L’ANP ha partecipato oggi all’incontro di informazione sindacale
presso il MIUR sulle operazioni di attribuzione degli incarichi
dirigenziali con decorrenza 1 settembre 2019 (conferme; mutamenti;
mobilità). L’Amministrazione ha previsto l’ordine delle operazioni in
coerenza con l’art. 11 c. 5 del CCNL dell’Area V dell’11/07/2006 e
quindi in assoluta continuità rispetto agli anni precedenti:
a) conferma degli incarichi ricoperti alla scadenza del contratto individuale;
b) assegnazione di altro incarico per ristrutturazione, riorganizzazione o sottodimensionamento dell’ufficio dirigenziale;
c) conferimento di nuovo incarico alla scadenza del contratto e
assegnazione degli incarichi ai dirigenti scolastici che rientrano, ai
sensi delle disposizioni vigenti, dal collocamento fuori ruolo, comando o
utilizzazione, ivi compresi gli incarichi sindacali e quelli
all’estero;
d) mutamento di incarico in pendenza di contratto individuale;
e) mutamento di incarico in casi eccezionali;
f) mobilità interregionale.
La domanda per la richiesta di mobilità dovrà essere presentata entro
il20 giugno 2019 all’Ufficio Scolastico Regionale di appartenenza.
Sempre entro il 20 giugno 2019, ed esclusivamente tramite l’Ufficio
Scolastico Regionale di appartenenza, devono essere presentate le
domande di mobilità interregionale. Entro il3 luglio 2019 gli Uffici
Scolastici Regionali di appartenenza invieranno tutte le domande,
corredate di assenso, agli Uffici Scolastici Regionali di destinazione
che adotteranno i provvedimenti di loro competenza entro il15 luglio
2019.
Per quanto riguarda gli idonei inclusi nella graduatoria della
regione Campania (DDG 13 luglio 2011) gli Uffici Scolastici Regionali
comunicheranno al MIUR entro il18 luglio 2019 il numero dei posti
vacanti e disponibili, residuati all’esito delle operazioni di mobilità,
per consentire il calcolo della quota relativa al 20% dei posti da
destinare eventualmente a tali idonei. Con successiva nota verranno
fornite ulteriori indicazioni circa le modalità e i termini di
presentazione delle domande da parte dei candidati interessati a questa
procedura.
Solo all’esito di queste operazioni si procederà all’immissione in
ruolo dei vincitori di concorso attualmente in fase conclusiva.
CHIAMATA DIRETTA, DI MEGLIO: ACCELERARE ITER DDL ABOLIZIONE
La Federazione Gilda-Unams lancia un appello al presidente della 7^ Commissione del Senato affinché si proceda in tempi rapidi all’abrogazione della chiamata diretta dei docenti e degli ambiti territoriali. In una lettera indirizzata a Mario Pittoni, il coordinatore nazionale della FGU, Rino Di Meglio, sottolinea che “dopo 8 mesi dall’approdo a palazzo Madama, l’iter del disegno di legge non è ancora concluso e il rischio di iniziare il nuovo anno scolastico senza l’abolizione della chiamata diretta è concreto”.
Ricordando l’impegno profuso senza sosta e sin dal primo momento dalla FGU contro la legge 107/2015, Di Meglio pone l’accento sulle ricadute negative prodotte dalla chiamata diretta sulla qualità dell’insegnamento e sulla condizione professionale degli insegnanti.
“I tempi stringono ed è necessario riprendere l’esame del ddl e accelerarne il cammino verso il varo definitivo. L’anno scorso la questione della chiamata diretta fu parzialmente risolta grazie a un CCNI transitorio sulla mobilità. Adesso – conclude il coordinatore nazionale della FGU – ci aspettiamo che a quel primo passo segua il superamento definitivo del meccanismo della chiamata diretta perché la scuola ha bisogno della certezza del diritto”.
Salwa Al-Neimi è nata a Damasco nel 1950, qui ha studiato fino
all’Università e gli studi universitari ha continuato alla Sorbona di Parigi,
dove ha conseguito un master in Letteratura Araba. A Parigi vive e qui ha
cominciato a lavorare come giornalista. Ha intervistato importanti personalità
del mondo intellettuale arabo ed europeo, ha pubblicato, soprattutto su riviste
arabe, queste interviste. Nel 1997 è stata nominata segretaria capo
dell’Istituto del mondo arabo a Parigi.
Prime opere complete sono state di genere poetico seguite da altre di
genere narrativo. Al 2007 risale il primo romanzo La prova del miele che ora ha avuto la seconda edizione nella
“Universale Economica” della Feltrinelli di Milano. La traduzione è di
Francesca Prevedello. Anche racconti e raccolte di racconti ha pubblicato
l’Al-Neimi e sempre, già dalle poesie, si è impegnata in modo da ottenere, da
mostrare una versione più libera, più semplice, più nuova della sessualità e
del suo linguaggio nel mondo arabo. In La
prova del miele la scrittrice è riuscita abbastanza bene in tale intento e
di livello internazionale è stato il successo conseguito dal romanzo.
Un
certo autobiografismo percorre, inoltre, sia questa sia le altre sue opere in
prosa e in versi. Di sé, della sua vita, della sua storia, vuole dire la
scrittrice e la poetessa, la tradizione vuole rivedere con la sua scrittura.
