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13 novembre DdL Autogoverno Scuole in 7a Senato

Il 13 novembre la 7a Commissione del Senato comincia l’esame, in sede referente, del testo unificato – “Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali”, già approvato dalla 7a Commissione della Camera in sede legislativa.

(7a Commissione Senato, 13.11.12)

Sui provvedimenti in titolo riferisce indi il relatore ASCIUTTI (PdL), il quale  pone anzitutto in luce che il n. 3542, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati, è frutto dell’unificazione di diversi progetti di legge ed ha avuto una lunga gestazione presso l’altro ramo del Parlamento. Sottolinea poi che i temi ivi trattati sono affrontati anche in altri disegni di legge di iniziativa parlamentare presentati in Senato, non a caso abbinati al provvedimento proveniente dalla Camera (atti Senato nn. 341, 637 e 1008), anche se originariamente la proposta dell’onorevole Aprea disciplinava sia gli organi collegiali che il reclutamento; ora il testo si focalizza invece solo sui primi, essendo state espunte le parti sul reclutamento. Per tali ragioni, fa presente che in seconda lettura non sono stati abbinati altri disegni di legge presentati in Senato che riguardano esclusivamente il reclutamento (ad esempio il n. 2411 del senatore Pittoni).

A livello complessivo, riscontra molte somiglianze tra il disegno di legge n. 3542 proveniente dalla Camera e il n. 1008 d’iniziativa dei senatori Rusconi e altri, intravedendo lo stesso impianto di sistema, benché il n. 1008 abbia anche una parte sul reclutamento. Il testo n. 637 del senatore Valditara ha a suo avviso un profilo differente, laddove prevede anche norme sulla deontologia del personale docente, sulla valorizzazione della professionalità e sull’inserimento degli alunni stranieri. Il disegno di legge n. 341 della senatrice Negri – prosegue il relatore – ha infine una portata più limitata, in quanto istituisce l’Associazione nazionale delle autonomie scolastiche quale organismo esponenziale delle scuole e delega il Governo a riordinare il relativo finanziamento su base regionale.

Venendo al contenuto del disegno di legge n. 3542, osserva in via generale un uso non sempre coerente della terminologia, che potrebbe dare adito ad equivoci in fase attuativa. Non del tutto lineare risulta inoltre a suo giudizio la stesura dell’articolato, nel senso che si registrano ripetizioni evitabili mentre mancano i richiami alle competenze specifiche svolte da ciascun organo, con il risultato che essere devono essere desunte per via sistematica con forte pregiudizio per l’interprete.

In dettaglio, illustra l’articolo 1 che afferma l’autonomia delle istituzioni scolastiche, riconosciuta in base all’articolo 21 della legge n. 59 del 1997 e dal regolamento n. 275 del 1999. Le scuole, definite parte del sistema nazionale di istruzione, concorrono ad elevare il livello di competenza dei cittadini e rappresentano un punto di riferimento per le comunità locali, chiamate a loro volta al perseguimento delle finalità educative delle istituzioni scolastiche unitamente alle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi. Dopo essersi soffermato sul comma 3 dell’articolo 1, relativo al riconoscimento dell’autonomia statutaria, rileva l’analogia con l’articolo 1 del disegno di legge n. 1008. Fa notare altresì che l’atto Senato n. 3542 stabilisce che gli statuti delle scuole disciplinano la composizione degli organi interni e la partecipazione della comunità scolastica, mentre i regolamenti riguardano il funzionamento dei medesimi organi interni. Al riguardo il relatore registra peraltro che nel testo si fa spesso riferimento ai termini “statuto” e “regolamenti” in maniera però a suo giudizio non univoca. Riferisce indi che gli organi di governo delle scuole promuovono il patto educativo tra scuola, studenti, famiglia e comunità locale valorizzando il diritto all’apprendimento, il dialogo costante tra docenti e famiglie e le azioni formative e sul territorio, similmente a quanto previsto nel disegno di legge n. 1008 all’articolo 2.

Secondo l’articolo 2 del disegno di legge n. 3542 – evidenzia il relatore – gli organi di governo sono distinti in base alle funzioni di indirizzo, di gestione e didattico-educative; essi sono il consiglio dell’autonomia, il dirigente scolastico, il consiglio dei docenti (con le sue articolazioni) e il nucleo di autovalutazione. Il consiglio dell’autonomia (articolo 3), cui spettano compiti di indirizzo, dura in carica 3 anni – tranne la rappresentanza studentesca che è annuale. Esso redige, approva e modifica lo statuto, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti; delibera il regolamento relativo al proprio funzionamento;adotta il piano dell’offerta formativa elaborato dal consiglio dei docenti;approva il programma annuale e il bilancio pluriennale di previsione;approva il conto consuntivo;delibera il regolamento di istituto;designa i componenti del nucleo di autovalutazione;approva accordi e convenzioni con soggetti esterni e definisce la partecipazione alle reti di scuole;modifica, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, lo statuto dell’istituzione scolastica, comprese le modalità di elezione, sostituzione e designazione dei propri membri;promuove la conferenza di rendicontazione. Al riguardo, il relatore evidenzia la sovrapposizione tra la lettera a) e la lettera i) del comma 1, entrambe incidenti sullo statuto, sia pure attraverso una terminologia diversa, rimarcando l’esigenza di un coordinamento. Registra altresì che risultano un regolamento di istituto e uno interno al consiglio dell’autonomia, entrambi deliberati dal consiglio.

Con riferimento alla maggioranza qualificata imposta per le modifiche allo statuto, lamenta poi la possibile situazione di impasse. Prospetta perciò l’ipotesi di prevedere che dopo tre votazioni infruttuose sia sufficiente la maggioranza semplice.

Segnala peraltro che un organismo simile al consiglio dell’autonomia è previsto dall’articolo 4 dell’atto Senato n. 1008, il consiglio dell’istituzione scolastica, che svolge funzioni di indirizzo e programmazione per la durata di un anno.

Descrive poi l’articolo 4 del disegno di legge n. 3542, secondo cui il numero di componenti del consiglio dell’autonomia è compreso tra 9 e 13 ed è fissato dallo statuto. Di esso fanno parte: il dirigente scolastico quale membro di diritto; la rappresentanza eletta dai genitori, che nelle scuole del primo ciclo è paritetica con quella eletta dai docenti, mentrenelle scuole secondarie di secondo grado è in numero pari con quella degli studenti ed è complessivamente paritetica con quella eletta dai docenti; un rappresentante eletto dal personale amministrativo, tecnico e ausiliario; ulteriori membri esterni, in numero non superiore a due, che non hanno diritto di voto, eletti con il voto favorevole almeno dei due terzi dei componenti del consiglio stesso. Anche in questo caso il relatore manifesta contrarietà circa la previsione di una maggioranza qualificata.

Dopo aver analizzato le altre disposizioni sulla composizione del consiglio e sulla sua presidenza, affidata ad un genitore, il relatore passa indi ad illustrare le competenze di gestione del dirigente scolastico, di cui all’articolo 5, mentre il consiglio dei docenti, in base all’articolo 6, ha funzioni didattico-educative. Quest’ultimo è composto da tutti i docenti e presieduto dal dirigente scolastico. Il relatore ritiene tuttavia che non siano correttamente elencate le sue competenze, che dovrebbero concernere la deliberazione sul regolamento interno; l’elaborazione del piano dell’offerta formativa (POF), adottato dal consiglio dell’autonomia; la progettazione dell’attività didattica.

Tra gli altri organi collegiali, fa presente che l’articolo 8 disciplina il nucleo di autovalutazione del funzionamento dell’istituto, composto da cinque a sette componenti tra i quali vi è almeno un soggetto esterno, individuato dal consiglio dell’autonomia, un rappresentante delle famiglie, uno dei docenti e uno degli studenti delle scuole superiori. In proposito, sempre sul piano della corretta stesura dei testi normativi, rimarca che l’articolo non esplicita la designazione di tutti i componenti ad opera del consiglio dell’autonomia, secondo quanto prevede invece l’articolo 3, comma 1, lettera g); si domanda dunque se il consiglio dell’autonomia agisce in duplice veste, nel senso che sia indica il membro esterno sia designa tutti i componenti. Sottolinea poi che il nucleo di autovalutazione si esprime sull’efficienza, sull’efficacia e sulla qualità del sistema scolastico e predispone un rapporto annuale anche sulla base degli indicatori dell’INVALSI; detto rapporto è assunto come parametro per l’elaborazione del POF e del programma annuale delle attività, nonché della valutazione esterna della scuola. All’esito di tutto ciò il consiglio dell’autonomia promuove annualmente una conferenza di rendicontazione, aperta a tutte le componenti scolastiche e ai rappresentanti degli enti locali e delle realtà sociali (articolo 9).

Il relatore segnala altresì che un meccanismo affine è previsto nel disegno di legge n. 1008, che dedica l’articolo 5 alla valutazione e autovalutazione dell’istituzione scolastica secondo le regole stabilite dallo statuto, mentre su un piano diverso si colloca l’atto Senato n. 637 che all’articolo 14 prevede la valutazione dei docenti, ai fini della progressione di carriera, e non della scuola nel suo insieme, com’è invece negli altri testi.

Afferma inoltre che un’ulteriore novità rappresentata dal disegno di legge n. 3542 è costituita dalla possibilità per le scuole di promuovere o partecipare alla costruzione di reti o associazioni nonchè ai poli tecnici-professionali; le scuole possono altresì ricevere contributi per il sostegno economico delle proprie attività, definendo però annualmente gli obiettivi di intervento e i capitoli di spesa (articolo 10).

Dà indi conto dell’articolo 11, istitutivo del Consiglio nazionale delle autonomie scolastiche, composto da rappresentanti eletti rispettivamente dai dirigenti, dai docenti e dai presidenti dei consigli delle istituzioni scolastiche autonome. In merito, fa notare che la dizione “consigli delle istituzioni scolastiche autonome” è alquanto ambigua, dovendosi intendere i “consigli delle autonomie delle istituzioni scolastiche”: i presidenti di questi organi sono dunque i genitori. Il Consiglio nazionale è presieduto dal Ministro e prevede la partecipazione anche di esponenti della Conferenza delle Regioni e delle province autonome, delle associazioni delle province e dei comuni e del presidente dell’INVALSI. La funzione principale di quest’organo è di favorire la partecipazione e la corresponsabilità tra lo Stato, gli enti locali e le autonomie scolastiche, tutelando la libertà di insegnamento, la qualità e la piena attuazione dell’autonomia.

Egli precisa in particolare che l’articolo 13, comma 4, abroga, a decorrere dalla data di insediamento del Consiglio nazionale delle autonomie scolastiche, le disposizioni sul Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), manifestando in merito alcune perplessità, tenuto conto della diversità tra i due organi. Pur comprendendo invero la ratio dell’abrogazione, alla luce dell’impianto fortemente autonomista della riforma, tale da rendere necessaria una forte spinta verso l’innovazione sostituendo un organismo di fatto ancorato al passato, sottolinea che il CNPI, oltre ad avere un’articolata composizione, svolge funzioni ben precise, in termini di attività consultiva al Ministro, in alcuni casi anche vincolante, sia sull’attività legislativa sia sull’organizzazione puntuale della vita scolastica. Non ritiene perciò che esso possa essere integralmente sostituito dal Consiglio nazionale delle autonomie scolastiche nella versione attuale, sollecitandone un’integrazione di competenze al fine di valorizzarne la vocazione autonomista, senza perdere però quel ruolo di supporto al Dicastero svolto ora dal CNPI.

Il relatore ravvisa poi a questo riguardo un’affinità di intenti con l’articolo 9 del disegno di legge n. 1008 che istituisce il Consiglio nazionale della scuola dell’autonomia, con funzioni analoghe a quelle dell’organismo citato dall’atto Senato n. 3542, ma con una composizione diversa e più dettagliata. Anche in questo caso, vengono abrogate dall’articolo 18 molte disposizioni del Testo unico sulla scuola, tra cui quelle sul CNPI.

Sempre circa l’articolo 11 del disegno di legge n. 3542 – precisa il relatore – si prevede che le regioni possano istituire la conferenza regionale del sistema educativo, scolastico e formativo la quale ha compiti consultivi in relazione agli atti regionali d’indirizzo e di programmazione in determinate materie. Le stesse regioni possono altresì istituire conferenze di ambito territoriale, che si esprimono tra l’altro sui piani di organizzazione della rete scolastica, su cui si pronuncia anche la conferenza regionale.

Illustra indi l’articolo 12 che attribuisce la valutazione del processo attuativo della legge ad un’apposita commissione di monitoraggio che presenterà una relazione alle Commissioni parlamentari competenti. Come illustrato in precedenza, fa presente che l’articolo 13 abroga numerose disposizioni del Testo unico sull’istruzione (decreto legislativo n. 297 del 1994), concernenti gli organi collegiali esistenti, a far data dalla costituzione dei nuovi organi previsti dal testo in esame.

Riferisce successivamente sull’articolo 15, che attribuisce all’ufficio scolastico regionale i compiti di controllo sullo statuto e di scioglimento del consiglio dell’autonomia, e stabilisce che con ordinanza del Ministro saranno fissate le modalità per lo svolgimento delle elezioni. Decorsi sei mesi dall’insediamento, il consiglio dell’autonomia adotta lo statuto e delibera il regolamento. In questo caso, il relatore presume che si tratti del regolamento dell’istituzione scolastica. Tiene peraltro a precisare che, rispetto a questo provvedimento, il disegno di legge n. 637 reca in più norme a tutela del personale scolastico (articolo 1), sanzioni per atti di bullismo o danneggiamento commessi in ambito scolastico (articolo 2), nonchè disposizioni per il sostegno della funzione docente. Esso istituisce altresì il consiglio di amministrazione (articolo 10) quale organo rappresentativo dei docenti, genitori e, limitatamente alla scuola secondaria di secondo grado, studenti. Inoltre, si stabilisce la deducibilità dei finanziamenti alle istituzioni scolastiche pubbliche (articolo 15) che, nella percentuale del 5 per cento, confluiscono in un fondo speciale presso il Ministero destinato alle scuole statali situate in aree svantaggiate e ad elevato rischio sociale.

Avviandosi alla conclusione, si sofferma brevemente sulle norme specifiche per il reclutamento degli insegnanti (articoli 12 e 13) contenute nel disegno di legge n. 1008, secondo cui si svolge un concorso pubblico annuale, all’esito del quale si può accedere a corsi universitari biennali di specializzazione (articoli 14 e 15). Concluso il biennio gli aspiranti docenti sono sottoposti a valutazione, il cui giudizio positivo è condizione per la stipula di un contratto a tempo indeterminato (articolo 16). Sul punto invita a tener conto che nuove procedure di reclutamento sono già state avviate mediante i tirocini formativi attivi (TFA).

Il 10 ottobre la 7a Commissione della Camera approva, in sede legislativa, il testo unificato – “Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali”, con le modifche apportate nelle sedute del 12, 19 e 26 settembre, 3 e 4 ottobre.

EMENDAMENTI APPROVATI

ART. 1.

Al comma 1, sostituire le parole: sancita dall’articolo 117 della Costituzione con le seguenti: costituzionalmente sancita.
1. 15. Il relatore.

Al comma 3, sostituire le parole: di cui alla presente legge con le seguenti: sull’istruzione.
1. 16. Il relatore.

Sostituire il comma 4, con il seguente:
4. Gli statuti delle istituzioni scolastiche regolano l’istituzione e la composizione degli organi interni, nonché le forme e le modalità di partecipazione della comunità scolastica. Per quanto attiene il funzionamento degli organi interni le istituzioni scolastiche adottano i regolamenti.
1. 17. Il relatore.

Al comma 5, lettera b) sostituire le parole: la professionalità con le seguenti: l’espressione della libertà di insegnamento.
1. 18. Il relatore.

ART. 2.

Al comma 1, sostituire le parole: funzioni tecniche con le seguenti: funzioni didattico educative.
2. 2. Zazzera, Di Giuseppe.

Al comma 1, lettera b) dopo la parola: dirigente aggiungere la seguente: scolastico,.
2. 4. Il relatore.

ART. 3.

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
a)
redige, approva e modifica lo statuto, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti.
3. 12. Il relatore.

Al comma 1, aggiungere la seguente lettera:
l)
promuove la conferenza di rendicontazione di cui all’articolo 9.
3. 13. Il relatore.

Sostituire il comma 3 con il seguente:
3. Il consiglio dell’autonomia dura in carica per tre anni scolastici ed è rinnovato entro il 30 novembre successivo alla scadenza. Coloro che nel corso del triennio perdono i requisiti per essere eletti in consiglio vengono sostituiti dai primi dei non eletti nelle rispettive liste. La rappresentanza studentesca viene rinnovata annualmente.
3. 11. Il relatore.

Al comma 5, sostituire le parole da: non è soggetto ad approvazione a: salvo il controllo con le seguenti: è sottoposto al controllo.
3. 14. Il relatore.

ART. 4.

Al comma 1 sostituire le lettere b), c), d) ed e), con le seguenti:
b) nelle scuole del primo ciclo la rappresentanza eletta dai genitori è paritetica con quella eletta dai docenti;
c) nelle scuole secondarie di secondo grado la rappresentanza eletta dai genitori e dagli studenti – in numero pari per ciascuna delle due componenti – è complessivamente paritetica con quella eletta dai docenti;
d) del consiglio fa parte un rappresentante eletto dal personale amministrativo, tecnico e ausiliare;
e) il consiglio può essere integrato, con il voto favorevole di almeno i 2/3 dei componenti del consiglio stesso, da ulteriori membri esterni, scelti fra le realtà di cui all’articolo 1 comma 2, in numero non superiore a due, che non hanno diritto di voto.
4. 15. (Nuova formulazione). Il relatore.

Sostituire il comma 3 con il seguente:
3. Il Consiglio dell’autonomia è presieduto da un genitore, eletto nel suo seno. Il presidente convoca il Consiglio dell’autonomia e ne fissa l’ordine del giorno. Il Consiglio si riunisce, altresì, su richiesta del dirigente scolastico o di almeno la metà dei suoi componenti.
4. 16. Il relatore (nuova formulazione)

Al comma 4, dopo le parole: senza diritto di voto aggiungere le seguenti: con funzioni di supporto tecnico-amministrativo.
4. 21. Il relatore.

ART. 5.

Al comma 1, dopo le parole: dirigente scolastico aggiungere le seguenti: nell’ambito delle proprie funzioni di cui all’articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Conseguentemente, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Al comma 2, dell’articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono sostituite le parole: «Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici,» con le seguenti: «Nel rispetto delle competenze del Consiglio dell’autonomia e del Consiglio dei docenti».
5. 3. (Nuova formulazione) Il relatore.

ART. 6.

Al comma 1, sostituire la parola: programmare con la seguente: progettare.

Conseguentemente, al comma 2, sostituire le parole: la programmazione con le seguenti: la progettazione e al comma 3, sostituire la parola: programmata con la seguente: progettata.
6. 4. Il relatore.

Al comma 1, dopo la parola: Statuto aggiungere le seguenti: e il regolamento relativo al Consiglio dei docenti e sue articolazioni e sostituire la parola: disciplina con la seguente: disciplinano.
6. 5. Il relatore (Nuova formulazione).

Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
5-bis. Il consiglio di classe è composto dai docenti di ciascuna classe, dai rappresentanti dei genitori e nella scuola secondaria di secondo grado dai rappresentanti di classe degli studenti.
6. 6. Il relatore.

ART. 7.

Al comma 1, sostituire le parole: valorizzano la con le parole: prevedono forme di.
7. 3. Il relatore.

ART. 8.

Al comma 1, sostituire le parole: da un minimo di tre con le seguenti: da un minimo di cinque e dopo le parole: e almeno un rappresentante delle famiglie aggiungere le seguenti: , un rappresentante degli studenti iscritto alla scuola secondaria di secondo grado e un rappresentante dei docenti.
8. 3. Il relatore.

ART. 9.

Al comma 1, sostituire le parole da: materie devolute a: in particolare con le seguenti: attività realizzate nell’ambito del piano dell’offerta formativa, in relazione anche alle finalità di cui all’articolo 1 comma 2, nonché.
9. 4. Il relatore.

