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Codice disciplinare e di comportamento della Scuola

Codice disciplinare e di comportamento della Scuola
Sintesi della normativa – Personale ATA, DOCENTE e DIRIGENTE
(aggiornato al Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62)

a cura di Dario Cillo

Nota 14 dicembre 2012, Prot.n. 18608

Nota 14 dicembre 2012, Prot.n. 18608

Oggetto: Procedimenti disciplinari: Direttiva 6 dicembre 2007, n. 8 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – sollecito adempimenti

Decreto Dipartimentale 14 giugno 2012

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per la Programmazione e la Gestione delle Risorse Umane, Finanziarie e Strumentali

Decreto Dipartimentale 14 giugno 2012

IL CAPO DIPARTIMENTO

VISTO il proprio Decreto in data 21 luglio 2011 con cui, tenuto conto delle innovazioni procedurali e delle nuove ipotesi di responsabilità disciplinare, anche nei confronti di personale con qualifica dirigenziale, introdotte dal D.Lgs n.150/2009, è stato ristrutturato l’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD), già attivo all’interno dell’Ufficio V della Direzione Generale per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari Generali;

CONSIDERATO che, a decorrere dalla data del 1° giugno 2012, il dott. Andrea FIORAVANTI, dirigente titolare del predetto Ufficio per i Procedimenti Disciplinari è stato collocato a riposo per raggiunti limiti di età e che occorre, pertanto, procedere alla sua sostituzione;

TENUTO CONTO che dalla predetta data del 1° giugno 2012, le funzioni di responsabile dell’Ufficio V della Direzione Generale per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari Generali sono state assegnate, quale dirigente reggente, al dott. Jacopo GRECO, che continua contemporaneamente a svolgere anche le funzioni di dirigente titolare dell’Ufficio VI della medesima Direzione Generale;

RITENUTO pertanto, di dover procedere alla modifica del Decreto 21 luglio 2011, per la sola parte relativa alla composizione dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD);

DECRETA

Art. 1) Il proprio Decreto in data 21 luglio 2011, fermo restando quanto nello stesso indicato in premessa, è modificato nel senso che l’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD), già funzionante nell’ambito dell’Ufficio V della Direzione Generale per le Risorse Umane, è così composto:
Dott. Jacopo GRECO Dirigente responsabile
Dott.ssa Marina MARTUSCELLI Funzionario amministrativo di Area III
Sig. Andrea VOLPE Funzionario amministrativo di Area III

Art. 2) Il predetto UPD, nella fase istruttoria e valutativa dei procedimenti disciplinari riguardanti il personale con qualifica dirigenziale dell’Amministrazione centrale e periferica continua ad avvalersi del supporto e della collaborazione di uno o più dirigenti fra quelli di seguito elencati:
Dott.ssa Carmela PALUMBO Dirigente Generale Amministrazione centrale;
Dott. Fabrizio MANCA Dirigente di II fascia Dipartimento Istruzione;
Dott.ssa Claudia ROSATI Dirigente di II fascia Dipartimento Programmazione e Gestione Risorse Umane, Finanziarie e Strumentali.

IL CAPO DIPARTIMENTO
f.to Giovanni Biondi

Circolare Ministeriale 20 aprile 2012, n.32

Prot.n.588

 

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’Istruzione

Ufficio IV

 

Ai Direttori generali

degli Uffici Scolastici regionali

LORO SEDI

 

E, p.c.

Al Sovrintendente dell’Intendenza scolastica italiana per la Provincia di Bolzano

BOLZANO

 

Al Responsabile del Dipartimento istruzione della Provincia di Trento

TRENTO

 

All’Intendente scolastico per la scuola di lingua tedesca

BOLZANO

 

All’Intendente scolastico per la cultura e la scuola ladina

BOLZANO

 

Al Sovrintendente degli studi per la Regione Valle D’Aosta

AOSTA

 

All’Ispettorato per la funzione pubblica del Dipartimento della funzione pubblica

ROMA

 

Al Capo di Gabinetto

 

Al Capo dell’Ufficio legislativo

 

Al Capo dipartimento per la programmazione

 

Ai Direttori generali dell’Amministrazione centrale

LORO SEDI

 

Oggetto: Procedimenti disciplinari nei confronti del personale scolastico – Ispettorato per la funzione pubblica – Comunicazioni e adempimenti obbligatori di cui al par. 6 della Direttiva n. 8 del 6 dicembre 2007 del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Monitoraggio.

 

L’Ispettorato per la funzione pubblica, con nota n. 6006 del 13/2/2012, ha rilevato l’inottemperanza, da parte di questa amministrazione, degli obblighi di comunicazione previsti dalla Direttiva n. 8 del 6 dicembre 2007 del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione (All. n. 1), in particolare per la parte che riguarda la trasmissione dei dati relativi ai procedimenti disciplinari attivati nei confronti del personale della scuola.

Si rammenta che la citata Direttiva, al paragrafo 6, secondo capoverso, impone a tutte le pubbliche amministrazioni di «inviare all’indirizzo di posta elettronica ispettorato@funzionepubblica.it i dati relativi all’avvio dei procedimenti disciplinari ed agli esiti degli stessi»,in particolare quelli attinenti alle«contestazioni mosse al dipendente, con specifico riferimento alla violazione imputata al medesimo, nonché il successivo esito del procedimento», i quali devono essere comunicati «entro 5 giorni» dalla loro adozione.

I suddetti adempimenti, precisa sempre la direttiva in esame, sono indispensabili anche ai fini della stesura della “Relazione annuale al Parlamento sullo stato della Pubblica Amministrazione” a cura del Dipartimento per la funzione pubblica, che deve contenere, fra l’altro, una sezione dedicata alla materia di cui trattasi.

È necessario, inoltre, tenere presente che, ai sensi del comma 6, dell’art. 60 del decreto legislativo 165 del 2001, come modificato dall’articolo 71 del decreto legislativo n. 150 del 2009, «presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica è istituito l’Ispettorato per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro delegato». Detto organo vigila e svolge verifiche sulla conformità dell’azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, operando, fra l’altro, il controllo sul corretto esercizio dei poteri disciplinari, anche attraverso la collaborazione della Guardia di Finanza.

A tale specifico riguardo, questo Dipartimento, con la Circolare n. 88 dell’8 novembre 2010, ultimo capoverso, aveva richiamato l’attenzione di tutti gli organi disciplinari, come ha rilevato lo stesso Ispettorato nella citata nota n. 6006 del 13/2/2012, richiamo che è comunque utile e necessario rinnovare in considerazione dell’importanza delle funzioni svolte da detto organo, anche ai fini della corretta ed omogenea applicazione da parte di codesti Uffici delle nuove disposizioni in materia di procedimenti e responsabilità disciplinari.

Pertanto, nel rispetto delle competenze del Dipartimento per la funzione pubblica e del succitato Ispettorato, da ora in poi le SS.LL. dovranno assicurare tutti gli adempimenti prescritti nella direttiva n. 8 del 6 dicembre 2007, seguendo le istruzioni operative di seguito indicate.

 

A – Procedimenti disciplinari attivati, o ancora pendenti , dopo il 1° gennaio 2012

 

Le comunicazioni, anche qualora si tratti di atti procedimentali per i quali sia già trascorso il termine di 5 giorni previsto dalla direttiva, vanno comunque effettuate direttamente all’Ispettorato per la funzione pubblica. In particolare, i dirigenti scolastici, per le infrazioni di minore gravità, e gli Uffici per i procedimenti disciplinari, per le infrazioni di maggiore gravità, devono inviare all’indirizzo di posta elettronica ispettorato@funzionepubblica.it la documentazione relativa a:

 

contestazione degli addebiti;

eventuale provvedimento di sospensione del procedimento disciplinare in pendenza di procedimento penale;

provvedimento di archiviazione ovvero di applicazione della sanzione;

qualifica rivestita dal dipendente (dirigente scolastico, insegnante, dsga, assistente amm.vo, collaboratore scolastico, ecc.);

grado od ordine di scuola in cui presta servizio;

natura giuridica del rapporto (a tempo determinato o indeterminato).

