Legge Regione Veneto 31 marzo 2017, n. 8

Legge Regione Veneto 31 marzo 2017, n. 8
Il sistema educativo della Regione Veneto

(Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto n. 35 del 7 aprile 2017)

Manuale operativo dell’Avviso Cittadinanza e creatività digitale

Azione 10.2.2 Asse I (FSE)

Interventi formativi sono finalizzati in particolare al sostegno dei percorsi per lo sviluppo del pensiero computazionale e della creatività digitale e per lo sviluppo delle competenze di “cittadinanza digitale”.

 Manuale operativo dell’Avviso Cittadinanza e creatività digitale

Prot. 3532 del 31 marzo 2017

Avviso pubblico per il potenziamento della Cittadinanza europea

Azione 10.2.3 Asse I (FSE)

Avviso pubblico per il potenziamento della Cittadinanza europea

Il presente Avviso si inserisce nel quadro di azioni finalizzate al potenziamento della Cittadinanza europea di studentesse e studenti, attraverso la conoscenza, la consapevolezza e la riflessione intorno all’idea di Europa e di Unione Europea.

In un momento in cui il progetto europeo è sottoposto a grandi sfide politiche, economiche e sociali, l’obiettivo del presente avviso è di contribuire alla conoscenza che studentesse e studenti hanno dell’Unione Europea, per permettere loro di prendere parte al dibattito con consapevolezza e fornire la possibilità di costruire il futuro in cui vogliono vivere.

Giornata per Tullio De Mauro

Come previsto dalla Circolare Ministeriale 3 febbraio 2017, n. 1, il 31 marzo 2017 viene ricordato, nel giorno della sua nascita, Tullio De Mauro


Tullio De Mauro, il 31 marzo una giornata dedicata al suo ricordo

Fedeli: “Incontri, dibattiti e lezioni per una memoria attiva”

Incontri, lezioni, dibattiti, collegamenti in diretta radiofonica.

Tullio De Mauro, celebre linguista ed ex Ministro dell’Istruzione, sarà ricordato così nel giorno in cui avrebbe compiuto 85 anni. Da Torino a Lecce, in sette scuole di tutta Italia, verranno rilette le sue opere, discusse le sue idee e le sue proposte più significative sviluppate lungo un’intera vita di impegno civile e scientifico, al servizio della ricerca linguistica e della crescita culturale del Paese.

L’iniziativa, realizzata in collaborazione con Rai Radio3, nasce sotto l’impulso della Ministra Valeria Fedeli che a febbraio ha fatto inviare alle scuole una circolare per sollecitare le docenti e i docenti, le studentesse e gli studenti a riflettere e dibattere sulla figura di De Mauro, a confrontarsi con le opere, il pensiero e l’esempio civile e intellettuale dell’ex Ministro.

La Giornata valorizzerà proprio alcune delle iniziative messe in atto dalle scuole a seguito della circolare. E lo farà anche attraverso un racconto radiofonico che sarà curato da Radio3. Anche la casa editrice Laterza, la Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, che promuove il Premio Strega di cui De Mauro era presidente, nonché l’Associazione Forum del Libro ricorderanno Tullio De Mauro: attraverso letture pubbliche – in librerie, scuole e università – di brani tratti dai suoi saggi promuoveranno la conoscenza delle opere che lo studioso ha dedicato alle condizioni linguistiche e allo stato della cultura nel nostro Paese.

Dichiara la Ministra Fedeli “faremo tutte e tutti insieme un esercizio di memoria attiva. Sarà una giornata importante e credo molto utile e proficua per il mondo della scuola e anche per tutte le cittadine e tutti i cittadini che potranno seguire il dibattito e il confronto attraverso la radio o partecipare alle letture e ai confronti pubblici. In memoria di un linguista che ha segnato in modo importante la storia culturale del Paese e di cui vogliamo trasmettere l’opera e la lezione. Soprattutto alle ragazze e ai ragazzi perché a loro guardava l’impegno di de Mauro”.


Scompare l’ex Ministro Giancarlo Lombardi

Scompare Giancarlo Lombardi (Milano, 26 giugno 1937), ministro della Pubblica Istruzione durante il Governo Dini (1995 e 1996).


Fedeli: “Profondo cordoglio per la scomparsa
dell’ex Ministro Giancarlo Lombardi”

La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli esprime “profondo cordoglio” per la scomparsa di Giancarlo Lombardi, industriale, politico e Ministro della Pubblica Istruzione durante il Governo Dini, negli anni 1995 e 1996.

“Viene a mancare un uomo – sottolinea Fedeli – che ha fatto tanto per il mondo dell’istruzione e per il mondo del lavoro. Fu tra i primi a spingere per  l’autonomia scolastica con l’obiettivo di ridurre il centralismo e la burocrazia, per l’innovazione tecnologica nella scuola, per agevolare il rapporto fra scuola e lavoro, gettando le basi per quel cambiamento culturale che si sta dispiegando oggi nei nostri istituti scolastici. Voleva una scuola di qualità per tutte e tutti”.

