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Lettera a Massimo

Lettera a Massimo

di Maurizio Tiriticco

Massimo è un mio ex alunno, con cui ho conservato rapporti di cordialità e di amicizia! Lui legge le cose con gli occhi! E’ un fotografo di vaglia, anche se dilettante! Io le cose le vedo e le leggo. A volte lescrivo, con la penna: anzi con la tastiera! Caro Massimo! Oggi purtroppo le tue splendide foto di serenità e di pace sono oscurate, annerite e offese dalle terribili foto che ci giungono da luoghi in cui le lancette dell’orologio sembrano essere tornate indietro di decenni. Esattamente a quel terribile primo settembre 1939, quando i carri armati di Hitler varcarono i confini della Polonia. La follia di Hitler! Che era quella di conquistare il mondo e di “ripulirlo” da tutte le cosiddette “razza inferiori”! Per sostituirle con la pura razza ariana! E, come sai, in quel clima di follia, in case specializzate tedesche, baldi giovanotti delle SS, possibilmente alti, biondi e pallidoni, si univano con belle ragazzotte tedesche, ovviamente bionde e formose. Perché? Per dare ad Hitler i primi futuri abitanti di un pianeta… perfettamente ripulito… dopo la immancabile vittoria!!! E si ebbero così migliaia di veri e propri figli di nessuno!

Le altre razze – cosiddette, perché, come sai, esiste una sola razza, quella umana – sarebbero finite tutte nei campi di sterminio! Costruiti in più regioni europee da ingegneri più che esperti! Governati da un personale di prim’ordine, ovviamente più che consapevole degli orrendi compiti che gli erano affidati. Penso agli zingari, ai sinti; penso ai nostri concittadini calabresi e siciliani! Carnagione scura e capelli nerissimi! Cosa incompatibile con i progetti nazisti! E, se questa follia, sostenuta da quella del suo compare Mussolini, fosse risultata vincitrice, io e te non staremmo qui a corrispondere con FB! Una piattaforma comunicativa che oggi, purtroppo, è negata ai nostri amici russi! I quali possono vedere, possono sapere, ma debbono assolutamente tacere. La storia si ripete? Nella Russia di Putin tutti sono condannati a tacere! Non solo nelle piazze! Anche nelle loro case! Mi ricordo che, ai tempi della seconda guerra mondiale, in Italia in ogni palazzo c’era il cosiddetto “capo fabbricato”! Di fatto era il fascistone di ferro tenuto a spiare ciò che pensavano e dicevano i condomini.

Tempi duri, anche, oggi! E non solo per la Roma Repubblicana di tanti secoli fa! Perché in realtà, mutatis mutandis, potremmo dire: “Quo usquetandem, Vladimir, abutère patientia nostra?”. Ma ti confesso che ciò che mi addolora e mi preoccupa di più sono l’insipienza, e l’impotenza, delle Nazioni Unite! L’ONU fu istituita nel secondo dopoguerra, in seguito allo scioglimento della Società delle Nazioni, nata dopo la prima guerra mondiale e che non fu capace di evitare lo scoppio della seconda. In quegli anni ci garantirono che l’ONU sarebbe stata tutt’altra cosa! Sarebbe stata… Mentre scrivo nel caldo del mio studio, milioni di nostri concittadini del mondo stanno soffrendo. E soprattutto in quella terra di Ucraina, aggredita, bombardata, saccheggiata dai soldati di Putin! Ed io, 94enne un po’ rinco, un po’acciaccatello, non posso fare altro che incazzarmi e.. scrivere! A te, Massimo! Ma adesso invio questo mio sfogo a tutti gli amici del web!

Putin

Putin

di Maurizio Tiriticco

Pazzo o criminale? Od ambedue le cose? Oppure di una intelligenza… diabolica? Comunque, un dirigente politico di prima grandezza, che guida e governa un Paese come la Russia, uno dei più grandi, popolosi ed importanti al mondo! Che lo guida con i sistemi più autoritari ed antidemocratici che si conoscono. E’ al potere dal 31 dicembre 1999. Sono trascorsi ben 23 anni! Ma come lo esercita questo potere? Che dire? Se pensiamo alla brutta fine che fatto fare ad Aleksej Naval’nyj, che il 19 maggio del 2018 aveva osato fondare il Partito Democratico del Progresso, o Russia del Futuro…

Putin è di origini modeste. E’ nato e cresciuto nel 1952 a Leningrado, oggi ritornata all’antico nome di San Pietroburgo. Il web ci dice che il nonno aveva lavorato come cuoco in una dacia per Lenin e Stalin; che la madre era operaia e che il padre era un sommergibilista. Ed ovviamente, un comunista modello! E grande appassionato di sport, judosoprattutto. Laureatosi in legge, entrò nel KGB, il Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, ovvero Comitato per la Sicurezza dello Stato. Dal 1985 al 1989 lavorò per i servizi segreti, nella Repubblica Democratica Tedesca. Al ritorno in Russia, si schierò con l’ala favorevole alla Perestroj (il complesso di riforme politico-sociali ed economiche in atto nell’URSS a metà degli anni ottanta) e ricoprì diversi incarichi nell’amministrazione municipale di San Pietroburgo retta dal riformista Sobcak. Dal 1996 si trasferì a Mosca ed entrò nello staff del PresidenteBoris Eltsin. Dopo essere stato a capo del Consiglio di Sicurezza Federale (ex KGB) e a capo del Consiglio di Sicurezza Russo, nell’agosto del 1999 assunse la carica di primo ministro. Dopo le dimissioni a sorpresa di Eltsin nella notte di Capodanno, divenne ad interim capo dello Stato. Ed alle elezioni del marzo 2000 fu confermato alla guida del Paese con il 53% dei consensi.

Lanciò una politica intelligente e positiva. Puntò al risanamento economico tramite la privatizzazione di importanti imprese statali ed attuò riforme nell’ambito pensionistico, bancario e fiscale. La sua campagna contro la corruzione ampliò il suo consenso: infatti colpì oligarchi come Berezovskij, Gusinskij e Chodorkovskij. Da un punto di vista geopolitico, puntò a far riconquistare alla Russia la posizione di leadership nell’area asiatica ed eurasiatica. Ma è soprattutto grazie alla guerra che Putin conquistò il potere. Già da primo ministro aveva dato via libera ai militari di mettere a ferro e fuoco la Cecenia. Celebre la sua promessa: “stanare i terroristi fin nelle latrine”. E così fece, fino a instaurare un regime fantoccio nel Paese, guidato da un certo Ramzan Kadyrov, accusato più volte di torture e omicidi, soprattutto nei confronti di oppositori e di omosessuali. Le reazioni agli attentati della scuola di Beslan e del teatroDubrovka furono furiose. Grozny fu assediata e rasa praticamente al suolo. Le operazioni in Cecenia furono dichiarate concluse solo nel 2009.

Dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 agli Stati Uniti da parte di fondamentalisti islamici, Putin sostenne George W. Bush nella lotta al terrorismo internazionale. Si oppose però all’intervento armato della coalizione angloamericana in Iraq contro il regime del dittatore Saddam Hussein. Si oppose anche alle operazioni contro Muhammar Gheddafi in Libia durante le Primavere Arabe. Alle elezioni del 2004 venne rieletto con il 71,2% delle preferenze senza una vera opposizione. La sua campagna elettorale puntò sulla lotta al terrorismo e sulla ripresa economica. Va ricordato che fu il primo presidente russo a recarsi in visita nello Stato di Israele nel 2005. Contemporaneamente si dedicò a ricucire i rapporti con gli Stati riuniti nella CSI, la Comunità degli Stati Indipendenti, erede mai compiuta dell’Unione Sovietica, soprattutto dopo il progressivo allargarsi dell’Unione Europea e della NATO verso i Paesi ex socialisti.

Alle elezioni del 2008, in seguito all’avvicendamento di Dmitrij Medvedev alla guida del Paese, Putin ricoprì la carica di primo ministro e continuò ad avere un ruolo di primo piano nella politica estera. Alle elezioni presidenziali del 2012 tornò a essere eletto presidente con il 60% delle preferenze; idem in quelle del 2018. Nel 2014, esplose la questione Ucraina. Dopo il progressivo avvicinamento di Kiev all’Occidente (Nato e Unione Europea), la cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004, Mosca cominciò a nutrire forti preoccupazioni. Ed agì militarmente occupando la penisola di Crimea. Contestualmente si mobilitarono i combattenti filorussi nel Donbass che autoproclamarono due cosiddette Repubbliche popolari: quella di Donetsk e quella di Luhansk. In Russia, con l’approvazione, tramite referendum del 2020, delle riforme costituzionali, fu annullato il vincolo del secondo mandato presidenziale consecutivo. E Putin potrebbe ricandidarsi per altri due mandati e rimanere al potere fino al 2036.L’Occidente, pertanto, accusa Putin di volere esercitare un potere ininterrotto, avendo formato una cosiddetta “democratura”, azzerato le opposizioni, perseguitato le voci di dissenso, avvelenato oppositori, provando anche a destabilizzare le democrazie occidentali tramite gli apparati informatici.

La Russia in questi anni è entrata in diversi scenari di guerra, risultando spesso decisiva: è successo in Siria, in Libia, in Repubblica Centrafricana, in Mali. Operando con l’esercito o con la divisione dei cosiddetti Mercenari Wagner. L’ideologia di Putin può essere definita imperialista e panslavista. Putin nell’estate del 2021 ha pubblicato un saggio sulla sua idea del legame tra Russia e Ucraina, vedendo quest’ultima come parte integrante della prima, un Paese quindi non indipendente. Attualmente la Russia chiede la smilitarizzazione e la “denazificazione” dell’Ucraina, la neutralità di Kiev e il riconoscimento della Crimea come parte della Russia. E non a caso la Russia è stata colpita da pesanti sanzioni da parte dell’Occidente. Oggi è così! E domani? Chissa!?

Sulla vita privata di Putin vige una spessa coltre di riservatezza e di mistero. Putin ha sposato nel 1983Ljudmila Skrebneva, con cui ha avuto due figlie, Maria Putina e Katerina Putina. Dall’annuncio ufficiale nel 2013 della fine del rapporto con la moglie, gli scoop sul gossip sono stati più unici che rari. Secondo alcuni media, Putin avrebbe avuto una relazione con l’ex ginnasta Alina Kabaeva. La coppia, secondo una notizia lanciata dal giornalista Sergej Kanaeev, mamai confermata, avrebbe anche avuto due gemelli. Putin è anche nonno; i nipoti sono nati nel 2018. Per quanto riguarda il suo profilo religioso, Putin si è molto avvicinato alla Chiesa Ortodossa Russa dopo un incidente che nel 1993 coinvolse la moglie e dopo un incendio che colpì la sua dacia.

