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Nota 18 settembre 2013, Prot. n. AOODGPER.9416

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per il personale scolastico

Ai Direttori Generali degli UU.SS.RR.
– Loro Sedi –
Ai Dirigenti degli Ambiti territoriali provinciali
– Loro sedi –
Ai Dirigenti Scolastici
– Loro sedi –

OGGETTO: Graduatorie di istituto. Nomina supplenti su posti di sostegno.

Pervengono a questo Ufficio quesiti sulla possibilità di prendere in considerazione eventuali domande di messa a disposizione di aspiranti, forniti del previsto titolo di specializzazione e di titolo idoneo all’insegnamento su posti di sostegno, che non siano inclusi nelle graduatorie di circolo e di istituto di alcuna provincia.
Al riguardo, tenuto conto della specificità dell’insegnamento rivolto agli alunni disabili e in considerazione delle numerose pronunce giurisprudenziali sul punto, che confermano l’obbligo per l’Amministrazione di dare priorità nelle nomine ai docenti in possesso del titolo di specializzazione rispetto ai docenti che ne siano privi, si invitano i dirigenti scolastici a tenere in debita considerazione tale priorità nel conferimento delle supplenze ai docenti muniti del prescritto titolo ma non inclusi nelle graduatorie di circolo o di istituto di alcuna provincia.
Sono fatte salve comunque le supplenze già conferite.

F.to p. IL DIRETTORE GENERALE
Il Dirigente Vicario
Gildo De Angelis

Nota USR Emilia Romagna 6 settembre 2013, Prot.14910

Nota USR Emilia Romagna 6 settembre 2013, Prot.14910

Alunni segnalati per Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA). Indicazioni per l’avvio dell’a.s. 2013-2014

Decreto Ministeriale 9 agosto 2013 n. 706

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

Decreto Ministeriale 9 agosto 2013 n. 706

Definizione posti disponibili per l’ammissione ai percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per l’anno accademico 2013/2014. (Decreto n. 706). (13A07509)

(GU n.218 del 17-9-2013)

 
                    IL MINISTRO DELL'ISTRUZIONE, 
                  DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA 

  Vista  la  legge  5  febbraio  1992,  n.  104,  «Legge-quadro   per
l'assistenza,  l'integrazione  sociale  e  i  diritti  delle  persone
handicappate» e successive modificazioni; 
  Vista la legge 8 ottobre 2010, n. 170 «Norme in materia di disturbi
specifici di apprendimento in ambito scolastico»  e,  in  particolare
l'art. 5, comma 4; 
  Visto il decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85 convertito dalla legge
14 luglio 2008, n. 121 recante disposizioni urgenti per l'adeguamento
delle strutture di Governo in applicazione dell'art. 1, commi  376  e
377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e, in  particolare,  l'art.
1, comma 5; 
  Visto il decreto del Ministro dell'istruzione,  dell'universita'  e
della  ricerca  10  settembre  2010,  n.  249   recante   regolamento
concernente «Definizione  della  disciplina  dei  requisiti  e  delle
modalita' della formazione iniziale  degli  insegnanti  della  scuola
dell'infanzia, della scuola primaria e  della  scuola  secondaria  di
primo e secondo grado, ai sensi dell'art. 2, comma 416,  della  legge
24 dicembre 2007, n. 244» e successive integrazioni e  modificazioni,
in particolare, gli articoli 5 e 13; 
  Visto il decreto del Ministro dell'istruzione,  dell'universita'  e
della ricerca 30 settembre 2011 recante «Criteri e modalita'  per  lo
svolgimento dei  corsi  di  formazione  per  il  conseguimento  della
specializzazione  per  le  attivita'  di  sostegno,  ai  sensi  degli
articoli 5 e  13  del  decreto  10  settembre  2010,  n.  249»  e  in
particolare l'art. 3 in cui sono definiti i requisiti di  attivazione
di tali percorsi formativi; 
  Vista l'offerta formativa  in  termini  di  numero  programmato  di
immatricolazioni  all'anno  accademico  2013/2014,  deliberata  dagli
organi accademici di ciascun ateneo; 
  Visto il fabbisogno di docenti in possesso  della  specializzazione
per le attivita' di sostegno didattico agli  alunni  con  disabilita'
per il triennio 2012-2014, comunicato dalla Direzione  del  personale
scolastico con nota n. 7540 del 9 ottobre 2012; 
  Considerato che i percorsi di formazione per il conseguimento della
specializzazione per l'attivita' di sostegno  didattico  agli  alunni
con disabilita' di cui al decreto ministeriale n. 249/2010 citato  in
premessa sono  attivati  per  la  prima  volta  nell'anno  accademico
2013/2014; 
  Ritenuto pertanto di  considerare  in  fase  di  programmazione  il
fabbisogno complessivo degli anni accademici 2012/2013 e 2013/2014; 
  Considerato che tale  fabbisogno  professionale  risulta  superiore
all'offerta formativa deliberata dagli atenei; 
  Ritenuto di determinare per l'anno accademico 2013/2014  il  numero
dei  posti  disponibili  a  livello  nazionale  per  l'ammissione  ai
percorsi di formazione per il  conseguimento  della  specializzazione
per l'attivita' di sostegno didattico agli  alunni  con  disabilita',
confermando l'offerta formativa deliberata dagli atenei; 

                              Decreta: 

                               Art. 1 

  1.  Ciascuna  universita'  e'  autorizzata  ad  attivare  nell'anno
accademico 2013/2014 i percorsi di formazione  per  il  conseguimento
della specializzazione per l'attivita'  di  sostegno  didattico  agli
alunni con disabilita', nei limiti dei posti. 
  2.  Con  riferimento  all'anno  accademico   2013/2014,   i   posti
disponibili a livello  nazionale  per  l'ammissione  ai  percorsi  di
formazione  per   il   conseguimento   della   specializzazione   per
l'attivita' di sostegno didattico agli alunni  con  disabilita'  sono
definiti in numero di 1.285 per la scuola di infanzia, 1.826  per  la
scuola primaria, 1.753 per la scuola secondaria di primo grado, 1.534
per  la  scuola  secondaria  di  secondo  grado,  ripartiti  fra   le
universita'  secondo  la  tabella  allegata  che  costituisce   parte
integrante del presente decreto.
                               Art. 2 

  1. Ciascuna universita' dispone l'ammissione dei candidati  secondo
le modalita' previste dal  decreto  ministeriale  30  settembre  2011
citato in premessa. 
  Il presente decreto e' pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica italiana. 
    Roma, 9 agosto 2013 

                                                Il Ministro: Carrozza
                                                             Allegato 
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Sentenza Corte Costituzionale 18 luglio 2013, n. 203

Sentenza Corte Costituzionale, 18 luglio 2013, n. 203

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nel procedimento vertente tra F.U. e il Ministero della giustizia, con ordinanza del 7 novembre 2012, iscritta al n. 5 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2013 il Giudice relatore Marta Cartabia.

Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 7 novembre 2012, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
L’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» prevede, nel testo in vigore, che: «Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi».
Ad avviso del Tribunale rimettente, la norma contrasterebbe con i citati parametri costituzionali «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario; solo in via subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente accertata».
1.1.– Il giudizio principale ha a oggetto il ricorso promosso da F.U., assistente capo di Polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Palmi, contro due decreti del Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Direzione generale del personale e della formazione.
Con il primo decreto l’amministrazione ha rigettato l’istanza di trasferimento, presentata da F.U., ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), per poter assistere il proprio zio materno S.A., nominato nel 1985 protutore e fattosi carico del mantenimento del ricorrente, rimasto orfano, con lui convivente. La domanda di annullamento di questo primo decreto è stata definita con sentenza parziale.
Con il secondo decreto l’ufficio dell’organizzazione delle relazioni del personale e della formazione del Ministero della giustizia aveva annullato ex tunc due provvedimenti con i quali il ricorrente era stato collocato in congedo straordinario per assistenza a disabile in situazione di gravità per un totale di 120 giorni. Con lo stesso decreto era stata disposta nei confronti del sig. F.U. la contestuale decadenza da ogni trattamento economico.
L’istanza è stata rigettata, afferma il TAR, innanzitutto, per il fatto che S.A. non era il padre, come affermato dal ricorrente, ma il marito della sorella della madre; in secondo luogo, poiché S.A., essendosi rivelato lo zio, non rientrava nel novero dei congiunti disabili, per i quali l’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 prevede il beneficio del congedo straordinario a favore del lavoratore che con lui convive.
Il sig. F.U. afferma di aver utilizzato l’appellativo di padre e non di zio per un’abitudine basata su un legame affettivo rafforzato dalle particolari vicende della sua vita, e comunque sottolinea che la diversità dei cognomi escludeva ogni possibilità di equivoco per l’amministrazione. Ciò premesso sostiene che la particolare posizione di S.A. potrebbe farsi rientrare nell’ambito dei soggetti individuati dall’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001, tenuto conto anche del fatto che nessun altro familiare può farsi carico dell’assistenza dello zio. In subordine, il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 per violazione degli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.
2.– Il Tribunale rimettente, premesso che gli elementi evidenziati nel ricorso inducono a ritenere che vi sia stato un involontario errore materiale, indotto dalle particolari vicissitudini della sua vita, non aderisce alla proposta del ricorrente secondo cui dovrebbe essere accolta un’interpretazione estensiva della disposizione richiamata, in modo da ricomprendere, tra i soggetti che possono fruire del beneficio, in assenza di parenti o affini espressamente inclusi nel comma 5 dell’art. 42, anche i nipoti conviventi. Tale beneficio, infatti, determinerebbe una deroga rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro, cosicché le ipotesi di congedo straordinario retribuito contemplate dalla legge sarebbero da considerarsi tassative.
Esclusa la possibilità di una interpretazione estensiva, capace di portare all’ammissione di detto beneficio a favore di un ulteriore soggetto non previsto ex lege, il Tribunale ritiene che sussistano i presupposti per dubitare della legittimità costituzionale della norma in esame.
2.1.– Il giudice a quo ravvisa la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, in quanto la pretesa azionata dal ricorrente deve essere esaminata necessariamente in riferimento alla disposizione censurata che – così come formulata e stante l’impossibilità di attribuirle un significato diverso e più ampio – non gli consentirebbe di mantenere il congedo parentale retribuito, espressamente previsto solo per coniuge, genitore, figlio, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, laddove il provvedimento impugnato si regge proprio sulla mancata inclusione del nipote (affine di terzo grado in via collaterale) nel novero dei lavoratori legittimati.
Il TAR precisa, inoltre, che il testo dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 nella sua formulazione attuale non contiene, con riguardo ai soggetti legittimati a chiedere il congedo, previsioni rilevanti in relazione alla posizione del ricorrente nemmeno in seguito all’inserimento, tramite il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi), dei commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies, finalizzati a recepire gli interventi additivi della Corte costituzionale.
Alla luce di tale quadro normativo, il giudice a quo ritiene che il ricorso dovrebbe essere rigettato, conseguendone la rilevanza della prospettata questione di costituzionalità.
2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente osserva che la disposizione impugnata viola gli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, Cost.
Il TAR ricorda che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 233 del 2005, n. 158 del 2007 e n. 19 del 2009, ha esteso il novero dei soggetti legittimati al beneficio, sottolineando che la ratio dell’istituto in esame consiste essenzialmente nel favorire l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza.
3.– Alla luce di tali premesse, secondo il giudice, l’esclusione del nipote convivente del disabile dal novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo, previsto dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, in mancanza di altre persone idonee ad occuparsi dello stesso, contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del diritto alla salute va intesa, una volta che siano insorte malattie, come predisposizione degli strumenti necessari per rendere possibili le relative cure e l’assistenza più opportuna.
In secondo luogo, sempre ad avviso del giudice a quo, detta esclusione violerebbe l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a disposizione di misure che consentano l’adempimento dei medesimi, nonché, in terzo luogo, l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto, tale assistenza permette al soggetto bisognoso di cure la sua più piena e duratura integrazione nell’ambito del nucleo familiare. A parere del giudice rimettente, dalla lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost. emergerebbe una legittimazione della famiglia nel suo insieme a divenire strumento di assistenza del disabile.
In quarto luogo, secondo il TAR, sussiste anche la violazione dell’art. 118, quarto comma, Cost., inteso come espressione del principio di sussidiarietà orizzontale. Una lettura combinata degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. indurrebbe, infatti, a valorizzare la famiglia anche come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale». In quest’ottica l’attuale formulazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fissando in modo rigoroso e restrittivo i soggetti lavoratori che possono fruire del congedo straordinario, frustrerebbe quella prospettiva sussidiaria e dinamica nella quale, a parere del giudice a quo, si è andata inserendo a pieno titolo anche la famiglia.
In quinto luogo, appaiono violati anche gli articoli 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per poter garantire cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta finalità.
Infine, il TAR rileva anche la violazione dell’art. 3 Cost., poiché «di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria».
4.– In conclusione, il Tribunale ritiene che il rispetto dei medesimi principi costituzionali esige che la norma sia emendata con una previsione di chiusura, operante in via residuale, tale che, in mancanza dei parenti e degli affini già annoverati nel testo normativo, si consenta ad altro parente o affine convivente di fruire del congedo straordinario. In via subordinata, solleva la questione di legittimità costituzionale limitatamente al mancato riconoscimento del beneficio del congedo straordinario agli affini di terzo grado conviventi (ai quali peraltro è consentito fruire dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992).
5.– Il Presidente del Consiglio dei Ministri non è intervenuto in giudizio.