ART. 10.

Al comma 1, sostituire le parole da: possono promuovere fino a: coordinamento delle stesse con le seguenti: possono promuovere o partecipare alla costituzione di reti, associazioni e organizzazioni no profit, consorzi e associazioni di scuole autonome, nonché ai poli tecnico professionali e agli istituti tecnici superiori di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 2 aprile 2007, n. 40.
10. 4. Il relatore.

Sopprimere il comma 2.
10. 5. Il relatore.

ART. 11.

Al comma 3, dopo le parole: dell’offerta formativa regionale aggiungere le seguenti: con il coordinamento regionale delle consulte provinciali degli studenti.
11. 8. Il relatore.

Dopo l’articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis.
(Commissione di monitoraggio).

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è costituita una commissione con lo scopo di monitorare per due anni il processo attuativo delle disposizioni di cui alla presente legge, presentando alle Commissioni parlamentari di merito una relazione sullo stato di attuazione. Ai componenti della commissione non spetta alcun compenso né rimborso spese a qualsiasi titolo dovuto.
11. 01. Il relatore.

ART. 12.

Dopo l’articolo 12, aggiungere il seguente:

Art. 12-bis.

1. Sono fatte salve le competenze delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano che provvedono alle finalità della presente legge in conformità ai propri Statuti speciali e alle relative norme di attuazione.
12. 02. Il relatore.

ART. 13.

Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti:
1-bis. In sede di prima attuazione della presente legge, con ordinanza del Ministro della pubblica istruzione sono stabiliti, nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 4, le modalità e i giorni per lo svolgimento delle elezioni, per la proclamazione degli eletti e per l’insediamento del consiglio dell’autonomia, di cui all’articolo 3, di tutte le istituzioni scolastiche.
1-ter. Decorsi sei mesi dall’insediamento, il consiglio dell’autonomia adotta lo Statuto e delibera il regolamento.

Conseguentemente, all’articolo 3 sopprimere il comma 4.
13. 1. Il relatore.

Fissato al 10 settembre il termine per la presentazione di emendamenti in sede legislativa, al testo unificato – “Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali”.

Il 7 giugno ed il 6 agosto la 7a Commissione prosegue l’esame, in sede legislativa, e delibera di adottare come testo base per il seguito della discussione il testo unificato – “Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali” – delle proposte di legge nn. 953, 806, 808, 813, 1199, 1262, 1468, 1710, 4202, 4896 e 5075, elaborato nel corso dell’esame in sede referente.

Il 4 aprile la Camera approva la proposta di trasferimento alla VII Commissione Cultura in sede legislativa delle proposte di legge nn. 953, 806, 808, 813, 1199, 1262, 1468, 1710, 4202, 4896 e 5075 relative alle Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali.

L’esame del provvedimento si svolge nei giorni: 26 gennaio, 1, 15, 21, 29 febbraio, 7, 14, 20, 21, 22, 27 e 28 marzo 2012.

Il 28 marzo la 7a Commissione approva tre emendamenti proposti dal relatore. Il presidente si riserva di trasmettere alla Presidenza della Camera la richiesta di trasferimento in sede legislativa del provvedimento.

Il 22 marzo 2012 la 7a Commissione approva un testo unificato delle proposte C. 953 Aprea e abbinate, C. 806, C. 808 e C. 813 Angela Napoli, C. 1199 Frassinetti, C. 1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale e C. 1710 Cota, C. 4202 Carlucci e C. 4896 Capitanio Santolini.

Il 26 gennaio la 7a Commissione della Camera riprende l’esame dei DdL relativi alle Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti rinviato, da ultimo, nella seduta del 9 luglio 2008.

Valentina APREA, presidente e relatore, innanzitutto saluta il sottosegretario professore Marco Rossi Doria, che oggi rappresenta il Ministro Profumo, ringraziandolo per la presenza e ricordando la sua grande esperienza come «maestro di strada».

Avverte, dunque, di aver presentato una proposta di testo unificato delle proposte di legge C. 953 Aprea ed abbinate, che chiede che la Commissione assuma come testo base per l’ulteriore prosieguo dell’esame.

Ricorda, quindi, ai colleghi che l’esame in sede referente della sua proposta di legge C. 953, recante norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti, ha avuto inizio nella seduta del 3 luglio 2008, nel corso della quale la Commissione ha deliberato, fra l’altro, la costituzione, ai fini della prosecuzione dell’esame, di un Comitato ristretto, riunitosi poi nelle sedute del 1o ottobre 2008, del 16 ottobre 2008, del 23 ottobre 2008 e del 13 gennaio 2009.

Ripercorrendo l’iter di esame del provvedimento, ricorda che, nel periodo intercorrente tra il 27 gennaio 2009 ed il 19 maggio 2009, la Commissione ha svolto molteplici audizioni informali di rappresentanti di numerose organizzazioni e categorie: organizzazioni sindacali, dirigenti scolastici e docenti, famiglie e studenti, associazioni di docenti, fondazioni, associazioni ed esperti del settore, rappresentanti di Confindustria e Fondazione Agnelli, di UPI ed ANCI, Consulte provinciali degli studenti di Cremona, Brescia e Brindisi. Infine, la Commissione ha svolto l’audizione informale del dottor Luigi Maramotti, presidente e amministratore delegato del gruppo Max Mara, presidente di una Fondazione per la formazione di quadri nel settore dell’abbigliamento, nonché di rappresentanti della Conferenza Stato-regioni. Ricorda, infine, che il Comitato ristretto è tornato a riunirsi nelle sedute del 30 giugno nonché del 16, del 22 e del 28 luglio 2009, proponendo, in quest’ultima data, l’adozione di un testo unificato delle proposte di legge in esame.

Osserva che, in considerazione della necessità di una consistente e radicale modifica del modello di gestione delle istituzioni scolastiche, ai fini di una piena e completa attuazione del principio dell’autonomia scolastica, alla sua proposta di legge sono state abbinate numerose altre proposte di legge, vertenti su analoga materia: la proposta di legge C. 808 Angela Napoli (Disciplina degli organismi di partecipazione e di responsabilità e delle strutture di supporto all’autonomia didattica, di ricerca e sviluppo delle istituzioni scolastiche), la proposta di legge C. 1199 Frassinetti (Norme concernenti gli organi collegiali di autogoverno delle istituzioni scolastiche), la proposta di legge C. 1262 De Torre ed altri (Disciplina del governo partecipato della scuola dell’autonomia), la proposta di legge C. 1468 De Pasquale ed altri (Disposizioni concernenti il governo partecipato della scuola dell’autonomia, la formazione degli insegnanti e il loro reclutamento), la proposta di legge C. 1710 Cota ed altri (Nuove norme per il reclutamento regionale del personale docente).

Segnala, quindi, che i gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Italia dei Valori hanno annunciato l’intenzione presentare nuove proposte di legge, da abbinare al testo oggi in discussione. Avverte, quindi, che, come già anticipato in Ufficio di Presidenza, l’esame del provvedimento non ripartirà dal testo originariamente formulato, sia per rispetto nei confronti del lavoro svolto finora dalla Commissione, sia in virtù delle numerose divergenze tra i testi depositati in Commissione. Propone, dunque, di riprendere l’esame del provvedimento partendo dall’ultima versione del testo discusso in Commissione, al fine di riaprire il dibattito fra le forze politiche e di dare al Ministro Profumo, quindi, la possibilità di presentare alla Commissione la posizione del Governo sui temi contenuti nella proposta di legge in esame. Ricorda, inoltre, che in sede di Ufficio di Presidenza saranno prese le ulteriori decisioni ai fini della prosecuzione dell’esame del provvedimento.

Illustra brevemente, quindi, i contenuti della proposta di testo unificato delle proposte di legge in esame, concernente la nuova governance delle scuole e lo stato giuridico dei docenti. Richiama, al riguardo, il dibattito che aveva impegnato la Commissione negli anni in cui il Ministro Fioroni era nel pieno delle sue funzioni, ricordando che il Ministro stesso si era dichiarato favorevole all’introduzione negli istituti scolastici dei consigli di amministrazione aperti alle imprese e alla possibilità per le scuole di trasformarsi in fondazioni, nonché alla modifica del sistema di finanziamento alle scuole attraverso le erogazioni librali e al coinvolgimento degli istituti nel reclutamento dei docenti.

In particolare, segnala che il capo I della proposta in esame regola l’autonomia statutaria delle istituzioni scolastiche, nel rispetto della Costituzione e, in particolare, delle disposizioni contenute nel titolo V, disponendo, in primo luogo, la distinzione tra organi di governo, tecnici e di valutazione stabiliti per legge e organi di partecipazione stabiliti dagli Statuti delle istituzioni scolastiche e, in secondo luogo, il superamento dell’autoreferenzialità delle istituzioni scolastiche attraverso la presenza nell’organo di governo, denominato consiglio di indirizzo, di membri esterni scelti dalle scuole tra i rappresentanti delle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi. Proseguendo nell’illustrazione del capo I della proposta di legge, ricorda che esso stabilisce la costituzione di fondazioni e consorzi a sostegno delle istituzioni scolastiche autonome e regolamenta, altresì, gli organi delle istituzioni scolastiche, ossia il dirigente, con funzioni di gestione, il consiglio, con funzioni di indirizzo, i consigli dei dipartimenti tecnici, gli organi di valutazione collegiale degli alunni ed il nucleo di valutazione.

Segnala, inoltre, che risultano fortemente innovative le competenze, la composizione e il funzionamento del consiglio di indirizzo e dei consigli dei dipartimenti tecnici. Osserva, in particolare, che questi ultimi trasformano il collegio dei docenti, di natura assemblearistica, in organismi di alto profilo tecnico, valorizzando al massimo i docenti, che costituiscono la comunità tecnico-professionale in servizio nelle istituzioni scolastiche.

Sottolinea, altresì, un’altra importante innovazione, ossia l’istituzione dei nuclei di valutazione del funzionamento dell’istituto, che rappresentano l’interfaccia della valutazione esterna e presuppongono una generalizzata cultura della valutazione esterna e dell’autovalutazione di istituto.

Al fine di fornire alla Commissione un aggiornamento sui dati relativi ai docenti della scuola italiana in servizio e in attesa di immissione in ruolo, illustra, dunque, il capo II della proposta in esame, relativo allo stato giuridico ed al reclutamento dei docenti. In particolare, ricorda che esso contiene norme che prevedono l’istituzione degli albi professionali regionali per i laureati che hanno concluso il percorso di formazione iniziale universitario; disciplinano il reclutamento dei docenti iscritti agli albi regionali, che avviene mediante concorsi regionali per titoli banditi dalle reti di scuole; prevedono la permanenza triennale dei docenti iniziali nella stessa scuola, con valutazione al termine del periodo per l’immissione in ruolo; stabiliscono che i docenti confermati possono, dopo il triennio, trasferirsi partecipando ai bandi delle reti scolastiche; prevedono un’area contrattuale separata per i docenti, all’interno del comparto pubblico della scuola.

Fornisce, altresì, alcune indicazioni relative all’articolazione della professione docente, articolata nei tre distinti livelli di docente ordinario, docente esperto e docente senior, cui corrisponde un distinto riconoscimento giuridico ed economico della professionalità maturata. Osserva che l’articolazione in livelli non implica sovraordinazione gerarchica e che la legge indica gli strumenti di valutazione periodica dei docenti, distinguendola tra interna alle istituzioni scolastiche ed esterna, oggi facente capo all’Invalsi, successivamente a carico degli ispettori indipendenti, come da raccomandazione OCSE.

Conclude l’illustrazione della proposta in esame menzionando il capo III, relativo alla rappresentanza istituzionale delle scuole autonome e ricordando che la previsione dei consigli delle autonomie scolastiche, fortemente richiesti dalle scuole, colmerebbe un vuoto istituzionale della rappresentanza territoriale delle autonomie scolastiche.

Sottolinea, quindi, che la sfida principale riguarda gli insegnanti, in quanto, se si punta all’eccellenza degli studenti – obiettivo irrinunciabile per essere ancora competitivi sul piano internazionale -, non ci si può accontentare di una docenza sempre più vecchia e burocraticamente assegnata alle scuole. Rileva come il gravissimo problema dell’impermeabilità della nostra scuola ai giovani insegnanti non possa essere risolto tramite un concorso. Segnala, inoltre, che l’età media dei docenti è altissima e che le recenti assunzioni nel settore, lungi dal produrre un ricambio generazionale, hanno, invece, stabilizzato i docenti precari che lavorano da anni nella scuola. Elenca, poi, alcuni dati, in considerazione del fatto che, nella sola scuola secondaria di secondo grado, oggi vi sono oltre 300.000 docenti, che costituiscono, a suo avviso, un esercito – composto prevalentemente da donne – difficilmente comparabile a quello degli appena 20.000 insegnanti di cento anni fa. Ancora con riferimento all’età media dei docenti, rileva che, mentre nei Paesi OCSE i due terzi dei docenti hanno meno di cinquanta anni, in Italia hanno più di cinquanta anni, con un picco in corrispondenza dei cinquantanovenni. Stigmatizza, inoltre, il fatto che i recenti provvedimenti sulle pensioni alzeranno ulteriormente questi limiti.

Segnala, quindi, le estreme complessità di tale problema, che non sembra avere facili soluzioni. Osserva, infatti, che l’Italia è l’unico Paese al mondo in cui l’abilitazione si raggiunge in un’età piuttosto avanzata e che ha consegnato il problema del reclutamento a sanatorie, come quella contenuta nel decreto-legge cosiddetto milleproroghe.

Cita, poi, alcuni dati certificati dal Ministero: vi sono 189.023 docenti di I fascia iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, di cui soltanto 70.412 con età minore di 36 anni; vi sono 4.592 iscritti solo abilitati, di II fascia, di cui 1.391 con età minore di 36 anni; vi sono, infine, 285.150 iscritti con il solo titolo di studio, di III fascia, di cui 188.128 con età minore di 36 anni. Pertanto, sommando ai 118.611 docenti gli ulteriori 3.201 nonché gli altri 97.022, si ottiene un totale di 218.834 docenti che hanno più di 36 anni inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) o nelle graduatorie permanenti (GAP) e che, quando saranno assunti in ruolo, dovranno cominciare a preparare le pratiche per la pensione! Auspica, pertanto, che il reclutamento dei docenti possa in futuro avvenire con modalità diverse, mai sperimentate in Italia, così come sostengono da tempo anche la Fondazione Agnelli, la Fondazione Treellle, il professor Vittadini, la Fondazione Astrid e le associazioni professionali dei docenti e dei dirigenti.

Prosegue, poi, con la lettura di un estratto da un articolo di Andrea Gavosto su La Stampa, secondo il quale «la qualità degli apprendimenti dipende dalla qualità degli insegnanti. Troppi sono anziani e demotivati, mentre quelli relativamente più giovani non vengono valorizzati. Occorre dare una prospettiva ai nostri docenti, rompendo il patto scellerato (vi do poco, vi chiedo poco) che ancora domina la scuola; occorre immettere forze più giovani, evitando di saltare una generazione, che oggi rappresenta un rischio concreto; occorre, infine, permettere che le scuole scelgano gli insegnanti e viceversa, in modo da ridurre l’eccessivo turnover che penalizza gli studenti più fragili».

Fa riferimento, altresì, ad un articolo del professor Giorgio Vittadini apparso sulla rivista ilsussidiario.net, secondo il quale «è impossibile costruire una scuola autonoma e libera senza che il reclutamento sia a livello della singola scuola. L’abilitazione accerta il raggiungimento di un certo livello di preparazione, ma poi deve essere la scuola a poter scegliere gli insegnanti che ritiene più adatti; occorre introdurre la possibilità di selezionare in base al merito, perché questa è una professione intellettuale ed è necessario avere la possibilità di diversificare». Lo stesso professor Vittadini prosegue lanciando «una proposta che può fare discutere: bisognerebbe poter far scegliere ad un insegnante se avere un incarico a tempo indeterminato con uno stipendio equiparabile agli attuali standard, oppure un contratto a tempo determinato con lo stipendio più alto. Rischi di più, ma prendi di più. Chi ha detto che l’unico tipo di contratto debba essere quello a tempo indeterminato? Ritengo che sia meglio concepire l’insegnamento come una professione liberale e, a fronte di rischi più grandi, cercare pian piano soluzioni che permettono di guadagnare di più … Almeno che sia lasciata la libertà di scelta, e questo però implica che il percorso di carriera preveda una valutazione concepita secondo un criterio e un percorso coerenti. Da questo percorso dipende la qualità di un progetto educativo-didattico che non può essere garantita senza alcuna valutazione lungo tutta la vita professionale, o senza stimoli, professionali o anche economici, come accade ora».

Trae, inoltre, alcuni spunti dal libro Istruzione bene comune della Fondazione ASTRID e, in particolare, dal saggio di Fiorella Farinelli, secondo cui «l’ipotesi di esaurire le graduatorie per via fisiologica significherebbe, tenendo conto dell’andamento demografico e delle decisioni recentemente assunte, tese ad allineare alla media OCSE il rapporto tra insegnanti e allievi, un tempo di almeno una quindicina d’anni … la sola decisione possibile per non chiudere per molto tempo la porta ai giovani e per non rinviare sine die un nuovo statuto della professione docente passa attraverso: 1) l’abolizione dell’accesso all’insegnamento secondo il criterio esclusivo dell’anzianità di esperienza nella scuola; 2) l’istituzione di albi professionali comuni alle due tipologia di aspiranti; 3) l’introduzione della chiamata diretta da parte delle istituzioni scolastiche e, quindi, l’affidamento alle scuole della responsabilità di scegliere chi assumere in base ai titoli e ai curricoli (integrati, se si introdurranno appositi dispositivi di valutazione, da valutazioni formali della qualità del lavoro finora svolto)».

Ringrazia, in conclusione, i colleghi per l’attenzione prestata, auspicando che nella prossima seduta si possa svolgere un ampio e approfondito dibattito sulla materia in esame.

30 – 31 ottobre Riordino Province in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 30-31 ottobre 2012, approva un Decreto-Legge per il riordino delle province e l’istituzione delle città metropolitane

RIORDINO DELLE PROVINCE

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto-legge che completa il percorso avviato nel mese di luglio, finalizzato al riordino delle province e all’istituzione delle città metropolitane.

La riforma si ispira ai modelli di governo europei. In tutti i principali Paesi Ue, infatti, ci sono tre livelli di governo. Il provvedimento consente inoltre una razionalizzazione delle competenze, in particolare nelle materie precipuamente “provinciali” come la gestione delle strade o delle scuole. Con il decreto approvato le province sono state ampiamente ridotte.

Dal 1° gennaio prossimo le giunte delle province italiane saranno soppresse e il Presidente potrà delegare l’esercizio di funzioni a non più di 3 Consiglieri provinciali.

Il numero delle province delle Regioni a statuto ordinario si ridurrà da n.86 a n.51 (ivi comprese le città metropolitane)

Il riordino delle province è stata l’occasione che ha spinto numerosi Comuni a chiedere lo spostamento in un’altra provincia, confinante con quella di appartenenza, per ragioni di maggiore affinità territoriale e socio-economica.

Dal 1° gennaio 2014 diventeranno operative le città metropolitane, che sostituiscono le province nei maggiori poli urbani del Paese realizzando, finalmente, il disegno riformatore voluto fin dal 1990, successivamente fatto proprio dal testo costituzionale e, tuttavia, finora incompiuto.

Per assicurare l’effettività del riordino posto in essere, senza necessità di ulteriori interventi legislativi, il Governo ha delineato una procedura con tempi cadenzati ed adempimenti preparatori, garantiti dall’eventuale intervento sostitutivo di commissari ad acta.

