista dalla riforma dell’Università del 2010, è in fase di revisione per semplificare e migliorare tempi di svolgimento e procedure di selezione.
“Stiamo lavorando – sottolinea il Ministro Stefania Giannini – per poter partire con la nuova tornata questa estate. A marzo abbiamo approvato in Consiglio dei Ministri il nuovo regolamento per lo svolgimento dell’Abilitazione con l’introduzione della procedura a sportello – d’ora in poi la domanda si potrà presentare in qualsiasi momento dell’anno – e con la revisione delle modalità di sorteggio delle commissioni per garantire una maggiore rappresentatività dei settori disciplinari. Questo decreto rappresenta un’altra tappa di avvicinamento per far ripartire le procedure di Abilitazione con regole semplificate e tempi più certi di svolgimento”.
In particolare, il decreto firmato oggi dal Ministro, che ora dovrà passare il vaglio della Corte dei Conti, stabilisce:

  • il numero massimo di pubblicazioni che ciascun candidato può presentare per ottenere l’Abilitazione: da 10 a 16 a seconda dell’area disciplinare e della fascia di docenza per cui si concorre;
  • i titoli validi ai fini dell’Abilitazione. Oltre al raggiungimento obbligatorio di almeno due degli indicatori di impatto della produzione scientifica, dovrà essere dimostrato il possesso di almeno altri tre titoli, tra i quali: l’organizzazione o la partecipazione come relatore a convegni di carattere scientifico in Italia o all’estero, la responsabilità scientifica di progetti di ricerca nazionali e internazionali, incarichi di insegnamento o ricerca presso atenei o istituti di ricerca esteri, responsabilità di studio e ricerche affidati da qualificate istituzioni pubbliche o private, il conseguimento di premi e riconoscimenti per l’attività scientifica, inclusa l’affiliazione ad accademie di riconosciuto prestigio nel settore, i risultati ottenuti nel trasferimento tecnologico in termini di partecipazione alla creazione di nuove imprese, sviluppo, impiego e commercializzazione di brevetti;
  • i criteri e i parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche. Nel caso delle pubblicazioni, peseranno, fra l’altro, l’originalità, il rigore metodologico, il carattere innovativo, la qualità in rapporto al panorama nazionale e internazionale, nonché la collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale. Gli indicatori per verificare l’impatto della produzione scientifica sono stati meglio definiti specificando, ad esempio,  l’arco temporale in cui le opere devono essere state pubblicate;
  • le modalità di accertamento della qualificazione scientifica degli aspiranti commissari, con un innalzamento dei parametri di selezione rispetto al passato.

Amianto nelle scuole, servono interventi di bonifica al più presto

Amianto nelle scuole, servono interventi di bonifica al più presto Intervista al segretario generale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo.

Sono più di 2000 gli edifici scolastici con presenza di amianto e circa 400mila tra studenti, docenti e personale della scuola rischiano la propria salute ogni giorno.