Considerato in diritto
1.– Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario», ovvero, solo in via subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona» in situazione di disabilità grave, debitamente accertata, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
Ad avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del diritto alla salute va intesa come predisposizione degli strumenti necessari per rendere possibili le cure e l’assistenza più opportuna; con l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a disposizione di misure che consentano l’esercizio dei medesimi; con l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto, l’assistenza prestata da parenti e affini conviventi permette al soggetto bisognoso di cure la sua più piena e duratura integrazione in ambito familiare. A parere del giudice a quo, in virtù di una lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost., la famiglia costituirebbe un ambito privilegiato di assistenza del disabile, anche alla luce del combinato disposto degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. in base al quale andrebbe valorizzata la famiglia intesa come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale». La norma in questione contrasterebbe anche con gli artt. 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per poter garantire a quest’ultimo cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta finalità; infine, sarebbe leso anche l’art. 3 Cost., poiché di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria.
2.– Il TAR rimettente sottopone all’esame di questa Corte una richiesta di pronuncia additiva, volta a colmare una lacuna nella legislazione, ritenuta contraria ai principi costituzionali invocati. Due sono le questioni prospettate, in via gradata, dal giudice a quo.
2.1.– La prima mira ad una declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario».
Tale questione non può essere considerata ammissibile, in ragione del fatto che esigerebbe dalla Corte una pronuncia volta ad introdurre nella disposizione impugnata una previsione di chiusura, di contenuto ampio e indeterminato, in quanto mirante ad estendere la fruibilità del congedo straordinario ad una platea indefinita di soggetti.
La questione va dichiarata, pertanto, inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto modo di evidenziare in altri giudizi analoghi per oggetto, una tale questione, oltre ad eccedere dai limiti della rilevanza nel caso di specie, avrebbe un petitum indeterminato e chiederebbe alla Corte un intervento additivo, in assenza di una soluzione costituzionalmente necessitata (sentenza n. 251 del 2008 su oggetto diverso, ex plurimis, sentenze n. 301 e n. 134 del 2012, n. 16 del 2011, n. 271 del 2010, ordinanze n. 138 e n. 113 del 2012).
2.2.– La seconda questione, avente ad oggetto il medesimo art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente accertata, è fondata.
3.– Per un adeguato inquadramento della questione sollevata, occorre, preliminarmente, ricostruire la ratio legis dell’istituto del congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, alla luce dei suoi presupposti e delle vicende normative e giurisprudenziali che lo hanno caratterizzato.
3.1.– Il congedo straordinario oggi all’esame di questa Corte costituisce uno sviluppo o, meglio, una gemmazione di analoga provvidenza, originariamente prevista dall’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città). La suddetta disposizione, al comma 2, ha riconosciuto per la prima volta ai lavoratori dipendenti pubblici e privati la possibilità chiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, durante il quale il dipendente conserva il posto di lavoro, senza diritto alla retribuzione. Detta previsione è tuttora in vigore.
Successivamente, l’art. 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), ha aggiunto all’art. 4 della legge n. 53 del 2000 il comma 4-bis in base al quale i genitori, anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, hanno diritto a fruire del congedo previsto all’art. 4, comma 2, percependo un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione.
In tal modo, dalla previsione generale del congedo straordinario non retribuito, per gravi motivi familiari, di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000, è derivato un analogo, ma autonomo, congedo per l’assistenza a persone in situazione di handicap grave, assistito dal diritto di percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, nonché coperto da contribuzione figurativa e fruibile alternativamente da parte dei genitori (anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, da uno dei fratelli o delle sorelle conviventi) lavoratori, dipendenti pubblici o privati, i cui figli si trovassero in situazione di disabilità grave da almeno cinque anni, ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).
A seguito dell’emanazione del d.lgs. n. 151 del 2001, l’istituto del congedo straordinario fu inserito al comma 5 dell’art. 42, rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» e, con la modifica operata dall’art. 3, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), il beneficio fu riconosciuto a prescindere dal presupposto della permanenza da almeno cinque anni della situazione di disabilità grave.
3.2.– Giova ancora ricordare che il congedo straordinario per l’assistenza a persone portatrici di handicap grave, così come si è venuto configurando a seguito dei ripetuti interventi del legislatore fin qui ricordati, è stato più volte portato all’esame di questa Corte che, con successive pronunce, ha progressivamente ampliato il novero dei soggetti aventi diritto al beneficio.
Ad un primo vaglio della problematica, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con un disabile grave di fruire del congedo straordinario ivi indicato, nell’ipotesi in cui i genitori fossero impossibilitati a provvedere all’assistenza del figlio affetto da handicap, perché totalmente inabili (sentenza n. 233 del 2005).
In una seconda occasione, è stata poi dichiarata l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui non includeva, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti già indicati dalla norma, il coniuge convivente della persona in situazione di disabilità grave (sentenza n. 158 del 2007).
Da ultimo, l’illegittimità costituzionale ha colpito la medesima disposizione nella parte in cui non includeva nel novero dei soggetti beneficiari il figlio convivente, anche qualora questi fosse l’unico soggetto in grado di provvedere all’assistenza della persona affetta da handicap grave (sentenza n. 19 del 2009).
3.3.– Successivamente alle ricordate decisioni della Corte costituzionale, il legislatore è intervenuto nuovamente nella materia dei congedi spettanti per l’assistenza a persone con disabilità grave, in sede di attuazione della delega contenuta nell’art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro). Tale delega è stata attuata dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi), in particolare dagli artt. 3 e 4.
Il testo oggi in vigore dell’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, come modificato dal d.lgs. n. 119 del 2011, ha ampliato la platea dei soggetti a cui tale diritto è riconosciuto, recependo gli interventi della giurisprudenza costituzionale succedutesi in questi anni, poco sopra ricordati, ma altresì individuando un rigido ordine gerarchico tra i possibili beneficiari, che non può essere alterato in base ad una libera scelta della persona disabile.
Va ricordato che il d.lgs. n. 119 del 2011 ha inciso anche sugli istituti indiretti della retribuzione, che in passato erano riconosciuti anche in relazione ai periodi di fruizione del congedo, stabilendo che il periodo straordinario di congedo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Il legislatore ha inoltre stabilito un tetto massimo all’indennità dovuta al lavoratore e alla relativa contribuzione figurativa. D’altra parte il datore di lavoro privato detrae l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti.
In tal modo, lo Stato eroga una provvidenza sociale in forma indiretta, sostenendo gli oneri relativi al congedo straordinario retribuito, che consentono al lavoratore di farsi carico dell’assistenza di un parente disabile grave, percependo un’indennità commisurata alla retribuzione.
