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SCUOLA: “NO A PROVVEDIMENTI TAMPONE”

SCUOLA, MARCUCCI (PD): “NO A PROVVEDIMENTI TAMPONE”
“SU SCUOLA REGOLE CERTE E FERME, ALTRO CHE SLOGAN”

Dichiarazione del Presidente della Commissione Istruzione a Palazzo Madama, Andrea Marcucci

“Il governo vuole cambiare la scuola. Renzi guarda al futuro e non al passato, per questo il primo obiettivo dell’esecutivo è dare regole certe e ferme. Altro che slogan. Siamo di fronte  al primo concreto tentativo di attuare una importante riforma, che abolisca meccanismi assurdi e farraginosi.  Per quanto riguarda i precari, non c’è dubbio che è necessario affrontare il problema in maniera strutturale e non con provvedimenti tampone.” Lo dichiara il Presidente della Commissione Istruzione a Palazzo Madama, Andrea Marcucci.

11 aprile 2014 PRIMO SCIOPERO DEI PRECARI DELLA SCUOLA

11 aprile 2014 PRIMO SCIOPERO DEI PRECARI DELLA SCUOLA
Organizzato dal Coordinamento nazionale Precari Uniti contro i Tagli

Presidio sotto il Ministero Istruzione Università e Ricerca di Roma
Via Trastevere – ore 10
per l’assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari della scuola,
docenti e ATA, e contro i progetti politici di smantellamento della scuola
pubblica statale.

Far girare. In allegato volantino da appendere a scuola.

Trasferta Milano- Roma
Stiamo cercando di portare più gente possibile a Roma, l’autobus non è stato più possibile farlo ma cercheremo di noleggiare pulmini o mettere a disposizione auto private. Ad ogni modo è importante una partecipazione la più di massa possibile dato che al presidio del MIUR si chiederà alla Giannini di incontrare i precari della scuola e dare risposte concrete su ritiro dei tagli, assunzioni, scatti di anzianità, ferie non godute, futuri sistemi di reclutamento e tutti gli altri punti inclusi nella piattaforma dei Coordinamenti Precari Uniti contro i Tagli (in allegato). Questo incontro non sarà possibile o non avrà la stessa forza se a chiederlo non ci saranno centinaia di precari venuti da tutta Italia.
Quindi contattateci e venite con noi a Roma:
coordinamento3ottobre@gmail.com

Governo dia certezza di risorse e coerenza al proprio piano programmatico

Di Menna: il Governo dia certezza di risorse e coerenza al proprio piano programmatico

DEF | Inaccettabile l’ipotesi di un nuovo blocco dei contratti dei dipendenti pubblici

La sfida della qualità e della modernizzazione del nostro sistema scolastico si vince dando valore all’impegno e alla professionalità degli insegnanti e del personale che fa funzionare le scuole.
Il documento economico del Governo interviene con un programma di rilancio del paese che prevede interventi sulla scuola. Il documento prevede un diverso contratto al fine di riconoscere impegno e professionalità e per attivare opportunità di carriera.
La Uil Scuola ha più volte rilanciato tale sfida rivendicando l’apertura del negoziato contrattuale, bloccato da 5 anni – ha detto Massimo Di Menna, nel corso di un seminario organizzato dalla Uil Scuola a Chiaravalle sulla figura e la pedagogia di Maria Montessori.
Le basse retribuzioni del personale della scuola sono una vera emergenza.
Occorre un cambiamento concreto da parte del governo sulla scuola.
Lo stesso Def, di fatto, prevede il blocco del contratto reiterato fino al 2020: questo è inaccettabile.
Il Governo chiarisca – ha sollecitato il segretario generale della Uil Scuola  – dia certezza di risorse e coerenza al proprio piano programmatico.

La dirigenza pubblica e il DEF

La dirigenza pubblica e il DEF

La dirigenza pubblica di questo paese ha sempre voluto farsi carico del funzionamento degli uffici e dei servizi al cittadino.

Esprime però oggi una forte preoccupazione perché vede seriamente compromessa la possibilità di perseguire obiettivi di miglioramento continuo dei risultati delle Pubbliche Amministrazioni dalle manovre di politica economica e finanziaria che portano alla deresponsabilizzazione dei dirigenti e alla demotivazione di tutto il pubblico impiego.

Dieci anni di moratoria contrattuale col corrispettivo impoverimento dei dipendenti, la mancata introduzione di sistemi obiettivi di valutazione e di premialità del personale, il pericolo di un rapporto di più stretta dipendenza dei dirigenti dai vertici politici delle Amministrazioni fanno pensare ad un disegno che non potrà non avere ricadute negative sulle performance delle Pubbliche Amministrazioni. Coll’evidente rischio di una fuga dei manager migliori e più giovani e di un ritorno al passato.

