Sentenza Corte Costituzionale 4 giugno 2012, n. 147

SENTENZA N. 147

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 19, commi 4 e 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promossi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, dalla Regione siciliana, e dalle Regioni Puglia e Basilicata, con ricorsi notificati il 12-14 e il 13 settembre 2011, depositati in cancelleria il 14, il 21 e il 23 settembre 2011 e rispettivamente iscritti ai nn. 90, 98, 99, 101, 102, 104 e 105 del registro ricorsi 2011.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 18 aprile 2012 il Giudice relatore Sergio Mattarella;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna, Marcello Cecchetti per la Regione Toscana, Paola Manuali per la Regione Umbria, Marina Valli e Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e gli avvocati dello Stato Enrico De Giovanni e Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— Con sette diversi ricorsi le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Puglia, Basilicata e la Regione siciliana hanno proposto questioni di legittimità costituzionale relative a diverse disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

La presente decisione ha oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 19, commi 4 e 5, del citato decreto-legge, essendo oggetto di separate decisioni la trattazione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte dalle sole Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Liguria avverso altre disposizioni, con riferimento anche a differenti parametri.

Le Regioni menzionate hanno censurato l’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011 – e alcune di esse, e cioè le Regioni Toscana, Umbria, Puglia e Basilicata, anche il successivo comma 5 – per violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione, del principio di leale collaborazione e, limitatamente alla Regione siciliana, anche per violazione, oltre che del già citato art. 117, terzo comma, Cost., degli artt. 14, lettera r), 17, lettera d), e 20 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), nonché degli artt. 1 e 6 del d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 (Norme di attuazione dello Statuto della regione siciliana in materia di pubblica istruzione).

2.— Il testo dei due commi impugnati è il seguente:

«4. Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.

5. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome».

3.— Le Regioni a statuto ordinario ricorrenti censurano le suindicate disposizioni con argomentazioni in larga misura coincidenti.

Esse osservano, innanzitutto, che tali norme comportano una significativa riduzione del numero delle scuole dell’infanzia, delle scuole primarie e delle scuole secondarie di primo grado mediante la formazione di istituti comprensivi, imponendo un numero minimo di iscritti come condizione per ottenere l’autonomia e determinando una diminuzione del numero dei dirigenti scolastici; il tutto nel quadro di un complessivo contenimento della spesa in materia di istruzione, avviato già con l’art. 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Nella materia dell’istruzione – argomentano le ricorrenti – convivono diverse competenze, suddivise tra Stato e Regioni: al primo spetta la competenza esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost., in tema di «norme generali sull’istruzione», mentre è oggetto di competenza concorrente, secondo l’art. 117, terzo comma, Cost., la materia dell’istruzione in generale, nella quale allo Stato rimane soltanto la determinazione dei principi fondamentali.

Le Regioni ricorrenti rilevano che nel caso specifico, alla luce dei concetti espressi nella sentenza n. 200 del 2009 di questa Corte, non sembra che le disposizioni censurate possano rappresentare norme generali sull’istruzione, in quanto esse non fissano affatto gli standard minimi, non toccano i cicli dell’istruzione, non regolano le finalità ultime del sistema dell’istruzione, né hanno ad oggetto la regolamentazione delle prove che consentono il passaggio ai diversi cicli o la valutazione periodica degli apprendimenti e del comportamento degli studenti. Allo stesso modo, però, neppure sembra che le norme censurate possano ritenersi espressione di principi fondamentali in materia di istruzione, poiché le stesse si risolvono nell’enunciazione di una serie di regole di dettaglio «che precludono l’esercizio di scelte che sono la ragione stessa dell’autonomia che la Costituzione riserva alle Regioni» (così, testualmente, le Regioni Emilia-Romagna e Liguria). Stabilire che non possono esservi scuole dell’infanzia, scuole primarie e secondarie di primo grado che non siano accorpate in istituti comprensivi (art. 19, comma 4) significa escludere in via assoluta la possibilità di dare risalto a specifiche particolarità locali, imponendo alle Regioni una mera attività di esecuzione. Analogamente, l’art. 19, comma 5, vietando di attribuire la dirigenza scolastica alle istituzioni scolastiche autonome con un numero di alunni inferiore ad una certa soglia fissata dallo Stato esclude, senza una plausibile ragione, qualunque possibilità di valutazione da parte delle Regioni, da compiere sulla base delle risorse disponibili. Non si tratta, quindi, di principi fondamentali, bensì, in modo evidente, di una normativa di dettaglio emessa in una materia di competenza concorrente.

Osservano poi le ricorrenti che una tipica competenza regionale – riconosciuta anche dalla giurisprudenza costituzionale intervenuta subito dopo la riforma del 2001 (sentenze n. 13 del 2004, n. 34 e n. 279 del 2005) e poi ribadita nella citata pronuncia n. 200 del 2009 – è proprio quella riguardante la programmazione della rete scolastica ed il dimensionamento degli istituti scolastici. Tale competenza era stata già conferita alle Regioni dall’art. 138 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59); né è pensabile che una funzione attribuita alle Regioni nel quadro costituzionale antecedente la riforma di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), sia stata poi alle stesse sottratta dopo tale riforma, che è orientata nel senso di una maggiore autonomia.

In particolare, la Regione Toscana sottolinea che le norme in esame rientrerebbero nel medesimo ambito di cui all’art. 64, comma 4, lettera f-bis), del d.l. n. 112 del 2008, già dichiarato costituzionalmente illegittimo con citata la sentenza n. 200 del 2009.

La totale mancanza di ogni coinvolgimento delle Regioni nel processo di ristrutturazione degli istituti scolastici determinerebbe, inoltre, la violazione del principio di leale collaborazione – che la Regione Basilicata, in particolare, ricollega all’art. 120 Cost. – e dell’art. 118 Cost. (richiamato dalle Regioni Toscana e Umbria), poiché, anche invocando il principio di sussidiarietà in senso ascendente, si sarebbe dovuta comunque garantire un’adeguata concertazione con le Regioni. Il che è ancor più grave se si pensa che la modifica legislativa è intervenuta nel mese di luglio, ossia a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico, in tal modo alterando decisioni ed assetti organizzativi già assunti dalle Regioni. A questo proposito, le Regioni Toscana, Umbria e Puglia fanno presente di essersi già dotate, con proprie leggi regionali o provvedimenti aventi natura di decreti, di un piano concernente il dimensionamento degli istituti scolastici.

Il carattere di norme di dettaglio delle disposizioni sottoposte a scrutinio, inoltre, lederebbe anche l’art. 117, sesto comma, Cost., in base al quale la potestà regolamentare spetta alle Regioni in tutte le materie che non rientrano in quelle di competenza esclusiva dello Stato.

4.— Le Regioni ricorrenti rilevano, inoltre, che le disposizioni contenute nell’art. 19, commi 4 e 5, del d.l. n. 98 del 2011 non possono trarre il loro fondamento giustificativo in altri titoli di competenza previsti dall’art. 117 della Costituzione.

Al riguardo, le Regioni Umbria e Puglia evidenziano che non può parlarsi, in questo caso, di disposizioni concernenti la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., perché la normativa impugnata non si preoccupa di imporre il raggiungimento di livelli qualitativamente minimi nel servizio istruzione – livelli che le Regioni possono certamente migliorare – ma detta, invece, una normativa specifica relativa alle dimensioni ed alla dirigenza degli istituti scolastici.

Tutte le Regioni ordinarie ricorrenti, infine, specificano che le disposizioni oggi sottoposte allo scrutinio della Corte, pur avendo un chiaro obiettivo di riduzione della spesa, non possono considerarsi principi fondamentali nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica. La giurisprudenza costituzionale, infatti, ha ribadito in più occasioni (si richiamano, tra le altre, le sentenze n. 182 del 2011, n. 120 e n. 289 del 2008 e n. 169 del 2007) che lo Stato può imporre legittimamente alle Regioni vincoli alle politiche di bilancio; tuttavia, affinché non venga invasa la sfera di competenza regionale, occorre che tali limiti riguardino l’entità del disavanzo oppure, ma solo in via transitoria, la crescita della spesa corrente, fermo restando che lo Stato non può mai fissare limiti precisi per singole voci di spesa, ma soltanto un limite complessivo che lasci alle Regioni la libertà di allocare le risorse nei diversi ambiti. Nel caso specifico, invece, la normativa statale lede ulteriormente la competenza concorrente delle Regioni nella materia citata, perché non lascia alle stesse alcuna possibilità di scelta.

