Specifiche per l’invio dei Piani alla Autorità di Gestione

Oggetto: Fondi Strutturali Europei – Programma Operativo Nazionale “Per la Scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020. Avviso pubblico rivolto alle Istituzioni scolastiche statali per la realizzazione di ambienti digitali. – Specifiche per l’invio dei Piani alla Autorità di Gestione

Nota prot. 22259 del 30 novembre 2015

Avviso MAE 30 novembre 2015

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
DIREZIONE GENERALE PER LA PROMOZIONE DEL SISTEMA PAESE

Destinatari: Dirigenti scolastici appartenenti all’Area V, in servizio in territorio. nazionale da almeno tre anni, compreso quello in corso

Avviso MAE 30 novembre 2015

Oggetto: Colloqui di accertamento dei requisiti per l’eventuale collocamento fuori ruolo a disposizione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in applicazione dell’art. 626 del d.lgs. 297/1994, finalizzato a prestare servizio esclusivamente presso l’Amministrazione centraIe a Roma.

Avviso MAE 30 novembre 2015, Prot. 5519

Ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
DIREZIONE GENERALE PER LA PROMOZIONE DEL SISTEMA PAESE

Destinatari: Dirigenti scolastici appartenenti all’Area V, in servizio in territorio nazionale da almeno tre anni, compreso quello in corso.

Avviso MAE 30 novembre 2015, Prot. 5519

Oggetto: Colloqui di accertamento dei requisiti per l’eventuale collocamento fuori ruolo a disposizione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Interazionale, in applicazione dell’art. 626 del d. Igs. 297/1994, finalizzato a prestare servizio esclusivamente presso l’Amministrazione centrale a Roma.

C’era una volta l’Italia

C’era una volta l’Italia

di Maurizio Tiriticco

 

In effetti, l’Italia ha avuto una breve esistenza. Vagheggiata da sempre, da Dante a Machiavelli e ai profeti del Romanticismo, costruita dal concorso di più forze politiche e militari, costituita come Regno nel 1861, oggi, dopo più di un secolo e mezzo, sembra che torni ad essere quella espressione geografica che per un certo Metternich è sempre stata.

Le difficoltà di comunicazione tra un lombardo e un siciliano nel 1861 erano enormi. Due mondi, due storie, due culture, due lingue, anche se negli stessi anni un certo Manzoni, sciacquando i panni in Arno, definiva il lessico e la grammatica di una lingua che ci avrebbe accomunato dalle Alpi al Lilibeo. Quante lotte e quanto sangue! Dalle Guerre di indipendenza del Risorgimento alla Liberazione di Trento e Trieste e all’annessione (sic!) del Südtirol e di Rijeka. E poi la Libia e l’Etiopia, l’imperialismo straccione, comunque, per non essere da meno di altri Stati europei imperialisti a tutto tondo da tempi più lontani. Insomma, ce l’abbiamo messa tutta – soprattutto con il fascismo – per ricostruire gli antichi splendori, addirittura di una Roma imperiale: la massima espansione ai tempi di Traiano!

E poi con la Resistenza finalmente ci siamo affrancati da un passato equivoco, illusorio e guerrafondaio e, sulla scorta del pensiero dei nostri Mazzini, Cattaneo e Pisacane, abbiamo contribuito – con il manifesto di Ventotene, con l’europeismo di un De Gasperi, di un Silone, di uno Jemolo – alla costruzione di quel primo nucleo di Europa dei sei Paesi della CEE, una semplice comunità economica, ma avviata – pensavamo – a destini ben più alti. Era il lontano 1957 e proprio in Roma, caput mundi, venne firmato il Trattato che metteva insieme, dopo dodici anni dalla fine della guerra, vincitori e vinti! Allora erano solo sei Paesi! E gli interrogativi per il futuro erano tanti.

Oggi i Paesi membri sono ventotto, dall’Atlantico al Mar Baltico, e gli interrogativi non sono affatto da meno. Anche e soprattutto perché, dopo avere firmato in Campidoglio a Roma nel 2004 una Costituzione, solo tre anni dopo, a Lisbona abbiamo dovuto ripiegare su un semplice Trattato. Una Europa nuova che cresce per cinquant’anni e che, dal 2007 in poi rischia, invece di perdere la sua stessa identità! E’ forse un colosso d’argilla? Manca una politica estera. Le politiche economiche sono restrittive più che espansive; alla moneta comune non corrisponde un vero mercato comune. Anzi, aumentano i vincoli e diminuiscono le opportunità. E soprattutto l’Unione non è in grado di dare risposte ai sommovimenti di popolazione che ormai caratterizzeranno, e in forme sempre più massicce, l’intero Terzo millennio. Per non dire poi di quella guerra senza confini che ci hanno dichiarato e mosso gli uomini dell’Isis.