3.4.– Da quanto fin qui esposto, si può osservare che l’istituto dei congedi per assistere familiari portatori di handicap grave ha subito una profonda trasformazione, sotto un duplice profilo: il primo riguarda gli aspetti economici e il secondo i soggetti destinatari della norma.
Sotto il primo profilo, la disposizione impugnata, nel testo oggi in vigore, delinea un beneficio che assicura al lavoratore una entrata per tutto il periodo in cui è esonerato dall’attività lavorativa; detta indennità è commisurata all’ultima retribuzione percepita, anche se non del tutto coincidente con la stessa, entro un tetto massimo annuale e per una durata non superiore ai due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa; d’altra parte, l’onere economico non resta totalmente a carico del datore di lavoro, in particolare di quello privato, il quale a sua volta lo deduce dagli oneri previdenziali. In tal modo il legislatore ha istituito una forma indiretta o mediata di assistenza per i disabili gravi, basata sulla valorizzazione delle espressioni di solidarietà esistenti nel tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente alla lettera e allo spirito della Costituzione, a partire dai principi di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli artt. 2 e 118, quarto comma, Cost. Il legislatore ha inteso, dunque, farsi carico della situazione della persona in stato di bisogno, predisponendo anche i necessari mezzi economici, attraverso il riconoscimento di un diritto al congedo in capo ad un suo congiunto, il quale ne fruirà a beneficio dell’assistito e nell’interesse generale. Il congedo straordinario è, dunque, espressione dello Stato sociale che si realizza, piuttosto che con i più noti strumenti dell’erogazione diretta di prestazioni assistenziali o di benefici economici, tramite facilitazioni e incentivi alle manifestazioni di solidarietà fra congiunti.
Sotto il secondo profilo, il congedo straordinario di cui si discute, benché fosse originariamente concepito come strumento di tutela rafforzata della maternità in caso di figli portatori di handicap grave e sia tuttora inserito in un testo normativo dedicato alla tutela e al sostegno della maternità e della paternità (come recita il titolo del d.lgs. n. 151 del 2001), ha assunto una portata più ampia. La progressiva estensione del complesso dei soggetti aventi titolo a richiedere il congedo, operata soprattutto da questa Corte, ne ha dilatato l’ambito di applicazione oltre i rapporti genitoriali, per ricomprendere anche le relazioni tra figli e genitori disabili, e ancora, in altra direzione, i rapporti tra coniugi o tra fratelli.
Al fine di adeguare le misure di assistenza alle emergenti situazioni di bisogno e alla crescente richiesta di cura che origina, tra l’altro, dai cambiamenti demografici in atto, questa Corte ha ritenuto che il legislatore avesse illegittimamente trascurato quelle situazioni di disabilità che si possono verificare in dipendenza di eventi successivi alla nascita o in esito a malattie di natura progressiva o, ancora, a causa del naturale decorso del tempo. Anche per tali situazioni, come nel caso di figli portatori di handicap, vale il principio che la cura della persona disabile in ambito familiare è in ogni caso preferibile e, ciò che più rileva, più rispondente ai principi costituzionali, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito (sentenza n. 158 del 2007).
Nella sua formulazione attuale, dunque, il congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fruibile per l’assistenza delle persone portatrici di handicap grave, costituisce uno strumento di politica socio-assistenziale, basato sia sul riconoscimento della cura prestata dai congiunti sia sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale e intergenerazionale, di cui la famiglia costituisce esperienza primaria, in attuazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, Cost.
3.5.– Del resto, tale evoluzione si pone in linea con i principi affermati nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha da tempo chiarito che la tutela della salute psico-fisica del disabile postula anche l’adozione di interventi economici integrativi di sostegno delle famiglie «il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap» (sentenze n. 19 del 2009, n. 158 del 2007 e n. 233 del 2005), tra cui rientra anche il congedo in esame.
Sottolineando l’essenziale ruolo della famiglia nell’assistenza e nella socializzazione del soggetto disabile (ex plurimis sentenza n. 233 del 2005, che si richiama a principi già affermati sin dalle sentenze n. 215 del 1987 e n. 350 del 2003), la Corte vuol mettere in rilievo che una tutela piena dei soggetti deboli richiede, oltre alle necessarie prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la cura, l’inserimento sociale e, soprattutto, la continuità delle relazioni costitutive della personalità umana.
4.– Alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale sin qui esposta, della ratio legislativa che ne è emersa e, soprattutto, dei principi costituzionali che il congedo straordinario concorre ad attuare, consegue la fondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n.151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente – nonché, per evidenti motivi di coerenza e ragionevolezza, gli altri parenti e affini più prossimi all’assistito, comunque conviventi ed entro il terzo grado – in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti indicati dalla legge secondo un ordine di priorità, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, Cost.
La limitazione della sfera soggettiva attualmente vigente può infatti pregiudicare l’assistenza del disabile grave in ambito familiare, allorché nessuno di tali soggetti sia disponibile o in condizione di prendersi cura dello stesso. La dichiarazione di illegittimità costituzionale è volta precisamente a consentire che, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti menzionati nella disposizione censurata, e rispettando il rigoroso ordine di priorità da essa prestabilito, un parente o affine entro il terzo grado, convivente con il disabile, possa sopperire alle esigenze di cura dell’assistito, sospendendo l’attività lavorativa per un tempo determinato, beneficiando di un’adeguata tranquillità sul piano economico.
D’altra parte occorre ricordare che il congedo straordinario di cui si discute è fruibile solo per l’assistenza alle persone portatrici di handicap in situazione di gravità debitamente accertata ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 104 del 1992, cioè a quelle che presentano una minorazione tale da «rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione».
Infine, non è superfluo rammentare che il legislatore ha già riconosciuto il ruolo dei parenti e degli affini entro il terzo grado proprio nell’assistenza ai disabili in condizioni di gravità, attribuendo loro il diritto a tre giorni di permessi retribuiti su base mensile, ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992.
Di conseguenza, l’ordinamento già assicura un rilievo giuridico ai legami di parentela e di affinità entro il terzo grado a determinati fini legati alla cura e all’assistenza di persone disabili gravi, qualora si verifichino alcune condizioni, che sono del tutto assimilabili a quelle stabilite dal legislatore per la fruizione del congedo straordinario retribuito di cui all’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, cioè a dire che la persona disabile sia in situazione di gravità accertata, non sia ricoverata a tempo pieno e esclusivamente in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti di parenti o affini più prossimi. Né si può comprendere perché il riconoscimento dell’apporto dei parenti e degli affini entro il terzo grado all’assistenza dei disabili gravi debba essere circoscritto ai permessi di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104 del 1992; tale asimmetria normativa costituisce un ulteriore argomento a sostegno della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’omessa menzione di tali soggetti tra quelli legittimati a richiedere il congedo straordinario disciplinato nella disposizione impugnata.
5.– Restano assorbiti gli altri motivi di censura.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nella parte in cui «in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario», con ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013.