5.— La Regione siciliana, infine, nel proprio ricorso, svolge considerazioni analoghe a quelle delle Regioni a statuto ordinario, ma richiama, inoltre, specificamente i parametri costituiti dalle norme dello Statuto speciale e dalle relative disposizioni di attuazione.

A norma dell’art. 14, lettera r), e dell’art. 17, lettera d), del r.d.lgs. n. 455 del 1946, infatti, la Regione è titolare di una potestà normativa primaria in materia di istruzione elementare e di una potestà concorrente relativa all’istruzione media e universitaria; l’art. 20 dello Statuto, poi, attribuisce alla Regione le funzioni esecutive ed amministrative nelle materie di competenza regionale. Tale quadro è completato dagli artt. 1 e 6 del d.P.R. n. 246 del 1985.

In attuazione di tali proprie competenze, la Regione siciliana precisa di essere intervenuta a regolare, fra l’altro, anche il dimensionamento degli istituti scolastici, con le proprie leggi regionali 24 febbraio 2000, n. 6, e 12 luglio 2011, n. 13. Scorrendo le disposizioni di queste ultime, si vede che la Regione ha fissato le condizioni numeriche che gli istituti scolastici sono tenuti a raggiungere per poter conseguire l’autonomia, per cui le indicazioni imposte dallo Stato vengono a confliggere con la normativa regionale. D’altra parte, la giurisprudenza costituzionale ha da tempo riconosciuto (vengono citate le risalenti pronunce n. 18 del 1969 e n. 165 del 1973) che la disciplina statale ha, nelle materie di competenza primaria della Regione, una sorta di efficacia suppletiva, tale che, ove la Regione abbia dettato norme proprie, le stesse prevalgono su quelle statali.

Osserva poi la ricorrente che le norme impugnate, invece, pur non essendo esplicitamente destinate ad operare anche nelle Regioni a statuto speciale, devono, in assenza di espressa previsione di garanzie delle loro competenze, ritenersi applicabili anche alle medesime.

La giurisprudenza costituzionale ha stabilito (sentenza n. 177 del 2004) che alla Regione siciliana spettano le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di pubblica istruzione, mentre allo Stato rimane la competenza relativa alla disciplina della natura giuridica e del riconoscimento legale degli istituti scolastici non statali, secondo un assetto che è da ritenere confermato anche alla luce dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Ne deriverebbe, pertanto, la sicura illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate.

Oltre alle citate lesioni, la Regione lamenta anche la violazione del principio di leale collaborazione, perché la normativa oggetto di ricorso è stata approvata senza alcuna previa concertazione con le Regioni.

6.— In tutti i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con singoli atti di identico contenuto, chiedendo che le prospettate questioni vengano dichiarate non fondate.

Osserva l’Avvocatura dello Stato che le norme impugnate impongono la formazione di istituti comprensivi per la scuola dell’infanzia, per quella primaria e per quella secondaria di primo grado.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 200 del 2009, ha chiarito che, anche dopo la riforma del 2001, lo Stato mantiene una competenza esclusiva in materia di norme generali sull’istruzione; secondo tale pronuncia, deve ritenersi che «il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, rivesta carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni». Alla luce di questo criterio, va riconosciuto che le norme censurate, andando ad incidere sulla determinazione degli standard strutturali minimi che le istituzioni scolastiche devono possedere, «si possono annoverare tra quelle disposizioni che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme su tutto il territorio nazionale»; in quanto tali, esse rientrano nella competenza esclusiva dello Stato. Come già in precedenza avveniva con l’art. 2 del d.P.R. 18 giugno 1998, n. 233 (Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59), anche l’attuale art. 19 risponde alla necessità di fissare criteri omogenei su tutto il territorio al fine di far acquisire alle istituzioni scolastiche l’autonomia e di consentire l’attribuzione della personalità giuridica.

Ad analoghe conclusioni si perviene, secondo l’Avvocatura dello Stato, anche richiamando la competenza concorrente in tema di istruzione prevista dall’art. 117, terzo comma, Cost.: infatti la natura di norma di principio emerge dal rilievo per cui le norme dell’impugnato art. 19, commi 4 e 5, contribuiscono a configurare la struttura portante del sistema nazionale di istruzione, al fine anche di consentire un’offerta formativa omogenea.

Rileva poi la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri che esiste, nella specie, anche un altro titolo di competenza statale, ossia quello del coordinamento della finanza pubblica. Le disposizioni in questione, infatti, in attuazione degli obiettivi finanziari già delineati dall’art. 64 del d.l. n. 112 del 2008, determinano evidenti risparmi di spesa «derivanti dalla riduzione del numero di istituti scolastici di 1.130 unità e dei posti di dirigente scolastico e di direttore dei servizi generali e amministrativi». In base alla giurisprudenza costituzionale (si citano le pronunce n. 417 del 2005, n. 181 del 2006 e n. 237 del 2009), una norma statale di principio, adottata in materia di competenza concorrente, può incidere su una o più materie di competenza regionale, anche di tipo residuale, il che comporterebbe la piena legittimità costituzionale delle disposizioni oggi in esame.

L’Avvocatura dello Stato rileva, infine, che la previsione di una soglia minima di alunni degli istituti scolastici costituirebbe uno degli standard per conseguire l’autonomia e che la relativa materia è di spettanza esclusiva dello Stato.

7.— In prossimità dell’udienza, hanno depositato memorie le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Puglia e Basilicata, confutando le argomentazioni difensive dell’Avvocatura dello Stato, in particolare rispetto alla attinenza delle norme censurate alla materia dei principi generali sull’istruzione. Le difese delle Regioni hanno, altresì, ribadito la illegittimità di tali disposizioni anche sotto il profilo della materia del coordinamento della finanza pubblica, facendo riferimento all’orientamento della Corte per cui in tale materia la legge statale può porre gli obiettivi, lasciando alle Regioni la scelta circa gli strumenti concreti per la loro realizzazione.

Considerato in diritto

1.— Le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Puglia, Basilicata e la Regione siciliana hanno proposto, con separati ricorsi, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; nei ricorsi delle Regioni Toscana, Umbria, Puglia e Basilicata le questioni sono state sollevate anche con riguardo al comma 5 del medesimo articolo.

Ad avviso delle ricorrenti, dette norme sarebbero in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto conterrebbero una normativa di dettaglio in una materia (l’istruzione) oggetto di competenza concorrente, posto che tali disposizioni non rientrano nella competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost. (norme generali sull’istruzione); con l’art. 117, sesto comma, Cost., secondo cui la potestà regolamentare spetta alle Regioni in tutte le materie che non rientrano in quelle di competenza esclusiva dello Stato; con l’art. 118 Cost., in quanto, anche invocando il principio di sussidiarietà in senso ascendente, si sarebbe dovuta comunque garantire un’adeguata concertazione con le Regioni; con l’art. 119 Cost., per lesione dell’autonomia finanziaria delle Regioni; con l’art. 120 Cost., per lesione del principio di leale collaborazione; ed infine, limitatamente alla sola Regione siciliana, le citate disposizioni sarebbero in contrasto con gli artt. 14, lettera r), 17, lettera d), e 20 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), nonché con gli artt. 1 e 6 del d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 (Norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia di pubblica istruzione), poiché la normativa statale interviene in un ambito nel quale alla Regione è riconosciuta competenza esclusiva e concorrente e, di conseguenza, anche esecutiva ed amministrativa.

2.— I giudizi vanno riuniti, avendo ad oggetto le medesime disposizioni, ancorché prospettate in riferimento a diversi parametri costituzionali.

Occorre preliminarmente rilevare che il testo dell’art. 19, comma 5, oggetto di censura ha subito, successivamente alla proposizione delle odierne questioni, una modifica ad opera dell’art. 4, comma 69, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), a decorrere dal 1° gennaio 2012. Il testo originario del comma 5, risultante dalla conversione del decreto-legge e vigente nel momento della proposizione dei ricorsi, era il seguente: «5. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 500 unità, ridotto fino a 300 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome». A seguito della suddetta modifica, le due soglie di 500 e 300 unità sono state innalzate, rispettivamente, a 600 e 400 unità; come si vede, si tratta di una modifica che non è in alcun modo satisfattiva delle pretese avanzate dalle Regioni ricorrenti, in quanto lascia praticamente inalterati i termini della lamentata lesione delle competenze, limitandosi a modificare le soglie numeriche necessarie per l’assegnazione alle istituzioni scolastiche di un dirigente scolastico con incarico a tempo indeterminato.

