Archivi categoria: Sociale e Handicap

L’integrazione e la con…titolarità del docente di sostegno

L’integrazione e la con…titolarità del docente di sostegno
di Gerardo Marchitelli e Maria Dispoto

Intesa tra MIUR e Ministero della Salute

Intesa tra MIUR e Ministero della Salute per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica

di Salvatore Nocera

Salvatore ha vinto

Salvatore ha vinto ma tutti noi abbiamo perso

Salvatore , è un nome di fantasia , è un bambino di 13 anni diverso.

E’ diverso perchè , i medici lo sanno bene , quando il DNA fa i capricci, è possibile essere diversi.

Con lui il DNA ha fatto molti capricci.

Salvatore è differente nell’aspetto, nel linguaggio, nella comprensione di concetti apparentemente semplici per i suoi coetanei.

Salvatore è un bambino diversamente abile, appassionato tifoso del Napoli, pigro come tanti bambini e timido come me quando avevo la sua età.

Alla sua mamma hanno comunicato che, nonostante la disabilità “genetica” e “multifattoriale”per Salvatore non ci sarebbe stato nemmeno una ora di sostegno a scuola perché anche l’INPS voleva essere sicura che non si trattasse di un falso invalido.

A Salvatore ed alla sua mamma qualcuno ha consigliato di fare un po’ di scena al cospetto di questa zelante commissione per il sostegno scolastico.

Si, proprio così , hanno suggerito ad un bambino “diverso” di esserlo ancora di più, di non rispondere alle poche domande alle quali Salvatore sa rispondere con orgoglio e senza arrossire come ad esempio: come ti chiami, quanti anni hai , vai a scuola.

Salvatore non ha risposto mostrando quel bellissimo sorriso che il suo DNA capriccioso gli ha regalato.

La commissione ha annuito, preso nota e forse così Salvatore potrà avere meno di due ore di sostegno scolastico al giorno. Forse.

Al ritorno a casa è stato festeggiato dalla sorellina.

Salvatore ha vinto: tutti ma proprio tutti noi, abbiamo perso.

Anche se Salvatore non lo saprà mai.

 

Antonio Nocchetti
Presidente Associazione Tutti a Scuola

I docenti di Sostegno “Bis-Abili”

 I docenti di Sostegno “Bis-Abili”

di Salvatore Nocera

Negli ultimi mesi si è accentuata l’attenzione degli esperti e degli uomini di scuola sull’inclusione scolastica e sul  significato dell’attività di sostegno didattico. La FISH con alcune associazioni sostiene l’ipotesi di abolire le aree disciplinari nelle scuole superiori e di pervenire ad una nuova classe di concorso per il sostegno. La Fondazione Agnelli ha pubblicato un ponderoso studio sull’opportunità di mandare la maggioranza degli attuali docenti per il sostegno ad insegnare nelle discipline curricolari di rispettiva abilitazione, lasciando solo una percentuale di essi a comporre gruppi di esperti itineranti a livello provinciale o subprovinciale, come consulenti  esterni alle singole scuole. Mentre si sono avute reazioni molto articolate all’ipotesi della Fondazione Agnelli  da parte soprattutto del mondo accademico, prima fra tutte la Società italiana di pedagogia speciale e da parte della F I S H, alla proposta della stessa F I S H sull’abolizione delle aree disciplinari per il sostegno nelle scuole superiori , si è avuta una reazione culturale da parte di   un certo numero di docenti specializzati nel sostegno. Finalmente così si riapre un dibattito culturale sull’inclusione scolastica e sul ruolo che in essa svolge il docente specializzato.

Si trascurano le critiche pseudosindacali secondo cui l’abolizione delle aree di sostegno nelle scuole superiori sarebbe voluta allo scopo di favorire docenti specializzati operanti in alcune  discipline, come i docenti di educazione tecnica.Esaminiamo invece le osservazioni più culturalmente pregnanti contenute in un articolo recentemente pubblicato ed in una lettera inviata dagli stessi docenti al Sottosegretario Rossi Doria per scongiurare l’abolizione delle aree.In sintesi le osservazioni si concretizzano nella denuncia che l’abolizione delle aree renderebbe impossibile ai docenti per il sostegno seguire gli alunni nelle specifiche discipline; tale osservazione è  rafforzata nei confronti della creazione della nuova classe di concorso per il sostegno che renderebbe i docenti specializzati dei semplici educatori e non più docenti.

La soluzione proposta è coerente con queste osservazioni e invita il MIUR a rafforzare  la funzione docente dei docenti specializzati i quali dovrebbero avere la cattedra sdoppiata in una parte di docenza curricolare nella propria disciplina per tutta la classe ed una parte per il sostegno in quella stessa disciplina con gli alunni con disabilità e non solo, ma anche con DSA e con svantaggio socioculturalee con gli stranieri.Diverrebbero così, come si legge nell’articolo citato, “ docenti bis abili”.

La proposta a tutta prima sembra interessante ; ma esaminata più in profondità svela una precisa concezione dell’inclusione scolastica, che, a mio avviso, è opposta a quella su cui si è fondata l’inclusione in Italia sin dall’inizio  avvenuto alla fine degli Anni Sessanta.

Infatti , ove si accettasse questa ipotesi, avremmo attorno all’alunno con disabilità una classe speciale composta da tutti i docenti specializzati che opererebbero in tutte le discipline. Qui, invece dell’abolizione delle aree disciplinari si avrebbe una moltiplicazione delle aree pari al numero delle discipline insegnate. L’ipotesi innovativa invece da cui è partita l’Italia allora era che i responsabili primari dell’inclusione fossero i docenti curricolari, che allora seguirono moltissimi corsi di formazione ed aggiornamento in servizio, aiutati da docenti  specializzati per  sostenere loro nel conoscere i bisogni educativi speciali e nel fornire  indicazioni didattiche speciali tali da facilitare il dialogo educativo con gli alunni con disabilità.

Purtroppo tale disegno originario , anche a causa della mancata formazione iniziale ed in servizio dei docenti curricolari e dell’aumento del numero degli alunni per classe è stato profondamente offuscato ed il ruolo di sostegno dei docenti specializzati è divenuto preminente ed addirittura assorbente; il docente per il sostegno è divenuto quasi la protesi didattica dell’alunno con disabilità, favorito in questa deriva dalla delega dei docenti curricolari ai soli docenti di sostegno, delega rafforzata dalle richieste crescenti di il massimo delle ore di sostegno da parte dei genitori, richieste avallate anche dalla Magistratura per una malintesa concezione dell’inclusione scolastica.

La tesi di quanti vorrebbero lo sdoppiamento della cattedra di sostegno in ore di sostegno ed in ore disciplinari fa definitivamente propria questa deriva che capovolge totalmente la visione originaria dell’inclusione italiana.

A questo punto c’è da fare una scelta di fondo. O si accetta questa nuova soluzione ed allora è inutile quanto è previsto dal dpr n. 249/2010  sull’obbligo di formazione iniziale di tutti i futuri docenti curricolari sulle didattiche dell’inclusione scolastica e sull’obbligo di aggiornamento in servizio su di esse, specie con particolare riferimento alle specifiche tipologie di bisogni educativi speciali conseguenti alle differenti tipologie di deficit, o si migliora l’attuale situazione. Le aree disciplinari attuali non funzionano, poiché in ciascuna di esse è raggruppato un notevole numero di discipline e quindi il docente nominato ad es. nell’area tecnologica può essere uno di oltre 130 discipline e pertanto, anche se nominato in una specifica area, non necessariamente risponde ai bisogni educativi specifici dunque all’alunno. Tanto è vero ciò che le aree disciplinari non sono mai state realizzate nella scuola secondaria di primo grado che pur avrebbe dovuto adottarle per legge ed i risultati sono stati molto migliori della scuola superiore. Né si dica che nella scuola secondaria di primo grado le discipline non sono specifiche come nelle scuole superiori, poiché occorrono ben precise classi di abilitazione per poter insegnare in ciascuna cattedra come per le scuole superiori.