Per questo motivo diventerà la protagonista de La prova del miele, la giovane araba, cioè, che da Damasco si è
trasferita a Parigi dove lavora all’Università presso la biblioteca del
Dipartimento di Arabistica. Da molti anni coltiva un sogno, immagina
d’imbattersi in un giovane intellettuale, d’innamorarsi perdutamente di lui e
di vivere insieme un amore così intenso, così acceso, così travolgente da farne
l’unico interesse della loro vita, da fargli occupare tutto il loro tempo, da
farlo intendere come contatto continuo, interminabile, come bisogno dei loro
corpi. Anche quello del corpo, anche il sesso è un bisogno, un piacere da
godere non una vergogna, uno scandalo. Anche il corpo, non solo l’anima, ha le
sue beatitudini. Dal nuovo rapporto, dal nuovo compagno le sta venendo tutto
questo, lo sta imparando, si sta liberando da quanto di grave, di oscuro le era
provenuto dalle letture clandestine degli antichi testi erotici arabi nonché
dai racconti popolari, dalle confidenze con amiche, da tutto quanto aveva
contribuito a formare il suo universo erotico, a farglielo intendere come una
forma di peccato, un’oscenità, a farglielo vivere con un eterno senso di colpa.
La nuova vita, il nuovo amore la stanno liberando da tanto peso e proprio a lei
viene chiesto, dal direttore della biblioteca dove lavora, di preparare uno
studio che dimostri le ambiguità sempre presenti nella concezione orientale
dell’erotismo. Il lavoro servirà per un convegno che si terrà a New York.
Questo non ci sarà, il nuovo compagno la lascerà, tutto era stato un
sogno ma quello studio era stato preparato e nel romanzo dell’Al-Neimi si
sarebbe trasformato, la sua autrice sarebbe stata la sua protagonista, il suo
messaggio sarebbe stato approvato, il suo intento sarebbe stato raggiunto.
Abile è stata la scrittrice nel
costruire l’opera, nel saper ricavare quanto accaduto da quanto immaginato, nel
saper scrivere un romanzo seguendo un sogno.
ANCoDiS: la strada aperta
verso il middle management nella scuola italiana.
Con il Convegno nazionale dello scorso
24 maggio, Ancodis ha voluto mettere a confronto i Presidenti delle associazioni
dei DS e dei DSGA (Anp, Andis, Disal, Anquap) ed i rappresentanti delle OO.SS. (CGIL,
CISL, UIL Area Dirigenti, Dirigenti Scuola, Udir) sul tema della piena realizzazione
dell’autonomia scolastica a partire da un nuovo modello di governance fondato
sull’imprescindibile ruolo del Dirigente Scolastico cui si affiancano i suoi Collaboratori
ai sensi del D. Lvo 165/2001 e della legge 107/2015.
Si è avuta la possibilità di ascoltare
le posizioni che sono apparse nel complesso favorevolmente convergenti sul tema
dell’istituzione della categoria dei quadri nella Pubblica Amministrazione in
generale e nel sistema scolastico italiano in particolare, seppur con elementi
di differenziazione su tempi e modi di azione.
I lavori del Convegno, dopo il saluto
del Dott. Ganazzoli, DS dell’I.C. Antonio Ugo che ha svolto il ruolo di
moderatore, sono stati aperti dal Prof. Rosolino Cicero, Presidente Ancodis
Palermo che ha presentato – attraverso i dati di un questionario somministrato
nei mesi scorsi – la figura del Collaboratore del DS.
L’intervento di presentazione, che ha avuto
quali riferimenti normativi l’art. 2 della Legge 190/1985 (Riconoscimento
giuridico dei quadri intermedi), l’art. 5 DPR 275/99 (Regolamento recante norme
in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell’art.21
della legge 59/99), il comma 5 art. 25 D. Lgs
165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), il comma 14 e 83 art. 1 Legge 107/2015 (Riforma del
sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle
disposizioni legislative vigenti), ha evidenziato alcune aree di indagine a cominciare
da:
Chi è il Collaboratore del DS?
Dai risultati risulta ben evidente che
il 79% dei Collaboratori è donna e sono impegnati per circa il 70% nella Scuola
Primaria e Secondaria di primo grado. Inoltre, il 75% è in ruolo da oltre 15
anni e poco più del 78% è in servizio nella stessa I.S. da almeno 10 anni
rappresentando la memoria storica nella loro scuola.
Dove lavora e con quale funzione?
In questa area si è voluto rappresentare
il contesto di lavoro: infatti, il 75% dichiara di lavorare in Istituzioni
scolastiche costituite da 1 a 5 plessi (circa il 46%) con una alta percentuale
(80%) in plessi che insistono nello stesso comune.
In merito al tempo dedicato a questo
importante ruolo, oltre il 72% dichiara di svolgere l’attività di
collaborazione dai 3 ai 12 anni: non si può non riconoscere, dunque, che si
tratta di docenti specializzati che hanno acquisito, anche attraverso percorsi
di autoformazione, specifiche competenze relative alla governance della scuola.
Con quali deleghe ed autonomia?
Riguardano essenzialmente la gestione
quotidiana di un’autonoma I.S.: il 95% dichiara, infatti, che si occupa di organizzazione
del servizio, il 79% di gestione dei rapporti tra le componenti scolastiche, il
68% di gestione dei conflitti, il 60% di redazione di progetti ed, in ultimo ma
non meno importante, il 42% di sicurezza e prevenzione.
In quali condizioni di lavoro?
