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MATURITA’, DI MEGLIO: APRIRE DIBATTITO SU VALORE LEGALE TITOLO DI STUDIO

MATURITA’, DI MEGLIO: APRIRE DIBATTITO SU VALORE LEGALE TITOLO DI STUDIO

“Sull’esame di Maturità si sta ripetendo il solito copione che va in scena in Italia: si fugge dal nodo centrale del problema. La questione principale non ruota intorno ai commissari interni o esterni, ma al valore legale del titolo di studio. Istituire commissioni composte soltanto da docenti interni non sarebbe una novità, visto che l’esperimento fu tentato già dall’ex ministro Moratti e si rivelò un flop. Se si vuole davvero cambiare l’esame di Maturità, occorre aprire un dibattito culturale serio che coinvolga anche il tema dell’autonomia scolastica”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, interviene in merito alle dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.

“In Italia il diploma di Maturità ha valore legale – spiega Di Meglio – perchè a stabilirlo fu il 90% dell’Assemblea Costituente e i commissari esterni servono per garantire uniformità su tutto il territorio nazionale. Modificare questo sistema è una scelta politica che va dibattuta in Parlamento e non deve essere un’operazione dettata da motivi economici. Non è abolendo i commissari esterni – conclude Di Meglio – che il ministero dell’Istruzione può attuare i risparmi richiesti dalla spending review”.

SCIOPERO MERCOLEDI’ 17 SETTEMBRE 2014

L’UNICOBAS CONFERMA:

NO al PIANO Renzi/Giannini. SCIOPERO dell’INTERA GIORNATA per MERCOLEDI’ 17 SETTEMBRE 2014 PRIMO GIORNO NEL QUALE SARANNO APERTE TUTTE LE SCUOLE DEL PAESE, CON MANIFESTAZIONE NAZIONALE, ROMA, h. 9.00, dal Ministero dell’Istruzione di Viale Trastevere

 

Irricevibile il pacco-scuola Renzi-Giannini. Come per le ‘scuole’ private: via titolarità ed organi collegiali; ‘valutati’ dai dirigenti; scatti eliminati !!!

Il piano Renzi prevede la scomparsa della titolarità giuridica di istituto, perché crea il ‘limbo’ di una ‘rete’ di scuole alla quale assegnare i docenti, come ‘tappabuchi’. Gli insegnanti italiani sarebbero così in balia dei giudizi dell’onnipotente Dirigente Scolastico e del suo “Mentor” (sic!), che deciderebbero se ‘pescarli’ o meno da quel limbo. Questo è un meccanismo uguale all’assunzione diretta e discrezionale in uso nelle scuole private. Vivrebbero la loro vita professionale alla ricerca di “crediti” (ossia di prove di ‘fedeltà’, supplenze ed ore di aggiornamento prevalentemente burocratico), da collezionare nel loro ‘portfolio’ individuale a punti, preoccupati degli esiti dei vergognosi quiz Invalsi copiati dalla scuola USA (che però li ha abbandonati da 20 anni perché responsabili del livellamento in basso delle competenze degli studenti, che s’erano ridotti a studiare solo per rispondere a domande stereotipate senza più comprendere l’essenza delle materie). Non avrebbero più scatti garantiti in base all’anzianità, bensì (e solo i due terzi) elemosine di € 60 ogni 3 anni (ma …solo se saranno stati “bravi”). Privati d’ogni genere entrerebbero nei Consigli d’Istituto  (come fossero Consigli di Amministrazione), e il “Consiglio dei Docenti” (non più Collegio!), divenuto consultivo, discuterebbe solo di ‘programmazioni’. Parlano di ‘nuovo’, ma è ciò che prevedeva il disegno di legge Aprea! Renzi sostiene di abolire così la ‘supplentite’, ma anche questo è falso: per farlo dovrebbe creare UN VERO ORGANICO FUNZIONALE, prevedendo una percentuale maggiorativa del 10% rispetto al totale degli organici, da assegnare ad ogni istituto per le sostituzioni e per l’arricchimento dell’offerta formativa. INVECE RENZI PREVEDE LA MERA COPERTURA DEL TURN-OVER e dei buchi d’organico creati negli ultimi vent’anni. In realtà ‘precari’ diventeranno tutti gli insegnanti, con un aumento delle ore di docenza ‘gratis et amore dei’ per coprire le supplenze e dimostrare alla Corte di Strasburgo (condanna dell’Italia ad una multa di circa 4 MLD di euro per non aver stabilizzato i precari utilizzati per più di 36 mesi) che le assunzioni da farsi sarebbero meno del dovuto: questa è la vera preoccupazione di Renzi, che altrimenti non avrebbe pensato neppure lontanamente ad una campagna di assunzioni.

Inoltre bisogna tener conto che, eccezion fatta per i 28 mila precari assunti quest’anno, la cui regolarizzazione è stata autorizzata dal Consiglio dei Ministri, gli altri indicati da Renzi resterebbero appesi anni ad una mera promessa senza coperture economiche, mentre è certa la sparizione di tutti quelli (altri 150.000) che non sono nelle graduatorie ad esaurimento. Intanto, come nel 2008, ai tempi della ‘riforma’ Gelmini, la CGIL e gli altri sindacati pronta-firma esortano ad ‘aspettare’ (finché non avranno aumentato l’orario, per contratto, col ‘recupero’ di Natale, Pasqua e delle altre ‘ferie sottese’, accettando la renziana ‘banca delle ore’).