La soluzione proposta dai “ docenti bis abili “, abili nella  specifica disciplina curricolare e nella corrispondente attività di sostegno, è più coerente dell’attuale situazione; rompe però una scelta  culturale ultraquarantennale che invece con l’abolizione di vorrebbe rilanciare.In tal senso va letta la richiesta della classe unica di concorso per il sostegno che deve avere contenuti orientati non ad un generico ruolo educativo, ma alle didattiche speciali con cui debbono essere sostenuti gli alunni con disabilità ed i loro docenti curricolari.

Sapranno gli attuali docenti specializzati cogliere il vero senso delle proposte della F I S H e saprà il MIUR porre le condizioni per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica, aumentando il numero di crediti formativi  sulle didattiche speciali per la formazione iniziale dei futuri docenti curricolari della scuola secondaria, rispettando il tetto massimo di 20 alunni nelle classi ove sono presenti alunni con disabilità, abolendo le aree disciplinari nelle superiori ed individuando indicatori di qualità dell’inclusione  nelle singole classi e nelle singole scuole nell’ambito del sistema nazionale di valutazione che si intende attuare?

La dimensione ludica della LIM nella Scuola primaria

La dimensione ludica della lavagna interattiva multimediale nella scuola primaria

di Elena Duccillo

Questo saggio nasce principalmente dalla riflessione che imparare e giocare hanno pari valore nell’età evolutiva. Se in molte parti del mondo una consistente percentuale di genitori deve convincere ogni mattina il loro figlio a recarsi a scuola c’è più di una ragione per ritenere che una boccata d’ossigeno e un ripensamento a trecentosessanta gradi sul modo di fare scuola non nuocerebbe per nulla.
Ci sono poi altri luoghi nel mondo, dove sono negati i diritti sia a imparare sia a giocare. Di contro la nostra esperienza dettata da molti anni di docenza e anche gli studi scientifici ci dicono che i bambini dei paesi industrializzati hanno subìto un’estrema trasformazione cognitiva e comportamentale che non sempre è garanzia di crescita equilibrata e nella quale sono insiti molti rischi in gran parte sottovalutati da genitori ed educatori.
Tutti i bambini giocano, alcuni hanno l’opportunità di farlo a casa e a scuola, disponendo di una guida sapiente ed in casi che esaminerò anche dell’apporto di nuove tecnologie ludiche, altri vivono a caso il gioco con modalità che in questa crisi di civiltà rischiano di svilire le loro esperienze e di andare incontro a possibili disfunzionalità nella fase evolutiva dello sviluppo psicofisico.
E’ difficile insegnare nel terzo millennio ed è impegnativo educare le nuove generazioni immerse nell’opulenza a un uso responsabile e creativo delle nuove tecnologie.
Sul piano degli investimenti per l’istruzione pubblica si procede con il freno a mano tirato da quando esistono le leggi finanziarie. L’unica eccezione è costituita dalle disposizioni contenute nei decreti del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione che chiama Il Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri ad attivare bandi rivolti alle Pubbliche Amministrazioni per mettere in azione iniziative che sviluppino contenuti digitali e diffondere le nuove tecnologie negli istituti scolastici.
Le risorse umane e di bilancio nella scuola diminuiscono mentre in maniera inversamente proporzionale aumentano le strumentazioni.
I bambini sono fragili nel loro equilibrio interno, ma vivono da super eroi attratti da giochi elettronici spesso diseducativi che li proiettano lontano dalla realtà. Come vincere l’indifferenza generale e affrontare le situazioni emergenti vivendo in modo significativo l’esperienza educativa? Quando si ama la vita ed il proprio lavoro non si può stare a guardare. Lo studio che dopo una lunga elaborazione presento analizza tutti gli aspetti legati ai processi d’insegnamento-apprendimento a proposito del gioco, alle tecnologie didattiche, all’integrazione scolastica scaturiti dallo studio e dall’esperienza di venticinque anni d’insegnamento, accompagnate magistralmente dalla professoressa Lucia Chiappetta Cajola e da tutta la rete parentale e amicale che mi permette di affrontare studio, lavoro, impegno familiare e sociale tenendo degnamente all’impresa su tutti i fronti.

 

Annullata dal TAR Lazio una bocciatura per insufficienti ore di sostegno

Annullata dal TAR Lazio una bocciatura per insufficienti ore di sostegno

di Salvatore Nocera

La Sentenza tar Lazio n. 6087/2012 depositata il 5/7/2012 è di estremo interesse, poiché risolve un problema sino ad oggi non affrontato in materia di inclusione scolastica, che prevalentemente riguarda la richiesta di un maggior numero di ore di sostegno. Questa sentenza invece fa discendere dall’insufficiente numero di ore di sostegno l’annullamento della bocciatura  di un alunno con grave disabilità.

Ecco i fatti: un alunno con grave disabilità, frequentante una classe intermedia di un istituto di istruzione superiore aveva avuto assegnate solo 4 ore di sostegno settimanali con una progressiva riduzione dalle 16  ore di scuola media  e12  ed 8 dei due anni precedenti di scuola superiore.

Al termine dell’anno scolastico il Consiglio di classe lo aveva bocciato per non aver egli raggiunto gli obiettivi minimi del PEI predisposto ai sensi dell’art 15 dell’O M n. 90/01.

La famiglia impugna al TAR la bocciatura, denunciando oltre  alla  immotivata riduzione di ore di sostegno rispetto all’anno precedente, anche gravi errori procedurali, quali la mancata partecipazione allo scrutinio del docente per il sostegno, la mancata concessione delle prove equipollenti di cui all’art 16 comma 3 l.n. 104/92 ( sostituzione della prova scritta di Inglese con  quella orale) ed il mancato rispetto dell’art 16 comma 1 stessa legge che impone l’indicazione nel PEI  delle  discipline per le quali il Consiglio di classe prevede la riduzione di alcuni contenuti , criteri particolari di programmazione e attività di sostegno.

Il TAR accoglie l’istanza sospensiva e il Consiglio di classe si riunisce a Dicembre per riesaminare lo scrutinio di Maggio. In quella sede viene evidenziato che il PEI aveva previsto la richiesta di molte ore di sostegno specie nelle discipline di indirizzo della scuola; ma, ciò non ostante, si ribadisce il giudizio di non ammissione alla classe successiva. La famiglia propone motivi aggiunti al ricorso, rimarcando quest’ultima circostanza.

Di fronte a questa situazione il TAR accoglie il ricorso fondamentalmente fondando la decisione sull’insufficienza delle ore di sostegno, come risulta, tra l’altro, dal seguente passaggio della sentenza:

“Tale rilevabile inadeguatezza del mezzo fornito all’alunno portatore di handicap, che come noto si rende sicuramente sindacabile in sede di giurisdizione amministrativa allorquando la stessa inadeguatezza risulti “ictu oculi” manifesta, consente l’accoglimento del ricorso e consente di ritenere anche i risultati delle prove svolte dallo stesso di cui il Consiglio di classe ha genericamente rilevato insufficienze nella generalità delle materie, parimenti collegabili alla stessa carenza della attività di sostegno.”