Ben 2.400 edifici scolastici con amianto e 350mila studenti e 50mila persone tra docenti e personale Ata rischiano la salute. Sono i dati diffusi dall’Osservatorio nazionale Ona Onius che il quotidiano Italia Oggi riporta in un articolo dedicato al problema dell’amianto nelle scuole. Stime che risalgono al 2012 ma sono state poi confermate dal Censis nel 2014 che conta 2.000 edifici con 342mila alunni. Si tratta della fotografia di una scuola, quella italiana, drammaticamente carente in materia di sicurezza. La Meta Sociale ne parla con il segretario generale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo. Qual è lo stato reale, a livello di sicurezza, in cui si trovano le scuole italiane e cosa è stato fatto? Purtroppo, il problema della sicurezza nelle scuole è ben lontano da una soluzione definitiva ed è davvero preoccupante. Nonostante le risorse economiche che sono state stanziate dai vari governi, queste sono state sempre insufficienti per il numero elevato di istituti sul territorio nazionale: basti pensare che le sedi principali superano le diecimila, cifra che aumenta esponenzialmente se teniamo conto anche delle sezioni distaccate. La presenza di amianto nelle scuole, però, è un dato che fa davvero rabbrividire … E’ un fatto drammatico che dimostra ancora di più lo stato in cui si trova la scuola italiana, abbandonata a se stessa. Prima di tutto c’è bisogno di una mappatura precisa degli istituti a rischio per poter cominciare al più presto interventi di bonifica e, quindi, un celere adeguamento al vigente dettato normativo. Si tratta di misure che andavano prese molto tempo fa purtroppo, però, anche se parliamo di salvaguardare l’incolumità fisica e la salute di alunni e famiglie così come dei lavoratori della scuola, a tutt’oggi la questione è rimasta irrisolta. La situazione assume entità diverse in base al collocamento geografico dell’istituto: sono spesso molto più a rischio le strutture che si trovano nel Meridione di quelle nelle regioni del Nord. Cosa dovrebbe fare il Governo per rendere più sicura la scuola italiana? Aumentare le risorse economiche da destinare all’agibilità e messa in sicurezza degli istituti è fondamentale, come più volte abbiamo ribadito. Allo stesso tempo, però, è necessario individuare le responsabilità, snellendo la burocrazia e rendendo, in questo modo, anche più tempestivi gli interventi: troppo spesso, infatti, abbiamo assistito ad un vero e proprio scaricabarile tra l’ente locale, proprietario dell’immobile, e il dirigente scolastico che invece ne fruisce, determinando un forte allungamento dei tempi per lavori di manutenzione che, invece, potrebbero essere fatti celermente.

Diritto allo studio per gli alunni con disabilità

Vita.it del 07-06-2016

Diritto allo studio per gli alunni con disabilita’: 100 milioni stanziati, zero euro arrivati

I 30 milioni stanziati nel luglio scorso? Il riparto c’è ma ancora non sono arrivati. I 70 milioni per il 2016? Arriveranno ad anno scolastico iniziato. Intanto c’è ancora incertezza e rimpallo di responsabilità su chi debba attivare e garantire i servizi di assistenza e trasporto per gli alunni con disabilità, prima in capo alle province. Ledha rilancia la campagna “Vogliamo andare a scuola”.

MILANO. Le vacanze scolastiche stanno per iniziare, ma i tre mesi che ci separano all’inizio dell’anno scolastico 2016-2017 sono un soffio dal punto di vista dell’organizzazione dei servizi. Invece anche quest’anno gli alunni con disabilità e le loro famiglie si ritrovano invischiati nell’incertezza, nella confusione e nel rimpallo di responsabilità. Anche quest’anno non si sa con certezza se e quando gli alunni con disabilità avranno quei servizi di assistenza alla comunicazione, assistenza ad personam e trasporto che realizzano il loro pieno diritto allo studio. Si tratta di servizi storicamente in capo alle provincie, che nei cambiamenti messi in atto dalla legge Delrio, quella che ha “chiuso” le Province, sono stati “dimenticati” per strada: poiché la legge non dice a chi toccano quelle “funzioni non fondamentali” che le province svolgevano, nessuno se ne assume l’onere. Come preannunciato dalle famiglie e dalle associazioni di disabili, Ledha in primis, a settembre 2015 l’avvio della scuola fu un percorso ad ostacoli, tra rimpalli di responsabilità e diffide.

In questi mesi Governo e Parlamento hanno cercato di mettere una toppa al problema con 30 milioni di euro per l’anno 2015 stanziati a luglio 2015 e altri 70 milioni per il 2016 stanziati in legge di stabilità, andando a definire una volta per tutte che le funzioni relative all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali sono attribuite alle Regioni a decorrere dal 1 gennaio 2016, fatte salve le disposizioni legislative regionali che alla predetta data già prevedono l’attribuzione delle predette funzioni alle province, alle città metropolitane o ai comuni, anche in forma associata: nonostante questo, siamo ancora nell’incertezza.