Questo è Putin: il politico e l’uomo! Oggi! E domani?

Come è possibile!?

Come è possibile!?

di Maurizio Tiriticco

Com’è possibile che oggi un Paese civile come la Russia – almeno lo pensavamo – possa aggredire un Paese limitrofo? Qualunque sia la ragione, reale o presunta! La Russia è un Paese che vanta una lunga tradizione di storia patria e di cultura! Ma… ecco un MA grosso così! Purtroppo è governato da un tale Vladimir Vladimirovič Putin, un ex militare ed un ex funzionario del KGB, Komitet GosudarstvennojBezopasnosti, la tristemente nota polizia segreta dell’Unione Sovietica, attiva dal 13 marzo 1954 al 3 dicembre 1991. Quando, con il crollo dell’Unione Sovietica e con l’avvento di Michail SergeevičGorbačëv, vennero avviate due nuove politiche, quella della perestroika (ricostruzione) e quella della glasnost (trasparenza).

Ma poi? Forse troppo acqua cattiva è passata sotto i ponti! E non ce ne siamo accorti! E Vladimir Vladimirovič Putin è ancora oggi Presidente della Federazione Russa! Fin dal 7 maggio 2012! Ed è al suo quarto mandato, avendo ricoperto precedentemente la carica dal 1999 al 2008. È stato anche primo ministro dal 1999 al 2000 e di nuovo dal 2008 al 2012. Il Compagno Putin!!! Addestrato secondo i terribili canoni dettati e imposti dal Compagno Stalin! Quanti compagni che con Stalin avevano condotto e vinto la grande RIVOLUZIONE di OTTOBRE – la terza, a livello mondiale, dopo quella americana e quella francese; ma potremmo mettere nel conto anche la grande rivoluzione inglese, quella del 1688, l’unica condotta e vinta senza spargimento di sangue – in seguito sono stati processati dai tribunali di Stalin, inviati in Siberia, condannati a morte! I famosi processi farsa che durarono ben tre anni, dal 1936 al 1938! Tre anni di terrore! Anni in cui le grandi purghe sterminarono milioni di persone. Metà degli iscritti al Partito furono arrestati e oltre un milione morirono giustiziati o finirono nei lager. Nei terribili Gulag vennero internate ben tre milioni di persone rispetto ai cinque milioni già recluse. In totale furono quindi 8 milioni i reclusi del sistema dei campi di lavoro forzato nel ’38. E i decessi nei campi tra il ’37 e il ’38 furono 2 milioni circa! Ed è opportuno ricordare “Arcipelago Gulag”, quel saggio di inchiesta narrativa, edito in tre volumi, scritto tra il 1958 e il 1968 da Aleksandr Solženicyn sul sistema dei campi di lavoro forzato nell’URSS. Ne seguì un bel film

Quanto sangue ha fatto versare il “Compagno Stalin”. E quante sofferenze ha inflitto! Stalin, che addirittura fece inseguire il fuggitivo Leone Trotskyfino a Coyoacàn, presso Città del Messico! Dove un sicario inviato da Stalin, dopo essersi fatto ricevere spacciandosi per un compagno, gli spaccò la testa con un’ascia! Trotsky, il grande avversario di Stalin! Trotsky era un convinto sostenitore della cosiddetta “rivoluzione permanente”, una teoria ed una pubblicazione che ebbe anche un ampio successo tra i “compagni” di tutto il mondo, ma… non certo nell’URSS governata da Stalin. Contadini e operai – la falce e il martello – non avrebbero mai potuto governare finché il capitalismo non fosse stato sconfitto sull’intero pianeta! Questo sosteneva Trotsky. Invece il pragmatico Stalin sosteneva la teoria del “socialismo in un solo Paese”! E non si contentò di avere battuto Trotsky sul piano politico! Lo volle morto! Perché non potesse più costituire un pericolo!

Ma poi tutto sembrò rientrare in Russia! Parve che la democrazia finalmente fosse sta restaurata! Invece no! Come vai da qualche anno vince sempre il partito di Putin? E sembra che altri partiti addirittura non esistano! Oppositori? Che fine ha fatta Aleksej Naval’nyj, che il 19 maggio del 2018 aveva fondato il Partito Democratico del Progresso, o Russia del Futuro? La mattina del 20 agosto 2020, Naval’nyj e la sua portavoce, Kira Yarmysh, erano bordo dell’aereo S7 Airlines, da Tomsk a Mosca. Durante il volo, Naval’nyj ha cominciato a manifestare sintomi di malessere perdendo conoscenza. L’aereo ha effettuato un atterraggio di emergenza all’aeroporto di Omsk. Naval’nyj è stato portato al reparto di rianimazione tossica dell’Ospedale di emergenza clinica n. 1 della città. Ma, è morto! Ucciso forse da una bevanda avvelenata assunta in volo? Dovremmo chiederlo a Putin!

E allora Putin come Stalin? O peggio?

1939-2022

1939-2022

di Maurizio Tiriticco

Era il primo settembre del 1939! Avevo compiuto 11 anni ed ero fiero di essere Italiano, con tanto di maiuscola, nonché di essere un Balilla Moschettiere! Avrei cominciato a frequentare il mio primo anno di ginnasio, a cui ero stato ammesso dopo un esame abbastanza tosto. Allora i ragazzi, dopo la scuola elementare obbligatoria di cinque anni, o andavano a lavorare, o si iscrivevano all’avviamento al lavoro, oppure – i più fortunati o i figli della borghesia illuminata – che brutta espressione – si iscrivevano al ginnasio. La scuola aveva ancora un carattere fortemente classista. Poi il Ministro dell’allora Ministero dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai “dette il suo nome” ad una importante riforma, con la Legge 1º luglio 1940, n. 899, che riordinò l’intero assetto scolastico. L’obiettivo caratterizzante era quello di facilitare l’accesso alle scuole superiori anche da parte dei ceti meno abbienti, nel contesto di quello che venne definito l’”umanesimo fascista”. Ma perché Ministero dell’Educazione Nazionale e non, invece, Ministero dell’Istruzione Pubblica, come oggi, nell’Era Repubblicana? Educare ha un significato ampio, coinvolge valori – allora quelli fascisti – mentre istruire ha un significato più modesto e riguarda esplicitamente le discipline/materie di studio. Una notazione: la disciplina afferisce più che altro alla ricerca, la materia allo studio scolastico.

Allora, mentre io, da giovane e convinto fascistello, giocherellavo con moschetti, trombe e tamburi, Hitler – proprio in quel primo settembre del 1939 – scatenava la seconda guerra mondiale! Le truppe tedesche invadono la Polonia! Il Duce stringe i denti e sa che non può essere da meno! Anche se il nostro apparo militare, di terra, di mare, dell’aria, è assolutamente modesto. Comunque, l’anno successivo, esattamente il 10 giugno del 1940, l’Italia fascista entra in guerra contro la Francia e l’Inghilterra! Applauditissimo discorso del Duce dal balcone di Piazza Venezia in Roma!

E noi ragazzini, tutti fascistelli ovviamente, fummo finalmente felici di menar le mani anche noi! La Francia era lì, e nelle nostre canzoni delle adunate del sabato pomeriggio cantavamo: “Se ci viene il mal di pancia, piglieremo anche la Francia”! “Se ci serve un’altra terra, piglieremo l’Inghilterra”. Adunate e marce! Rivendicavamo “Nizza, Savoia, la Corsica fatal”! E poi anche “Tunisi nostra, sponda terra e mar”! Ed ancora: “Malta baluardo di Romanità”! Ed ancora: “Di Malta lo strazio grida nel cuore d’Italia, l’audacia che irrompe e sfonda, britannici navigli schianterà”. E poi c’erano Gibilterra e Suez, che alla nostra marina, che dominava il Mare Nostrum, il Mediterraneo, vietavano l’accesso all’Atlantico a e al Pacifico. A Noi, che con le guerre puniche avevamo affondato non solo una flotta, ma un’intera civiltà, quella di Cartagine! E cantavamo: “Va’, gran maestrale! Urla, romba, ruggi con furor! Stranier, via! Duce, col rostro che Duilio armò, Roma, fedele a Te, trionferà!” L’attesa era snervante e avevamo tutti – noi balilla ovviamente – una gran voglia di menar le mani! Che cosa aspettavamo?

Ma l’attesa fu finalmente ripagata!!! Il 10 giugno… che giornata, ragazzi…  adunata a Piazza Venezia! E la sera di quel fatidico 10 giugno, grande discorso del Duce dallo storico balcone! E via con la guerra! Anche noi! E poi, il 22 giugno del 1941, ebbe inizio l’Operazione Barbarossa (in tedesco: Unternehmen Barbarossa), il nome in codice dell’invasione dell’Unione Sovietica da parte della Germania nazista. E noi fascistelli entusiasti sulla grande carta dell’Europa nella nostra aula mettevamo le bandierine delle conquiste della Germania! E ci chiedevamo: quando sarebbe toccato anche a noi di combattere? Io non vedevo l’ora! Menar le mani era un’attesa ed anche… un esercizio abituale. Nelle adunate gli schiaffoni volavano, dal caposquadra, dal capo manipolo, dal cadetto, dall’ufficiale della milizia! Menar le mani era normale per noi! I genitori tutti tacevano! Un po’ per quieto vivere, un po’ perché uno schiaffone dopo tutto è sempre salutare! Tempi duri, in cui si doveva consolidare la razza! Mica eravamo delle femminucce! E non c’era il telefono azzurro!

Venti di guerra allora! Venti di guerra oggi! Sembra che l’orologio della storia sia tornato indietro di ben 82 anni! E noi che ci eravamo illusi! La Società delle Nazioni non fu capace di evitare lo scoppio della seconda guerra mondiale! L’ONU, la nuova organizzazione internazionale, riuscirà a restituirci la pace? Non so! Sembra assente! E Putin, con estrema arroganza, rivendica i territori che un tempo appartenevano all’Unione Sovietica! Intende far tornare indietro l’orologio della storia? Dividere ancora il Pianeta in due blocchi? Le dittature russa e cinese contro le democrazie occidentali? Non so! Ma ho paura…

Dalla Russia con amore!