 

OSSERVAZIONI

E’ importante l’affermazione che  quando una risorsa ritenuta tecnicamente importante per l’inclusione , come il sostegno, sia   ritenuta quantitativamente insufficiente dagli stessi tecnici della scuola, cioè i docenti curricolari, essa deve ritenersi “ictu oculi”( a prima vista) insufficiente anche dai Giudici che, in materia di “ discrezionalità tecnica non avrebbero facoltà di giudizio, ma i quali, sulla base del giudizio dei tecnici possono sindacare l’illegittimità dell’Amministrazione  nel non fornire sufficienti risorse per una buona inclusione.

Quindi punto determinante della decisione è stato quanto previsto nel PEI  e riaffermato nello scrutinio suppletivo circa  l’insufficienza delle ore di sostegno.

Però su questo punto occorre fare un approfondimento.

Intanto risulta dagli atti che il PEI è stato predisposto a Febbraio , cioè ben 5 mesi dopo l’inizio dell’anno scolastico, mentre l’art 5 del dpr del 24/2/94 prevede al massimo un periodo di 3 mesi dall’inizio dell’anno scolastico. Probabilmente tale ritardo potrebbe essere dovuto al fatto che , troppo spesso, i docenti curricolari, specie di scuola superiore,   delegano la formulazione del PEI al solo docente per il sostegno e questi talora viene assegnato con ritardo anche di uno o due mesi; ciò potrebbe spiegare come mai il PEI sia stato formulato solo in Febbraio.   Però è da tener presente che i docenti conoscevano già l’alunno da alcuni anni; quindi non si comprende perché abbiano atteso tanto tempo per stilare un PEI che doveva sostanzialmente essere , per gli aspetti metodologici e didattici, la prosecuzione di quelli degli anni precedenti ed avrebbe quindi potuto essere  già predisposto fin dal primo giorno di scuola.

In secondo luogo, la c m . prot n. 4798/2005 stabilisce che all’inizio dell’anno scolastico ed ancor prima dell’inizio delle lezioni, i Consigli di classe debbono abbozzare “un” PEI( se l’alunno non è ancora conosciuto ) ed” il”  PEI ( se l’alunno è già conosciuto) in sede di programmazione dell’attività didattica. Questa violazione non è stata dedotta in giudizio, ma occorre farne cenno in questo commento di carattere “ giuridico-pedagogico”.

In terzo luogo, già nel dpcm n. 185/06 sulle nuove modalità di certificazione della disabilità a fini scolastici e nella successiva Intesa Stato-Regioni del 20 Marzo 2008 sull’accoglienza degli alunni con disabilità, è chiaramente detto e ribadito che almeno un abbozzo di PEI deve essere effettuato già prima dell’inizio dell’anno scolastico, in modo da consentire la richiesta , almeno in organico di fatto, delle ore di sostegno non concesse in organico di diritto. Purtroppo anche  la violazione di queste norme non è stata

Dedotta in giudizio, probabilmente perché ritenuta superflua ( e forse a ragione); ma sotto il profilo della programmazione didattica esse risultano invece di fondamentale importanza.

Infine l’obbligo di indicare nel PEI la richiesta delle ore di sostegno anche in deroga ( trattandosi di un alunno con grave disabilità) , da predisporsi prima dell’inizio dell’anno scolastico è contenuta nell’art 10 comma 5 l.n. 122/2010, che doveva essere conosciuta dai docenti del Consiglio di classe poiché intervenuta in tempo utile per l’inizio dell’a.s. 2010/11.

Da tutto ciò risulta chiaro come  sia il Consiglio di classe che la Magistratura ritengano unica risorsa fondamentale per l’inclusione scolastica  le ore di sostegno, in numero crescente col crescere della gravità della disabilità, sino al punto che alcune sentenze hanno ritenuto taluni alunni titolari del diritto ad avere il sostegno per tutte le ore di insegnamento. E ciò lascia perplessi, dal momento che, quanti abbiamo vissuto il processo di inclusione fin dai suoi inizi alla fine degli Anni Sessanta abbiamo potuto constatare come le risorse fondamentali per una buona inclusione siano stati l’impegno dei docenti curricolari e la collaborazione dei compagni di classe. Ciò non significa che il sostegno non sia importante; tanto è vero che già nei primi anni ’70 il Ministero, pur in mancanza di una normativa precisa sugli organici di sostegno, aveva provveduto ad assegnare docenti per il sostegno in forza di utilizzazioni di docenti disponibili , prendendoli anche  dai sovrannumerari degli istituti speciali (art 9 dpr n. 970/1975). Però la forza dell’inclusione stava e sta nella presa in carico del progetto didattico di inclusione da parte dei docenti curricolari, collaborati ( e non sostituiti) dai docenti per il sostegno.

Ora da questa sentenza, come da altre precedenti, anche delle supreme Magistrature, si trae l’impressione che la normativa preveda il sostegno come risorsa fondamentale e cio non è pedagogicamente  e giuridicamente corretto e si deve avere  il coraggio di dirlo, pena lo snaturamento  dell’inclusione scolastica come l’abbiamo vissuta in Italia.

L’altra risorsa importantissima sono i compagni di classe coi quali deve realizzarsi l’integrazione; ma questo secondo aspetto sembra molto sottovalutato dall’Amministrazione a partire dall’inizio del Duemila, al punto che , malgrado la norma  dell’art 5 comma 2 del dpr n. 81/09 che fissa a 20, massimo 22 il numero degli alunni nelle classi con alunni con disabilità, si constatano purtroppo molte classi con numeri ben maggiori e ciò impedisce una interazione fra i compagni secondo i principii della “pedagogia cooperativa”.

Per questi motivi di recente l’Osservatorio scolastico del Ministero ha predisposto una bozza di disegno di legge sulla qualità dell’inclusione scolastica, che il Ministro Profumo , per  bocca del suo Sottosegretario Rossi Doria, ha dichiarato di fare proprio, che prevede come principii fondamentali l’esplicitazione della presa in carico del progetto di inclusione scolastica da parte di  tutti i docenti curricolari, che debbono essere formati obbligatoriamente inizialmente ed in servizio a tale scopo, collaborati dai docenti per il sostegno  e  il coinvolgimento dei compagni di classe , che debbono formare una classe non numerosa.

In conclusione, si ringrazia il TAR Lazio per questa innovativa sentenza; ma si spera che si vada oltre nello spirito di una più autentica qualità dell’inclusione scolastica, sostenuto pure dalla Convenzione ONU sui diritti delle Persone con disabilità, ratificata con L.n. 18/09, che , agli art 2 e 24 proprio in tema di inclusione scolastica,  ha introdotto nella nostra legislazione il principio “ dell’accomodamento ragionevole”, secondo cui, si deve fare il tutto per tutto, pur di realizzare la logica intrinseca dell’inclusione.

 

Un alunno ultradiciottenne può frequentare la scuola media del mattino

Un alunno ultradiciottenne può frequentare la scuola media del mattino

di Salvatore Nocera

Il TAR Lazio ha pronunciato l’ordinanza sospensiva n. 2845/2012 con la quale un alunno ultradiciottenne con grave disabilità è stato ammesso in via cautelare a frequentare la scuola media del mattino.

L’Ordinanza è interessante perché, a mia memoria, è la prima volta che un TAR si pronuncia su tale argomento assai delicato.