 

Il segretario regionale Claudio Galatolo

Proclamato lo stato di agitazione e la mobilitazione della categoria dei DS

Proclamato lo stato di agitazione e la mobilitazione della categoria dei DS contro l’esclusione dal ruolo unico della dirigenza dello Stato

Il Consiglio Nazionale dell’associazione sindacale Dirigentiscuola-Confedir riunitosi il 7 settembre 2014 in Roma presso i locali della Confedir di Via Prospero Alpino ha proclamato lo stato di agitazione della categoria chiamandola alla MOBILITAZIONE generale per ottenere che il governo Renzi-Madia modifichi in Senato il testo del DDL 1557 di riforma della Dirigenza dello Stato che all’ art.10  prevede il comma di    “ esclusione dai suddetti ruoli unici della dirigenza scolastica “.

LA DIRIGENZA SCOLASTICA NEL RUOLO UNICO!:
PROCLAMAZIONE STATO DI AGITAZIONE CATEGORIA
IL CONSIGLIO NAZIONALE DI DIRIGENTISCUOLA-CONFEDIR
PREMESSO
 che, dopo due mesi dal conio di accattivanti slogan e dalla proiezione di variopinte slide, seguite prima da un testo apocrifo e poi da uno semi-ufficiale, finalmente è pervenuta alla Presidenza del Senato la stesura definitiva del disegno di legge delega n. 1577, a firma del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro della Pubblica Amministrazione e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, corredato di relazione illustrativa, relazione tecnica, analisi tecnico-normativa e analisi di impatto della regolamentazione;
 che il predetto disegno di legge riguarda la Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, il cui artico 10 è dedicato alla riforma della dirigenza pubblica;
 che, contrariamente ai propositi iniziali del Governo, viene statuito che, quella esercitata nelle istituzioni scolastiche, non è una dirigenza gestionale, siccome preposta alla conduzione di strutture organizzative dotate di intrinseca complessità, tramite l’ottimizzazione di risorse umane, strumentali e finanziarie (e correlate, esclusive, responsabilità giuridicamente esigibili), per la realizzazione dello scopo predefinito dal committente politico;
 che:
1. il D.L.vo n. 165/2001, artt. 5, 17, 25 e 29 e s.m.i.,
2. il D.P.R. n. 275/99,
3. il D.I. n. 44/01,
4. le puntuali e argomentate pronunce sia della Magistratura contabile (Corte dei conti per la regione Sicilia del 4 marzo 2014,
5. la Corte dei conti nazionale-SS.UU. di controllo, adunanze del 7 aprile 2006 e del 14 luglio 2010),
6. il Consiglio di Stato (Comm. Spec. P.I., n. 529 del 16 ottobre 2003),
7. ancor prima, il mero riscontro fattuale percepibile – beninteso, se correttamente informato – dall’uomo comune,
affermano esattamente il contrario, ossia che la dirigenza scolastica è una dirigenza gestionale tanto quanto le altre dirigenze pubbliche, se non più di esse;
 che, a suggello della schizofrenia imperante in questo nostro singolare Paese, quando previsto nel citato art. 10, contrasta con le testuali affermazioni contenute nel successivo, ambizioso, programma “La buona scuola”, lanciato dal Presidente del Consiglio dei ministri, che di qui a quattro mesi dovrebbe tradursi in un decreto legge, a tenore delle quali “anche i presidi (sic!) sono prima di tutto dirigenti… pienamente responsabili della gestione generale e della realizzazione del progetto di miglioramento definito sulla base della valutazione”. E nei cui riguardi, “mantenendo e rinforzando le indiscutibili competenze gestionali necessarie per promuovere l’efficienza di una organizzazione complessa”, andranno parimenti “rinforzate le competenze professionali e ridefiniti i poteri connessi alla promozione della didattica e della qualificazione dell’offerta formativa”. Sicché anch’essi andranno “reclutati tramite corso-concorso affidato alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, la stessa istituzione che seleziona e forma tutti i dirigenti dello Stato”;
 che la dirigenza scolastica non è neanche una dirigenza professionale, propria di chi esplica peculiari e circoscritte prestazioni tecniche, in via esclusiva o prevalente, come nel caso dei dirigenti medici del SSN o dei dirigenti tecnici del MIUR, ex ispettori scolastici (il cui possesso della qualifica dirigenziale rileva, a rigore, fondamentalmente e solo quo ad pecuniam);
 che, di conseguenza, la dirigenza scolastica, restando una sorta di ircocervo, non è compresa nel nuovo ruolo unico, neanche in un’apposita sezione speciale del medesimo;
 che, dunque, la dirigenza scolastica sarebbe una dirigenza sospesa, per la quale non valgono:
1. l’abolizione delle distinzioni tra prima e seconda fascia,
2. la conseguente mobilità sia in verticale (c.d. carriera) che in orizzontale, cioè nei diversi settori delle amministrazioni statali e, latamente, pubbliche,
3. la consustanziale omogeneizzazione-perequazione delle retribuzioni nell’ambito del ruolo unico, in esito alla riparametrazione di tutte le voci retributive;
 che, per converso, non sarà incisa da un’ordinaria valutazione dei risultati e delle prestazioni organizzative: né in positivo, a fini premiali, né in negativo, comportante extrema ratio il licenziamento;
 che, questo “apparente” trattamento di riguardo, è, in realtà, l’ennesima replica di una collaudata – e mai contrastata! – strategia per non attribuire la (una non risibile e offensiva) retribuzione di risultato;
 che, questo “apparente” trattamento di riguardo, serve solo a sanzionare che – quella scolastica – è una dirigenza farlocca, destinata a permanere imbutata nella riserva indiana per contemplarvi la propria sublime, e deteriore, specificità; contrassegnata da carichi di lavoro, e correlate responsabilità, incomparabilmente più gravosi rispetto alla restante dirigenza pubblica di – attualmente – pari seconda fascia;
 che, per conseguenza, il Governo, vorrebbe, con assurde e inesistenti “specificità” continuare a corrispondere una retribuzione pari alla metà di quella corrisposta agli altri dirigenti di pari fascia: in media 55 mila euro lordi annui per chi è specifico, a fronte di 110 mila, sempre lordi, per chi è generico!;
CONSIDERATO
che, per l’ennesima volta, vengono allegate esigenze di contenimento della spesa pubblica (nella relazione tecnica sull’articolo 10 si rimarca che “La disposizione, di natura ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”) a giustificazione di una misura iniqua, ingiusta e penalizzante per una categoria che, da 14 anni, è sistematicamente frustrata nel suo buon diritto alla perequazione, normativa ed economica, con le altre dirigenze pubbliche ed avendone sia i requisiti che le prerogative di status;
PROCLAMA
lo stato di agitazione della categoria chiamandola alla mobilitazione generale, sia sul versante politico-istituzionale che sul versante giudiziario, perché sia espunto, nell’iter parlamentare, il sintagma “Esclusione dai suddetti ruoli unici della dirigenza scolastica” e, se necessario, onde evitare equivoche interpretazioni, inserire nel corpo dell’articolo 10 il seguente emendamento:
“Sono inclusi nel ruolo unico dei dirigenti dello Stato i dirigenti delle istituzioni scolastiche e educative, il cui rapporto di lavoro è parimenti regolato da un unico contratto, che terrà conto degli esigiti peculiari elementi di professionalità che ne connotano la complessa funzione, senza pregiudizio della loro piena mobilità esterna in uscita, sia in orizzontale che in verticale, e della connessa applicabilità dei generali istituti di conferimento o mancato conferimento degli incarichi, dell’effettiva adozione e dell’effettivo utilizzo dei sistemi di valutazione, nonché della già prescritta applicabilità del sistema di reclutamento e di formazione affidato alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, ex art. 17, comma 2 del d.l. 12 settembre 2013, n. 104, convertito con modificazioni dalla l. 8 novembre 2013, n. 128″.
I Dirigenti scolastici, e lo attesta la norma, hanno carichi di lavoro, responsabilità e incombenze che non hanno paragoni con gli altri dirigenti pubblici; peraltro dirigono istituzioni che “producono” uomini e cittadini oltre che un capitale invisibile: LA CULTURA il cui prezzo non ha paragone con il prodotto delle altre dirigenze pubbliche.
INVITA
le OO.SS. e le Confederazioni, incomprensibilmente e inspiegabilmente silenti:
1. a sostenere questa giusta rivendicazione, evitando chiusure corporative ed immotivate in una battaglia che dovrebbe essere di tutto il Pubblico Impiego;
2. a non ostacolare, per interessi di parte, di tutele e vantaggi pregressi, di meri calcoli finalizzati alla rappresentatività, la legittima rivendicazione della categoria.
DA’ MANDATO
al proprio Segretario Generale di inviare il presente documento, approvato all’unanimità, a tutti i rappresentanti delle Istituzioni, e di farsi portavoce presso la competenti commissioni parlamentari, delle istanze della categoria.