La CIDA propone invece di salvaguardare l’autonomia dei dirigenti, dando loro reali poteri di gestione e connesse responsabilità; di introdurre il ruolo unico, esteso a tutta la dirigenza pubblica, dal quale poter attingere esperienze e competenze adeguate alle diversità di incarichi di cui un’amministrazione moderna e plurale della cosa pubblica ha bisogno; il superamento delle gravi e ingiustificate sperequazioni nei trattamenti retributivi dei differenti profili dirigenziali, spostando una parte rilevante della retribuzione sulla parte variabile della stessa e legandola ai risultati della gestione; di far accedere ai pubblici uffici i migliori laureati, che, oltre alle competenze manageriali da verificare anche sul piano attitudinale, siano portatori dell’orgoglio di far parte della classe dirigente chiamata a dare risposte ai reali fabbisogni del paese.

Le linee di politica economica del governo sembrano invece privilegiare l’orizzonte breve e risparmi nell’immediato, e non danno prova di credere al ruolo di pubbliche amministrazioni che siano messe in grado di concorrere alla ripresa economica del paese. Sono ancora portatrici di un antico pregiudizio, del lavoro pubblico inteso come peso di cui cercare di limitare i danni in termini di riduzione dei costi e non come di una delle principali opportunità di investimento sul futuro per tutto il mondo economico e sociale.

Aggiornamento GaE

Aggiornamento GaE: ANIEF ricorre contro la tabella valutazione titoli

 

Per lo spostamento dei 24 punti, del punteggio di servizio, per il bonus di 6 punti aggiuntivi SSIS, per il punteggio di abilitazione in strumento musicale, per il riconoscimento del servizio prestato durante l’abilitazione SFP, per il punteggio del servizio militare prestato non in costanza di nomina e per il riconoscimento del punteggio derivante dall’essere risultati idonei all’ultimo concorso a cattedra o dall’essere in possesso di diploma magistrale abilitante conseguito entro l’a.s. 2001/02.

 

Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, rileva come “nonostante le numerose sentenze che, negli ultimi anni, hanno visto soccombere il Miur al TAR Lazio prima e presso i giudici del lavoro dopo, l’appello dell’Anief a cambiare radicalmente la tabella di valutazione dei titoli per l’aggiornamento delle GaE è rimasto purtroppo inascoltato”.

 

Per il presidente del giovane sindacato, quindi, “il diritto dei docenti italiani di poter liberamente decidere in quale classe di concorso spostare i 24 punti SSIS o il punteggio di servizio dovrà essere, pertanto, nuovamente riconosciuto nelle aule di giustizia. Lo stesso dicasi – continua  Pacifico – anche per coloro che vogliono ottenere il riconoscimento del punteggio di abilitazione in strumento musicale, la valutazione – quanto meno parziale – del servizio prestato durante lo svolgimento dei corsi di Scienze della Formazione Primaria e del punteggio per il servizio militare di leva prestato non in costanza di nomina”.

 

La tabella titoli allegata al D.M. 235/2014 di aggiornamento è rimasta, per scelta del ministero, inalterata anche sulla questione del bonus aggiuntivo di 6 punti che, ricordiamo, era stato originariamente introdotto solo a beneficio di coloro che hanno conseguito un’abilitazione tramite le SSIS o i corsi assimilati (SFP, AFAM, Cobaslid) e che il punto A.5, invece, estende a tutte le altre abilitazioni, vanificandone di fatto il valore premiale.

 

“Anche sulla questione del bonus di 6 punti SSIS – conclude Pacifico – abbiamo in cantiere nuove iniziative che coinvolgeranno sia coloro che hanno già proposto ricorso in passato che coloro che vorranno iniziarlo adesso”.

 

Infine, Anief intende intraprendere un contenzioso per far riconoscere il punteggio previsto dal punto C.2 della tabella (3 punti) a coloro che sono già inseriti nelle GaE e sono risultati idonei all’ultimo concorso a cattedra o sono in possesso di diploma magistrale abilitante conseguito entro l’a.s 2001/02.

 

Le istruzioni per ricorrere avverso la tabella valutazione titoli saranno diramate dall’Anief tra il 14 e il 21 aprile, dopo l’apertura del modulo telematico su istanze on line. Per poter avviare questi ricorsi, infatti, sarà necessario dichiarare nella domanda la volontà di spostare o ottenere il riconoscimento del punteggio negato seguendo le indicazioni che il sindacato metterà a disposizione di tutti gli interessati.

 

Immissioni in ruolo ATA

SCUOLA – Immissioni in ruolo ATA: Anief chiede al Miur che assuma a tempo indeterminato sui quasi mille posti liberati dal personale già di ruolo

 

Anziché prevedere l’assunzione a tempo indeterminato anche su questi posti lasciati scoperti, l’amministrazione ha coperto le vacanze di posti venutesi a creare conferendo delle semplici supplenze fino al termine dell’anno scolastico.

 

Il giovane sindacato non ci sta. E chiede all’amministrazione a al Governo di autorizzare le surroghe sui posti rimasti vacanti. In caso contrario difenderà i diretti interessati per tutelare un loro diritto sacrosanto.