La Città Metropolitana di Milano, ad esempio, non ha ancora dato avvio alla richiesta di attivazione dei servizi educativi e di trasporto per gli alunni con disabilità. Lo scorso 25 maggio ha annunciato di voler censire il fabbisogno degli studenti con disabilità del territorio chiedendo alle famiglie di consegnare “in tempi brevi” alla scuola frequentata dai figli la stessa documentazione che viene presentata per la richiesta dell’insegnante di sostegno (ovvero verbale di individuazione di alunno in situazione di disabilità e Diagnosi funzionale). «Dal documento emerge ancora una volta il rimpallo di responsabilità in merito all’individuazione dell’ente che deve fornire servizi di assistenza alla comunicazione, assistenza ad personam e trasporto per gli alunni con disabilità», spiega Ledha.
Città Metropolitana infatti scrive che la rilevazione sul fabbisogno viene effettuata «in attesa della compiuta individuazione da parte di Regione Lombardia dell’Ente al quale competono le funzioni in materia di inclusione scolastica e al conseguente trasferimento delle risorse economiche necessarie alla copertura dei costi», ma in realtà «tale individuazione è già stata fatta», afferma Laura Abet, avvocato del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi. «Regione Lombardia ha confermato con due proprie leggi (L.R. 19/2015 e 32/2015) agli Enti di area vasta (ex Province e Città Metropolitana di Milano) le competenze in merito ai servizi di assistenza e trasporto per alunni e studenti con disabilità, quindi non si comprende come si possa fare una simile affermazione. Dietro un presunto problema di competenze, si nasconde il problema delle risorse».

Ecco, i fondi. I finanziamenti regionali erano stati erogati in via “straordinaria” solo per il 2015, mentre quelli statali non sono ancora pervenuti. I 30 milioni di euro per il 2015 (il riparto è stato pubblicato in GU il 16 febbraio) sono stati stanziati ma non ancora incassati, mentre i 70 milioni di euro per il 2016 verosimilmente arriveranno ad anno scolastico 2016-2017 già iniziato. «Occorre un’azione di protesta decisa che coinvolga il maggior numero di famiglie possibile. Solo questo può smuovere l’inerzia delle istituzioni tutte – Stato, Regione, Province e Città Metropolitana – e indurle a interrompere il ping pong delle responsabilità, per prendere decisioni concertate, stabili e durature, che rispettino il pieno diritto delle persone con disabilità all’istruzione», afferma Donatella Morra, referente di LEDHA Scuola. Proprio nei giorni scorsi infatti Ledha ha rilanciato la campagna “Vogliamo andare a scuola!”, già promossa lo scorso anno scolastico, invitando le famiglie a inviare lettere/diffida alla Città Metropolitana per chiedere l’attivazione dei servizi di assistenza e trasporto: l’anno scorso in conseguenza di quella campagna, fra l’altro, la Provincia di Pavia pagò per intero il costo per i servizi di assistenza ad personam a due ragazzi con gravi disabilità che, grazie e con il supporto di Ledha avevano presentato ricorso in tribunale.

«Nuovamente le famiglie di studenti e ragazzi con disabilità si ritrovano nella situazione di non sapere se e in quali modalità verranno attivati i servizi di assistenza e trasporto a cui hanno diritto per poter andare a scuola al pari dei loro compagni di classe», commenta Alberto Fontana, presidente di Ledha: «Questa situazione è inaccettabile, la normativa parla chiaro: quei servizi sono essenziali per garantire il diritto allo studio ad alunni e studenti con disabilità. Tocca alle istituzioni risolvere il problema, stanziando alle Province e alla Città Metropolitana le risorse necessarie».

di Sara De Carli

Disabilità, arriva la stretta su chi abusa dei permessi per assistere i familiari

da Redattore sociale

Disabilità, arriva la stretta su chi abusa dei permessi per assistere i familiari