Dalla Russia con amore!

di Maurizio Tiriticco

Come non ricordare OGGI l’ottimo film diretto da Terence Young nel lontano 1963, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Ian Fleming? Si tratta di “Agente 007, dalla Russia con amore”. Un film bello, intrigante, pieno di colpi di scena, magistralmente diretto e magistralmente interpretato.Insisto sull’OGGI, quando, invece, OGGI dalla Russia, o meglio dall’Ucraina, ci giungono notizie terribili! Altro che amore! Un Paese aggredito, invaso, bombardato, proprio da quella Russia in cui oggi l’amore sembra essere stato sostituito dall’odio!

Le ragioni di Putin sono note e, secondo il suo punto di vista, anche comprensibili. Ma, prima di entrare nel merito,occorre fare un pizzico di storia. Ai tempi in cui ancora esisteva l’URSS, ovvero l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, in seguito ai cosiddetti Accordi di Yalta, una ridente città situata sulla costa meridionale della Crimea, raggiunti in un incontro tenutosi dal 4 all’11 febbraio del 1945, i tre protagonisti, Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, capi rispettivamente dei governi degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito e dell’Unione Sovietica, l’Europa venne nettamente divisa in un’area di influenza americana occidentale ed una di influenza sovietica orientale. E la linea di demarcazione, assolutamente invalicabile, in seguito prese il nome di “cortina di ferro”.

L’Ucraina costituiva una delle Repubbliche Sovietiche confinanti con il Mondo Occidentale. A noi in effetti un Paese poco noto, se non per il cosiddetto “disastro di Černobyl”. Alludo al terribile incidente nucleare avvenuto, appunto, nella centrale nucleare di Černobyl’, nell’allora Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, verificatosi nella notte del 26 aprile 1986. Durante un’esercitazione notturna,vennero eseguite sugli impianti di sicurezza alcune manovre azzardate, che provocarono non solo la fusione del nocciolo atomico, ma anche l’esplosione del reattore n. 4 ed il collasso dell’intera struttura che lo proteggeva.Conseguentemente si sprigionò una nube carica di particelle radioattive cinquecento volte più micidiale di quella prodotta delle bombe di Hiroshima e Nagasaki. I venti sparsero queste particelle nell’atmosfera e ben presto vennero contaminate intere regioni dell’Ucraina, della Bielorussia e della stessa Russia. La nube raggiunse poi gran parte dell’Europa occidentale, che fu anch’essa contaminata, seppure in misura minore. All’inizio dell’incidente le autorità locali cercarono di nascondere l’accaduto, ma dopo alcuni giorni la verità emerse in tutta la sua drammaticità. Il governo sovietico prese i suoi provvedimenti punitivi, ma il danno era ormai assolutamente irrimediabile. Attualmente sono due città spettrali, assolutamente infette.

Gli anni correvano e l’Unione Sovietica cominciò pian piano ad erodersi nella sua stessa rigida struttura. Anche perché scomparivano via via i gerarchi “pupilli di Stalin”. Ed il 25 febbraio 1956, nel corso del XX° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Nikita Krusciov, allora segretario del partito, convocò i leader dei partiti comunisti internazionali per leggere un rapporto segreto che ridimensionava e criticava la figura di Stalin, morto nel marzo di tre anni prima, e soprattutto la sua politica dittatoriale. Ma il rapporto non fu affatto segreto. E tutto il mondo ne venne ben presto a conoscenza! E constatammo che l’Unione Sovietica cominciava a fare i conti con la sua storia, con i suoi segreti e le sue nefandezze. E Krusciov cominciò ad avviare un programma di progressiva destalinizzazione. Comunque, va anche considerato che un lento ed incerto processo di democratizzazione era stato già avviato dopo la morte di Stalin, avvenuta nel marzo del 1953.

Dopo il rapporto segreto gli anni trascorsero finché sul panorama politico dell’URSS non apparve Michail Sergeevič Gorbačëv, divenuto Presidente il 15 marzo 1990, ed in carica fino al 25 dicembre 1991. Gorbačëv si rese conto, anche per la pressione della popolazione e degli stessi iscritti del partito comunista, che il regime staliniano, o poststaliniano, non poteva più avere alcuna giustificazione. E fu promotore di una politica profondamente innovatrice, sostenuta dalla prerestroika, la ristrutturazione, il rinnovamento, e dalla glasnost, la trasparenza. Comunque, non va dimenticato che l’avvio della disgregazione del rigido sistema sovietico aveva già manifestato le sue crepe: con la Caduta del Muro di Berlino, nella notte tra il 9 e il 10 novembre del 1989. Che in effetti fu l’ultimo colpo inferto all’intero blocco sovietico, che sarebbe crollato definitivamente nel 1991.

Ciò che poi avvenne nella Russia democratica, con tanto di virgolette, è noto, fino alla “presa del potere” da parte di Vladimir Vladimirovič Putin, ex militare ed ex funzionario del KGB, Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, Comitato per la Sicurezza dello Stato, oggi Presidente della Federazione Russa dal 7 maggio 2012 al suo quarto mandato. Oggi! E domani?

Un quaderno prezioso

Un quaderno prezioso

di Maurizio Tiriticco

Le tre zeta del titolo non sono un errore! Vogliono esprimere l’entusiasmo – e non è una parola grossa – che un prezioso volumetto edito dalla Tecnodid di Napoli ha suscitato in me! Perché, in questo periodo così difficile e complicato per la nostra scuola – in forza del covid e di tutte le restrizioni che questo invisibile e insidioso male impone a studenti, insegnanti, dirigenti e personale tutto – un nucleo di coraggiosi, un drappello di audaci – l’enfasi è d’obbligo – ha avuto l’intelligenza e la forza di offrire al personale scolastico tutto non una ciambella di salvataggio, ma una imbarcazione solida e valida per poter navigare in questa situazione di grande difficoltà.

Che brutto momento! Edifici scolastici che si aprono e si chiudono, aule costantemente disinfettate, finestre aperte, banchi debitamente distanziati, studenti preoccupati di non stare troppo vicini, insegnanti preoccupati più di rispettare certe regole sanitarie che di svolgere le consuete lezioni. E tutti con le mascherine! Quelle “di ordinanza”! Le ESLH ffp2, che costano pure care! Con un Ministro dell’Istruzione che sembra più un vecchietto scapigliato e spaventato che un rassicurante “uomo delle istituzioni”.

Per non dire poi di questa didattica ondivaga! Gli insegnanti che tengono le loro lezioni, ma sempre con le debite distanze! Ovviamente mascherati come i loro alunni. Per non dire poi che quote importanti di saperi sono affidate alla DAD! La mediazione delle nuove conoscenze sembra essere affidata più al ticchettio delle tastiere che alle parole dell’insegnante! Però l’interazione schermo, cervello, occhio e dita rende “meccanico” quello che invece nelle scuole di ieri e di sempre è costituito dall’interazione di gesti, parole, sguardi, atteggiamenti e comportamenti, tipici della condivisione del lavoro di un’aula scolastica. Per quanto mi riguarda, io soffrìi un po’, quando il registro cartaceo di sempre venne sostituito dal registro elettronico! Addio al “calore” di un voto scritto a penna ed allo sguardo scrutatore dell’alunno valutato! “Che voto mi avrà messo”?

E poi nella scuola ombreggiava sempre o quasi la figura del direttore didattico o del preside! Dai loro bunker dirigevano, ovviamente dopo avere aperto di primo mattino quelle buste gialle inviate dal Provveditore agli Studi o addirittura dal Ministero! Quali le novità? Ricordiii… Lo so! Sono vecchio e mi riconosco ancora nella scuola di ieri, un po’ sempliciotta, ma calda! Ora tra RAV, PDM, POF o PTOF, per non dire dei Patti di Corresponsabilità Educativa, sottoscritti dai genitori affidatari e dal dirigente scolastico, tutto sembra affidato più alle Carte che alle Cose! Lo so! Sono vecchio e sono legato alla scuola di ieri!

Ma questa di oggi funziona? Oppure insegnanti, studenti, genitori nonché gli stessi dirigenti si trovano a dover operare tra mille difficoltà? Non ci vorrei credere, però mi stupisce il titolo di una recente pubblicazione della Tecnodid dal titolo “Orientarsi efficacemente nella Dirigenza Scolastica”,redatto a cura di due validi dirigenti, Domenico Ciccone e Rosa Stornaiuolo. I contributi sono di Antonio Bove, Roberto Calienno, Domenico Ciccone, Vittorio Delle Donne, Paola Di Natale, Filomena Nocera, Guglielmo Rispoli e Rosa Stornaiuolo.

Ed ora do la parola a loro, copiando letteralmente quanto scritto in quarta di copertina. ““Con questa pubblicazione gli autori desiderano rendere disponibile una guida ed un supporto operativo per i Dirigenti scolastici e le figure di staff. Lungi dal voler diffondere prassi e procedure pronte all’uso, lo scopo è quello di offrire uno strumento per corroborare l’esperienza di ciascuno mediante il confronto. I contributi, proposti da un parterre di autori di comprovata competenza, sono diretti a fornire chiarimenti, punti di vista e interpretazioni, affrontando, in maniera esperta, alcune delle questioni più rilevanti della professione del Dirigente Scolastico che, vista la crescente complessità, necessita di riferimenti aggiornati per orientarsi efficacemente. La competenza di chi è preposto alla direzione unitaria e strategica di una istituzione scolastica, infatti, si consolida e sviluppa sulla base del confronto e della continua relazione culturale e professionale con i colleghi, il mondo scolastico, i funzionari amministrativi e tecnici dell’Amministrazione e, in misura non secondaria, con il territorio di riferimento. Rotta ben tracciata e venti favorevoli! Buona navigazione a tuttiI”

Per l’autonomia delle Istituzioni scolastiche

L’ANDIS per l’autonomia…

di Vittorio Zedda

…delle istituzioni scolastiche! Un pizzico di storia. L’ 8 marzo 1989, presso la “Sala Leonardo da Vinci” della Fiera di Milano, nell’ambito della mostra “Didattica 89”, l’ANDIS, per iniziativa dell’allora Presidente Nazionale (il sottoscritto) e della Vicepresidente Nazionale Cinzia Mion, con la fattiva collaborazione della sezione ANDIS di Milano e del suo presidente Bernardino Lavatelli, celebrò un incontro di studio dal titolo “CONVEGNO SCUOLA 1992: QUALITA’, GESTIONE, PRODUTTIVITA”. Il tutto al fine di studiare e di predisporre le condizioni per poter varare l’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Ogni parola del titolo conteneva, nella massima sintesi, la grossa questione delle innovazioni che stavano per interessare il mondo della scuola. Della quattro relazioni, affidate nell’ordine a Zedda, Mion, Sartori, Giglioli, con le conclusioni finali di Lavatelli, la prima e più corposa s’intitolava “Autonomia delle unità scolastiche: attuabilità della riforma e opinioni dell’ANDIS sul disegno di legge del Ministero PI”. Poiché il movimento associativo nato fra i Direttori Didattici, e poi sfociato nell’ANDIS, aveva all’epoca più volte trattato in varie sedi la questione dell’autonomia, parve opportuna l’occasione offerta all’ANDIS dal settore “Scuola” della Fiera di Milano, al fine di rendere pubbliche le riflessioni condotte in seno all’ANDIS sul tema.