 

Non bastava che la “montagna partorisse il topolino”. Ci mancava anche la beffa finale. Stiamo parlando delle operazioni che nei giorni scorsi hanno finalmente portato alle immissioni in ruolo del personale ATA: un’attesa che per amministrativi e tecnici di laboratorio durava da ben due anni. Come noto, su 12 mila posti vacanti in organico di diritto il MEF ha autorizzato soltanto 3.730 immissioni in ruolo: come più volte detto dall’Anief, si tratta di una minima percentuale rispetto al contingente che effettivamente andava assunto.

 

Ma ora, da un’analisi attenta delle assunzioni che si sono venute a concretizzare nelle varie province italiane, questo già esiguo numero di assunzioni risulta ulteriormente decurtato dei posti lasciati vacanti dal personale già di ruolo: sono tutte quelle unità di personale immesse in ruolo su un profilo professionale superiore. Ad esempio, i collaboratori scolastici già di ruolo che sono stati nominati su posti di assistenti amministrativi o assistenti tecnici. Ma anziché prevedere l’assunzione a tempo indeterminato anche su questi posti lasciati scoperti, il Miur ha coperto le vacanze di posti venutesi a creare conferendo delle semplici supplenze fino al termine dell’anno scolastico.

 

L’Anief non ci sta. E denuncia pubblicamente la pessima gestione dei 3.730 posti messi a disposizione per le immissioni in ruolo. Che, come detto, non risulta coperta in toto. Invitiamo quindi il Ministero dell’Istruzione e il Governo ad autorizzare le surroghe sui posti rimasti vacanti. In questo modo si eviterebbe “il gioco delle tre carte”. Perché ad oggi sono state immesse in ruolo soltanto 2.800 persone, poiché quasi mille facevano già parte dei ruoli dello Stato con un altro profilo.

 

Circa mille precari – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – attendono entro breve di essere stabilizzati su altrettanti posti resisi liberi a seguito del passaggio professionale dei colleghi già di ruolo. Per loro occorre una surroga immediata. In caso contrario, qualora l’amministrazione non operasse in questa direzione, il sindacato è pronto a intervenire schierandosi, come sempre, a fianco dei lavoratori della scuola a cui sono stati lesi dei diritti”.

 

DEF: IMPEGNI VAGHI, SOSTANZA ZERO

DEF, GILDA: IMPEGNI VAGHI, SOSTANZA ZERO

“Molte parole ma poca sostanza”. Così la Gilda degli Insegnanti giudica il Def, Documento di economia e finanza approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, nella parte riguardante la scuola. “Nulla dice – spiega Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda – sugli stanziamenti per l’istruzione. Nessun accenno anche ai fondi necessari per la ‘revisione, in ottica di valorizzazione del merito, del contratto degli insegnanti e del loro metodo di reclutamento’. Resta da capire quanto voglia investire il Governo su questo fronte, a meno che – prosegue Di Meglio – l’intenzione sia quella di fare il gioco delle tre carte, utilizzando le modeste risorse riservate agli scatti di anzianità per finanziare il merito”.

“Se il Governo ha intenzione di sedersi al tavolo dell’Aran per ridiscutere soltanto la parte normativa del contratto lasciando invariata quella economica, – chiude il coordinatore nazionale – la Gilda si opporrà. Gli stipendi degli insegnanti italiani sono stati erosi dall’inflazione e, con le retribuzioni bloccate agli attuali livelli, i docenti rischiano la proletarizzazione”.

VISITA MEDICA SPECIALISTICA

VISITA MEDICA SPECIALISTICA
Confusione e contenzioso nelle scuole in assenza di un intervento del MIUR
La scheda della UIL Scuola