 

Come espressamente previsto dalla Direttiva n. 8 a tutela del diritto alla riservatezza, le informazioni di cui sopra devono essere inviate senza alcun riferimento ai dati personali dei dipendenti sottoposti a procedimento disciplinare, o di terzi eventualmente coinvolti (nome, cognome o qualsiasi altro dato che consente di identificare la persona, ivi compresa la denominazione dell’istituzione scolastica), che saranno all’uopo debitamente oscurati, ai sensi del decreto legislativo n. 196 del 2003. Al riguardo, le SS.LL. impartiranno opportune istruzioni ai propri Uffici e ai dirigenti delle Istituzioni scolastiche dei rispettivi ambiti territoriali.

 

B – Procedimenti disciplinari attivati a decorrere dal 1° gennaio 2008 fino al 31 dicembre 2011

 

Le relative comunicazioni, finora non effettuate, all’Ispettorato per la funzione pubblica, che legge per conoscenza, avverranno a cura di questo Dipartimento. A tal fine codesti Uffici compileranno la scheda allegata che raccoglie il riepilogo dei dati mancanti relativi al periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2011. Detta scheda è stata predisposta sulla base dei criteri di rilevazione inseriti nella “Relazione al Parlamento sullo stato della pubblica Amministrazione 2010-2011”, curata dal Dipartimento per la funzione pubblica, di cui si allega uno stralcio (All. n. 2).

Le informazioni da inserire comprendono anche i dati relativi ai procedimenti disciplinari eventualmente attivati dai dirigenti scolastici, che le SS.LL. avranno cura di acquisire presso le istituzioni scolastiche dei territori di rispettiva competenza.

La scheda (All. n.3) deve essere compilata esclusivamente in formato elettronico e inviata, entro il 31 maggio p.v., all’indirizzo procedimentidisciplinari.scuola@istruzione.it,seguendo le istruzioni contenute nel file in formato word che accompagna la medesima (All. n. 4).

 

C – Monitoraggio a regime dei procedimenti disciplinari

 

Fermo restando quanto previsto al punto A, per il futuro le SS.LL. assicureranno che tutti gli organi disciplinari sottoposti alla vigilanza di codesti Uffici adempiano, entro il prescritto termine di 5 giorni dall’adozione dei provvedimenti ivi indicati, agli obblighi di comunicazioni previsti dalla direttiva in parola. Per i procedimenti disciplinari di competenza dei dirigenti scolastici, le SS.LL impartiranno specifiche disposizioni affinché una copia della comunicazione che questi ultimi invieranno all’Ispettorato per la funzione pubblica, sia trasmessa sempre anche a codesti UU.SS.RR..

Inoltre, per finalità di coordinamento e monitoraggio nazionali, nonché di eventuale referto agli organi di controllo (Corte dei Conti, Parlamento), con cadenza semestrale, ossia entro il 30 di giugno ed il 31 dicembre di ogni anno, deve essere inviato a questo Dipartimento, al citato indirizzo di posta elettronica procedimentidisciplinari.scuola@istruzione.it, il riepilogo, sempre e solo in formato elettronico, dei dati comunicati all’Ispettorato dagli uffici di codeste Direzioni generali e dai dirigenti delle istituzioni scolastiche dei territori di rispettiva competenza.

A tale scopo, le SS.LL compileranno l’apposita scheda di rilevazione, analoga all’altra già citata, che pure si allega (All. n. 5).

 

E’ doveroso, infine, richiamare ulteriormente l’attenzione delle SS.LL. in merito alle responsabilità connesse non solo alla mancata attivazione dei poteri di vigilanza e controllo sul corretto esercizio dell’azione disciplinare (cfr., l’art. 55-sexies, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto ex novo dal D.Lgs. 150 del 2009, nonché la circolare n. 88 del 2010), ma anche all’inadempimento degli obblighi di comunicazione oggetto della direttiva di cui trattasi, in quanto preordinate a garantire il buon andamento dell’attività amministrativa.

 

Si confida nel puntuale e tempestivo riscontro degli adempimenti richiesti.

 

Firmato IL CAPO DIPARTIMENTO

Lucrezia STELLACCI

 

Di seguito l’elenco degli allegati.

Allegati :

 

Direttiva n. 8 del 6 dicembre 2007 del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione;

Stralcio, relativo alla parte che qui interessa, della “Relazione al Parlamento sullo stato della pubblica Amministrazione 2010-2011”, curata dal Dipartimento per la funzione pubblica;

Scheda di rilevazione dei dati sui Procedimenti disciplinari attivati a decorrere dal 1° gennaio 2008 fino al 31 dicembre 2011 (formato file: excel, non modificabile);

Istruzioni sulla compilazione delle schede (formato file: word);

Scheda di rilevazione semestrale per il Monitoraggio a regime dei procedimenti disciplinari (formato: excel, non modificabile).

 

Per eventuale non corretta ricezione via mail dei suddetti allegati o per chiarimenti in ordine agli adempimenti di cui alla presente circolare, ivi compresi quelli relativi alla compilazione delle schede allegate, si può contattare il funzionario referente di questo Dipartimento, Ufficio IV, Nucleo di assistenza nazionale per i procedimenti disciplinari nei confronti del personale della scuola:

 

sig. ra Claudia Catullo

tel. 0658492410

e-mail claudia.catullo@istruzione.it

 

Interpello MLPS 10 aprile 2012, n. 11

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali
Direzione generale per l’Attività Ispettiva

Prot. 37/0006869

Al NURSIND
Sindacato delle Professioni Infermieristiche

Interpello 10 aprile 2012, n. 11

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – impugnazione sanzioni disciplinari – applicabilità art. 7, commi 6 e 7; L. n. 300/1970 alle controversie relative al lavoro pubblico.

Decreto Direttore Generale 21 luglio 2011

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per la Programmazione e la Gestione delle Risorse Umane, Finanziarie e Strumentali

 

Decreto Direttore Generale 21 luglio 2011

 

D.L.vo 27 ottobre 2009, n. 150: costituzione dell’Ufficio per i procedimenti Disciplinari (UPD) nell’ambito dell’Amministrazione centrale e periferica del Miur

 

Nota 21 luglio 2011, Prot.n. 12051

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per la Programmazione e la Gestione delle Risorse Umane, Finanziarie e Strumentali

Direzione Generale per le Risorse Umane del Ministero,

Acquisti e Affari Generali

Ufficio V – Contenzioso

 

Nota 21 luglio 2011, Prot.n. 12051

 

– Al Capo di Gabinetto dell’On.le Ministro

– Al Capo Dipartimento per l’Istruzione

– Al Capo Dipartimento per l’Università, l’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica e per

la Ricerca

– Ai Direttori Generali dell’Amministrazione Centrale

SEDE

– Ai Direttori Generali degli Uffici Scolasti Regionali

LORO SEDI

 

OGGETTO: D.L.vo 27 ottobre 2009, n. 150 – Istruzioni per l’applicazione delle nuove norme in materia disciplinare

 

10 marzo Codice disciplinare e sanzioni

Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 10 marzo 2011, la Circolare del Dipartimento di Funzione Pubblica  23 dicembre 2010, n. 14, di chiarimento sulla disciplina in tema di infrazioni, sanzioni disciplinari e procedimento disciplinare modificata dal Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Sullo stesso tema si veda: Il Codice disciplinare della Scuola a cura di Dario Cillo

Di seguito il comunicato stampa di Palazzo Chigi:

Codice disciplinare e sanzioni nella pubblica amministrazione, chiarimenti dopo la riforma

Pubblicità del codice disciplinare, titolarità dell’azione disciplinare, sanzioni nei confronti dei dirigenti, rapporto tra procedimento disciplinare e penale: su queste materie, recentemente modificate dal decreto legislativo n. 150/09 sull’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, è intervenuta a fornire chiarimenti la circolare n. 14 del 23 dicembre 2010 del Dipartimento della funzione pubblica (G.U. 57 del 10 marzo 2011).