LA SCUOLA INUTILE

LA SCUOLA INUTILE

 

I dati CENSIS confermano ciò che si sapeva già

 

 

1) LA REPUBBLICA (DELLE BANANE)

Come noto la “crisi” (termine spersonalizzante, ottimo come elemento di deresponsabilizzazione) ha natura multi-fattoriale (riconosce molte e differenti cause) e multi-dimensionale (si manifesta in più ambiti e direzioni). Fra le tante cause, una mi sembra prevalente rispetto alle altre: la grande iniquità socio-economica che si è venuta sviluppando (non solo) in Italia negli ultimi decenni. I dati della Banca d’Italia sono da repubblica delle banane: il 10% delle famiglie detiene il 50% della ricchezza prodotta dagli Italiani. Di fatto gli Italiani sono costretti a campare con poco più della metà di quanto producono, perché l’altra metà viene prelevata da un ristrettissimo ma vorace gruppo sociale. E questo fa il paio con due altri fattori causali della crisi:

  1. a) l’altrettanto iniquo sistema fiscale: l’80% dell’intero gettito IRPEF italiano proviene da salari e pensioni; il 20% da imprese, industria, commercio, professioni etc;
  2. b) la progressiva diminuzione del potere d’acquisto di salari e stipendi (quelli italiani sono tra i più bassi d’Europa).

 

 

2) LE CONSEGUENZE

Le conseguenze più rilevante di questa profonda iniquità socio-economica sono principalmente tre.

 

  1. A) IL CROLLO DEI CONSUMI

La progressiva iniqua redistribuzione della ricchezza ha determinato l’espulsione di decine di milioni di famiglie dai consumi, con la conseguente crisi delle vendite, fallimenti, licenziamenti, recessione e persino deflazione.

Esattamente l’opposto di quanto è avvenuto nell’area BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) dove, per la prima volta dopo secoli di fame, centinaia di milioni di persone hanno avuto accesso ai consumi, cosa che ha fatto letteralmente schizzare verso l’alto il PIL di quelle nazioni. E anche l’opposto di quanto è avvenuto da noi nel dopo-guerra quando, grazie anche al “piano Marshall”, decine di milioni di Italiani hanno potuto disporre di reddito per i propri consumi.

Naturalmente, quando si parla di consumi, è opportuno auspicare “consumi consapevoli”, ossia economicamente, socialmente ed ecologicamente sostenibili, come esercizio democratico di cittadinanza (confronta a questo proposito le posizioni del filosofo Gilles Lipovetsky).

 

  1. B) ESPULSIONE DALLA GENITORIALITA’

La perdita di reddito ha determinato, per tantissimi giovani, l’impossibilità materiale di “metter su famiglia”.