Ne consegue che, in considerazione della sostanziale identità di contenuto precettivo e del principio di effettività della tutela costituzionale nei giudizi in via principale, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, si procederà allo scrutinio dell’art. 19, comma 5, nel testo risultante dalla modifica suindicata, benché la nuova disposizione non sia stata oggetto di ulteriore ricorso in via principale (v., tra le ultime, le sentenze n. 139 e n. 237 del 2009, nonché la sentenza n. 15 del 2010).

3.— Passando al merito delle questioni, occorre esaminare per prima quella relativa all’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011.

È opportuno rilevare, ai fini del corretto inquadramento della questione, che il citato comma 4 è da ricondurre alla materia della «istruzione». La giurisprudenza di questa Corte, successivamente alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, intervenuta con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ha individuato i criteri del riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni nella materia dell’istruzione, allo scopo di porre una chiara linea di confine tra i titoli di competenza esclusiva e concorrente che sono stati entrambi previsti nell’art. 117 della Costituzione.

In particolare, con le sentenze n. 200 del 2009 e n. 92 del 2011 è stata chiarita, alla luce delle precedenti pronunce sull’argomento (fra le quali, si vedano la sentenza n. 13 del 2004 e le sentenze n. 34 e n. 279 del 2005), la differenza esistente tra le norme generali sull’istruzione – riservate alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost. – e i principi fondamentali della materia istruzione, che l’art. 117, terzo comma, Cost. devolve alla competenza legislativa concorrente. Si è detto, a questo proposito, che rientrano tra le norme generali sull’istruzione «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali». Sono, invece, espressione di principi fondamentali della materia dell’istruzione «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione, dall’altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell’intervento del legislatore regionale» (sentenza n. 92 del 2011 che richiama la precedente n. 200 del 2009).

L’art. 19, comma 4, oggi in esame contiene due previsioni, strettamente connesse: l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. Si tratta, quindi, di una norma che regola la rete scolastica e il dimensionamento degli istituti.

Va osservato che il legislatore, prima della citata riforma costituzionale del 2001, era intervenuto a regolare con apposite norme il riparto di competenze relative all’organizzazione della rete scolastica; l’art. 138, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), già disponeva che fossero delegate alle Regioni le funzioni amministrative riguardanti la «programmazione, sul piano regionale, nei limiti della disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali»; subito dopo, il d.P.R. 18 giugno 1998, n. 233 (Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59), ha disposto (art. 3) che le Regioni approvino il piano regionale di dimensionamento delle istituzioni scolastiche sulla base dei piani disposti dalle singole Province. Ne consegue che – come questa Corte ha avuto modo di rilevare fin dalle sentenze n. 13 del 2004 e n. 34 del 2005 – è del tutto implausibile che il legislatore costituzionale del 2001 abbia inteso sottrarre alle Regioni la competenza relativa al programma di dimensionamento delle istituzioni scolastiche che già era di loro spettanza in un quadro costituzionale segnato da una impostazione maggiormente centralizzata.

La legislazione degli anni più recenti è intervenuta con altre disposizioni in tale materia. L’art. 64, comma 4-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha disposto – riconoscendo, ancora una volta, la competenza delle Regioni – che le medesime dovessero provvedere, per l’anno scolastico 2009/2010, ad assicurare il dimensionamento delle istituzioni scolastiche autonome nel rispetto dei parametri fissati dall’art. 2 del citato d.P.R. n. 233 del 1998. Il successivo d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81 (Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), mirava a modificare il quadro normativo, disponendo, all’art. 1, che alla definizione «dei criteri e dei parametri per il dimensionamento della rete scolastica e per la riorganizzazione dei punti di erogazione del servizio scolastico, si provvede con decreto, avente natura regolamentare, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata» tra lo Stato e le Regioni. Il medesimo art. 1, peraltro, stabilisce che, fino all’emanazione del menzionato decreto ministeriale, continui ad applicarsi la disciplina vigente, in particolare il d.P.R. n. 233 del 1998, ivi compreso il relativo art. 3 da considerarsi abrogato soltanto all’atto dell’entrata in vigore del predetto decreto ministeriale (art. 24, comma 1, lettera d, del d.P.R. n. 81 del 2009).

Non risulta, comunque, che tale decreto sia mai intervenuto, tanto che alcune delle Regioni ricorrenti hanno fatto presente, negli odierni ricorsi, che l’art. 19, comma 4, in esame è stato emanato quando esse avevano già provveduto all’approvazione dei piani regionali di dimensionamento in vista dell’inizio dell’anno scolastico 2011/2012, piani evidentemente formulati secondo lo schema di cui al d.P.R. n. 233 del 1998.

4.— Alla luce delle osservazioni che precedono, la questione avente ad oggetto l’art. 19, comma 4, è fondata.

La disposizione censurata mostra, anzitutto, un certo margine di ambiguità perché, mentre impone l’aggregazione delle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, in istituti comprensivi, non esclude la possibilità di soppressioni pure e semplici, cioè di soppressioni che non prevedano contestuali aggregazioni. Ma, comunque, anche volendo disattendere questa possibile lettura, è indubbio che la disposizione in esame incide direttamente sulla rete scolastica e sul dimensionamento degli istituti, materia che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 200 del 2009, n. 235 del 2010 e n. 92 del 2011), non può ricondursi nell’ambito delle norme generali sull’istruzione e va, invece, ricompresa nella competenza concorrente relativa all’istruzione; la sentenza n. 200 del 2009 rileva, in proposito, che «il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche» è «ambito che deve ritenersi di spettanza regionale». Trattandosi di ambito di competenza concorrente, allo Stato spetta soltanto di determinare i principi fondamentali, e la norma in questione non può esserne espressione.

L’art. 19, comma 4, infatti, pur richiamandosi ad una finalità di «continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione», in realtà non dispone sulla didattica: esso, anche con questa sua prima previsione, realizza un ridimensionamento della rete scolastica al fine di conseguire una riduzione della spesa, come, del resto, enunciato dalla rubrica dell’art. 19 («Razionalizzazione delle spese relative all’organizzazione scolastica. Concorso degli enti locali alla stabilizzazione finanziaria»), dalla rubrica del Capo III del decreto-legge («Contenimento e razionalizzazione delle spese in materia di impiego pubblico, sanità, assistenza, previdenza, organizzazione scolastica»), nonché dal titolo del medesimo («Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria»). L’aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di 1.000 alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche ed il personale operante all’interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio; ma, in tal modo, essa si risolve in un intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale.

Il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerge, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia: in tal modo lo Stato stabilisce alcune soglie rigide le quali escludono in toto le Regioni da qualsiasi possibilità di decisione, imponendo un dato numerico preciso sul quale le Regioni non possono in alcun modo interloquire. Va ribadito ancora una volta, invece, come questa Corte ha chiarito nella sentenza n. 200 del 2009, che «la preordinazione dei criteri volti all’attuazione del dimensionamento» delle istituzioni scolastiche «ha una diretta e immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali e alle connesse esigenze socio-economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede regionale, con la precisazione che non possono venire in rilievo aspetti che ridondino sulla qualità dell’offerta formativa e, dunque, sulla didattica».

Occorre rilevare, per completezza, che l’Avvocatura dello Stato ha invocato, nei propri scritti difensivi, oltre ai titoli di competenza esclusiva ed ai principi fondamentali in tema di competenza concorrente in materia di istruzione, anche quello di competenza concorrente relativo al coordinamento della finanza pubblica.

La Corte osserva, al riguardo, che, pur perseguendo la disposizione in esame – come si è detto – evidenti finalità di contenimento della spesa pubblica, resta pur sempre il fatto che anche tale titolo consente allo Stato soltanto di dettare principi fondamentali, e non anche norme di dettaglio; e, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 326 del 2010).

Sulla base delle precedenti considerazioni, va rilevato che la disposizione sottoposta a scrutinio non risponde alle condizioni necessarie per costituire un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

L’Avvocatura dello Stato ha altresì invocato, con riferimento alla seconda parte del comma 4 in esame, la competenza esclusiva statale in materia di requisiti minimi che le istituzioni scolastiche devono possedere per essere definite autonome. È indubbio che competa allo Stato la definizione dei requisiti che connotano l’autonomia scolastica, ma questi riguardano il grado della loro autonomia rispetto alle amministrazioni, statale e regionale, nonché le modalità che la regolano, ma certamente non il dimensionamento e la rete scolastica, riservati alle Regioni nell’ambito della competenza concorrente. Va ricordato che la legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), che reca norme fondamentali sull’autonomia – invocata anche dall’Avvocatura dello Stato per motivare questa rivendicazione in competenza esclusiva – prevede, all’art. 21, che i «requisiti dimensionali ottimali» per l’autonomia vanno «individuati in rapporto alle esigenze e alla varietà delle situazioni locali». Anche a motivo di questa esigenza, ancor prima del nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, gli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 233 del 1998 – anche esso invocato dall’Avvocatura perché, in larga misura, tuttora in vigore – hanno previsto che i piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, previsti dall’art. 21 in questione, al fine dell’attribuzione dell’autonomia, vadano definiti in conferenze provinciali, nel rispetto degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali, riferiti anche agli ambiti territoriali, preventivamente adottati dalle Regioni, cui è affidata anche l’approvazione del piano regionale.