Queste alcune delle indicazioni fornite.

Pubblicità del codice disciplinare

I datori di lavoro, comprese le pubbliche amministrazioni, hanno l’obbligo, previsto dalla L. 300/70 di portare a conoscenza dei lavoratori il codice disciplinare, cioè l’insieme delle norme, anche di derivazione contrattuale, relative alle possibili infrazioni, alle sanzioni e alle procedure di contestazione. La modalità prevista dalla L. 300 è quella dell’affissione in luogo accessibile a tutti, individuato nell’ingresso della sede di lavoro.

Il decreto n.150/09 è intervenuto in materia modificando l’art.55 del decreto legs. 165/01. Oggi è previsto che “la pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro».

La circolare della Funzione Pubblica precisa che le amministrazioni potranno completamente sostituire la pubblicità tramite affissione con la pubblicazione on line solo qualora l’accesso alla rete internet sia consentito a tutti i lavoratori, tramite la propria postazione informatica; infatti, la pubblicazione risponde all’esigenza di porre il dipendente al riparo dal rischio di incorrere in sanzioni per fatti da lui non preventivamente conosciuti come mancanze.

Perciò il codice disciplinare deve essere pubblicato, con adeguato risalto e indicazione della data, oltre che sull’home page internet anche di quella intranet dell’amministrazione. Le amministrazioni devono precostituire una prova dell’avvenuta pubblicazione, al fine di poter sviluppare la difesa nell’ambito di un eventuale contenzioso, chiedendo alla struttura interna competente alla pubblicazione di comunicare formalmente l’avvenuto adempimento.

A seguito della riforma, la modalità alternativa alla pubblicazione sul sito è solo quella dell’affissione all’ingresso della sede di lavoro poichè solo questo luogo particolare è espressamente considerato dalla norma vigente. Il codice disciplinare oggetto di pubblicità deve contenere sia le procedure previste per l’applicazione delle sanzioni sia le tipologie di infrazione e le relative sanzioni.

La pubblicità deve poi riguardare anche il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in quanto queste regole integrano le norme contenenti le fattispecie di illecito disciplinare previste dai contratti collettivi e dalla legge.

Azione disciplinare, rafforzata la competenza del dirigente

Riguardo alla gestione del procedimento disciplinare, la riforma ha ampliato la competenza del dirigente della struttura in cui il dipendente lavora attribuendogliene la titolarità in riferimento ad ipotesi ulteriori rispetto a quella del rimprovero verbale e della censura, già previste. Quando il responsabile della struttura è un dirigente questi potrà procedere alla contestazione dell’addebito e all’irrogazione della sanzione, dopo l’espletamento del relativo procedimento, per tutte le infrazioni “di minor gravità”, cioè quelle per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a dieci giorni. Per le infrazioni di maggior gravità o nel caso in cui il responsabile della struttura non sia un dirigente, l’intera procedura deve essere svolta dall’ufficio procedimenti disciplinari. Rimane salva la competenza del responsabile della struttura, a prescindere dalla circostanza che si tratti di dirigente o non dirigente, di irrogare il rimprovero verbale.

Circolare Funzione Pubblica 23 dicembre 2010 , n. 14

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Circolare 23 dicembre 2010 , n. 14

(in GU 10 marzo 2011, n. 57)

Disciplina in tema di infrazioni e sanzioni disciplinari e procedimento disciplinare – problematiche applicative. (11A03157)

 

Alle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo. n. 165 del 2001

 

1. Premessa.

Come noto, con il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono state apportate importanti innovazioni in tema di infrazioni, sanzioni disciplinari, procedimento disciplinare e rapporti con il procedimento penale. In particolare, l’art. 69 del citato decreto ha sostituito l’art. 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001 ed ha introdotto gli articoli da 55-bis a 55-novies nel corpo del medesimo testo normativo, mentre l’art. 72 ne ha abrogato l’art. 56.

Le nuove norme hanno carattere generale; la loro applicazione, infatti, riguarda tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come chiarito dall’art. 74, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2009, secondo cui: «Gli articoli (…) 69 (…) rientrano nella potesta’ legislativa esclusiva esercitata dallo Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere l) ed m), della Costituzione.» e dall’art. 55, comma 1, del citato decreto legislativo n. 165, il quale prevede che «Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti fino all’art. 55-octies (…) si applicano ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2.». La nuova disciplina riguarda solo il personale rientrante nel campo di applicazione del decreto legislativo n. 165 del 2001, ossia il personale dipendente c.d. «privatizzato» e soggetto alla disciplina dei contratti collettivi di comparto; rimane pertanto invariato il regime della responsabilita’, del procedimento e delle sanzioni disciplinari per il personale ad ordinamento pubblicistico, di cui all’art. 3 del medesimo decreto.

Sempre il citato art. 55, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilisce poi che le disposizioni di cui agli articoli da 55 a 55-octies costituiscono norme imperative ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, c.c. Cio’ significa, in primo luogo, che tali disposizioni non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva, la quale puo’ disciplinare la materia nei limiti di quanto consentito dalla legge e negli ambiti non riservati alla legge stessa (infrazioni e sanzioni, per quanto non previsto nelle disposizioni in esame, procedure di conciliazione non obbligatoria, procedimento per l’irrogazione delle sanzioni ai dirigenti nei casi di cui agli articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente incolpato, altri aspetti relativi al rapporto di lavoro inerenti la materia). Inoltre, la disciplina legale prevale sulla disciplina sostanziale contenuta nei contratti collettivi, compresa quella dei contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della riforma (15 novembre 2009) e, in presenza di clausole contrattuali difformi, si verifica la sostituzione della clausola nulla con integrazione del suo contenuto ad opera della fonte di legge. Questo meccanismo di sostituzione ha carattere automatico e, pertanto, produce i suoi effetti gia’ a livello di applicazione della norma da parte dell’operatore, senza la necessita’ di un accertamento preventivo della nullita’ della clausola da parte del giudice.

Con la presente circolare si intende fornire dei chiarimenti su alcuni aspetti problematici di interpretazione o applicazione della disciplina, in considerazione dei quesiti sottoposti al Dipartimento della funzione pubblica.

2. La pubblicita’ del codice disciplinare.

L’art. 7, comma 1, della legge n. 300 del 1970 impone ai datori di lavoro di portare «a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti» il codice disciplinare, cioe’ l’insieme delle norme, in particolare di derivazione contrattuale, «relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse puo’ essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse». L’articolo non e’ stato direttamente richiamato nel corpo delle norme che dopo la riforma disciplinano la materia delle infrazioni e sanzioni disciplinari, ma la sua portata deve intendersi comunque estesa anche ai datori pubbliche amministrazioni, sia perche’ la regola della previa pubblicazione e’ contenuta nei contratti collettivi di comparto sia perche’ il comma 2 dell’art. 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come di seguito si vedra’, prevede una norma sulle modalita’ di pubblicazione che sottende la vigenza dell’obbligo di pubblicita’.