Concretamente si puntava quindi ad offrire dei contributi di studio agli ambiti politici impegnati sulla riforma, o quanto meno si sperava che le riflessioni provenienti dai lavori seminariali, locali e nazionali, dell’ANDIS potessero essere considerate e vagliate nelle sedi opportune. E’ difficile fare un sunto della mia relazione, per cui vedrò in quale modo di renderla integralmente fruibile agli eventuali interessati. Posso però enucleare in breve alcuni “nodi”, seppure rinunciando a riportare le argomentazioni che ne sorreggevano la definizione e i contenuti.

Iniziai considerando le condizioni necessarie al successo della riforma, definendole come “il terreno d’impianto”, da predisporre per far radicare e rendere fruttuoso un cambiamento potenzialmente epocale o addirittura rivoluzionario. Era stato preparato il terreno? E, qualora l’operazione fosse in atto, cosa ancora restava da fare? Qui cominciavano ad emergere i nodi cui era necessario porre rimedio, e per tempo. Si avvertiva da vari anni una perdita di qualità del servizio scolastico, il quale, se tale regresso qualitativo non fosse stato corretto, rischiava di non essere più compiutamente in grado di garantire all’utente-alunno una prestazione educativa e didattica adeguata ai tempi, alle istanze e alle norme. Occorreva quindi una efficace tutela, anche giuridica, dei “diritti del discente” cui garantire un servizio di qualità eccellente e non in fase di scadimento.

L’immissione in ruolo di insegnanti d’ogni ordine di scuole e per alcuni ordini anche di capi d’istituto, senza rigorosi sistemi di selezione (con gli ulteriori danni indotti dalle immissioni in ruolo “ope legis” per sanare i problemi del precariato) aggravava i problemi legati alla formazione inadeguata di detto personale e condizionava la qualità del servizio. Si rilevava l’esigenza di rimettere mano al miglioramento dei livelli di professionalità, anche per contribuire a riadeguare gli indici di produttività del sistema, minati da effetti di dequalificazione aggravati dall’ipergarantismo politico-sindacale, fonte di conflitti intercategoriali interni. Con la riforma del “74, quella cosiddetta dei “Decreti Delegati” (D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, 417, 418,419 e 420) era stata soppressa la valutazione annuale del servizio dei docenti, ma il nuovo Comitato di Valutazione previsto da detta Riforma non era stato pensato per innovare un sistema di valutazione delle prestazioni professionali e degli esiti.

Ed i nuovi organi collegiali mostrarono ben presto tutta la loro inadeguatezza funzionale. Il quadro delle criticità pareva richiedere una loro correzione, preventiva o contestuale, secondo i casi, alla riforma dell’autonomia, affinché detta autonomia corrispondesse effettivamente ed efficacemente ai suoi significati e alle finalità cui mirava. A questo punto la relazione considerava i significati dell’autonomia, prioritariamente pensata a garanzia del discente, alla eliminazioni dei fenomeni di dispersione del sistema, alla correlazione del servizio con le esigenze sociali emergenti, alle sinergie con le risorse del territorio di riferimento, al superamento delle rigidità dell’offerta a fronte delle istanze di un contesto sociale dinamico, alle flessibili richieste da bisogni differenziati, alla soluzione delle contraddizioni fra esigenze di razionalizzazione e produttività nel settore pubblico, al superamento di obbiettivi quantitativi in favore di obiettivi qualitativi, fino all’auspicato ripristino di “una responsabilità individuale e professionale, specifica e diffusa a livello di ogni operatore in ordine ai risultati del lavoro svolto, pertanto all’uopo accertato, incentivato, sostenuto e corretto, fatti salvi gli strumenti amministrativi e giuridici atti a salvaguardare l’interesse pubblico da prestazioni inidonee o dannose.

La sintesi qui operata, omettendo, come detto, le argomentazioni, può far apparire alcuni passaggi alquanto spigolosi, ma il discorso si sviluppava in connessione con l’esame dei nodi politici del momento in cui la legge sull’autonomia andava prendendo forma e ne considerava i condizionamenti e le dinamiche dei rapporti. La relazione considerava poi la riforma in rapporto alle esigenze dei diversi gradi e ordini di scuole e si concludeva con l’esame della figura giuridica e funzionale del nuovo Dirigente Scolastico preposto a quella che chiamavamo “unità scolastica autonoma”.

Quella relazione suggeriva implicitamente, nello sviluppo delle sue varie articolazioni, anche una sorta di possibile griglia di valutazione degli effetti dell’autonomia, una volta varata e resa operativa. Oggi, a fronte di reiterati rilievi critici su detta riforma e sui suoi esiti, parrebbe il caso che ad ogni livello venissero condotte analisi organiche e verifiche scientificamente predisposte e condotte al fine di valutarne ogni suo aspetto giuridico, funzionale, operativo, organizzativo e produttivo. Sarebbe un compito che l’ANDIS potrebbe assumersi, progettando modi e forme di verifiche collegiali periodiche, anche nell’ambito di specifici convegni e seminari per porre sotto esame le fasi di un processo iniziato in ambito associativo già nei primi anni 80.

Un’autonomia mancata?

Un’autonomia mancata?

di Maurizio Tiriticco

Spesso mi chiedo… e vi chiedo: l’AUTONOMIA SCOLASTICA è stata veramente attuata? A mio vedere, NO! O forse solo parzialmente. In effetti, si trattò di una grande illusione, di cui ci siamo tutti nutriti negli anni novanta, quando si avviò la “grande riforma” della Pubblica Amministrazione, di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59. Erano anni che si discuteva della necessità di una reale riforma dello Stato, o meglio della necessità di svecchiare, se non addirittura di liquidare, un apparato statale che veniva da lontano, la monarchia sabauda prima, il fascismo dopo. Lo sappiamo! C’è stata la Resistenza, poi la Liberazione, poi la restaurazione della Democrazia e la stesura di una Carta Costituzionale fortemente democratica e garantista, tra le più avanzate al mondo. Ma smantellare ab imis uno Stato da sempre centralista e burocratico, sempre pronto a vedere nel cittadino più un suddito che una persona libera e responsabile, non era cosa facile.

Ed in uno Stato fortemente centrato su sé stesso non erafacile avere una Scuola autenticamente libera e democratica. In effetti, dal varo della Costituzione Repubblicana, (27 dicembre 1947) al varo dei cosiddetti “decreti delegati” della scuola (la Legge delega n 477 è del 30 luglio 1973), trascorsero 26 anni! Ben 26 anni per costruire una scuola ispirata ai principi costituzionali. Mi piace riportare i singoli decreti:

DPR 31 maggio 1974, n.416: “Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria e artistica”;

DPR 31 maggio 1974, n. 417: “Norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato”;

DPR 31 maggio 1974, n. 418: “Corresponsione di un compenso per lavoro straordinario al personale ispettivo e direttivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica”;

DPR 31 maggio 1974, n. 419: “Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e professionale ed istituzione dei relativi istituti”;

DPR 31 maggio 1974, 420: “Norme sullo stato giuridico del personale non insegnante statale delle scuole materne, elementari, secondarie ed artistiche”.

Si trattò di iniziative normative che “andavano in profondità”, tese a riordinare nel profondo l’ordinamento istituzionale e normativo del nostro sistema scolastico al fine di “adeguarlo” ai principi costituzionali. Passavano gli anni, e l’intero apparato statale necessitava di un profondoriordino. Occorreva passare da uno “Stato per lo Stato” ad uno “Stato per il cittadino”. Ma non era una cosa facile! Per quanto riguarda il sistema scolastico, trascorsero almeno venti anni.

Infatti, solo nel 1995 (dopo i decreti del ’74) furono varate norme innovative. ciò al fine di trasferire competenze decisionali dal Centro (lo Stato) alla Periferia (Regioni, Enti Locali ed al.). I provvedimenti riguardavano anche la scuola. Ed io e Sergio Auriemma pubblicammo per la Tecnodid un prezioso volumetto intitolato “Carta dei Servizi & Progetto di Istituto”. In effetti si trattava di una guida per le scuole ai fini di: “organizzare le attività preliminari – rilevare i dati-base necessari – individuare i fattori di qualità – definire standard e indicatori – formulare i documenti necessari – attivare il monitoraggio – valutare il servizio scolastico erogato –curare la revisione periodica”. Pensavamo di dare alle scuole, ormai autonome, una serie di preziose indicazioni operative.

Occorre tuttavia ricordare che il tutto in effetti veniva da molto lontano, esattamente da quella legge 241/90, che dettava “nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”. E’ una legge mi piace definire la “NONNA” di tutte le autonomie (molte delle quali purtroppo mancate). Si trattava insomma di smantellare il secolare Stato chiuso in sè stesso e di avviare una organizzazione statuale democratica, conforme anche con il Dettato Costituzionale. In effetti, è da quella legge che si diede l’avvio al cosiddetto “nuovo processo amministrativo” ed alla “trasparenza degli atti”. Seguirono altri atti: il dlgs 29/93, “nuovi criteri organizzativi per PA e pubblico impiego”, e la DPCM 27/1/94, concernente “principi sull’erogazione dei servizi pubblici: eguaglianza, imparzialità, continuità, diritto di scelta, partecipazione, efficienza, efficacia, adozione di standard, semplificazione delle procedure, informazione degli utenti, rapporti con gli utenti, valutazione della qualità del servizio, rimborso, procedure di reclamo”.