Franco GALLO, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2013.

Il Direttore della Cancelleria
Gabriella MELATTI

Nota 18 luglio 2013, AOODGSC Prot. n. 4907

Ministero dell’Istruzione dell’Universita e della Ricerca
Direzione Generale per lo Studente, l’lntegrazione, la Partecipazione e la Comunicazione

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
p.c. Al Capo Dipartimento per l’Istruzione
SEDE
Ai Dirigenti Scolastici delle scuole polo per la scuola in ospedale
LORO SEDI
Ai referenti regionali per la scuola in ospedale presso gli UU.SS.RR.

Nota 18 luglio 2013, AOODGSC Prot. n. 4907

OGGETTO: Monitoraggio delle azioni e delle risorse assegnate per la scuola in ospedale e l’istruzione domiciliare, per l’anno scolastico 2012 – 2013 (ex L. 440/1997): €. 2.820.700,00.

Nota 27 giugno 2013, Prot. 1551

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione

 

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali

Al Direttore Generale per gli Ordinamenti scolastici

Oggetto: nota su Piano Annuale per l’Inclusione

Si trasmette la nota concernente il Piano Annuale per l’Inclusività previsto dalla C.M. n. 8/2013 a firma del Capo Dipartimento per l’Istruzione.

Nel significare l’importanza di tale strumento, nella prospettiva di una scuola sempre più inclusiva, si è ritenuto che, per questa prima fase di attuazione, anche in considerazione del sovrapporsi di vari adempimenti collegati con la chiusura del corrente Anno Scolastico, ciascun Ufficio Scolastico Regionale, nell’ambito della propria discrezionalità e sulla scorta delle esigenze emergenti nel proprio territorio di competenza – evitando scadenze prescrittive nell’immediato – definirà tempi e modi per la restituzione dei P.A.I. da parte delle Istituzioni scolastiche.

Al contempo, si propone che il prossimo anno scolastico venga utilizzato per sperimentare e monitorare procedure, metodologie e pratiche anche organizzative, legate all’attuazione della Direttiva del 27 dicembre 2012 ed alla successiva CM 8/2013, tenuto conto delle caratteristiche di complessità introdotte dalle stesse.

Le SS.LL. sono pregate di diffondere con tempestività le comunicazioni di cui trattasi alle istituzione scolastiche del territorio di appartenenza.

IL DIRETTORE GENERALE

Giovanna Boda

 

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Direttore Generale per gli Ordinamenti scolastici
SEDE
Al Direttore Generale per lo Studente
SEDE

Oggetto: Piano Annuale per l’Inclusività – Direttiva 27 dicembre 2012 e C.M. n. 8/2013

Come noto, la C.M. n. 8 del 6 marzo 2013 prevede che il Gruppo di lavoro per l’inclusione di ciascuna istituzione scolastica elabori una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico. A tale scopo, il Gruppo procederà ad un’analisi delle criticità e dei punti di forza degli interventi di inclusione scolastica operati nell’anno appena trascorso […].

Con la presente nota si ritiene opportuno ribadire – come chiarito nel corso della Conferenza di Servizio tenutasi a Montecatini dal 7 al 9 giugno scorsi – che scopo del Piano annuale per l’Inclusività (P.A.I.) è fornire un elemento di riflessione nella predisposizione del POF, di cui il P.A.I. è parte integrante. Il P.A.I., infatti, non va inteso come un ulteriore adempimento burocratico, bensì come uno strumento che possa contribuire ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi, per creare un contesto educante dove realizzare concretamente la scuola “per tutti e per ciascuno”. Esso è prima di tutto un atto interno della scuola autonoma, finalizzato all’auto-conoscenza e alla pianificazione, da sviluppare in un processo responsabile e attivo di crescita e partecipazione.