L’adempimento – la ratio della cui obbligatorieta’ e’ da ricercare nella necessita’ che sia assicurata a tutti lavoratori la conoscenza del sistema delle regole dell’organizzazione di appartenenza affinche’ abbiano consapevolezza della responsabilita’ perseguibile sul piano disciplinare per le eventuali violazioni – per costante e consolidata giurisprudenza, e’ imprescindibile e propedeutico ai fini della corretta attivazione dei procedimenti disciplinari e dell’irrogazione delle sanzioni.

Come accennato, l’obbligo di pubblicazione del codice disciplinare e’ stato sancito – sulla base del richiamo all’art. 7, comma 1, della legge n. 300 del 1970 contenuto nel precedente art. 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001 – dalla contrattazione collettiva del settore pubblico: tra gli altri, lo prevede l’art. 13, comma 8, del CCNL 12 giugno 2003 del comparto ministeri; l’art. 16, comma 10, del CCNL 9 ottobre 2003 del comparto enti pubblici non economici; l’art. 64, comma 8, del CCNL 17 maggio 2004 del comparto Presidenza del Consiglio dei ministri; l’art. 3, comma 10, del CCNL 11 aprile 2008 del comparto regioni-autonomie locali.

Le richiamate clausole contrattuali hanno disposto la tassativita’ e non fungibilita’ con altre forme della pubblicita’ realizzata tramite affissione. Pertanto, le amministrazioni – datori di lavoro hanno, sino ad ora, assolto l’obbligo tramite affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti i dipendenti.

Il decreto legislativo n. 150 del 2009 e’, tuttavia, intervenuto in materia, modificando l’art. 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001. In particolare, il comma 2 del nuovo art. 55, come sostituito dall’art. 68 del decreto legislativo n. 150 del 2009, prevede che «La pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro».

Le nuove disposizioni «costituiscono norme imperative ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile…». Come detto nel paragrafo precedente, cio’ comporta l’automatico inserimento nei contratti collettivi di tali disposizioni e la conseguente sostituzione delle clausole difformi.

Peraltro, i CCNL stipulati dopo l’entrata in vigore della riforma hanno recepito il nuovo principio, modificando la pregressa disciplina e prevedendo che la pubblicazione avvenga mediante il sito istituzionale dell’amministrazione (es., art. 8 del CCNL 4 agosto 2010 per l’Unioncamere; art. 9 del CCNL 12 febbraio 2010 dell’area I della dirigenza; art. 7 del CCNL 22 febbraio 2010 per l’area II della dirigenza).

Ai sensi della nuova norma, pertanto, le amministrazioni possono assolvere all’obbligo di pubblicita’ del codice disciplinare mediante la pubblicazione sul sito internet istituzionale. Nella valutazione operata dal legislatore, che tiene conto della piu’ recente evoluzione tecnologica delle modalita’ di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, tale pubblicazione e’ equivalente all’«affissione in luogo accessibile a tutti» di cui al citato art. 7, luogo che viene identificato dal menzionato art. 55 comma 2 nell’«ingresso della sede di lavoro».

Le amministrazioni potranno completamente sostituire la pubblicita’ tramite affissione con la pubblicazione on line solo qualora l’accesso alla rete internet sia consentito a tutti i lavoratori, tramite la propria postazione informatica; infatti, deve essere tenuto presente che la pubblicazione risponde all’esigenza di porre il dipendente al riparo dal rischio di incorrere in sanzioni per fatti da lui non preventivamente conosciuti come mancanze.

Al riguardo, si raccomanda che il codice disciplinare venga pubblicato con adeguato risalto e indicazione puntuale della data, oltre che sull’home page internet anche di quella intranet dell’amministrazione, solitamente utilizzata per le comunicazioni interne del datore di lavoro, al fine di assicurarne la massima visibilita’ e conoscibilita’. Si raccomanda inoltre alle amministrazioni di precostituire una prova dell’avvenuta pubblicazione, al fine di poter sviluppare la difesa nell’ambito di un eventuale contenzioso, chiedendo alla struttura interna competente alla pubblicazione di comunicare formalmente l’avvenuto adempimento.

Si segnala infine che, a seguito della riforma, la modalita’ alternativa alla pubblicazione sul sito e’ solo quella dell’affissione all’ingresso della sede di lavoro poiche’ solo questo luogo particolare e’ espressamente considerato dalla norma vigente.

Quanto ai contenuti della pubblicazione, si evidenzia che il codice disciplinare oggetto di pubblicita’ deve contenere sia le procedure previste per l’applicazione delle sanzioni sia le tipologie di infrazione e le relative sanzioni. La pubblicita’ deve poi riguardare anche il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, attesa l’idoneita’ delle sue regole ad integrare le norme contenenti le fattispecie di illecito disciplinare previste dai contratti collettivi e dalla legge.

3. La titolarita’ dell’azione disciplinare:

a) il rafforzamento della competenza del dirigente;

La riforma ha voluto, in generale, valorizzare il ruolo del dirigente sottolineando i suoi poteri, tra cui anche quelli di valutazione, riconoscimento dei meriti e comminazione di sanzioni nei confronti del personale. In questo contesto, l’art. 55-bis ha ampliato la competenza del dirigente della struttura in cui il dipendente lavora nella gestione del procedimento disciplinare, attribuendogliene la titolarita’ in riferimento ad ipotesi ulteriori rispetto a quella del rimprovero verbale e della censura, uniche situazioni in cui l’azione poteva essere esercitata da questo soggetto in base all’abrogato art. 55, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001. In particolare, dal comma 1 dell’art. 55-bis, risulta che quando il responsabile della struttura e’ un dirigente questi potra’ procedere alla contestazione dell’addebito e all’irrogazione della sanzione, previo espletamento del relativo procedimento, per tutte le infrazioni «di minor gravita’». Secondo la norma, rientrano nelle infrazioni di minor gravita’ quelle per le quali e’ prevista l’irrogazione di sanzioni inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a dieci giorni. Per le infrazioni di maggior gravita’ o nel caso in cui il responsabile della struttura non sia un dirigente, l’intera procedura deve essere svolta dall’ufficio procedimenti disciplinari.

Rimane salva la competenza del responsabile della struttura, a prescindere dalla circostanza che si tratti di dirigente o non dirigente, di irrogare il rimprovero verbale, sanzione che, secondo il comma 1 dell’art. 55-bis in esame e’ soggetta alla disciplina della contrattazione collettiva, che prevede l’irrigazione senza particolari formalita’.

E’ opportuno chiarire che con l’espressione in «possesso della qualifica di dirigente» la norma fa riferimento non solo ai dipendenti reclutati ed inquadrati come dirigenti a tempo indeterminato, ma anche ai titolari di incarico dirigenziale con contratto a tempo determinato, con inclusione quindi dei soggetti preposti ai sensi dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e ai sensi dell’art. 110 del decreto legislativo n. 267 del 2000 per gli enti locali o di analoghe norme previste negli ordinamenti delle altre amministrazioni.

Per gli enti locali privi di qualifica dirigenziale, in linea con l’orientamento espresso dall’ANCI nelle prime linee guida relative all’applicazione del decreto legislativo n. 150 del 2009, la competenza non sussiste invece in capo al dipendente titolare di posizione organizzativa cui siano state attribuite le funzioni dirigenziali ai sensi dell’art. 109, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000, poiche’ trattasi di soggetti non muniti di qualifica dirigenziale.