 

  1. C) BLOCCO DELL’ASCENSORE SOCIALE

Il mito della società capitalista era che se vali e ti impegni, indipendentemente dalle tue condizioni iniziali, puoi raggiungere i più alti traguardi sociali. Invece l’ascensore sociale si è bloccato: potrai arrivare in alto solo se hai la fortuna di nascere in una famiglia già benestante, che troverà il modo di aprirti le porte giuste e farti trovare le strade spianate. Se però hai la sfortuna di nascere dalla parte sbagliata della società non hai scampo: potrai studiare, laurearti col massimo dei voti, magari prendere più lauree, ma non ti rimane altra strada che andartene: i posti migliori sono già presi (magari da perfetti cretini). E infatti moltissimi giovani di talento se ne vanno; da qui l’equazione del cretino: spendiamo centinaia di migliaia di euro per formare un giovane di talento….. poi lo mandiamo all’estero.

3) QUI ENTRA IN GIOCO LA SCUOLA

In questo scenario la scuola ha giocato un ruolo di grande regolatore sociale democratico: ha permesso a decine di milioni di persone di acquisire gli strumenti cognitivi e culturali per crescere e costruire un futuro migliore per se e per gli altri. Ma il blocco dell’ascensore sociale ha sterilizzato questa funzione democratica della scuola, che viene sempre più percepita come “inutile”.

Per approfondimenti vi suggerisco di leggere l’interessante nota dell’ASASI (Associazione delle Scuole Autonome della Sicilia) che riporto.

 

Il presidente provinciale

Giuseppe Guastini

 

 

 

 

“La scuola è percepita non solo come incapace di attivare un ascensore sociale, ma addirittura come inutile”, solo il 16,4% di chi ha studiato ha fatto un salto di qualità rispetto alla condizione della sua famiglia, mentre il 29,5% è addirittura sceso al di sotto di quel livello. Ciò che il Censis ha spiegato è che la scuola è percepita non solo come incapace di attivare un ascensore sociale, ma addirittura come inutile.

I ragazzi bastonati dalla crisi e frustrati nelle loro aspettative – fa notare il Censis – non credono più alla scuola, e al sapere in generale, come investimento, quindi si iscrivono sempre meno e abbandonano sempre di più. Il 27,7% dei ragazzi all’interno di un percorso scolastico abbandona prima di concludere gli studi, una percentuale alta (quasi 10 punti in più della media Ue) e in crescita negli ultimi 5 anni. Il Censis calcola che siano stati 164 mila i ragazzi che hanno lasciato la scuola nell’ultimo anno e ben 2,8 milioni negli ultimi 15 anni: una massa di disillusi, di non-qualificati, di drop-out sociali che però hanno meno di 30 anni e costituiscono un problema sociale e una immensa perdita di risorse umane per la collettività.

La crisi della scuola innesca un deficit di uguaglianza e di pari opportunità: ad abbandonare gli studi, sono i ragazzi provenienti da famiglie con baso titolo di studio. Su 100 abbandoni, 28 riguardano ragazzi che hanno genitori con la terza media, e solo meno di 3 ragazzi con genitori laureati.

Si tratta di un fenomeno preoccupante, i lavori non qualificati sono aumentati negli anni della crisi, dal 2009 a oggi, essendo cresciuti del 16,8%. Per contro, quelli che richiedevano una qualificazione media (per esempio il diploma) sono scesi del 3,9% e quelli per soli laureati del 9,9%. Un diplomato su tre che abbia un’occupazione, fa un lavoro dequalificato rispetto al suo titolo di studio e la percentuale sale a quasi il 37 per i laureati.

La sottoccupazione riguarda quasi la metà (43,7%) dei laureati in «discipline deboli» (lettere, sociologia, scienze politiche e simili), ma supera questa soglia (57,3% ) per le lauree spendibili come economia e statistica e addirittura il 33% ingegneria.

Visto l’andazzo, non meraviglia che all’università ci si iscriva sempre di meno. L’andamento delle immatricolazioni mostra un calo negli ultimi anni. Rispetto all’anno precedente, nell’anno accademico 2011/2012 si sono registrate circa 9.400 immatricolazioni in meno (-3,3%). Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/2010 al 47,3% del 2011/2012. Anche tra chi si iscrive all’università emergono presto segni di stanchezza e disaffezione. Nel 2011/2012 ha abbandonato gli studi tra il primo e il secondo anno il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. La quota di immatricolati che arrivano a conseguire il titolo triennale è ancora molto bassa, intorno al 55%, mentre nei Paesi dell’Ocse si arriva in media al 70%».  Chi può manda i figli a studiare nelle scuole straniere o direttamente all’estero: tra il 2007 e il 2011 il numero di studenti italiani iscritti in università straniere è aumentato del 51,2%, passando da 41.394 a 62.580

 

 

Roberto Tripodi

 

 

Blocco delle retribuzioni e del Fondo Unico Nazionale dei dirigenti scolastici

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Dr. Matteo Renzi
Al Ministro dell’istruzione università e ricerca
On. Stefania Giannini
Al Ministro dell’economia e finanze
Prof. Pier Carlo Padoan
Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione
On. Marianna Madia

Oggetto: Blocco delle retribuzioni e del Fondo Unico Nazionale dei dirigenti scolastici.