“Ho conosciuto personalmente Giancarlo Lombardi durante la mia esperienza come Segretaria generale nazionale della Filtea Cgil. Era un uomo di grande rigore morale e intellettuale, un industriale rispettoso della dignità del lavoro, attento ai diritti e alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori, aperto all’ascolto e al dialogo. Il confronto con lui, nei nostri diversi ruoli, è stato sempre franco e costruttivo, orientato all’interesse del Paese. Esprimo vicinanza alla famiglia e mi unisco al loro dolore”, conclude la Ministra.

Il dirigente può assegnare qualunque docente alle ore di potenziamento

Il dirigente può assegnare qualunque docente alle ore di potenziamento

di Cinzia Olivieri

 

Sussiste, a seguito della riforma attuata con la legge 107/2015, il potere del Dirigente Scolastico di assegnare, nell’ambito dell’organico dell’autonomia, un insegnante già “curriculare” a cattedra di potenziamento, in coerenza con il PTOF, definito anche in base alle priorità delineate nel RAV ed agli obiettivi indicati nel piano di Miglioramento.

È quanto sostanzialmente ha riconosciuto il Tribunale di Napoli Sezione Lavoro con decreto emesso nell’ambito di un procedimento cautelare, promosso avverso la decisione del dirigente di un istituto di affidare le 18 ore della cattedra di potenziamento ad un unico docente che aveva iniziato a prestare servizio in qualità, nel caso di specie, di titolare della cattedra di educazione artistica a settembre 2013, per effetto di trasferimento disposto dall’USR Campania su una cattedra oraria esterna (cd. COE), prima di 10 ore e poi di 12 con completamento presso altra scuola.

Quanto ai fatti di causa, nell’anno scolastico 2016-2017 l’Ufficio Scolastico ha stabilito che nell’organico dell’autonomia della scuola interessata fossero incluse per la classe di concorso in questione, oltre le preesistenti tre cattedre di 18 ore e la Cattedra Oraria Esterna (COE) di dodici con completamento, anche una cattedra di potenziamento di 18 ore. Per effetto della conseguente riorganizzazione, essendosi resa disponibile la cattedra interna, in seguito ad assegnazione del potenziamento, la ricorrente ha avuto la possibilità di completare il suo insegnamento presso l’istituto.

Il Dirigente, che ai sensi del comma 18 dell’art. 1 della legge 107/2015,”individua il personale da assegnare ai posti dell’organico dell’autonomia”, in coerenza con il raggiungimento degli obiettivi previsti nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa, ha deciso quindi, nell’ambito delle sue competenze, come utilizzare i docenti sui posti comuni, di sostegno e di potenziamento e di non frazionare le ore di potenziamento tra due o più docenti, ritenendo tale scelta più funzionale al migliore risultato, assegnando la ricorrente interamente su tale cattedra.

Sono state ritenute significative dal Tribunale di Napoli le norme contenute nei commi 5, 64, 68 dell’art. 1 della legge 107/2015, che disciplinano il cd. “Organico dell’autonomia”.

In particolare il comma 5 prevede: “Al fine di dare piena attuazione al processo di realizzazione dell’autonomia e di riorganizzazione dell’intero sistema di istruzione, è istituito per l’intera istituzione scolastica, o istituto comprensivo, e per tutti gli indirizzi degli istituti secondari di secondo grado afferenti alla medesima istituzione scolastica l’organico dell’autonomia, funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche come emergenti dal piano triennale dell’offerta formativa predisposto ai sensi del comma 14. I docenti dell’organico dell’autonomia concorrono alla realizzazione del piano triennale dell’offerta formativa con attività di insegnamento, di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di progettazione e di coordinamento”.

Ha rilevato pertanto il Giudicante: “Risulta già dalla lettura delle norme che l’organico dell’autonomia è concepito come un corpus unitario nel quale confluiscono senza distinzione alcuna tutti i docenti, oltre a quelli curriculari di sostegno e di potenziamento anche quelli a cui vengono affidati compiti di coordinamento e progettazione. Nella prospettiva delineata dal comma 5 per cui l’organico dell’autonomia è funzionale a realizzare in modo effettivo l’offerta formativa, tutti i docenti devono contribuire alla sua piena attuazione e dunque possono essere destinati – fermo il possesso dei titoli abilitanti e/o delle necessarie competenze – ad attività varie di insegnamento, potenziamento o, se docenti di staff, ad attività di coordinamento e organizzazione. Quanto previsto dal legislatore è stato oggetto di ulteriore specificazione nelle circolari emanate dal MIUR in fase di prima applicazione della normativa di riforma, richiamate dalla difesa della scuola. In particolare la circolare n. 2582 del 5.09.2016 ha ribadito che “tutti i docenti dell’organico dell’autonomia contribuiscono alla realizzazione dell’offerta formativa” e che “non esiste distinzione contrattuale tra docenti curricolari e docenti di potenziamento, ma che, in coerenza con quanto previsto dal comma 63, art. 1, legge 107/2015, nell’organico dell’autonomia confluiscono posti comuni, posti per il sostegno e posti per il potenziamento dell’offerta formativa”. Dunque l’organico dell’autonomia, nell’inglobare unitariamente tutti i docenti dovrebbe consentire, per un verso, il definitivo superamento della distinzione tra organico di diritto e organico di fatto che per molti anni ha improntato la gestione del personale docente e, per altro verso, rappresentare un precipuo strumento di flessibilità didattica e organizzativa, per consentire alla scuola di ideare ed attuare obiettivi di lungo periodo ed azioni virtuose di miglioramento (cf su questo la circolare n. 2805 dell’11.12.2015)”.