In questa ottica di sviluppo e monitoraggio delle capacità inclusive della scuola – nel rispetto delle prerogative dell’autonomia scolastica – il P.A.I. non va dunque interpretato come un “piano formativo per gli alunni con bisogni educativi speciali”, ad integrazione del P.O.F. (in questo caso più che di un “piano per l’inclusione” si tratterebbe di un “piano per gli inclusi”). Il P.A.I. non è quindi un “documento” per chi ha bisogni educativi speciali, ma è lo strumento per una progettazione della propria offerta formativa in senso inclusivo, è lo sfondo ed il fondamento sul quale sviluppare una didattica attenta ai bisogni di ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni, le linee guida per un concreto impegno programmatico per l’inclusione, basato su una attenta lettura del grado di inclusività della scuola e su obiettivi di miglioramento, da perseguire nel senso della trasversalità delle prassi di inclusione negli ambiti dell’insegnamento curricolare, della gestione delle classi, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici, delle relazioni tra docenti, alunni e famiglie.

Tali complessi e delicati passaggi – proprio affinché l’elaborazione del P.A.I. non si risolva in un processo compilativo, di natura meramente burocratica anziché pedagogica – richiedono un percorso partecipato e condiviso da parte di tutte le componenti della comunità educante, facilitando processi di riflessione e approfondimento, dando modo e tempo per approfondire i temi delle didattiche inclusive, della gestione della classe, dei percorsi individualizzati, nella prospettiva di un miglioramento della qualità dell’integrazione scolastica, il cui modello – è bene ricordarlo – è assunto a punto di riferimento per le politiche inclusive in Europa e non solo.

In tal senso occorrerà – sia a livello di Amministrazione centrale che periferica – proseguire nel percorso di accompagnamento già avviato, teso a promuovere specifiche azioni di formazione, informazione e supporto per aiutare le istituzioni scolastiche a cimentarsi in questa nuova sfida, valorizzando le esperienze delle scuole che già adesso hanno saputo organizzarsi rispettando le scadenze indicate nella CM 8/13, affinché il P.A.I. possa entrare, in modo regolare, convinto ed efficace nella prassi organizzativa delle nostre scuole come strumento per promuovere la vera inclusione.

A tal fine, per questa prima fase di attuazione, tenuto conto del sovrapporsi di vari adempimenti collegati con la chiusura del corrente anno scolastico, ciascun Ufficio Scolastico Regionale, nell’ambito della propria discrezionalità e sulla scorta delle esigenze emergenti nel proprio territorio di competenza, definirà tempi e modi per la restituzione dei P.A.I. da parte delle Istituzioni scolastiche, tenuto conto che, per le caratteristiche di complessità introdotte dalla Direttiva del 27 dicembre 2012, il prossimo anno scolastico dovrà essere utilizzato per sperimentare e monitorare procedure, metodologie e pratiche anche organizzative.
Resta fermo che il P.A.I. non sostituisce le richieste di organico di sostegno delle scuole, che dovranno avvenire secondo le modalità definite da ciascun Ambito Territoriale.

È inoltre intenzione della scrivente procedere a una raccolta delle migliori pratiche in ordine alla definizione dei Piani in parola. A tal fine si richiede la collaborazione delle SS.LL. affinché censiscano le proposte di P.A.I. realizzate nel loro territorio e trasmettendo copia delle rilevazioni, unitamente ad una selezione delle buone pratiche, alla Direzione Generale per lo Studente, agli indirizzi: dgstudente.direttoregenerale@istruzione.it e raffaele.ciambrone@istruzione.it. Tale raccolta costituirà uno strumento utile di riflessione e condivisione per le singole realtà scolastiche.

Confidando nella sensibilità e nell’attenzione degli uffici dell’Amministrazione, si resta a disposizione per qualunque ulteriore chiarimento e si ringrazia per la consueta fattiva collaborazione.

IL CAPO DIPARTIMENTO
f.to Lucrezia Stellacci

Nota 25 giugno 2013, Prot. n. AOODGPER. 6435

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’Istruzione

Direzione Generale per il personale scolastico – Uff. II

Ai DIRETTORI GENERALI degli Uffici Scolastici Regionali

LORO SEDI

Oggetto: Conferimento e mutamento di incarico dirigenti scolastici – Applicazione legge 104/92.

 

 

Pervengono a questa Direzione generale numerosi quesiti sull’applicazione della tutela prevista dalla legge 104/92 nella fase  di individuazione del dirigente scolastico soprannumerario per dimensionamento della rete scolastica.

A tal riguardo, si invitano le SS.LL. a tenere in debita considerazione le priorità previste dalla suddetta legge anche ai fini dell’individuazione del dirigente scolastico soprannumerario nei casi di cui alla lettera b dell’art.11 del CCNL area V del 2006.

La tutela prevista dalla legge 104/92 è da considerarsi una tutela generale che non si riferisce solo al momento dell’assunzione ma si estende anche alle fasi successive dello svolgimento del rapporto di lavoro,ivi compresa l’assegnazione di altri incarichi.

I criteri contrattuali di continuità di sede e di anzianità di servizio devono essere contemperati con le esigenze fondamentali di rango normativo di tutela,di assistenza e di integrazione dei soggetti diversamente abili così come previsto anche dall’art.9 comma 3 del CCNL area V del 2010.

La legge 104 opera non solo nel determinare la priorità nella scelta della sede, ma anche nel soddisfacimento dell’interesse del lavoratore a non essere allontanato dalla attuale sede di lavoro (si cita all’uopo l’art.47 del CCNI sulla mobilità del personale docente, educativo ed ATA).

Occorre, infine, distinguere tra il caso disciplinato dall’art 21 e quello dell’art 33, applicabili in via analogica ai casi di specie.