Questa Organizzazione, quale maggioritaria rappresentate dei dirigenti delle
istituzioni scolastiche, deve ancora una volta richiamare l’attenzione delle SS.LL. sulla
grave situazione di inadempienza nei confronti delle retribuzioni dei dirigenti degli istituti
scolastici.
Questi ultimi, infatti, oltre a percepire le più basse retribuzioni nell’intero
panorama della dirigenza pubblica, si sono visti negli ultimi due anni defraudati di parte
dei compensi spettanti. È accaduto che nel luglio del 2013, a tre anni dal blocco delle
retribuzioni stabilito dal D.L. 78 del 2010, l’Ufficio Centrale del Bilancio, dopo aver
registrato quattro contratti regionali, ha ritenuto di dare una nuova interpretazione
dell’art. 9 comma 2-bis del D.L.78. Una tale “innovativa” ancorché incomprensibile
lettura, in contrasto con quella del Miur e successiva al decreto di attribuzione del Fondo
firmato dallo stesso Ministero, esorbita dalla previsione normativa ed espropria i dirigenti
di fondi derivanti da accantonamenti nella disponibilità della stessa categoria e per di più
non gravanti sulle casse dello Stato.
Questa situazione è intervenuta gravemente su tre diversi profili relativi alla
retribuzione dei dirigenti: ha impoverito il Fondo Unico Nazionale, ha comportato la
mancata registrazione degli ultimi due contratti regionali ed ha determinato la non
corresponsione, da due anni, di alcune significative voci retributive nella maggior parte
delle regioni italiane.
Infatti, l’interpretazione data dall’U.C.B nel luglio 2013 ha impoverito di circa 16
milioni il Fun – il Fondo destinato a retribuire le attività aggiuntive della categoria – già
depauperato dagli interventi normativi di revisione della spesa. Il mancato visto
dell’U.C.B. ha comportato, inoltre, che i Contratti collettivi, già firmati dagli Uffici
Scolastici Regionali e dalle Organizzazioni sindacali, non fossero registrati e che ad oggi
non si sia ancora aperto il tavolo per il contratto dell’anno scolastico appena iniziato.
Ma oltre il danno la beffa: la mancata registrazione dei contratti è stata
liberamente e fantasiosamente interpretata dalle Ragionerie territoriali e dagli Uffici
scolastici regionali con la conseguenza che, nella maggioranza dei casi, è stato bloccato il
pagamento di più voci retributive (per il dettaglio si rinvia alla scheda tecnica allegata).
Da due anni, dunque, i dirigenti delle scuole, che vedono costantemente accresciute le
responsabilità e la complessità dei propri compiti, si trovano negati i compensi loro
spettanti a fronte di prestazioni svolte e di incarichi assunti.
Purtroppo, fin qui, a nulla sono valse le azioni e le richieste di intervento mosse
dalla categoria e da questa Organizzazione, come alcun seguito ha avuto l’approvazione
in Senato di un O.d.G. (n. 1.23 del 4 marzo 2014), accolto dal Governo, che impegnava
l’Esecutivo a trovare una soluzione al problema e riconosceva che nei confronti dei
dirigenti scolastici viene perpetrata «un’illegittima, discriminatoria e non più tollerabile
sperequazione retributiva». Ad oggi i dirigenti delle istituzioni scolastiche vivono ancora
un’inaccettabile e iniqua condizione che deve essere urgentemente sanata.
È evidente come questa situazione, oltre a ledere un diritto, offenda una categoria
tra le peggio pagate ma più impegnate nel funzionamento della cosa pubblica; è altresì
evidente come una soluzione sia necessaria e come un tempestivo intervento in questo
senso risponda ad un’esigenza di equità.
Questa Organizzazione chiede, pertanto, che sia trovata con urgenza una
soluzione al congelamento dei contratti regionali e al calcolo del Fondo. Chiede, inoltre,
che sia immediatamente ripristinato il diritto dei dirigenti a vedersi corrisposte le
retribuzioni contrattualmente spettanti.
Qualora questa ingiusta situazione non venisse tempestivamente rimossa e i
dirigenti dovessero vedere ancora deluse le loro legittime aspettative e leso il loro diritto
alla retribuzione, questa Organizzazione promuoverà presso la categoria azioni legali nei
confronti dell’Amministrazione.
In attesa di riscontro si porgono distinti saluti.

IL PRESIDENTE
Giorgio Rembado

Allegato

FORMAZIONE, “SOLUZIONI O RISPOSTA SARÀ DURA”

SICILIA: FORMAZIONE, UGL SCUOLA
“SOLUZIONI O RISPOSTA SARÀ DURA”
(dall’Agenzia ITALPRESS)
“Se la Regione Sicilia non interverra’ immediatamente con soluzioni concrete e definitive per il settore della Formazione, la nostra risposta sara’ dura”.
Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo, aggiungendo che “l’inerzia della Giunta regionale rischia seriamente di aggravare una situazione gia’ drammatica per il territorio, per i lavoratori e le famiglie. Continuando su questa strada, di certo non si potenzia la qualita’ del servizio erogato dal sistema formativo siciliano e, soprattutto, non si tutelano i livelli occupazionali. Nessuno nella giunta regionale si e’ occupato del pagamento degli stipendi arretrati, dello sblocco della cig in deroga e di trovare soluzioni per il reimpiego del personale sospeso dagli enti”.
“Vogliamo delle risposte – conclude – e se cosi’ non sara’ siamo pronti a mettere in campo ogni iniziativa possibile per tutelare i lavoratori”.
Roma, 11 settembre 2014

OCSE: ANZIANITA’ DI SERVIZIO RENDE SCUOLA MIGLIORE, NO A ‘ROTTAMAZIONE’

OCSE, GILDA: ANZIANITA’ DI SERVIZIO RENDE SCUOLA MIGLIORE, NO A ‘ROTTAMAZIONE’

“Se in Italia la qualità dell’istruzione di base migliora costantemente nonostante la diminuzione del numero dei docenti, come rileva il rapporto Ocse diffuso ieri, lo si deve all’aumento dell’età media degli insegnanti, i quali possono contare su un’esperienza maturata in anni e anni di insegnamento”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commentando i dati del rapporto Ocse ‘Uno sguardo sull’Istruzione 2014’.