Per l’effetto il Tribunale di Napoli, rigettando il ricorso, ha ritenuto pienamente legittima l’assegnazione operata dal dirigente, in grado di “garantire agli studenti il potenziamento delle conoscenze” anche in quanto coerente “con le esigenze didattiche della scuola, scaturite dalle priorità delineate nel RAV e dagli obiettivi indicati nel piano di Miglioramento”.

Se ne desume quindi che non esiste una minore autorevolezza del docente di potenziamento ovvero una sorta di “debolezza” della cattedra relativa né appare assumere rilievo il consenso del docente nella decisione del dirigente.

INCONTRO AL MIUR SUL FUN 2016/2017

INCONTRO AL MIUR SUL FUN 2016/2017

Su richiesta di ANP si è svolto il 29 marzo 2017 l’incontro tra MIUR e organizzazioni sindacali dell’Area V durante il quale l’Amministrazione ha comunicato l’entità del Fondo Unico Nazionale 2016/2017 per le retribuzioni di posizione e di risultato dei dirigenti della scuola e il riparto tra Uffici Scolastici Regionali. Il FUN ammonta a 150.749.560,10 euro lordo dipendente (più dei 143.182.799,92 previsti dalle solite Cassandre).

Le risorse sono comunque inferiori di ben 12.824.216,55 euro rispetto al FUN 2015/2016, che – è bene ricordarlo – era alimentato dai 34.664.657,12 euro previsti dalla L. 107/2015 una tantum per l’a.s. 2015/2016, a fronte dei 10.550.113,04 euro riservati dalla legge alla quota di risultato per l’a.s. 2016/2017 (art. 1 c. 86 al. 2).

ANP ha espresso netta contrarietà nei confronti delle modalità di calcolo adottate dal MIUR, che ha accettato l’interpretazione della normativa di riferimento proposta dal MEF-UCB, interpretazione contro la quale l’associazione ha già presentato ricorso al TAR del Lazio nel 2015 (il ricorso è ancora pendente). Tale calcolo infatti riduce progressivamente la retribuzione accessoria dei dirigenti delle scuole, che dall’anno prossimo cesserà di essere alimentata dalla L. 107/2015 e questo, a fronte dei carichi di lavoro e delle responsabilità crescenti per i dirigenti, costituisce un trattamento assolutamente non accettabile per chi ogni giorno lavora per garantire i diritti di studenti e famiglie.

ANP, a differenza delle altre organizzazioni sindacali presenti, ha chiesto che il decreto di ripartizione sia inoltrato immediatamente agli Uffici Scolastici Regionali per consentire l’avvio immediato delle contrattazioni regionali. Solo così sarà possibile impedire gli ingiustificabili ritardi che finora hanno caratterizzato l’attribuzione della retribuzione di posizione e di risultato ed evitare le disfunzioni che per responsabilità dell’Amministrazione stanno arrecando danno ai colleghi. Infatti molti dirigenti hanno ricevuto dalle Ragionerie territoriali richieste di restituzione di emolumenti percepiti negli anni dal 2012 al 2015 e questo nell’imminenza di un conguaglio positivo per loro a valere sul contratto 2015/2016 che però in alcune regioni non è stato ancora sottoscritto proprio a causa dei ritardi!

ANP ha pertanto consegnato alla Direzione Generale per le risorse umane e finanziarie la documentazione relativa alle richieste di ripetizione di indebito per gli anni precedenti il 2015/2016 che molti dirigenti del Veneto e della Calabria hanno ricevuto in questi ultimi mesi e ha chiesto di procedere con tempestività ai doverosi controlli, visto che tali richieste sono state inviate dalle Ragionerie territoriali prima della sottoscrizione dei contratti integrativi regionali 2015/2016.

Infine il Direttore delle risorse finanziarie ha confermato che la nota prot. 6428 del 27 marzo 2017 relativa all’applicazione dell’articolo 14 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (“Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i titolari di incarichi dirigenziali” – Delibera ANAC n. 241 dell’8 marzo 2017) è rivolta ai dirigenti amministrativi del MIUR e ha annunciato che presto sarà pubblicata una nota rivolta invece ai dirigenti delle scuole.

Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano – A.S. 2015/2016

GLI ALUNNI STRANIERI NEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO A.S. 2015/2016

Marzo 2017


Alunni stranieri, 6 su 10 sono nati in Italia
Pubblicato il focus
Fedeli: “Scuola e università motore dell’integrazione”

Sono quasi 815.000 le alunne e gli alunni con cittadinanza non italiana presenti nelle classi, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di II grado. Sono il 9,2% del totale della popolazione scolastica. Una presenza ormai strutturale e pressoché stabile: rispetto al precedente anno scolastico le studentesse e gli studenti sono lo 0,1% in più. Circa un quarto (203.979) degli alunni stranieri si trova in Lombardia. Mentre sono Romania, Albania e Marocco le nazionalità maggiormente rappresentate. In crescita anche quelle asiatiche, in particolare la Cina e le Filippine.