Migrazioni epocali si faranno sempre più massicce e non saranno né leggi né filo spinato a fermarle. E confrontarsi con chi si suicida per uccidere è ancora più difficile. E’ l’assetto stesso di Popoli, Nazioni, Patrie che con tante fatiche e centinaia di anni abbiamo costruito qui in Europa che si sta sgretolando. E’ finita l’epoca in cui un Mazzini poteva affermare: “La Patria è una comunione di liberi e d’eguali affratellati in concordia di lavori verso un unico fine… La Patria non è un aggregato, è una associazione”. I sommovimenti di oggi e di domani – dall’esterno e al nostro interno – liquidano giorno dopo giorno fatti e concetti a cui abbiamo creduto e su cui abbiamo costruito. C’erano una volta le Nazioni, e qui in Europa soprattutto, da costruire o già costruite. Oggi sono solo piccoli castelli di sabbia che onde impetuose stanno dissolvendo giorno dopo giorno e con forza sempre maggiore.

Resistere od opporsi alle ondate migratorie di oggi e di domani è impossibile, non serve e non ha senso. Occorre prenderne atto e ricercare assetti sociali diversi da quelli che abbiamo costruito. Ed è qui la difficile scommessa! La storia è un continuo divenire di eventi e nessuno può mai considerarsi definitivo. L’Europa delle Patrie è al collasso e l’Unione dei ventotto Stati membri non può unire Patrie che si stanno dissolvendo. Il fenomeno è epocale e non si conclude né in tempi brevi né con soluzioni che si suppongono miracoliste. Purtroppo la storia non la capisce mai che la fa, ma solo chi la studia dopo anni. E almeno tentare di studiare i fenomeni che oggi ci attanagliano è la prima cosa da fare. Se vogliamo ricercare e adottare le opportune possibili strategie.

C’erano una volta gli Stati nazione. C’era una volta l’Italia.

La buona scuola e l’azione sindacale

La buona scuola e l’azione sindacale

di Enrico Maranzana

 

La protesta sindacale avverso “La buona scuola” riguarda aspetti marginali: gerarchie; scuola azienda; la titolarità e responsabilità dei docenti nei confronti degli alunni; la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici; metodi di valutazione degli insegnanti; disparità di trattamento tra gli assunti; forme di finanziamento; potere del dirigente scolastico; forme di incentivazione ..

Scioperi che, per l’assenza di una visione sistemica, per la parzialità e la frammentarietà dell’oggetto di critica, sono di supporto al cambiamento indotto dalla legge 107.

Ben diversa sarebbe l’incisività della protesta se l’analisi del mutamento normativo fosse stata condotta a partire della qualità del servizio formativo-educativo-dell’istruzione-dell’insegnamento, all’interno del rapporto mondo contemporaneo-scuola.

Ben diversa sarebbe l’incisività della protesta se il testo della legge 107 fosse stato comparato a un modello di scuola desunto dalla dottrina scientifica e dalla normativa.

Ben diversa sarebbe l’incisività della protesta se fossero stati razionalmente e scientemente confezionati e diffusi messaggi atti a coinvolgere la popolazione intera.

 

La ratio legis è scolpita nell’art. 1, comma 1 della legge 107/2015: “Per affermare il ruolo centrale della scuola .. e per .. (elenco finalità) … la presente legge dà piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni

La via maestra per conseguire i traguardi elencati è “la piena attuazione della legge 59/97”,

via imboccata in spregio al sistema normativo repubblicano: la legge 59/97 è una legge delega e, come tale, priva d’efficacia.

 

Dare piena attuazione alla legge 59/97”,

che decodificato significa: il governo D’Alema – Berlinguer, che ha elaborato il DPR 275/99, ha lavorato in modo lacunoso e superficiale.

Si devono correggere e cestinare parti della disposizione.

 

Il riferimento alla legge delega e non al DPR implica l’esistenza di due filosofie contrapposte:

L’autonomia delle istituzioni scolastica .. si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana” [DPR 275 – art. 1 – comma 2].

Gli estensori della legge 107 non possiedono le necessarie competenze progettuali per cogliere il senso della disposizione.

Un progetto prende avvio dall’esatta e scrupolosa specificazione dei traguardi.

Il paragrafo 7 della legge 107 non distingue, unificando, modalità operative e “obiettivi formativi individuati come prioritari”.

Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto” [DPR 275 – art. 3 – comma 3].