L’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, pertanto, va dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., essendo una norma di dettaglio dettata in un ambito di competenza concorrente. Restano assorbiti gli ulteriori parametri richiamati nei ricorsi delle Regioni, ivi compresi quelli relativi allo Statuto speciale ed alle disposizioni di attuazione invocati dalla Regione siciliana.

5.— La questione avente ad oggetto l’art. 19, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011, nel testo modificato dell’art. 4, comma 69, della legge n. 183 del 2011, non è fondata.

La disposizione censurata, come si è detto, prevede che alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto a 400 per le istituzioni site in piccole isole, comuni montani e aree caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato; tali istituzioni, invece, sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni autonome.

È indubbio che questa previsione incide in modo significativo sulla condizione della rete scolastica, ma va rilevato che la norma in questione non sopprime i posti di dirigente, limitandosi a stabilirne un diverso modo di copertura e, tenendo presente che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali e non regionali – come risulta sia dal loro reclutamento che dal loro complessivo status giuridico – è chiaro che il titolo di competenza esclusiva statale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., assume un peso decisamente prevalente rispetto al titolo di competenza concorrente previsto in materia di istruzione dal medesimo art. 117, terzo comma. La disposizione in esame persegue l’evidente finalità di riduzione del numero dei dirigenti scolastici – al fine di contenimento della spesa pubblica – attraverso nuovi criteri per la loro assegnazione nella copertura dei posti di dirigenza e questa materia rientra nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato.

Ne consegue che la questione relativa al censurato art. 19, comma 5, va dichiarata non fondata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse, nei confronti del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, dalla Regione siciliana e dalle Regioni Puglia e Basilicata;

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 5, del medesimo d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dell’art. 4, comma 69, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo e sesto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione, dalle Regioni Toscana, Umbria, Puglia e Basilicata, con i ricorsi indicati in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Sergio MATTARELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2012.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella MELATTI

Avviso 4 giugno 2012

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’istruzione
Direzione generale per l’istruzione e formazione tecnica superiore e per i rapporti con i sistemi formativi delle Regioni

LO SAPEVI CHE…..
“Il tuo primo posto di lavoro EURES”

La Commissione europea ha lanciato il Progetto pilota “Il tuo primo posto di lavoro EURES”, un’iniziativa promossa per combattere la disoccupazione giovanile e promuovere la mobilità professionale dei giovani, nell’ambito dell’iniziativa di Europa 2020 Youth on the Move e dell’iniziativa Youth Opportunities.

Il progetto mira a ridurre gli squilibri nel mercato del lavoro a livello di UE, promuovendo la mobilità, in particolare tra i paesi dell’Unione Europea con un elevato tasso di disoccupazione giovanile e quelli che devono far fronte alla carenza di competenze in settori economici specifici.

L’obiettivo, per il 2012-2013, è quello di offrire un sostegno finanziario diretto per aiutare circa 5000 giovani a trovare lavoro in un Paese dell’UE diverso da quello di residenza.

Il progetto fungerà inoltre da banco di prova per trasformare EURES – la rete dei servizi per l’impiego europei – in un servizio per l’occupazione paneuropeo.

Nel suo primo anno, il progetto si avvarrà del sostegno di quattro servizi nazionali per l’impiego, selezionati in Germania, Spagna, Danimarca e Italia, che offriranno un sostegno pratico e finanziario per il collocamento di giovani europei tra i 18 e i 30 anni alla ricerca di un posto di lavoro, o che desiderano cambiarlo, presso aziende ubicate in qualsiasi paese dell’UE.

Anche le piccole e medie imprese (con un massimo di 250 lavoratori), potranno chiedere un sostegno finanziario per coprire parte dei costi di formazione dei lavoratori neoassunti e per aiutarli a stabilirsi nel nuovo contesto.

La pagina web “Il tuo primo posto di lavoro EURES” è disponibile sul portale Europa all’indirizzo http://ec.europa.eu/social/yourfirsteuresjob: vengono fornite indicazioni per la partecipazione e sono disponibili una guida, un opuscolo ed un video, con informazioni dettagliate sull’iniziativa.

La CM 48/2012 sugli esami di licenza media

La CM 48/2012 sugli esami di licenza media

di Salvatore Nocera

Il MIUR ha emanato la circolare sugli esami di licenza media per  il prossimo Giugno 2012.

Interessante e fa discutere la norma che stabilisce nella pubblicazione dei quadri l’obbligo di scrivere, accanto al nome di alunni con disabilità che non conseguono il diploma ma il solo attestato, la dizione “ esito positivo “, come già avviene da anni per lo stesso caso relativo però agli esami di scuola superiore, in luogo della precedente dizione “ non licenziato”.

Alla luce delle critiche mosse alla c m n. 48/12, sugli esami di licenza media, circa l’espressione “ esito positivo “ da porre, nei quadri pubblicati all’albo della scuola, accanto ai nomi degli alunni con disabilità che conseguono il semplice attestato coi crediti formativi maturati , debbo ammettere quanto segue.

Debbo riconoscere che da sempre ho molto insistito con interventi orali  e scritti sia in convegni che al MIUR  ( e me ne scuso ) per l’adozione di una norma di tal genere, sulla base di due argomentazioni:

1-      Tutti gli alunni, compresi quelli con disabilità ( cui il Consiglio di classe ritiene  che possa essere rilasciato solo l’attestato) debbono essere ammessi agli esami, poiché l’attestato viene rilasciato esclusivamente dalla Commissione; Pertanto tali alunni con disabilità debbono avere un giudizio di ammissione  necessariamente  “ positivo “ non inferiore alla sufficienza;

2-      L’art 11 comma 12 dell’O M n. 90/01 stabilisce che l’attestato è titolo idoneo ai fini dell’iscrizione alle scuole superiori, sia pur al solo scopo del conseguimento di altro attestato; ciò in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 215/87 sul diritto pieno ed incondizionato di tutti gli alunni con disabilità di frequentare  anche le scuole superiori. Conseguentemente di fronte a norme simili sembrava incoerente far figurare sui quadri la dicitura “ non licenziato”,  o “ esito negativo “mentre sembrava più logico  il termine “ esito positivo”.

Però le critiche mosse a questa parte della c m n. 48/12 mi sembrano fondate con riguardo alla non comparabilità del valore dell’attestato rilasciato al termine della scuola superiore e quello rilasciato al termine della scuola media.

Io stesso ho scritto  già dall’entrata in vigore della L.n. 104/92 che il comma 2  dell’art 16 della stessa concernente esclusivamente gli esami di licenza media degli alunni con disabilità (riportato poi nell’art 9 del dpr n. 122/09)  ha un valore ed un significato del tutto diversi da quelli dell’attestato rilasciato agli alunni con disabilità con pei differenziato, al termine   degli esami conclusivi gli studi superiori.

Infatti, mentre l’attestato rilasciato al termine degli esami di scuola superiore certifica l’esito positivo rispetto al PEI “differenziato” svolto dall’alunno ( O M n. 90/01 art 15 ), l’attestato rilasciato al termine degli esami di licenza media è la presa d’atto  eccezionale ( stante l’ampia dizione dell’art 16, comma 2, Legge 104/92) di un esito negativo che però non preclude la frequenza delle scuole superiori in forza della sentenza della Corte citata.

Infatti il comma 2 dell’art 16 della L.n. 104/92 stabilisce che  Nella scuola dell’obbligo sono predisposte,“………….. prove

D’esame corrispondenti agli insegnamenti impartiti   e idonee a valutare il progresso dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.”

Conseguentemente sulla base del comma 2 dell’art 16 il mancato raggiungimento del  diploma  e quindi il rilascio dell’attestato deve essere un caso del tutto eccezionale.