Resta fermo il divieto di cumulo di emolumenti per le cariche presso gli organi comunali e provinciali. Resta altresì ferma l’abolizione degli Assessorati. Infine gli organi politici devono avere sede esclusivamente nelle città capoluogo

Il riordino delle Province è il primo tassello di una riforma più ampia che prevede la riorganizzazione degli uffici territoriali di governo (prefetture, questure, motorizzazione civile etc etc) in base al nuovo assetto. Dunque anche gli altri uffici su base provinciale saranno di fatto dimezzati. Al termine di questo processo sarà possibile calcolare gli effettivi risparmi che comporterà l’intera riforma.

Il Consiglio approva inoltre un Decreto Legislativo che recepisce la direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese, e tra Pubbliche Amministrazioni e imprese, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2013.

L’approvazione, oggi, da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per gli Affari Europei e della Giustizia del decreto legislativo che recepisce la direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese, e tra Pubbliche Amministrazioni e imprese, attua la delega conferita al Governo con l’articolo 10 della legge n. 180 del 2011 (Statuto delle imprese).

Nonostante il termine per il recepimento della direttiva sia fissato al 16 marzo 2013, il Governo ha voluto provvedere ad una sua attuazione anticipata dal 1° gennaio 2013 in considerazione della importanza della normativa nonché dell’opportunità peculiare di garantire, in questo momento, le imprese e più specificatamente le piccole e medie imprese.

L’Italia è il primo grande Paese europeo a dare attuazione alla direttiva. Il decreto legislativo è il frutto di una intensa attività di coordinamento del Ministro per gli Affari Europei con il Ministro co-proponente della Giustizia.

L’Italia si dota, così, in anticipo sui tempi europei di una più rigorosa disciplina per contrastare i ritardi di pagamento, in particolare per quanto riguarda le Pubbliche Amministrazioni. Sono così assicurati termini certi di pagamento: di norma trenta giorni, che non possono comunque superare i sessanta, consentiti solo in casi eccezionali.

Il decreto prevede, altresì, una maggiorazione del tasso degli interessi legali moratori, che passa dal 7% all’8% in più rispetto al tasso fissato dalla BCE per le operazioni di rifinanziamento.

Per quanto riguarda i rapporti tra imprese, il decreto legislativo dispone un regime rigoroso stabilendo che il termine di pagamento legale sia di trenta giorni e che termini superiori a sessanta giorni possano essere previsti solo in casi particolari e in presenza di obiettive giustificazioni.

La disciplina del decreto legislativo si applicherà ai contratti conclusi a partire dal 1° gennaio 2013. Le Pubbliche Amministrazioni e le imprese avranno così il tempo per adeguarsi alle nuove norme e per adottare procedure operative e contabili più funzionali a prassi di pagamento rapido.

 

26 ottobre TFS in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 26 ottobre, ha approvato “un decreto legge che, in attuazione della recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2012, ripristina la disciplina del trattamento di fine servizio nei riguardi del personale interessato dalla pronuncia.
Per quanto riguarda le altre parti della sentenza della Consulta, il Consiglio ha stabilito che si procederà in via amministrativa attraverso un DPCM ai sensi della legislazione vigente.

 

18 ottobre Licei Sportivi nelle 7e Commissioni

La 7a Commissione della Camera, il 18 ottobre, esprime parere favorevole con condizioni sullo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di organizzazione dei percorsi della sezione ad indirizzo sportivo del sistema dei licei

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),
esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di organizzazione dei percorsi della sezione ad indirizzo sportivo del sistema dei licei (Atto n. 501);
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con le seguenti condizioni:

1) venga istituito presso il Ministero dell’istruzione, università e ricerca un apposito gruppo di lavoro, per un quinquennio dall’entrata in vigore del regolamento, avente la funzione di armonizzare e monitorare sul territorio nazionale l’assetto organizzativo-didattico-disciplinare dei nuovi licei ad indirizzo sportivo, tenendo presente le scuole con esperienze già maturate in campo didattico-sportivo, con particolare riferimento agli studenti che già frequentano indirizzi a carattere sportivo, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 275/99 sull’autonomia scolastica, le professionalità già formate e l’impiantistica sportiva specifica di ogni istituto, nonché la cultura sportiva propria di ogni territorio;
2) si faccia riferimento, con riguardo alla fonte del potere regolamentare che viene esercitato, all’articolo 64, comma 4, lettera b), del decreto-legge n. 112 del 2008;
3) all’articolo 3, comma 5, si aggiungano, dopo le parole: «nel rispetto della programmazione regionale dell’offerta formativa», le seguenti: «la valutazione effettuata dall’ufficio scolastico regionale»;
4) all’articolo 4, comma 1, lettera b), si aggiunga il seguente periodo: «Le convenzioni stipulate tra le scuole paritarie e il CONI e CIP devono essere conformi alle eventuali convenzioni stipulate tra ufficio regionale scolastico e gli stessi organismi sportivi.»;
5) all’articolo 4, comma 1, lettera c), si espliciti che anche le province, i comuni e le città metropolitane siano aggiunti agli enti che possono stipulare con le scuole le convenzioni di cui alla presente disposizione;
6) si tenga conto, nel regolamento che disciplinerà le classi di concorso, che gli insegnamenti di «scienze motorie sportive», «discipline sportive» e «diritto ed economia dello sport» saranno assegnati alle classi di concorso già esistenti;
7) all’articolo 1, comma 3, si sostituisca la parola «adeguate» con la seguente: «adeguati»;
8) si provveda a monitorare il crescente ricorso al sostegno, attualmente spesso finalizzato ad ottenere un maggior numero di insegnanti, prevedendo eventuali correttivi;
9) si sostituisca in tutto il regolamento il termine «disabili» con l’espressione «alunni disabili e con bisogni educativi speciali»;
10) si consideri prioritario il sostegno al singolo alunno disabile, valutando di svolgere una riflessione sulla legge n. 517 del 1977, anche alla luce dei trentacinque anni di applicazione dalla sua entrata in vigore;
11) si aumenti la pratica sportiva nelle scuole di ogni ordine e grado, con il considerare un impegno più vasto rispetto all’azione avviata dall’atto in esame, al fine di incrementare l’attività e la cultura sportiva nelle scuole.

Il 16 ottobre la 7a Commissione del Senato esprime parere favorevole con condizioni e osservazioni sullo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di organizzazione dei percorsi della sezione ad indirizzo sportivo del sistema dei licei

La Commissione, esaminato, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e dell’articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica  in titolo,
tenuto conto che:
–                   il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, recante la riforma dei licei, prevedeva che alla riorganizzazione di alcuni percorsi formativi particolari, fra cui le sezioni ad indirizzo sportivo, si provvedesse con distinto regolamento, il quale colma perciò il vuoto normativo finora registrato;
-le nuove sezioni non rappresentano dei licei aggiuntivi rispetto ai sei già previsti dalla normativa (artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane), ma si inseriscono strutturalmente nel percorso del liceo scientifico – in quanto afferenti all’ambito matematico e delle scienze naturali nonché del diritto ed economia (articolo 2, comma 1) – di cui pertanto costituiscono un’articolazione (come già accade per l’opzione Scienze applicate);
-rispetto al liceo scientifico queste sezioni si caratterizzano per il potenziamento dell’insegnamento di Scienze motorie e sportive e per l’introduzione di nuove materie come Diritto ed economia dello sport e Discipline sportive. In quest’ultima, in particolare, si approfondiscono teoria e pratica di molti sport, la cui scelta sarà rimessa all’istituzione scolastica, in base alle richieste delle famiglie e alle esigenze del territorio;
-affinché il monte ore annuali resti immutato, pari a 27 ore settimanali nel primo biennio e 30 ore settimanali nel secondo biennio e nell’ultimo anno, si prevede la soppressione dell’insegnamento di Disegno e storia dell’arte, nonché del Latino, e si riduce di un’ora a settimana l’insegnamento di Filosofia;
preso atto che la diminuzione di ore relative all’insegnamento del latino e della storia dell’arte non determinerà alcun esubero per i docenti di tali classi di concorso, i quali saranno facilmente riassorbiti negli altri licei;
valutato favorevolmente che le nuove discipline introdotte saranno rimesse a docenti di classi di concorso già esistenti o da istituire, posto che gli insegnamenti obbligatori non saranno comunque svolti da personale esterno;
considerato che i destinatari di tale innovazione saranno tutti gli studenti, anche disabili, e non solo quelli che già svolgono attività sportiva a livello agonistico;
ritenuto essenziale che l’avvio delle nuove sezioni avvenga nei tempi congrui per definire l’organico di diritto dell’anno di riferimento;
considerato che l’accesso a tali nuove sezioni è aperto agli studenti disabili al pari di ogni altro ordine e grado di scuola;
condivisa l’importanza di diffondere in età scolare i valori positivi dello sport, il cui esercizio può contribuire in maniera determinante ad una migliore qualità della vita fino a tarda età, con ricadute positive anche in termini economici sul Servizio sanitario nazionale;
osservato comunque che, per corrispondere alla domanda di incrementare l’attività sportiva a scuola proveniente dalla società civile, nonché per combattere patologie che hanno effetti sempre più negativi sulla salute come l’obesità, è necessario aumentare la pratica sportiva in tutti gli ordini e gradi di scuola, con un impegno assai più vasto rispetto all’azione avviata dall’atto in titolo, che pure costituisce un arricchimento dell’offerta formativa,
condivisi i pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata,
esprime parere favorevole con la seguente condizione:
a)      in considerazione della estrema specificità della materia, che rischia di snaturare il percorso formativo liceale, si ritiene necessario sopprimere dal piano di studi l’insegnamento di “Diritto ed economia dello sport”. Quanto alle tre ore settimanali così recuperate, si suggerisce di restituire a “Filosofia” quella che le era stata sottratta, onde rafforzare l’apprendimento logico-argomentativo dei ragazzi, e di utilizzare le altre due per potenziare la materia caratterizzante “Discipline sportive”, oppure per reintrodurre “Disegno e storia dell’arte”.
La Commissione formula altresì le seguenti osservazioni:
1.                  circa la collocazione di dette sezioni all’interno del liceo scientifico, onde evitare una eventuale discordanza con il profilo di uscita tipico dei licei,  si suggerisce un attento monitoraggio, in itinere  e finale;
2.                  in base al decreto, il numero di sezioni che saranno attivate corrisponderà in prima applicazione ad un totale di circa 100, da distribuire in ciascuna Regione secondo il numero delle sue attuali province. Sulla questione si invita peraltro l’Esecutivo a valutare la possibilità che, a condizione di invarianza della spesa, garantita la qualità della didattica e tenuto conto dei risultati dell’attività di monitoraggio, sia rimessa alla programmazione regionale l’istituzione di ulteriori sezioni ad indirizzo sportivo, anche oltre il predetto limite di 100. Si ravvisa infatti un grosso limite, rispetto alle attese delle famiglie, nell’esiguo numero di sezioni attivabili, tale da creare false aspettative tra le famiglie e da non colmare il divario tra la scuola e il mondo dello sport;
3.                  tenuto conto della possibilità che a tali sezioni si iscrivano giovani che praticano sport a livello agonistico e che pertanto sono costretti ad assenze concentrate nei periodi di gara, si reputa necessario assicurare tutte le forme di flessibilità consentite dalla normativa sull’autonomia scolastica. Si invita inoltre l’Esecutivo a valutare in futuro una maggiore caratterizzazione in questo senso, a parità di qualità didattica;
4.                  in ordine alle misure operative, si ritiene opportuno specificare che anche le convenzioni stipulate dai gestori delle scuole paritarie con il CONI e il Comitato italiano paralimpico (CIP) siano sottoposte al rispetto delle linee programmatiche concordate tra Ministero, CONI e CIP per le scuole statali;
5.                  relativamente alle verifiche periodiche dell’efficacia del nuovo indirizzo si suggerisce di inserire una cadenza fissa, almeno biennale, e una a fine quinquennio, nonché il monitoraggio dell’adeguatezza degli impianti e delle attrezzature sportive. Si invita altresì a chiarire quale sarà l’organo ministeriale deputato a svolgere quest’attività di valutazione;
6.                  si invita a valutare la possibilità che anche le province e i comuni siano aggiunti agli enti che possono stipulare con le scuole le convenzioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), per dare il proprio apporto alla realizzazione di specifici obiettivi legati alla formazione e all’attività sportiva, nonché  fra gli enti che possono stipulare le convenzioni di cui al medesimo articolo 4, comma 1, lettera a).

Nelle 7e Commissioni di Senato e Camera, il 9 e 10 ottobre, prosegue l’esame dello Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di organizzazione dei percorsi della sezione ad indirizzo sportivo del sistema dei licei

Il 3 ottobre la 7a Commissione della Camera esamina lo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di organizzazione dei percorsi della sezione ad indirizzo sportivo del sistema dei licei