Questi i fatti:

Un alunno con grave disabilità frequentava la prima media. Prima della fine dell’anno scolastico ha compiuto i diciotto anni; il Dirigente scolastico ha comunicato alla famiglia che non poteva accettare l’iscrizione alla seconda media, ostando la c m n. 110/12 sulle iscrizioni che fa espresso divieto di iscrizione alla scuola media del mattino  di alunni ultradiciottenni per i quali invece è prevista la frequenza dei corsi pomeridiani e serali, dove debbono essere assicurati tutti i diritti dell’integrazione scolastica di cui al d m n. 455/97.

La famiglia, rifiutando la frequenza del corso pomeridiano offerto, ha impugnato al TAR tale rifiuto ed il TAR , in via cautelativa ha ammesso con riserva l’alunno alla frequenza della seconda media del mattino.

 

OSSERVAZIONI

L’ordinanza è interessante perché non mi risultano precedenti e quindi fa da apri-pista per successive decisioni in tal senso, specie se la decisione verrà confermata dalla sentenza di merito.

Però sia consentita qualche riflessione in proposito.

Per emettere l’ordinanza il TAR ha riconosciuto che sussistono i due requisiti fondamentali per pronunciare una sospensiva e cioè il fumus boni juris ( la parvensa a prima vista della fondatezza della richiesta) ed il periculum in mora ( il fondato rischio del danno in caso di mancata sospensione del provvedimento impugnato).

Ora, quanto al fumus boni juris , certo la semplice presenza di una norma amministrativa che vieta l’iscrizione in tale circostanza, di per sé, non è elemento sufficiente per negare tale fumus, poiché altrimenti nessuna sospensiva potrebbe essere richiesta e concessa, pur in ppresenza di norme amministrative poi giudicate illegittime nelle sentenze di merito.

Però sta il fatto che tale circolare si fonda sulla Sentenza n. 226/01 della Corte costituzionale che espressamente vieta tale iscrizione, proponendo la frequenza nei corsi per adulti, stante il grande divario di età, in epoca puberale dei compagni , degli alunni ultradiciottenni che si troverebbero insieme con compagni di almeno quattro o cinque anni più giovani.E ciò certamente non facilita l’integrazione tra loro in un clima sereno; motivo per il quale la Corte, nel negare la frequenza nei corsi mattutini,  riconosce il diritto alla frequenza nei corsi per adulti.

Pertanto il rifiuto dell’Amministrazione non è privo di fumus boni juris, fondandosi su una sentenza della Corte costituzionale che , nel  nostro sistema ha forza superiore a quella delle leggi ordinarie.

Quanto al periculum in mora per l’alunno, questo non dovrebbe sussistere poiché all’alunno non viene negato in assoluto il diritto alla frequenza della scuola media, cosa che sarebbe contraria alla L.n. 104/92 ed alla Giurisprudenza costante della Corte costituzionale, ma lo riconosce pienamente nei corsi per adulti, essendo l’ultradiciottenne un adulto sotto il profilo legale.

Né si dica che gli alunni con disabilità intellettiva hanno , anche se adulti, un’età mentale di bambini di pochi anni. Se si dovesse seguire questo ragionamento, allora , essi potrebbero liberamente  , anzi dovrebbero , essere iscritti e frequentare  ripetutamente la scuola dell’infanzia.

Siccome questa soluzione, formalisticamente basata su una valutazione di meri dati psicologici, non è accettabile, non dovrebbe esserlo neppure quella, a base dell’ordinanza, basata sulle stesse considerazioni o su argomentazioni di diritto allo studio ( che però l’ordinanza non esplicita), poiché non terrebbe conto dell’età evolutiva anche degli alunni con disabilità, che attraversa, come tutti i compagni non disabili l’infanzia, l’adolescenza e l’età giovanile, per le cui distinte fasi il nostro Ordinamento prevede tre tipologie di scuolee, per i ritardatari, ha istituito i corsi di istruzione per adulti ,garantendo in essi il pieno diritto allo studio anche agli alunni con disabilità.

Il problema è comlesso e delicato, poiché, se non è assolutamente messo in dubbio coi corsi per adulti il diritto all’inclusione scolastica per adulti ritardatari con  e senza disabilità, ove si disattendesse l’orientamento della Corte costituzionale, si avrebbe l’apertura di una falla nel campo educativo, inficiando i principii su cui si fonda il sistema dell’integrazione scolastica  di qualità che in Italia andiamo realizzando da oltre quarant’anni con successo.

Non resta che attendere la decisione di merito del TAR e, forse anche quello del Consiglio di Stato, qualora quella che risulterà parte soccombente vorrà rivolgersi ad esso perché venga definitivamente chiarito se la Corte costituzionale ha sbagliato o se vada data un’interpretazione diversa alla sentenza n. 226/01, formulata dall’Amministrazione scolastica.

 

Organici di Fatto per l’a.s. 2012/2013

ORGANICI DI FATTO per l’a.s. 2012/2013

di Salvatore Nocera

Il Ministero dell’Istruzione ha emanato la circolare n. 61/12 che detta norme in merito agli organici di fatto  per il prossimo anno scolastico. E’ interessante notare come circa la formazione delle classi sono ribadite le norme del pdr n. 81/09 e sono espressamente richiamate le norme sulla sicurezza ai fini della capienza consentita del numero di alunni.

Quanto al personale ATA, si ribadisce il principio che solo in via eccezionale e cioè di impossibilità di garantire un corretto funzionamento del servizio scolastico, sarà consentita ai Dirigenti scolastici la richiesta di posti in più in organico di fatto.

Quanto agli alunni con disabilità, essa dedica un apposito paragrafo che si ritiene opportuno copiare integralmente:

“Posti di sostegno

L’art. 19, comma 11, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 ha introdotto nuovi criteri e previsioni per la determinazione e l’assegnazione dei posti di sostegno.

Il citato comma stabilisce:

a) le Commissioni mediche di cui all’art. 4 della legge n.104/1992, nei casi di valutazione della diagnosi per l’assegnazione del docente di sostegno all’alunno disabile è integrata obbligatoriamente dal rappresentante dell’INPS, che partecipa a titolo gratuito; tale previsione ovviamente si applica alle nuove certificazioni;

b) l’organico dei posti di sostegno è determinato secondo quanto previsto dai commi 413 e 414 dell’art. 2 della legge n.244/2007 (finanziaria per il 2009);

c) l’organico di sostegno è assegnato alla scuola (o a reti di scuole all’uopo costituite) e non al singolo alunno disabile in ragione mediamente di un posto per ogni due alunni disabili. Sulla base di tale assegnazione le scuole programmeranno gli interventi didattici ed educativi al fine di assicurare la piena integrazione dell’alunno disabile.

La Tabella E, colonna C, del decreto interministeriale relativo agli organici a.s. 2012/13, come per il corrente anno scolastico, riporta il numero complessivo di posti fondatamente attivabili da ciascuna Regione nell’a.s. 2012/2013, comprensivo sia della dotazione di organico di diritto, sia di quella di organico di fatto.

Gli eventuali ulteriori posti in deroga, in applicazione della citata sentenza della Corte costituzionale, vanno autorizzati da parte del Direttore Generale dell’Ufficio scolastico regionale ai sensi dell’articolo 35, comma 7 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, secondo le effettive esigenze rilevate ai sensi dell’art. 1, comma 605, lett. b) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che deve tenere in debita considerazione la specifica tipologia di handicap da cui è affetto l’alunno. I relativi posti vanno assegnati dopo aver accertato: -la effettiva presenza degli alunni nelle classi; -la regolarità della documentazione richiesta (diagnosi funzionale, il PEI elaborato dal GLHO, ecc..); – la accertata verifica della ricorrenza delle condizioni previste dalla citata sentenza della Corte (es. assenza di interventi di altre istituzioni o enti).