Per inciso, la parificazione degli alunni con DSA che, a causa dell’esonero dagli esami delle lingue straniere, conseguono solo un attestato , è una parificazione forse un po’ forzata alla normativa degli alunni con disabilità con peri differenziato, che però mantiene una sua logica e non rompe la coerenza interna del sistema.

Per gli alunni con disabilità di scuola media che conseguono il semplice attestato, invece, c’è una contraddizione interna alla normativa che la nuova dizione della c m n. 48/12 purtroppo, vista alla luce delle critiche, non riesce a sanare.

Infatti o in caso di valutazione inferiore ai sei decimi si evita di ammetterli agli esami di licenza media, ma allora non possono conseguire l’attestato che , in base all’art 11 comma 12 dell’O M n. 90/01, può essere rilasciato solo dalla Commissione d’esami; o si emana una norma che consente il rilascio dell’attestato da parte del Consiglio di classe, venendo così meno la necessità di ammissione agli esami  solo quando l’esito della valutazione sia negativo.

In  questa seconda ipotesi diviene coerente col sistema l’apposizione  dell’abbandono della dizione “ esito positivo” e dell’accoglimento della dizione “ esito negativo”, però privando tali alunni della  possibilità di ammissione agli esami.

In tal modo si eviterebbe anche l’altra incongruenza evidenziata dalle critiche e cioè che, tali alunni, avendo la dizione “ esito positivo “ dovrebbero avere  accanto al proprio nome anche l’elenco dei voti; ora, se l’esito è positivo, tali voti debbono essere positivi, mentre il profitto  di tali alunni ha avuto una valutazione negativa; se si scrivessero i voti , in versione positiva, questi non corrisponderebbero al vero; se si omettessero in quanto negativi, per evitare la contraddizione tra la dizione ed i risultati, si commetterebbe una violazione della tutela dei dati personali, in quanto si avrebbero solo i nomi di tali alunni con la dizione “ esito positivo “ non seguito dai voti positivi, come obbligatoriamente avviene per gli altri compagni promossi.

Pertanto, scusandomi per le tesi fin oggi da me seguite, ritengo  che il Comitato tecnico dell’Osservatorio ministeriale  debba discutere i pro ed i contro di questa eventuale soluzione e  l’Amministrazione possa modificare  la normativa secondaria nel modo appena detto.

Chissà se l’Amministrazione, dati ii tempi strettissimi potrà procedere immediatamente a queste correzioni chiarificatrici già prima della pubblicazione dei risultati degli esami di quest’anno.

 

Cinque per mille. Genitori ‘partner’ della scuola

Cinque per mille. Genitori ‘partner’ della scuola
È sempre questione di finanziamenti

di Cinzia Olivieri

Grazie al recente progetto ministeriale “La scuola in chiaro”  è ora possibile conoscere la composizione percentuale delle entrate dei bilanci scolastici per fonte di provenienza, con esclusione delle spese di personale.

L’obiettivo appare quello di garantire maggiore trasparenza, in particolare per favorire una scelta consapevole dei genitori al momento dell’iscrizione, potendo accedere a dati riguardanti “l’offerta didattica e la qualità degli istituti”.

Premiare il merito: atmosfera di un sentire antico

Premiare il merito: atmosfera di un sentire antico

di Enrico Maranzana

Premiare lo studente dell’anno, gratificare chi si è distinto per il livello dei risultati ottenuti: una questione mutevole, che varia in funzione dell’ambiente di riferimento.

Il ministro Profumo ha rilasciato un’intervista in cui afferma di essere “profondamente rispettoso degli organismi collegiali” e di avere “una lunga esperienza di scuola”. Per quanto riguarda il suo vissuto l’università è il riferimento primario le cui problematiche hanno natura e struttura diversa da quelle della scuola. Sul versante degli organi di governo delle istituzioni scolastiche le anticipazioni sulle linee portanti la sua “riforma” contraddicono la prima affermazione.

Questo scritto esplora la premialità quale agente di miglioramento del servizio scolastico.

 

Le prove INVALSI, la certificazione delle competenze e la figlia del parrucchiere

Le prove INVALSI,  la certificazione delle competenze e la figlia del parrucchiere

di Beatrice Mezzina

Solidarietà agli studenti che hanno svolto le prove INVALSI,  soprattutto agli studenti del II anno del Biennio delle Superiori  e quindi anche alla figlia del mio parrucchiere.

La ragazzina in questione mi allieta qualche pomeriggio.  Guardo con lei qualche compito di Italiano in cui ha  difficoltà, le offro aiuto anche nella comprensione, ardua anche per me a volte, di qualche paragrafo di Storia, Geografia, in libri di testo scritti malissimo, non certo in funzione di ragazzini sedicenni. Si sa che i libri di testo hanno come destinatario prevalente gli insegnanti che li adottano.

Qualche volta il padre mi acconcia una messa in piega gratis.

Svagata come tanti  sedicenni, con il pensiero in un “altrove” inconoscibile tanta è la distanza generazionale, tra messaggini e magliette simpatiche, la ragazzina fortunatamente non sa di dibattiti su prove Invalsi, certificazione di competenze; è però attenta ai voti che le assegnano, ha l’occhio alla promozione.

Obiettivi degnissimi.

Quest’anno, il suo secondo anno di scuola superiore, è stata angosciata dall’INVALSI, come dice lei. E’ andata di pomeriggio a scuola per le simulazioni, ha comprato i libercoli circolanti in gran quantità, per la preparazione alle prove. Anche se le prove “vere”, i compiti in classe, quelli che danno i voti “che fanno media” sono di diversa struttura e tipologia, il tema libero, il commento ai “Promessi Sposi” e altro.

Mi ha chiesto: le prove INVALSI hanno un voto? fanno media? Perché le svolgiamo allora?

Ho tentato qualche risposta ma, quando ha saputo che non faranno media, non incideranno sulla sua valutazione, ha rallentato l’attenzione e la cura.

Il giorno della “somministrazione” – una parola da pozione  medica –  ha pensato quindi di non impegnarsi al massimo.

Quando le ho chiesto se avesse saputo rispondere alle richieste sul vecchio Andurro e sua moglie dal testo di Elsa Morante o se ricordasse la poesia di Vittorio Sereni proposta, stentava a ricordare.

Tralascio  la difficilissima  richiesta, anche per me incomprensibile nel settore  Grammatica: Riscrivi nella colonna 2 in ordine decrescente (dal più grande al più piccolo) gli elementi di organizzazione del testo elencati in disordine nella colonna 1. Il primo e l’ultimo sono già scritti.

Tra le indicazioni già scritte la virgola è abbinata divisione in paragrafi e il Punto a Divisione in capitoli. Misterium fidei. Qualcuno me lo spiegi.

Insomma, la sagace ragazzina mi ha riferito che nella classe non hanno fatto molta attenzione, la vigilanza non era serrata, si sono scambiati cenni segreti sulle crocette da inserire, sono usciti tutti contenti, tanto la prova non “faceva media” e le parole degli insegnanti sui punteggi generali della scuola e altre questioni siffatte non li toccavano punto.

Ma non è finita per Lei e per i suoi compagni.

L’altro giorno mi dice che farà le prove per la certificazione delle competenze, quelle di fine obbligo, anche se lei non sa cosa siano.

Mi dice che questa volta le prove “faranno media”, è molto preoccupata, mi chiede come saranno le prove.

Molte scuole di buona volontà si sono attrezzate, lavorando encomiabilmente nei dipartimenti  o in consorzi tra scuole, per formulare prove comuni di fine obbligo per consentire la certificazione delle Competenze, per corrispondere al modello previsto dal D.M. n. 9 del 27.01.2010 certificato delle Competenze di Base acquisite nell’assolvimento dell’Obbligo di Istruzione.

Su questo nodo così importante le scuole, anche quelle volenterose, andavano forse aiutate con un dibattito serio più ampio. Il dibattito sulle competenze poi si è scatenato con le accezioni più inverosimili.

Mi ricordano il libretto di Da Ponte nel Così fan tutte mozartiano in cui il librettista cita Metastasio:

E’ la fede degli amanti
Come l’araba fenice:
Che vi sia, ciascun lo dice;
Dove sia, nessun lo sa.
Se tu sai dov’ha ricetto,
Dove muore e torna in vita,
Me l’addita e ti prometto
Di serbar la fedeltà.

Ebbene, queste prove di accertamento delle competenze, almeno per l’Italiano e per quelle che ho visto, ricalcano le prove INVALSI, molto sull’accertamento delle competenze di lettura e di grammatica, poco sulle abilità di scrittura, pochissimo sull’ascolto e sul parlato, per la maggior parte strutturate per facilitare la correzione.