(7a Camera, 3.10.12) Manuela DI CENTA (PdL), relatore, ricorda, innanzitutto, l’iter che ha portato all’emanazione del provvedimento in esame, frutto di un lavoro di elaborazione normativa che ha tenuto in considerazione anche le esperienze già esistenti in materia. Osserva, quindi, che lo schema di regolamento in esame, deliberato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri l’8 settembre 2011, disciplina l’organizzazione dei percorsi della sezione ad indirizzo sportivo del sistema dei licei, disponendone l’incardinamento nel liceo scientifico. Esso si compone di sette articoli e un allegato, che ne forma parte integrante e definisce il piano degli studi, le indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi di apprendimento, i risultati di apprendimento. In base all’articolo 7, le nuove disposizioni si applicano a decorrere dall’anno scolastico successivo a quello in corso alla data di pubblicazione del regolamento nella Gazzetta ufficiale. Lo schema attua, pertanto, parte della previsione recata dall’articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, con il quale si è proceduto alla revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei. L’articolo 1 individua l’oggetto del regolamento, in particolare esplicitando, come ante accennato, che la sezione ad indirizzo sportivo si inserisce strutturalmente, a partire dal primo anno di studio, nel percorso del liceo scientifico. Dunque, la sezione in questione si affianca all’opzione «scienze applicate», già attivabile nei licei scientifici ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010. Inoltre, l’articolo 1 dispone che le istituzioni scolastiche che richiedono l’attivazione della sezione devono disporre di impianti e attrezzature ginnico-sportive adeguati. Segnala che all’articolo 1, comma 3, è opportuno sostituire la parola «adeguate» con «adeguati», in modo da riferirla anche agli impianti.
Osserva che l’articolo 2 esplicita le finalità della sezione ad indirizzo sportivo: essa è volta all’approfondimento delle scienze motorie e sportive e di una o più discipline sportive (scelte – in base a quanto indicato nella relazione illustrativa – dalla scuola, che a tal fine deve tener conto delle richieste degli studenti e delle esigenze del territorio), all’interno di un quadro culturale che favorisce, in particolare, l’acquisizione delle conoscenze e dei metodi propri delle scienze matematiche, fisiche e naturali, nonché dell’economia e del diritto. Il percorso guida lo studente a sviluppare le conoscenze e le abilità e a maturare le competenze necessarie per individuare le interazioni fra le diverse forme del sapere, l’attività motoria e sportiva e la cultura propria dello sport, assicurando la padronanza di linguaggi, tecniche e metodologie relative. Con riferimento all’accesso al percorso, l’articolo 2 dispone che le istituzioni scolastiche assicurano, anche attraverso le attività di orientamento, pari opportunità a tutti gli studenti, compresi quelli che si trovano in condizioni di criticità formativa e di disabilità, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente. Al riguardo, la relazione illustrativa specifica che non sono previste prove selettive di accesso, poiché la sezione non è finalizzata alla formazione scolastica di giovani che praticano sport a livello agonistico – i quali, ovviamente, possono comunque frequentarla – ma si rivolge agli studenti particolarmente interessati ai valori propri della cultura sportiva, inclusi i disabili. Il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI) ha evidenziato nel suo parere che il Comitato Orizzontale relativo alla Scuola Secondaria Superiore (COSSS) ha proposto, con riferimento all’inserimento degli studenti in condizione di disabilità, la cancellazione del riferimento ai limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, ritenendo tale previsione in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2010, in materia di diritto fondamentale dei disabili all’istruzione. Con riferimento al profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del percorso, l’articolo 2 fa riferimento a quello di cui all’allegato A del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, integrato con i risultati di apprendimento specificamente previsti per la sezione ad indirizzo sportivo e riportati – come già accennato –, insieme con il piano degli studi e gli obiettivi specifici di apprendimento, nell’allegato A dello schema. Da quanto si evince dall’Allegato A, rispetto al piano degli studi del Liceo scientifico, il piano degli studi della sezione ad indirizzo sportivo non prevede l’insegnamento di Lingua e cultura latina – come per l’opzione Scienze applicate – e l’insegnamento di Disegno e storia dell’arte, e vede ridursi (negli anni dal terzo al quinto) l’insegnamento di Filosofia di 33 ore annue, corrispondenti ad 1 ora media settimanale. Il monte orario annuale della sezione, tuttavia, è identico a quello del liceo scientifico, in quanto risultano potenziati di 33 ore annue gli insegnamenti di Scienze motorie e sportive, negli anni dal primo al quinto, e di Scienze naturali nel primo biennio e sono introdotti gli insegnamenti di Discipline sportive (99 ore annue, corrispondenti a 3 ore medie settimanali, nel primo biennio; 66 ore annue, pari a 2 ore medie settimanali, negli anni dal terzo al quinto) e di Diritto ed economia dello sport (99 ore annue, corrispondenti a 3 settimanali, negli anni dal terzo al quinto). L’articolo 3 reca vari contenuti. Innanzitutto, dispone che la sezione ad indirizzo sportivo adotta le forme di flessibilità organizzativa e didattica previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, anche al fine di adeguare il percorso formativo agli specifici bisogni degli studenti, inclusi i disabili (comma 1). Al riguardo, la relazione tecnica evidenzia che l’esigenza di dare rilievo alla flessibilità didattica e organizzativa deriva dal fatto che la sezione ad indirizzo sportivo sarà frequentata anche da studenti impegnati in attività agonistiche che comportano assenze concentrate in uno o più periodi dell’anno scolastico. Con riferimento alla quota dei piani di studio rimessa all’istituzione scolastica, l’articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, prevede che la stessa non può essere superiore al 20 per cento del monte ore complessivo nel primo biennio e nel quinto anno, e al 30 per cento nel secondo biennio, fermo restando che l’orario previsto dal piano di studio di ciascuna disciplina non può essere ridotto in misura superiore a un terzo nell’arco dei cinque anni e che non possono essere soppresse le discipline previste nell’ultimo anno di corso. L’orario annuale degli insegnamenti obbligatori, come già accennato, è quello previsto, in generale, per il liceo scientifico: 27 ore medie settimanali nel primo biennio (per un totale annuo di 891 ore) e 30 ore medie settimanali nel secondo biennio e nel quinto anno (per un totale annuo di 990 ore) (comma 2). Riprendendo quanto previsto, in linea generale, dall’articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, si dispone, inoltre (commi 3 e 4), che, al superamento dell’esame di Stato conclusivo del percorso, è rilasciato il diploma di liceo scientifico con l’indicazione di «sezione ad indirizzo sportivo». Il diploma – che è integrato dalla certificazione delle competenze acquisite dallo studente – consente l’accesso all’università ed agli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica, agli istituti tecnici superiori (ITS) e ai percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), fermo restando il valore del diploma medesimo a tutti gli altri effetti previsti dall’ordinamento giuridico. Segnala che all’articolo 3, comma 4, poiché vengono richiamati i capi II e III del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, le parole «ai percorsi di istruzione tecnica superiore» devono essere precedute dalle parole «agli istituti tecnici superiori e». Al comma 5, invita ad approfondire l’utilizzo del verbo «evitare». I commi 5 e 6 riguardano il numero di sezioni ad indirizzo sportivo attivabili. In prima applicazione, nel rispetto della programmazione regionale di cui all’articolo 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998, in ogni regione non possono essere costituite sezioni in numero superiore a quello delle relative province. Resta in ogni caso fermo il conseguimento, a regime, dei risparmi previsti dall’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, evitando che l’attivazione delle sezioni possa determinare esuberi di personale in una o più classi di concorso. La relazione tecnica prevede che, in prima applicazione, saranno istituite circa 100 sezioni, mentre la relazione illustrativa evidenzia che, poiché le esperienze finora realizzate dalle scuole nel campo dell’indirizzo sportivo non sono state regolate da provvedimenti autorizzatori, non si prevede la confluenza di percorsi sperimentali nella sezione ad indirizzo sportivo. L’AIR specifica che le scuole interessate presentano la richiesta di attivazione del percorso alla regione e all’Ufficio scolastico regionale (USR) competenti. Se la regione, in base all’articolo 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998, inserisce il percorso nel piano regionale della rete scolastica, l’USR decreta l’istituzione del percorso, dopo aver verificato la sussistenza delle condizioni di fattibilità, sotto il profilo delle strutture e della formazione degli organici. Il CNPI ha osservato che, al fine di garantire pari opportunità di distribuzione dell’offerta formativa su tutto il territorio regionale, la previsione dovrebbe essere modificata prevedendo che le sezioni ad indirizzo sportivo sono assegnate in ogni regione in modo da assicurare prioritariamente il numero di una per ogni provincia. Con riferimento alla situazione a regime, si dispone che eventuali sezioni aggiuntive possono essere istituite qualora l’organico annualmente assegnato lo consenta e sempre che in tal modo non si determinino esuberi di personale. Al riguardo, la relazione tecnica evidenzia che la «sostituzione» delle ore settimanali di «latino» con le ore di «discipline sportive», e delle ore di «disegno e storia dell’arte» con le ore di «diritto ed economia dello sport» non creerà esuberi degli insegnanti di latino e di disegno e storia dell’arte, che potranno trovare collocazione nell’ambito degli altri licei, nei quali le iscrizioni aumentano di circa il 3 per cento ogni anno. Al contempo, l’introduzione di «diritto ed economia dello sport» consente di alleviare la situazione di esubero della classe di concorso 19/A – Discipline giuridiche ed economiche. Ricorda che sull’argomento il parere del CNPI ha richiamato la nota della Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e l’autonomia scolastica del MIUR, prot. 7820 del 21 novembre 2011, emanata in risposta ad un quesito formulato dal medesimo Consiglio, nella quale si precisa che gli insegnamenti «diritto ed economia dello sport» e «discipline sportive» saranno tutti rimessi a docenti e riferiti a classi di concorso già istituite (che confluiranno nelle nuove) o da istituire, escludendo, dunque, l’affidamento di insegnamenti obbligatori a tecnici ed esperti esterni. Conseguentemente, il CNPI ha proposto – oltre all’affidamento dell’insegnamento di «diritto ed economia dello sport» alla classe 19/A, già previsto dalla relazione tecnica –, l’affidamento dell’insegnamento di «discipline sportive» alla classe di concorso 29/A – Educazione fisica negli istituti e scuole di istruzione II grado.
Ricorda, quindi, che l’articolo 4 prevede la realizzazione di accordi e collaborazioni con soggetti qualificati – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica – al fine di assicurare il pieno raggiungimento delle finalità istituzionali delle sezioni ad ordinamento sportivo. Segnala che all’articolo 4, comma 1, lettera a), occorre indicare per esteso la denominazione dei due Comitati (con la sigla fra parentesi) la prima volta che essi si citano; nelle successive citazioni, è sufficiente utilizzare la sola sigla. In particolare, si prevede la stipula di convenzioni con i comitati regionali del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e del Comitato italiano paralimpico (CIP) in materia di rapporti tra le istituzioni scolastiche interessate e i soggetti associati ai due Comitati o da essi riconosciuti (quali, ad esempio, federazioni e società sportive): nel caso delle scuole statali, le convenzioni sono stipulate dai competenti USR, sulla base di linee programmatiche concordate tra MIUR, CONI e CIP, nel caso delle scuole paritarie sono stipulate dai gestori. Al riguardo, il Consiglio di Stato, nel parere reso il 17 aprile 2012, ha suggerito di prevedere che anche le scuole paritarie facciano riferimento, nella stipula delle convenzioni, alle linee programmatiche definite a livello nazionale. Inoltre, tutte le istituzioni scolastiche interessate, statali e paritarie, singole o collegate in rete, possono stipulare convenzioni con università statali o private e con altri soggetti operanti sul territorio che intendono collaborare per la realizzazione di specifici obiettivi legati alla formazione e all’attività sportiva. Al riguardo, la premessa del parere della Conferenza unificata, reso il 27 ottobre 2011, evidenzia che l’UPI, anche a nome dell’ANCI, aveva chiesto l’inserimento delle province tra i soggetti con i quali gli USR possono stipulare convenzioni e l’inserimento delle province e dei comuni fra i soggetti con i quali le scuole possono stipulare direttamente convenzioni. Evidenzia, inoltre, che con nota n. 3971 del 21 ottobre 2011 (non allegata allo schema trasmesso alle Camere) il MIUR ha trasmesso una nuova formulazione dell’articolo 4, che recepisce tali richieste. Conclusivamente, la Conferenza unificata ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto come riformulato. Al riguardo, evidenzia che il testo trasmesso alle Camere non contiene, all’articolo 4, comma 1, lettera a), alcun riferimento alle province (mentre, nella lettera c), l’utilizzo dell’espressione «istituzioni» può includere sia le province che i comuni). L’articolo 5 riprende i contenuti dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, salvaguardando l’autonomia delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano e prevedendo che le disposizioni del regolamento si applicano anche alle scuole con insegnamento in lingua slovena, fatti salvi gli opportuni adattamenti agli specifici ordinamenti di tali scuole e fermo restando il limite massimo di ore annuali – identico a quello stabilito per il liceo scientifico dal decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 – fissato in 1188 ore. L’articolo 6 dispone che il MIUR verifica periodicamente l’efficacia dell’attività delle sezioni ad indirizzo sportivo, anche in collegamento con le iniziative del sistema nazionale di valutazione di cui all’articolo 2, commi dal 4-septiesdecies al 4-undevicies, del decreto-legge n. 225 del 2010, convertito in legge n. 10 del 2011. Sull’argomento, il Consiglio di Stato ha suggerito di specificare l’organo ministeriale che procederà alla verifica periodica, la quale dovrebbe riguardare anche l’adeguatezza degli impianti e delle attrezzature sportive. Il CNPI, invece, ha suggerito che le verifiche vengano effettuate al termine di ogni biennio e a fine quinquennio. Segnala che all’articolo 6, comma 1, il riferimento all’articolo 2, co. 4-septiesdecies, del decreto-legge 225/2010 non sembra pertinente, in quanto riguarda la proroga del commissario di un organo che è ormai soppresso e che, dunque, non sarà parte del nuovo sistema nazionale di valutazione. L’articolo 7 contiene, oltre alla decorrenza dell’applicazione delle nuove disposizioni la clausola di neutralità finanziaria e ribadisce che restano fermi gli obiettivi di cui all’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008. Segnala che all’articolo 7, comma 1, le parole «alla data della sua pubblicazione» dovrebbero essere precedute dalle seguenti: «a quello in corso». Ricorda, poi, che l’articolo 64 citato ha previsto l’adozione di un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, al fine di conferire al sistema scolastico maggiore efficacia ed efficienza. Gli interventi sono incentrati su tre linee direttrici: ridefinizione degli ordinamenti scolastici; revisione delle dotazioni organiche dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA); dimensionamento della rete scolastica. Ai sensi dell’articolo 64 citato, il piano ha costituito il presupposto per l’emanazione di regolamenti di delegificazione. Dalle misure previste devono derivare risparmi lordi non inferiori, dal 2012, a 3.188 milioni di euro. Dispone, inoltre, che il regolamento entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Al riguardo, osserva che trattasi di previsione non necessaria, poiché corrisponde alla regola generale. La fonte normativa primaria che ha autorizzato la ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola, attraverso regolamenti di delegificazione, è l’articolo 64, comma 4, lettera b), del decreto-legge n. 112 del 2008. Nel caso specifico il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 – con il quale, in attuazione di tale previsione, si è proceduto alla revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei – ha rinviato a successivo decreto del Presidente della Repubblica la riorganizzazione, fra gli altri, dei percorsi delle sezioni ad indirizzo sportivo. Rileva che appare, pertanto, necessario citare esplicitamente l’articolo 64, comma 4, lettera b), del decreto-legge n. 112 del 2008 sia nel titolo che nella premessa dello schema di regolamento, in quanto esso costituisce la disposizione legislativa di autorizzazione all’esercizio della potestà regolamentare.
Invita, quindi, i colleghi della Commissione a prendere parte attiva al dibattito sul provvedimento in esame, eventualmente proponendo rilievi e modifiche che potranno migliorarne il testo.

Il 19 e 25 settembre la 7a Commissione del Senato esamina lo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di organizzazione dei percorsi della sezione ad indirizzo sportivo del sistema dei licei

(7a Senato, 19.9.12) Riferisce alla Commissione il relatore BARELLI (PdL), il quale rammenta anzitutto che il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, recante la riforma dei licei, prevedeva che alla riorganizzazione di alcuni percorsi formativi particolari, fra cui le sezioni ad indirizzo sportivo, si provvedesse con distinto regolamento restando tuttavia in quell’ambito. Le esperienze finora attuate – avvalendosi delle opportunità assicurate dall’autonomia scolastica – in percorsi non liceali non possono quindi avere seguito né confluire nei nuovi percorsi disciplinati dal provvedimento in esame. L’atto in esame colma dunque un vuoto normativo, censurato anche dal Consiglio di Stato, corrispondendo nel contempo alla forte domanda di rafforzare il ruolo dello sport nella scuola che proviene dalla società civile.
La relazione introduttiva, prosegue il relatore, precisa che le nuove sezioni non rappresentano dei licei aggiuntivi rispetto ai sei già previsti dalla normativa (artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane), ma si inseriscono strutturalmente nel percorso del liceo scientifico – in quanto afferenti all’ambito matematico e delle scienze naturali nonché del diritto ed economia (articolo 2, comma 1) – di cui pertanto costituiscono un’articolazione (come già accade per l’opzione Scienze applicate).
Rispetto al liceo scientifico queste sezioni si caratterizzano per il potenziamento dell’insegnamento di Scienze motorie e sportive e per l’introduzione di nuove materie come Diritto ed economia dello sport e Discipline sportive. In quest’ultima, in particolare, si approfondiscono teoria e pratica di molti sport, la cui scelta sarà rimessa all’istituzione scolastica, in base alle richieste delle famiglie e alle esigenze del territorio. Affinché il monte ore annuali resti immutato, pari a 27 ore settimanali nel primo biennio e 30 ore settimanali nel secondo biennio e nell’ultimo anno, si prevede peraltro la soppressione dell’insegnamento di Disegno e storia dell’arte, nonché del Latino, e si riduce di un’ora a settimana l’insegnamento di Filosofia.
In questo modo, è escluso qualunque aggravio di spesa a carico della finanza pubblica. Né la diminuzione di ore relative all’insegnamento del latino e della storia dell’arte determinerà alcun esubero per i docenti di tali classi di concorso. La relazione tecnica assicura infatti che gli insegnanti coinvolti (appena 17 per latino e non quantificati per storia dell’arte) saranno facilmente riassorbiti negli altri licei, in cui si verifica un costante aumento delle iscrizioni (tale da aver comportato ad esempio un incremento di ben 53 posti per latino nell’anno scolastico 2011-2012). Analogamente, l’introduzione di Diritto ed economia dello sport consentirà di alleviare la situazione di esubero che invece caratterizza attualmente la classe di concorso 19/A, penalizzata dal riordino dei licei. E’ peraltro attribuito al direttore scolastico regionale il compito di vigilare affinché l’attivazione delle nuove sezioni non determini alcun esubero.
Sulla collocazione di dette sezioni all’interno del liceo scientifico è intervenuto espressamente il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), che – fermo restando il rispetto per la scelta operata dal DPR n. 89 del 2010 – ha comunque ritenuto deboli le motivazioni addotte. Nello specifico, il CNPI ha ravvisato delle competenze più orientate sul piano professionale che su quello dell’apprendimento delle culture umanistica e scientifica, al punto da sottolineare una discordanza con il profilo di uscita tipico dei licei. Ha suggerito perciò un attento monitoraggio, in itinere  e finale.
Rispetto alle nuove discipline introdotte, a fronte di un quesito del CNPI circa la loro riconducibilità a classi di concorso esistenti o da istituire, il Ministero ha chiarito che esse saranno rimesse a docenti di classi di concorso già esistenti o da istituire, posto che gli insegnamenti obbligatori non saranno comunque svolti da personale esterno.
In base al decreto, il numero di sezioni che saranno attivate corrisponderà in prima applicazione a quello delle province di ciascuna Regione (articolo 3, comma 5), per un totale di circa 100. Sulla questione il CNPI ha eccepito il rischio di disuguaglianze, suggerendo al Dicastero una formulazione diversa, secondo la quale le sezioni avrebbero dovuto essere assegnate in modo “da assicurare prioritariamente il numero di una per ogni provincia”. Sul punto però il Governo non ha finora manifestato disponibilità ad apportare modifiche. In proposito il relatore invita peraltro l’Esecutivo a valutare la possibilità che, a condizione di invarianza della spesa e garantita la qualità della didattica, sia rimessa all’autonomia scolastica l’istituzione di ulteriori sezioni ad indirizzo sportivo, anche oltre il predetto limite di 100.
Quanto ai destinatari di tale innovazione, il provvedimento stabilisce che siano tutti gli studenti, anche disabili, e non solo quelli che già svolgono attività sportiva a livello agonistico. A questo riguardo, il CNPI ha sottolineato l’importanza che il diritto all’istruzione dei disabili sia garantito come diritto fondamentale, senza limiti al numero dei posti dei docenti di sostegno. Ha chiesto perciò che fosse espunta la clausola “nei limiti delle risorse finanziarie disponibili”. Anche a questo riguardo, tuttavia, il Governo non ha finora dimostrato disponibilità ad apportare correzioni. Non è peraltro escluso, ovviamente, che a tali sezioni si iscrivano giovani che praticano sport a livello agonistico e che pertanto sono costretti ad assenze concentrate nei periodi di gara. Sono perciò raccomandate tutte le forme di flessibilità consentite dalla normativa sull’autonomia scolastica. Il relatore invita peraltro a valutare in futuro una maggiore caratterizzazione in questo senso, a parità di qualità didattica.
Proseguendo nell’illustrazione dell’articolato, egli rileva poi che, in ordine alle misure operative (articolo 4), lo schema di regolamento dispone che, per le scuole statali, siano stipulate convenzioni tra gli Uffici scolastici regionali e il CONI e il Comitato italiano paralimpico (CIP), sulla base di linee programmatiche concordate tra Ministero, CONI e CIP. Le convenzioni che saranno stipulate dai gestori delle scuole paritarie non sono invece soggette al rispetto delle linee programmatiche. Il Consiglio di Stato ha perciò invitato a esplicitare tale indicazione anche per i gestori di queste scuole.
Relativamente alle verifiche periodiche dell’efficacia del nuovo indirizzo (articolo 6) il CNPI – ritenendo troppo generica la dizione – ha proposto una cadenza fissa, almeno biennale, e una a fine quinquennio, mentre il Consiglio di Stato ha suggerito di monitorare anche l’adeguatezza degli impianti e delle attrezzature sportive. Sempre il Consiglio di Stato ha invitato a chiarire quale sarà l’organo ministeriale deputato a svolgere quest’attività di valutazione.
Sullo schema di regolamento si è espressa infine anche la Conferenza unificata, chiedendo che le province e i comuni fossero aggiunti agli enti che possono stipulare con le scuole le convenzioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), per dare il proprio apporto alla realizzazione di specifici obiettivi legati alla formazione e all’attività sportiva. Essa ha altresì chiesto che le province fossero inserite fra gli enti che possono stipulare le convenzioni di cui al medesimo articolo 4, comma 1, lettera a). Il Ministero sembrerebbe aver fornito assicurazioni in questo senso, ma sarebbe utile che confermasse i suoi intendimenti anche in questa sede, atteso che non è disponibile un testo che recepisca tutte le correzioni che il Governo è intenzionato ad apportare.
Circa l’entrata in vigore del provvedimento, esso sarà applicato a partire dall’anno scolastico successivo alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Al riguardo, come rilevato anche dal CNPI, il relatore si augura che l’avvio delle nuove sezioni avvenga nei tempi congrui per definire l’organico di diritto dell’anno di riferimento.

Il senatore RUSCONI (PD) chiede chiarimenti circa il rispetto del contingente numerico previsto dal provvedimento con riferimento alle scuole paritarie.

Il sottosegretario Elena UGOLINI precisa anzitutto che le scuole paritarie devono chiedere l’autorizzazione all’Ufficio scolastico regionale per l’avvio della loro attività in quanto devono dimostrare il rispetto di determinati requisiti previsti dalla legge. Esse tuttavia non rientrano nella programmazione regionale. L’istituzione di sezioni ad indirizzo sportivo presso le scuole paritari e non rientra pertanto nel numero massimo fissato dal regolamento, che è quindi da intendersi riferito alle sole scuole statali.
Puntualizza altresì che il numero delle sezioni ad indirizzo sportivo può essere distribuito all’interno di ogni regione secondo criteri di flessibilità, in rapporto alle esigenze del territorio, specialmente alla luce della prevista soppressione di alcune province.
Tiene infine a sottolineare che l’iniziativa in esame andrà valutata, considerato che il percorso di uscita prevede l’acquisizione della maturità scientifica. Rammenta inoltre che anche l’opzione Scienze applicate, che si avvia al terzo anno di sperimentazione, non prevede lo studio del latino e sarà sottoposta parimenti ad un monitoraggio.

16 ottobre Semplificazione in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 16 ottobre, approva un Disegno di Legge relativo a “Nuove disposizioni di semplificazione amministrativa a favore dei cittadini e delle imprese”

Di seguito un estratto del comunicato stampa:

SEMPLIFICAZIONI PER CITTADINI E IMPRESE

Il Consiglio dei Ministri ha approvato le nuove misure sulla semplificazione a favore dei cittadini e delle imprese proposte dal Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
Le semplificazioni intervengono sul lavoro e la previdenza, sulle infrastrutture, i beni culturali e l’edilizia, sulla privacy, sull’ambiente e sull’agricoltura. Il “nuovo” provvedimento in materia di semplificazione rappresenta un proseguimento dell’opera intrapresa con il decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (c.d. “Semplifica Italia” – cfr. comunicato stampa n. 12 del 27 gennaio 2012) e darà un importante contributo al rispetto degli impegni assunti a livello comunitari per la riduzione degli oneri amministrativi gravanti su cittadini e imprese.
Il primo intervento è “più sicurezza e meno carte”. Vengono semplificati d’intesa con il Ministero del Lavoro esclusivamente adempimenti formali in materia di sicurezza sul lavoro, senza toccare gli aspetti sostanziali della disciplina, la cui effettività viene anzi rafforzata. Nelle disposizioni vi è un largo utilizzo, sull’esempio delle migliori esperienze internazionali, di modelli standard, di modelli e procedure semplificate (da adottare sentite Regioni e parti sociali) nonché l’allungamento dei termini di apertura delle dogane per facilitare il disbrigo delle pratiche per l’import/export.
Si rende più facile da parte delle imprese il corretto adempimento degli obblighi sostanziali Nello stesso tempo si agevola il controllo da parte degli organi di vigilanza e la partecipazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze.
L’adozione di modelli e procedure semplificati consentirà di incidere in modo consistente su costi per i cittadini stimati in 3,7 miliardi i cui risparmi potranno essere quantificati in sede attuativa. Riducendo gli adempimenti formali si liberano risorse per la tutela effettiva della sicurezza.
Un importante intervento riguarda la tutela del paesaggio e l’edilizia. In particolare sul permesso di costruire si prevede la certezza dei tempi di conclusione del procedimento. La norma elimina il silenzio rifiuto previsto per il rilascio del permesso di costruire nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali: il provvedimento dovrà essere sempre espresso in base ai principi stabiliti dalla legge n. 241 del 1990. Inoltre per quanto riguarda l’autorizzazione paesaggistica, al fine di assicurare la certezza dei tempi di conclusione del procedimento, si prevede l’obbligo dell’amministrazione competente, una volta decorso il termine, ridotto a 45 giorni per l’espressione del parere da parte del soprintendente, di provvedere sulla domanda di autorizzazione.
In materia di tutela ambientale si prevede un complesso di norme predisposte dal Ministero dell’Ambiente per semplificare una serie di procedimenti nel pieno rispetto degli standard comunitari al fine di assicurarne l’accelerazione, fermi restando i livelli di tutela.
Infine, alcuni utili interventi per rendere la vita più semplice per i cittadini. Procedure più semplici: cambio di residenza e dichiarazione per la tassa dei rifiuti nello stesso contesto. Si evitano ai cittadini inutili peregrinazioni tra gli uffici e si previene l’evasione tributaria. Rilascio, su richiesta del diretto interessato, da parte degli Atenei, delle certificazioni dei titoli di studio anche in lingua inglese.