Nel comparto Scuola le visite mediche specialistiche sono state da tempo regolamentate dalla Circolare Ministeriale 301/1996 e –successivamente- dalla Legge 111/2011 che hanno stabilito:
1. le assenza per malattia dovute a visite specialistiche vanno giustificate con l’attestazione del medico o della struttura che hanno svolto la visita stessa;
2. l’assenza per malattia viene erogata a giornate intere, indipendente dall’orario in cui si svolge la visita specialistica;
3. se la visita si svolge in un comune diverso da quello di residenza, rientrano nell’assenza anche gli eventuali giorni necessari per il viaggio.
In una situazione tranquilla, che da tempo non comportava né dubbi interpretativi, né contenziosi, è intervenuta la Legge n. 125 del 30 ottobre 2013 (legge di stabilità) che – al fine di contrastare il fenomeno dell’assenteismo nelle amministrazioni- ha modificato il comma 5-ter dell’art. 55-septies del D.Lgs. 165/2001, che ora prevede testualmente:
“Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici l’assenza è giustificata il permesso è giustificato mediante la presentazione di attestazione, anche in ordine all’orario, rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione.”
Il nuovo testo suscita non poche perplessità, anche da un punto di vista grammaticale e linguistico, in quanto il soggetto iniziale “assenza per malattia” diventa poco dopo “permesso” che deve indicare anche l’orario in cui si è svolta la visita.
Se è una assenza per malattia, si riferisce all’intera giornata, rientra nel periodo di comporto, è sottoposta alla “trattenuta Brunetta”, e non richiede l’indicazione dell’orario, in quanto il CCNL non prevede il frazionamento della giornata di malattia.
Se è un permesso, non può essere considerato malattia, non può rientrare nel periodo di comporto, né può essere sottoposto alla trattenuta.
Ad aggravare ancora di più la situazione è intervenuta poi la Circolare n. 2 del 17-2-2014 del Dipartimento della Funzione Pubblica, precisando che per l’effettuazione di tali visite il dipendente deve fruire dei permessi previsti dai Contratti, che per la scuola sono solo due:
1. i permessi per motivi personali (art. 15, c. 2);
2. ed i permessi brevi (art. 16).
L’applicazione della Circolare nel nostro Comparto risulta quanto meno problematica, a cominciare dal fatto che per il personale della scuola è –a nostro avviso- estremamente limitata la possibilità di fruire dei permessi previsti dall’art. 16 del CCNL, la cui durata è talmente breve (solo 2 ore per i docenti) da non rendere possibile l’effettuazione della visita che richiede –in genere- molto più tempo, visto che la maggior parte dei comuni italiani non ha i servizi sanitari adeguati e l’interessato è molto spesso costretto a recarsi in un comune diverso da quello di residenza. Senza contare poi le visite particolari, disponibili solo in strutture altamente specializzare, che richiedono anche il necessario tempo per il viaggio.
Rimarrebbe la possibilità di fruire dei permessi per motivi personali (art. 15, c. 2 del CCNL), ma da questo punto di vista le nuove disposizioni risulterebbero addirittura punitive:
– per il personale ATA, che per motivi personali o familiari può fruire di soli 3 (tre) giorni di permesso retribuito all’anno, esauriti i quali sarebbe costretto –per sottoporsi a visita specialistica- a ricorrere alla aspettativa senza assegni e con l’interruzione della carriera;
– per il personale a tempo determinato, per il quale i permessi per motivi personali non sono retribuiti, per cui si verificherebbe l’assurdo che un supplente –per tutelare la propria salute- dovrebbe rinunciare allo stipendio;
– per il personale docente, per cui i permessi sono ridotti al minimo nei periodi di svolgimento delle attività didattiche.
Alla luce di queste considerazioni, la UIL Scuola ritiene che per le visite mediche specialistiche permangano comunque le possibilità di utilizzare:
1. il permesso per malattia (con relativa trattenuta);
2. il permesso breve (nei casi in cui la particolare limitatezza della durata lo consenta);
3. una giornata di ferie.
Per porre fine al clima di incertezza ed alla confusione che regnano nelle scuole ed al fine di evitare inutili contenziosi, la UIL Scuola ha sollecitato il Ministero dell’Istruzione a definire le modalità di applicazione delle nuove norme nel comparto Scuola, che tengano conto delle particolari esigenze dei lavoratori e della specificità del settore.

FERIE E DIRITTO ALLA SALUTE

FERIE E DIRITTO ALLA SALUTE, FGU A MADIA: RITIRARE CIRCOLARE D’ALIA SU PERMESSI

Il ministro Madia ritiri o rettifichi la circolare riguardante le assenze dei dipendenti pubblici per motivi di salute. A chiederlo è la Federazione Gilda Unams in una nota inviata oggi alla titolare della Pubblica amministrazione. Il provvedimento finito nel mirino del sindacato è quello firmato dall’ex numero uno di Palazzo Vidoni, Giampiero D’Alia, che taglia drasticamente le ore di permesso concesse ai lavoratori per sottoporsi a visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici.

“In virtù di questa circolare – spiega Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Fgu – il personale della pubblica amministrazione, per curarsi, sarà costretto a utilizzare i tre giorni annui di permessi personali. Nei casi di patologie gravi, che richiedono terapie e trattamenti lunghi, il dipendente ammalato dovrà necessariamente avvalersi delle ferie, in spregio – commenta Di Meglio – ai più elementari principi costituzionali riguardanti ferie e diritto alla salute. Per non parlare, poi, dei precari ai quali non è riconosciuto alcun permesso retribuito”.

“Inoltre la circolare – conclude il coordinatore nazionale della Fgu – è illegittima perché interviene unilateralmente su una materia regolata dalla contrattazione nazionale collettiva”.

Lettera aperta

Lissone, 8 aprile 2014

Alla cortese att.ne del Sindaco Concetta Monguzzi e del Dirigente Scolastico dell’Istituto
Comprensivo De Amicis Lorenza Cavalletti