Con qualche svarione (capita se si lavora affannosamente a fine anno) come quando si chiede ai poveri ragazzini di fare l’analisi logica di una frase (ora si chiamano pomposamente Competenze morfosintattiche): X e Y, gli unici due sopravvissuti, fuggivano per sottrarsi all’annientamento  chiedendo di individuare la principale e le due subordinate (sic, purtroppo).

Dove sono le raccomandazioni  di alcuni testi di legge (Direttiva MIUR 15.07.2010 n.57 – Linee guida Istituti Tecnici e Direttiva 28.07.2010 n. 65 – Linee guida Istituti Professionali) che parlano di Insegnare per sviluppare competenze, con attenzione all’ ambiente di lavoro, alla didattica laboratoriale e, per valutare le competenze sviluppate parlano di pluralità di prove e informazioni,  di significatività delle prove, di attenzione ai processi?

Tutto questo la figlia del mio parrucchiere non lo sa e non sa nemmeno come saranno le prove, vuol sapere da me come si deve preparare. Queste fanno media.

Solidarietà ai ragazzi. Sono l’ultimo anello, debole, di tremende fibrillazioni nella scuola reale.

 

Guida alla lettura della circolare sulle adozioni dei libri di testo

Guida alla lettura della circolare sulle adozioni dei libri di testo

di Enrico Maranzana

Sono molti a pensare che il ritorno all’insegnamento tradizionale, alla buona vecchia scuola sia la via maestra, da percorrere per ridarle la dignità perduta: non è così.

Un atteggiamento conservativo che è la conseguenza di riferimenti concettuali immutabili e intangibili e, in particolare, di un vocabolario rimasto vincolato ai tipici parametri dei primi anni del secolo scorso. Le conseguenze di tale fissità si possono accertare sfogliando i POF: la trasmissione della conoscenza ne costituisce l’asse portante.

La lettura della circolare sull’adozione dei libri di testo del 2012 offre l’occasione sia per mettere a fuoco le resistenze frapposte al cambiamento, sia per indicare la via all’ammodernamento del servizio scolastico.

Giornata della lettura

Giornata della lettura

di Rossana Stiuso

Il giorno 17 Maggio 2012, come programmato, gli alunni della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto comprensivo “G. Palatucci” -Quadrivio di Campagna (Sa)-, più assidui alla lettura, hanno partecipato, nella biblioteca scolastica, ad un “Meeting sulla lettura”, dalle ore 10,30 alle ore 12,30, organizzato dalla funzione strumentale, prof.ssa Stiuso Rossana.

Incontro con Vinicio Ongini

Incontro con Vinicio Ongini

di Mario Coviello

Giovedì 7 giugno 2012, alle ore 17,00, nella bibliomediateca “ A. Malanga dell’Istituto Comprensivo di Bella( Potenza), lo scrittore Vinicio Ongini presenterà il suo libro, edito da Laterza, “ Noi domani , un viaggio nell’Italia multiculturale” .

Nel 2010 risultavano iscritti alla scuola italiana 673.800 stranieri, il 7,5% del totale, segnando una crescita complessiva del 7,0% nell’ultimo anno e dell’81,1% rispetto al 2005.

Frequentano l’I.C. di Bella, su 462 iscritti, oltre 40 alunni  provenienti dal Marocco, Romania, Albania, India, Pakistan.Da 16 anni la scuola di Bella è una scuola a colori che cerca di dare di più a chi ha di meno.

Vinicio Ongini ha insegnato nella scuola elementare dal 76 all’86 ed è assegnato al Ministero dell’ Istruzione dal 1996. Presta servizio presso l’Ufficio VI, Immigrazione, orientamento e lotta all’abbandono scolastico della Direzione generale per lo Studente. Si occupa delle problematiche sulla scolarizzazione di alunni stranieri e rom. Ha partecipato fin dall’inizio all’organizzazione del nuovo ufficio per l’integrazione degli alunni stranieri  ed ha coordinato il gruppo tecnico che ha contribuito alla redazione della C.M. nr. 24, 1 marzo 2006, “ Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”.È stato l’ideatore della didattica dei “personaggi ponte”, una metodologia di lettura “multiculturale” di alcuni personaggi della letteratura per l’infanzia. Ha organizzato progetti di scaffali e biblioteche multiculturali per enti locali e scuole e programmi di formazione alla lettura. Ha scritto: Una classe a colori. Manuale per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, A. Vallardi,Roma, 2009; Lo scaffale multiculturale, Mondadori, 1999; Il mondo nel pallone. Lo sport e l’educazione interculturale,Unicef, 2001; Chi vuole fiabe,chi vuole? Voci e narrazioni di qui e d’altrove, a cura di, Idest, Firenze, 2002; Le altre Cenerentole. Il giro del mondo in 80 scarpe, Sinnos, 2009.

Gli abbiamo rivolto alcune domande.

Chi è Vinicio Ongini ?

Sono un “maestro” prestato al Ministero dell’Istruzione. Sono anche un mancino, un grande lettore ( nel senso che leggo molto ), un ex giocatore di calcio ( 11 anni, pulcini della Cremonese), sono miope con le lenti a contatto e viaggiatore (per l’Italia), esperto di salami e “paesologo”, come dice lo scrittore poeta irpino Franco Arminio inventore della Paesologia.

Raccontaci della tua vita e della tua passione per la scrittura.

Ho insegnato in una classe multiculturale, a Roma, alla fine degli anni ottanta e all’inizio degli anni novanta, con un mio alunno filippino ho scritto un libro (la sua storia) in italiano e in tagalog. Questo libro è diventato il primo di una collana di libri bilingui, “I mappamondi”, introduzione di Tullio De Mauro, la prima collana di libri bilingui per ragazzi  nelle lingue degli immigrati.

Avevo studiato letteratura per l’infanzia  e così ho unito l’esperienza multiculturale della scuola  e il tema della lettura e delle biblioteche. Il mio interesse per le fiabe e le narrazioni è diventato “ a colori”.

Qual è il ricordo più bello del tuo lavoro di maestro?

Il ricordo più bello del mio lavoro di maestro è l’incontro con i bambini all’inizio della mattina, il formarsi della classe, anzi dell’”agorà” del mattino, il bisogno di raccontare da parte di alcuni, la sorpresa nel sentire le loro interpretazioni, anche di fatti drammatici. Sono convinto che bisogna dare più spazio alla parola e all’ascolto, la scuola è, può essere ancora, un insostituibile luogo di democrazia, anche in prima elementare.

Cosa hai portato al Ministero dell’Istruzione del tuo mestiere di maestro elementare?

Nel mio lavoro al Ministero, venendo dalla scuola elementare, ho portato soprattutto l’insofferenza per la burocrazia, per l’aria fritta di tanti progetti, il bisogno di parlare e scrivere in modo chiaro. Ma la burocrazia è quasi invincibile, ci vorrebbe l’astuzia di Ulisse, al Ministero, e tanti maestri e professori o dirigenti scolastici presi dalla prima linea. Dico sempre, per esempio, che non si può parlare di “intercultura” con una mamma preoccupata perchè nella classe di sua figlia ci sono troppi stranieri…Bisogna trovare le parole giuste.

Perché gli alunni stranieri sono una risorsa per la scuola pubblica italiana?

Gli alunni stranieri sono una risorsa perché a volte sono più plurilingui degli italiani, perché alcuni di loro si impegnano di più degli italiani (le loro famiglie investono di più sulla scuola), perché a volte ci costringono a confrontarci con idee diverse di scuola e di famiglia. Gli immigrati e i loro figli possono essere un “evidenziatore” dei nostri modelli e stili educativi. E non è poco: avercelo un evidenziatore! Ho scritto un decalogo sui “vantaggi” possibili della scuola multiculturale, pubblicato sul sito dell’editrice Laterza, dopo l’uscita del mio libro Noi Domani.

Perché ami tanto lo scrittore  Italo Calvino?

Perché Calvino si chiamava Italo. Non è già un omaggio all’Italia? E poi Calvino è nato a Cuba ( per questo i genitori lo hanno chiamato italo!). Ma soprattutto il libro

Fiabe italiane può essere letto o riletto e “usato”oggi come un libro che parla del tema del nostro tempo. Come tenere insieme le diversità locali e regionali e l’unità del Paese? Calvino lo ha fatto raccogliendo le tante diverse fiabe locali ( molte di esse appartenevano a raccolte dialettali ) nella cornice comune della lingua italiana. Insomma un libro interculturale!

Cosa sono i personaggi ponte e perché sono importanti per la nostra scuola multiculturale?