“L’anzianità di servizio, dunque, non può e non deve essere ‘rottamata’, – spiega Di Meglio – ma valorizzata: per funzionare meglio, alla scuola italiana non servono meno docenti, ma insegnanti esperti che, come già ribadito dalla Gilda in una sua proposta, possono svolgere funzioni di tutoraggio per le nuove leve con un part time negli ultimi 5 anni di servizio a stipendio pieno”.

DATI OCSE 2014

Di Menna: investimenti straordinari per l’istruzione

DATI OCSE 2014

E revisione della spesa pubblica con una drastica riduzione di sprechi, privilegi e burocrazia

Sulla spesa per l’istruzione e per gli stipendi del personale della scuola va invertito il trend recessivo

L’insieme dei dati del rapporto OCSE, diffuso oggi, lanciano al Paese l’allarme su tre temi per uscire dalla crisi e per la ripresa:
– superare il livello drammatico della disoccupazione, in particolare giovanile.
– invertire il trend di bassa spesa per l’istruzione in rapporto alla spesa pubblica totale, che pone l’Italia agli ultimi posti nella classifica dei paesi Ocse.
–  la progressiva riduzione della  retribuzione degli insegnanti, figura essenziale per una scuola di qualità
Su questo ultimo punto – mette in evidenza il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna – le decisioni del governo di non prevedere nessun incremento  retributivo fino al 2018, né per il rinnovo del contratto, né per gli aumenti di anzianità, né per gli aumenti di merito, porterà inevitabilmente ad abbassare ulteriormente questa voce.
Se non si inseriscono investimenti già nella legge di Stabilità – continua Di Menna – e si confermano le previsioni del Def (con un livello invariato di spesa per l’istruzione in rapporto al totale della spesa pubblica) il penultimo posto in Europa, dopo di noi solo la Romania,  è assicurato per i prossimi anni. Salvo diventare l’ultimo.
Per favorire occupazione e lavoro occorre una vera scossa – chiarisce il segretario della Uil Scuola –  lavorando a  investimenti straordinari e un drastico intervento di riduzione di quella parte di spesa pubblica davvero eccessiva e non compatibile con le esigenze del paese ancora finalizzata a sprechi, privilegi, incrostazioni burocratiche.

Rapporto OCSE 2014, qualche buon segnale e tante conferme

Rapporto OCSE 2014, qualche buon segnale e tante conferme

Dati come sempre importanti e interessanti, quelli dell’annuale rapporto OCSE, ma che confermano in buona parte realtà ben note a chi vive quotidianamente la scuola e i suoi problemi. A chi guarda le cose dall’esterno, vogliamo far notare che si segnala una tendenza al miglioramento nel livello di preparazione dei nostri studenti, nonostante siano nel frattempo peggiorate le condizioni in cui lavorano gli insegnanti, visto che aumenta il numero di alunni da seguire mentre stagnano le retribuzioni. Queste ultime, dice il rapporto OCSE, calano in termini complessivi (evidentemente a causa del taglio degli organici), aggiungendo che, a livello individuale, un po’ di rimedio è dato dagli scatti di anzianità. Che questi siano oggi l’unico fattore che permette agli stipendi del comparto scuola di raggiungere un livello di minima decenza viene così confermato da fonte autorevole; ci riflettano quanti ne teorizzano con troppa disinvoltura la cancellazione.
Ancora, l’OCSE ci ricorda che il record di docenti over 50 detenuto dall’Italia non deriva tanto, come solitamente si sostiene, dalle modalità di reclutamento del personale, quanto piuttosto dall’innalzamento dell’età pensionabile e dal blocco del turn over.
Triste conferma, infine, per quanto riguarda la demotivazione agli studi indotta dalle crescenti difficoltà nel trovare lavoro: un’emergenza, quella del lavoro, da assumere come priorità assoluta per ridare prospettive a intere generazioni e al Paese la capacità di tornare a crescere.

OCSE: MENO INVESTIMENTI, SCUOLA MIGLIORA SOLO GRAZIE A DOCENTI

OCSE, GILDA: MENO INVESTIMENTI, SCUOLA MIGLIORA SOLO GRAZIE A DOCENTI

“ll rapporto Ocse ‘Uno sguardo sull’Istruzione 2014’ diffuso oggi conferma ancora una volta il calo degli investimenti nel settore scolastico. il governo Renzi, invece di invertire questa tendenza che si sta pericolosamente consolidando anno dopo anno, fa giochi di prestigio abbassando ulteriormente le retribuzioni dei docenti italiani ai quali toglie gli scatti di anzianità per destinare risorse a un merito da assegnare senza alcun sistema scientifico in grado davvero di individuare le eccellenze”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta i dati Ocse resi noti oggi e secondo cui tra il 1995 e il 2011 in Italia la spesa per studente nella scuola primaria, secondaria e post secondaria non terziaria è diminuita del 4%, posizionando il nostro Paese tra quelli Ocse con la riduzione più marcata di investimenti (-5% tra il 2000 e il 2011) .

“Il rapporto Ocse evidenzia anche che in Italia migliora costantemente la qualità dell’istruzione di base e questi miglioramenti – sottolinea Di Meglio – sono ascrivibili in massima parte all’impegno e alla professionalità dei docenti, come dimostra un altro dato secondo cui dal 2008 al 2011 alle elementari è stato ridotto l’orario di lezione per gli alunni ed è ‘leggermente’ aumentato quello di insegnamento per chi siede in cattedra. Al maggior carico di lavoro per gli insegnanti italiani – prosegue Di Meglio – non è corrisposto però un aumento delle retribuzioni che invece sono calate: tra il 2008 e il 2012 le buste paga dei docenti di elementari e medie sono diminuite in media del 2%. Altro dato allarmante è che dal 2005 al 2012 le retribuzioni statutarie dei docenti di ogni grado e con 15 anni di esperienza sono scese del 4,5%. Una perdita che, avverte l’Ocse, è stata compensata, in parte e comunque a livello individuale, dagli scatti di anzianità che adesso il governo Renzi vuole abolire. I dati diffusi oggi da un’agenzia internazionale, indipendente e autorevole quale l’Ocse, – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – dà ancora più forza alla nostra battaglia in difesa degli scatti che hanno rappresentato finora l’unica boccata di ossigeno per i docenti italiani”.