Lettera aperta di alcune famiglie della Scuola dell’Infanzia Il Tiglio

Il 7 aprile sono uscite le graduatorie delle scuole dell’infanzia di Lissone e abbiamo scoperto che il
nostro secondo figlio non è stato ammesso nella scuola frequentata dal fratello maggiore.
Questo vuol dire che a settembre i nostri due figli dovranno frequentare due scuole materne diverse
e vi chiediamo, in tutta sincerità, se questa situazione vi sembri accettabile.
Siamo famiglie in cui entrambi i genitori lavorano e che faticano ad organizzarsi tra vita lavorativa
e familiare.
Le Istituzioni hanno idea di cosa comporti per noi e per i nostri figli?
Tanto per cominciare dovremo scegliere chi dei due sarà costretto a frequentare, ogni giorno, pre e
post scuola visto che non possiamo essere in due posti contemporaneamente; in secondo luogo
dovremo aggiungere all’organizzazione quotidiana mezzora in più al mattino e mezzora in più al
pomeriggio, sperando sempre di non intaccare l’orario di lavoro; senza contare tutte le altre
implicazioni, che ancora probabilmente non immaginiamo, tra permessi lavorativi per riunioni,
appuntamenti vari e feste scolastiche. E, dopo aver passato un anno ad attraversare Lissone per
essere in due scuole materne diverse, se la festa di Natale o di fine anno di due diversi istituti
fossero lo stesso giorno cosa ci consigliate di fare? Quale dei nostri figli ci consigliate di
sacrificare?
Presso il Tiglio ci sono altre famiglie che, a settembre, avranno un bambino frequentante la scuola
primaria del comprensivo De Amicis e un altro che frequenterà (se gli va bene) una scuola
dell’infanzia di un altro Istituto Comprensivo perché non sono stati presi nell’istituto di cui fanno
già parte.
Quando ci siamo sentiti dire dal Settore Istruzione del Comune che “quest’anno è scoppiato un
boom di iscrizioni” non abbiamo potuto fare a meno di domandarci come sia stato possibile non
prevederlo visto che la porta accanto è quella dell’Anagrafe.
Tra tre anni dovremo immaginarci di non sapere dove iscriverli alla primaria?
Scriviamo questa lettera non perché crediamo che le cose cambieranno, sebbene ci sembri davvero
fuori da ogni logica la situazione che ci troviamo ad affrontare, ma perché siamo enormemente
delusi dalla poca considerazione che le Istituzioni hanno per le famiglie che rappresentano.
Ci è stato detto che non dobbiamo ragionare sulla singola scuola ma sull’Istituto Comprensivo
perché è questa la struttura di cui facciamo parte.
Ci è stato detto che questa giunta avrebbe lavorato per migliorare la qualità della vita delle famiglie
di Lissone.
Adesso, a chi dobbiamo credere?

NO AL NUMERO CHIUSO ALL’UNIVERSITÀ, NO ALL’INVALSI

NO AL NUMERO CHIUSO ALL’UNIVERSITÀ, NO ALL’INVALSI, BASTA CON I QUIZ CHE DECIDONO IL FUTURO DEGLI STUDENTI!

 

L’introduzione del numero chiuso per l’accesso alle Università nel 1999 ha rappresentato un forte arretramento rispetto alle conquiste dei movimenti studenteschi che esattamente 30 anni prima avevano ottenuto la liberalizzazione dell’accesso, prima riservato solamente a coloro che provenissero da studi liceali ben connotati socialmente. Chi aveva fatto studi diversi trovava maggiori difficoltà, ma conservava comunque la possibilità di mettersi alla prova e di laurearsi. Sono stati anni di ascensione sociale per i figli/e delle classi meno abbienti, in cui il diritto allo studio significava anche poche centinaia di migliaia di lire l’anno come tassa di frequenza. Non è bastato alzare esponenzialmente le tasse, tagliando fuori settori sempre più ampi di ragazzi/e provenienti dai ceti sociali più poveri ed indifesi: l’introduzione del numero chiuso ha potenziato la discriminazione riproducendo per altre vie lo sbarramento, visto che più si anticipa il momento della selezione, più si riduce la possibilità di recuperare il gap di provenienza e più si riproducono le differenze sociali. E l’anticipo dei quiz d’ingresso all’Università, voluto dall’ex ministro Carrozza addirittura ad aprile, è un’ulteriore limitazione di questa possibilità: i ragazzi/e non hanno neanche più il tempo di prepararsi, dovendo nel giro di tre mesi sostenere due esami cruciali: l’esame di Maturità e quello di accesso all’Università. L’anticipo è un elemento del tutto estraneo alle programmazioni delle classi terminali, che costringe i docenti a rivedere i programmi e ad adattarsi a una scadenza esterna alla scuola, togliendo importanza all’esame di Stato, nella logica di chi vorrebbe vederne eliminato il valore legale.

Dietro questo anticipo sembra di vedere una prima realizzazione di un progetto che l’Invalsi ha più volte suggerito per mettere il suo zampino nefasto nell’esame di Maturità, cioè l’introduzione dei quiz per l’ultima classe delle superiori in primavera, con validità sia per il voto di maturità che per l’ammissione all’Università. Lo dicono da anni: se ci fosse una prova a quiz all’esame di Maturità non sarebbero necessari i test d’ingresso per le facoltà!