Si evidenzia l’importanza dell’osservanza della previsione normativa per le conseguenze che derivano dalla violazione della regola rispetto alla sanzione comminata. Infatti, la violazione di una norma di legge imperativa comporta la nullita’ della sanzione irrogata, come riconosciuto anche recentemente dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, Sezione lavoro («E’ nulla, perche’ in contrasto con norme di legge inderogabili sulla competenza, la sanzione disciplinare irrogata in esito a procedimento disciplinare instaurato da soggetto od organo diverso dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari» Cass., Sez. lav., 5 febbraio 2004, n. 2168; Cassazione civile, Sez. lav., 30 settembre 2009, n. 20981).

b) l’ufficio procedimenti disciplinari.

L’art. 55, al comma 4, stabilisce che «Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari». La disposizione non ha portata innovativa rispetto al testo previgente; infatti, gia’ l’art. 59 del decreto legislativo n. 29 del 1993 aveva previsto l’individuazione di una competenza ad hoc per la gestione del procedimento disciplinare (U.P.D.). L’individuazione e’ rimessa alla discrezionalita’ organizzativa di ogni amministrazione e non e’ richiesta la costituzione di un apposito ufficio; infatti, la competenza si puo’ svolgere anche nell’ambito di una struttura deputata a piu’ ampie attribuzioni, ma si tratta comunque di una competenza da esercitare in via esclusiva.

La competenza del procedimento disciplinare spetta all’U.P.D. per le ipotesi in cui il responsabile della struttura non abbia qualifica dirigenziale e, comunque, per le infrazioni di maggior gravita’. Non e’ specificato in questo caso se il responsabile dell’U.P.D. debba essere dirigente. E’ chiaro che per le Amministrazioni dello Stato questa rappresenta la regola generale, mentre per gli enti locali privi della qualifica dirigenziale, frequentemente si presenta il caso di investitura di funzionari. In proposito, poiche’ il comma 4 del menzionato art. 55-bis per la costituzione degli U.P.D. fa rinvio al «proprio ordinamento», negli enti locali privi di qualifica dirigenziale la responsabilita’ dell’ufficio puo’ essere attribuita anche ai funzionari a cui sono assegnate le funzioni dirigenziali ai sensi del citato art. 109, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000. Nell’ottica della riforma, la particolare professionalita’ radica la competenza funzionale del servizio, supplendo anche alla mancanza della qualifica (in riferimento al regime previgente la riforma e alle competenze dell’U.P.D. la Corte di cassazione ha avuto modo di affermare che «alcuna norma prevede che dell’Ufficio procedimenti disciplinari debbano far parte dipendenti con qualifica almeno pari a quella degli incolpati, ne’ esiste un principio secondo il quale soltanto siffatta composizione sarebbe idonea ad attuare il principio di imparzialita’ dell’amministrazione», Cass., Sez. lav., n. 10600 del 3 giugno 2004). Alternativamente, la scelta dell’ente locale potrebbe ricadere sull’attribuzione delle funzioni in questione al segretario comunale, opportunamente investito ai sensi dell’art. 97, comma 4, lett. d), del medesimo decreto ovvero sulla costituzione di un U.P.D. in convenzione con altri enti, ai sensi dell’art. 30, comma 4, del testo unico.

Si rileva che la disposizione in esame, a differenza della norma contenuta nel comma 4 dell’abrogato art. 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001, non prevede piu’ espressamente che l’ufficio competente dia avvio al procedimento a seguito della «segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora», essendo stato eliminato questo inciso. Con la riforma risulta chiaro che l’ufficio si attiva non solo nei casi in cui pervenga tale segnalazione, ma anche nelle ipotesi in cui lo stesso abbia altrimenti acquisito notizia dell’infrazione. Cio’ si evince dalla seconda parte del medesimo comma, in cui si ancora la decorrenza del termine per la contestazione dell’addebito dalla ricezione degli atti o dall’acquisizione aliunde della notizia dell’infrazione.

Una volta investito correttamente della procedura da parte del dirigente, l’U.P.D. sara’ tenuto a svolgere il procedimento sulla base dell’istruttoria; l’esito dello stesso potra’ portare o all’archiviazione o all’irrogazione della sanzione appropriata, che potra’ consistere anche in una sanzione di minore gravita’ (ossia inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a dieci giorni), benche’ in astratto questa rientri nella competenza del dirigente rimettente.

4. L’irrogazione delle sanzioni disciplinari nei confronti dei dirigenti, con particolare riferimento agli illeciti della mancata collaborazione con l’autorita’ disciplinare procedente e del mancato esercizio o della decadenza dall’azione disciplinare.

L’art. 55 comma 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001 prevede che: «Fermo quanto previsto nell’articolo 21, per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19, comma 3.».

La disposizione contiene una norma speciale relativa a specifiche infrazioni ascrivibili ai dirigenti, ponendo una deroga al regime ordinario sulla competenza per l’irrogazione delle relative sanzioni.

Gli illeciti sono quelli previsti dall’art. 55-bis, comma 7, e dall’art. 55-sexies, comma 3, e, cioe’, l’ipotesi di mancata collaborazione con l’autorita’ disciplinare procedente e l’ipotesi del mancato esercizio o della decadenza dall’azione disciplinare. Si tratta di illeciti riferiti specificamente allo svolgimento del procedimento disciplinare, che sono stati introdotti dalla riforma con l’obiettivo di assicurare l’effettivo esercizio dell’azione e contrastare situazioni di collusione. La prima fattispecie, quella della mancata collaborazione con l’autorita’ disciplinare procedente, e’ riferita sia ai dirigenti sia ai dipendenti non dirigenti; la seconda, quella del mancato esercizio o della decadenza dall’azione disciplinare, e’ un illecito proprio del responsabile della struttura di appartenenza del dipendente incolpato o dell’U.P.D., sia esso dirigente o non dirigente.

Per queste infrazioni, la norma in esame stabilisce che, se l’incolpato e’ un dirigente, si applica la procedura di cui al comma 4 dell’art. 55-bis, il quale prevede la contestazione dell’addebito e lo svolgimento della procedura da parte dell’U.P.D., la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento dalla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora, e la possibilita’ di raddoppio dei termini per le infrazioni di maggior gravita’ (tra le quali rientrano anche quelle in esame in quanto per entrambe le fattispecie e’ prevista in astratto la possibilita’ di comminare la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per un periodo superiore a dieci giorni).

Secondo quanto previsto dalla medesima disposizione, i contratti collettivi di riferimento possono disciplinare in maniera diversa rispetto alla fonte legale le norme procedimentali contenute nel citato comma 4 dell’art. 55-bis. Si precisa che la deroga in favore della contrattazione collettiva non puo’ pero’ riguardare la materia dell’organo competente all’avvio del procedimento, allo svolgimento della procedura e all’irrogazione della sanzione, poiche’ trattasi di aspetti legati all’investitura di un organo, ossia all’attribuzione di una competenza, i quali, in base ai principi costituzionali, debbono essere necessariamente disciplinati da fonti normative. Al riguardo, l’art. 55, comma 4, individua una specifica competenza per l’irrogazione della sanzione nel caso in cui l’incolpato sia un dirigente: questa spetta al dirigente di ufficio dirigenziale generale o al titolare dell’incarico ai sensi dell’art. 19, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Pertanto, per queste specifiche infrazioni la competenza dell’U.P.D. e’ diversa a seconda che il dipendente soggetto passivo della procedura sia un impiegato o un dirigente. Infatti, nel primo caso all’ufficio spetta l’intera gestione del procedimento, dalla fase della contestazione a quella dell’irrogazione della sanzione, mentre nel secondo, la competenza si arresta all’istruttoria e le determinazioni conclusive del procedimento sono rimesse al dirigente di ufficio dirigenziale generale (se il procedimento riguarda un dirigente di ufficio non generale) e al dirigente sovraordinato, come il capo Dipartimento o il Segretario generale (se il procedimento riguarda un dirigente di ufficio dirigenziale generale). L’espressione utilizzata dalla legge «dirigente generale» va intesa come riferimento alla tipologia di ufficio cui il dirigente e’ preposto e prescinde dalla circostanza che il dirigente incaricato appartenga alla prima o alla seconda fascia; infatti, in questo contesto, non pare avere alcun rilievo la circostanza soggettiva di essere iscritto alla prima o alla seconda fascia del ruolo dirigenziale.