Aumenta la quota delle alunne e degli alunni con cittadinanza non italiana nati nel nostro Paese: sono quasi il 60% del totale degli stranieri. Negli ultimi cinque anni, dal 2011/2012 al 2015/2016, l’incremento delle seconde generazioni è stato del 43,2%.

È tra i banchi della primaria che si ha il maggior numero di presenze. Anche se sono sempre più le ragazze e i ragazzi che scelgono di proseguire gli studi dopo il diploma della secondaria di I grado. L’81,1% delle neodiplomate e dei neodiplomati ha optato per i percorsi di scuola secondaria di II grado, l’8,7% per quelli della formazione professionale regionale.

È la fotografia che emerge dall’indagine statistica del Ministero dell’Istruzione, dell’Università a della Ricerca sulla presenza delle alunne e degli alunni stranieri nel nostro sistema scolastico. L’indagine da oggi è disponibile on line sul sito del Miur e si riferisce all’anno scolastico 2015/2016. È stata pubblicata in occasione del Seminario nazionale ‘Costruttori di Ponti’, in corso a Reggio Emilia e Gattatico.

“Siamo determinati a fare della scuola e dell’università motori dell’integrazione e dell’accoglienza della diversità”, ha dichiarato la Ministra Valeria Fedeli nel saluto inviato in occasione del seminario. “Proprio in questi giorni stiamo lanciando il bando che destina 50 milioni di euro di fondi PON affinché gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, anche in orario extrascolastico e di concerto con i territori e con le associazioni, potenzino le politiche di integrazione, promuovendo la conoscenza del fenomeno migratorio, sviluppando approcci relazionali e interculturali, creando nuove occasioni di socializzazione. Lavorando sulle competenze linguistiche e di base delle nuove e dei nuovi italiani e strutturando politiche che combattano la dispersione scolastica”.

FAQ RICONOSCIMENTO PROFESSIONE DOCENTE – SPAGNA

A partire da quale data entrano in vigore le nuove disposizioni del MIUR contenute nella nota n°2971 del 17 marzo 2017, che recepiscono i chiarimenti del Ministerio de Educación, Cultura y Deporte spagnolo ricevuti il 16 marzo 2017?

 

Avendo pubblicato la nota n°2971 del 17 marzo 2017 sul sito istituzionale in data 20 marzo 2017, le nuove disposizioni verranno applicate a tutte le istanze presentate a partire dal giorno 21 marzo 2017 (fa fede il timbro postale di spedizione) in poi. Tutte le istanze con timbro postale di spedizione anteriore al giorno 21 marzo 2017, seguiranno il precedente iter previsto per il riconoscimento della professione docente in Spagna.

Come mai conosco docenti che in Spagna insegnano anche senza concorso tramite graduatorie straordinarie?

Si tratta della categoria n°3, cui si fa cenno nel comunicato n° 2971 del 17 marzo 2017. Quando in Spagna la Comunidad Autónoma apre graduatorie straordinarie alle quali ci si può iscrivere ECCEZIONALMENTE senza concorso, il docente può esercitare la sua professione nelle scuole pubbliche. Pertanto, come già specificato, coloro i quali  documentano la condizione di “Essere iscritti nelle graduatorie straordinarie di professori selezionati dalle Comunidades Autónomas, diventando docenti supplenti a tempo determinato”, otterranno il riconoscimento della professione anche in Italia.

Il MIUR applica male la Direttiva europea 2013-55-CE, perché io ho l’abilitazione in Spagna ed è un mio diritto averla anche in Italia.

Per l’applicazione della Direttiva comunitaria occorre possedere una formazione professionale completa, sancita nelle forme di legge, quali contemplate nel Paese di provenienza.
In ottemperanza a quanto sopra e alla luce di quanto chiarito dal Ministero dell’Educazione spagnolo, la cui nota  è stata solo tradotta e non interpretata dal MIUR, l’accesso e l’esercizio della professione di docente nelle scuole pubbliche è subordinata al possesso  in Spagna di una delle tre condizioni indicate nella nota n.° 2971 del 17 marzo 2017.
In Spagna è regolamentata sia la professione di docente nelle scuole private, sia quella di docente nelle scuole pubbliche.
I titoli necessari e sufficienti per insegnare nelle scuole private sono il possesso del titolo di “Licenciado” congiunto al titolo di “Master del Profesorado”.
In Italia, invece, è regolamentata solo la professione di docente nelle scuole pubbliche. Pertanto si riconoscono solo I titoli necessari e sufficienti per insegnare nelle scuole pubbliche spagnole, riassunti nelle tre categorie citate nella nota n.° 2971 del 17 marzo 2017.

Chi ha già ottenuto il riconoscimento rischia di vederlo annullato?

Assolutamente NO. La nota non ha alcun valore retroattivo.