Considerato che anche i posti di sostegno concorrono a raggiungere l’obiettivo di contenimento della spesa di cui all’art. 64, si confida in una attenta valutazione e programmazione della distribuzione delle risorse al fine di contenere l’istituzione di ulteriori posti entro lo stretto necessario in applicazione della sentenza della Corte costituzionale.

Anche al fine di poter informare al riguardo il Ministero dell’Economia e di motivare nei confronti dello stesso gli scostamenti che dovessero rendersi necessari, le SS.LL. comunicheranno a questo Ministero e al Sistema Informativo ogni variazione in aumento o in diminuzione del numero degli alunni portatori di handicap e dei relativi posti.

Si richiama la scrupolosa osservanza delle vigenti disposizioni sia per quanto concerne le modalità e le procedure di individuazione dei soggetti con disabilità, sia ai fini dell’assegnazione delle ore di sostegno. Si rammenta che la proposta relativa al numero delle ore di sostegno da attribuire a ciascun alunno disabile, è affidata al Gruppo di lavoro di cui all’art. 5, comma 2, del DPR 24 febbraio 1994.

Le SS.LL., sentite le Regioni, gli Enti locali e gli altri livelli Istituzionali competenti, individueranno le modalità di una equilibrata e accorta distribuzione delle risorse professionali e materiali necessarie per l’integrazione degli alunni disabili, anche attraverso la costituzione di reti di scuole.

Le classi delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità, sono costituite secondo i criteri e i parametri di cui all’art. 5 del Regolamento sul dimensionamento. Si raccomanda la massima attenzione nella costituzione delle classi con alunni disabili, nel senso di limitare, in via generale, in presenza di grave disabilità o di due alunni disabili, la formazione delle stesse con più di 20 alunni .”

 

OSSERVAZIONI

Quanto alla norma dell’art 19 comma 11 l.n. 111/11 secondo cui i posti vengono assegnati  dagli Uffici scolastici regionali direttamente alle scuole che provvederanno a ripartirli fra gli alunni con disabilità, è necessatrio previsare che, i Dirigenti scolastici dovranno distribuire i posti e le ore assegnate, tenendo conto di alcuni criteri fissati dalla Magistratura, onde evitare il ripetersi e l’ampliarsi di contenzioso:

1-      assicurare lo stesso numero di ore dell’anno precedente agli alunni la cui diagnosi funzionale non palesi alcun miglioramento rispetto all’anno precedente;

2-      assegnare le ore di sostegno residue sulla base “ delle effettive esigenze “ di ciascun alunno, risultanti dalla diagnosi funzionale e dal PEI, come espressamente detto nell’art 1 comma 605 lettera B della L.n. 296/06, citata dalla circolare;

3-      se le ore assegnate in organico di diritto non sono sufficienti a quanto detto, debbono chiedere in organico di fatto le ore necessarie indicate nel PEI, come stabilito dall’art 10 comma 5 L.n. 122/2010.

Sono quindi ribadite nella Circolare  le norme sul diritto alle deroghe per il sostegno con la precisazione della Corte costituzionale che la gravità certificata deve essere considerata con riguardo alla specificità della disabilità. Ad es. un alunno con disabilità solo fisica, anche se grave, può non avere diritto al massimo delle ore in deroga, potendogli occorrere più ore di assistenza per l’autonomia. Ma su questo aspetto occorre precisare che la Circolare introduce un criterio non contenuto nella Sentenza citata e cioè  “(es. assenza di interventi di altre istituzioni o enti)”. La sentenza non esclude la possibilità, come fa invece la Circolare, della comntemporanea necessità di sostegno e di assistenza per l’autonomia e la comunicazione; mentre l’esempio fatto nella Circolare sembra escludere tale possibilità, esclusione che può considerarsi legittima solo in casi di comprovata non necessità di sostegno, comenel caso di un alunno con sola disabilità motoria alle gambe o di un alunno cieco di scuola superiore pienamente padrone dell’uso del computer con barra breille e/o di sintesi vocale. In mancanza di un urgente chiarimento in proposito  si rischia di aprire un contenzioso infinito. Quanto alle certificazioni, si ribadisce la recente norma che richiede la presenza obbligatoria , nelle commissioni, di un medico del’INPS; non si precisa, come invece è avvenuto per il caso dell’USR di Torino,( e sarebbe stato opportuno farlo per tutti nella Circolare) che non è invece legittimo il ricorso alla  nuova procedura di accertamento predisposta dall’INPS e quindi rimane fisso quanto precedentemente previsto dal dpcm n. 185/06 e cioè basta la commissione tradizionale  con la novità della presenza del medico dell’INPS.

Importantissima la norma conclusiva circa il dovere di istituire classi con non più di 20 alunni in presenza di un alunno con grave disabilità o di due alunni con disabilità non grave.

Quanto alle possibili deroghe per i posti del personale ATA, mi permetto di esplicitare  , tra gli esempi fatti  nella Circolare , anche quello che manchino collaboratori e collaboratrici scolastiche sufficienti per l’assistenza igienica agli alunni con gravi disabilità.

Ma , anche se non presente nella Circolare, tale norma si rinviene, oltre che nella Nota ministeriale prot n. 3390/01, anche nel CCNL del 2007 art 47,48 e Tab. “A”.

 

L’assistente per l’autonomia e la comunicazione deve essere professionalmente preparato

L’assistente per l’autonomia e la comunicazione deve essere professionalmente preparato

di Salvatore Nocera

Il TAR Calabria , con la sentenza n.438/2012 del 23 Maggio 2012, pubblicata il 21 Giugno 2012 ,  ha fornito chiarimenti importanti circa l’obbligo degli enti locali a fornire gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione di cui all’art 13 comma 3 l.n. 104/92.

Una famiglia aveva chiesto al Comune di residenza la assegnazione  di 10 ore settimanali di un assistente per l’autonomia e la comunicazione, sulla base della diagnosi funzionale dell’ASL.

Il Comune si era rifiutato, affermando che già aveva assegnato a quella scuola del primo ciclo di istruzione un certo numero indifferenziato di ore per alcunialunni di quella scuola.

La famiglia lamentava che da tale assegnazione non risultava mnè il numero di ore concretamente assegnato al figliolo, né una specifica formazione dell’assistente per soddisfare gli specifici bisogni educativi dello stesso.

Vista la irresoluta volontà del Comune ad aderire alle puntuali richieste , la famiglia propone ricorso al TAR che accoglie pienamente il ricorso.

Il Tar argomenta come segue:

1- L’alunno con disabilità ha diritto ad avere , oltre che un certo numero di ore di sostegno didattico, anche un certo numero di ore   di assistenza per l’autonomia e la comunicazione, essendo tale funzione differente da quella del sostegno didattico.L’assistente deve essere formato a rispondere agli specifici bisogni assistenziali dell’alunno e non può essere un qualunque assistente generico.Il comune ha l’obbligo di fornire tale assistente in forza dell’art 139 del decreto legislativo n. 112/98, che assegna tale compito ai Comuni per la scuola del primo ciclo ed alle province per la scuola del secondo ciclo.

2- A nulla vale l’obiezione del Comune che, a causa delle ristrettezze economiche , esso non è in grado di fornire assistenti formati; infatti , come affermato da sempre dalla Corte costituzionale, in presenza di un diritto costituzionalmente garantito, non ci sono vincoli di bilancio che possano  giustificare la violazione di tale diritto.