Domande di supplenza personale ATA 3^ fascia

Domande di supplenza personale ATA 3^ fascia ( non docente) triennio 2014/17. Scadenza 8 Ottobre.

 

Al fine di fornire massima informativa tra il personale interessato il sindacato SAB, tramite il segretario generale prof. Francesco Sola, comunica che il MIUR ha emanato il D.M. n. 717 di aggiornamento, conferma e/o nuovo inserimento nelle graduatorie d’istituto di 3^ fascia del personale ATA valide per il triennio 2014/17 per il conferimento delle supplenze da parte dei dirigenti scolastici di ogni ordine e grado di scuola.

Le predette domande, in formato cartaceo, devono essere presentate entro il termine perentorio dell’8 ottobre ‘14, mentre il modello per la scelta delle 30 scuole per chiedere l’inserimento in graduatoria dovrà essere presentato, a parte e solo con modalità Web, on line, dopo con termine ancora da stabilire, previa registrazione al sistema Polis del MIUR e identificazione fisica in una qualsiasi scuola d’Italia.

I titoli di studio di accesso per i vari profili professionali del personale ATA ( non docente ), da possedere entro il termine di scadenza del bando, sono per:

Assistente Amministrativo, ex applicato di segreteria, – Qualsiasi diploma di Maturità-, Assistente Tecnico –Diploma di Maturità corrispondente alla specifica are professionale secondo la tabella di corrispondenza dei titoli-laboratori di cui all’all. C del D.M.-, Cuoco –diploma di qualifica professionale di Operatore dei servizi di ristorazione, settore cucina-, Infermiere –Laurea in scienze infermieristiche o altro titolo ritenuto valido dalla vigente normativa per l’esercizio della professione d’infermiere-, Guardarobiere –Diploma di qualifica professionale di Operatore della moda-, Addetto alle Aziende Agrarie –Diploma di qualifica professionale di operatore agrituristico, agro industriale, agro ambientale-, e infine Collaboratori Scolastici, ex bidelli, -diploma di qualifica triennale rilasciato da un istituto professionale, diploma di maestro d’arte, diploma di scuola magistrale per l’infanzia, qualsiasi diploma di maturità, attestati e/o diplomi di qualifica professionale, entrambi di durata triennali, rilasciati o riconosciuti dalle Regioni.

Per chi è già inserito in graduatoria per il triennio 2011/14, restano validi i precedenti titoli di studio utilizzati per il predetto inserimento; inoltre, hanno titolo all’inclusione nella terza fascia delle graduatorie di circolo e d’istituto gli aspiranti in possesso di un titolo di studio, ora non più valido, che abbiano prestato almeno 30 giorni di servizio, fino al 31 dicembre 1999, anche non continuativi, in posti corrispondenti al profilo professionale richiesto.

Chi non ha titoli e/o servizi da aggiornare dovrà comunque presentare domanda di conferma dell’iscrizione nelle graduatorie, in caso contrario vi sarà il depennamento.

I moduli domanda possono essere scaricati, gratuitamente, dal sito del MIUR o del SAB www.sindacatosab.it dov’è possibile trovare, nelle varie sedi sindacali, anche assistenza e consulenza per l’esatta compilazione delle domande e procedere alla registrazione Web.

 

F.to Prof. Francesco Sola

Segretario Generale SAB

Il 10 ottobre sciopero generale

Il 10 ottobre sciopero generale dei lavoratori/trici della scuola insieme agli studenti

Il furbone Renzi promette on-line la sacrosanta assunzione di 150 mila precari. Ma essa non sarà fumo solo se le risorse verranno inserite nella Finanziaria

E il piano-Renzi di precari ne espellerebbe altrettanti, mentre rilancia la scuola dei presidi-padroni, la concorrenza tra docenti ed Ata per qualche spicciolo, la subordinazione alle aziende, la scuola-miseria e la scuola-quiz

Che furboni Renzi e i suoi consiglieri: in 136 pagine hanno riassunto quanto di peggio i governi degli ultimi 20 anni hanno cercato di imporre alla scuola pubblica – incontrando una forte resistenza  – nascondendolo dietro la proposta dell’assunzione di 150 mila precari delle GAE (graduatorie ad esaurimento) entro il 1 settembre 2015. Essa, se realizzata davvero, sarebbe la compensazione doverosa per tanti anni di discriminazioni e aleatorietà di vita di docenti ed Ata e una risposta positiva alle tante lotte dei precari e dei Cobas. Ma perché Renzi non ha fatto approvare dal CdM, annullato all’ultimo momento, l’immissione dei 3-4 miliardi annui necessari nella Finanziaria? Perché non avrebbe avuto via libera da Padoan o da Draghi? Dunque, va imposto il mantenimento della promessa con l’approvazione del CdM e l’introduzione dello stanziamento in Finanziaria.