Le domande di questa area sono
finalizzate a registrare quanta critica e significativa sia la condizione delle
scuole con una dirigenza “provvisoria”: infatti, il 43%
dichiara di trovarsi con un DS titolare ma reggente in altra scuola oppure con
DS reggente; siamo di fronte ad una vera emergenza se quasi il 50% delle scuole
non si trova ad avere un DS a tempo pieno!
E se la scuola è in reggenza, si trovano
in percentuale quasi paritaria i Collaboratori che contano sulla presenza del
DS in due/tre giorni e quelli che dichiarano meno di due alla settimana.
Da questi dati risulta evidente la
necessità di ritornare alla riformulazione dell’incarico di presidenza nelle
scuole in reggenza affidando tale compito al 1° Collaboratore del DS!
In merito alle condizioni del servizio
circa il 20% dichiara di trovarsi in esonero totale oppure in esonero parziale con
il 40%.
Per quanto riguarda il servizio nella
Collaborazione oltre l’orario contrattuale, circa il 40% offre alla propria
scuola tra le 10 e le 20 ore settimanali, circa il 35% tra le 20 e le 30 ore
ed, infine, il 19% oltre le 30 ore per avere un riconoscimento economico annuale
lordo tra 1000 e 2000 Euro per il 46% e tra 2000 e 4000 Euro per il 31% dei
Collaboratori rispondenti.
Quali motivazioni all’incarico?
Con questa domanda sono state rilevate
le motivazioni professionali che inducono un docente ad accettare l’incarico di
Collaboratore nelle diverse mansioni: si va dall’interesse verso l’ambito
legato all’incarico (63,3%) all’opportunità di migliorare le competenze organizzative
e di leadership (59,2%), dalla voglia di impegnarsi in qualcosa di nuovo (40,8%)
ai buoni rapporti con il dirigente scolastico (34,6%), dall’opportunità di
prepararsi al meglio per diventare dirigente scolastico (25,4%) all’aver
acquisito titoli specifici da spendere per lo svolgimento dell’incarico (16,3%),
dal motivo economico con una retribuzione aggiuntiva (14,2%) al fatto che non
c’era nessun altro disponibile ad assumere l’incarico (12,1%) ed, infine, alla disponibilità
di tempo (8,3%).
Valorizzazione del merito?
Il 62% dei Collaboratori intervistati
rispondono positivamente ed oltre il 90% si dichiara favorevole ad essere
valutato da un organo terzo insieme al Ds oppure in modo autonomo rispetto al
DS.
Formazione…
Il tema è molto sentito dalla categoria
e, dunque, è stata posta la seguente domanda: “A quali attività di sviluppo
professionale inerenti al tuo ruolo hai partecipato negli ultimi 12 mesi?”. Le
risposte hanno evidenziato che la formazione/autoformazione guarda a temi strettamente
connessi al ruolo svolto ed, in particolare, alla elaborazione del piano di
miglioramento della scuola (61,7%), alla normativa relativa alla sicurezza e
prevenzione (56,7%), alle nuove tecnologie nel contesto lavorativo (51,2%),
alla normativa relativa alla privacy (45,4%), alla gestione dei conflitti (42,5%),
alla gestione del personale (37,5%), alla gestione delle risorse economiche, finanziarie,
materiali (35,4%).
Ultima area di indagine: quali aspettative?
Per quanto riguarda le aspettative prevalgono
le prospettive di carriera diversificata (middle management) con l’82,5%,
seguite dall’accesso al concorso per DS con il 61,7%, il riconoscimento del
servizio di collaborazione nei concorsi pubblici (50,4%), i premi economici
meritocratici per circa il 44% ed, infine, l’opportunità di partecipazione a
corsi di formazione e di sviluppo professionale (35,8%).
A) riconoscimento giuridico con l’integrazione al comma 5 art. 25 D.Lvo
165/2001 che preveda che il DS possa avvalersi di docenti “con precise
competenze professionali o specializzazioni in gestione, direzione,
coordinamento, controllo, pianificazione da lui individuati”.
Ci appare logica e coerente anche la seguente integrazione al comma 83
art. 1 Legge 107/2015: “Il dirigente scolastico può individuare nell’ambito
dell’organico dell’autonomia fino al 10% di docenti “con precise
caratteristiche professionali o specializzazioni in gestione, direzione,
coordinamento, controllo, pianificazione” che lo coadiuvano in attività
di supporto organizzativo e didattico dell’istituzione scolastica”.
B) riconoscimento contrattuale in una “terza area” ai
sensi del comma 1 art. 2 Legge 190/1985 (categoria di QUADRO) nel prossimo CCNL
scuola comparto Istruzione e Ricerca dei Collaboratori impegnati nella
governance delle autonome I.S..
Ancodis propone di integrare il vigente CCNL con “l’Area dei
Quadri” con la conseguente determinazione del profilo, delle attività, del
trattamento economico, dell’indennità di funzione per chi sostituisce nel corso
dell’anno il DS, dell’indennità nelle scuole in reggenza, del riconoscimento
del servizio ai fini pensionistici, del riconoscimento del punteggio nella
graduatoria interna di istituto, del riconoscimento nelle operazioni di
mobilità ed, infine, dell’accesso al concorso per DS.
Per i suddetti Collaboratori dei DS individuati ai sensi del comma 5
art. 25 D. Lvo 165/2001 e che abbiano avuto incarichi per almeno tre anni anche
non consecutivi, occorre prevedere modi e forme di riconoscimento dell’incarico
già svolto.