3- Il Comune aveva obiettato che, essendo ormai l’anno scolastico quasi alla fine ( Maggio) non aveva senso la nomina.Ma il TAR ha precisato che  comunque l’alunno,  dovendo continuare nel prossimo  anno nello stesso ciclo di studi secondari, aveva diritto già da ora ad ottenere la sentenza favorevole, in modo che subito all’inizio del prossimo anno si sarebbe trovata disponibile questa risorsa fondamentale.

4- La famiglia aveva chiesto anche il risarcimento del danno esistenziale, dovuto al ritardo nella nomina richiesta fin dall’inizio dell’anno scolastico , ritardo tanto più dannoso, trattandosi di un alunno con disabilità intellettiva , quindi maggiormente bisognoso di assistenza.Tale richiesta veniva formulata sulla base  dell’obbligo di solidarietà sociale che l’art 2 della Costituzione impone a tutti e quindi pure agli Enti locali.Essendosi però la famiglia , per la quantificazione di tale danno, rimesso all’equo apprezzamento del TAR, esso ha rinviato a Dicembre l’udienza per la trattazione specifica di questo argomento. Ma, da come è stata impostata la richiesta e stando alla costante Giurisprudenza della Corte costituzionale, tutto lascia prevedere che anche questa richiesta dovrebbe essere accolta.

5- Al fine di rendere esigibile il diritto che è stato riconosciuto, il TAR ha nominato un commissario ad acta col compito di provvedere esso alla nomina se  entro un determinato numero di giorni il Comune non avesse provveduto alla nomina o comunque alla fornitura, anche tramite convenzione con una cooperativa, di un assistente preparato; ciò al fine di assicurare fin dall’inizio del prossimo anno scolastico la presenza di tale assistente in classe.

6- Il TAR ha pure stabilito che, qualora il Commissario ad acta fosse costretto ad intervenire in modo sostitutivo all’inadempienza del Comune, esso sia tenuto a presentare denuncia alla Corte dei conti per il danno erariale che la nomina del commissario stesso e  il suo eventuale intervento sostitutivo causa all’erario per le spese che si sarebbero evitate se il Comune avesse adempiuto spontaneamente alla nomina per tempo di un assistente preparato.

7- In conclusione il TAR, nell’accogliere il ricorso, compensa però le spese sulla base della considerazione che il Comune non sia totalmente inadempiente, avendo fornito un assistente  pur se non preparato e  pur se per un numero di ore definito.

OSSERVAZIONI

1-  La sentenza non pare  rivoluzionaria, ma fa chiarezza sul contenuto dell’Obbligo degli Enti locali che non possono adempiere il proprio obbligo fornendo un qualunque assistente, ma dovendone fornire uno preparato e per un numero di ore proposto dall’ASL.

E’ però da osservare che anche questa come moltissime decisioni anche del Consiglio di Stato, basano  il proprio pronunciamento non sulla necessità di rispondere a bisogni educativi speciali, accertati prevalentemente dal mondo della scuola, ma su valutazioni e certificazioni mediche. Anche la quantificazione delle ore si basa su tali valutazioni mediche, mentre l’art 10 comma 5 l.n. 122/2010 basa il diritto ad un certo numero di ore risultanti dal piano educativo personalizzato che, pur essendo predisposto sulla base delle valutazioni sanitarie (diagnosi funzionale ), viene elaborato anche dai docenti della classe,  e dalla famiglia ( l.n. 104/92 art 12 comma 5 ). E’ questa una derivazione di tipo sanitario che, se processualmente giova alla tutela giurisdizionale degli alunni con disabilità, contrasta con  l’approccio bio-psico-sociale contenuto nella Convenzione ONU ratificata dalla L.n. 18/09.

2-  Sembra contraddittoria la decisione di compensazione delle spese, dal momento che il TAR ha riconosciuto che la soluzione offerta dal Comune alla famiglia fosse del tutto inadeguata a soddisfare il diritto dell’alunno. Nella teoria generale delle obbligazioni   e nel Codice civile anche un adempimento inadeguato corrisponde ad inadempimento e quindi , a seguito di ciò, il Comune avrebbe dovuto essere dichiarato soccombente totalmente e quindi le spese avrebbero dovuto seguire la soccombenza come per legge.

Purtroppo continuano ad essere invece ancora assai frequenti le pronunce di compensazione delle spese in tutti quei casi in cui ci sia una pur minima giustificazione formale del comportamento dell’amministrazione; e ciò danneggia ingiustificatamente le famiglie perché , oltre al tempo che debbono dedicare a causa delle inadempienze delle Amministrazioni, debbono pure accollarsi le spese per veder riconosciuto un diritto che abrevve dovuto essere spontaneamente adempiuto dalle Amministrazioni.

Ritengo sommessamente che, ove la famiglia impugnasse questo solo capo della sentenza, si dovrebbe vedere riconosciuto dal Consiglio di Stato il diritto alla refusione totale delle spese.

 

Il diritto ad un certo numero di ore di sostegno nasce solo dal PEI

Il diritto ad un certo numero di ore di sostegno nasce solo dal PEI

di Salvatore Nocera

            Il TAR Toscana con la sentenza 18 aprile 2012, n.763, ha enunciato alcuni principii che chiariscono sempre più la procedura  per ottenere ore di sostegno e la validità delle sue fasi.

Infatti la sentenza nell’assegnare ore di sostegno ha precisato che il diritto ad un certo numero di esse nasce solo quando questo è quantificato nel PEI, dopo una fase istruttoria che riguarda specialmente la formulazione della diagnosi funzionale e del profilo dinamico funzionale.

Tale fase preliminare   si apre con la richiesta di ore di sostegno da parte dell’interessato, il quale in questo momento ha solo un interesse legittimo che le ore vengano assegnate secondo le “ sue effettive esigenze”.( preciso che questa formula normativa si rinviene nell’art 1 comma 605 lettera B della l.n. 296/06 ) successivamente si apre la fase degli accertamenti tecnici da parte del GLHO che verifica se tali richieste sono conformi alle effettive esigenze ed , in tale fase, potrebbe emergere l’accertamento tecnico che le ore richieste sono troppe  e quindi il gruppo tecnico potrebbe anche ridurre il numero delle ore richieste, anche tenendo conto dei progressi realizzati precedentement e quindi potrebbe ritenere che per una maggiore crescita in autonomia dell’alunno le ore richieste siano troppe e possono essere ridotte rispetto a quelle dell’anno o degli anni precedenti.

Questa valutazione strettamente tecnica rientra nella “discrezionalità tecnica “ dell’Amministrazione e, pur vertendosi ancora in tema di interessi legittimi e non di diritti soggettivi, non potrebbe essere portata al TAR( la discrezionalità tecnica è di per sé incensurabile avanti ai TAR) a meno che non si dimostri che vi siano vizi di legittimità come erronea valutazione del presupposto ( ad es. erronea valutazione della diagnosi funzionale) o carenza di istruttoria( ad es. non convocazione del GLHO per la formulazione del profilo dinamico funzionale o del PEI).

Appena la richiesta di ore è quantificata nel PEI nasce il diritto soggettivo a quel determinato numero di ore( l. 122 / 2010 art 10 comma 15 ), che, ripeto, potrebbero anche essere di meno di quelle dell’anno precedente; e questa è una novità rispetto alla gran parte delle sentenze che concedonoaumento di ore.Però  il principio cui la decisione si ispira implicitamente è già stato esplicitato nella Sentenza n. 80/2010 della Corte costituzionale, secondo la quale non necessariamente alla certificazione di disabilità grave deve corrispondere il massimo delle ore di sostegno, dovendosi guardare alla specificità del deficit.

