Concorso DSGA: svolgimento della prova scritta computerizzato o no?

da Tuttoscuola

Il bando di concorso per l’assunzione di 2.004 Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi sembra contenere un’altra omissione (o una svista?), oltre a quella della mancata richiesta del versamento di 10 euro quale contributo di partecipazione.

All’articolo 13 del bando, a proposito delle due prove scritte, non si fa menzione della loro modalità di svolgimento; manca, infatti, qualsiasi riferimento alla modalità computerizzata, come tutto lasciava intendere sulla base degli ultimi concorsi svolti (per docenti e dirigenti scolastici).

Mentre per la prova preselettiva (art. 12 del bando) si fa riferimento esplicito alla modalità computer-based, allo svolgimento computerizzato e alla postazione informatica, per le due prove scritte, invece, non vi è nessuna indicazione.

Eppure la modalità di svolgimento va precisata, come, ad esempio era stato previsto per il concorso DS che, a proposito della prova scritta, prevedeva esplicitamente all’articolo 8 del relativo bando: “Lo svolgimento della prova scritta è computerizzato; i candidati ammessi a sostenere la prova scritta hanno a disposizione una postazione informatica alla quale accedono tramite un codice di identificazione personale che sarà fornito il giorno della prova”.

Servirà un’altra precisazione?

Concorso DS: costituite 37 sottocommissioni. Insediamento collegiale presso il Miur e lavori valutativi nei territori regionali

da Tuttoscuola

Previsione confermata: le commissioni del concorso DS sono state costituite entro la fine dell’anno.

Lo ha disposto il decreto direttoriale prot. 2080 del 31 dicembre 2018 con il quale è stato comunicato che tra ammessi di diritto per regolare superamento della preselezione, ammessi a causa di disabilità oppure ammessi con riserva per ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, i candidati presenti alla prova scritta sono stati in tutto 9.376.

Conseguentemente sono state costituite in tutto 37 sottocommissioni.

Il decreto si conclude precisando che Fermo restando il carattere nazionale del corso-concorso, le sottocommissioni esaminatrici sono insediate, per ragioni organizzative, in più regioni.

In occasione della prima riunione, che si terrà a Roma presso la sede del Ministero dell’Istruzione,

dell’Università e della Ricerca, le sottocommissioni stesse decideranno e verbalizzeranno la provincia e la sede presso la quale svolgeranno i relativi lavori.

Non sono state previste sottocommissioni in sei regioni: Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Marche, Molise e Umbria a causa del ridotto numero di candidati, la cui valutazione sarà affidata a sottocommissioni di regioni limitrofe.

Insegnare? Mai più!

Insegnare? Mai più!