E’ opportuno citare pure il dlgs 29/93 concernente la “Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego”. Tutta questa “cascata” di norme condusse infine alla citata legge n. 59 del 15 marzo 1997 ed infine – per quanto concerne la scuola – al dpr 275/99, “recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”. E concludo! Ma penso di averlo già scritto mille volte: si legga l’articolato del solo articolo 4 del dpr 275/99 e mi si dica quanti di quei suggerimenti siano stati raccolti dalle istituzioni scolastiche in forza della loro autonomia! Se dico nessuno, dico una bestemmia? Non so, ma… Il fatto è che “lavorare in autonomia” costa! In invenzione, in ricerca, in fatica, in determinazione, in rischio anche! Ma… per come sono pagati i nostri insegnanti – ipeggio in Europa e forse nel mondo – vale qualcosa rischiare, faticare, scegliere, rischiare? In effetti Ptof, Pof, Piani di Miglioramento ed altre diavolerie non intaccano fino in fondo la rigidità del nostro ancestrale sistema scolastico Ed oggi ci si mette pure il Covid! Con le sue ricadute negative sulle attività scolastiche. Così corriamo pure il rischio di perdere una generazione di Italiani! Che, invece, di norma, dovrebbero essere Capaci, Abili, Competenti! E pure Creativi! Ed ora… bastonatemi pure!

AA.VV., Orientarsi efficacemente nella dirigenza scolastica

Un quaderno per la scuola

di Maurizio Tiriticco

La scuola di oggi non è più quella di sempre, o quella che ho frequentata io o quella di chi mi sta leggendo. Perché la scuola di oggi è “un’altra scuola”. Mi si può obiettare che non è una novità: perché la scuola cambia, anche se silenziosamente e senza fare rumore. Ed anche senza leggi di riforma. Perché cambiano le conoscenze; ed anche le competenze, ovvero i diversi “saper fare” che sono richiesti da un mondo della ricerca e del lavoro in continua evoluzione: ciò in ordine sia ai PRODOTTI, sempre nuovi, che ai PROCESSI di produzione. Ovviamente il leggere, scrivere e far di conto – ed aggiungiamo anche il “far di canto”, tanto caro a Luigi Berlinguer – costituiscono le abilità di base di sempre. Ma oggi – e sempre più domani – si apre a ventaglio tutta una serie di conoscenze, abilità e competenze sempre nuove, che un’evoluzione sempre più spinta in avanti pone, propone ed impone.

In primo luogo occorre far chiarezza sulle tre parole chiave che ho ricordato: a) le CONOSCENZEafferiscono ai saperi, ai saperi di base disciplinari, nonché pluridisciplinari, se non addirittura transdiscipilinari: anche se questi ultimi riguardano più il mondo della ricerca che quello della scuola; b) le ABILITA’ sono operazioni che danno concretezza ai saperi; il bambino che va ad acquistare il giornale per il padre, sa quanto deve pagare e quanto deve avere di resto; l’adulto che va al supermercato, sa cosa deve acquistare, ma anche quanto può spendere, e silenziosamente fa i suoi calcoli; c) le COMPETENZEriguardano dei “saper fare” più complessi. Qualche esempio: io so guidare l’automobile, e questa è un’ABILITA’, acquisita anche in relazione a date CONOSCENZE, relative alla guida, al codice della strada et al. Ma Max Verstappen che, con un audace sorpasso, all’ultimo giro del Gran Premio di Abu Dhabi, ha vinto ai danni di Hamilton, ha dimostrato di possedere una COMPETENZA, e non da poco.

Ma torniamo alla scuola di oggi che – ripetiamo – non è più quella di una volta: o meglio quella che precedeva la legge di riforma del 1999. Riforma di cui al DPR 275/99, varato sotto il Ministro pro tempore Luigi Berlinguer e concernente il “Regolamento recante norme in materia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59”. Quindi un DPR, la cui legittimità discendeva da una legge delega, la n. .59, appunto. Ed ecco il dettato: “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni e agli Enti Locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.

Occorre una precisazione. Alla fine degli anni ottanta, in un Paese ormai di democrazia avanzata e matura, si cominciò ad avvertire l’esigenza di rinnovare la struttura stessa del nostro apparato amministrativo, ancora legato ad uno Stato fortemente centralizzato, quale erano stati sia lo Stato sabaudo che quello fascista. Nei quali esisteva un’amministrazione pubblica in cui c’è “chi comanda e chi obbedisce”, chi “fa le leggi e chi le deve rispettare ed attuare”: il tutto fortemente dissonante con i principi ed il testo della nostra Carta Costituzionale. Per cui, l’emergere di altre esigenze, che sottolineassero due principi fondanti, la responsabilità e l’autonomia! Punti di forza di uno Stato autenticamente democratico. E la necessità dell’autonomia della pubblica amministrazione e delle sue istituzioni aveva visto nel nostro Paese un lungo dibattito culturale e politico. Ormai eravamo diventati un Paese a democrazia matura e diffusa, per cui era necessario metter mano a quell’articolo 5 della Costituzione in cui si detta che la Repubblica, pur se una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; e a quell’articolo 115, in cui si detta che le Regioni sono costituite in enti autonomi. Era necessario insomma costruire un contesto istituzionale che fosse coerente con principi costituzionali e che in forza del quale quei rapporti civili tra i cittadini, lo Stato e la sua amministrazione, di cui al Titolo primo, fossero pienamente realizzati.

La stagione dell’autonomia, dunque! Ed eravamo partiti alla grande anni prima! Con la legge 241 del 1990, che dettava “nuove norme in materia di procedimento amministrativo”. In seguito, pur se con fatica e con qualche difficoltà, nel 1995 varammo le prime Carte dei servizi pubblici. Dalle quali furono interessate, ovviamente, anche le istituzioni scolastiche.

Non voglio tirarla troppo per le lunghe! Ma, per quanto concerne la scuola, è doveroso anche ricordare le battaglie condotte dai Direttori Didattici e dai Presidi per diventare Dirigenti Scolastici: cosa che avrebbe comportato vantaggi in termini di carriera, di riconoscimento sociale nonché di compensi. Ed il che avrebbe costituito per le istituzioni scolastiche autonome un indubbio valore aggiunto. E la cosadivenne realtà in forza del Decreto Legislativo 6 marzo 1998 n. 59, con cui si “disciplina la qualifica dirigenziale dei capi d’istituto delle istituzioni scolastiche autonome, i quali sono preposti alla dirigenza delle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita autonomia ai sensi dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997 n. 59”.

Molti anni sono trascorsi e troppa acqua è passata sotto ai ponti per poter ripercorrere, come sarebbe necessario, ciò che è avvenuto nel contesto scolastico del nostro Paese, sia sotto il profilonormativo che sotto quello operativo, e per indicare ciò che si richiede oggi agli insegnanti nonché, in primo luogo, ai dirigenti.

In effetti la nostra scuola sta oggi attraversando tempi non facili! E’ costretta a promuovere conoscenze, abilità e competenze sempre più elevate: e ciò nonostante le profonde limitazioni organizzative imposte dalla pandemia del covid. Ciò comporta impegni maggiori per chi insegna, nonché impegni maggiori per chi dirige. E proprio per quanto riguarda la professione direttiva, è doveroso ricordare che è fresco di stampa un prezioso quaderno operativo introdotto da un titolo avvincente e coinvolgente: “Orientarsi efficacemente nella dirigenza scolastica”, edito in questi giorni dalla Tecnodid, Editrice di Napoli. Ne sono curatori Domenico Ciccone e Rosa Stornaiuolo, dirigenti già noti ai nostri insegnanti. E vi figurano preziosi contributi, di esperti già noti a chi opera nella scuola:Antonio Bove, Roberto Calienno, Domenico Ciccone, Vittorio Delle Donne, Paola Di Natale, Filomena Nocera, Guglielmo Rispoli, Rosa Stornaiuolo.

Si tratta di minisaggi affatto mini per quanto riguarda i contenuti: testi da cui si possono trarre preziose indicazioni di lavoro e suggerimenti. Ed il che, in un’epoca in cui la scuola sembra un luogo in cui occorrerebbe guardarsi solo da pericolosi contagi ed aprire le finestre, mi verrebbe da dire: aprite le finestre, ma non solo ad un’aria pulita, ma anche ad idee innovative! Che non mancano e che esperti operatori della scuola mettono a vostra disposizione! Aggratis! Come diciamo a Roma.

E sono certo del successo dell’opera! Autori e Casa Editrice ne sono assolutamente garanti!

La lezione di Morin

La lezione di Morin

di Maurizio Tiriticco

Edgar Morin compie cento anni! Ed è stato intervistato da Maurizio Molinari in “Robinson”, l’allegato settimanale de “la Repubblica” dello scorso 24 dicembre: è un’intervista articolata, complessa e più che interessante, a cui, ovviamente, rinvio. Ma chi è Morin? È lo pseudonimo di Edgar Nahoum, nato a 1921, filosofo, sociologo, epistemologo. Ha lavorato principalmente presso l’École des hautes études en sciences sociales (EHESS) e il Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS). Sono particolarmente note le sue ricerche sul cosiddetto “pensiero complesso”. E’ bene ricordare che, nonostante i suoi cento anni – o forse grazie a cento anni di riflessioni e di ricerca – mesi fa, esattamente il 19 settembre 2021, ha tenuto a Villa Medici, Accademia di Francia a Roma, una conferenza sul cinema e su ciò che la cosiddetta settima arte ha significato per lui.

E’ a Morin che si devono i cosiddetti “sept savoirsnécessaires à l’éducation du futur”, pubblicati in sede Unesco a Parigi nel lontano 2000. Eccoli: 1. potenziare lo studio dei caratteri mentali, culturali della conoscenza umana per evitare errori o illusioni; 2. insegnare a cogliere le relazioni che corrono tra le parti e il tutto in un mondo complesso; 3. insegnare la condizione umana per mostrare il legame che corre tra l’unità e la diversità; 4. insegnare come tutti gli esseri umani siano di fronte agli stessi problemi di vita e di morte; 5. insegnare a navigare in un oceano di incertezze attraverso arcipelaghi di certezze; 6. insegnare la reciproca comprensione perché le relazioni umane escano dallo stato di incomprensione; 7. educare ad una nuova etica: l’essere umano è allo stesso tempo individuo, parte di una società, parte di una specie, in funzione di una cittadinanza terrestre.