Si riporta un brano della motivazione dell’interessante sentenza del TAR Toscana:

“E’ importante però sottolineare, ai fini della soluzione della presente controversia, che non esiste un diritto soggettivo generale alla fruizione di specifiche misure di integrazione ed in particolare di un numero predeterminato di ore di sostegno scolastico. Spetta infatti alle Amministrazioni indicate dalla normativa, nel rispetto dei criteri di logica e ragionevolezza e con corretta applicazione di eventuali scienze tecniche rilevanti, individuare caso per caso le misure idonee a garantire l’integrazione scolastica avendo quale obiettivo anche la progressiva autonomizzazione della persona diversamente abile, nei limiti consentiti dalla sua situazione. Può quindi anche essere giustificata una riduzione delle ore di sostegno se ragionevolmente motivata dal, e finalizzata al, raggiungimento di tale obiettivo.

Una volta formato il piano educativo individualizzato, allora la pretesa all’integrazione in capo all’alunno diversamente abile assume concretezza di diritto soggettivo e si specifica nella fruizione degli interventi ivi rappresentati, e correlativamente nasce un’obbligazione in capo alle Amministrazioni competenti a renderli.”

 

OSSERVAZIONI

Da questo brano sembra potersi legittimamente dedurre che le riduzioni di ore, rispetto a quelle indicate nel PEI,    effettuata dagli Uffici scolastici provinciali o regionali sono illegittime , non solo se determinate da problemi di bilancio ( come è stato affermato costantemente dalla Corte costituzionale e da ultimo nella Sentenza citata n. 80/10 ), ma anche se motivate dalla mancanza delle effettive esigenze,  quando queste affermazioni non poggino sul parere tecnico del Gruppo di lavoro dell’Ufficio scolastico provinciale o un eventuale gruppo di lavoro dell’Ufficio scolastico regionale, che però normalmente non esiste.

 

Una strana sentenza sulla non discriminazione

Una strana sentenza sulla non discriminazione ai sensi della L.n. 67/06

di Salvatore Nocera

            La L.n. 67/06 stabilisce che la discriminazione effettuata con comportamenti o provvedimenti volontari o  involontari ma oggettivamente  discriminatori è un fatto che comporta la condanna di chi discrimina persone con disabilità al risarcimento dei danni anche non patrimoniali, oltre che alla cessazione del fatto discriminatorio.

Di questo avviso non è stato il tribunale civile di Ferrara nel decidere su un ricorso di una famiglia che lamentava la discriminazione operata per l’interscuola ( orario di mensa) negato ad un alunno con disabilità per il solo fatto che uno dei genitori non lavorava e poteva quindi accudire , in quell’intervallo di tempo, al figliolo.

Fin qui, sulla decisione nulla da eccepire, poiché l’ASP, azienda per i servizi alla persona, ex IPAB ( trasformata in azienda comunale ai sensi dell’art 10 l.n. 328/2000) ha fissato questa prescrizione nel proprio regolamento, come giustamente ha affermato il Tribunale civile di Ferrara.

Dove invece , a mio sommesso avviso, c’è discriminazione è nel raffronto tra il regolamento dell’ASP del 2008 ed il precedente regolamento dell’Assessorato comunale  per i servizi sociali del 2005 che prevede per tutti i bambini il diritto prioritario all’interscuola se i due genitori lavorano entrambi, ammettendo quindi che se uno non lavora può ottenere l’interscuola per il proprio figlio, dopo essere stati soddisfatti i diritti prioritari degli altri.

Anzi tale regolamento prevede una norma apposita per i casi più gravi che vengono risolti caso per caso. Con il regolamento dell’ASP del 2008, riguardante esclusivamente i bambini con disabilità, questa distinzione fra genitori entrambi lavoratori e dei quali uno solo lavora, concedendo in quest’ultimo caso l’interscuola se  sono rimasti posti disponibili dopo le priorità, non è traccia alcuna.Se si chiedono chiarimenti verbali agli uffici dell’ASP, ci si sente rispondere, come ha stabilito il Tribunale, che il servizio dell’ASP è particolare perché non si limita solo all’interscuola.

In vero, a pensar male, si fa peccato, ma ci si azzecca, il fatto è che, mentre per l’interscuola del Comune c’è un assistente per molti bambini, per l’interscuola dei bambini con disabilità occorre un assistente talora anche col rapporto uno ad uno; e ciò costituisce un costo molto superiore.

Però se si ritiene l’interscuola rientrante nel diritto allo studio, la sentenza della Corte costituzionale n. 80/2010 è chiarissima, stabilendo , anche alla luce di una ininterrotta propria giurisprudenza, che il diritto allo studio degli alunni con disabilità , essendo un diritto costituzionalmente garantito, non può essere limitato per motivi di restrizioni di bilancio; ciò significa che , se la vera motivazione della disparità di trattamento fosse costituita dal costo maggiore per gli alunni con disabilità( e dal testo del regolamento non risultano motivazioni ), la norma del regolamento che la prevede sarebbe illegittima e potrebbe essere annullata da qualunque Tribunale ( in questo caso TAR) per violazione di norme costituzionali.La conseguenza sarebbe così che il regolamento del’ASP sarebbe un provvedimento discriminatorio e come tale censurabile da qualunque Tribunale civile.

Forse , se la famiglia, facesse appello contro la sentenza del Gribunale civile di Ferrara, potrebbe capovolgere il risultato, dal momento che la discriminazione tra le due previsioni normative è  sostanzialmente palese ; anzi, stando all’art 3 comma 3 l.n. 104/92, gli alunni con disabilità certificati in situazione di grave disabilità hanno diritto di “priorità” nell’accesso  a tutti i servizi previsti dalla stessa Legge-quadro e quindi   anche all’interscuola come connesso intrinsecamente al diritto allo studio, senza alcuna distinzione se i genitori lavorino entrambi o meno. Sarebbero quindi alla pari di priorità con l’ipotesi prevista  dal regolamento comunale ; né si dica che questa sarebbe una conclusione meramente formale, perché potrebbe replicarsi che molto più formale è la distinzione operata nel regolamento dell’ASP , che sottintende unbisogno di risparmio, che il regolamento comunale non prevedeva; chè anzi esso prevedeva una norma apposita proprio per i casi più gravi.

Si auspica che, senza la necessità dell’appello, il Comune di Ferrara, che ha una tradizione multidecennale di meritori interventi di qualità nell’integrazione scolastica, anche con ottimi accordi di programma , tra i primi in Italia, voglia far modificare il regolamento dell’ASP ( azienda propria=) adeguandolo al proprio regolamento  , alla l.n. 67/06 ed alla Costituzione.

 

Docenti curricolari e didattica speciale

Docenti curricolari e didattica speciale

Necessita una nuova norma di legge che espliciti il principio che i docenti curricolari  obbligatoriamente preparati sulla didattica speciale sono la risorsa primaria per l’inclusione scolastica

di Salvatore Nocera

             La sentenza del TAR Lazio n. 5551  depositata il 16 giugno 2012 è interessante sia perché è stata pronunciata in revocazione di una precedente sentenza dello stesso TAR,  sia perché conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato sul diritto alle ore di sostegno, sia perché applica  le deroghe anche ai casi di disabilità non grave.