La norma non chiarisce se il dirigente sovraordinato debba essere il responsabile dell’ufficio dirigenziale generale nell’ambito del quale e’ collocato l’ufficio dell’incolpato o il dirigente dell’ufficio dirigenziale generale nel cui ambito e’ compreso l’U.P.D. La soluzione interpretativa piu’ corretta sembra la seconda.

Infatti, tale soluzione consente meglio di soddisfare l’esigenza di terzieta’ e di uniformita’ dell’organo in fattispecie di illecito particolarmente delicate, come quelle in esame, che attengono alla corretta incardinazione e svolgimento del procedimento disciplinare.

Inoltre, la determinazione di conclusione del procedimento puo’ comportare l’esercizio di una discrezionalita’ piu’ o meno ampia, ma tale discrezionalita’ puo’ basarsi solo sulle risultanze dell’istruttoria compiuta dall’U.P.D. a seguito della contestazione, con la conseguenza che il ritenere al contrario la competenza in capo al dirigente dell’ufficio nel cui ambito svolge la propria attivita’ l’incolpato sarebbe comunque irrilevante rispetto alla determinazione conclusiva del procedimento.

Stante il silenzio della legge sul punto, e’ rimesso all’autonomia organizzativa di ciascuna amministrazione l’individuazione della struttura e dell’organo competente a svolgere il procedimento ed eventualmente ad irrogare le sanzioni nel caso in cui l’illecito sia commesso proprio dal responsabile dell’U.P.D., dal dirigente dell’ufficio dirigenziale generale sovraordinato e dai dirigenti titolari di incarico di struttura complessa, ferma restando la necessita’ che l’individuazione sia effettuata a priori in astratto.

La formulazione della disposizione e’ chiaramente riferita alle Amministrazioni dello Stato, che sono tipicamente articolate in uffici dirigenziali semplici e generali sovraordinati e nelle quali e’ presente la figura del Capo Dipartimento o del Segretario generale. L’applicazione della norma nelle altre amministrazioni necessita invece di un adattamento attraverso l’esercizio dei poteri normativi ed organizzativi tipici di ciascun ordinamento e le soluzioni sostanziali dovranno essere rinvenute nell’ambito della particolare organizzazione di ciascun ente. Negli enti locali l’attribuzione delle funzioni in questione potrebbe essere compiuta in favore del segretario comunale o provinciale, opportunamente investito ai sensi dell’art. 97, comma 4, lett. d), del medesimo decreto.

Come detto, la competenza di cui al comma 4 dell’art. 55 ha carattere speciale. Pertanto, per tutte le altre ipotesi di illecito rimane ferma la disciplina generale sulla competenza alla contestazione dell’addebito, allo svolgimento del procedimento e all’irrogazione della sanzione di cui al menzionato art. 55-bis anche nel caso in cui l’incolpato sia un dirigente. Da cio’ deriva che, nel caso di infrazioni di minor gravita’, la procedura sara’ svolta dal responsabile dell’ufficio sovraordinato. Nelle altre ipotesi, la competenza alla procedura spetta all’U.P.D., struttura che e’ titolare di una «competenza funzionale» ed il cui responsabile pertanto si deve ritenere legittimato ad adottare la determinazione conclusiva del procedimento disciplinare anche nei confronti di un dirigente con incarico di livello superiore (sul punto e’ opportuno richiamare l’orientamento manifestato dalla Corte di cassazione nella gia’ citata sentenza n. 10600 del 3 giugno 2004). Stante il silenzio della legge in merito, e’ rimesso ancora una volta all’autonomia organizzativa di ciascuna amministrazione l’individuazione dell’organo responsabile dell’istruttoria e dell’organo competente all’irrogazione della sanzione nel caso in cui l’illecito sia commesso proprio dal responsabile dell’U.P.D.

In sintesi, tenuto conto dell’art. 55, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, il quadro generale risultante e’ il seguente: fatti per i quali e’ prevista la sanzione pecuniaria (la sanzione sospensiva, per i dirigenti, e’ sempre potenzialmente superiore a dieci giorni): contesta e applica la sanzione il dirigente capo della struttura; fatti colpiti con sanzioni piu’ gravi di quelle pecuniarie, eccezion fatta per quelli indicati nel punto seguente: contesta e applica la sanzione l’U.P.D.; per le sole infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, si applica il comma 4 del predetto articolo 55-bis, con contestazione dell’addebito ed istruttoria dell’U.P.D., ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente con incarico dirigenziale generale della struttura sovraordinata all’U.P.D.

5. La ripresa e la riapertura del procedimento disciplinare a seguito della comunicazione della sentenza di condanna del dipendente.

Come noto, con il decreto legislativo n. 150 del 2009 e’ stato modificato il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale. Infatti, l’art. 55-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001 ha introdotto la regola generale secondo cui il procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorita’ giudiziaria, e’ proseguito e concluso anche in pendenza di procedimento penale. Questa regola e’ inderogabile nel caso di esercizio dell’azione disciplinare per infrazioni di minor gravita’ e, pertanto, in tali ipotesi non e’ ammessa la sospensione del procedimento. La sospensione e’ invece ammessa per le infrazioni di maggior gravita’, nei casi di particolare complessita’ dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando, all’esito dell’istruttoria, non si disponga di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione. Secondo quanto previsto al comma 4 del medesimo articolo, il procedimento e’ ripreso entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione di appartenenza del lavoratore ed e’ concluso entro centottanta giorni dalla ripresa.

Al fine di rendere nota all’amministrazione procedente la pronuncia della decisione giudiziale, l’art. 70 del decreto legislativo n. 150 del 2009 ha inserito un nuovo articolo nel decreto legislativo n. 271 del 1989 («Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.»). Infatti, il nuovo art. 154-ter dispone che «La cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente di un’amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all’amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento. La comunicazione e la trasmissione sono effettuate con modalita’ telematiche, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro trenta giorni dalla data del deposito.». E’ chiaro che la ripresa del procedimento disciplinare sospeso puo’ aver luogo solo a seguito della conoscenza della sentenza integrale, comprensiva della motivazione, poiche’ l’istruttoria deve tener conto di quanto risultante in sede penale (art. 653 c.p.p., richiamato dal comma 4 dell’art. 55-ter). Pertanto, il termine per la ripresa del procedimento decorre dalla ricevimento della comunicazione della sentenza integrale, non essendo sufficiente la conoscenza del dispositivo.

Ad analoga conclusione si vede prevenire per l’ipotesi della riapertura del procedimento prevista dal comma 3 del citato art. 55-ter nel caso in cui sia necessario adeguare le determinazioni conclusive del procedimento disciplinare alle risultanze del giudizio penale.

Al fine di agevolare l’esito celere delle procedure, si raccomanda pertanto all’Amministrazione giudiziaria di provvedere con la massima tempestivita’ alla comunicazione del dispositivo a seguito della richiesta dell’amministrazione interessata e, ove disponibile, a trasmettere direttamente copia integrale della sentenza anziche’ il solo dispositivo anche a prescindere dalla richiesta.