 

4 ottobre Crescita 2.0 in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 4 ottobre 2012, ha approvato un Decreto Legge contenente “Misure urgenti per l’innovazione e la crescita: agenzia digitale e startup”

Per quanto riguarda l’Istruzione Digitale il DL prevede:

  • Dall’anno accademico 2013/2014 introduzione del fascicolo elettronico dello studente per una gestione più efficiente dell’intera carriera universitaria e favorendo la mobilità tra diversi atenei
  • Adozione progressiva di testi scolastici in versione digitale dall’anno scolastico 2013/2014
  • Creazione dei centri scolastici digitali utilizzando le nuove tecnologie per il collegamento degli studenti in ambiti territoriali particolarmente isolati (ad esempio piccole isole e comunità montane). Tali centri saranno istituiti con apposite convenzioni dal MIUR

Dl Crescita 2.0

Infrastrutture e servizi digitali, creazione di nuove imprese innovative (startup), strumenti fiscali per agevolare la realizzazione di opere infrastrutturali con capitali privati, attrazione degli investimenti esteri in Italia, interventi di liberalizzazione in particolare in campo assicurativo sulla responsabilità civile auto.

Sono questi i capisaldi del secondo “Decreto Crescita” approvato dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti, un provvedimento che costituisce un ulteriore e significativo passo in avanti dell’Agenda per la crescita sostenibile del Governo, rappresentando la naturale prosecuzione di quanto fatto nei mesi scorsi.

Le norme del secondo Decreto Crescita puntano, in modo ambizioso, a fare del nostro Paese un luogo nel quale l’innovazione rappresenti un fattore strutturale di crescita sostenibile e di rafforzamento della competitività delle imprese.

Con l’applicazione dell’Agenda Digitale, aumentano fortemente i servizi digitali per i cittadini, che potranno avere un unico documento elettronico, valido anche come tessera sanitaria, attraverso il quale rapportarsi con la pubblica amministrazione. Via libera anche alle ricette mediche digitali, al fascicolo universitario elettronico, all’obbligo per la PA di comunicare attraverso la posta elettronica certificata e di pubblicare online i dati in formato aperto e riutilizzabile da tutti. Significativi risparmi di spesa e maggiore efficienza arriveranno dalla digitalizzazione delle notifiche e delle comunicazioni giudiziarie, che assicureranno il mantenimento del principio di prossimità del servizio giustizia nei confronti di cittadini e imprese. Viene inoltre integrato il piano finanziario necessario all’azzeramento del divario digitale per quanto riguarda la banda larga (150 milioni stanziati per il centro nord, che vanno ad aggiungersi alle risorse già disponibili per il Mezzogiorno per banda larga e ultralarga, per un totale di 750 milioni di euro) e si introducono significative semplificazioni per la posa della fibra ottica necessaria alla banda ultralarga.

Per la prima volta, nell’ordinamento del nostro Paese viene introdotta la definizione di impresa innovativa (startup): le nuove misure toccano tutti gli aspetti più importanti del ciclo di vita di una startup – dalla nascita alla fase di sviluppo, fino alla sua eventuale chiusura – ponendo l’Italia all’avanguardia nel confronto con gli ordinamenti dei principali partner europei. Tali norme danno anche seguito a quanto indicato nel Programma Nazionale di Riforma e rispondono a raccomandazioni specifiche dell’Unione Europea che individuano nelle startup una leva di crescita e di creazione di occupazione per l’Italia. La dotazione complessiva subito disponibile è di circa 200 milioni di euro. Una volta a regime, la norma impegnerà 110 milioni di euro ogni anno.

Ulteriori importanti misure vengono assunte sul fronte della defiscalizzazione delle opere infrastrutturali strategiche (tramite l’introduzione di un credito di imposta a valere su Irap e Ires fino al 50%), sull’attrazione degli investimenti diretti esteri (con la costituzione dello sportello unico Desk Italia a cui potranno rivolgersi gli imprenditori stranieri), col rafforzamento del sistema dei Confidi per migliorare l’accesso al credito delle Pmi e con significative liberalizzazioni nel settore assicurativo (introduzione di un “contratto base” comune a tutte le compagnie).

1) Agenda Digitale Italiana

Vengono recepiti nel nostro ordinamento i princìpi dell’Agenda Digitale Europea. L’Italia si dota in questo modo di uno strumento normativo che costituirà una efficace leva per la crescita occupazionale, di maggiore produttività e competitività, ma anche di risparmio e coesione sociale, spinta strutturale per la realizzazione delle strategie, delle politiche e dei servizi di infrastrutturazione e innovazione tecnologica dell’intero Paese.

Ogni anno, il Governo presenterà al Parlamento una relazione aggiornata sull’attuazione dell’agenda digitale italiana.

1.1 Identità digitale e servizi innovativi per i cittadini

• Documento digitale unificato – Carta di identità elettronica e tessera sanitaria (art. 1).

Addio vecchia carta di identità e tessera sanitaria. Al loro posto, i cittadini potranno dotarsi gratuitamente di un unico documento elettronico, che consentirà di accedere più facilmente a tutti i servizi online della Pubblica Amministrazione. Il documento, che sostituirà progressivamente quelli attualmente circolanti, costituirà il punto di riferimento unitario attraverso cui il cittadino viene registrato e riconosciuto dalle amministrazioni dello Stato.

• Anagrafe unificata, censimento annuale della popolazione e Archivio delle strade (artt. 2, 3).

Per accelerare il processo di informatizzazione della PA e la messa a sistema delle informazioni e dei servizi riguardanti i cittadini, viene istituita l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), un centro unico di gestione dati che subentrerà all’Indice Nazionale delle Anagrafi (INA) e all’Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero (AIRE). Grazie a queste nuove procedure digitali, l’ISTAT inoltre potrà effettuare con cadenza annuale il censimento generale della popolazione e delle abitazioni, realizzando anche l’Archivio nazionale delle strade e dei numeri civici, utilizzando il conferimento degli indirizzari e degli stradari comunali.

• Domicilio digitale del cittadino e obbligo di PEC per le imprese (artt. 4,5).

Dal 1 gennaio 2013, ogni cittadino potrà scegliere di comunicare con la pubblica amministrazione esclusivamente tramite un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC). Tale indirizzo costituirà il domicilio digitale del cittadino e sarà in seguito inserito nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente, in modo che possa essere utilizzabile da tutte le amministrazioni pubbliche.

Sullo stesso fronte, le imprese individuali che si iscrivono al Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane avranno l’obbligo di indicare un proprio indirizzo PEC, così da semplificare e ridurre notevolmente tempi e oneri per gli adempimenti burocratici.

1.2 Amministrazione digitale

• Pubblicazione dati e informazioni in formato aperto (art. 9).

I dati e le informazioni forniti dalla pubblica amministrazione dovranno essere obbligatoriamente pubblicati in formato aperto (cd. open data). In questo modo sarà possibile ampliare fortemente l’accesso a informazioni di pubblica utilità, favorendone il riutilizzo per analisi, servizi, applicazioni e soluzioni, con sensibili ricadute dal punto di vista della crescita economico-sociale. Tali dati avranno una licenza d’uso aperta e saranno dunque utilizzabili – in primis da persone affette da forme di disabilità sensoriali – senza alcun tipo di restrizione.

• Biglietti di viaggio elettronici e sistemi di trasporto intelligente (art. 8).

Le amministrazioni titolari di servizi di Trasporto Pubblico Locale promuovono l’adozione di sistemi di bigliettazione elettronica interoperabili, così da ridurre i costi connessi all’emissione dei titoli di viaggio.

Sul fronte della mobilità sostenibile, viene dato un forte impulso ai sistemi di trasporto intelligenti (ITS) per consentire la diffusione di nuovi servizi informativi su traffico e viabilità, sulla prenotazione di aree di parcheggio sicure, sui servizi di emergenza su strada.

• Procedure digitali per acquisto di beni e servizi (art. 6).

Tutte le procedure per l’acquisto di beni e servizi da parte delle PA dovranno essere svolte esclusivamente per via telematica, così da garantire maggiore trasparenza e tempistiche più celeri. Viene inoltre fortemente incentivato il riuso dei programmi informatici da parte delle amministrazioni, consentendo significativi risparmi di spesa.

• Trasmissione obbligatoria di documenti per via telematica (artt. 6,7)

Le comunicazioni tra diverse amministrazioni pubbliche, così come tra PA e privati, dovranno avvenire esclusivamente per via telematica. L’inadempienza della norma comporterà una responsabilità dirigenziale e disciplinare in capo al personale pubblico inadempiente.

Allo stesso modo, nel settore pubblico, tutte le certificazioni di malattia e di congedo parentale dovranno essere rilasciate e trasmesse per via telematica.

• Pubblicizzazione dei dati della PA (art. 9).

Con l’approvazione dell’art.9 del decreto si introduce un elemento di innovazione strutturale nella gestione del patrimonio informativo pubblico che diventa accessibile e utilizzabile dai cittadini e dalle imprese per promuovere la crescita economica, la partecipazione e la trasparenza amministrativa. Da oggi le amministrazioni italiane rendono disponibili i propri dati in formato digitale, si impegnano a condividere le informazioni che gestiscono e possono, grazie alle tecnologie digitali, coinvolgere, i cittadini, la società civile e il sistema produttivo in un gestione più efficace ed efficiente della cosa pubblica.

1.3 Servizi e innovazioni per favorire l’Istruzione digitale

• Fascicolo elettronico per gli studenti universitari e semplificazione di procedure in materia di università (art. 10).

Dall’anno accademico 2013-2014, verrà introdotto il fascicolo elettronico dello studente, uno strumento che, raccogliendo tutti i documenti, gli atti e i dati relativi al percorso di studi, consentirà la gestione informatizzata dell’intera carriera universitaria. Viene inoltre fortemente favorita la dematerializzazione dei flussi informativi tra gli atenei, facilitando e semplificando la mobilità degli studenti.

• Libri e centri scolastici digitali (art. 11).

A partire dall’anno scolastico 2013-2014, nelle scuole sarà progressivamente possibile adottare libri di testo in versione esclusivamente digitale, oppure abbinata alla versione cartacea.

Dall’anno scolastico 2012-2013, in ambiti territoriali particolarmente isolati (ad esempio piccole isole e comuni montani dove è presente un numero di alunni insufficiente per la formazione di classi) sarà possibile istituire centri scolastici digitali tramite apposite convenzioni con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che consentano il collegamento multimediale e da remoto degli studenti alle classi scolastiche.

1.4 Misure per la Sanità digitale

• Fascicolo sanitario elettronico, cartella e prescrizione medica digitali (artt. 12,13).

Al via il fascicolo sanitario elettronico (FSE), che conterrà tutti i dati digitali di tipo sanitario e sociosanitario del cittadino, raccogliendone di fatto l’intera storia clinica. Il fascicolo verrà aggiornato da diversi soggetti che, nell’ambito del servizio sanitario pubblico, prendono in cura gli assistiti.

In questo senso, le strutture sanitarie pubbliche e quelle private accreditate potranno conservare le cartelle cliniche solo in forma digitale, realizzando così significativi risparmi e semplificazioni. Viene accelerato anche il processo di digitalizzazione delle prescrizioni mediche, definendo tempi certi e uguali su tutto il territorio nazionale.

Si prevede inoltre di estendere la spendibilità delle prescrizioni di farmaceutica (attualmente limitata alla singola regione) a tutto il territorio nazionale.

1.5 Forte impulso per la banda larga e ultralarga

• Azzeramento del divario digitale, interventi per la diffusione delle tecnologie digitali (art. 14).

Viene confermato l’obbiettivo di azzerare il divario digitale, portando la connessione a almeno 2 mbps nelle zone non ancora coperte e nelle aree a fallimento d’impresa. Alle risorse rese già disponibili per il Mezzogiorno (circa 600 milioni) si aggiungono ora ulteriori 150 milioni di euro per finanziare gli interventi nelle aree del centro-nord.

Vengono fortemente semplificate alcune procedure e adempimenti autorizzatori per favorire la diffusione della banda ultralarga, anche tramite wireless, e delle nuove tecnologie di connessione. Per quanto riguarda gli scavi per la posa della fibra ottica, è prevista l’esenzione della tassa per l’occupazione del suolo e del sottosuolo. Gli operatori di tlc avranno assicurato l’accesso alle parti comuni degli edifici per le operazioni di posa della fibra.

1.6 Moneta e fatturazione elettronica

• Pagamenti elettronici alle pubbliche amministrazioni (art. 15).

E’ introdotto l’obbligo per le amministrazioni pubbliche, così come per gli operatori che erogano o gestiscono servizi pubblici, di accettare pagamenti in formato elettronico, a prescindere dall’importo della singola transazione. Le stesse amministrazioni sono tenute a pubblicare nei propri siti istituzionali e nelle richieste di pagamento i codici IBAN identificativi del conto di pagamento.

• Utilizzo della moneta elettronica (art. 15).

I soggetti che effettuano attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, saranno tenuti, dal 1 gennaio 2014, ad accettare pagamenti con carta di debito (ad esempio, bancomat). Con decreti ministeriali (ministero dello Sviluppo economico di concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze) verranno disciplinati gli importi minimi, le modalità e i termini, anche in relazione ai soggetti interessati dall’attuazione della disposizione. I pagamenti elettronici potranno essere eventualmente effettuati anche tramite tecnologie mobili.

1.7 Giustizia digitale

• Biglietto di cancelleria, comunicazioni e notificazioni per via telematica (art. 16).

Vengono introdotte disposizioni per snellire modi e tempi delle comunicazioni e notificazioni in modo da rendere più efficienti i servizi in ambito giudiziario tra cittadini e imprese.

In particolare, nei procedimenti civili tutte le comunicazioni e notificazioni a cura delle cancellerie o delle segreterie degli uffici giudiziari verranno effettuate esclusivamente per via telematica, quando il destinatario è munito di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi ovvero quando la parte costituita in giudizio personalmente abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni e notificazioni relative al procedimento.

La stessa procedura è prevista per le notificazioni a persona diversa dall’imputato, nell’ambito dei processi penali.

• Modifiche alla legge fallimentare (art. 17).

Attraverso l’uso della posta elettronica certificata e di tecnologie online, le comunicazioni dei momenti essenziali della procedura fallimentare avverranno per via telematica. Tra questi: a) la presentazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento; b) le comunicazioni ai creditori da parte del curatore; c) la presentazione della domanda di ammissione al passivo da parte dei creditori.

Per quanto riguarda l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, la disposizione concernerà il flusso di comunicazioni tra curatore e creditori (nel fallimento) e tra commissario giudiziale o liquidatore e creditori (nel concordato preventivo) e tra commissario liquidatore e creditori (nella liquidazione coatta amministrativa).

Infine, viene resa obbligatoria l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica da parte di ciascun creditore nella domanda di ammissione al passivo.

• Sinergia con l’VIII PQ Horizon 2020 (art. 19)

L’art. 19 promuove la definizione di grandi progetti di ricerca e innovazione su temi strategici e in linea con il programma europeo Horizon2020, con l’obiettivo di promuovere sinergie tra sistema produttivo, di ricerca ed esigenze sociali.

Lo scopo e’ di spostare in avanti la frontiera dell’innovazione attraverso appalti innovativi e precommerciali per servizi di ricerca in modo da sviluppare soluzioni industriali innovative non ancora presenti sul mercato e che rispondono alle esigenze espresse da pubbliche amministrazioni.

• Comunità intelligenti (art. 20)

L’art 20 disegna l’architettura tecnica, di governo e di processo per la gestione delle comunita’ intelligenti e dei servizi e dati da queste prodotte. Le comunita’ intelligenti sono partecipative, promuovono l’emersione di esigenze reali dal basso, l’innovazione sociale e prevedono meccanismi di partecipazione, inclusione sociale e efficienza delle risorse – attraverso il riuso e la circolazione delle migliori pratiche. Un sistema di valutazione e monitoraggio garantisce che le comunita’ rispettino gli impegni presi attraverso uno statuto periodicamente rivisto, allo scopo di verificare e massimizzare l’impatto del progresso tecnologico sul territorio.

2) Norme per favorire la nascita e la gestione di imprese innovative (startup).

Le misure introducono per la prima volta nel panorama legislativo italiano un quadro di riferimento organico per favorire la nascita e la crescita di nuove imprese innovative (startup). Tali norme sono coerenti con gli obiettivi previsti dal programma Nazionale di Riforma 2012 e con le strategie di sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo definite a livello europeo. Si intende in tal modo contribuire alla diffusione di una cultura dell’innovazione e dell’imprenditorialità, alla promozione della mobilità sociale, della trasparenza e del merito, alla creazione di occupazione qualificata, soprattutto giovanile. La Per le startup vengono messi subito a disposizione circa 200 milioni di euro, tra i fondi stanziati dal decreto sotto forma di incentivi e fondi per investimento messi a disposizione dalla Fondo Italiano Investimenti della Cassa Depositi e Prestiti. Nelle prossime settimane, con un apposito decreto ministeriale, saranno stanziate ulteriori risorse per nuove imprese presenti nel Mezzogiorno. La norma, a regime, impegnerà 110 milioni di euro ogni anno per incentivare le imprese startup.

• Startup innovativa e incubatore certificato: cosa sono e a cosa servono (art.25).

Per la prima volta nell’ordinamento italiano vengono introdotti la definizione e gli specifici requisiti della nuova impresa innovativa (startup).

In particolare, queste le caratteristiche della startup innovativa:

o la maggioranza del capitale sociale e dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria deve essere detenuto da persone fisiche;

o la società deve essere costituita e operare da non più di quarantotto mesi;

o deve avere la sede principale dei propri affari e interessi in Italia;

o il totale del valore della produzione annua, a partire dal secondo anno di attività, non deve superare i 5 milioni di euro;

o non deve distribuire o aver distribuito utili;

o deve avere quale oggetto sociale esclusivo, lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;

o non deve essere stata costituita per effetto di una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda.

Inoltre la startup deve soddisfare almeno uno dei seguenti criteri: sostenere spese in ricerca e sviluppo in misura pari o superiore al 30 per cento del maggiore tra il costo e il valore della produzione; impiegare personale altamente qualificato per almeno un terzo della propria forza lavoro; essere titolare o licenziataria di una privativa industriale connessa alla propria attività.

La norma definisce anche l’incubatore certificato di imprese startup innovative, qualificandolo come una società di capitali di diritto italiano, o di una Societas Europaea, residente in Italia, che offre servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di startup innovative. I requisiti che gli incubatori devono possedere sono legati alla disponibilità di risorse materiali e professionali per svolgere tale attività.

Viene infine istituita un’apposita sezione del Registro delle Imprese con l’iscrizione obbligatoria per le startup innovative e gli incubatori certificati così da garantirne la massima pubblicità e trasparenza.

• Deroga al diritto societario e riduzione degli oneri per l’avvio (art. 26).