Il ministero dell’Istruzione intensifica le verifiche su chi beneficia della legge 104 e mette mano a un piano di contrasto ai “furbetti”. E’ la Sardegna a detenere il primato (sospetto) degli insegnanti che la utilizzano. Intanto il ministero del Lavoro rispondendo a un quesito della Cgil precisa che la “104 non va in ferie”

Dovrebbe essere un diritto, un beneficio riconosciuto dalla legge per sostenere chi si prende cura di un familiare disabile: di fatto, troppo spesso viene utilizzata come un “privilegio”, dando luogo a una sacca di “abusi” e, di conseguenza, alla “caccia ai furbetti”. Parliamo della legge 104/1992: in particolare, del diritto al congedo lavorativo, ma anche all’avvicinamento della sede di lavoro, che questa riconosce a chi concilia lavoro e assistenza. In altre parole, ai lavoratori che sono anche caregiver. O ai caregiver che sono anche lavoratori.

Dei “furbetti della 104” si parla ormai tanto quanto dei “falsi invalidi”: c’è il lavoratore che, in congedo per assistenza, viene sorpreso a zappare la terra, o addirittura a svolgere un altro lavoro. Tanto che non sono poche le aziende che fanno addirittura pedinare da un detective il lavoratore “in 104”, per far eventualmente valere il diritto al licenziamento per giusta causa, nel momento in cui l’abuso venisse alla luce.

Ora ci pensa anche il ministero dell’Istruzione, a mettere a punto l’annunciato sistema di controllo, al fine di combattere un fenomeno che, all’interno delle scuole, pare particolarmente diffuso. Anche perché qui l’incidenza della 104 è molto forte anche rispetto ai trasferimenti e alla scelta di sede, su cui ha avuto finora una corsia preferenziale chi avesse i benefici della 104. Stando infatti agli ultimi dati pubblicati dal Miur, ormai più di un anno fa, docente e personale Ata ricorrerebbero ai benefici della 104 in proporzioni che niente hanno a che vedere con i dipendenti delle altre aziende. Solo qualche dato: la Sardegna detiene il primato degli insegnati “con la 104”, con una percentuale del 18,27%. Seguono Umbria (17,17%) e Sicilia (16,75%). Ancor più “sospetti” sono i dati relativi al personale Ata: in questo caso, il primato spetta all’Umbria, dove addirittura il 26,27% del personale amministrativo, tecnico e ausiliario usufruisce della 104 e dei congedi e benefici da questa assicurati. Seguono Lazio (24,78%) e Sardegna (23,30%). Vale la pena di ricordare che, nelle aziende private, queste percentuali difficilmente superano l’1.5%.

E’ evidentemente impossibile stabilire dove finisca il bisogno reale e dove inizino abuso e furbizia. Sta di fatto che i numeri destano sospetti e producono, ora, le contromisure del ministero dell’Istruzione, annunciate già due anni fa dal caso-simbolo di una scuola di Menfi, in provincia di Agrigento, dove 70 insegnanti su 170 beneficiavano della 104. E’ da lì che iniziò quindi un lavoro di verifiche e controlli da parte dello stesso ministero dell’Istruzione, di concerto con l’Inps. E ora, fa sapere il sottosegretario al Miur Davide Faraone, questo sistema di controllo sarà esteso e intensificato, sia tramite convocazioni a visita da parte della commissione dell’Inps, sia tramite la verifica di come effettivamente i permessi e i benefici vengano utilizzati. Inoltre, il Miur ha messo mano alle norme sulla mobilità degli insegnanti: la precedenza sarà data ai genitori di bambini con disabilità. Questo, al fine di ridurre il “vantaggio” che gli insegnanti con la 104 hanno nei confronti dei colleghi, in sede di richiesta di trasferimento. E di ridistribuire più equamente questo diritto e questa possibilità.