La struttura decisionale introdotta dalla legge 107 è concepita in spregio alla dottrina scientifica dell’organizzazione, fondamento del TU 297/94, e all’art. 37 del Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 che regola la Dirigenza pubblica.

 

Legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni”:

la modifica di una legge delega é ipotizzabile solo all’interno d’una cultura giuridica raffazzonata.

C. Dotto Viglino, Maremadre

Una vita a due

di Antonio Stanca

viglinoA Giugno del 2015 presso la casa editrice E/O di Roma è comparso un altro romanzo, il quarto, Maremadre, della poetessa e scrittrice genovese Cristina Dotto Viglino.

Nata a Genova nel 1966, la Viglino già a ventotto anni, nel 1994, si è fatta conoscere con la prima raccolta di poesie Inutile phare de la nuit, che le ha procurato il Premio Marguerite Yourcenar per la poesia. L’anno successivo con il primo racconto, Il porto, vinse il Premio di Narrativa Città di Novara. I primi due romanzi sono del 2006 e sono stati pubblicati insieme, in un volume unico dal titolo Di due dolori ed altro.

Altre raccolte poetiche ed altri romanzi avrebbe scritto la Viglino fino a quest’ultimo dove narra di una situazione particolare verificatasi nella prima metà del secolo scorso e vissuta da una madre ed una figlia legate, unite in maniera morbosa, inalterabile, indissolubile.

Non è un romanzo autobiografico come alcuni hanno inteso anche perché ambientato in una Genova precedente a quella vissuta dalla scrittrice nei suoi anni da bambina ad oggi. Probabilmente nella vita della Viglino ci saranno stati degli elementi, degli aspetti dai quali le è provenuta ispirazione, è stata mossa a scrivere l’opera ma altro è questa dalla sua vita.

Il romanzo si presenta scorrevole, facile nell’esposizione, chiaro nei contenuti. Questi passano tra tempi, eventi, ambienti diversi senza, però, perdere di vista il motivo che li tiene uniti dall’inizio alla fine e che è costituito dall’affetto, dall’amore che uniscono una madre ed una figlia in una Genova che delle loro vicende sembra partecipare, dai loro pensieri sembra essere percorsa nelle sue strade, nelle sue case, nelle sue piazze, nel suo mare, nel suo porto, nei suoi abitanti, nelle sue luci, nei suoi colori. Sempre presente è la città nel romanzo, sempre nominata pur nelle sue parti più segrete, nei suoi vicoli più remoti. Vivere sembra Genova in quest’opera della vita delle due donne. E’ una vita particolare questa, un “caso” eccezionale è il loro dal momento che tutto ciò che è dell’una appartiene pure all’altra. Tra le due non ci sono segreti, esse vivono più come amiche che come familiari. Nella famiglia il padre aveva proceduto per conto proprio senza pensarle molto e questo aveva mosso la madre a rimanere vicina alla figlia da quando era piccola a quando era diventata una donna matura che aveva compiuto i suoi studi universitari e si era più volte sposata. Sempre pronta era stata la madre a capire i pensieri, i bisogni della figlia, ad aiutarla nei suoi problemi, a risolvere i suoi dubbi, a placare le sue angosce, ad insegnarle a vivere nel migliore dei modi. La vita aveva fatto imparare alla figlia, la sua vita le aveva trasmesso convinta che fosse stata la migliore perché fatta di equilibrio, compostezza, cultura, eleganza ed anche libertà di pensiero ed azione, scambi, rapporti compresi quelli sessuali che, secondo lei, arricchivano, facevano acquisire quanto agli altri apparteneva, aggiungevano alla propria altre vite. Due donne unite anche nelle loro passioni amorose erano diventate quella madre e quella figlia: come era stato per una era adesso per l’altra.

Un movimento continuo, incessante, un processo interminabile viene avviato nel romanzo fin dalle prime pagine. La voce che parla è quella della figlia e mai si ferma, mai conclude, mai finisce di dire di una situazione poiché sempre ha da aggiungere a quel che ha detto, ha visto, ha fatto, sempre ha da riferirsi alla figura, alla persona della madre che anche quando non è presente vive, opera nei suoi pensieri, nei suoi ricordi, nei suoi sogni. Hanno cominciato insieme e finiranno insieme. Ancora più unite, ancora più strette le mostrerà la Viglino al momento della notizia della grave malattia che ha colpito la madre. Allora sarà la figlia la protettrice, la consolatrice ma niente cambierà ché uguali saranno le parole, le intimità che tra loro correranno, uguali i modi, gli sguardi. E neanche dopo, si ripromette la figlia, sarebbe cambiato qualcosa, neanche dopo la morte della madre lei avrebbe smesso di sentirla vicina.