 

Roma, 23 dicembre 2010

 

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione

Brunetta

 

Registrato alla Corte dei conti il 1° febbraio 2011

Ministeri istituzionali – Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 2, foglio n. 367

Nota 8 novembre 2010, Prot. AOODPIT/0003310

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’istruzione

Ufficio IV

Ai Direttori generali

degli Uffici Scolastici regionali

LORO SEDI

E, p.c.

Al Sovrintendente dell’Intendenza scolastica

italiana per la Provincia di Bolzano

BOLZANO

Al Responsabile del Dipartimento istruzione

della Provincia di Trento

TRENTO

All’Intendente scolastico

per la scuola di lingua tedesca

BOLZANO

All’Intendente scolastico

per la cultura e la scuola ladina

BOLZANO

Al Sovrintendente degli studi

per la Regione Valle D’Aosta

AOSTA

Al Capo di Gabinetto

SEDE

Al Capo dell’Ufficio legislativo

SEDE

Al Consiglio Nazionale

della Pubblica Istruzione

Al Capo dipartimento

per la programmazione

Ai Direttori generali

dell’Amministrazione centrale

SEDE

Oggetto: Indicazioni e istruzioni per l’applicazione al personale della scuola delle nuove norme in materia disciplinare introdotte dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”. Trasmissione circolare.

Si trasmette, in allegato, la circolare n. 88, prot. n. 3308 dell’8 novembre 2010, contenente le “Indicazioni e istruzioni per l’applicazione al personale della scuola delle nuove norme in materia disciplinare introdotte dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150”.

Com’è noto alle SS.LL. il predetto decreto legislativo (pubblicato nella Gazz. Uff. 31 ottobre 2009, n. 254, S.O.), recante le norme di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, “Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti” (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 2009), è in vigore dal 15 novembre 2009.

Fra le molteplici innovazioni introdotte dall’intervento riformatore, assume rilevante importanza per questo Ministero la normativa sulla responsabilità disciplinare che, diversamente dal passato, si applica ora a tutte le categorie di pubblici dipendenti, comprese quelle con qualifica dirigenziale, senza distinzioni o eccezioni riferite a singoli comparti di appartenenza.

Tale normativa configura, pertanto, un sistema sanzionatorio uniforme ed omogeneo, nel quale non assumono più rilevanza i profili di specialità che prima valevano con riguardo a singole tipologie di lavoro pubblico, come si dirà più diffusamente nel documento allegato illustrando i riflessi della nuova disciplina in particolare sul personale docente.

Tenuto conto della complessità e delicatezza della materia, si è pertanto ritenuto opportuno tracciare, innanzitutto, un quadro di sintesi delle novità legislative di maggiore impatto per il settore della scuola e poi, in relazione agli aspetti che più rilevano, fornire a codesti Uffici specifiche indicazioni volte ad assicurare, nella fase applicativa, sia l’uniformità di azione, sia un più agevole svolgimento dei connessi adempimenti.

A tale riguardo, per il supporto giuridico agli organi disciplinari competenti (direttori generali degli USR, dirigenti scolastici e Uffici per i procedimenti disciplinari), si è ritenuto opportuno costituire presso questo Dipartimento un apposito nucleo di assistenza coordinato dal dott. Fabrizio Manca, dirigente dell’Ufficio IV -“Affari giuridici”.

Il suddetto nucleo, che si avvale della collaborazione delle competenti strutture della Direzione generale per il personale scolastico, svolgerà attività di consulenza, rilevazione e analisi dei dati inerenti la gestione del procedimento disciplinare e del relativo contenzioso.

La formulazione di quesiti, richieste di chiarimenti o dubbi interpretativi in merito alle indicazioni applicative delle nuove norme disciplinari dovrà pervenire al predetto nucleo esclusivamente tramite e-mail, utilizzando il seguente indirizzo di posta elettronica: procedimentidisciplinari.scuola@istruzione.it.

Le SS.LL. provvederanno a dare massima diffusione alla circolare in questione negli ambiti territoriali di rispettiva competenza assicurando una puntuale informativa agli organi disciplinari competenti (dirigenti scolastici e Uffici per i procedimenti disciplinari), nonché a tutto il personale scolastico e dell’Amministrazione interessato.

Riguardo, in particolare, all’informativa da rivolgere ai docenti e al personale ATA, le SS.LL. richiameranno l’attenzione dei dirigenti scolastici affinché in ciascuna sede di servizio siano organizzati momenti di comune riflessione sui contenuti della circolare di cui trattasi.

Le SS.LL. medesime avranno altresì cura di controllare che la gestione dei procedimenti disciplinari avvenga nel rispetto delle indicazioni applicative fornite, segnalando al predetto nucleo di assistenza eventuali disfunzioni od anomalie.

Data la rilevanza generale che riveste la circolare di cui trattasi, la medesima è pubblicata anche sul sito Internet di questo Ministero (www.istruzione.it).

IL CAPO DIPARTIMENTO

F.to Giuseppe COSENTINO

Circolare Ministeriale 8 novembre 2010, n. 88

Decreto Ministero Funzione Pubblica 1 dicembre 2000

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

Visto l’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione della disciplina in materia di pubblico impiego;

Visto l’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, il quale, nel più ampio quadro della delega conferita al Governo per la riforma della pubblica amministrazione, ha, tra l’altro, specificamente conferito al Governo la delega per apportare modificazioni ed integrazioni al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, recante nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della predetta legge n. 59 del 1997;

Visto, in particolare, l’articolo 58-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall’articolo 27 del predetto decreto legislativo n. 80 del 1998; Visto il decreto del Ministro della funzione pubblica 31 marzo 1994, con il quale è stato adottato il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 58-bis del predetto decreto legislativo n. 29 del 1993;

Ritenuta la necessità di provvedere all’aggiornamento del predetto codice di comportamento alla luce delle modificazioni intervenute all’articolo 58-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993; Sentite le confederazioni sindacali rappresentative;

Decreta

Art.1

Disposizioni di carattere generale

1. I principi e i contenuti del presente codice costituiscono specificazioni esemplificative degli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità, che qualificano il corretto adempimento della prestazione lavorativa. I dipendenti pubblici – escluso il personale militare, quello della polizia di Stato ed il Corpo di polizia penitenziaria, nonché i componenti delle magistrature e dell’Avvocatura dello Stato – si impegnano ad osservarli all’atto dell’assunzione in servizio.

2. I contratti collettivi provvedono, a norma dell’art.58-bis, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, al coordinamento con le previsioni in materia di responsabilità disciplinare. Restano ferme le disposizioni riguardanti le altre forme di responsabilità dei pubblici dipendenti. 3. Le disposizioni che seguono trovano applicazione in tutti i casi in cui non siano applicabili norme di legge o di regolamento o comunque per i profili non diversamente disciplinati da leggi o regolamenti. Nel rispetto dei principi enunciati dall’articolo 2, le previsioni degli articoli 3 e seguenti possono essere integrate e specificate dai codici adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell’articolo 58-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

Art.2

Principi

1. Il dipendente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire esclusivamente la Nazione con disciplina ed onore e di rispettare i principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione. Nell’espletamento dei propri compiti, il dipendente assicura il rispetto della legge e persegue esclusivamente l’interesse pubblico; ispira le proprie decisioni ed i propri comportamenti alla cura dell’interesse pubblico che gli è affidato.

2. Il dipendente mantiene una posizione di indipendenza, al fine di evitare di prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi. Egli non svolge alcuna attività che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d’ufficio e si impegna ad evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione.