Per consentire una gestione più flessibile e più funzionale alle esigenze di governance tipiche delle startup, soprattutto se costituite in forma di S.r.l., sono introdotte le seguenti facoltà:

o Facoltà di estendere di dodici mesi il periodo di c.d. “rinvio a nuovo” delle perdite (dalla chiusura dell’esercizio successivo alla chiusura del secondo esercizio successivo) e, nei casi di riduzione al di sotto del minimo legale, di consentire il differimento della decisione sulla ricapitalizzazione entro la chiusura dell’esercizio successivo. Durante i primi anni di attività, ci possono essere frequenti episodi in cui le perdite intaccano il capitale per oltre un terzo a causa dei costi di avvio e degli investimenti iniziali, una più flessibile gestione degli obblighi di ricapitalizzazione può essere molto utile.

o Facoltà di utilizzare anche per le startup innovative costituite in forma di S.r.l. istituti ammessi solo nelle S.p.A., in particolare la libera determinazione dei diritti attribuiti ai soci, attraverso la creazione di categorie di quote anche prive di diritti di voto o con diritti di voto non proporzionali alla partecipazione, o l’emissione di strumenti finanziari partecipativi.

o Facoltà di offrire al pubblico quote di partecipazione in startup innovative costituite in forma di S.r.l., consentendo di facilitarne l’accesso al capitale indipendentemente dalla forma giuridica prescelta.

o Facoltà di deroga al divieto assoluto di operazioni sulle proprie partecipazioni qualora l’operazione sia effettuata in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l’assegnazione di strumenti finanziari a dipendenti, collaboratori, componenti dell’organo amministrativo o prestatori di opere o servizi, anche professionali (stock options e work for equity).

Vengono anche ridotti gli oneri per l’avvio della startup innovativa e dell’incubatore certificato, attraverso l’esonero dai diritti di bollo e di segreteria per l’iscrizione al Registro delle Imprese, nonché dal pagamento del diritto annuale dovuto in favore delle Camere di commercio.

• Remunerazione con strumenti finanziari della startup innovativa e dell’incubatore certificato (art. 27).

Viene introdotto un regime fiscale e contributivo di favore per i piani di incentivazione basati sull’assegnazione di azioni, quote o titoli similari ad amministratori, dipendenti, collaboratori e fornitori delle imprese startup innovative e degli incubatori certificati. Il reddito derivante dall’attribuzione di questi strumenti finanziari o diritti non concorrerà alla formazione della base imponibile, sia a fini fiscali che contributivi. In questo modo, viene facilitata la partecipazione diretta al rischio di impresa, ad esempio attraverso l’assegnazione di stock options al personale dipendente o ai collaboratori di un’impresa startup.

• Rapporto di lavoro subordinato nelle startup innovative (art. 28).

Le startup usufruiranno di apposite disposizioni contrattuali per poter instaurare rapporti di lavoro subordinato che abbiamo maggiore flessibilità operativa, soprattutto nella fase di avvio dell’attività di impresa. Nello specifico, sarà possibile stipulare contratti di lavoro a tempo determinato con una durata variabile tra un minimo di 6 mesi e un massimo di 36 mesi, con possibilità di rinnovi senza soluzione di continuità, prorogabili ulteriormente una sola volta fino al termine di applicazione della normativa specifica per le startup (ossia, 48 mesi). Una volta decorsi i termini previsti, il rapporto di lavoro diventa a tempo indeterminato ed è escluso espressamente che la collaborazione possa continuare in altre fattispecie di lavoro subordinato o in modo “fittiziamente” autonomo.

• Incentivi all’investimento in startup innovative (art. 29).

Per rafforzare la crescita e la propensione all’investimento in imprese startup innovative, è fondamentale cercare di creare un clima favorevole al loro sviluppo aumentando la loro capacità di attrazione dei capitali privati, anche grazie alla leva fiscale. Si è stabilito pertanto che per gli anni 2013, 2014 e 2015 è consentito alle persone fisiche e giuridiche rispettivamente di detrarre o dedurre dal proprio reddito imponibile una parte delle somme investite in imprese startup innovative, sia direttamente che attraverso fondi specializzati.

• Raccolta diffusa di capitali di rischio tramite portali online (art. 30).

Viene introdotta un’apposita disciplina per la raccolta di capitale di rischio da parte delle imprese startup innovative attraverso portali online, avviando una modalità innovativa di raccolta diffusa di capitale (crowdfunding). La vigilanza viene affidata alla Consob, che è delegata ad emanare la disciplina secondaria al fine di tutelare gli investitori diversi da quelli professionali. In particolare, la disciplina dovrà assicurare che una parte dell’offerta debba essere sottoscritta da investitori professionali o da altri investitori specializzati nel venture capital, nonché prevedere un meccanismo di tutela degli investitori non professionali nel caso in cui i soci di controllo della startup cedano le proprie partecipazioni a terzi successivamente all’offerta.

Per quanto riguarda l’accesso al credito, le startup potranno usufruire gratis e in modo semplificato del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, anche mediante la previsione di condizioni di favore in termini di copertura e di importo massimo garantito.

• Sostegno all’internazionalizzazione (art. 30).

Vengono incluse anche le imprese startup innovative operanti in Italia tra quelle beneficiarie dei servizi messi a disposizione dall’Agenzia ICE per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane e dal Desk Italia.

La disposizione individua puntualmente tali servizi: l’assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia, l’ospitalità a titolo gratuito alle principali fiere e manifestazioni internazionali, e l’attività volta a favorire l’incontro delle startup innovative con investitori potenziali per le fasi di early stage capital e di capitale di espansione.

• Gestione della crisi nell’impresa startup innovativa e attività di controllo (art. 31).

L’intervento disciplina il fenomeno della crisi aziendale delle startup innovative, tenendo conto dell’elevato rischio economico assunto da chi decide di fare impresa investendo in attività ad alto livello d’innovazione. Dato l’elevato tasso di mortalità fisiologica delle startup si vuole indurre l’imprenditore a prendere atto il prima possibile del fallimento del programma posto a base dell’iniziativa. La scelta è quella di sottrarre le startup alle procedure concorsuali vigenti, prevedendo il loro assoggettamento, in via esclusiva, alla disciplina della gestione della crisi da sovra-indebitamento, applicabile ai soggetti non fallibili che non prevede la perdita di capacità dell’imprenditore ma la mera segregazione del patrimonio destinato alla soddisfazione dei creditori.

Per facilitare l’avvio di startup si prevede che, una volta decorsi dodici mesi dall’iscrizione nel Registro delle imprese del decreto di apertura della procedura liquidatoria, i dati relativi ai relativi soci non siano più accessibili al pubblico ma esclusivamente all’autorità giudiziaria e alle autorità di vigilanza.

Per vigilare sul corretto utilizzo delle agevolazioni e sul rispetto della disciplina dettata dal decreto in materia di startup innovative, il ministero dello Sviluppo economico può avvalersi del Nucleo speciale della spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di Finanza.

• Pubblicità e valutazione dell’impatto delle misure (art. 32).

Il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il ministero dello Sviluppo Economico, promuoverà una campagna di sensibilizzazione a livello nazionale per diffondere una maggiore consapevolezza pubblica sulle opportunità imprenditoriali legate all’innovazione e alle materie disciplinate dal decreto.

L’ISTAT provvederà alla raccolta e all’aggiornamento regolare dei dati necessari per compiere una valutazione dell’impatto – in particolare sui temi della crescita, dell’occupazione e dell’innovazione – delle misure volte a favorire la nascita e lo sviluppo di startup innovative.

Il ministro dello Sviluppo economico dovrà presentare entro il primo marzo di ogni anno una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni in materia di startup innovative, mettendo in rilievo soprattutto l’impatto di tali norme sulla crescita e l’occupazione.

La prima relazione successiva all’entrata in vigore del presente decreto dovrà essere presentata entro il primo marzo 2014.

3) Ulteriori misure per la crescita.

3.1. Credito di imposta al 50% per la realizzazione di nuove infrastrutture (art. 33).

Viene introdotto un credito di imposta come contributo pubblico alla realizzazione di opere strategiche e di importo superiore a 500 milioni di euro, che potranno in questo modo raggiungere l’equilibrio finanziario altrimenti non conseguibile.

Il credito potrà arrivare fino al limite massimo del 50% a valere sull’Ires e sull’Irap in relazione alla costruzione e gestione dell’opera. La disposizione è valida fino al 31 dicembre 2015.

In questo modo sarà possibile favorire la realizzazione di un considerevole numero di grandi infrastrutture, senza incidere sulle entrate erariali e per di più stimolando un indotto positivo anche per le entrate pubbliche.

3.2 Sportello Unico per l’Attrazione di Investimenti Esteri (art. 35).

Viene costituito un unico punto di coordinamento stabile, tempestivo ed efficace per i soggetti imprenditoriali a cui potranno far riferimento i soggetti imprenditoriali che abbiano intenzione di realizzare investimenti di tipo produttivo e industriale sul territorio italiano.

Lo sportello farà capo al ministero dello Sviluppo economico e coordinerà tutti gli altri soggetti che operano nel settore, avvalendosi anche del supporto di personale proveniente dall’ICE e dall’Agenzia INVITALIA, senza generare così ulteriori oneri per la finanza pubblica.

La promozione del made in Italy sui mercati internazionali sarà rafforzata grazie al fatto che Simest potrà partecipare al capitale di apposite società commerciali aventi sede anche in Italia.

3.3 Misure per il rafforzamento dei confidi (art. 36).

La norma proposta – che non comporta alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato – è volta a consentire ai confidi di rafforzarsi patrimonialmente per poter continuare a svolgere il ruolo di sostegno all’accesso al credito delle piccole e medie imprese, divenuto fondamentale nel corso della crisi.

Viene riconosciuto ai confidi la possibilità di imputare al fondo consortile o al capitale sociale i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle Regioni e di altri enti pubblici esistenti alla data di entrata in vigore di questo provvedimento. Sono introdotte misure per rendere più facilmente applicabile il nuovo regime a supporto dell’accesso al mercato dei capitali da parte di società non quotate, regime introdotto dal primo decreto crescita.

3.4 Proroga per progetto “carbone pulito” e per “superinterrompibilità” elettrica (art.34)

Proroga di un anno (dal 31-12-2012 al 31-12-2013) per la realizzazione del progetto cosiddetto “carbone pulito” (Carbosulcis). E proroga di tre anni (fino al 31-12-2015) del servizio per la cosiddetta “superinterrompibilità” elettrica per la Sicilia e la Sardegna.

4) Assicurazioni, mutualità e mercato finanziario

4.1. Misure per l’individuazione e il contrasto delle frodi assicurative (art. 21).

La norma, riprendendo varie proposte di iniziativa parlamentare, affida all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (IVASS) la cura della prevenzione amministrativa delle frodi nel settore dell’assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, relative alle richieste di risarcimento e di indennizzo e all’attivazione di sistemi di allerta preventiva contro i rischi di frode.

L’IVASS realizzerà un archivio informatico integrato attraverso il quale sarà più facile individuare indici di anomalia e di possibili frodi. Lo stesso Istituto potrà segnalare tali anomalie alle Autorità giudiziarie e incentivare azioni di indagine utilizzando il veicolo della vigilanza assicurativa.

4.2 Misure a favore della concorrenza e della tutela del consumatore nel mercato assicurativo (art. 22).

Vengono abolite nel Codice delle Assicurazioni Private le clausole di tacito rinnovo eventualmente previste dal contratto.

Si riporta da 2 a 10 anni il termine di prescrizione delle polizze vita “dormienti”, ridotto nel 2008 a soli due anni, termine che si è rivelato del tutto insufficiente al fine di garantire la possibilità di riscatto della polizza, soprattutto in caso di morte dell’intestatario.

Verrà inoltre definito, attraverso un decreto del ministro delle Sviluppo Economico, uno schema di “contratto base” di assicurazione responsabilità civile auto, nel quale prevedere tutte le clausole necessarie ai fini dell’adempimento di assicurazione obbligatoria. Ogni compagnia assicurativa, nell’offrirlo obbligatoriamente al pubblico, anche attraverso internet, dovrà definirne il costo complessivo individuando separatamente ogni eventuale costo per i vari servizi aggiuntivi.

La norma prevede anche l’introduzione di una disciplina che obblighi le compagnie di assicurazione a predisporre sui propri siti aree riservate attraverso le quali consentire ai propri clienti di verificare lo stato delle proprie coperture assicurative, le scadenze, i termini contrattuali sottoscritti, la regolarità dei pagamenti di premio, secondo procedure simili agli attuali sistemi di home banking.

Al fine di favorire la concorrenza nel settore si consente agli intermediari di poter collaborare con altri soggetti iscritti al Registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi, garantendo piena informativa e trasparenza nei confronti dei consumatori e sancendo la nullità di ogni patto contrario tra compagnia assicurativa ed intermediario.

4.3 Misure per l’iscrizione al registro delle Imprese ulteriori misure di semplificazione per le società di mutuo soccorso (art. 23).

La disposizione si propone di aggiornare una normativa piuttosto datata (le Società di Mutuo Soccorso sono ancora disciplinate da una legge del 1886) e lacunosa in molte sue parti, per consentire a tali particolari società di svolgere con maggiore efficacia i propri compiti nel campo socio-sanitario e previdenziale, garantendo procedure pubblicitarie più certe oltre che il definitivo avvio di un sistema di vigilanza efficace.

In attesa di una riforma organica della disciplina, viene risolta un’importante questione interpretativa prescrivendo in termini univoci e chiari la necessità di previa iscrizione delle Società di mutuo soccorso al registro delle imprese. Oltre a semplificare questa iscrizione viene inoltre resa automatica l’ iscrizione presso l’Albo nazionale delle società cooperative, in una sezione che si istituirà espressamente dedicata alle SMS.

Una delle novità della proposta è poi quella relativa alla cosiddetta “mutualità mediata”, in virtù della quale si rende possibile anche ad una Società di mutuo soccorso di aderire in qualità di socio ad un’altra analoga società a condizione che lo statuto lo preveda espressamente e che i membri, persone fisiche di tali enti giuridici, siano destinatari di una delle attività istituzionali delle medesime società di mutuo soccorso. In tal modo si consentirà alle S.M.S. di minori dimensioni (e per tali motivi in condizioni di non poter erogare i servizi istituzionali) di continuare a svolgere la loro funzione in campo socio-sanitario.

20 settembre Audizione Ministro in 7a Camera

Il 20 settembre, dalle ore 16.30, si svolge, nella 7a Commissione della Camera, l’audizione del Ministro dell’istruzione, università e ricerca, professore Francesco Profumo, sulle problematiche concernenti l’avvio dell’anno scolastico 2012-2013, con particolare riferimento allo svolgimento del preannunciato concorso per il reclutamento dei docenti

24 agosto Obiettivo Crescita

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 24 agosto, ha esaminato le proposte di tutti i ministeri per realizzare un’azione coordinata per raggiungere il traguardo della crescita.

Di seguito il comunicato stampa:

Obiettivo crescita: mobilitato l’intero Governo

Una giornata intera dedicata alla riflessione su come mobilitare tutte le energie per raggiungere l’obiettivo della crescita. Il 24 agosto ha visto tutti i Ministri riuniti per analizzare la situazione economica internazionale e nazionale, valutare i margini per un intervento efficace, confrontare le opinioni e le esperienze maturate da ciascun ministro nei mesi passati al fine di definire un’azione coordinata per raggiungere il traguardo della crescita.
Su sollecitazione del Presidente Mario Monti, la discussione è stata introdotta dal Ministro per lo sviluppo economico, infrastrutture e trasporti Corrado Passera che ha fatto il punto sulle politiche già avviate e in parte realizzate dal suo dicastero e ha prospettato le direttrici che creeranno le condizioni strutturali affinché il Paese ritorni a crescere e ad essere competitivo.
Ciascun Ministro è intervenuto contribuendo con idee, suggerimenti e proposte specifiche. Il risultato è una strategia coerente di misure che, nei prossimi mesi, rafforzeranno e completeranno l’azione sin qui condotta per introdurre nel sistema economica italiano più efficienza, più produttività, più competitività, anche alla luce delle raccomandazioni rivolte all’Italia nel quadro del “Semestre europeo”.
Le principali componenti della strategia sono: il recupero del gap infrastrutturale, anche attraverso l’attrazione di capitali privati; la spinta all’innovazione tecnologica e all’internazionalizzazione delle imprese; la creazione di un contesto favorevole alla nascita di start up, soprattutto da parte dei giovani; gli investimenti nel capitale umano promuovendo l’apprendimento permanente e valorizzando il merito; la riduzione degli oneri burocratici a favore di cittadini e imprese; l’attenzione a una crescita sostenibile ed eco-compatibile.
Tutte queste azioni dovranno svolgersi nel rispetto delle compatibilità finanziarie e dei vincoli europei, come è stato illustrato rispettivamente dal Ministro dell’economia e finanziarie Vittorio Grilli e dal Ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero.
A conclusione della discussione il Presidente Monti ha chiesto a tutti i Ministri l’indicazione precisa delle scadenze per la traduzione in atto delle rispettive iniziative.

7 agosto Spending Review alla Camera

Il 7 agosto l’Aula della Camera approva definitivamente il disegno di legge (C. 5389) di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, già approvato dal Senato il 31 luglio, sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia.

Il 30 luglio l’Aula del Senato esamina il DdL di conversione in Legge del testo comprendente i decreti-legge in materia di spending review (ddl 3396) e di dismissioni del patrimonio pubblico (ddl 3382),.