 

IL DIRETTORE GENERALE

f.to  Luciano Chiappetta

Nota USR Lombardia 29 maggio 2013, Prot. n. MIUR AOODRLO R.U. 5985

Direzione Generale
Ufficio IV – Rete scolastica e politiche per gli studenti
Via Pola, 11 – 20124  Milano
Posta Elettronica Certificata: drlo@postacert.istruzione.it

Prot. n. MIUR AOODRLO R.U. 5985
Milano, 29 maggio 2013

Ai dirigenti Ambiti Territoriali
della Lombardia

Ai referenti provinciali BES

Ai dirigenti scolastici degli istituti
scolastici statali e paritari
della Lombardia

Oggetto: Azioni del Tavolo di lavoro BES – Ricognizione su problematiche relative ai BES

Nell’ambito della azioni promosse dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia per sostenere il lavoro delle scuole in attuazione della Direttiva Ministeriale sugli alunni con Bisogni Educativi Speciali del 27 dicembre ’12 è stato costituito, come già comunicato con Nota del 3 maggio u.s. (prot. 4289), un tavolo tematico di confronto con i Dirigenti Scolastici con l’obiettivo, in questa fase, di individuare le esigenze prioritarie delle scuole e avviare il lavorio di definizione di linee guida regionali.

Il Tavolo di lavoro dei Dirigenti Scolastici ha inteso dar corso al proprio compito operativo individuando, quale immediata priorità, la ricognizione delle principali questioni e delle prevalenti problematiche emerse nelle scuole a seguito dell’emanazione della Direttiva e della successiva C.M.8  del 6 marzo u.s.

Obiettivo di tale azione di ricognizione è, evidentemente, di raccogliere e organizzare le questioni più controverse emerse e dibattute all’interno delle scuole lombarde intorno ai contenuti e alle indicazioni operative della Direttiva, al fine di ricostruire il quadro delle criticità maggiormente riscontrate e di delineare lo scenario dei bisogni di supporto, di consulenza e di intervento intorno ai quali organizzare le successive attività e, in prospettiva, definire i contenuti delle linee guida regionali.

A tale scopo, pertanto, si chiede cortesemente ai Dirigenti Scolastici di partecipare alla rilevazione predisposta da questo Ufficio, collegandosi alla pagina http://www.formistruzionelombardia.it/  Questioni aperte BES e inserendo, negli spazi predisposti, le principali questioni aperte intorno ai contenuti della Direttiva emersi nel dibattito interno alle scuole, espresse in forma di domanda.

Per facilitare la compilazione le domande sono organizzate in 8 aree tematiche di carattere generale (Valutazione/Prove Invalsi/Esami di Stato, PDP/Individualizzazione/personalizzazione, Formazione, Risorse professionali/Organici, Certificazioni, Rapporti con le risorse e i soggetti esterni alla scuola, Strutture di supporto territoriale, Specifiche tipologie di BES) al solo scopo organizzare e semplificare la raccolta e la successiva elaborazione delle questioni aperte. Sarà possibile inserire in ciascun campo fino ad un massimo di 3 domande.

Non è, naturalmente, necessario segnalare e inserire questioni aperte in tutte le aree tematiche né in tutti i campi indicati.

La rilevazione sarà aperta dal 30 maggio 2013 fino al 10 giugno 2013.

Si ringrazia per la consueta collaborazione.

Il dirigente
Morena Modenini

*Informazioni tecniche per l’accesso alla piattaforma

Per accedere al modulo di iscrizione ogni scuola dovrà cliccare sulla parola “Accesso” in alto a destra dello schermo ed inserire le proprie credenziali (codice meccanografico e password).

Per problemi di reset e/o recupero password occorre collegarsi alla pagina http://www.formistruzionelombardia.it/cambiopwd/  rispettando i caratteri MAIUSCOLO e minuscolo richiesti nei campi previsti.
All’indirizzo mail comunicato nella pagina di accesso arriverà una mail con oggetto “Richiesta modifica Password” che riporta nel corpo del messaggio un link che, attivato con un click del mouse, porterà in una pagina dove digitare la Nuova Password e Riconferma Password.

Per informazioni relative alla compilazione della scheda di iscrizione le scuole possono contattare Giuliana Talarico via mail giulital@gmail.com o al seguente n. telefonico 0382513402.

Per problemi di natura tecnico/informatica legati SOLO all’uso del portale è possibile contattare Aldo Russo via mail aldo.russo.203@istruzione.it

MM/bb

Referente: Bruna Baggio
02 574 627 261 – bruna.baggio@istruzione.it

Nota USR Emilia Romagna 29 maggio 2013, Prot. 6721

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della RicercaUfficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna
Direzione Generale
Ufficio III – Diritto allo studio. Istruzione non statale

Nota USR Emilia Romagna 29 maggio 2013, Prot. 6721

Oggetto: BES – Alunni con bisogni educativi speciali (Direttiva ministeriale 27 dicembre 2012 e Circolare Ministeriale 6 marzo 2013, n. 8) Piano per l’inclusione scolastica. Materiali e proposte per la formazione dei docenti a.s. 2013-2014

Nota USR Lazio 16 maggio 2013, A00DRLA Prot. n. 12466

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio
Direzione Generale – Ufficio III

Nota USR Lazio 16 maggio 2013, A00DRLA Prot. n. 12466
Ai Dirigenti delle Istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado del Lazio
LORO SEDI

 

OGGETTO: Corsi di formazione e aggiornamento per l’integrazione degli alunni disabili.

Lettera 12 aprile 2013

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica
– Ufficio Sesto –

 

Avv. NOCERA
Roma

Oggetto: circolare n.7 del 19-2-2013. Formazione commissioni esami di Stato. Docente di sostegno.

Ai sensi della C.M. n.7/2013- paragrafo Formazione delle Commissioni- Criteri generali – i docenti di sostegno, in possesso di specifica abilitazione, che, prima di svolgere l’attività di sostegno, siano stati in una delle condizioni indicate dall’art. 5 del DM n.6 del 17 gennaio 2007, hanno facoltà di presentare domanda di nomina a commissari esterni.