E’ viva l’attenzione di Morin su ciò che accade nel mondo contemporaneo. Pertanto, mi piace riportare una sua riflessione sulla “crisi del pensiero”, che caratterizza negativamente questi nostri difficili anni: “Bisogna ripensare il mondo, la vita, l’uomo, la società, la storia, perché viviamo in un’epoca di vuoto del pensiero… viviamo una crisi spaventosa del pensiero. Perfino e soprattutto coloro che sembrano i detentori della verità oggettiva, gli economisti che parlano di calcoli, non si rendono conto che i calcoli non sono sufficienti per comprendere tutti i problemi umani. Il calcolo è uno strumento ausiliario necessario, come le statistiche, i sondaggi e tutto il resto. Ma il punto è che sono tutti strumenti ausiliari di un pensiero assente o inserito in una serie di dogmi come i dogmi del neoliberismo. Dunque la situazione è grave. Perché viviamo in un’epoca storica eccezionale… Le condizioni del pianeta sono degradate in modo spaventoso e poi è arrivata la pandemia. Siamo quindi in un’epoca del tutto nuova dell’avventura umana”.

Dura è la critica di Morin contro i no vax. Di qui la necessità di incentivare conoscenze corrette ed alimentare una cultura critica. Ed ecco una sua riflessione sui compiti della scuola. “Se viviamo in un mondo in cui il pensiero è vuoto, c’è un gran bisogno di conoscenza. E la conoscenza viene dallo studio. Anzi, nella scuola primaria e secondaria la diversità è un concetto chiave, e la conoscenza è un problema chiave”. Quindi, la grande responsabilità della scuola! Nonché degli insegnanti! Che sono chiamati a compiti assolutamente nuovi! E difficili!

Ed infine, il compito dell’Europa: “L’Europa che immagino dovrebbe essere solidale, anziché schierarsi contro il resto del mondo. Ma, affinché il resto del mondo non precipiti nel caos o negli estremismi dei fanatici, deve saper conservare, come se si trattasse di una missione, il proprio tesoro culturale di valenza universale, in modo che questo tesoro sia utile al resto dell’Umanità, e nel momento opportuno”

La lezione di un grande! Sarà compresa? Sarà raccolta? Sarà accettata?

Le suggestioni di Vittorio!

Le suggestioni di Vittorio!

di Maurizio Tiriticco

L’amico Vittorio Zedda mi scrive: “Caro Maurizio! E’suggestiva la tua proposta di far da “guida turistica” a Papa Francesco al Santuario de La Verna. Mi piacerebbe che la tua idea potesse concretizzarsi e, nel caso, vorrei poter, a rispettosa distanza, assistere all’evento per ascoltarti e seguire le reazioni dell’Illustre Visitatore di bianco vestito. Sulla vita del Santo, tutti, ma proprio tutti, avremmo qualcosa da apprendere. E la competenza in materia che puoi mettere a disposizione tu, da laico affascinato dalla vicenda umana del ‘poverello di Assisi’, unitamente alla tua indubbia capacità comunicativa, potrebbe essere particolarmente coinvolgente e fruttuosa. L’Uomo di Chiesa e il laico potrebbero, passo passo, lungo l’itinerario di visita a La Verna, completare assieme, dai rispettivi punti di vista,una rievocazione del Santo, quale potrebbe sgorgare cammin facendo da due pellegrini che fossero per ventura e per breve tratto di via, uniti e ‘compagni’. Di strada, beninteso”. Fin qui la lettera di Vittorio. Che ovviamente mi ha fatto piacere!

Il testo che ora segue è il passo centrale della letterina di Natale che ho inviato a Papa Francesco: “Caro Papa Francesco! Giri per tutto il mondo per portare la Tua Parola di Pace ed io ne sono contento! Però, Ti chiedo: quando pensi di salire sul Sacro Monte della Verna, in Toscana, a nord di Arezzo, dove Francesco, il Santo di cui hai voluto prendere il nome, ricevette direttamente da Cristo Crocifisso le stimmate? Dante ricorda San Francesco e l’episodio delle stimmate in Paradiso, canto XI°, da cui riporto la terzina chiave, vv 106-108: ‘Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno / Da Cristo prese l’ultimo sigillo / Che le sue membra due anni portarno’. Caro Papa Francesco! Io penso che la visita al Sacro Monte della Verna del Primo Papa che ha voluto chiamarsi Francesco sia opportuna, se non doverosa! Io salgo al Sacro Monte tutti gli anni nel mese di luglio. Potremmo andare insieme. E Ti sarei da guida, ovviamente solo …turistica. Mi piace allegarti un articolo che ho scritto tempo fa su San Francesco. Ecco il link: https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=151160.”

La lettera di Vittorio mi è piaciuta. Ed io così gli rispondo. Certamente, caro Vittorio! Un religioso ed un laico, se non analaico, Compagni di strada? Sì! Ma senza virgolette! Perché I primi compagni di strada e di preghiera furono quelli di Gesù, i suoi apostoli! E poi i suoi numerosi discepoli e seguaci, molti dei quali pagarono con il martirio l’Amore per Lui, almeno fino a quando Costantino, con l’Editto di Milano del 313 d.C., non volle legittimare il Cristianesimo al pari delle altre religioni professate nell’Impero Romano.Vicenda che Dante ricorda così: “Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre”: Inferno, XIX, vv. 115-117. E’anche opportuno ricordare che Dante anche nel De Monàrchĭa contesta la legittimità della suddetta donazione.Ma quale sarebbe questa dote che fu causa di tanto male? La donazione di Roma al Papa pro tempore, Silvestro. Una donazione che, in realtà, non venne mai effettuata. Com’è noto, il relativo documento è stato uno dei più grande falsi della nostra storia! Infatti è stato redatto molto più tardi, nel secolo VIII d. C. al fine di poter giustificare e retrodatare il potere temporale della Chiesa. Ma Dante non poteva sapere nulla della falsità del documento. Fu l’umanista Lorenzo Valla che in pieno Umanesimo – siamo nel XV° secolo – dimostrò che i documenti relativi alla donazione erano falsi. Comunque siano andate veramente le cose, sappiamo che, comunque, mescolare il sacro con il profano non porta mai bene!

Dato che siamo in tema, mi sembra opportuno ricordare che tra paganesimo è cristianesimo non ci è mai stato un taglio netto, ma decenni e decenni di prese di distanza, discussioni, lotte, sopraffazioni. E mi sembra opportuno ricordare che, solo dopo la morte dell’Imperatore Costantino nel 337 d. C., la legalità – se possiamo usare questo termine – del Cristianesimo venne fortemente ribadita. E fu così che nel 380 d. C. l’Imperatore Teodosio promulgò il cosiddetto “Editto di Tessalonica”, in forza del quale ilCristianesimo venne addirittura dichiarato la religione unica e obbligatoria dello Stato. Il che provocò una sorta di fuggi fuggi dalle città nelle campagne, dette “pagi” – di qui il termine di pagano – di coloro che ancora insistevano nel voler credere negli antichi dèi. E così, dopo le persecuzioni dei cristiani da parte dei pagani, le persecuzioni dei pagani da parte dei cristiani!  Sono vicende che la Chiesa ufficiale vincitrice in effetti non ha mai voluto ammettere.

Per concludere, mi sembra doveroso ricordare il generoso tentativo di Flavio Claudio Giuliano, imperatore dal 331 al 363, dichiaratamente pagano, di restaurare l’antica religione romana, quella del paganesimo. Di fatto, però, era un’impresa difficile da realizzare. E’ doveroso ricordare che,nel corso degli ultimi decenni, il paganesimo – un pantheon di divinità – era stato per così dire contaminato da tanti altri credi e culti importati in genere dai legionari romani dall’Oriente. Tra questi era notissimo il culto di Mitra Tauroctono – il giovane Mitra che uccide il toro – di cui in Roma esistono i resti di almeno due tempi. Il web ci dice che “Mitra è una divinità dell’induismo e della religione persiana nonché un dio ellenistico e romano, che fu adorato nelle religioni misteriche dal primo secolo a.C. fino al quinto d.C. Ma il paganesimo di Giuliano ormai non era più quello di Cesare, di Virgilio, di Orazio. Autori che agli studenti delle scuole di quegli anni erano forse lontani come lo sono agli studenti dei nostri giorni.

E quando un’Idea, con tanto di maiuscola iniziale, non coinvolge, non eccita, non trascina, non c’è più nulla da fare! Il capitolo di un bel libro è terminato! O forse è terminato l’intero libro! Che – come sempre accade – finisce poi in una biblioteca: aperto dagli studiosi, che però nella vita quotidiana sono sollecitati – e forse non sempre appagati – da mille ben altri interessi! Ruit hora? Nooo!!! Corrono i decenni! Corrono i secoli!

Letterina a Papa Francesco

Letterina a Papa Francesco

di Maurizio Tiriticco

Nella ricorrenza natalizia mi è sembrato opportuno scrivere questa letterina a Papa Francesco

CARO PAPA FRANCESCO! Quando pensi di salire sul Sacro Monte della Verna, in Toscana, a nord di Arezzo, dove FRANCESCO ricevette direttamente da Cristo Crocifisso le stimmate? Dante ricorda San Francesco e l’episodio delle stimmate in PARADISO, canto XI°, da cui riporto la terzina chiave, vv 106-108: “Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno / Da Cristo prese l’ultimo sigillo / Che le sue membra due anni portarno”. Penso che la visita del Primo Papa che ha voluto chiamarsi Francesco al Sacro Monte della Verna sia opportuna, se non doverosa! Io salgo al Sacro Monte tutti gli anni nel mese di luglio. Caro Papa! Potremmo andare insieme. E Ti sarei da guida, ovviamente solo …turistica. Mi piace allegarti un articolo che ho scritto tempo fa su San Francesco.

Il 4 OTTOBRE è il GIORNO DI SAN FRANCESCO! Ed è stato indicato dal Parlamento italiano nel 2005 quale “solennità civile e giornata per la pace, per la fraternità e il dialogo fra le religioni”. Ciò rappresenta una felice occasione per continuare a proporre gli ideali e i valori del Poverello di Assisi e le sue forti scelte di vita. La scelta adottata dal Parlamento offre un’occasione in più per diffondere il suo messaggio. Per certi versi si tratta di una precisazione relativa, visto che già in tanti lo conoscono come fratello, uomo del dialogo, dell’amore per l’altro e per il mondo intero.