C) Esonero del 1° Collaboratore del DS individuato ai sensi del comma 5
art. 25 D. Lvo 165/2001 attraverso l’integrazione del punto 1 e del punto 2 lett.
b comma 14 art. 1 Legge 107/2015: “1. …. Il piano è il documento fondamentale
costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche
ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa,
organizzativa “e gestionale” che le singole scuole adottano
nell’ambito della loro autonomia. “A tal fine, le attività di
collaborazione dei docenti sono definite in coerenza con il PTOF”e per
quanto riguarda il punto 2 “Il piano …. comprende e riconosce …. valorizza le corrispondenti professionalità
…. e indica: a) il fabbisogno dei posti comuni e di sostegno dell’organico
dell’autonomia…..; b) il fabbisogno
dei posti per il potenziamento dell’offerta formativa “e per l’esonero
parziale o totale del docente 1° Collaboratore”.
D) Percorsi di alta formazione in gestione, direzione, coordinamento,
controllo, pianificazione attraverso un corso universitario di specializzazione
su temi relativi ai modelli organizzativi e gestionali nella PA, al diritto del
lavoro, alla gestione delle risorse umane.
E) Riconoscimento dell’attività di collaborazione al DS nelle diverse forme
quale condizione di accesso al concorso per DS purchè in possesso dei necessari
titoli.
F) Ritorno all’incarico di presidenza (o di gestione) nelle scuole prive
di DS titolare evitando così quelle condizioni irragionevoli e di evidente criticità
ben note ai tanti Collaboratori dei DS reggenti.
Vivere l’infanzia è ancora un diritto negato per 690 milioni di minori, quasi 1 su 3 al mondo. Ma le tutele aumentano rispettano al 2000, quando i minori derubati della propria infanzia erano 970, ovvero 280 milioni in più di oggi. Lo dicono i dati del nuovo rapporto sulle condizioni di vita dei bambini nel mondo presentato da Save The Children , diffuso ieri alla vigilia della Giornata internazionale dei bambini, che ricorre il 1 giugno, in occasione del Centenario dell’Organizzazione. Oltre a scattare un’istantanea delle condizioni di vita dei minori, il rapporto i sofferma sui progressi compiuti negli ultimi 20 anni per tutelare i diritti dei bambini, che ancora muoiono troppo presto per malattie facilmente curabili, non hanno cibo adeguato per vincere la malnutrizione, non possono studiare e andare a scuola, sono costretti a lavorare o a sposarsi precocemente. Un quadro che si fa ancor più cupo nei paesi sferzati dai conflitti, dove in un solo anno 53mila bambini hanno perso la vita in seguito alle violenze. Mentre per 1 bimbo su 6 la possibilità di andare a scuola resta ancora un lusso.
I numeri
Secondo i dati, la Repubblica Centrafricana è il Paese al mondo dove le condizioni di vita per i bambini sono le peggiori; a seguire Niger e Ciad, con 10 Stati africani, di cui 6 colpiti da conflitti, ad occupare gli ultimi dieci posti della classifica dei paesi dove l’infanzia vede un futuro migliore. Sul versante opposto, il primato dei paesi più a misura di bambino spetta a Singapore, seguito da Svezia e Finlandia, con l’Italia all’ottavo posto in graduatoria, in linea con lo scorso anno, peggio solo di Irlanda, Germania, Slovenia e Norvegia, oltre che dei tre sul podio, sebbene nel nostro Paese oggi si contino 1,2 milioni di minori in povertà assoluta.
I progressi negli ultimi 20 anni
Rispetto a 20 anni fa, dice Save The Children, si registrano 4,4 milioni di morti infantili all’anno in meno, il numero di bambini colpiti dalla malnutrizione è sceso di 49 milioni, si contano 115 milioni di bambini in meno tagliati fuori dall’educazione e 94 milioni in meno coinvolti in varie forme di lavoro minorile. E, ancora, rispetto a venti anni fa, il numero di spose bambine si è ridotto di 10 milioni e quello delle gravidanze precoci, che mettono a forte rischio le vite sia delle mamme che degli stessi bambini, di 3 milioni. Sierra Leone, Ruanda, Etiopia e Niger – con quest’ultimo che rispetto allo scorso anno ha abbandonato l’ultimo posto nella classifica elaborata da Save the Children – i Paesi al mondo che hanno fatto registrare i maggiori progressi in termini di tutela dell’infanzia.
Sempre più bambini soffrono a causa dei conflitti
Dall’altro lato, i dati parlano di un peggioramento delle condizioni dei bambini coinvolti nelle aree di conflitto. Oggi, nel mondo, sono circa 31 milioni i minori costretti a fuggire dalle proprie case e la Siria figura tra gli unici tre paesi al mondo (insieme a Venezuela e Trinidad e Tobago) dove la vita dei bambini, negli ultimi 20 anni, non ha subito alcun tipo di miglioramento. E proprio per tenere alta l’attenzione del mondo sulle sofferenze che milioni di bambini continuano a patire nelle zone di guerra, quest’anno Save the Children ha lanciato la campagna globale “Stop alla guerra sui bambini”. Una campagna che tutti possono sostenere grazie al numero solidale 45533, attivo sino al 2 giugno, per dare protezione, cure e istruzione ai bambini scappati dagli orrori della guerra.