È assurdo che un quiz decida del futuro degli studenti: i docenti delle medie ben sanno quanto i loro studenti vengano penalizzati dai ridicoli quiz all’esame di terza! E oramai l’assurdità dei quiz appare innegabile a chiunque non sia legato ai carrozzoni dell’Invalsi e dell’Anvur: indovinelli insulsi e arbitrari, assolutamente non in grado di valutare gli studenti, oltre che i docenti, la scuole e le Università, utili solo ad alimentare il vasto mercato della “preparazione ai test” (e delle tasse di ammissione agli stessi), non dedicato alla preparazione sulle materie, ma ai trucchi per rispondere ai quiz, privilegiando risibili saperi nozionisti e tecniche mnemoniche, estranei al bagaglio culturale che dovrebbe servire per affrontare una facoltà universitaria.

Ci vogliono tutti/e uguali, standardizzati negli insegnamenti e negli apprendimenti. La stessa logica falsamente meritocratica che sta dietro i quiz Invalsi presiede ai test d’ingresso all’Università. Gli studenti che contesteranno il “numero chiuso” avranno al loro fianco i COBAS, consapevoli che è in ballo un diritto fondamentale per l’istruzione pubblica e che non possiamo più permettere che il destino di studenti, docenti, scuole ed Università sia affidato a crocette in risposta a insulsi quiz

Sosteniamo la lotta degli studenti contro il numero chiuso all’Università!

Boicottiamo insieme i test INVALSI nella media superiore il 13 maggio!

Piero Bernocchi   portavoce nazionale COBAS

Nessuna riduzione di organico per l’istruzione adulti e l’istruzione in carcere

Cesp – Centro studi scuola pubblica

Rete delle Scuole Ristrette 

Una prima vittoria del movimento degli insegnanti delle scuole nelle carceri

Nessuna riduzione di organico per l’istruzione adulti e l’istruzione in carcere

Dopo circa due anni dall’inizio del percorso intrapreso dai docenti delle scuole nelle carceri, le istanze presentate dalla “Rete delle scuole ristrette” hanno trovato un primo riscontro nella circolare sugli organici per l’anno 2014-2015.

Attraverso i convegni del Cesp (Roma: maggio-novembre 2012; Firenze marzo 2013; Palermo aprile 2013; Padova ottobre 2013;Roma febbraio 2014; Pescara marzo 2014) i docenti hanno posto al MIUR, per la prima volta in maniera organica, le problematiche relative ad un segmento dell’istruzione sconosciuto alla stessa amministrazione, sottolineandone la specificità e distintività, ma ponendo l’accento sui comuni nodi problematici, determinati dalla riorganizzazione dell’intera istruzione adulti.

Tra questi nodi l’evidente riduzione organica derivante dal mutato rapporto docenti/alunni (1/16) e dalla riduzione del 30% del monte ore rispetto ai corsi diurni di riferimento dell’istruzione Tecnica-Professionale-Artistica.

La rete delle scuole ristrette, che è riuscita ad avere una propria rappresentanza all’interno del Gruppo nazionale Istruzione Adulti, che si è riunito per dare avvio a quanto previsto dalla riorganizzazione, ha avuto modo di porre le questioni proprie dell’insegnamento in carcere  e questo ha comportato una ricaduta positiva sull’intera istruzione adulti.

Il 1° aprile, infatti, è stata pubblicata la Circolare sugli organici e nella parte relativa all’istruzione adulti si afferma che per quella data sarà attivata la sua riorganizzazione, così come previsto dal DPR 263/2012. Gli attuali Centri Territoriali Permanenti Adulti (CTP) dove si svolgono i corsi di alfabetizzazione e di licenza media, saranno ricondotti nei Centri Provinciali istruzione Adulti (CPIA) dove si svolgeranno i corsi di primo livello e gli ex corsi serali costituiranno i percorsi di secondo livello, rimanendo incardinati nelle attuali scuole superiori di riferimento. All’interno di tali percorsi sono ricompresi i corsi di istruzione negli istituti di prevenzione e pena.

Ma nella circolare si dichiara esplicitamente che:

– i Centri Territoriali Permanenti sono ricondotti nei CPIA […] e le dotazioni organiche per l’istruzione degli adulti rimangono confermate nelle quantità previste nell’a.s. 2013/2014;

– per quanto riguarda i percorsi di secondo livello (ex-corsi serali), che rimangono incardinati presso gli istituti di secondo grado, la prevista riduzione dei quadri orari, il cui monte ore sarà pari al 70% dei corrispondenti corsi diurni, non comporterà riduzione alla dotazione organica;
– le eventuali economie potranno essere utilizzate prioritariamente per lo sviluppo dei percorsi di secondo livello e in via subordinata per altre esigenze delle istituzioni di secondo grado.

Dunque nessuna riduzione dell’offerta formativa o abbreviazione degli attuali percorsi e, nel caso di economie, sviluppo dei percorsi di secondo livello (che per l’istruzione in carcere significa possibilità di istituzione dei bienni delle superiori in tutte le istituzioni penitenziarie e ampliamento dei percorsi di studio).