Ma perché si celebra il 4 ottobre? Occorre fare un salto nel passato, di appena… ottocento anni!!! Tommaso da Celano, primo biografo del Santo, racconta come Francesco, trovandosi a Foligno insieme a frate Elia, nel 1224, ebbe la predizione della sua morte, che sarebbe avvenuta due anni dopo. Una notte – così racconta il Celano – apparve in sogno a Frate Elia un sacerdote bianco-vestito, di aspetto grave e venerando, che gli disse: “Va, fratello, e avverti Francesco che, essendosi compiuti diciotto anni da quando rinunciò al mondo per seguire Cristo, gli rimangono solo due anni e poi il Signore lo chiamerà a sé nell’altra vita” (Fonti Francescane, 508). La sua data di nascita non è certa, ma alcuni ricercatori indicano come la più probabile il 26 settembre 1182. E morì quindi il 4 ottobre 1226 – secondo altri il 3 – all’età di 44 anni.

Dante Alighieri nel canto XI del Paradiso ricorda Francesco cosi: “Intra Tupino e l’acqua che discende / dal colle eletto del beato Ubaldo, / fertile costa d’alto monte pende, / onde Perugia sente freddo e caldo / da Porta Sole; e diretro le piange / per grave giogo Nocera con Gualdo. / Di questa costa, là dev’ella frange / più sua rattezza, nacque al mondo un sole, / come fa questo talvolta di Gange. /// Nel crudo sasso Intra Tevere ed Arno / da Cristo prese l’ultimo sigillo / che le sue membra due anni portarno. / Ma il suo pecuglio di nova vivanda / è fatto ghiotto, sì ch’essere non puote / che per diversi salti non si spanda…”.

Il crudo sasso è il Monte della Verna, in cui è stato costruito il più famoso dei conventi del Casentino, in Toscana. Ed è tuttora uno dei luoghi più rilevanti del francescanesimo. La fondazione di un primo nucleo eremitico risale alla presenza sul luogo di Francesco che, nella primavera del 1213, incontrò a San Leo, in Montefeltro, il conte Orlando Caetani, di Chiusi nel Casentino. Costui, colpito dalla sua predicazione, volle fargli dono del monte della Verna, a 1128 metri di altezza. Più in alto, a 1283 metri di altezza, si erge il Monte Penna, con una stupenda vista panoramica sul Casentino. Francesco si ritirò sul monte con un gruppo dei suoi ‘fratelli’ nell’estate, appunto, del 1224. La sua intenzione era quella di poter partecipare alla Passione di Cristo. Il Signore lo ascoltò: gli apparve sotto forma di serafino crocifisso e gli ‘donò’ i segni tangibili della sua Passione, le stimmate.

Negli anni successivi sorsero alcune piccole celle e la chiesetta di Santa Maria degli Angeli (1216-18). In seguito, molto più tardi, prospiciente al piazzale del Quadrante, venne costruita la grande basilica, dedicata alla Madonna Assunta, consacrata nel 1568, quindi più volte rimaneggiata. In questa si trova un organo particolare, che ha origini molto antiche: 1586! Fu realizzato da Onofrio Zeffirini di Cortona. In seguito l’organo, nel corso degli anni, subì importanti modifiche ed innovazioni. Nel 1951 fu restaurato e ampliato in onore del grande organista del santuario, Padre Vigilio; un suo ritratto, insieme a quello di Fra’ Achille, ultimo speziale della Verna, si trova nel museo del monastero. Nel 1967 l’organo fu ancora ampliato con l’aggiunta del nuovo Organo Positivo Espressivo, che andò a sommarsi al Grand’Organo e al Recitativo Espressivo. Tutti e tre sono posti all’interno del coro. Con quest’ultimo intervento, il numero dei registri dello strumento passò da 62 a 90 e le canne passarono da 3000 a 5700. Da questi numeri si può ben comprendere che la definizione di monumentale per quest’organo non è niente di esagerato. Per gli appassionati della musica di questo strumento, la sua meravigliosa ‘voce’ è piacevolmente apprezzabile la sera dei mercoledì estivi, che vanno all’incirca dal 10 luglio al 20 di agosto, quando si tiene alla Verna il Festival Internazionale di Musica d’Organo con concerti eseguiti da maestri di fama mondiale. Il convento e l’intero complesso del convento della Verna sono particolarmente suggestivi. E le visite o i pellegrinaggi sono sempre numerosi per tutto l’anno.

Il 18 giugno 1939 San Francesco viene proclamato da Papa Pio XII, assieme a Santa Caterina da Siena, patrono principale d’Italia. Successivamente, il 24 ottobre 1964, Paolo VI dichiarò San Francesco santo patrono d’Italia e d’Europa.

Che bello! Riecco il Natale

Che bello! Riecco il Natale

di Maurizio Tiriticco

Che bello! Arriva Natale! Ed anche se siamo in tempo di covid, di mascherine, di distanziamenti, siamo egualmente contenti! Tanti regali, a volte inutili o sempre gli stessi, per non dire dei frequenti ricicli… ma guarda un po’, mi ha regalato la stessa sciarpa che gli ho regalato io lo scorso Natale. Qualche fetta di panettone, una tombolata, un brindisi! Per non dire poi che la gioia maggiore è dei bambini, figli e nipoti! Comunque, non si creda che il Natale sia solo “roba nostra”! Anche se lo sappiamo tutti! La nascita di Gesù! La grotta! La Madonna e San Giuseppe, il bue e l’asinello, stufette viventi, i pastori, la cometa e poi e poi… i Re Magi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre che, sotto la guida della Cometa, arrivano a Betlemme e portano in dono a Gesù Bambino oro, incenso e mirra. Tutto ciò però ben 13 giorni dopo! E sempre la stessa grotta, il bue e l’asinello a scaldare il Bambino… lo vediamo nei presepi delle nostre chiese. Ma poi che ci fanno Maria e Giuseppe con quei regali? Non sarebbe stato meglio per loro avere qualche pannolino, legna e carbone per scaldarsi e, magari, latte, pane e acqua? Sopravvivenza garantita! Ma lasciamo perdere! Un vecchio adagio dice: scherza con i fanti e lascia stare i santi. E non sono affatto un blasfemo! Ed io a questi Nostri Santi voglio bene, sono carne della mia cultura, della mia lingua, della mia storia personale, anche se penso di essere un laico… o forse un alaico?

Però questa festa non è solo roba nostra! Che succede in effetti il 21 dicembre? O meglio, che succedeva? E ciò da sempre, almeno penso, qui nel nostro emisfero nord. In effetti per quei nostri antenati – ignoranti in materia di geografia fisica… ed astronomica, non era certo una cosa bella che, dopo il 21 giugno – anche in datazioni diverse presso gli antichi – nel nostro emisfero nord il sole comincia a tramontare sempre più presto e le giornate si accorciano! Mamma mia! Che succede! Il Sole ci abbandona! Come faremo… Ma nooo!!! I dotti poi hanno scoperto che è tutto un gioco! “Abbiate fede! Perché dopo il solstizio d’estate – che paroloni – viene il solstizio di inverno”! Sì, Ma che vuol dire? “E sempre stato così! State tranquilli”! Ed oggi – stante il fatto che tutti abbiamo frequentato la scuola dell’obbligo – siamo tutti sicuri che torneremo al Solleone dell’estate.

Pure gli Antichi Romani festeggiavano il Natale! Anche se non lo chiamavano così! Comunque aspettavano la rinascita del Dio Sole bello tondo e duraturo! Ed i Saturnali erano una delle più importanti ed amate festività romane: duravano dal 17 al 23 dicembre. Ed anche loro scambiavano i doni, si incontravano tra famiglie. Anzi esistevano addirittura le gentes. Ed ogni gens comprendeva diverse familiae. Perché i Romani l’avevano inventata loro la “famiglia allargata”! Comprendeva il pater familias e tutti i suoi parenti, nonché gli schiavi, i servitori e i clientes. Quest’ultimi erano i poverelli che andavano a raccogliere le briciole dei banchetti, o meglio ad elemosinare favori e regalie.

Il Natale degli Antichi Romani, o meglio la Rinascita, si celebrava “ante diem XVI KalendasIanuarias” – per il nostro calendario tra il 17 e il 25 dicembre – sedici giorni prima delle calende di Gennaio (ovvero il primo giorno del mese), quando il sole aveva raggiunto il suo percorso più basso nel cielo e i giorni ricominciavano ad allungarsi, assicurando così un’altra stagione di raccolto. Erano i giorni più belli dell’anno, dedicati a Saturno, dio della mitica “età dell’oro!”: un’epoca lontana nel tempo, quando gli uomini vivevano in pace, senza bisogno di lavorare, perché questa era associata ai cicli della natura, all’alternarsi delle stagioni. I riti religiosi si svolgevano, nel Foro, seguiti poi da una sorta di Carnevale, contrassegnato dalla più completa libertà di comportamenti, fino alla trasgressione e alla licenziosità. In quei giorni agli schiavi era permesso di banchettare con i padroni e addirittura essere di serviti da loro. La gente andava in giro mascherata mentre, quelli che oggi definiremmo artisti di strada, improvvisavano ovunque i loro spettacoli. Siscambiavano anche dei piccoli doni e figurine di terracotta, di cera o perfino di pane, detti sigillaria, che volevano alludere agli uomini che erano soggetti alla sorte e al gioco degli dei. La festa Romana dei Saturnali terminava il 25 Dicembre giorno del natalissolis invicti, la nascita del sole invincibile. Nel 274 d.C. fu decretata dall’imperatore Aureliano come celebrazione del Solstizio Invernale, e qualche tempo dopo fu cristianizzata come una data per celebrare la nascita del Figlio della Luce. Sembra che Cristo, però,non nacque alla fine di Dicembre ma in un imprecisato periodo autunnale. Fu a causa dello stato d’illegalità in cui operavano, che i primi Cristiani spostarono il Natale al tempo dei Saturnali per attirare meno attenzione possibile su loro stessi mentre celebravano le proprie festività.

In seguito, con l’Editto di Costantino del 313 d.C., che sanciva la tolleranza tra le religioni presenti nel territorio dell’impero romano, e con l’Editto di Tessalonica del 380 d.C., che dichiarava il Cristianesimo religione ufficiale dell’impero, le celebrazioni pagane cessarono. Tornando ai nostri giorni, se riesaminiamo la festività natalizia contemporanea, è facile notare come i modelli religiosi e folkloristici dei Saturnalia, si siano conservati con le inevitabili differenze e sovrapposizioni, anche a millenni di distanza. Lo scambio di doni, l’aspetto sacrale della celebrazione divina, la sospensione delle attività lavorative caratterizzano, oggi come allora, i Saturnalia e il Natale. Per concludere, le contaminazioni tra culture che sono a volte profondamente diverse, se non addirittura contrapposte, ad analizzarle nel profondo, rinviano a fonti che in realtà sono largamente comuni.