Meraviglia, affascina questa lunga, interminabile ricostruzione che una donna fa della sua vita senza mai mostrare di ricredersi su qualche momento, aspetto di essa, senza mai dubitare se le è valso vivere come la madre, insieme alla madre, per la madre.

Ultimo banco

ULTIMO BANCO di Umberto Tenuta

CANTO 582 Ai miei tempi c’era l’ultimo banco.

Ora ci sono i meritevoli e i non meritevoli.

Come voleva il Ministro Gentile.

E come vuole la sua fedele seguace Stefania.

All’insaputa (?) del buon Matteo.

 

La Malascuola non è un problema dei docenti, operai malpagati, come riconosce finanche un Papa.

La Malascuola è il problema più grande di un glorioso paese.

La Malascuola è un problema che non si risolve con un BONUS ai giovani delle periferie.

Perché le periferie stanno nelle aule della BUONASCUOLA.

Le periferie stanno negli alunni meritevoli e non meritevoli.

Le periferie stanno nei docenti meritevoli e non meritevoli.

Le periferie stanno nei dirigenti meritevoli e non meritevoli.

Le periferie stanno in una scuola che privilegia ancora la lezione, la ripetizione e l’interrogazione.

Le periferie stanno in una scuola che privilegia ancora le lavagne e non i tablet.

Le periferie stanno in una scuola che privilegia ancora i tests e non la conoscenza delle difficoltà che gli alunni incontrano.

Le periferie stanno in una scuola che privilegia il lavoro individuale dei docenti e non il Team Teaching: l’insegnante giusto al momento giusto, per l’alunno giusto.

Le periferie stanno in una scuola che privilegia il lavoro individuale degli alunni e non il Cooperative learning.

Le periferie stanno in una scuola che privilegia le aule e non i laboratori attrezzati con tutte le tecnologie, antiche e moderne.

Le periferie stanno in una scuola che impiega il suo tempo a verificare chi è meritevole e non a garantire il successo formativo a tutti i suoi alunni, come legge sancisce.

POST SCRIPTUM

Umberto, ma non ti accorgi di quanto sei noioso?

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”

 

Grembo materno

GREMBO MATERNO è LA SCUOLA di Umberto Tenuta

CANTO 581 La Scuola è il secondo grembo materno, non meno importante del primo per la nascita di un uomo.

Schola materni gremii (Comenio).

 

La Scuola è il grembo culturale nel quale il figlio di donna si appropria della cultura che lo fa uomo.

Cultura che non è solo sapere (conoscenze), ma anche e soprattutto saper fare (capacità, competenze, abilità) e saper essere (atteggiamenti, amori, interessi).

Conoscenze, capacità e atteggiamenti, e non solo conoscenze.

Non bastano i sussidiari e i libri di testo di Storia, Geografia, Geometria, Botanica, Zoologia…

Non basta riempire la testa, occorre che essa si formi (E.MORIN)).

E soprattutto occorre che si formi il cuore.

Un cuore grande.

Un cuore per amarsi e per amare.

Docenti, professori, maestri, voi siete le socratiche ostetriche!

Fenarete è la vostra collega.

Nelle vostre mani è il destino del figlio di donna.

Sarà uno scienziato, dipende da voi.

Sarà un imprenditore, dipende da voi.

Sarà un farmacista, dipende da voi.

Sarà un tecnico, dipende da voi.

Sarò un operaio, dipende da voi.

E, soprattutto, sarà uno uomo, dipende da voi!

Docenti tutti, nessun’altra professione è importante quanto la vostra.

Sappiatelo voi, prima di ogni altro!

Ma, soprattutto, lo sappia chi è responsabile della formazione dei cittadini, dei lavoratori, degli uomini di domani!

 

POST SCRIPTUM

È veramente strano che un secolo fa questo si sapesse, e si curasse con grande attenzione, e che in una società democratica si fa fatica a riconoscerlo!

 

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Sentenza del Consiglio di Stato: il disabile non è una persona malata

da Superabile

Sentenza del Consiglio di Stato: il disabile non è una persona malata

Si chiude la lunga battaglia legale che ha visto contrapposte due associazioni che si contendevano il bando per la gestione dei Centri diurni per disabili nei comuni di Cinisello Balsamo e Cusano Milanino. Al centro la qualifica che devono avere gli operatori: di tipo sanitaria o educativa?