Permangono, ovviamente, ancora molte ombre e molti dubbi sull’intera operazione di riorganizzazione e, anche se possiamo dirci moderatamente soddisfatti per questo primo risultato, continueremo a confrontarci sui territori, per individuare gli elementi problematici che è ancora necessario sciogliere, gli interventi da effettuare, i punti di forza e di debolezza su cui intervenire prima di iniziare a diffondere il nuovo modello organizzativo dei CPIA e della nuova istruzione adulti, approfondendo contemporaneamente  l’analisi dei contenuti e degli interventi formativi propri di questo segmento dell’istruzione.

I prossimi appuntamenti per continuare tale confronto sono:

– Lecce, 16 maggio 2014

– Bologna, in data da definire.

PAS: CdS e ribalta giudizio del TAR Lazio

PAS: ancora una volta Anief vince in CdS e ribalta giudizio del TAR Lazio

 

Ammessi i ricorrenti con 540 giorni complessivamente di servizio non specifico del ruolo 1610/2014 che avevano appellato l’ordinanza di rigetto nel ricorso al TAR 10064/2013. Tra i ponderati interessi, quello dei ricorrenti è superiore in questa fase di frequenza a quello del MIUR.

 

Con ordinanza 1458/2014, i giudici di appello condividono le tesi dell’avv. Sergio Galleano, annullano l’ordinanza n. 318/2014 rigettata e per l’effetto permettono l’iscrizione con riserva dei ricorrenti “considerato che, nella comparazione dei contrapposti interessi, risulta prevalente l’interesse degli appellanti alla frequentazione dei corsi abilitanti su cui si controverte, non risultando tale soluzione interinale, assunta in attesa della definizione del merito, di pregiudizio per le re ragioni dell’amministrazione scolastica”.

 

Si attendono le prossime Camere del Consiglio di Stato sugli altri appelli incardinati.

Certificato antipedofilia: si recita lo stesso psicodramma

Certificato antipedofilia: si recita lo stesso psicodramma.

Tra le emergenze reali che la scuola vive, arriva tra capo e collo un’emergenza virtuale:  il D.L. 39/2014, pubblicato il 22 marzo in Gazzetta Ufficiale, obbliga tutti coloro che lavorano a contatto con soggetti minori  a dotarsi, da oggi 7 aprile, di un certificato generale del casellario giudiziario, sotto pena di sanzioni amministrative pesantissime (multa da € 10.000 a € 15.000 €) per i datori di lavoro inadempienti. Il decreto recepisce, guarda caso, una direttiva europea tesa a contrastare e prevenire i reati connessi con la pedofilia.

Un’altra scadenza sui dirigenti scolastici, un altro adempimento da eseguire per le segreterie, nuovi terribili minacce di sanzione sempre più aspre per i datori di lavoro!

E poi la rincorsa a capire (già avviata con la nota del Ministero Giustizia del 3 aprile) se, dove, quando, chi, in che misura, in quali casi vi sia l’obbligo di adempiere alle prescrizioni del decreto, se esistano dilazioni, limitazioni, deroghe: tutto tra il clamore dei mezzi di stampa che paventavano per oggi scuole paralizzate, per far seguire la rassicurazione che anche questa volta la sfangheremo, perché “sì, è una novità, ma in fondo lo facevamo già”, almeno dalla nascita della Repubblica (o forse della burocrazia sabauda!)

E nel frattempo si perde ancora una volta l’occasione di riflettere sulla responsabilità di insegnare e di far scuola, come se uno o un milione di pezzi di carta rimettesse le cose a posto e cancellasse l’inadeguatezza di tanti adulti di fronte all’emergenza educativa, gettando al contempo il sospetto anche su chi, invece, magari da tanti anni, si impegna con i giovani che incontra ogni giorno e non solo in orario scolastico.

Dai grandi maestri del sospetto siamo passati ai legislatori della certificazione on line: un altro pezzo di carta ci salverà!

Un altro esempio che non incoraggia certo a guardare all’Europa come una risorsa, ma piuttosto come causa di un aumento di lacci e lacciuoli, cioè di burocrazia, anche se in nome di giusti principi.

Oggi chi dirige una scuola vive già pesanti oneri di questo genere, con le norme sulla sicurezza e sulla privacy, che poi chissà perché in Italia trovano sempre un’applicazione più rigida e burocratica che nelle altre nazioni.

Chi ha scritto la norma avrà pensato a centinaia di migliaia di persone che entro oggi si dovevano mettere in fila davanti alle cancellerie dei tribunali per ottenere il famigerato certificato ?

Per fortuna che i pubblici dipendenti all’atto della assunzione in servizio già autocertificano la condizione richiesta. Quindi, tranquilli: almeno a scuola niente file chilometriche !

Tutti gli altri, non dipendenti pubblici, invece, che lavorano per svolgere progetti nelle scuole, dovranno procurarsi il relativo certificato generale del casellario giudiziario, richiedendolo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di riferimento, Ufficio locale del Casellario giudiziale anche via internet utilizzando software specifici per l’attivazione della procedura CERPA.

L’ultimo esempio dello stesso formalismo che ormai si applica in ogni campo della scuola: con i certificati si risolvono situazioni di sicurezze inefficienti, patti educativi tra soggetti, problemi di edifici fatiscenti, custodia dei dati che tutti possono trovare, attestazioni di apprendimenti finali dei ragazzi….