Il 24 luglio la 7a Commissione del Senato esprime parere favorevole con condizioni e osservazioni sul DdL di conversione in Legge del Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, “Disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati” (spending review).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 3396

La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo,

espresso apprezzamento per le misure di contenimento della spesa pubblica, purchè esse si inseriscano un circolo virtuoso di riduzione degli sprechi e delle spese improduttive,

considerato che, fra le norme di carattere generale, impattano comunque sui settori di competenza:
– l’articolo 1, che reca disposizioni dirette a ridurre la spesa sostenuta dalle pubbliche amministrazioni per l’acquisto di beni e servizi, in particolare rafforzando il sistema degli acquisti tramite CONSIP;
– l’articolo 2, che dispone la riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni e norma la eventuale conseguente soprannumerarietà di personale, prevedendo forme di mobilità e pensionamento, includendo anche gli enti di ricerca, l’Agenzia spaziale italiana (ASI), il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), l’Ente autonomo esposizione universale di Roma e gli enti lirici, facendo tuttavia (al comma 4) salva la disciplina di settore per il personale scolastico e dell’alta formazione musicale, artistica e coreutica;
– l’articolo 3, recante razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per localizzazioni passive;
– l’articolo 4, che contiene misure sulla messa in liquidazione e privatizzazione di società in house che svolgono servizi nei confronti della Pubblica amministrazione, norme circa la composizione dei consigli di amministrazione di tali società, una più ampia applicazione del principio della selezione competitiva per l’individuazione di beni e servizi strumentali all’attività della Pubblica amministrazione, limiti di assunzioni nelle società pubbliche, nonché il divieto di arbitrati nei contratti di servizio tra lo Stato e le società statali;
– l’articolo 5, che reca disposizioni volte al contenimento di alcune voci di spesa delle pubbliche amministrazioni;
– l’articolo 7, commi da 12 a 15, che prevede disposizioni finalizzate alla riduzione delle spese delle amministrazioni centrali dello Stato a decorrere dal 2013. In particolare per quanto riguarda il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca le riduzioni di spesa da conseguire sono, in termini di saldo netto da finanziare, pari a 182,9 milioni nell’anno 2013, 172,7 milioni nell’anno 2014 e 225,5 milioni nell’anno 2015; circa il Ministero per i beni e le attività culturali tali riduzioni ammontano, per i tre anni suddetti, rispettivamente a 55,6 milioni di euro, 51,4 milioni di euro e 63,5 milioni di euro;
– l’articolo 12, comma 19, chereca disposizioni procedimentali in materia di riordino, trasformazione, soppressione o messa in liquidazione di enti ed organismi pubblici statali, nonché strutture pubbliche statali o partecipate dallo Stato;
– l’articolo 14, comma 9, secondo cui, ferme le vigenti disposizioni in materia di limitazione delle assunzioni, le facoltà assunzionali sono prioritariamente utilizzate per il reclutamento, dall’esterno, di personale di livello non dirigenziale munito di diploma di laurea;
– l’articolo 19, comma 1, che ridetermina le funzioni fondamentali dei comuni, tra cui quelle relative all’edilizia scolastica e all’organizzazione e gestione dei servizi scolastici;
– l’articolo 23, comma 2, che estende all’esercizio finanziario 2013 la disciplina del 5 per mille dell’IRPEF;

tenuto conto delle norme specifiche inerenti gli ambiti di competenza, quali:

– l’articolo 6, comma 20, che introduce due disposizioni: la prima pone il tetto massimo di 2.000 agli ambiti territoriali scolastici a decorrere dal 2013, con conseguente riduzione della spesa per compensi ai revisori dei conti ed eventualmente di altre spese di funzionamento (nell’anno scolastico 2010-2011 il numero degli ambiti territoriali scolastici è stato pari a 2.928); la seconda affida ai revisori dei conti degli ambiti territoriali scolastici anche lo svolgimento dei controlli ispettivi di secondo livello per i fondi europei;
– l’articolo 7, comma 18, che riduce di 39 milioni di euro per l’anno 2012 la dotazione del Fondo per il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili (cosiddetto “fondo Letta”), di cui all’articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009, a suo tempo istituito al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi. Lo stesso Fondo è peraltro incrementato, in virtù dell’articolo 23, comma 8, di 700 milioni di euro per l’anno 2013;
– l’articolo 7, commi da 27 a 32, secondo cui, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca predisporrà un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, degli studenti e delle famiglie: dall’anno scolastico 2012-2013, perciò, le iscrizioni alle istituzioni scolastiche statali avverranno esclusivamente on line, le pagelle saranno redatte in formato elettronico, saranno adottati registri di classe on line e le comunicazioni alle famiglie e agli alunni saranno inviate in formato elettronico;
– l’articolo 7, commi da 33 a 36, che assoggettano le scuole statali al sistema di tesoreria unica di cui alla legge n. 720 del 1984, con il deposito delle disponibilità liquide presso la tesoreria statale;
– l’articolo 7, comma 37, che dispone la confluenza nel “Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato” e nel “Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche” dei seguenti stanziamenti: il “Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi”; la quota parte del “Fondo destinato all’attuazione del piano programmatico di interventi finanziari della legge n. 53 del 2003”; l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 634, della legge finanziaria 2007;
– l’articolo 7,comma 38,secondo cui il pagamento del personale supplente breve nominato dai dirigenti scolastici sarà effettuato con un meccanismo simile a quello utilizzato per il pagamento del cedolino unico, in modo che tali spese non saranno più pagate a carico dei bilanci delle scuole;
– l’articolo 7, commi 39 e 40, che stabilisce che le contabilità speciali scolastiche non siano più alimentate dal 1° gennaio 2013 e siano soppresse dal 2016;
– l’articolo 7, comma 41, che specifica che il contributo dello Stato agli enti locali per le spese sostenute in relazione al servizio di mensa scolastica offerto al personale insegnante dipendente dallo Stato o da altri enti (pari, a legislazione vigente, a 62,7 milioni di euro) sia assegnato in proporzione al numero delle classi che accedono al servizio;
– l’articolo 7, comma 42, secondo cui la contribuzione universitaria degli studenti italiani e comunitari iscritti entro la durata normale dei rispettivi corsi di studio di 1° e 2° livello non potrà eccedere il 20 per cento dell’importo dei trasferimenti statali correnti attribuiti dal Ministero; gli atenei che superassero tale limite dovranno destinare le maggiori entrate al finanziamento di borse di studio a favore degli studenti. Al riguardo, benché la Relazione tecnica affermi che la nuova disposizione non determina automaticamente alcun incremento di contribuzione a carico degli studenti, si registra tuttavia un triplice aggravio: infatti, il 20 per cento sarà sostenuto solo dagli studenti regolari, riguarderà non solo il Fondo per il finanziamento ordinario ma tutti i finanziamenti statali e ad esso si aggiungerà il contributo degli studenti fuori corso (pari al 65 per cento circa degli iscritti) per i quali non è previsto alcun massimale;
– l’articolo 8, che persegue invece riduzioni di spesa da parte degli enti pubblici diversi da quelli territoriali fra cui ricadono, per quanto riguarda il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ASI, CNR, INFN, INAF, INGV, INRIM e INVALSI. In complesso la riduzione per gli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca è, per l’anno 2012, pari a 19,2 milioni di euro (di cui 9,1 riguardanti INFN) e, a decorrere dal 2013, di 51,2 milioni di euro (di cui 24,4 a carico di INFN). In proposito, si rimarca che la riduzione degli stanziamenti a carico degli enti di ricerca per gli anni successivi al 2012 è piuttosto anomala, in quanto non è ancora stata fissata l’entità del Fondo ordinario per quegli anni e che il definanziamento non si estende ad altri enti di ricerca, ricadenti nella sfera di competenza di altri Ministeri;
– l’articolo 12, commi da 24 a 28, che riguardano invece la liquidazione della Società ARCUS SpA con un vantaggio per il bilancio dello Stato che la Relazione tecnica si riserva tuttavia di valutare a consuntivo. Si prevede anzitutto la nomina di un commissario liquidatore, con il compito di portare a conclusione esclusivamente le attività in corso affidate alla Società, per le quali siano sorti obblighi giuridicamente vincolanti nei confronti di terzi, nonchè il trasferimento al Ministero di tutti i beni residuanti dalla liquidazione di ARCUS;
– l’articolo 12, commi 29 e 30, che detta le modalità con cui assegnare la quota parte (fino al 3 per cento) del Fondo infrastrutture destinata ai beni e alle attività culturali fino al 2016;
– l’articolo 12, commi da 31 a 38, che dispone la soppressione della Fondazione Centro sperimentale di cinematografia e l’istituzione del Centro sperimentale di cinematografia, quale nuovo Istituto centrale afferente alla Direzione generale per il cinema; contestualmente, è soppresso l’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi. Quanto alla Cineteca nazionale, le sue funzioni e strutture sono trasferite alla Società Istituto Luce di Cinecittà;
– l’articolo 14, commi 3 e 4, che dispone che le università (e parallelamente gli enti di ricerca, come tutte le altre amministrazioni centrali) potranno procedere al ricambio del turn over nel triennio 2012-2014 nella misura di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale cessato dal servizio nell’anno precedente. Tale limite è elevato al 50 per cento per l’anno 2015 e al 100 per cento per l’anno 2016;
– l’articolo 14, comma 11, che reca due novelle al testo unico sull’istruzione: la lettera a) comporta una riduzione di 30 unità (da 100 a 70) del contingente di personale scolastico sia amministrativo che docente comandato presso gli uffici del Ministero degli affari esteri a Roma; la lettera b) dispone una riduzione di 776 unità (da 1.400 a 624) del limite massimo di personale scolastico impegnato presso le scuole italiane all’estero, nelle scuole europee e nelle istituzioni scolastiche e universitarie estere;
– l’articolo 14, commi 13-15, che contiene disposizioni relative al personale docente permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, che transita entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto nei ruoli del personale ATA con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico;
– l’articolo 14, comma 16, che stabilisce che per “aree geografiche caratterizzate da specificità linguistica”, ai fini dell’applicazione dei parametri per l’assegnazione dei dirigenti scolastici, si intendono quelle nelle quali sono presenti minoranze di lingua madre straniera;
– l’articolo 14, commi da 17 a 21, recante una disciplina a regime riguardante l’utilizzo dei docenti che, al termine delle operazioni di mobilità, risultano in esubero;
– l’articolo 14, comma 22, che introduce una norma interpretativa in tema di mansioni superiori, stabilendo che la delega ai docenti di compiti da parte del dirigente scolastico non costituisce affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie;
– l’articolo 14, comma 27, secondo cui a partire dal 2012 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca provvede a ripartire il fondo per il rimborso forfetario alle Regioni delle spese sostenute per gli accertamenti medico-legali sul personale scolastico ed educativo assente dal servizio per malattia;
– l’articolo 23, comma 3, che autorizza per l’anno 2013 la spesa di 10 milioni di euro per il sostegno alle università non statali legalmente riconosciute;
– l’articolo 23, comma 4, che incrementa di 90 milioni di euro la dotazione del Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti di onore e l’erogazione delle borse di studio da ripartire tra le regioni, di cui alla legge n. 147 del 1992;
– l’articolo 23, comma 5, che autorizza, a decorrere dall’anno 2013, la spesa di 103 milioni di euro affinché i comuni provvedano a garantire la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l’obbligo scolastico in possesso dei requisiti richiesti, e in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore in possesso dei requisiti richiesti;

rimarcato che tutte le misure di revisione della spesa, quanto mai indifferibili, devono essere articolate in modo tale da non comportare alcun pregiudizio in termini di fruizione dei servizi da parte dei cittadini;

manifestata tuttavia preoccupazione per i tagli agli enti locali, che rischiano di compromettere l’avvio del prossimo anno scolastico, stanti le rilevanti competenze delle autorità locali ad esempio in tema di edilizia scolastica;

esprime, per quanto di competenza, parere favorevole a condizione che:

1. all’articolo 7, comma 37, siano salvaguardate le specifiche finalità dei Fondi, fra cui quello per l’offerta formativa, che il decreto-legge fa confluire in due Fondi di carattere generale;
2. all’articolo 8, comma 4, sia mantenuto più elevato possibile il volume di investimenti sugli enti di ricerca;
3. all’articolo 12, comma 19, sia reintrodotto il parere parlamentare sui regolamenti di riordino, trasformazione e soppressione degli enti pubblici;
4. all’articolo 12, comma 26, al personale a tempo indeterminato della soppressa Società ARCUS siano assicurate uniformi misure di tutela rispetto a quello della Fondazione Centro sperimentale di cinematografia, parimenti soppressa. Si lamenta infatti che i rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (ad eccezione delle qualifiche dirigenziali) della soppressa Società ARCUS siano liquidati al più tardi entro il termine del periodo di commissariamento, previsto per il 31 dicembre 2013, mentre per gli analoghi rapporti in essere con la Fondazione Centro sperimentale di cinematografia si dispone giustamente il transito, previo espletamento di apposita procedura selettiva, nei ruoli del Ministero per i beni e le attività culturali;
5. gli interventi sulla spesa pubblica locale non pregiudichino il doveroso svolgimento delle funzioni in materia scolastica.

La Commissione formula altresì le seguenti osservazioni:

a) in merito all’articolo 7, comma 42, in materia di limite massimo delle tasse studentesche, a fini di maggiore chiarezza si suggerisce di prevedere il calcolo del 20 per cento sul complesso dei trasferimenti statali, anziché solo su quelli correnti, stante l’ambiguità di quest’ultima definizione. Si ritiene inoltre opportuno precisare che il superamento del predetto 20 per cento non è di norma consentito; esso può avvenire solo in via eccezionale. Si raccomanda infine di mantenere espressamente la gradualità della tassazione rispetto al reddito, anche per la contribuzione a carico degli studenti stranieri e fuori corso;
b) in ordine all’articolo 12, comma 38, si raccomanda di evitare la soppressione dell’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, che svolge funzioni rilevanti di servizio pubblico e tutela;
c) con riferimento all’articolo 14, commi 3 e 4, relativi al blocco del turn over per università ed enti di ricerca, si evidenzia che – per quanto riguarda le università – i limiti alle assunzioni si riferiscono all’intero sistema statale, mentre l’attribuzione a ciascuna università del contingente di assunzioni è effettuata con decreto ministeriale, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 49 del 2012. Al riguardo, si coglie peraltro l’occasione per suggerire di espungere dal suddetto articolo 7 il rinvio ad un DPCM per la definizione dei parametri assunzionali. Tale previsione, oltre ad eccedere rispetto ai principi e criteri fissati dalla legge di delega n. 240 del 2010, risulta infatti lesiva dell’autonomia universitaria, costituzionalmente garantita, che può trovare un limite solo in norme poste a livello legislativo. Si invita inoltre a riconsiderare il blocco delle assunzioni quanto meno per i ricercatori a tempo determinato, con riferimento all’anno 2012;
d) in merito all’articolo 14, commi 13-15, si manifestano perplessità in ordine al passaggio del personale docente inidoneo a mansioni inferiori e all’ipotesi che non vi sia capienza di posti disponibili;
e) quanto all’articolo 14, comma 16, si prende atto della disposizione, osservando peraltro che la legge n. 482 del 1999 sulle minoranze linguistiche non fa distinzione fra quelle di lingua madre straniera e le altre;
f) circa l’articolo 23, comma 3, si lamenta che i contributi ivi disposti in favore delle università non statali legalmente riconosciute siano inferiori a quelli erogati negli ultimi anni e si raccomanda di reperire risorse aggiuntive da dedicare al settore;
g) con riguardo all’articolo 23, comma 4, recante integrazione del finanziamento per le borse di studio, si esprime rammarico per la contrazione di risorse rispetto agli anni passati e si raccomanda di reperire risorse aggiuntive da dedicare al settore.

Dal 12 luglio le Commissioni del Senato sono impegnate nell’esame del DdL di conversione in Legge del Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, “Disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati” (spending review)

20 luglio Province e Festività in CdM

Il Consiglio dei ministri, riunitosi il 20 luglio 2012, ha definito i criteri per il riordino delle province e la questione del calendario delle festività e delle celebrazioni nazionali.

Di seguito un estratto del comunicato stampa:

Il Consiglio ha definito i criteri per il riordino delle province – dimensione territoriale e popolazione residente – previsti dal decreto sulla spending review (cfr. comunicato stampa del 5 luglio “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica”). In base ai criteri approvati, i nuovi enti dovranno avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati.
Nei prossimi giorni il Governo trasmetterà la deliberazione al Consiglio delle autonomie locali (CAL), istituito in ogni Regione e composto dai rappresentanti degli enti territoriali (in mancanza, la deliberazione verrà trasmessa all’organo regionale di raccordo tra Regione ed enti locali). La proposta finale sarà trasmessa da CAL e Regioni interessate al governo, il quale provvederà all’effettiva riduzione delle province promuovendo un nuovo atto legislativo che completerà la procedura.
Le nuove province eserciteranno le competenze in materia ambientale, di trasporto e viabilità (le altre competenze finora esercitate dalle Province vengono invece devolute ai Comuni, come stabilito dal decreto “Salva Italia”). La soppressione delle province che corrispondono alle Città metropolitane – 10 in tutto, tra cui Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze – avverrà contestualmente alla creazione di queste (entro il 1° gennaio 2014).
Il Consiglio dei Ministri ha esaminato la questione del calendario delle festività e delle celebrazioni nazionali. Il decreto legge n. 138, approvato dal precedente Governo nell’agosto 2011, prevede infatti che, a decorrere dall’anno 2012, il Presidente del Consiglio stabilisca ogni anno le date in cui ricorrono le festività introdotte con legge dello Stato non conseguenti ad accordi con la Santa sede, nonché le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni, ad esclusione del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno.
Il Consiglio ha deciso di non procedere all’accorpamento delle festività per tre ragioni. Anzitutto perché, secondo le stime della Ragioneria generale, la misura non dà sufficienti garanzie di risparmio, contrariamente a quanto indicato dalla norma (che individua nel risparmio di spesa la propria finalità principale).
Inoltre, perché a differenza di quanto indicato dal decreto legge del 2011 nella parte in cui fa riferimento a “diffuse prassi europee”, non esistono in Europa previsioni normative di livello statale che accorpino le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni. In alcuni Paesi (ad esempio la Germania, l’Austria e la Spagna) la celebrazione delle festività dei Santi Patroni rientra nell’autonoma determinazione delle autorità locali che le fanno coincidere col giorno a questi dedicato nel calendario gregoriano. Nei Paesi anglosassoni – ad esempio in Irlanda e in Scozia – i Santi Patroni delle principali città sono riconosciuti e celebrati, con giornate festive stabilite a livello statale.
Infine, perché l’attuazione della misura nei confronti dei lavoratori privati violerebbe il principio di salvaguardia dell’autonomia contrattuale, con il rischio di aumentare la conflittualità tra lavoratori e datori di lavoro.

10 luglio Risoluzione 7a Senato su Sentenza Corte Costituzionale 147/12

Il 26 giugno, il 4 ed il 10 luglio la 7a Commissione del Senato esamina la Sentenza della Corte costituzionale n. 147 del 4 giugno 2012, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

(7a Senato, 26 giugno 2012) Il relatore RUSCONI (PD), nel sottolineare l’urgenza della procedura in titolo, anche a fronte dell’imminente incontro fra Governo e Regioni, tiene anzitutto a precisare che la Corte costituzionale ha sanzionato solo il metodo, non anche il merito, della norma approvata dal precedente Governo. Ciò sgombra il campo, a suo avviso, da possibili polemiche, in considerazione della più ampia maggioranza che sostiene il Governo attualmente in carica. La Consulta ha infatti eccepito che, trattandosi di competenza concorrente, occorreva un maggior coinvolgimento delle Regioni, cui doveva essere lasciato ogni intervento di dettaglio, riconoscendo tuttavia il diritto dello Stato di ridurre il numero dei dirigenti scolastici per conseguire risparmi di spesa.
Poiché peraltro la sentenza interviene a piani di dimensionamento pressoché completati, egli preannuncia l’intenzione di proporre che per l’anno scolastico 2012-2013 gli organici siano mantenuti inalterati, ancorché elaborati sulla base di una norma dichiarata illegittima. Ciò, al fine di garantire quanto meno certezza al mondo della scuola. Anticipa indi la proposta di procedere ad una audizione della Conferenza Stato-Regioni, onde sviluppare un confronto circa i parametri da adottare per l’anno scolastico successivo.
Entrando nel merito della sentenza n. 147 del 2012, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, egli precisa che essa fa seguito a ricorsi promossi da sette Regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Sicilia, Puglia e Basilicata), le quali ritenevano la norma lesiva del loro ambito di competenza legislativa.
In particolare, riferisce che la disposizione impugnata aveva ad oggetto la rete scolastica e il dimensionamento delle scuole: essa disponeva infatti l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi dovevano raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.
Nel riepilogare anzitutto la ripartizione di competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di istruzione in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione, rammenta che la Consulta ha ben individuato – già con la sentenza n. 200 del 2009, confermata dalla sentenza n. 147 – la distinzione tra la competenza esclusiva dello Stato circa le norme generali sull’istruzione e la competenza concorrente delle Regioni sui principi fondamentali in materia di istruzione. Nel primo ambito – competenza esclusiva – rientrano «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali». Afferiscono invece alla competenza concorrente «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione e, dall’altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione), dell’intervento del legislatore regionale». A giudizio della Corte, dunque, l’organizzazione della rete scolastica si inquadra nell’insieme delle competenze concorrenti delle Regioni.
Il relatore precisa poi che detta materia è stata disciplinata dal Legislatore con diverse norme, da ultimo con il decreto-legge n. 112 del 2008 (articolo 64, comma 4-quater), che riconosceva la competenza delle Regioni salvo il rispetto di parametri fissati con d.P.R. n. 233 del 1998. Sottolinea pertanto come all’atto di emanazione dell’articolo 19, comma 4, le Regioni avevano già provveduto all’approvazione dei piani regionali di dimensionamento in vista dell’inizio dell’anno scolastico 2011-2012, secondo lo schema di cui al citato d.P.R. n. 233 del 1998.
Egli riferisce quindi che la Corte, dopo aver rilevato l’ambiguità della disposizione impugnata, la quale non esclude l’ipotesi di soppressioni pure e semplici, pur regolando solo quelle finalizzate all’aggregazione, l’ha ritenuta rientrante nella competenza concorrente, per cui lo Stato poteva stabilire esclusivamente i principi fondamentali. A detta della Corte, infatti, “l’aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di 1.000 alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche ed il personale operante all’interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio; ma, in tal modo, essa si risolve in un intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale”. Fa notare altresì come il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerga, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia.
Non è stata perciò accolta, prosegue il relatore, la tesi dell’Avvocatura dello Stato secondo cui la norma aveva finalità di carattere generale in quanto volta al contenimento della spesa pubblica, da un lato, e dall’altro fissava requisiti minimi per l’autonomia delle scuole, facendo parte così della competenza esclusiva statale.
Egli puntualizza poi che è stata invece giudicata costituzionalmente legittima la successiva disposizione, di cui all’articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011, parimenti impugnata dalle Regioni. Tale norma, secondo cui alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero inferiore a 600 unità (ridotto a 400 per le scuole site in piccole isole, comuni montani e aree caratterizzare da specificità linguistiche) non possono essere assegnati dirigenti scolastici a tempo indeterminato, ma debbono essere coperte con incarichi di reggenza, pur incidendo a sua volta in modo significativo sulla rete scolastica, è stata ritenuta legittima dalla Corte in quanto non sopprime i posti di dirigente, limitandosi a prevederne una diversa modalità di copertura. Osserva del resto che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali, non regionali; il titolo di competenza esclusiva statale prevale perciò sul titolo di competenza concorrente. Il perseguimento della finalità di contenimento della spesa pubblica attraverso un diverso criterio di assegnazione dei dirigenti scolastici rientra infatti pienamente – ad avviso della Corte – nell’ambito di competenza esclusiva dello Stato.
Tenuto conto della pronuncia di illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, reputa infine necessario capire quali scenari si prefigurano per il prossimo anno scolastico. Nel far presente che le Regioni hanno già dato seguito alla norma, ora censurata, per la formazione degli organici, rimarca che risulterebbe alquanto problematico riscorporare ora gli istituti aggregati. Rende quindi noto con sollievo che le Regioni – di cui ripropone l’audizione – hanno responsabilmente dichiarato che manterranno inalterata la situazione per l’anno scolastico 2012-2013, in ossequio ad un principio di buon andamento dell’amministrazione, salvo però intervenire per l’anno successivo.
Soffermandosi su alcuni dati, il relatore riferisce indi che i piani di dimensionamento della rete scolastica, con decorrenza dal 1° settembre 2012, adottati dalle Regioni, hanno prodotto una riduzione di 1.013 istituzioni scolastiche, benché non tutte le Regioni abbiano ultimato i propri piani.
A seguito di tali interventi, emerge la seguente distribuzione per numero di alunni: fino a 300: 105 scuole; fino a 400: 309 scuole; fino a 500: 489 scuole; fino a 600: 805 scuole; fino a 700: 1.168 scuole; da 701 a 1.100: 4.331 scuole; da 1.101 a 1.300: 1.110 scuole; da 1.301 a 1.500: 533 scuole; da 1.501 a 1.700: 163 scuole; da 1.701 a 1.900: 54 scuole; da 1.901 a 2.100: 16 scuole; oltre 2.100: 5 scuole, per un totale nazionale di 9.088 scuole.
È evidente peraltro, prosegue il relatore, che il disagio conseguente all’accorpamento in un unico istituto di oltre un migliaio di alunni è diverso in un piccolo comune ovvero in un’area più vasta, nella quale occorra coprire maggiori distanze.
Egli pone perciò l’accento sulla necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell’ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio. A suo giudizio, esso deve essere basato, da un lato, sul numero di alunni di ciascuna Regione e, dall’altro, sull’esigenza di contenimento della spesa pubblica. Ciò permetterebbe alle Regioni di definire la propria rete scolastica autonomamente, senza dover rispettare un numero di alunni uguale per tutte le scuole, dimensionando queste ultime a seconda delle diverse realtà territoriali.
Tenuto conto che il rapporto medio nazionale, dopo gli accorpamenti del 2012-2013, è pari a 860 alunni per scuola, per un totale di 8.617 istituti scolastici, egli propone il parametro di 900 alunni, con il quale gli istituti scolastici salirebbero a 8.692. Lo scarto sarebbe pertanto assai contenuto, pari ad appena poche decine di scuole, mentre l’autonomia delle Regioni sarebbe salvaguardata.