Educazione negata per 262 milioni di minori
Uno degli indicatori presi in esame dalla classifica stilata da Save the Children riguarda poi l’educazione e rivela che 1 bambino su 6, al mondo, è tagliato fuori da scuola primaria e secondaria, pari a 262 milioni di bambini. Una percentuale che cresce ancora nei paesi più poveri, dove non va a scuola 1 bambino su 3, e tra i minori rifugiati (1 su 2 privato della possibilità di studiare). Sono invece 152 milioni, 1 su 10 al mondo, di cui circa il 50% in Africa, i minori coinvolti nella piaga del lavoro minorile, di cui quasi la metà costretti a svolgere lavori pesanti e pericolosi che ne mettono a grave rischio la salute e la sicurezza.
Dialogo, ma anche regole chiare. Mai utilizzo di tablet e telefonino a tavola, mai mentre si fanno i compiti, mai nei momenti in cui la famiglia è riunita, mai prima di andare a dormire. È così che le mamme e i papà possono contrastare, secondo i pediatri, il rischio che l’utilizzo dei media device si trasformi in dipendenza per i propri ragazzi.
Il fenomeno è diffuso: in paesi come la Corea – dove la dipendenza da smartphone è riconosciuta come patologia – l’8,4 degli adolescenti ne è colpito. E in Italia? Ci sono pochi studi, ma le nuove tecnologie sono in rapidissima ascesa tra i giovanissimi.
Secondo dati Istat riferiti al 2018 l’85% degli adolescenti tra 11 e 17 anni usa quotidianamente il telefonino, il 72% naviga su internet tutti i giorni, percentuale che solo 4 anni fa era del 56%. Le più frequenti utilizzatrici sono le ragazze (l’87,5% usa il telefono tutti i giorni). Circa il 60% dei ragazzi controlla lo smartphone come prima cosa appena sveglio e come ultima cosa prima di addormentarsi.
Il 63% (tra 14 e 19 anni) lo usa anche a scuola durante le lezioni e il 50% dichiara di trascorrere dalle 3 alle 6 ore extrascolastiche al giorno con lo smartphone in mano. Recenti studi scientifici condotti in tutti il mondo sono stati esaminati dalla Società italiana di pediatria in un Position statement in occasione del 75° congresso di Pediatria che si è aperto ieri a Bologna.
Ne emerge un quadro complesso, da non trascurare da parte di pediatri e genitori: fino a sei ore e mezza di sonno perse a settimana, disattenzione e un aumento del 5% (secondo dati Usa) degli incidenti causati dallo smartphone, rischio di forte distrazione nello studio e in generale di dipendenza triplicato nelle ragazze rispetto ai coetanei maschi.
«Servono dialogo e regole chiare – spiega il presidente della Società italiana di pediatria Alberto Villani -. Raccomandiamo ai genitori di mantenere sempre una comunicazione efficace con i propri figli, perché una buona relazione contribuisce a favorire un corretto
uso delle tecnologie digitali. Ma è indispensabile anche stabilire regole e limiti chiari nell’utilizzo dei media device». «Regole – aggiunge Elena Bozzola, segretaria nazionale Sip – che valgono prima di tutto per i genitori i quali dovrebbero dare il buon esempio. Genitori e pediatri dovrebbero inoltre fare attenzione ad alcuni campanelli d’allarme tra i quali frequenti mal di schiena, mal di testa, modifiche nei ritmi del sonno, bruciore e lacrimazione degli occhi, mancanza di interessi e incapacità di staccarsi dallo smartphone».
Se l’uso del telefonino avviene in una situazione di potenziale pericolo fisico (ad esempio mentre si guida o si attraversa la strada) se si percepisce che ruba il tempo e compromette relazioni sociali e risultati scolastici un problema c’è già. Ma dall’elaborazione di studi coreani arrivano anche dei criteri specifici per capire se i ragazzi hanno un rischio di dipendenza da smartphone. Utilizzano in maniera errata il telefonino se presentano 3 o più dei seguenti sintomi: difficoltà a resistere all’impulso di utilizzare lo smartphone, irritabilità e ansia durante un periodo di astinenza dal dispositivo, incapacità di staccarsi e un uso eccessivo e prolungato nonostante problemi legati all’iperconnessione.
Il governo, già a trazione leghista, ha trovato i soldi per la videosorveglianza negli asili e nelle case di cura. Matteo Salvini rivendica via Twitter: «Telecamere per difendere bimbi, anziani e disabili, altra promessa mantenuta». Altro regalo all’Italia sospettosa e arrabbiata di questa stagione.
Lo strumento che ha fatto accelerare un processo nato — sempre a destra — nella precedente legislatura è il solito emendamento, questa volta bipartisan, firmato cioè dalla proponente Lega e pure dai Cinque Stelle, quindi da Forza Italia e dal Partito democratico. È stato approvato ieri pomeriggio nelle commissioni Lavori pubblici e Ambiente del Senato. Sulle telecamere negli asili e negli ospizi il Pd nel giro di tre governi ha cambiato idea.
Con il decreto Sblocca-cantieri — contenitore improprio, peraltro — adesso ci sarà l’obbligo, e la novità è proprio l’obbligo, di installare telecamere «in tutte le aule» delle scuole dell’infanzia e «in tutte le strutture» di assistenza e cura di anziani e disabili. La proposta assegna al ministero dell’Interno una dotazione di cinque milioni per il 2019 e quindici milioni per ogni anno dal 2020 al 2024: serviranno ai Comuni per installare apparecchiature finalizzate alla conservazione delle immagini per tre anni. Altrettanti ne vengono stanziati per fornire gli stessi strumenti alle «strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno».