Con un vantaggio, però: sistemata con la carta la burocrazia e tranquillizzato l’elefante europeo, alunni, famiglie e comunità scolastiche potranno stare tranquille perché un nuovo certificato in più avrà risolto ogni emergenza educativa!

Un pezzo di carta salverà il mondo?

Richiesta del certificato del casellario giudiziale da parte delle Scuole

Sen. Stefania Giannini
Ministro Istruzione, Università e Ricerca
On. Andrea Orlando
Ministro per la Giustizia
On. Maria Anna Madia
Ministro per la Semplificazione e la P.A.
LORO SEDI

Oggetto: DLgs. 39/2014 art. 2 – Richiesta del certificato del casellario giudiziale da parte delle
Scuole – Necessità di chiarimenti.

La scrivente Organizzazione, la più rappresentativa dei dirigenti delle scuole italiane, in relazione all’oggetto, intende rappresentare lo stato di viva preoccupazione del personale in questione, su cui ricadrebbe l’onere della richiesta di circa un milione di certificati del casellario giudiziario, sotto pena di onerosissime sanzioni, che sembrerebbero, fra l’altro, dover essere moltiplicate per il numero di richieste eventualmente omesse.
Si fa presente peraltro che – ad avviso della scrivente – tale adempimento non risulterebbe dovuto da parte delle scuole, stante che tutto il personale che nelle stesse presta la propria attività a contatto con i minori ha presentato, all’atto dell’assunzione, un certificato generale del casellario giudiziario come parte della documentazione necessaria per perfezionare il rapporto di lavoro.
E’ ben vero che tale certificazione ha una scadenza, prevista dalla legge in sei mesi: ma è vero altresì che, ove si accedesse a tale impostazione, si dovrebbe procedere al rinnovo della richiesta ogni sei mesi, cioè due volte per anno scolastico e sempre per circa un milione di addetti. Un impegno di tempo e di mezzi molto rilevante per le segreterie scolastiche, anche in considerazione del fatto che l’archiviazione dei documenti così ottenuti – stante la loro natura di atti super-sensibili – dovrebbe essere effettuata con tutte le specifiche procedure di legge.
Nella stessa direzione va anche il tenore letterale della norma, là dove afferma che alla richiesta della certificazione è tenuto il “soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona (…)”. L’espressione “che intenda impiegare” sembra doversi riferire solo al momento che precede l’instaurazione del rapporto di lavoro e non anche ai rapporti già costituiti all’atto dell’entrata in vigore della legge.
Ad adiuvandum, andrà pure ricordato che “intenda” esprime letteralmente un libero atto di volontà e quindi di scelta del soggetto da impiegare, mentre le procedure di assunzione nella pubblica amministrazione – e nelle scuole in particolare – costituiscono un procedimento vincolato, nel quale
l’individuazione del destianatario è un atto necessitato, che non lascia al singolo dirigente alcun margine di apprezzamento o di discrezionalità.
Quest’ultima considerazione viene in rilievo anche in relazione alla condotta che il dirigente dovrebbe eventualmente tenere qualora emergesse che il soggetto ha riportato condanne per taluno dei reati specificati dalla norma. A meno che dalla certificazione del casellario non emergano anche “specifiche sanzioni interdittive delle attività (…)”, la prescrizione letterale dell’art. 2 parla solo di una “verifica”, senza indicare esplicitamente se da essa derivi la facoltà di denegare l’assunzione. E’ vero che tale conseguenza appare in qualche modo implicita: ma in ambito di rapporti di lavoro una lettura che comprima i diritti soggettivi non può essere applicata sul mero presupposto del buon senso.
I primi chiarimenti diramati dal Ministero della Giustizia circa l’applicazione della norma fanno altresì riferimento al “consenso dell’interessato”, che dovrebbe essere preliminare alla presentazione della richiesta della certificazione da parte del datore di lavoro.
Ad avviso di questa Organizzazione, il consenso dell’interessato non va in ogni caso richiesto nel caso delle scuole, in base all’art. 13 comma 5 del DLgs. 196/03, in quanto si ricadrebbe nell’ipotesi di un trattamento di dati da parte di una pubblica amministrazione previsto da una norma di legge. Se così non fosse, si porrebbe il problema di come operare nel caso in cui il soggetto interessato negasse il proprio consenso (tenuto conto che si tratta di soggetti rispetto ai quali è già costituito un rapporto di lavoro, nella grande maggioranza dei casi a tempo indeterminato).
Il complesso delle questioni fin qui rappresentate porta alla conclusione che l’adempimento non risulterebbe dovuto da parte delle scuole e dei loro dirigenti. Tuttavia, atteso il pesante regime sanzionatorio previsto dalla norma, appare necessario che le SS.LL. – ciascuna per la parte di propria competenza – si adoperino per fornire al riguardo tempestivi chiarimenti.

E’ gradita l’occasione per porgere distinti saluti.

Giorgio Rembado
Presidente nazionale Anp