Viene lamentato il fatto che il riferimento all’art.5 del DM n.6/2007 (Modalità e termini per l’affidamento delle materie oggetto degli esami di Stato ai commissari esterni e i criteri e le modalità di nomina, designazione e sostituzione dei componenti delle commissioni degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore) sia errato, in quanto tale articolo si riferisce ai criteri di nomina dei Presidenti e non già dei Commissari esterni.

Si fa presente che tale norma è ormai consolidata da tempo (in tal senso vi sono anche precedenti risposte dell’Amministrazione) e non vuole affatto penalizzate i docenti di sostegno, chiedendo loro requisiti più stringenti rispetto ai docenti delle discipline curricolari.

A riguardo, si ritiene opportuno rammentare che l’attuale normativa (citato D.M. n. 6 del 17/1/07, art. 6) ha stabilito un criterio puntuale per la scelta dei commissari esterni; tale criterio è ispirato alla ratio per cui deve essere nominato prioritariamente il docente cui è affidata una specifica materia d’insegnamento.

Tale principio giustifica l’ulteriore requisito richiesto (dieci anni) al docente di sostegno per la nomina a commissario esterno rispetto alle altre categorie, tanto che, se in possesso di tale requisito, nella fase di nomina viene trattato dalla procedura alla pari dei docenti di ruolo.

Giova precisare che il possesso del requisito dei dieci anni di ruolo prima della nomina sul posto di sostegno, richiesto dalla circolare n.7, vuole garantire l’Amministrazione che il docente di sostegno aspirante alla nomina abbia, comunque, già acquisito una consolidata qualificazione professionale sulla specifica disciplina.

Si assicura, comunque, che la richiesta di cui trattasi, verrà riesaminata nel prossimo anno scolastico qualora si dovesse affrontare una revisione dell’attuale normativa.

Antonio Cannoletta

Nota USR Piemonte 11 marzo 2013, Prot. n. 2318/U

MIUR – Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte

Ufficio VI – Diritto allo studio e comunicazione

 

 

Ai Dirigenti delle scuole dell’infanzia

 e degli Istituti Comprensivi

del Piemonte

 

 

                                                                                  Ai Dirigenti e Reggenti

degli Ambiti Territoriali del Piemonte

 

e p.c. Alle OO.SS. del Comparto Scuola

 

Oggetto: permanenza/trattenimento alla scuola dell’infanzia di bambini in età dell’obbligo scolastico

 

Le iscrizioni alle scuole dell’infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l’anno scolastico 2013/2014 sono disciplinate dalla circolare n. 96 del 17 dicembre 2012. La circolare richiamata sancisce che “I genitori o i soggetti esercenti la potestà genitoriale devono iscrivere alla classe prima della scuola primaria i bambini che compiono sei anni di età entro il 31 dicembre 2013.

Si rammenta che l’eventuale permanenza/trattenimento alla scuola dell’infanzia di bambini in età dell’obbligo scolastico (alunni nati entro il 31/12/2007) deve considerarsi straordinaria e del tutto eccezionale, deve riferirsi alla indispensabile condizione di disabilità certificata e, naturalmente, deve essere adeguatamente motivata con progetto approvato dal Collegio dei Docenti.

Prima di entrare nello specifico della procedura da seguire, si richiamano i principali riferimenti normativi:

a) La circolare ministeriale n. 235 del 1975 chiarisce che “avuto riguardo alle attribuzioni e ai compiti del collegio degli insegnanti in generale (art. 4 – in particolare lettera l) – del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416) e del collegio, in specie, delle insegnanti di scuola materna (art. 32 del medesimo D.P.R.), si demanda a tale organo, con la partecipazione degli specialisti aventi compiti medico e socio-psico-pedagogici, di decidere dell’iscrizione di bambini handicappati che abbiano superato il sesto anno di età. Di tale decisione sarà data motivazione, per ciascun soggetto, nel verbale della seduta del collegio sia che si tratti d’iscrizione a scuole o sezioni speciali e sia che si tratti di iscrizioni per l’integrazione in scuole o sezioni comuni. In entrambi i casi è da considerare l’opportunità di seguire con particolare attenzione i risultati dell’intervento della scuola anche allo scopo di offrire elementi di giudizio per una nuova regolamentazione della delicata materia.

b)  La Legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 14 prevede tra le modalità di attuazione dell’integrazione/inclusione “la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell’esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola, consentendo il completamento della scuola dell’obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età; nell’interesse dell’alunno, con deliberazione del collegio dei docenti, sentiti gli specialisti di cui all’articolo 4, secondo comma, lettera l), del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, su proposta del consiglio di classe o di interclasse, può essere consentita una terza ripetenza in singole classi.

c)  L’art. 7, comma 3, del DPR n. 275 del 1999  richiama la possibilità nel caso di reti di scuole che “l’accordo può prevedere lo scambio temporaneo di docenti, che liberamente vi consentono, fra le istituzioni che partecipano alla rete i cui docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti che accettano di essere impegnati in progetti che prevedono lo scambio rinunciano al trasferimento per la durata del loro impegno nei progetti stessi, con le modalità stabilite in sede di contrattazione collettiva.”

Alla luce di quanto esposto, ribadendo la natura eccezionale della procedura, la permanenza alla scuola dell’infanzia di bambini in età dell’obbligo scolastico richiede quattro diversi elementi, sostenuti da una progettualità condivisa tra scuola, famiglia e ASL:

1) richiesta motivata della famiglia;

2) certificazione (o parere tecnico) dell’ASL che segue il minore disabile in cui sia accertata la previsione di un vantaggio specifico, in termini di opportunità, nell’apprendimento e nello sviluppo del soggetto se trattenuto nella scuola dell’infanzia e – per contro – la perdita di opportunità in termini di apprendimento e di sviluppo  nel caso di passaggio alla scuola primaria;

3) progetto specifico predisposto dai docenti della sezione della scuola con l’illustrazione dettagliata degli interventi didattico-pedagogici;

4) delibera del Collegio dei Docenti che approvi il progetto di permanenza, e valuti anche la stabilità del contesto scolastico, inteso come possibilità di mantenere un legame con il gruppo di appartenenza.

 

Si ringrazia per la collaborazione e per l’attenzione ai processi di inclusione.

 

IL VICE DIRETTORE GENERALE

Silvana Di Costanzo