di Maurizio Tiriticco

Insegnare? Mai piu? Sembra un provocazione? Ma, in effetti, non lo è! O meglio, non dovrebbe esserlo!
Eppure, gli insegnanti esistono, e da sempre! Ed oggi, in quasi tutti i Paesi del mondo! Ed anche per norma! Oggi, quasi ovunque, il nuovo nato, dopo qualche anno, esce dall’istituzione casa/famiglia per accedere ad un’altra istituzione: la scuola! Un’aula, un banco o un similare, e un adulto che ha un ruolo sociale riconosciuto e consolidato; e che svolge una precisa funzione professionale: quella di insegnare! Ed è un mestiere – o una professione – vecchia quanto il cucco! Perché gli insegnanti esistono da sempre! Sono quelle persone che – stando all’etimologia della parola – sono tenute a segnare cose nella testa di soggetti in situazione di sviluppo/crescita e che nulla o poco sanno! In verità erano da sempre in-segnanti i vasai, che di professione segnavano sui loro prodotti – le testae, appunto – colori e forme per renderli più appetibili! E non c’è museo di cose antiche che non esponga “vasi di coccio”, o meglio anfore, preziosissime per forme, decorazioni, disegni, colori. Insomma gli in-segnanti erano artigiani, ma di alta professionalità. Ma in-segnanti erano anche coloro che segnavano informazioni sulla testa – che noi chiamiamo più dignitosamente capo – dell’alunno, cioè di colui che doveva essere “alimentato” non solo di pane, ma anche di ciò che fosse necessario per crescere e per accedere nel consesso sociale! Nonché per diventare adulto! Ed aver completato così il processo di “adolescere”, cioè di diventare da bambino uomo.
Quindi gli in-segnanti da sempre in-segnano! Ma che cosa segnano? Dati e informazioni, soprattutto, ma anche procedure, regole, tecniche, financo princìpi e teorie, che il soggetto deve ap-prendere, deve com-prendere, deve archiviare. Tutte cose che poi è tenuto ad utilizzare nel continuum dei suoi studi scolastici ed infine nel lavoro e nella vita! Così viene detto loro! E glielo dicono tutti! I genitori in primo luogo! Da sempre ed anche oggi: “Studia, sennò niente paghetta”!. “Studia, sennò che farai nella vita”?. Le cantilene di sempre che quasi tutti i nuovi nati nel mondo si devono sorbire almeno fino al termine dell’adolescenza! E da parte loro, gli insegnanti sono sempre pronti a minacciare votacci e bocciature! E i genitori sono sempre convinti che le cose che i figli devono studiare a scuola serviranno loro per il lavoro e per la vita!
Insomma, tutti appena nati dobbiamo crescere ed apprendere! Ed è per questo che gli insegnanti sono sempre esistiti! Chi ha insegnato ad Achille come diventare ciò che è diventato? Il centauro Chirone! E chi ha insegnato ad Alessandro a diventare Magno, tanto Grande da conquistare quasi tutto il mondo intero allora conosciuto? Aristotele! Sì, il grande filosofo che fece di tutto per rendere il suo alunno kalòs, bello, e agathòs, buono, capace! E chi ha insegnato ad Orazio a leggere, scrivere e far poesia? Un certo Orbilio, che Orazio in una satira definisce plagosus, per tutti i colpi di frusta – la plaga, appunto – che gli assestava! Insomma, chi non riconosce il valore che un maestro ha, comunque, per lo sviluppo/crescita di ciascuno di noi? Se anche Dante, quel genio che era, non esita a farsi accompagnare da Virgilio prima e da Beatrice poi – una maestra donna! – per apprendere tutte le bruttezze e le bellezze dell’altro mondo, ciò significa che, comunque, ciascuno di noi ha sempre bisogno di qualcuno che ci indichi la via e ci aiuti, appunto, a non deviare. E come non ricordare quel povero Emilio, esperimento pedagogico di cui forse avrebbe voluto fare a meno!
Insomma, comunque di un maestro tutti abbiamo bisogno, se vogliamo in primo luogo sopravvivere e poi apprendere a vivere nel contesto sociale in cui nasciamo e dobbiamo operare. E a questo punto torno alla provocazione del titolo: insegnare? Mai più! E qui chiamo in causa il ruolo sociale e la funzione professionale di chi è chiamato ad insegnare oggi! Perché insegnare mai più? E perché proprio oggi? Non davvero perché – come si osserva da tante parti – ormai sul web c’è tutto il sapere e il non sapere possibile, per cui, basta un click e… ti si aprono sconfinati orizzonti! Orizzonti che, proprio perché sconfinati, rischiano però di farti perdere, e proprio perché stai cercando! Ma in realtà è proprio il web che offre le possibilità infinite di trovare saperi tali che propongono ed impongono a chi insegna un imprescindibile atto di modestia, se possiamo chiamarlo così! Oggi è la funzione stessa di chi insegna che viene messa in discussione, non il ruolo. In realtà, quando non c’era il libro, il ruolo del magister era totalizzante: potremmo dire che egli stesso “era il sapere”! Il libro ha per certi versi ridotto il suo ruolo e spesso l’insegnante, da attore protagonista diventava un mediatore culturale!
Oggi la presenza e l’invadenza del web ha ulteriormente ridotto il ruolo di chi insegna! Ma per altri versi lo ha modificato. In effetti, ne sta esaltando un altro, che richiede una nuova e maggiore responsabilità, quella della mediazione tecnologico/informatica: non so se l’espressione è corretta. Comunque gli affida la responsabilità di essere anche e forse in primo luogo un facilitatore dell’accesso alle informazioni. Di qui la provocazione del titolo di questo “pezzo”. L’insegnante che non è più in primo luogo il depositario del sapere, ma un sapiente ricercatore e selezionatore di fonti e di informazioni. Altro che la lezione cattedratica di un tempo! Morta per consunzione! Almeno così dovrebbe essere!
Ne consegue un discorso che riguarda anche i libri di testo. Si tratta di volumi che, anno dopo anno, diventano sempre più pesanti e più costosi, nei quali è difficile anche per un insegnante secernere il grano delle informazioni necessarie e indispensabili dal loglio delle illustrazioni, delle letture, delle note, delle esercitazioni a volte cervellotiche e di altra paccottiglia. Insomma, oggi ci troviamo di fronte a un insegnante che deve cedere lo scettro di un ruolo millenario e deve accedere, invece, a funzioni molto diverse, più complesse ed anche di maggiore responsabilità. Insomma, oggi ci troviamo di fronte ad un professionista che non è più tanto il depositario di un sapere che è tenuto ad erogare e ad amministrare, quanto un ricercatore attento di fonti e di informazioni, che deve anche selezionare in un mare, peraltro, in cui gli squali delle fake news sono ben più numerosi delle perle del sapere!
Insomma, credo che oggi ci troviamo di fronte a un ruolo docente che deve assolutamente cambiare: e ad un profilo professionale da riscrivere pressoché totalmente! Ciò riguarda il contesto sociale nel suo insieme. Ma sono anche adempimenti di cui l’amministrazione scolastica soprattutto deve assolutamente tenere il debito conto. La mia è una provocazione? Non so! Comunque, se mi sbaglio mi corriggerete, come ebbe a dire ai Romani Papa Voityla all’atto della sua elezione a pontefice.