Il testo, modificato nelle commissioni, approderà oggi in Aula a palazzo Madama. Si attendono ulteriori emendamenti del governo e dei relatori. I soldi arriveranno dal ministero delle Finanze: erano stati fin qui accantonati in favore del ministero della Salute. Sono 160 milioni in sei anni.
Il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, plaude alle «maggiori tutele ai nostri bimbi e a chi vive la stagione della vita di maggiore fragilità», indicando «il valore fondamentale e qualificante del provvedimento per la Lega».
La senatrice Simona Malpezzi, vicepresidente dem e componente della commissione Istruzione, difende il voto favorevole del partito assicurando che nel testo ci sono antiche rivendicazioni della sinistra: il potenziamento della formazione obbligatoria del personale, la valutazione dell’attività in relazione al progressivo logoramento psico-fisico, i percorsi di formazione professionale regionali, la costituzione di équipe psico-pedagogiche territoriali per sostenere i lavoratori, l’aumento dei colloqui tra famiglie ed educatori. Sulle telecamere, però, la stessa Malpezzi vacilla: «Vedremo cosa votare, alla Camera ci siamo astenuti, il percorso del provvedimento sarà ancora lungo ». È Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd ai tempi di Renzi, a dimostrare le distanze interne al partito: «Io ho fermato lo stesso provvedimento che pure prevedeva le telecamere facoltative, figuriamoci ora che sono obbligatorie. È un decreto profondamente sbagliato e autoritario. Con i soldi che si spendono per le telecamere si possono fare investimenti sulla qualità e il numero degli educat ori. Questa legge non va votata».
Anche tra le associazioni dei presidi ci sono visioni diverse. Per Antonello Giannelli, Anp, l’idea è condivisibile, «ma da realizzare al minimo necessario». Per Paolino Marotta, capo dell’Andis, «un sistema di controllo degli operatori contrasta con il principio della riservatezza dei dati personali e rischia di alimentare sfiducia nei confronti dell’intera scuola dell’infanzia». La Cgil attacca, ricordando i dati di una recente ricerca sul burn out delle maestre: «Così si criminalizzano i lavoratori dell’infanzia e si dimentica la penuria di risorse».
Come previsto, si è svolto al Miur l’incontro sullo stato di lavorazione delle domande di pensionamento, quest’anno particolarmente complesso.
Come indicato dal report della FLCGIL, se da un lato è ormai conclusa la procedura relativa alle domande presentate entro il 12 dicembre 2018, con il 96% delle domande accolte, dall’altro per le pensioni Quota 100 risultano acquisite solo 7.544 domande, ossia il 36% del totale.
La suddivisione
1458 ATA
123 DS
5.875 Docenti
56 Irc
32 educatori
Ci saranno ulteriori aggiornamenti nei prossimi giorni, ma risulta comunque una difformità sul territorio, soprattutto per le province più grandi.
Il Ministro Bussetti è intervenuto ancora sul tema stipendi. Lo ha fatto nel corso di un’intervista a “Il Tempo”.
Evitati tagli
Il titolare del Miur ha ricordato che il Governo ha evitato i tagli con la scorsa legge di bilancio, rifinanziando il cosiddetto elemento perequativo.
Aumenti doverosi
Bussetti ha ricordato l’Intesa dello scorso 24 aprile, con la quale l’Esecutivo si è impegnato a reperire risorse per l’aumento degli stipendi.
Nello specifico, l’aumento dovrebbe far recuperare la perdita del potere d’acquisto degli stipendi dell’intero comparto. Sempre in base all’accordo, come scritto dal Miur, “entro il triennio di vigenza contrattuale saranno reperite ulteriori risorse destinate al personale della scuola per allineare gradualmente gli stipendi alla media di quelli degli altri Paesi europei.”.
Gli aumenti, afferma il Ministro, sono doverosi e si lavora a tal fine nell’ambito rinnovo contrattuale.
Il docente che chiede sia trasferimento che passaggio di ruolo non può scegliere a quale movimento dare priorità, prevale il passaggio di ruolo
Una lettrice ci scrive:
“Sono in attesa degli esiti delle domande di mobilità presentate quest’anno, mi rimane però un dubbio che chiedo gentilmente di chiarire. Avendo presentato entrambe le domande di passaggio di ruolo (su 3 scuole secondarie di 2° grado) e di trasferimento (per 1 scuola secondaria di 1° grado), quale delle due richieste avrebbe la priorità nel caso fossero entrambe approvate? E’ possibile scegliere oppure una delle due richieste ha priorità rispetto all’altra?”
Trasferimento e passaggio di ruolo sono movimenti diversi che possono essere chiesti contemporaneamente dal docente interessato, se in possesso dei requisiti necessari.
Per presentare le domande è necessario compilare moduli distinti, specifici per il tipo di movimento richiesto e per il grado di istruzione interessato
Trasferimento
Il trasferimento provinciale rientra nella I fase della mobilità, se interessa il comune di titolarità, o nella II fase della mobilità, se riguarda comuni diversi della provincia di titolarità.
I trasferimenti provinciali vengono disposti sul 100% delle disponibilità secondo l’ordine indicato nella sequenza operativa esplicitata nell’allegato 1 del CCNI
Passaggio di ruolo
Il passaggio di ruolo rientra nella mobilità professionale e con questo movimento si chiede un grado di istruzione differente rispetto a quello di titolarità. Per poter presentare domanda il docente deve aver superato l’anno di prova nel ruolo di appartenenza e deve essere in possesso della specifica abilitazione per la classe di concorso richiesta.