Un’altra Chiesa!

Un’altra Chiesa!

di Maurizio Tiriticco

Leggo che Papa Francesco ha assunto una interessante ed importante posizione circa la questione educativa. Concretamente l’impegno che il Papa persegue si declina in diversi punti: a) prima di tutto, mettere al centro di ogni processo educativo la persona e la sua dignità e capacità di essere in relazione con gli altri; b) in secondo luogo, ascoltare la voce dei bambini e dei giovani per costruire insieme un futuro di giustizia e di pace; 3) favorire la partecipazione di bambine e ragazze all’istruzione; 4) vedere nella famiglia il primo e indispensabile soggetto educatore; 5) educazione all’accoglienza verso gli emarginati; 6) impegno a trovare altri modi per intendere economica, politica e progresso, affinché siano a servizio della famiglia umana nella prospettiva di un’ecologia integrale; 7) coltivare la casa comune con stili più sobri secondo principi di sussidiarietà, solidarietà e economia circolare. Il punto di riferimento di questo progetto educativo è la dottrina sociale ispirata agli insegnamenti della Rivelazione e all’Umanesimo cristiano, che si offre come solida base per trovare strade da percorrere nell’attuale situazione di emergenza. Bisogna, poi, assicurare a tutti l’accesso a un’educazione di qualità.

Fin qui l’appello del Papa. E come non essere d’accordo? Io, da sempre convintamente laico, non ho mai negato che nelle Parole del Vangelo ed in tutto l’Umanesimo, cristiano nonché laico, possiamo sempre ritrovare le fondamenta di una convivenza solidale e produttiva tra tutti gli uomini e le donne di un pianeta, oggi particolarmente minacciato da una terribile pandemia e dalle preoccupanti tensioni politiche e militari che funestano in primo luogo l’Europa Orientale. In verità ho sempre avvertito che un Papa che ha scelto di chiamarsi Francesco sarebbe stato un Papa molto diverso dai precedenti. Ma vi siete mai chiesti perché nessun Papa ha mai assunto il nome di Francesco?

Un pizzico di storia. Francesco, il Poverello di Assisi – siamo nel 1200 – decise di dare una regola di condotta al suo primo gruppo di confratelli, e la dettò a Frate Leone. Volle che la scrittura fosse “chiarissima ed umile” perché rispecchiasse fedelmente l’impegno di fede, di carità e di fratellanza che il gruppo dei fratelli intendeva adottare come condotta. Finito il testo, i Fratelli partirono per Roma e arrivarono da Papa Innocenzo III. Il Papa diede udienza ai Poverelli e Francesco lesse al Papa la loro regola. Ecco il testo: “Noi seguaci di Sorella Povertà, detti Frati Minori, ci siamo riuniti per vivere in assoluta obbedienza l’uno all’altro,per seguire il Signore nella sua Povertà. Chiunque darà ai poveri ciò che possiede sarà accolto da noi con grande gioia e amore. Ci vestiremo come i poveri con misere vesti fatte da stracci, ma benedette dal buon Dio. Nessun Fratellopossiederà beni terreni. Lavoreremo e chi di noi non lavorerà non mangerà. Elemosineremo il cibo in porta in porta e saremo felici in compagnia del povero, del malato, del lebbroso e di tutti coloro che sono disprezzati”.

E viene da chiedersi: avrebbe mai potuto una Chiesa Costantiniana in tutta la sua lunga storia essere la Chiesa vagheggiata dal Poverello di Assisi? Impegnata per lunghi secoli in quel lancinante duello contro il cosiddetto Potere temporale? Quando, lo stesso Potere spirituale, in effetti, di spirituale aveva ben poco? La teoria dei Due Soli – il riferimento è a Dante – è chiaramente indicativa che si trattava di due potenze in eterno conflitto: e che il conflitto era assolutamente politico.

Ma veniamo a noi. Su “la Repubblica” di oggi, 19dicembre 2021, Eugenio Scalfari in un articolo intitolato “Una Chiesa moderna in cammino” scrive tra l’altro: “Un non credente quale io sono è molto interessato alla storia della Chiesa che cominciò da quando Paolo cadde da cavallo quando andava da Gerusalemme a Damasco. Svenne, si risvegliò – come lui racconta in alcune sue lettere – quando un angelo lo sollevò da terra ed entrò nell’anima e la trasformò. Paolo si considerò uno degli Apostoli di Gesù. Gli apostoli erano tredici, uno dei quali però tradì Gesù e lo denunciò alle autorità del Tempio di Gerusalemme, dalle quali fu anche pagato per questa sua confessione. Quando Gesù fu poi crocifisso, l’apostolo traditore che si chiamava Giuda si impiccò. Paolo, il cui nome ebraico era Saul, si considerò comunque un Apostolo e in realtà divenne una delle figure più importanti del nascente cristianesimo che allora era una delle tante comunità ebraiche che praticavano ognuna a suo modo la religione diretta dai sacerdoti del Tempio. Strano a dirsi, ma in realtà il primo a considerare l’insegnamento di Gesù, la sua predicazione durata tre anni ed infine il suo arrivo a Gerusalemme, l’Ultima Cena e la Crocifissione fu Paolo”.

E Scalfari così conclude: “Adesso siamo ad una necessità di modernizzare la Chiesa, adeguandola alla società che compone il mondo ed ha le sue proprie religioni, alcune monoteistiche, ma con un Dio proprio, che non è quello della Bibbia e soprattutto quello raccontato dai Vangeli. Il Papa che abbiamo oggi… afferma costantemente che il Dio creatore è unico in tutto il mondo. Non può esistere un Dio di proprietà di un solo popolo. Storicamente queste situazioni si verificano in molti Paesi, ma Papa Francescodice il vero per chi crede in un Dio: quel Dio è uno solo; l’epoca degli dei è ormai di duemila anni fa ed ha perso ogni senso”.

Ed allora è chiaro perché l’attuale Papa, tra i tanti che si sono susseguiti, è stato il primo a volersi chiamare Francesco: un nome di battaglia, per restituire alla Chiesa di Cristo il compito che Cristo, Paolo e Pietro le hanno affidato: la cura delle anime. E’ una sfida che Papa Francesco ha lanciato ad una Chiesa e con una Chiesa che sta profondamente rinnovando. E’ un compito immane che tutti i laici devono sostenere.

Il siero magico

Il siero magico

di Maurizio Tiriticco

Copio da fb: “L’insegnate AI di Bresca è stata sospesa dalla scuola per rifiuto di ‘siero magico’”. Sembra che l’insegnante avrebbe così definito il vaccino anti-covid a cui avrebbe dovuto sottoporsi, operazione che, com’è noto, di norma, interessa tutto il personale delle nostre scuole. Mi chiedo, e lo scrivo su fb: ma adesso abbiamo anche le maestre no-vax? Eppure non si tratta di concittadine, come si suol dire, ignoranti, perché hanno studiato, conseguito titoli professionali ed esercitano una professione più che nobile. Ma allora mi chiedo: che cosa hanno imparato? E che cosa insegnano? Poi AM – sempre su fb – scende in difesa di AI e mi risponde che “insegnano che la libertà personale è inviolabile, come recita l’art. 13 della nostra Costituzione”.

Ed io allora mi sento di rispondere così. CarissimeAI ed AM! Voi due sapete senz’altro – e me lo conferma il web – che oggi i vaccini che riguardano i neonati sono in totale 9: l’anti difterite, l’anti tetano, l’anti pertosse, l’anti poliomielite, l’anti epatite B, l’anti Haemophilus influenzale di tipo B, l’anti pneumococco coniugato, l’anti meningococco B e l’anti rotavirus. Io, invece, oggi 93enne, nel 1928, appena nato, fui sottoposto ad un unico vaccino – e non vorrei sbagliarmi – quello contro il vaiolo: quella malattia tremenda che fece strage in Europa. La vicenda vaccini è ricca di storia! E tutti sappiamo quanto dobbiamo a Jenner e a Pasteur. Per gli opportuni approfondimenti, si veda: https://www.wikivaccini.regione.lombardia.it/wps/portal/site/wikivaccini/DettaglioRedazionale/storia.

Sappiamo tutti che la ricerca scientifica si è evoluta nel corso degli ultimi anni e che malattie una volta terribili, quali la poliomielite ad esempio, sono state sconfitte. Pertanto penso che essere vaccinati alla nascita contro una serie di malattie che hanno funestato l’umanità per secoli, e che oggi sono solo un vago ricordo, sia una delle nostre conquiste più importanti. E ciò accade purtroppo solo nei Paesi ad alto sviluppo. Nei Paesi sottosviluppati si muore come mosche, e non solo di covid.

E allora, care amiche, Perché non vi opponete anche ai vaccini che sono “imposti” da decenni ai neonati dall’attuale “dittatura sanitaria”? Ma vi invito a riflettere: non credete che si sia tutti più liberi e più sicuri, se cerchiamo di non ammalarci? Grazie ad una risorsa estremante “piccola”, un semplice vaccino al braccio, ma estremamente “grande” per le garanzie che offre. Riflessione zero! Ma poi in tv ogni tanto assistiamo al tristissimo spettacolo del “convinto e libero no vax”, recuperato poi alla vita da medici pazienti e valorosi – ma non so poi anche quanto incazzati – nonché piagnucoloso e pentito.

Ed è anche opportuno chiamare in causa la nostra Costituzione, una delle più belle del mondo, che abbiamo potuto varare nel lontano 1947, dopo anni di dittatura, di guerre, di sacrifici, un documento che purtroppo pochissimi leggono e pochi insegnanti fanno leggere ai loro alunni. Penso a quei primi 12 articoli, i “principi fondamentali” che fondano appunto il nostro “convivere insieme” in un regime di democrazia e di libertà. E poi penso all’articolo 32, che così recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. E, purtroppo, la garanzia della libertà di scelta viene poi brandita dai no vax come arma per combattere la presunta “violenza dello Stato” contro i suoi cittadini.

Infine, cara Al di Brescia, ti prego di non chiamare “siero magico” quelle gocce di un vaccino che sono l’esito di faticose ricerche e di sperimentazioni, e che ha salvato, salva e salverà migliaia di nostri concittadini, e forse anche te, qualora non invocassi una pretesa libertà da… in effetti… non si sa che cosa…