Ma guai a sottovalutare che sotto il manto della promessa “epocale” le 136 pagine prevedono l’espulsione di molte decine di migliaia di precari che spesso hanno altrettanti anni di lavoro malgrado non siano inseriti nelle GAE e che meritano anche essi l’assunzione e non la beffa di un ulteriore concorso per 40 mila lavoratori/trici e la perdita persino delle supplenze. E poi il piano-Renzi è la “summa” di tante distruttive proposte per scuole-aziende dominate da presidi-padroni, da lotte concorrenziali tra docenti ed Ata per qualche spicciolo in più, da valutazioni-quiz del lavoro docente e delle scuole, da apprendistato nelle imprese invece che istruzione. I presidi assumerebbero direttamente loro (e licenzierebbero) docenti ed Ata dopo una fantomatica “consultazione collegiale”, ed interverrebbero anche sulla carriera e sugli stipendi dei dipendenti. Sotto la logora coperta del presunto “merito”, che nessun governo ha mai spiegato cosa sia, si intende avviare il Sistema di valutazione nazionale che imporrebbe i criteri Invalsiani della scuola-quiz, con l’introduzione del Registro nazionale del personale per conteggiare le sedicenti “abilità” di ognuno/a, fissandole in un Portfolio con i presunti “crediti” sulla cui base i presidi premierebbero i più fedeli. Perché gli scatti di anzianità verrebbero sostituiti da scatti per “merito” che riceverebbe solo il 66% dei “migliori” di ogni scuola (perché il 66%? e se fossero tutti “bravi” o tutti “non-bravi”?) sui quali la parola decisiva l’avrebbe il preside, come un Amministratore delegato alla Marchionne. E a proposito di fabbriche, colpisce gravemente l’obbligo di 200 ore di apprendistato gratuito in azienda per gli studenti delle scuole tecniche e professionali, con perdita di istruzione e riproposizione della divisione classista con i licei; nonché l’accorato appello agli investimenti privati, “potenziando i rapporti con le imprese” ma anche chiedendo il “microcredito” dei cittadini, cioè un ulteriore aumento dei contributi imposti ai genitori per le spese essenziali delle scuola, visto che lo Stato, come fa scrivere Renzi, “non ce la fa” da solo. Infine, per incentivare al massimo la concorrenza tra docenti, si introducono i sedicenti “innovatori naturali”, che invece di insegnare si occuperanno dell’aggiornamento obbligatorio altrui; nonché il “docente mentor”, supervisore della valutazione della scuola e del singolo. E il tutto senza che ci sia un euro in più di finanziamento della scuola, dopo venti anni di tagli indiscriminati, e reiterando il blocco dei contratti a lavoratori/trici che in questi due decenni hanno perso almeno il 30% dello stipendio.

Ce ne è abbastanza per raccogliere la proposta degli studenti che hanno già convocato il loro sciopero nazionale, indicendo come COBAS per il 10 ottobre anche lo sciopero generale di tutti i lavoratori/trici della scuola e facendo appello a docenti ed Ata, genitori, associazioni e  sindacati per confluire unitariamente nello sciopero e nelle manifestazioni provinciali o regionali che si svolgeranno in difesa della scuola pubblica e dei suoi protagonisti.

Vogliamo l’immediata convocazione di un CdM che si impegni, con risorse da stanziare in Finanziaria, a garantire l’assunzione dei 150 mila precari GAE; e nello stesso tempo richiediamo l’assunzione anche di tutti i precari che, pur non essendo nelle GAE, lavorano da anni ed hanno acquisito analoghi diritti al lavoro stabile. Manifesteremo contro il blocco dei contratti e la cancellazione degli scatti di anzianità; contro le assunzioni dirette da parte dei presidi-manager e il potere assoluto che si vuole loro attribuire; contro i quiz Invalsi su cui valutare il presunto “merito”, il Registro personale, gli scatti solo al 66% del personale, gli “innovatori naturali” e il docente “mentor”; contro l’obbligo dell’apprendistato in azienda; e per massicci investimenti nella scuola pubblica, un aumento immediato di 300 euro netti mensili per docenti ed Ata, come parziale recupero per quanto perso in questi anni,l’immediato pensionamento dei Quota 96.

Piero Bernocchi  portavoce nazionale COBAS

Scuola e inclusione: verso una nuova legge

Scuola e inclusione: verso una nuova legge

Proprio nei giorni in cui viene lanciata una grande sfida di riforma della scuola italiana, compie un ulteriore e decisivo passo in avanti la proposta di legge sull’inclusione scolastica delle persone con disabilità.

Il Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap ne ha presentato gli elementi essenziali e lo stato di avanzamento durante la Festa dell’Unità di Orvieto.

Il testo predisposto da tempo dalle associazioni per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica è stato presentato al Ministero, ulteriormente corretto e raffinato, quindi è approdato a Montecitorio dove alcuni parlamentari l’hanno sottoscritto e depositato agli atti. È in via di pubblicazione proprio in questi giorni.

Le disposizioni che la proposta prevede potrebbero favorire la continuità didattica, oggi frenata dal diffuso precariato, creando degli appositi ruoli per i docenti per il sostegno. Vi si ribadisce anche l’obbligo di riduzione del numero di alunni per classe e del numero di alunni con disabilità nella stessa classe. Ed ancora: l’obbligo di formazione iniziale ed in servizio dei docenti sulle didattiche inclusive, cioè quelle che consentono davvero di migliorare l’efficacia didattica nei confronti delle persone con disabilità o con bisogni educativi speciali.

“La proposta delle associazioni, ormai risorsa anche per un dibattito parlamentare, è quanto mai attuale. Esprimiamo un forte apprezzamento per l’attenzione raccolta. Fra tutti spicca l’interessamento diretto del Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che su questi temi si è dimostrata particolarmente disponibile. – annota Falabella – Non nascondiamo che la nostra aspettativa migliore risiede nella speranza che la proposta venga adottata direttamente dal Governo imprimendo una accelerazione e una svolta determinanti all’iter di approvazione.”