Per il prossimo anno scolastico la mobilità professionale, quindi sia i passaggi di ruolo che i passaggi di cattedra, come stabilisce il CCNI sulla mobilità, viene disposta su una precisa aliquota calcolata sulle disponibilità residue dopo i trasferimenti provinciali. Nello specifico il 50% è destinato alle immissioni in ruolo e il restante 50% è ripartito tra i trasferimenti interprovinciali e la mobilità professionale. Ai primi è riservato il 40%, mentre alla mobilità professionale, cioè ai passaggi di cattedra e di ruolo sia provinciali che interprovinciali, è riservato il 10%
Trasferimento e passaggio di ruolo: quale prevale?
Il docente che chiede entrambi i movimenti non può scegliere a quale dei due vuol dare precedenza. Questa possibilità esiste per il passaggio di cattedra, ma non per il passaggio di ruolo.
Se il docente ottiene ambedue i movimenti avrà prevalenza il passaggio di ruolo che annullerà il trasferimento già disposto, in sintonia con quanto stabilito nell’art.6 comma 3 del CCNI come di seguito riportato:
“La mobilità professionale prevale su quella territoriale nei soli passaggi di ruolo. Nei passaggi di cattedra si segue l’ordine di priorità indicato dal docente. Nel caso di presentazione di domande di trasferimento, di passaggio di cattedra e di passaggio di ruolo, il conseguimento del passaggio di ruolo rende inefficace la domanda di trasferimento o di passaggio di cattedra o il trasferimento o passaggio di cattedra eventualmente già disposti. In caso di richiesta contestuale di trasferimento e passaggio di cattedra il docente deve precisare a quale dei due movimenti intende dare la preferenza; in caso di assenza di tale indicazione prevale il passaggio di cattedra [….]”
“Buongiorno sono una diplomata con magistrale ante 2001/02 e non sono laureata; è vero che dal prossimo concorso non si potrà più accedere solo con ciò che possiedo? Grazie e buon lavoro”
Rispondiamo al quesito della nostra lettrice, ricordando la normativa di riferimento.
Disciplina concorsi infanzia e primaria
I concorsi per la scuola dell’infanzia e primaria sono disciplinati dal DM 327/2019, recante disposizioni concernenti il concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell’infanzia e primaria su posto comune e di sostegno, le prove d’esame e i relativi programmi.
Il DM non disciplina soltanto il concorso che sarà bandito nelle prossime settimane, ma anche quelli futuri, come dimostra anche il fatto che lo stesso, relativamente ai posti da bandire, distingue tra il prossimo concorso (si parla infatti di prima applicazione) e quelli futuri.
Pertanto, rispondendo alla nostra lettrice, affermiamo che anche per i concorsi futuri i titoli d’accesso saranno quelli di seguito riportati, compreso il diploma magistrale (salvo successive modifiche).
Titoli d’accesso concorso infanzia e primaria
Per i posti comuni possono partecipare i candidati in possesso di uno dei seguenti titoli:
abilitazione all’insegnamento conseguita presso i corsi di laurea in scienze della formazione primaria o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente;
diploma magistrale con valore di abilitazione e diploma sperimentale a indirizzo linguistico, conseguiti presso gli istituti magistrali, o analogo titolo di abilitazione conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente, conseguiti, comunque, entro l’anno scolastico 2001/2002.
Per i posti di sostegno, possono partecipare i candidati che siano in possesso del diploma di specializzazione sul sostegno, oltre che dei titoli sopra riportati.
Oggi, 29 maggio, si è svolto al Miur un incontro per discutere di alcuni temi riguardanti il nuovo CCNI Utilizzazioni e assegnazioni provvisorie docenti, educatori ed ATA.
durata del contratto: in applicazione dell’art. 7 del CCNL 2018 la FLC ritiene che il CCNI debba essere triennale (2019-22), con clausole di salvaguardia per prevederne la riapertura, fermo restando che le operazioni di mobilità debbono continuare ad essere annuali;
requisiti per le assegnazioni provvisorie: è stato proposto un modello inclusivo che permetta a tutti coloro che hanno i requisiti previsti di poter partecipare alla mobilità annuale a prescindere dagli esiti dei trasferimenti 2019/20, in controtendenza rispetto a quando stabilito negli anni precedenti;
partecipazione all’assegnazione provvisoria anche per i docenti delle discipline specifiche dei licei musicali;
rinnovo della possibilità di assegnazione provvisoria su posti di sostegno per docenti senza titolo con un anno di servizio specifico: la FLC ha chiesto che sia garantito il dispositivo già adottato l’anno scorso.
Nel corso dell’incontro si è parlato anche dei docenti al terzo annoFIT inseriti nell’anno di prova e formazione il 1 settembre 2018 per i quali, dato lo stato giuridico a tempo determinato, non è stata prevista la possibilità di trasferimento. La FLC ha richiesto all’amministrazione di estendere in via del tutto straordinaria anche a questi docenti la possibilità della mobilità annuale.
“Torna improvvidamente sul tavolo del governo – si legge nel documento – il tema dell’autonomia differenziata. Non c’è nessun evento politico, per quanto importante come le elezioni europee, che possa legittimare percorsi di per sé anticostituzionali e antiunitari”
“Per quanto ci riguarda – sostiene il sindacato di Francesco Sinopoli – ricordiamo che il premier Conte e il ministro dell’Istruzione Bussetti hanno firmato lo scorso 24 aprile un’Intesa politica con 5 sigle sindacali – FLC CGIL, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda – rappresentative dell’80% di chi opera e lavora nel mondo dell’istruzione, nella quale è scritto con evidente chiarezza che l’autonomia differenziata in materia di istruzione non ha possibilità di applicazione perché l’ordinamento è e rimane nazionale e diritti e doveri non sono regionalizzabili, rimanendo nella potestà regolativa del Contratto nazionale”.