Come si spiega il seguente VISTO presente nel decreto di riconoscimento della professione docente, emesso dal MIUR?: “VISTO  il parere fornito in data 21.3.2014,  dal  Dipartimento per le politiche europee in base al quale, ai fini del riconoscimento delle qualifiche professionali,  non rilevano le modalità di reclutamento previste dal diritto interno di ciascun Stato membro, bensì il percorso formativo seguito, all’esito del quale è appropriato riconoscere la qualifica professionale di docente abilitato esclusivamente nella classe di concorso riconducibile al percorso del Master del Profesorado, e non a tutte le classi di concorso cui dà accesso il titolo accademico posseduto, al fine di evitare , asensi dell’art. 1 del D.lgs. n. 206/2007, disparità di trattamento con gli stessi cittadini italiani”.

Si tratta di un parere rilasciato dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri italiana.  Forniva un orientamento, che riguarda unicamente l’Italia, su come comportarsi davanti a un’abilitazione straniera in più discipline.
Quanto sopra non contraddice in alcun modo la nota n°2971 del 17 marzo 2017. Questa, infatti, chiarisce solo adesso quali sono le distinte modalità stabilite dalla normativa spagnola che regolamentano il diverso accesso ed esercizio della professione docente nelle scuole pubbliche rispetto a quelle private.
A seguito dei suddetti chiarimenti vengono meno i presupposti giuridici per procedere al riconoscimento del percorso formativo abilitante nella scuola pubblica, così come avvenuto fino ad ora.

Il Master del Profesorado è equivalente al T.F.A. italiano e il concorso pubblico spagnolo a quello italiano?

Assolutamente NO.
Il Master del Profesorado e il TFA costituiscono i segmenti finali di una formazione plurifase (laurea + formazione didattico-pedagogica) prevista in entrambi i Paesi Spagna e Italia.
Con entrambi i titoli si ottengono  60 crediti formativi universitari.
Al di là della “consistenza” della formazione, però, producono effetti  molto diversi.
Il TFA abilita all’insegnamento di una sola disciplina coerentemente con il percorso accademico seguito e permette l’accesso e l’esercizio della professione nelle scuole pubbliche in seconda fascia. Una volta conseguito il T.F.A., è possibile partecipare al concorso pubblico per docenti nella sola disciplina in cui ci si è abilitati.
Il Master de Profesorado, invece, consente l’accesso e l’esercizio nella scuola privata e lo si può frequentare anche scegliendo una disciplina di un’area totalmente diversa da quella degli studi accademici seguiti (è accaduto che un laureato in informatica abbia conseguito  il “Master” in storia e geografia, ottenendo poi l’abilitazione in Informatica).
La selezione della disciplina che viene effettivamente insegnata nella scuola pubblica, invece, si opera solo attraverso il concorso pubblico, che consente l’immissione nei ruoli del personale docente per la disciplina superata.
Il Master del Profesorado, pertanto, è profondamente diverso dal T.F.A. italiano.

Pa, la carica delle 90mila assunzioni

da Il Sole 24 Ore 

Pa, la carica delle 90mila assunzioni

di Gianni Trovati e Claudio Tucci

Mentre la riforma della pubblica amministrazione ora all’esame del Parlamento promette di rivoluzionare il sistema delle assunzioni pubbliche, abbandonando la vecchia pianta organica per misurare i nuovi ingressi sulla base dei fabbisogni effettivi, cresce alle porte della Pa la pressione per salire sull’ultimo treno del turn over tradizionale. Nei rami principali del settore pubblico si possono stimare quest’anno tra le 80mila e le 95mila assunzioni, con il numero definitivo che dipende da come si assesteranno le mosse nei due comparti dove è più forte la pressione per nuovi ingressi aggiuntivi: la scuola, prima di tutto, dove oltre al normale turn over (le stime parlano di circa 20-25mila cattedre), si aggiungeranno i posti che si convertiranno da «organico di fatto», finora assegnati a un supplente, a «organico di diritto», e quindi da coprire a tempo indeterminato, calcolati dal ministero dell’Istruzione in 25mila mentre all’Economia tagliano la stima a 11mila; e i Comuni, che attendono un intervento su misura per loro. In base alle previsioni della riforma, poi, il passaggio dal vecchio al nuovo regime dovrebbe portare con sé 50mila stabilizzazioni in tre anni. Ma procediamo con ordine.

Enti locali

Il primo ampliamento degli spazi per nuove assunzioni riguarda i Comuni, e dovrebbe arrivare nei prossimi giorni come piatto forte del decreto enti locali in costruzione ormai da settimane. Ad alimentare le richieste dei sindaci c’è il fatto che in questi anni i Comuni hanno subito un doppio carico. Il primo, condiviso con gli altri settori dell’amministrazione, è rappresentato dai limiti stretti sul turn over, che negli enti sopra i 10mila abitanti (dove si concentra il 72% del personale comunale) permettono di dedicare a nuove assunzioni un quarto della spesa di personale, e lasciano spazi più ampi solo nei paesi più piccoli (turn over al 75% fra mille e 9.999 abitanti, e al 100% sotto i mille residenti). Ma nel 2015-2016 il turn over ordinario si è bloccato del tutto, perché i sindaci (come le Regioni) hanno dovuto dedicare le proprie possibilità di assumere alla ricollocazione degli esuberi in arrivo dalle Province e dalle Città metropolitane, con un enorme giro di valzer del personale che si è concluso solo alla fine dello scorso anno.