MILANO – La storia è particolarmente ingarbugliata. Sembra una questione per addetti ai lavori. In realtà poneva una domanda fondamentale: il disabile è una persona malata? Il Consiglio di Stato ha dato una risposta: no, non è una persona malata. Sì è conclusa così la lunga battaglia legale che ha visto coinvolto l’azienda consortile “Insieme per il sociale”, che gestisce i Centri Diurni Disabili (Cdd) nei Comuni di Cinisello Balsamo e Cusano Milanino, e l’associazione “Senza limiti”. Oggetto del contendere: il bando di gara per l’affidamento dei servizi a carattere educativo, socio assistenziale e di supervisione nei Cdd dei due comuni milanesi. Il bando, infatti, era stato contestato dall’associazione “Senza limiti”, che aveva fatto ricorso sostenendo che nei Cdd potevano lavorare solo gli operatori in possesso della qualifica di “Educatore Professionale” rilasciato dalle facoltà di Medicina e chirurgia. Per i Comuni invece bastava quella rilasciata da Scienze dell’Educazione. La differenza tra le due è che quella rilasciata da Medicina e chirurgia è specializzata nella prestazione di cure di tipo sanitario.
La Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha) si è schierata da subito con i Comuni. Per un semplice motivo: i Cdd sono luoghi di aggregazione, di formazione, di socializzazione, dove il disabile non è un paziente, ma una persona che partecipa ad attività e incontri. In un primo momento, il Tar della Lombardia ha accolto il ricorso dell’associazione “Senza limiti” e annullato il bando di gara. Il consorzio dei Comuni ha successivamente impugnato questa decisione in appello davanti al Consiglio di Stato, che ha messo definitivamente la parola “fine” alla vicenda. I giudici affermano infatti che non può essere sostenuta la tesi dell’associazione “Senza limiti” “tesa ad assegnare ai centri diuni una prevalente e pressoché esclusiva funzione di cura e assistenza sul piano terapeutico ed infermieristico/medicale dei soggetti in condizione di disabilità”.

In altre parole, il Consiglio di Stato conferma quanto sostenuto dai legali di Ledha: i Centri Diurni Disabili non sono servizi sanitari e le persone con disabilità non sono malati. “Abbiamo intrapreso questa battaglia legale, schierandoci fin da subito a fianco dei Comuni, perché siamo profondamente convinti che il fine ultimo di questi servizi sia quello di favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità”, commenta Alberto Fontana, presidente Ledha. “Non si tratta di negare o sottovalutare le esigenze di cura delle persone con disabilità – aggiunge -. Ma ridurre il tutto di una persona ai suoi problemi di salute, più o meno connessi alla sua menomazione, è per noi sbagliato”.

“Siamo soddisfatti per l’esito positivo di questa battaglia legale. Da un lato per la tutela dei diritti dei lavoratori, ma soprattutto perché le amministrazioni comunali del nostro ambito hanno sempre sostenuto le necessità di pensare ai centri diurni come luoghi educativi e di socializzazione – commenta Gianfranca Duca, assessore alle politiche sociali del Comune di Cinisello Balsamo -. Ledha ci ha supportato in questa battaglia culturale, fornendoci una preziosa consulenza e supporto nella definizione della linea difensiva”. (dp)

A testa alta di Emmanuelle Bercot

“A testa alta“, un film di Emmanuelle Bercot

di Mario Coviello

atestaaltaNel 1959 il film di un esordiente chiamato François Truffaut lasciò il suo segno sul festival di Cannes con la storia di un ragazzino difficile, malamato in famiglia, finito in un istituto correzionale. Era “I 400 colpi”.

Albert Einstein diceva: “Non esistono grandi scoperte né reale progresso finché sulla terra esiste un bambino infelice.” Dall’alto della sua saggezza non sbagliava. Il legame con l’ultimo film di Emmanuelle Bercot, A Testa Alta (La Tête Haute), presentata in apertura al Festival di Cannes 2015 (il film è uscito la scorsa settimana in Italia in occasione della giornata mondiale dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza), è significativo ai fini della storia e della sua possibile analisi.

Qual è il prezzo da pagare per vedere gli occhi di un bambino colmi di gioia e il suo sguardo disteso se durante l’infanzia gli è stato rubato il sorriso?
“L’educazione è un diritto fondamentale. Esso deve essere assicurato dalla famiglia, ma se essa non vi provvede, spetta alla società assumersene l’onere”, recita la nostra Costituzione.

Il film è la storia di un adolescente infelice, un giovane smarrito senza una guida, è l’immagine riflessa allo specchio di una anima triste, avvolta nell’ombra di un’apparente cammino di crescita la cui retta via non è mai stata tracciata. Malony è un ragazzo che non ha avuto una madre capace di seguirlo passo dopo passo, ed è costretto a vivere un tragico dramma esistenziale, infettato di dolore e solitudine, in perenne equilibrio tra ragione e istinto.