“Crediamo perciò opportuno ribadire la nostra totale contrarietà all’autonomia differenziata – conclude il comunicato – e chiediamo che i membri del governo rispettino l’Intesa politica siglata dal presidente del Consiglio dei ministri e dal ministro Bussetti. Pretendiamo coerenza e serietà: si tolga di mezzo l’autonomia differenziata, senza incertezze e tentennamenti. E senza ripensamenti, come traspare da qualche dichiarazione di stampa da parte di esponenti governativi che pure quell’Intesa hanno siglato”.
Oggi, 29 maggio, si è svolto l’incontro con il MIUR e le organizzazioni sindacali per fare il punto su aggiornamento e pubblicazione delle diverse graduatorie utili sia alle immissioni in ruolo che alle supplenze in vista dell’avvio del prossimo anno scolastico 2019/2020.
Ne dà notizia la Flc Cgil, riepilogando le tempistiche previste.
GAE
Nelle GAE complessivamente ci sono 73.000 candidati; di questi hanno presentato domanda di aggiornamento su POLIS in 66.000, a cui bisogna aggiungere le istanze presentate in forma cartacea.
Secondo le previsioni del Miur, la pubblicazione delle graduatorie provvisorie dovrebbe avvenire entro il 16 luglio e di quelle definitive entro il 12 agosto.
Graduatorie d’istituto di prima fascia
Le domande si presenteranno su Istanze online dal 15 al 29 luglio, mentre la pubblicazione delle provvisorie è prevista entro il 20 agosto e delle definitive entro il 31 agosto.
GMR del concorso 2018
Visti i notevoli ritardi in diverse regioni del centro-sud, il Sindacato ha richiesto la pubblicazione di tutte le graduatorie di merito ancora non pronte entro fine luglio, per consentire a tutti i candidati di accedere al ruolo.
Concorso straordinario per la scuola primaria e dell’infanzia
La Flc Cgil ha ribadito l’importanza che le graduatorie di merito vengano pubblicate entro luglio “per raggiungere l’obiettivo centrale del concorso, ovvero quello di tutelare la continuità didattica e i docenti coinvolti nella vertenza dei diplomati magistrali“.
Graduatorie d’istituto
Considerati i forti disagi che si sono verificati all’avvio dello scorso anno scolastico per effetto della finestra semestrale di agosto, con le scuole che hanno dovuto riconvocare i supplenti più volte nel giro di poche settimane e i lavoratori precari penalizzati da convocazioni gestite in maniera diversa da scuola a scuola, il Sindacato ha chiesto garanzie al Miur “per un avvio dell’anno scolastico sereno, con graduatorie d’istituto da cui assumere i supplenti con termine certo e definitivo sin dal 1 settembre“.
L’anno scolastico è agli sgoccioli con gli scrutini alle porte o addirittura già iniziati. Per i docenti ci sarà ancora da lavorare. Anche per i supplenti che hanno un contratto fino al 30 giugno, proprio in questo periodo si chiedono: è possibile ottenere una proroga del loro contratto in scadenza fino al 31 agosto? Ecco cosa prevede la proroga supplenza.
Proroga supplenza solo su posti effettivamente vacanti
Bisogna partire innanzitutto dal fatto che gli insegnanti che hanno diritto al conferimento della supplenza annuale (fino al 31/08) sono tutti quei docenti in servizio su posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre 2018 e che rimangono tali per l’intero anno scolastico (art. 4 comma 1 L. 124/1999, art. 1 comma 1 D.M. 131/2007).
Ne consegue che, i dirigenti scolastici hanno la possibilità di operare una proroga del contratto di questi lavoratori precari fino al 31 agosto 2019, già stipulati fino al 30 giugno 2019, solo ed esclusivamente se le cattedre assegnate in supplenza risultino effettivamente vacanti.
Proroga supplenze: come faccio a sapere se la cattedra è vacante?
Se il docente volesse sapere se rientra o meno in questa circostanza, conviene chiedere al personale di segreteria o al dirigente scolastico stesso, che normalmente sarà disponibile a rispondere alle domande e fornire chiarimenti e/o consigli.
In verità, la scuola presso cui si presta servizio già dovrebbe automaticamente informare l’insegnante se sarà prorogato fino al 31/08 il proprio contratto.
Situazione che però molte volte non accade. Per questo consigliamo di provvedere autonomamente per sapere se ci sarà proroga o meno.
L’accesso agli atti è un diritto del lavoratore
A volte ci arrivano in redazione lamentele del tipo: “Il mio Ds mi nega la proroga. Cosa posso fare?”
In tali circostanze il lavoratore può richiedere l’accesso agli atti per verificare la situazione autonomamente.
Non di rado gli insegnanti hanno addirittura avviato un’azione di conciliazione e contenzioso contro il preside colpevole di aver leso i diritti del docente.
Infatti, in virtù del principio costituzionale della trasparenza dell’azione amministrativa, tutti gli atti, dati e informazioni della scuola sono accessibili, con i limiti e le esclusioni previste dalle norme generali.
LA CIRCOLARE SULLE SUPPLENZE 2018/2019 (clicca qui)
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