Vediamo i tre aspetti:

1. I genitori di un alunno con disabilità non grave avevano presentato ricorso al TAR per chiedere l’aumento delle ore di sostegno ed il risarcimento dei danni, oltre che, ovviamente, la sospensiva del provvedimento che assegnava solo 5 ore settimanali di sostegno.
All’udienza sospensiva, i ricorrenti, per ottenere una sentenza definitiva, ormai consentita dal nuovo codice di procedura amministrativa,  riducendo così i tempi del processo, rinunciavano alla richiesta di risarcimento del danno, lasciando inalterata la richiesta dell’aumento delle ore di sostegno. Nella fretta della decisione, il TAR riteneva erroneamente che con la rinuncia al risarcimento del danno, i ricorrenti avessero pure rinunciato alla richiesta di un maggior numero  di ore di  sostegno e quindi dichiarava improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse dei ricorrenti.
Questi appena letta la sentenza, presentavano ricorso per la revocazione della precedente sentenza, per errore materiale, ricorso consentito dal codice di procedura amministrativa. Ovviamente, come osserva la nuova decisione, non avrebbero potuto presentare la richiesta dell’aumento delle ore di sostegno in appello, anziché in revocazione, poiché in appello non si possono proporre nuovi motivi e, secondo la sentenza revocata, i motivi  della richiesta dell’aumento delle ore di sostegno  sarebbero stati ormai preclusi per rinuncia dei ricorrenti.
Il TAR ha quindi fatto giustizia processuale di un primo aspetto pregiudiziale per il resto che era poi la ragione fondamentale del primo ricorso.

2. La nuova sentenza accoglie la richiesta, fondandosi sui soliti ben noti art 2 e 38 della Costituzione, della L.n. 104/92  della carta dei diritti fondamentali dell’U.E., della carta sociale europea e della convenzione O.N.U.  sui diritti delle persone con disabilità del 2006  ratificata con legge n. 18  del 2009.
Su questo aspetto quindi nulla da dire.

3. Interessante è invece la decisione di assegnare  le deroghe massime di 25 ore settimanali di sostegno in scuola primaria, pur in presenza della certificazione di disabilità non grave ai sensi dell’art 3 comma 1 l.n. 104/92; e ciò in base allo spirito della Sentenza    della Corte costituzionale n. 80/2010 che ha cancellato i commi 413 e 414 dell’art 2 della l.n. 244/2007 nella parte in cui vietavano di concedere deroghe anche nei casi di disabilità grave.Pertanto la Sentenza della Corte avrebbe fatto rivivere la norma dell’art 40 comma 1 della L.n. 449/97 che consente la stipula di contratti per assegnare più ore di sostegno.
Infatti il TAR così argomenta: “… Ancorché il figliolo dei ricorrenti non rientri nella situazione di handicap qualificato come grave ai sensi dell’art. 3, comma 3 della L. n. 104 del 1992 quanto piuttosto in quella di cui all’art. 3, comma 1 della medesima legge, tuttavia la eliminazione dal mondo giuridico dei due commi 413 e 414 dell’art. 2 della L. Fin. n. 244 del 2007 impone all’amministrazione di valutare in relazione alla situazione di gravità dell’handicap da cui sia affetto il fanciullo la possibilità di completare il suo percorso formativo con il sostegno di un insegnante ad hoc, nella considerazione che egli è iscritto alla seconda elementare e quindi si trova all’inizio del percorso di apprendimento scolastico.”

E’ assai interessante il ragionamento del TAR secondo cui, se , secondo la Corte costituzionale, occorre tener conto non solo della gravità della disabilità , ma anche della specificità della minorazione, tale criterio non può essere utilizzato solo per non concedere il massimo delle ore in presenza di una disabilità grave, ma  esso deve pure consentire il massimo delle ore anche in presenza di una disabilità non grave, purché la specificità della minorazione e la situazione lo richiedano. Qui ci si trovava in presenza di un alunno con disabilità non grave; però egli era all’inizio dei suoi studi ( seconda primaria) ed aveva assegnate solo 5 ore di sostegno rispetto alle 40 di insegnamento settimanali.

 

OSSERVAZIONI

Si apprezza la logica non formalistica usata dal TAR nella sua decisione, che però non è coerente dal momento che compensa le spese, pur in presenza di una vittoria e del fatto che il ricorso in revoca era stato determinato non da un errore dei ricorrenti, ma della precedente decisione del TAR.

Sul merito sia consentito osservare che la decisione , come risulta dalle motivazioni esposte, si fonda su un ragionamento molto semplice, che però non corrisponde alla cultura ed alle buone prassi di inclusione scolastica come si sono realizzate nei primi tempi degli Anni Settanta ed Ottanta.

Infatti dire che l’alunno ha solo 5 ore rispetto alle 40 di insegnamento settimanali, equivale a dire che il sostegno è la risorsa principale per la riuscita dell’inclusione. Ed allora, ci si chiede, perché fermarsi alle 25 ore settimanali e non assegnarne 40, come hanno già disposto alcune decisioni di altri TAR.

In tutto il crescente processo normativo e di prassi dell’inclusione si osserva purtroppo una crescente obnubilazione del fondamento dell’inclusione  e cioè

la presa in carico del progetto inclusivo da parte di tutto il Consiglio di classe , sostenuto da un docente specializzato che collabora coi Colleghi  curricolari che però hanno in primis il dovere dell’inclusione. Invece con l’andar degli anni e la perdita della spinta propulsiva originaria dei docenti curricolari che avevano realizzato  il processo  di l’inclusione , sia i nuovi docenti curricolari ,  specie di scuola secondaria, per impreparazione specifica sia le famiglie , a causa del crescente numero di alunni per classe che impediva ai docenti curricolari di seguire  gli alunni con disabilità, hanno richiesto un crescente numero di ore di sostegno, anche con sempre più numerosi ricorsi al TAR ed al Consiglio di Stato. In tali ricorsi l’Amministrazione scolastica è risultata sempre soccombente, poiché non solo non ha mai evidenziato che i docenti curricolari sono la risorsa primaria, assieme ai compagni, di una buona inclusione, ma non ha neppure potuto dimostrare che i docenti curricolari fossero minimamente formati, istituzionalmente, sia inizialmente che, obbligatoriamente in servizio, sulla didattica dell’inclusione.

I Magistrati, che non sono obbligatoriamente pedagogisti si sono basati sulle norme.

E tali norme non L’hanno aiutata in ciò.

Infatti, dando per sottinteso che il compito primario dell’inclusione spetti ai docenti curricolari,   l’art 12 comma 5 l.n. 104/92 stabilisce che alla formulazione del piano educativo individualizzato partecipino, oltre ai genitori ed agli operatori sociosanitari, il solo docente specializzato e lo psicopedagogista, ove esistente.

C’è voluto il dpr del 24 febbraio 1994, regolamento applicativo di tale norma della L.n. 104/92,  all’art 5 per scrivere  espressamente che alla formulazione del piano educativo individualizzato partecipano tutti i docenti della classe.

Però in nessuna altra norma primaria si trova scritto quanto scritto in questa norma regolamentare e questa mancata esplicitazione, unitamente alle ragioni sopra esposte  hanno contribuito alla deriva involutiva della delega al solo docente per il sostegno del progetto di inclusione scolastica.

Sembra quindi utile, oltre che corrispondente alla vera natura dell’inclusione scolastica  l’esplicitazione in una norma di legge che  l’inclusione scolastica è compito primario  dei docenti curricolari, seriamente formati inizialmente ed obbligatoriamente in servizio, collaborati dai docenti specializzati per il sostegno ed operanti in classi non numerose, secondo quanto stabilito ( ma assai poco rispettato ) dall’art 5 comma 2 del dpr n. 81/09 e cioè composte da non più di 20 alunni con non più di due alunni con disabilità, come previsto dalle Linee-guida ministeriali del 4 Agosto 2009.

Si confida nella pronta emanazione di una tale norma, per ripristinare i veri valori qualitativi dell’inclusione scolastica .