Di qui i correttivi che dovrebbero arrivare con il decreto enti locali, e che in base alle ipotesi tecniche elaborate in questi giorni potrebbero alzare dal 25 al 50% il turn over nei Comuni più grandi e portarlo fino al 100% in quelli più piccoli che oggi si fermano al 75 per cento. In questo caso, sulla base della distribuzione attuale del personale fra le diverse classi demografiche, si possono stimare almeno 5mila assunzioni in più. Se invece il confronto politico portasse a far salire al 75% il turn over anche negli enti più grandi, i possibili nuovi ingressi aggiuntivi arriverebbero a quota 8-9mila.

Scuola

Dopo il maxi-piano che, nel 2015, ha stabilizzato circa 90mila professori (riportando il rapporto alunni/insegnanti a 9 a 1), a settembre scatterà una nuova ondata di assunzioni: oltre al turn over (da coprire al 50% stabilizzando precari storici delle «Gae» e al restante 50% da concorsi) si conteggeranno anche le cattedre trasformate da «organico di fatto» in «organico di diritto» (solo questa misura costa all’Erario 400 milioni l’anno, stanziati con la precedente legge di Bilancio). Ma si rischia di non finirà qui: fino a quando non decollerà il nuovo sistema di formazione iniziale dei docenti previsto da uno dei Dlgs attuativi della Buona Scuola, scatterà una fase transitoria nella quale torneranno i concorsi “semplificati” che potrebbero portare in cattedra stabilmente almeno ulteriori 60mila precari (in larga fetta abilitati delle seconde fasce d’istituto, gli altri addirittura non abilitati con 36 mesi di servizio alle spalle). Questo meccanismo “ transitorio” dovrebbe durare 4-5 anni in attesa dell’arrivo dei docenti formati con il nuovo sistema. Il punto è che, come accaduto con la riforma Renzi-Giannini, non entreranno a scuola i più bravi (le selezioni, c’è da immaginare, saranno piuttosto soft), e certamente non i giovani che vedranno, così, allungarsi sine die le attese per la cattedra. Inoltre, non si risolvono i problemi attuali della scuola: i precari sono al Sud, le cattedre al Nord. E, quindi, anche con questo meccanismo, da Bologna in su continueremo ad avere migliaia di cattedre scoperte anche per i prossimi anni (da coprire con supplenti), specie nelle materie scientifiche; e al Centro-Sud uno stock di docenti di ruolo, eccessivi rispetto al fabbisogno, che finiranno “parcheggiati” in sala docenti.

Pa centrale

Ma gli anni dell’emergenza che hanno guidato in questi anni le decisioni sul personale hanno costellato la pubblica amministrazione di situazioni eccezionali difficili da affrontare con regole ordinarie. I numeri, in questi casi, sono più piccoli, ma spesso si concentrano in snodi strategici per l’attività della nostra pubblica amministrazione.

Il caso più evidente è quello dell’agenzia delle Entrate, al centro di ogni strategia di governo che punta sulla lotta all’evasione. La vicenda è quella del concorso per 403 dirigenti, resa tormentata dai ricorsi contro la scelta dell’Agenzia di utilizzare i bandi già esistenti e bloccati dal contenzioso amministrativo, che si è conclusa con l’annullamento in autotutela deciso nei giorni scorsi. Resta il fatto, però, che l’agenzia ha bisogno di queste figure per sostituire in modo strutturale i dirigenti interessati dalla proroga ripetuta più volte prima di essere bocciata dalla Corte costituzionale, e portare avanti in tanti compiti aggiuntivi affidati in questi anni all’amministrazione finanziaria, dalla voluntary alle oltre 4.500 istanze di patent box. Simile è la situazione dell’Anas, che chiede da tempo di poter assumere almeno 100 tecnici progettisti per realizzare davvero il rilancio delle opere sulla rete stradale su cui dovrebbe intervenire anche un capitolo della manovrina in arrivo con la correzione da 3,4 miliardi per rispondere alle richieste di Bruxelles.

La stabilizzazione

La ripresa delle assunzioni nel pubblico impiego è naturalmente una buona notizia per chi da anni tenta di ottenere un posto di lavoro stabile negli uffici dell’amministrazione ma si è scontrato con i limiti agli ingressi prima e con le mobilità obbligatorie poi. Nelle graduatorie in vigore, e prorogate per l’ennesima volta dall’ultimo decreto di fine anno, ci sono ancora oltre 4mila vincitori di concorso in attesa del posto a cui hanno diritto e circa 150mila «idonei», persone cioè che non hanno vinto il concorso ma sono state giudicate comunque adatte a ricoprire la funzione messa a bando. Negli uffici pubblici, però, lavorano secondo i dati della Ragioneria generale oltre 81mila precari, titolari di contratti di collaborazione o di somministrazione oppure lavoratori socialmente utili.