Pace e altre cose

Pace e altre cose (per una lettura ragionata di inizio anno)

di Mariacristina Grazioli

Nella cinquantaduesima Giornata mondiale della Pace occorre mobilitarsi con buoni propositi, non solo perché siamo all’inizio di un nuovo anno, ma perché gli operatori della scuola – mai davvero capaci di arrendersi – sono attenti costruttori di mondi possibili e lavorano incessantemente per dare un sincero contributo al fine di tracciare un futuro “di senso” per le nuove generazioni. Impossibile quindi aggiungere cose più significative a quelle che Papa Francesco ha voluto rimarcare, e che anche il Presidente Mattarella ha delineato nel discorso di chiusura del 2018 con chiare e sobrie sottolineature; ma impossibile anche rimanere inerti quando c’è così tanto da fare! Sarebbe dunque un bene risfogliare bei libri (tratti dalle nostre gutemberghiane librerie) che ancora regalano visioni attente e che ci spingono a riflettere su come ripartire per un ottimo anno di Pace.
Perché non riprendere in mano il sempre attuale Howard Gardner? Nel suo libro fondativo traccia percorsi indiscutibili per la valorizzazione della persona che apprende in un contesto complesso, dove l’insegnante è “capace di aprire numerose finestre sullo stesso concetto”. Nelle scuole “dovrebbe essere evidente che l’uso di molteplici punti di accesso può rivelarsi uno strumento potente e prezioso nell’affrontare concezioni errate, pregiudizi e stereotipi (…). L’adozione di molteplici prospettive nello studio di un fenomeno incoraggia lo studente a comprenderlo accostandosi a esso in modi diversi e a sviluppare numerose rappresentazioni cercando poi di collegarle”. Creare occasioni per sperimentare contesti di Pace potrebbe essere l’obiettivo della scuola nel 2019. “Raramente il destino degli individui è determinato da ciò che essi non sono in grado di fare. E’ molto più probabile che la loro vita sia forgiata invece dalle capacità che essi hanno sviluppato, le quali a loro volta sono determinate in misura significativa dal profilo di intelligenze con cui l’individuo è venuto al mondo e/o che ha coltivato fon da bambino”.
Ma la Pace non è forse questo? Costruire occasioni dove le persone liberano le loro potenzialità, abbattere stereotipi, svincolarsi dai pregiudizi? La Pace non è forse costruire Futuri possibili? Una specie di scommessa, vista la contemporaneità in cui siamo immersi. Ci viene allora in aiuto la vivace penna di Marc Augé quando analizza lucidamente la sintesi tra il futuro individuale e il futuro collettivo e le nuove paure. La scommessa sta nel leggere con attenzione il Senso, la Fede, la Scienza, senza accontentarci dei pensieri unici dominanti. L’educazione diviene una scommessa vincente quando entra nel regno dell’Utopia; “passo dopo passo, ma senza mai perdere di vista la finalità alla quale essa (l’educazione) vorrebbe rispondere. In questo settore, è importante non accontentarsi delle chiacchiere. Le affermazioni e le statistiche (per esempio quelle che riguardano il tasso di scolarizzazione) non sono sufficienti; possono persino servire da alibi alle inerzie dei colpevoli. Certo è importante che i ragazzi siano scolarizzati, ma è altrettanto importante che non vengano insegnate loro delle sciocchezze. Tenerli in classe senza preparali a nulla, o imprigionarli per indottrinarli, non deve essere confuso con l’ideale dell’educazione (…). D’ora in poi, l’utopia dell’educazione è l’unica speranza di riorientare la storia dell’uomo nella direzione dei fini”. E ancora “gli orrori del mondo non hanno diminuito la loro intensità, ma oggi non usciamo da una prova così fondamentale, identificabile e simbolica come quella della seconda guerra mondiale. Fino a prova contraria, le crisi economiche suscitano più inquietudini, più depressioni o violenze incontrollate che non reazioni intellettuali. Ecco perché l’utopia dell’educazione è utopica: non si accorda sufficientemente al momento storico per imporsi da sé”.