Sempre in tema di 104, meno strettamente legata alla scuola ma probabilmente molto significativo soprattutto in questo settore, è il recente parere espresso dal ministero del Lavoro in materia di “ferie”. Rispondendo a un quesito della Cgil che domandava se “il datore di lavoro possa negare l’utilizzo dei suddetti permessi nel periodo di ferie programmate anche nel caso di chiusura di stabilimento”, il ministero ha riposto, in sintesi, che “la 104 non va in ferie”. Letteralmente, “tenuto conto delle diverse finalità cui sono preordinati i due istituti (permessi per assistenza e ferie, ndr), qualora la necessità di assistenza al disabile si verifichi durante il periodo di ferie programmate o del fermo produttivo, la fruizione del relativo permesso sospende il godimento delle ferie”. Per essere ancora più chiaro, il ministero precisa che “ciò comporterà, in virtù del principio di effettività delle ferie ed in analogia all’ipotesi di sopravvenuta malattia del lavoratore, la necessità di collocare le ferie non godute in un diverso periodo, previo accordo con il datore di lavoro”.

Per rispondere al quesito dell’organizzazione sindacale, quindi, il ministero fa valere “il principio della prevalenza delle improcrastinabili esigenze di assistenza e di tutela del diritto del disabile sulle esigenze aziendali”. Il che significa che “il datore di lavoro non possa negare la fruizione dei permessi di cui all’art. 33, L. n. 104/1992 durante il periodo di ferie già programmate”. D’altro canto, tuttavia, il ministero ribadisce “la possibilità di verificare l’effettiva indifferibilità della assistenza”, nonché di “richiedere una programmazione dei permessi, verosimilmente a cadenza settimanale o mensile, laddove il lavoratore che assiste il disabile sia in grado di individuare preventivamente le giornate di assenza”. Tutto questo però nel rispetto del “diritto del disabile ad una effettiva assistenza”

Sla, mille ore di assistenza ai malati grazie a iniziativa benefica

da Redattore sociale

Sla, mille ore di assistenza ai malati grazie a iniziativa benefica

L’impegno è stato portato avanti dai 16 Rotary di Firenze, supportati dalla Regione Toscana. I fondi raccolti andranno all’associazione Pallium onlus

FIRENZE – L’impegno era raccogliere fondi sufficienti a garantire mille ore di assistenza domiciliare ai malati di Sla (sclerosi laterale amiotrofica). Così 16 Rotary Club dell’area fiorentina nei mesi scorsi si sono dati da fare per organizzare iniziative e manifestazioni di beneficenza. L’obiettivo è stato raggiunto, e lunedì prossimo, 13 giugno, i Rotary Club, nel corso di una cerimonia ufficiale che si terrà alle 18.30 nell’Auditorium Al Duomo, consegneranno la cifra a Pallium onlus, che erogherà 1.000 ore di assistenza ai malati di Sla dell’area fiorentina. La cifra servirà per assistere 13 pazienti in un anno.

L’iniziativa “Mille ore per la Sla: conoscere, capire, aiutare” è stata presentata stamani dall’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi, assieme a Riccardo Gionata Gheri, presidente del Rotary Club Amerigo Vespucci, capofila del gruppo di 16 Rotary Club che hanno dato vita all’iniziativa. Erano presenti alla conferenza stampa i presidenti dei Rotary Club dell’area fiorentina; la presidente e il direttore sanitario di Pallium onlus, Cristina Ciulli-Tronfi e Valeria Cavallini; e il presidente di Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) Valdemaro Morandi.
“Ringrazio i Rotary Club che si sono impegnati in questo service, che consente di assistere a domicilio i malati di Sla – ha detto l’assessore Saccardi – La Regione è impegnata da tempo con interventi tesi a garantire assistenza e dignità di cura alle persone affette da Sla, sia in ospedale che a casa. Abbiamo approvato una serie di delibere che consentono di assistere i malati nel proprio domicilio. Riconosciamo un assegno di cura mensile per l’assistenza a domicilio e stiamo lavorando alla formazione dei care-giver. L’iniziativa sostenuta dai Rotary, che sarà poi messa in atto da Pallium onlus, che pure ringrazio, consente di affiancare e integrare l’assistenza offerta dal sistema sanitario regionale”.