A loro, il decreto sul pubblico impiego che tornerà sui tavoli del Governo per l’approvazione definitiva dopo l’esame delle commissioni parlamentari dedica un piano straordinario triennale di stabilizzazioni che in base ai calcoli del governo potrebbe coinvolgere fino a 50mila persone. Per sperare nella stabilizzazione, secondo il testo approvato in prima lettura poco più di un mese fa, occorre aver maturato tre anni di servizio negli ultimi otto anni all’interno dell’amministrazione che procede alle assunzioni, per cui i numeri effettivi dipenderanno dalla condizione dei singoli uffici pubblici.

La scuola italiana è la più inclusiva d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e poveri

da la Repubblica

La scuola italiana è la più inclusiva d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e poveri

L’indagine Ocse su una ventina di paesi dei cinque continenti promuove il nostro paese: le differenze sociali sui banchi, guardando ai risultati degli alunni in diverse materie, si annullano. L’istituzione funziona, almeno per i meno abbienti che finiscono per aver voti uguali a chi arriva da famiglie laureate o benestanti

Salvo Intravaia

Sorpresa: la scuola italiana funziona, almeno per gli allievi meno abbienti. E meglio di quanto non accada nei sistemi scolastici di tante altre realtà europee e del mondo. Questa volta il confronto internazionale condotto dall’Ocse consegna a presidi e insegnanti italiani due buone notizie. E solo una cattiva notizia, che però è condivisa con quasi tutte le nazioni oggetto del focus pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: uscendo dalla scuola le differenze si accentuano. Il titolo dello studio è significativo: “Come si comportano alcune coorti di studenti dell’indagine Pisa nell’indagine successiva sulle competenze degli adulti Piaac?”. In altre parole: come varia il gap tra studenti svantaggiati e compagni più fortunati nel corso della vita, dopo il diploma, in termini di abilità in Lettura e Matematica?

Per contabilizzare le differenze di performance in Lettura e Matematica dei quindicenni di una quarantina di paesi e economie dei cinque continenti, che ogni tre anni partecipano all’indagine Pisa (Programme for International Student Assessment), con lo stesso gap riscontrato tra i soggetti di 25/27 anni di età che partecipano all’indagine Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) sulle capacità in Lettura e Matematica degli adulti, gli esperti dell’Ocse hanno messo a punto un indice. Scoprendo che dopo il diploma le differenza di prestazione tra studenti avvantaggiati (con almeno un genitore laureato e con oltre 100 libri a casa) e svantaggiati (con meno libri e genitori con un livello di istruzione più basso) crescono in tutti e 20 i paesi oggetto dello studio, tranne che in Canada, Stati Uniti e Korea. Anche in Italia.

Dallo studio “emerge in modo abbastanza chiaro il fatto che, dato l’allungamento della vita lavorativa e della fine della sicurezza di percorsi lineari della vita lavorativa, le competenze e soprattutto lo sviluppo delle competenze lungo la propria vita siano importantissime”, spiega Francesca Borgonovi, che ha partecipato alla stesura del focus. “Tuttavia, il mondo del lavoro, la formazione professionale e l’università – conclude l’esperta Ocse – non sono in grado di alleviare le differenze tra classi sociali che emergono alla fine della scuola dell’obbligo anzi tendono a rinforzarle”. Ma il risvolto positivo è che nel Belpaese la scuola riesce a tenere abbastanza vicini i risultati degli studenti con opportunità di partenza molto diverse. Più di quanto non accada all’estero.

L’indice che descrive la sperequazione in termini di preparazione tra soggetti più e meno fortunati, riguardo alle competenze linguistiche dei quindicenni, vale per l’Italia 0,45 mentre a livello Osce sale a 0,48. Per la Danimarca è pari a 0,64 e per la Germania sfiora il valore di 0,49. In altri termini, la scuola italiana è più inclusiva di quanto si pensi e riesce a supportare meglio i soggetti meno fortunati.

Una caratteristica che viene confermata anche dopo il diploma. Perché, fin quando gli studenti frequentano la scuola il divario si mantiene entro livelli relativamente bassi. Ma a 27 anni, sempre riguardo alla cosiddetta literacy, in Italia il divario si amplifica anche oltre la media Ocse: 0,67, in Italia, e 0,61 a livello internazionale. Confermando che nel Belpaese la scuola riesce ad attenuare le differenze socio-economiche di partenza. Caratteristica che, con valori diversi, si mantiene anche riguardo alla Matematica: quella che gli inglesi chiamano la numeracy.

Decreto sostegno L.107/15, Fedeli: tutti i docenti e Ata da formare pure sulla singola disabilità

da La Tecnica della Scuola

Decreto sostegno L.107/15, Fedeli: tutti i docenti e Ata da formare pure sulla singola disabilità

Preparare docenti e Ata all’inclusione degli alunni disabili, anche alla singola disabilità.

È uno dei punti cardine contenuti nel decreto legislativo della L.107/15 annesso alla riforma del sostegno.

A ricordarlo è stata la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, il 29 marzo, in occasione della presentazione del libro “Scuola a rotelle”, scritto dalla parlamentare Ileana Argentin assieme a Paolo Marcacci, insegnante di Lettere.