Insomma costruire percorsi di educazione utopica alla Pace è affare complicato; ma siamo all’inizio di un nuovo anno e non ci possiamo scoraggiare. Un altro aiuto potrebbe essere la lettura di Michael Walzerche scrive senza indugio su un vecchio e mai desueto concetto: la tolleranza. “La coesistenza pacifica (ovviamente a certe condizioni: qui non si parla di coesistenza tra padroni e schiavi) è sempre un bene. Non già perché in pratica le persone la apprezzano sempre – spesso, anzi, è vero il contrario. Che si tratti di un bene, lo dimostra il fatto che la gente è fortemente portata a dire di apprezzarla: le persone non riescono a giustificarsi né ai propri occhi né agli occhi dei propri simili, se non a condizioni di sottoscrivere il valore della coesistenza pacifica, nonché della vita e della libertà che tale valore serve”. Indagare criticamente l’atteggiamento di tolleranza comporta un’attitudine alla lucidità di pensiero e al superamento dei dogmatismi, utilizzando anche una sana spregiudicatezza; si tratta di studiare “casi complicati” e di approfondire “questioni pratiche” di tutto rispetto (il Potere, la Classe, il Genere, la Religione, al Religione civile). L’istruzione, secondo il nostro autore, comporta una tensione naturale tra il valore universale di pacifica convivenza che si costruisce all’interno delle aule e l’interferenza che si disegna all’interno delle aree sociali di appartenenza. “Dobbiamo tollerare gli intolleranti?”. Il passaggio da un progetto moderno a un progetto post moderno rende concreto un dualismo ed “esige che la differenza venga fatta oggetto di una doppia conciliazione: prima nelle singole versioni individuali e collettive e poi nelle versioni pluralistiche, diffuse, e divise (…) così, almeno per ora, la differenza deve essere tollerata due volte – a livello personale e a livello politico – con una miscela variabile (nel senso che non deve essere necessariamente per entrambi i casi) di rassegnazione, indifferenza, stoicismo, curiosità ed entusiasmo”.
Da rileggere assolutamente per ridisegnare le nostre tensioni post moderne è l’immutabile Kant; il suo ottimismo contagioso potrebbe esserci di gran giovamento nei momenti dove la sfida dell’educazione utopica alla Pace si fa più dura. Per La pace perpetua è un inno al fare nonostante tutto, superando le malvagie “reservatio mentalis” (antiche pretese da farse valere in seguito…) che per il filosofo facevano cadere in inganno e tramutavano in Pace ciò che era solo mero armistizio, semplice sospensione di ostilità. Le massime kantiane vanno rilette in senso metaforico. “Se è un dovere e nel contempo una fondata speranza realizzare uno stato di diritto pubblico anche solo mediante un’approssimazione procedente all’infinito, allora la pace perpetua, destinata a succedere a quelli che fino ad ora sono stati falsamente chiamati trattati di pace (propriamente armistizi, non una vuota idea, bensì un compito che, se svolto per gradi, si avvicina costantemente al proprio scopo poiché i periodi di tempo nei quali si compiranno simili progressi diventeranno sperabilmente sempre più brevi)”.

La professionalità docente

LA PROFESSIONALITA’ DOCENTE
(l’insegnante “collettivo”: CCNL art. 25 26 27)
in funzione di un concreto e produttivo
COMPORTAMENTO INSEGNANTE

di Maurizio Tiriticco

Le competenze di cui deve disporre un insegnante e che sono necessarie per svolgere un’attività di educazione, istruzione e formazione finalizzata a far conseguire all’alunno il successo formativo sono molteplici e complesse. Sono evidenziate nel grafico che segue.