I personaggi ponte sono personaggi, figure, oggetti narrativi che appartengono a culture diverse, del Nord e del sud d’Italia, o del Nord e del Sud del mondo. Personaggi che uniscono, che hanno più cittadinanze, più identità. Per questo possono essere aiutanti didattici, perché servono ad unire le differenze di una classe , parlano a tutti, contribuiscono ad abbassare l’enfasi sulle appartenenze etniche. Il “folletto” per esempio, personaggio delle fiabe, appartiene, con nomi e caratteristiche diverse , alle tradizioni e al folclore del Sud , del Nord e di tanti diversi Paesi.

Qual è l’aspetto più significativo della scuola multiculturale italiana che racconti nel tuo libro “ Noi domani “ ?

L’aspetto più significativo della scuola multiculturale italiana è che contiene elementi e indicazioni sul futuro del nostro Paese. È, nel suo piccolo, un laboratorio dell’Italia che verrà, ci mette alla prova con le sue complessità, a volte ci disorienta ma così ci offre anche un’occasione di cambiamento. Un utile spaesamento.

Da anni  visiti le scuole italiane che conosci profondamente come dimostri nei tuoi libri. Com’è ? Di cosa ha bisogno?

C’è stanchezza e affanno negli insegnanti ma anche più creatività e voglia di fare di quanto si immagini, quindi è in grado di dare risposte, soprattutto se la politica sapesse valorizzare e raccogliere le tante esperienze di “resistenza”, nonostante la crisi, che vengono dalle scuole.

Secondo te, come sono oggi gli insegnanti ? Credi che siano in grado di dare risposte adeguate alla necessità di formazione dei giovani ?

C’è ancora passione negli insegnanti, certo non in tutti, ma il loro lavoro è forse diventato più difficile, si trovano, come ha detto un dirigente scolastico emiliano, nella condizione dei “ salmoni del San Lorenzo”, devono nuotare controcorrente, perché ciò che si fa o si cerca di fare  a scuola, è l’opposto di quello che fa la società: individualismo, scorciatoie, raccomandazioni… Ho notato differenze tra insegnanti del Nord  e del Sud d’Italia, come se a Sud , nonostante le maggiori difficoltà , o forse proprio per queste, ci fosse più utopia, più sogni, anche nella scuola. Forse è un atteggiamento più mediterraneo, un “ pensiero meridiano”, come lo definisce il sociologo Franco Cassano.

Per fare bene l’insegnante quali capacità bisogna avere ?

Penso che una dote importante per chi fa il mestiere di insegnante sia l’empatia, la capacità e  la curiosità di  ascoltare e interagire con gli allievi. Trasmettendo il gusto di imparare piuttosto che tante nozioni.

Concludiamo con le parole della prefazione al libro  di Tullio De Mauro “Vinicio Ongini va al concreto e viaggia attraverso le scuole italiane documentando difficoltà, scacchi e successi della scuola multiculturale. Chi, dall’informazione corrente, è frastornato da notizie di casi di xenofobia farebbe bene a seguirlo nel suo viaggio, a leggere i suoi concreti e suggestivi ‘casi di studio’. Se un rimprovero si può muovere alla nostra scuola è che non sempre essa è ben consapevole di quanto ha fatto, sa fare e fa per l’intero Paese. Il libro di Ongini, tra gli altri meriti, può essere d’aiuto, può stimolare il giusto orgoglio della nostra scuola pubblica”.

Se volete capire meglio l’Italia di oggi e quella di domani, se amate la scuola italiana e credete nel suo futuro e in quello delle giovani generazioni, Vi consigliamo questo libro.

Nota 1 giugno 2012, MIURAOODGOS/3420

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’Istruzione

Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica

Uff. II

 

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali

LORO SEDI

p.c.

Al Capo del Dipartimento per l’Istruzione

Al Capo del Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali

Al Gabinetto dell’On. Ministro

S E D E

 

OGGETTO: Problem Posing&Solving per l’attuazione delle Indicazioni Nazionali e le Linee Guida relative agli insegnamenti della Matematica e dell’Informatica dei nuovi Licei, Istituti Tecnici e Professionali.

Questa Direzione Generale, nell’ambito della propria attività istituzionale, ha promosso una serie di iniziative dirette a sostenere le molteplici innovazioni che hanno interessato in particolare gli ordinamenti dell’istruzione secondaria di secondo grado. Tra queste iniziative, un aspetto di rilievo assume la realizzazione del progetto indicato in epigrafe che con la presente nota si intende avviare.

Lo scopo del progetto, infatti, è quello di concorrere a concretizzare il cambiamento prospettato a livello normativo con il passaggio dai “programmi ministeriali d’insegnamento” alle Indicazioni Nazionali per i Licei e alle Linee Guida per gli Istituti Tecnici e Professionali. Un cambiamento che affida al docente una più libera gestione dei saperi e l’autonoma progettazione degli itinerari didattici più idonei al conseguimento dei risultati di apprendimento che Indicazioni e Linee Guida declinano e fissano per l’intero territorio nazionale.

Il progetto mira, pertanto, ad attivare, nell’ottica interdisciplinare della cultura del problem posing&solving, un confronto collettivo su percorsi innovativi per l’acquisizione di precise conoscenze, abilità e competenze riconducibili all’ambito degli insegnamenti della matematica e dell’informatica – già peraltro abbinati nelle classi del primo biennio dei Licei (con l’eccezione dell’opzione delle scienze applicate) – e mira altresì a elaborare e utilizzare su ampia scala specifiche prove di verifica che rendano comparabili gli esiti dell’apprendimento realizzato.

Tale scelta di ambito è motivata dal fatto che si registrano, rispetto alle situazioni dei paesi più avanzati, notevoli carenze in termini culturali ed operativi nei livelli più maturi di utilizzo dell’informatica, con particolare riferimento alle capacità di lavorare in contesti di calcolo e simulazione per affrontare problemi applicativi, essendo la conoscenza della “computer science”, infatti, cosa assai diversa dal saper utilizzare funzioni di navigazione su Internet, partecipazione a social network e comunicazione con Messenger, Skype, ecc…

Il progetto – che ha tra i principali soggetti proponenti l’AICA, il CNR, l’Università e il Politecnico di Torino – è pensato come un servizio da offrire ai docenti quale sostegno al loro lavoro quotidiano; uno strumento per realizzare occasioni d’incontro e di riflessione collettiva, sia in presenza che in rete, nonché per favorire l’innovazione didattica e la crescita professionale dei docenti. Fondamentale è al riguardo la prevista realizzazione di una piattaforma software per la registrazione degli obiettivi di apprendimento condivisi e posti a traguardo dell’azione didattica, dei percorsi didattici progettati, delle prove di verifica utilizzate, delle modalità di valutazione e dei suoi risultati, quale utile e unificante riferimento nazionale per scuole, docenti e studenti.

Gli obiettivi operativi possono essere così sintetizzati:

  • Sviluppare uno spazio di formazione integrata che interconnetta logica, matematica e informatica.
  • Costruire una cultura “Problem posing&solving” investendo, nell’ampio dominio applicativo degli insegnamenti disciplinari, anche d’indirizzo, una attività sistematica fondata sull’utilizzo degli strumenti logico- matematico-informatici nella formalizzazione, quantificazione, simulazioni ed analisi di problemi di adeguata complessità.
  • Assicurare una crescita della cultura informatica della docenza chiamata ad accompagnare la trasformazione promossa.
  • Adottare una quota significativa di attività in rete con azioni di erogazione didattica, tutoraggio, autovalutazione.

Il progetto, è focalizzato sul SECONDO BIENNIO (di cui il 2012/13 sarà l’anno d’avvio) e la sua organizzazione operativa prevede il coinvolgimento di 110 istituti d’istruzione secondaria di secondo grado con funzioni di “poli” delle reti territoriali. Gli istituti che assolveranno a tale compito, saranno individuati dai rispettivi UU. SS. RR. nel numero riportato nella tabella1 (allegata) e cortesemente comunicati entro l’8 giugno 2012 a: caterina.spezzano@istruzione.it e margherita.felcinelli@istruzione.it

Le fasi di realizzazione del progetto per l’a.s. 2012/013 sono le seguenti:

• Presentazione del piano a Uffici Scolastici Regionali, Istituzioni Scolastiche, Associazioni disciplinari, Università, Esperti ( 14 GIUGNO).

• Nomina da parte di ciascun Ufficio Scolastico Regionale di un Gruppo tecnico ristretto per seguire le attività previste dal progetto a livello territoriale (GIUGNO).