Per una società che vuole ampliare i suoi orizzonti in nome di un progresso mirato è fondamentale stabilire un contatto con i cittadini più bisognosi , tracciando un percorso ‘educativo’ che garantisca loro un futuro e una graduale integrazione comunitaria. Ognuno deve poter camminare “a testa alta” Ed è grazie al lavoro di persone che svolgono con passione e fedeltà il proprio mestiere che esiste ancora oggi una ferma speranza per l’avvenire, la volontà di riuscire a cambiare lo stato dei fatti e a sanare l’insanabile.

Giustizia, tenacia e solidarietà, il messaggio lanciato dalla regista francese è chiaro: A Testa Alta focalizza l’attenzione su una pagina triste e spiazzante della storia di un minorenne problematico, “out of control”, e di una famiglia ‘adottiva’ che cerca di salvarlo dalla perdizione con tutti i mezzi possibili per guidarlo verso un’ideale strada che porta alla redenzione.

“Il punto di partenza del film ha radici molto specifiche” – spiega la regista – “ Ho uno zio educatore e da bambina ero andata a trovarlo in Bretagna dove era responsabile di un campo estivo per giovani delinquenti. Uno di loro era un bambino. Da ragazza di buona famiglia, sempre protetta e incoraggiata, ero affascinata dal comportamento di questi adolescenti che non avevano avuto la mia stessa fortuna, ero attratta dalla loro insolenza, dal loro atteggiamento ribelle nei confronti dell’autorità e delle convenzioni sociali. Allo stesso tempo ammiravo lo sforzo di mio zio e degli altri assistenti sociali per rimetterli in carreggiata, educarli, insegnar loro ad amare se stessi e gli altri, portare rispetto ai propri simili, ma soprattutto a se stessi. Il ricordo è rimasto in me così presente che da adolescente volevo diventare un giudice minorile. Questo ricordo mi ha spinto a fare un film sull’argomento”.

Emmanuelle Bercot con grande capacità legge attentamente le situazioni, utilizza la macchina da presa in modo utile ed essenziale e mette a proprio agio gli attori, lasciandoli liberi di muoversi sulla scena e di sfoderare performance autentiche di incredibile impatto reale. Il film fotografa lo spaccato sociale della Francia di oggi,la Francia ferita dagli attentati a Parigi di questo mese, dove il sistema e le istituzioni tutelano appieno i diritti dei minori, favorendo l’educazione piuttosto che la repressione

In un via vai tra trasferimenti in ostelli della gioventù sperduti nella bucolica realtà di una Francia contadina legata all’agricoltura intensiva ed istituti di correzione, tra sbandate di testa ed isterie ingovernabili, forse alla fine il ragazzo riuscirà a capire sulla sua pelle il valore della famiglia e le responsabilità che gli competono quando da ragazzo e figlio diviene genitore precoce e per nulla deliberato o programmato.

Quando in un film si narra il disagio giovanile, la mente va quasi istantaneamente a registi come i fratelli Dardenne e Van Sant e, andando più indietro nel tempo, come ho scritto all’inizio, a maestri del cinema come Truffaut. Ai docenti, agli operatori sociali, alle persone che hanno il coraggio di guardare avanti, in queste settimane di paura, consiglio la visione di questo film da vedere e far vedere.

Lavoro, Poletti: piuttosto parliamo di docenti e meritocrazia

da Il Fatto Quotidiano

Lavoro, Poletti: piuttosto parliamo di docenti e meritocrazia

Non c’ero. Non l’ho sentito di persona. Il che è stato un bene perché, anche se non è stagione, avrei rischiato di verificare le teorie associate al celebre articolo scientifico di George Perec “Experimental Demonstration of the Tomatotopic Organization in the Soprano. (Cantatrix sopranica L.)”, avvalendomi dell’assistenza involontaria dell’onorevole ministro Poletti.

La stampa riporta che il ministro Giuliano Poletti abbia dichiarato che “Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21. Così – ha aggiunto il ministro-  un giovane dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare”. Mentre nel nostro paese, ha spiegato Poletti, “abbiamo un problema gigantesco: il tempo. I nostri giovani arrivano al mercato del lavoro in gravissimo ritardo. Quasi tutti quelli che incontro mi dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro e fare la gara con chi ha sei anni di tempo in più diventa durissimo”.