3. Nel rispetto dell’orario di lavoro, il dipendente dedica la giusta quantità di tempo e di energie allo svolgimento delle proprie competenze, si impegna ad adempierle nel modo più semplice ed efficiente nell’interesse dei cittadini e assume le responsabilità connesse ai propri compiti.

4. Il dipendente usa e custodisce con cura i beni di cui dispone per ragioni di ufficio e non utilizza a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio.

5. Il comportamento del dipendente deve essere tale da stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione tra i cittadini e l’amministrazione. Nei rapporti con i cittadini, egli dimostra la massima disponibilità e non ne ostacola l’esercizio dei diritti. Favorisce l’accesso degli stessi alle informazioni a cui abbiano titolo e, nei limiti in cui ciò non sia vietato, fornisce tutte le notizie e informazioni necessarie per valutare le decisioni dell’amministrazione e i comportamenti dei dipendenti.

6. Il dipendente limita gli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese a quelli indispensabili e applica ogni possibile misura di semplificazione dell’attività amministrativa, agevolando, comunque, lo svolgimento, da parte dei cittadini, delle attività loro consentite, o comunque non contrarie alle norme giuridiche in vigore.

7. Nello svolgimento dei propri compiti, il dipendente rispetta la distribuzione delle funzioni tra Stato ed Enti territoriali. Nei limiti delle proprie competenze, favorisce l’esercizio delle funzioni e dei compiti da parte dell’autorità territorialmente competente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati.

Art.3

Regali e altre utilità

1. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, neanche in occasione di festività, regali o altre utilità salvo quelli d’uso di modico valore, da soggetti che abbiano tratto o comunque possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio.

2. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, regali o altre utilità da un subordinato o da suoi parenti entro il quarto grado. Il dipendente non offre regali o altre utilità ad un sovraordinato o a suoi parenti entro il quarto grado, o conviventi, salvo quelli d’uso di modico valore.

Art.4

Partecipazione ad associazioni e altre organizzazioni

1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica al dirigente dell’ufficio la propria adesione ad associazioni ed organizzazioni, anche a carattere non riservato, i cui interessi siano coinvolti dallo svolgimento dell’attività dell’ufficio, salvo che si tratti di partiti politici o sindacati.

2. Il dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni ed organizzazioni, né li induce a farlo promettendo vantaggi di carriera.

Art.5

Trasparenza negli interessi finanziari

1. Il dipendente informa per iscritto il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti di collaborazione in qualunque modo retribuiti che egli abbia avuto nell’ultimo quinquennio, precisando: a) se egli, o suoi parenti entro il quarto grado o conviventi,. abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione; b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all’amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti entro il quarto grado o affini entro il secondo, o conviventi che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l’ufficio che egli dovrà dirigere o che siano coinvolte nelle decisioni o nelle attività inerenti all’ufficio. Su motivata richiesta del dirigente competente in materia di affari generali e personale, egli fornisce ulteriori informazioni sulla propria situazione patrimoniale e tributaria.

Art.6

Obbligo di astensione

1. Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri ovvero: di suoi parenti entro il quarto grado o conviventi; di individui od organizzazioni con cui egli stesso o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito; di individui od organizzazioni di cui egli sia tutore, curatore, procuratore o agente; di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui egli sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il dirigente dell’ufficio.

Art. 7

Attività collaterali

1. Il dipendente non accetta da soggetti diversi dall’amministrazione retribuzioni o altre utilità per prestazioni alle quali è tenuto per lo svolgimento dei propri compiti d’ufficio.

2. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione con individui od organizzazioni che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico in decisioni o attività inerenti all’ufficio.

3. Il dipendente non sollecita ai propri superiori il conferimento di incarichi remunerati.

Art.8

Imparzialità.

1. Il dipendente, nell’adempimento della prestazione lavorativa, assicura la parità di trattamento tra i cittadini che vengono in contatto con l’amministrazione da cui dipende. A tal fine, egli non rifiuta né accorda ad alcuno prestazioni che siano normalmente accordate o rifiutate ad altri.

2. Il dipendente si attiene a corrette modalità di svolgimento dell’attività amministrativa di sua competenza, respingendo in particolare ogni illegittima pressione, ancorché esercitata dai suoi superiori.

Art.9

Comportamento nella vita sociale

1. Il dipendente non sfrutta la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino. Nei rapporti privati, in particolare con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, non menziona né fa altrimenti intendere, di propria iniziativa, tale posizione, qualora ciò possa nuocere all’immagine dell’amministrazione.

Art.10

Comportamento in servizio

1. Il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda né affida ad altri dipendenti il compimento di attività o l’adozione di decisioni di propria spettanza.

2. Nel rispetto delle previsioni contrattuali, il dipendente limita le assenze dal luogo di lavoro a quelle strettamente necessarie.

3. Il dipendente non utilizza a fini privati materiale o attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio. Salvo casi d’urgenza, egli non utilizza le linee telefoniche dell’ufficio per esigenze personali. Il dipendente che dispone di mezzi di trasporto dell’amministrazione se ne serve per lo svolgimento dei suoi compiti d’ufficio e non vi trasporta abitualmente persone estranee all’amministrazione.

4. Il dipendente non accetta per uso personale, né detiene o gode a titolo personale, utilità spettanti all’acquirente, in relazione all’acquisto di beni o servizi per ragioni di ufficio.

Art.11

Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in diretto rapporto con il pubblico presta adeguata attenzione alle domande di ciascuno e fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell’ufficio. Nella trattazione delle pratiche egli rispetta l’ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto motivando genericamente con la quantità di lavoro da svolgere o la mancanza di tempo a disposizione. Egli rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde sollecitamente ai loro reclami.

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell’ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa.

3. Il dipendente non prende impegni né fa promesse in ordine a decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all’ufficio, se ciò possa generare o confermare sfiducia nell’amministrazione o nella sua indipendenza ed imparzialità.

4. Nella redazione dei testi scritti e in tutte le altre comunicazioni il dipendente adotta un linguaggio chiaro e comprensibile.

5. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in una amministrazione che fornisce servizi al pubblico si preoccupa del rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall’amministrazione nelle apposite carte dei servizi. Egli si preoccupa di assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.

Art.12

Contratti

1. Nella stipulazione di contratti per conto dell’amministrazione, il dipendente non ricorre a mediazione o ad altra opera di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l’esecuzione del contratto.

2. Il dipendente non conclude, per conto dell’amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato nel biennio precedente. Nel caso in cui l’amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali egli abbia concluso contratti a titolo privato nel biennio precedente, si astiene dal partecipare all’adozione delle decisioni ed alle attività relative all’esecuzione del contratto.

3. Il dipendente che stipula contratti a titolo privato con imprese con cui abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell’amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell’ufficio.

4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente competente in materia di affari generali e personale.

Art.13

Obblighi connessi alla valutazione dei risultati

1. Il dirigente ed il dipendente forniscono all’ufficio interno di controllo tutte le informazioni necessarie ad una piena valutazione dei risultati conseguiti dall’ufficio presso il quale prestano servizio. L’informazione è resa con particolare riguardo alle seguenti finalità: modalità di svolgimento dell’attività dell’ufficio; qualità dei servizi prestati; parità di trattamento tra le diverse categorie di cittadini e utenti; agevole accesso agli uffici, specie per gli utenti disabili; semplificazione e celerità delle procedure; osservanza dei termini prescritti per la conclusione delle procedure; sollecita risposta a reclami, istanze e segnalazioni.

Art.14

Abrogazione

1. Il decreto del Ministro della funzione pubblica 31 marzo 1994 è abrogato. Il presente decreto sarà comunicato alla Corte dei Conti per la registrazione e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 1.12.2000.