Dobbiamo sempre di più mettere nelle condizioni le classi, le docenti e i docenti di avere tutti gli strumenti per fare la migliore inclusione possibile perché è un elemento anche di formazione per l’insieme delle ragazze e dei ragazzi”, ha detto la responsabile del Miur.

“Stiamo affrontando queste tematiche – ha aggiunto la ministra – con un dialogo positivo, intenso. Lo abbiamo fatto come ministero ma lo hanno fatto anche le commissioni parlamentari, nell’ambito della delega sull’inclusione giunta quasi alle ultime battute”.

“Domani sera (30 marzo ndr) – ha continuato la ministra – incontrerò i rappresentanti delle associazioni dei genitori. E metteremo insieme i passi avanti fatti, con il recepimento di molti punti come, ad esempio, la richiesta di supportare la preparazione dei docenti. Considerando che abbiamo la possibilità di avere molti più strumenti a sostegno della didattica per l’inclusione: nuove tecnologie, digitalizzazione, ausili all’apprendimento”.

Va preparato “l’insieme di tutto il personale delle scuole, non soltanto gli insegnanti e dobbiamo consolidare l’attenzione alla singola persona e quindi alla sua singola disabilità e alla differenza sia di disabilità sia di genere”, ha concluso Fedeli.

Resta ora da capire quale sarà l’impegno che aspetta docenti e Ata: quante ore l’anno di formazione dovranno svolgere? In presenza o anche on line? Quali saranno i formatori? L’aggiornamento ogni quanti anni dovrà essere svolto? Quali finanziamenti sono previsti per formare un milione di dipendenti di ruolo? Sono tutte domande a cui il decreto su sostegno e inclusione, l’Atto 378 in via di approvazione finale da parte del Governo, dovrà rispondere.

Olimpiadi di Filosofia, ecco i vincitori. Fedeli: nel 2019 Roma ospiterà l’edizione internazionale

da La Tecnica della Scuola

Olimpiadi di Filosofia, ecco i vincitori. Fedeli: nel 2019 Roma ospiterà l’edizione internazionale

Mercoledì 29 marzo sono stati proclamati al Miur le vincitrici e i vincitori della XXV edizione delle Olimpiadi di Filosofia.

A ricevere il riconoscimento, comunica il Miur, sono state sei fra studentesse e studenti che si sono distinti per il miglior saggio filosofico in lingua italiana o in lingua straniera.

Sono più di 10mila le ragazze e i ragazzi che hanno affrontato le diverse fasi di selezione, a livello di istituto e regionale, rimasti poi in 88 per la corsa per il podio. La prima classificata e il secondo classificato per il saggio in lingua straniera rappresenteranno l’Italia a Rotterdam alle finali dell’International Philosophy Olympiad, che si terrà dal 25 al 28 maggio prossimi.

La competizione internazionale sarà ospitata in Italia, a Roma, nel 2019. “Lo studio della filosofia è un tratto distintivo della nostra tradizione culturale – ha dichiarato la ministra Valeria Fedeli -. Per questo sono particolarmente contenta per l’adesione che le Olimpiadi di Filosofia registrano nel nostro Paese e per il fatto che nel 2019 saremo noi ad ospitare, in Italia, a Roma, le Olimpiadi internazionali di questa disciplina”.

“Questa competizione è motivo di vero orgoglio e quest’anno ha avuto davvero una partecipazione sorprendente, con più di diecimila studentesse e studenti coinvolti – ha aggiunto il sottosegretario Vito De Filippo nel corso della consegna dei riconoscimenti -. Vuol dire che ci sono tante ragazze e tanti ragazzi che si avventurano in questa disciplina. Sono ragazze e ragazzi che ci lasciano ben sperare per il Paese”.

Le Olimpiadi di Filosofia sono promosse dal Miur – Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione – nell’ambito delle iniziative volte alla Valorizzazione delle Eccellenze. E sono organizzate d’intesa con la Società Filosofica Italiana.

Sono gare individuali riservate alle studentesse e agli studenti del secondo biennio e dell’ultimo anno delle scuole secondarie di II grado, statali e paritarie. Sono articolate in due canali: il “canale A”, in lingua italiana, e il “canale B”, in lingua straniera (inglese, francese, tedesco, spagnolo).

La prova nazionale si è svolta il 28 marzo, sempre a Roma. Ad affrontare la finale sono stati 88 studentesse e studenti provenienti da tutta Italia e dalle scuole e sezioni italiane all’estero. A loro disposizione c’erano quattro ore per svolgere il saggio in una delle due sezioni, a scelta.

 

I nomi dei vincitori:

 

“Canale A” – Lingua Italiana

1.   Luca Sgolastra – I.I.S. “Campana” di Osimo (AN)

2.   Maria Caterina Vaccari – Liceo “Monti” di Cesena

3.   Maria Carla Merlo – Liceo “Cutelli” di Catania

 

“Canale B” – Lingua Straniera

1.   Chiara Alessia Quistelli – Liceo “Marco Polo” di Bari

2.   Edoardo Calvello – Liceo “Galileo Ferraris” di Torino

3.   Filippo Girardi – Liceo “Bérard” di Aosta

 

La gallery fotografica:

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