Ministro, forse lei non ha capito che il giovane (quanto odio il termine “giovane”..) non ha bruciato proprio niente. Ha solo buttato via tre anni dimostrando un bel nulla di niente. Ministro, quelli che incontra dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro, le dicono anche che hanno una laurea con il massimo dei voti, la lode e il bacio accademico?

Non si tratta di prendere in tre anni una laurea con una votazione di 97 centesimi. Bisogna capire che se ci si iscrive all’università l’obiettivo è di conseguire la laurea con il massimo dei voti che si è in grado di prendere nel tempo richiesto, non un semestre in più, vivendo quei tre anni in apnea, studiando tutto il tempo necessario, investendo su se stessi. L’unica risorsa su cui si può contare. Se non rispetti la tabella di marcia sei fuori, non in parcheggio per un imprecisato numero di anni fino a che l’agognata laurea viene concessa per sfinimento del corpo docente.

Certo, avere un sistema universitario dove la regola sono i docenti strutturati a tempo pieno – oggi sono l’eccezione; basato su meritocrazia e selezione, su serietà e impegno; dove gli studenti sono seguiti e viene loro insegnato oltre a un sapere anche l’etica civile e professionale, di certo faciliterebbe le cose. Già, ma di questo signor ministro non ne ha parlato, vero?

Invece di chiedere scusa di avere ridotto il sistema educativo nazionale a una pelle di leopardo con poche macchie di eccellenza ancora alimentate dai pochi che non hanno gettato la spugna, si propongono umilianti soluzioni di compromesso.

Mi sorge un dubbio: ministro, stava consigliando gli studenti o i suoi colleghi della politica?

Il 91 % studenti italiani pensa di trovare lavoro entro 5 anni dalla laurea

da La Stampa

Il 91 % studenti italiani pensa di trovare lavoro entro 5 anni dalla laurea

Negli universitari cresce l’intenzione di andare all’estero

Il 91% dei giovani universitari italiani tra i 19 e i 26 anni è convinto di trovare un lavoro entro i prossimi 5 anni. È quanto emerge dalla seconda edizione dell’osservatorio di L’Oréal Italia realizzata da Eumetra Monterosa dal titolo “Gli studenti universitari guardano al mondo del lavoro – scelte e aspettative dei giovani italiani”. Inoltre, il 76% dei ragazzi italiani che frequentano l’Università in Italia o all’estero, crede che questo lavoro sarà anche soddisfacente, coerente con gli studi svolti per il 75% di loro, socialmente utile per il 71%.

«La ricerca L’Oréal ha il grande merito di avere aperto un canale di ascolto sulle percezioni e aspirazioni degli studenti italiani – ha dichiarato il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Stafania Giannini – e ha evidenziato il loro pragmatismo lucido e il loro ottimismo. Dobbiamo rispondere a questo patrimonio di disponibilità e fiducia e come Governo stiamo rimettendo al centro dell’agenda politica e sociale il valore dell’istruzione. L’Istruzione di qualità – ha concluso Giannini – è la leva fondamentale per creare società migliori».

Gli studenti ritengono che i punti di forza delle università italiane siano un’eccellente preparazione teorica (26%), le competenze dei docenti (11%) e l’ampia scelta dei corsi di specializzazione (11%), anche se il 20% sottolinea che l’aspetto fondamentale da migliorare delle nostre accademie sia la capacità di preparare al mercato del lavoro rafforzando la connessione con le imprese.

«Come imprese – ha commentato Cristina Scocchia, amministratore delegato l’Oréal Italia – dobbiamo saper dialogare con una generazione matura, consapevole che le inclinazioni personali devono essere rispettate e coltivate, una generazione che ricerca aziende dove poter crescere senza sacrificare nulla della propria individualità».

Rispetto alla precedente edizione, negli universitari cresce l’intenzione di andare all’estero (+11%): il 47% dei giovani ha avuto o vorrebbe avere nel prossimo anno un’esperienza di studio fuori dal nostro paese, principalmente per imparare o perfezionare la lingua (56%), a dimostrazione di una maggiore consapevolezza dell’importanza di confrontarsi in contesti internazionali.

Inoltre, l’85% degli studenti crede che all’estero ci siano più opportunità lavorative che in Italia perché il mercato del lavoro è più aperto, flessibile e meritocratico. Il 70% dei ragazzi intervistati, infatti, vorrebbe meno raccomandazioni e maggiore meritocrazia in Italia.

Riforma, domenica 29 novembre assemblea nazionale contro legge 107

da La Tecnica della Scuola

Riforma, domenica 29 novembre assemblea nazionale contro legge 107

“Ripresa della lotta per una buona scuola per la Repubblica e contro la pessima legge 107”: è l’ordine del giorno dell’assemblea nazionale del movimento per la scuola.