• Predisposizione delle azioni di diffusione dell’iniziativa e dell’informazione in rete e di forum interattivi per il coinvolgimento dei docenti nella condivisione di problemi significativi, dei percorsi d’insegnamento e della banca di item per la verifica degli apprendimenti (LUGLIO – SETTEMBRE).

• Incontro dei Comitati tecnici e preparazione dei seminari residenziali rivolti ai docenti delle scuole individuate come poli (LUGLIO).

• Incontri residenziali – uno al Nord, uno al Centro/ Sud – della durata di due giornate e mezza ( 20 ore ), che si terranno dal 4 al 6 e dal 10 al 12 SETTEMBRE 2012. A ciascuno di essi parteciperanno 80 docenti distribuiti in 4 gruppi di lavoro.

• Attuazione, nel periodo compreso tra ottobre 2012 e aprile 2013, di attività di Project Work coerente con le Indicazioni e le Linee Guida.

• Incontri residenziali – uno al Nord, uno al Centro/Sud – della durata di due giornate e mezza ( 20 ore) con la partecipazione degli stessi docenti distribuiti, per ciascun incontro, in quattro gruppi. Il programma degli incontri prevede: l’analisi della rete di conoscenze e di abilità individuate, il confronto delle esperienze realizzate e dei risultati ottenuti nella somministrazione delle prove di verifica. I seminari si terranno nel mese di APRILE/MAGGIO 2013.

• Stesura di un report finale sui risultati ottenuti e sua diffusione agli UU. SS. RR (GIUGNO 2013).

Le finalità del progetto sono tali da interessare e poter coinvolgere sul piano pedagogico e didattico tutti i docenti, contribuendo così ad instaurare un clima di partecipazione collettiva all’impegno formativo. Una tale finalità dovrà essere perseguita con successo mediante il concorso sinergico dell’intera Amministrazione, nella sua articolazione centrale e periferica. A tal fine è convocato per il giorno 14 giugno 2012, presso la Sala della Comunicazione del MIUR, un incontro, il cui programma dettagliato sarà comunicato con successiva nota, di presentazione del progetto al quale si auspica la presenza di rappresentanti degli UU. SS. RR. – incaricati dalle SS. LL, eventualmente attingendo al personale che ha già seguito o sta seguendo iniziative negli ambiti disciplinari della Matematica e dell’Informatica – e delle scuole individuate come poli territoriali.

Nel rimanere a disposizione per ogni ulteriore necessità di informazioni (ci si può anche rivolgere a: 06/58493230 e 06/58493632) si invitano le SS. LL. a favorire la più capillare diffusione della presente iniziativa presso gli istituti d’istruzione secondaria di secondo grado.

 

IL DIRETTORE GENERALE

F.to Carmela Palumbo

—————————————

Ripartizione regionale Istituti d’Istruzione Secondaria

 

 

Regione

Licei (escluso Liceo

Scientifico)

Liceo Scientifico

Istituti Tecnici

Istituti Professionali

 

Piemonte

2

2

2

1

Lombardia

3

3

3

2

Veneto

2

2

2

1

Friuli Venezia Giulia

1

1

1

1

Liguria

1

1

1

1

Emilia Romagna

2

1

2

2

Toscana

2

1

2

1

Umbria

1

1

1

1

Marche

1

1

1

1

Lazio

3

2

2

1

Abruzzo

1

1

1

1

Molise

1

1

1

1

Campania

3

3

3

2

Puglia

2

1

2

2

Basilicata

1

1

1

1

Calabria

1

1

1

1

Sicilia

3

2

3

2

Sardegna

1

1

1

1

 

 

 

 

TOTALE

31

26

30

23

         

Nota 1 giugno 2012, MIURAOODGSSSI prot. n. 2634/RU/U

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali

Direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi

 

Ai Dirigenti/Coordinatori delle Istituzioni scolastiche statali e paritarie

e p.c.

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali

Ai Dirigenti degli Uffici Scolastici Provinciali

Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle d’Aosta

Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento

Al Sovrintendente Scolastico per la scuola in lingua italiana di Bolzano

All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca di Bolzano

All’Intendente Scolastico per la scuola delle località ladine di Bolzano

Loro Sedi

 

Oggetto: Anagrafe Alunni – verifica delle posizioni anagrafiche.

 

Con la nota MIURAOODGSSSI prot. n. 2033/RU/U del 3 maggio u.s. si è richiamata l’attenzione sul nuovo scenario normativo nel quale si colloca l’Anagrafe Nazionale degli Studenti ponendo in risalto l’inderogabile esigenza del puntuale aggiornamento dei dati presenti nel SIDI.

La nota MIURAOODGSSSI prot. n. 2456/RU/U del 23 maggio ha illustrato il calendario delle attività previste per la conclusione dell’anno scolastico, finalizzate, a raccogliere e rilevare le informazioni sugli scrutini, gli esiti e gli esami di Stato degli Studenti.

Si segnalano, di seguito le attività necessarie per arrivare agli appuntamenti annunciati con una base anagrafica corretta:

 

Verifica degli alunni frequentanti: è opportuno verificare che siano riportati sul SIDI tutti gli eventi di uscita e di entrata dalla scuola (ritiri, trasferimenti …) in modo che il numero dei frequentanti sia corretto; porre particolare attenzione al corretto inserimento degli alunni provenienti da altra scuola (trasferimenti in corso d’anno);

Correzione delle posizioni anagrafiche registrate con il codice fiscale “fittizio”: tale situazione è da considerarsi temporanea, pertanto deve essere tempestivamente corretta nel momento in cui la scuola viene a conoscenza del codice fiscale dell’alunno;

Verifica dei codici fiscali “non validati” dall’Agenzia delle Entrate: in presenza di alunni con codice fiscale “non validato” dall’Agenzia delle Entrate è necessario che la scuola verifichi con l’interessato o con la famiglia, la corretta trascrizione nel SIDI dei dati anagrafici. Nel caso in cui la documentazione confermi quanto riportato nel SIDI è opportuno segnalare il caso all’Ufficio di Statistica che provvederà ad effettuare ulteriori controlli.

 

Si ricorda che in caso di presenza di codici fiscali “da validare” non occorre alcuna modifica da parte della scuola in quanto si tratta di codici fiscali che devono ancora essere sottoposti alla verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Le attività di verifica sopra elencate assumono particolare importanza per gli studenti che si accingono a sostenere l’esame di Stato, anche ai fini dell’integrazione delle basi dati dei diplomati con quelle delle immatricolazione alle Università, secondo quanto previsto dalla legge 4 aprile 2012, n. 35.

 

Il Direttore Generale

Emanuele Fidora

 

Nota 1 giugno 2012, Prot.MIURAOODGSSSI n. 2650/RU/U

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica

e

Direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi

 

Ai Presidenti delle Commissioni giudicatrici degli esami di Stato delle scuole secondarie di secondo grado

 

Oggetto: Esami di Stato e nuove procedure digitali.

 

Il corrente anno scolastico verrà ricordato come un anno importante per la digitalizzazione di numerose procedure che accompagnano e preparano i vari processi a carico dell’Amministrazione e delle istituzioni scolastiche. Ciò risulta particolarmente evidente per il settore degli esami di Stato delle scuole secondarie di secondo grado, ove la modalità telematica ha assunto un ruolo preminente già a partire dal corrente anno scolastico e che, a partire dal prossimo, sarà l’unica modalità di gestione e di trasmissione dei dati nel processo degli “Esami di Stato”.

Tra le iniziative intraprese, molte quelle da citare: dalla trasmissione delle domande di partecipazione alle commissioni d’esame, da parte dei dirigenti scolastici e dei docenti aspiranti alla nomina, possibile solo su Polis, attraverso la modalità delle Istanze On Line, all’invio delle tracce delle prove scritte per via telematica (cosiddetto “Plico telematico”), al nuovo applicativo “Commissione web” che integra il lavoro delle segreterie scolastiche con quello delle commissioni d’esame realizzando un processo di semplificazione e modernizzazione della Scuola. Ècon riguardo a quest’ultimo aspetto che si invitano i Presidenti delle Commissioni giudicatrici degli esami di Stato a voler favorire l’utilizzo, nello svolgimento delle attività connesse, del software “Commissione web”, accessibile dal sito web del Ministero, nella specifica sezione “Esami di Stato”, oppure altro software equivalente, per superare definitivamente, a partire dal prossimo anno, l’utilizzo di modelli cartacei.

 

Il Direttore Generale

Carmela Palumbo

 

Il Direttore Generale

Emanuele Fidora