1.     La dimensionesociopolitica sta a significare che la consapevolezza del ruolo èprioritaria rispetto ad altre competenze. Né la competenza disciplinare eneppure la migliore competenza metodologica sono sufficienti a sostanziare ecaratterizzare la professionalità docente. Concorrono ad acquisire laconsapevolezza del ruolosia direttiapprocci disciplinari specifici (politologia, sociologia, ecc.) – a prescindere,ovviamente, da una specializzazione in tal senso, che spetta ad altriprofessionisti –sia, e in maggiormisura, la pratica diretta nel sociale (ad esempio, associazionismo, sindacato,volontariato, ente locale, ecc.). Avere la percezione – se si può dir così –del mondo contemporaneo, delle sue valenze e delle sue difficoltà, èfondamentale sia per comprendere il mondo dei giovani che per orientarli.

2. La dimensione pedagogico-didatticaimplica la padronanza nelle metodologie dell’insegnamento/apprendimento,assolutamente necessarie nel momento in cui i processi formativi interessanostrati sempre più larghi di giovani, che propongono esigenze e aspettative estremamentearticolate e diverse. E’ ormai noto come spetti alle singole scuole, o meglioalle istituzioni EDUCATIVE, ISTRUTTIVE e FORMATIVE farsi carico di tutte quelledebolezze e quegli insuccessi che nel passato erano imputati soltanto aglistudenti. E’ una responsabilità di alto profilo, ma necessaria  se si vuole garantire loro il SUCCESSOFORMATIVO (come prescritto dal dpr 275/1999, art. 1, c. 2).

3.      La dimensione disciplinare è quella accertata dai titoli distudio e dal superamento delle prove concorsuali. Stante la dinamica sempre piùveloce delle conoscenze, dei saperi e delle competenze sia nel mondo dellaricerca che in quello delle attività produttive, vanno sottolineate con forzala conoscenza e la pratica delle azioni didattiche condotte in chiavemultidisciplinare

Dlgs 297/1994 – Art. 448 – Valutazione del servizio del personale docente

1. Il personaledocente può chiedere la valutazione del servizio prestato per un periodo nonsuperiore all’ultimo triennio.

2. Alla valutazionedel servizio provvede il comitato per la valutazione del servizio di cuiall’articolo 11, sulla base di apposita relazione del direttore didattico o delpreside che, nel caso in cui il docente abbia prestato servizio in altrascuola, acquisisce gli opportuni elementi di informazione.

3. La valutazione èmotivata tenendo conto delle qualità intellettuali, della preparazioneculturale e professionale, anche con riferimento a eventuali pubblicazioni,della diligenza, del comportamento nella scuola, dell’efficacia dell’azioneeducativa e didattica, delle eventuali sanzioni disciplinari, dell’attività diaggiornamento, della partecipazione ad attività di sperimentazione, dellacollaborazione con altri docenti e con gli organi della scuola, dei rapporticon le famiglie degli alunni, nonché di attività speciali nell’ambitoscolastico e di ogni altro elemento che valga a delineare le caratteristiche ele attitudini personali, in relazione alla funzione docente. Essa non si concludecon giudizio complessivo, né analitico, né sintetico e non è traducibile inpunteggio.

4. Avverso lavalutazione del servizio è ammesso ricorso al provveditore agli studi che,sentita la competente sezione per settore scolastico del consiglio scolasticoprovinciale, decide in via definitiva.

Fasi dellaprogettazione educativa e didattica

  • analisi dei livelli di partenza di ogni alunno: le conoscenze, le abilità e le competenze di cui un soggetto dispone e o dei prerequisiti di ogni alunno: le conoscenze, le abilità e le competenze attese dagli insegnanti
  • definizione degli obiettivi e dei relativi indicatori e descrittori in termini di conoscenze, capacità/abilità, competenze da selezionare/costruire nel contesto/scenario delle Indicazioni nazionali o delle Linee guida
  • definizione dei contenuti mono e pluridisciplinaried eventuale articolazione per moduli e unità di apprendimento
  • definizione dei metodi (da privilegiare la didattica laboratoriale)
  • definizione dei mezzi
  • definizione dei tempi
  • definizione dei criteri di verifica, misurazione, valutazione, certificazione finale  quando prevista