All’assemblea, che si svolgerà a Roma domenica 29 novembre, sono state invitate tutte le organizzazioni sindacali della scuola, comitati e associazioni e quelle che si occupano di lavoro, ambiente e questioni istituzionali.

“Hanno già assicurato la loro presenza – informa il Comitato nazionale di sostegno alla Legge di iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica (Lip) che ha promosso l’iniziativa – rappresentanti di Fiom, Coordinamento per la democrazia costituzionale, Libertà e Giustizia, Comitato acqua bene comune, Cobas scuola, Flc-Cgil, Gilda, Unicobas, Usb Pubblico Impiego/ Scuola nazionale, Usi, Associazione Adam, And, Illumin’Italia, Associazione Per la scuola della Repubblica, Unione degli studenti, Comitati locali Lip, Comitati locali per la scuola pubblica”.

A questa lista si aggiungono parlamentari dei gruppi 5 stelle, Sinistra italiana, Misto ed esponenti di Prc e Possibile.

Autunno caldo? No, tiepido anzi freddo

da La Tecnica della Scuola

Autunno caldo? No, tiepido anzi freddo

Quello che doveva essere – almeno sul piano sindacale – l’autunno più caldo degli ultimi anni, si appresta invece ad essere archivio con un autunno freddo o, al massimo, tiepido.

A luglio si parlava di “un Viet-nam in ogni scuola” mentre le cronache raccontano che – tranne casi del tutto sporadici – la riforma viene metabolizzata e assorbita senza troppi intoppi.
Lo sciopero del 13 novembre proclamato dal sindacalismo di base non è andato molto al di là del 3 per cento di adesioni, anche se i dati andrebbero analizzati un po’ meglio “perchè – fa osservare Stefano d’Errico (Unicobas) in un ampio documento pubblicato negli ultimi giorni – ci sono città come Cagliari, Nuoro, Livorno, Bologna e Roma con percentuai ben più significative, tra i 6 e l’11 per cento, a dimostrazione che non c’è nessuna pacificazione in atto”.
Sta di fatto che i sindacati del comparto scuola si sono limitati ad aderiire ad una manifestazione di tutto il pubblico impiego prevista per la giornata di domani mentre, visti i tempi necessari per proclamare uno sciopero, è ormai pressochè certo che di sciopero non si parlerà più.
Sembra insomma che i sindacati del comparto abbiano già deciso di deporre le armi non solo sulla questione della applicazione della legge 107 ma anche sul tema del rinnovo del contratto visto e considerato che nella legge di stabilità, almeno per ora, lo stanziamento previsto per questa voce è poco più che simbolico.
Ed è anche molto strano che nessuno dica nulla sui risparmi legati ad un piano di assunzioni più ridotto rispetto a quanto previsto dalla legge (si parla di un importo che potrebbe variare dai 400 ai 700 milioni di euro).
Qualche novità potrebbe arrivare invece domenica 29 dalla assemblea nazionale promossa dal Comitato a sostegno della LIP scuola nel corso della quale si parlerà dei referendum abrogativi ma anche della situazione creatasi nelle scuole dopo l’approvazione della legge 107.

Stipendi fermi, in 5 anni persi 4.800 euro a lavoratore

da La Tecnica della Scuola

Stipendi fermi, in 5 anni persi 4.800 euro a lavoratore

Tra inflazione e blocco della contrattazione, in sei anni, i lavoratori pubblici hanno perso in media circa 4.800 euro lordi a testa.

La quantificazione di perdita in busta paga, conseguente al blocco contrattuale avviato nel 2009 per tutti i dipendenti pubblici, è stata calcolata dalla Fp-Cgil, alla vigilia della manifestazione nazionale dei servizi e dei settori pubblici, fissata per sabato 28 novembre a Roma.

I lavoratori manifesteranno chiedendo al Governo segnali chiari. Lo slogan coniato per l’occasione sarà ‘Contratto subito’.

In piazza scenderanno 25 sigle in rappresentanza di scuola, sanità, funzioni centrali, servizi pubblici locali, sicurezza e soccorso, università, ricerca, afam e privato sociale.

La giornata di mobilitazione, hanno annunciato con un comunicato unitario Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa, servirà per lanciare un messaggio al governo: “se davvero vuol cambiare il paese non può lasciare i settori e servizi pubblici a un destino di abbandono. Una tendenza da invertire attraverso il contratto e non con le imposizioni legislative: la sola via per un cambiamento vero che investa su professionalità e competenze e che migliori i servizi ai cittadini”.