Il sottosegretario Elena UGOLINI conferma che per domani è previsto un incontro con le Regioni dedicato all’avvio del prossimo anno scolastico. In quella sede, sarà probabilmente convenuto di lasciare immutati gli organici per il 2012-2013, mentre sarà avviata una discussione per rivedere i parametri a partire dal 2013-2014. Ritiene pertanto assai utile ogni indicazione che sarà fornita al riguardo dal Senato.

 

(7a Senato, 4 luglio 2012) Riprende l’esame sospeso nella seduta del 26 giugno scorso, nel corso della quale – ricorda il PRESIDENTE – è stata svolta la relazione introduttiva del senatore Rusconi. Fa presente altresì che l’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi ha appena svolto l’audizione di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

Nel dibattito interviene quindi la senatrice SOLIANI (PD), la quale sottolinea l’importanza dell’autonomia scolastica che trae origine dalla legge n. 59 del 1997. Dopo aver ricordato gli effetti negativi del decreto-legge n. 112 del 2008 in tema di dimensionamento della rete scolastica, ritiene che la sentenza n. 147 della Corte costituzionale rappresenti un’occasione unica per interloquire con le Regioni sul piano della gestione concreta dell’autonomia.
Nel richiamare poi la giurisprudenza della Corte in materia, registra con piacere che il giudice relatore della pronuncia in esame è Sergio Mattarella, uno dei protagonisti di un momento evolutivo di rilievo per il processo che ha condotto all’autonomia scolastica.
Afferma peraltro che gli aspetti fondamentali della pronuncia della Consulta attengono, da un lato, alla necessità che lo Stato concerti con le Regioni le modalità di organizzazione della rete scolastica e, dall’altro, all’imprescindibile rispetto dell’autonomia, in virtù della quale non è possibile un intervento di dettaglio in ambiti di legislazione concorrente.
Giudica altresì interessante il criterio della dimensione longitudinale degli istituti comprensivi, in luogo di un mero parametro numerico, onde consentire alle Regioni di tener conto delle rispettive peculiarità. Osserva del resto come la consistenza delle scuole rappresenti un valore per le comunità di riferimento.
Nel ribadire l’importanza della concertazione e dell’autonomia, si interroga quindi sulla capacità delle Regioni di non produrre squilibri eccessivi nell’attuazione del dimensionamento. Precisa inoltre che la sentenza ha ribadito la competenza statale sul personale scolastico e dirigenziale, in ossequio ad un principio di parità di trattamento per tutti gli studenti italiani. Ciò non toglie tuttavia la possibilità di un’assegnazione del personale, in particolare di quello dirigenziale, che sia funzionale e flessibile per assicurare le specificità territoriali.
Reputa pertanto che lo Stato debba indicare le condizioni per l’attuazione dell’autonomia, anche ai fini del bilancio, tenendo comunque presente che vi saranno presumibilmente dei tagli ulteriori agli uffici periferici del Ministero, data la situazione in costante trasformazione.
Nell’auspicio che tali considerazioni siano recepite nello schema di risoluzione del relatore, giudica assai utile offrire delle prospettive concrete per l’attuazione della sentenza per l’anno scolastico 2013-2014, cogliendo così l’occasione per dare degli indirizzi all’Esecutivo. Ritiene infine che la sentenza raccolga l’intero patrimonio di cultura istituzionale e politica acquisito finora.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) attribuisce un particolare merito alla pronuncia della Corte nella misura in cui essa ha posto l’attenzione sul rapporto tra lo Stato e le Regioni in questa materia. Invita peraltro a considerare il particolare contesto attuale, che vede le Regioni in seria difficoltà nella gestione della propria sfera di competenza attribuita dal Titolo V. Registra infatti criticamente una sorta di impossibilità tecnica di funzionamento, che potrà condurre ad una nuova centralizzazione oppure ad una più spiccata autonomia.
Ritiene comunque che qualora il personale scolastico rientrasse nelle competenze regionali vi sarebbe un aumento dei costi, come accade già in altri settori.
Concorda pertanto con la piena autonomia, purché ad essa consegua la responsabilità, in modo che lo Stato non debba poi sopperire alle negligenze delle amministrazioni regionali. Rammenta altresì che già dal 1997 si è legiferato in materia di dimensionamento, su cui si potrà dunque riflettere alla luce della summenzionata sentenza n. 147.
Nel ribadire nuovamente la competenza esclusiva statale sul personale direttivo delle scuole, si augura che possano essere date indicazioni precise alle Regioni sul percorso da intraprendere, ponendo al centro l’autonomia e in particolare l’organico funzionale. Si interroga conclusivamente sulla capacità delle Regioni di assumersi in concreto la responsabilità per il personale docente, che implicherebbe comunque un ripensamento del Titolo V della Costituzione.

In una breve interruzione la senatrice Vittoria FRANCO (PD) precisa che in base al testo vigente della Costituzione la gestione del personale scolastico rientra nella sfera di legislazione esclusiva dello Stato.

Il senatore PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI) esprime un giudizio senz’altro positivo sulla sentenza n. 147, ravvisando l’assoluta coerenza nella giurisprudenza della Corte in materia di limiti della legislazione statale rispetto a quella concorrente. Cita poi gli ambiti riservati allo Stato per quanto riguarda le norme generali sull’istruzione, concordando altresì con il senatore Asciutti circa la necessità di trasferire competenze solo previa responsabilizzazione e indicazione degli obiettivi, anche per quanto concerne il piano finanziario. Rammenta del resto che un principio analogo è stato seguito in occasione dell’esame della legge n. 240 del 2010 sull’università, che ha tentato proprio di coniugare autonomia e responsabilità.
Riallacciandosi alla puntualizzazione della senatrice Vittoria Franco, ritiene che sull’assunzione di personale non vi sia un preclusione netta a che possano subentrare le Regioni.

Dopo che la senatrice Vittoria FRANCO (PD) ha ribadito la sfera di competenza statale sul personale scolastico, il PRESIDENTE ricorda il contenuto dell’articolo 117, nonché dell’articolo 33, secondo comma, della Costituzione in materia di istruzione.

Poiché nessun altro chiede di intervenire nel dibattito, il PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione generale e rinvia il seguito dell’esame.

 

(7a Senato, 10 luglio 2012) Riprende l’esame sospeso nella seduta del 4 luglio scorso, durante la quale – ricorda il PRESIDENTE – si è conclusa la discussione generale.

Replica il relatore RUSCONI (PD), registrando con soddisfazione la consonanza degli interventi nel dibattito rispetto ai contenuti dell’audizione dei rappresentati della Conferenza delle Regioni. A tale ultimo riguardo esprime un particolare apprezzamento alla disponibilità delle Regioni ad attuare la sentenza secondo il principio di sussidiarietà verticale e di gradualità, ferma restando la necessità di utilizzare parametri unici.
Illustra quindi uno schema di risoluzione, pubblicato in allegato al presente resoconto, nel quale sono individuati alcuni impegni di carattere generale indirizzati all’Esecutivo, per quanto concerne le modalità del confronto con le amministrazioni regionali e la certezza dei criteri. In seconda battuta, fa presente di aver suggerito la previsione di parametri considerati come media regionale, come del resto richiesto anche dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, in modo da rispettare le diverse realtà territoriali. Osserva infine che, a fronte di un parametro di 910 alunni a legislazione vigente e una media regionale pari a 861 alunni, potrebbe essere proposta la soglia di 900 alunni.

Il sottosegretario Elena UGOLINI ritiene che lo schema di risoluzione sia coerente con quanto il Ministero si è impegnato a realizzare con le amministrazioni regionali. Ribadisce infatti che l’anno scolastico 2012-2013 inizierà senza cambiamenti rispetto alla sentenza della Corte, mentre la pronuncia della Consulta si attuerà a partire dal 2013-2014. In questo caso il Dicastero assegnerà un contingente di dirigenti scolastici alle Regioni, le quali saranno chiamate a decidere le modalità di distribuzione in relazione alle diverse esigenze, nel rispetto degli studenti e della natura del territorio.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) si dichiara d’accordo con l’impostazione della risoluzione, manifestando tuttavia il dubbio che nella definizione del parametro non sia adeguatamente considerato il diverso peso che la natura del territorio gioca all’interno di ciascuna Regione. Afferma infatti che, accanto al numero di alunni, dovrebbe essere previsto anche un collegamento con la specificità territoriale.

Il sottosegretario Elena UGOLINI osserva che le considerazioni del senatore Asciutti possono essere ricomprese nella considerazione dei parametri come media regionale.

Il relatore RUSCONI (PD) condivide la fondatezza delle affermazioni del senatore Asciutti, ricordando comunque che le Regioni si sono dichiarate disponibili ad aggiustamenti e compensazioni, secondo un principio di solidarietà e di sussidiarietà verticale, tanto più che esse sono assai differenti fra loro. Proponendo dunque la soglia di 900 alunni e alla luce delle dichiarazioni rese dalle amministrazioni regionali, potrà essere agevolmente individuata una soluzione equilibrata e graduale per tutte. L’eventuale maggiore precisione nella elaborazione dei parametri deve quindi a suo avviso essere lasciata alla concertazione tra Governo e Regioni.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) fa presente che la presunta compensazione tra le Regioni si basa su un dato volontario e presuppone comunque un problema territoriale.

Il senatore PROCACCI (PD) concorda con le osservazioni del senatore Asciutti, sottolineando come accanto al numero di alunni e all’esigenza di contenimento della spesa pubblica, vada previsto anche un criterio oggettivo che tenga conto delle caratteristiche del territorio, come ad esempio la densità abitativa. Occorre infatti dare certezza e chiarezza onde poter poi assicurare una gestione coerente e non traumatica.
Nel dare atto alle Regioni di un atteggiamento di responsabilità per quanto riguarda la non applicazione della sentenza per il prossimo anno, chiede a sua volta che si modifichi la bozza di risoluzione inserendo esplicitamente l’aspetto territoriale nella predisposizione dei criteri.

Anche la senatrice SOLIANI (PD) condivide la sollecitazione del senatore Asciutti, paventando che il dato numerico esclusivamente quantitativo degli alunni non sia sufficiente a rappresentare le diversità territoriali. Chiede inoltre che venga preso in considerazione anche un ulteriore parametro, relativo alla coerenza didattica della scuola con il sistema generale di istruzione.

Il presidente POSSA (PdL) manifesta perplessità sul punto n. 4) degli impegni di carattere generale di cui alla lettera A. Ritiene infatti che i risparmi debbano essere ottenuti celermente, in un’ottica che mal si concilia con la gradualità. Concorda perciò con la fissazione di un parametro che rispetti l’autonomia regionale, ma pone al tempo stesso l’accento sull’esigenza di conseguire rapidamente i risparmi.

Il senatore de ECCHER (PdL) ravvisa una contraddizione nel summenzionato punto 4). Osserva infatti che la prevista gradualità dei processi di dimensionamento contrasta con l’asserita volontà di non sottoporre le istituzioni scolastiche a continui mutamenti.

Il senatore PITTONI (LNP) fa presente che l’articolo 14, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, sulla spending review, limita la tutela delle minoranze linguistiche a quelle di lingua madre straniera, discriminando così quelle che sono parlate solo in Italia. Ciò, nonostante che la legge n. 482 del 1999 disponga una tutela unitaria per tutte le minoranze. Poiché ciò ha una sua rilevanza nell’attribuzione delle dirigenze scolastiche, chiede di inserire un richiamo alla piena tutela di tutte le minoranze al punto 1) degli impegni di dettaglio di cui alla lettera B.

Il senatore MILONE (PdL) osserva che, laddove si preveda l’incrocio di più parametri, occorre stabilire un tetto massimo ed uno minimo anziché individuare un dato numerico unico.

Preso atto dei suggerimenti avanzati, il relatore RUSCONI (PD) si dichiara disponibile a sopprimere il punto n. 4) degli impegni di carattere generale di cui alla lettera A, nonché a modificare il punto 1) degli impegni di dettaglio di cui alla lettera B nel senso di tenere conto anche delle caratteristiche dei territori, nonché della coerenza delle scelte didattiche delle scuole rispetto al sistema nazionale.

Il presidente POSSA (PdL) rileva che la coerenza didattica delle scuole non può che rientrare fra i criteri con cui le Regioni distribuiscono il contingente di dirigenti scolastici loro attribuito dallo Stato.

Concorda il senatore ASCIUTTI (PdL).

Il senatore PITTONI (LNP) rinnova la richiesta di introdurre una esplicita tutela di tutte le minoranze linguistiche al punto 1) degli impegni di dettaglio di cui alla lettera B.

Il senatore de ECCHER (PdL) esprime netta contrarietà a tale proposta.

A giudizio del senatore ASCIUTTI (PdL) detta tematica deve essere affrontata nella sua sede propria, rappresentata dal decreto-legge sulla spending review.

Conviene il senatore VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Egli coglie altresì l’occasione per dichiararsi d’accordo con la prospettiva di assegnare alle Regioni un contingente fisso di dirigenti scolastici, calcolato sulla base delle esigenze di risparmio pubblico, nell’ambito del quale possono essere compiute le scelte di competenza regionale.

Il relatore RUSCONI (PD) modifica conclusivamente la bozza di risoluzione precedentemente illustrata in un testo 2, pubblicato in allegato al presente resoconto.

La senatrice SOLIANI (PD) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo, esprimendo soddisfazione per l’ampio recepimento delle indicazioni contenute nella sentenza n. 147 della Corte costituzionale. Non va infatti dimenticato, osserva, che sono in gioco diritto costituzionali di primaria importanza, atteso che il dimensionamento della rete scolastica deve consentire a ciascun allievo le medesime opportunità di istruzione.

Anche il senatore ASCIUTTI (PdL) dichiara il voto favorevole del suo Gruppo, ringraziando il relatore per aver accolto la sua richiesta di modifica.

Il senatore PITTONI (LNP) si dichiara disponibile a votare a favore, purchè sia inserito il riferimento alla tutela di tutte le minoranze linguistiche. Trova del resto inconcepibile che la Commissione non condivida tale tematica.

Il relatore RUSCONI (PD), pur comprendendo la rilevanza della problematica sollevata dal senatore Pittoni, osserva che essa non è pertinente con l’argomento in esame. Nel manifestare perciò piena disponibilità ad affrontarla nell’ambito del decreto-legge sulla spending review, dichiara di non modificare ulteriormente la bozza di risoluzione presentata.

Dopo che il PRESIDENTE ha accertato la presenza del numero legale ai sensi dell’articolo 30, comma 2, del Regolamento, e previa dichiarazione di astensione del senatore PITTONI (LNP), la Commissione accoglie a maggioranza la bozza di risoluzione del relatore.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE SUL DOC. VII, N. 165 (Doc.VII-bis, n. 1)

La Commissione,

premesso che con la sentenza n. 147 del 2012 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, avente ad oggetto la rete scolastica e il dimensionamento delle scuole;

tenuto conto che la norma censurata disponeva l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi dovevano raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche;

rilevata la ripartizione di competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di istruzione in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione come delineata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui:

– nella competenza esclusiva rientrano «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali»;

– alla competenza concorrente afferiscono invece «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione e, dall’altro, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione), dell’intervento del legislatore regionale»;

osservato dunque che, a giudizio della Corte, l’organizzazione della rete scolastica si inquadra nell’insieme delle competenze concorrenti delle Regioni, in quanto si tratta di un intervento di dettaglio, mentre la scelta di un diverso criterio di assegnazione dei dirigenti scolastici rientra pienamente nell’ambito di competenza esclusiva dello Stato, essendo i dirigenti scolastici dipendenti pubblici statali;

preso atto con favore che, poiché la pronuncia di illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, interviene a piani di dimensionamento pressoché completati, le Regioni hanno responsabilmente dichiarato che manterranno inalterata la situazione per l’anno scolastico 2012-2013, in ossequio ad un principio di buon andamento dell’amministrazione, salvo però intervenire per l’anno successivo;

considerata la necessità di provvedere a dare attuazione alla sentenza a partire dall’anno scolastico 2013-2014;

rilevato che la sentenza è un’occasione unica per interloquire con le Regioni sul piano della gestione concreta dell’autonomia, tanto più che l’autonomia scolastica è strettamente collegata a quella regionale;

ritenuto che il disagio conseguente all’accorpamento in un unico istituto di oltre un migliaio di alunni è diverso in un piccolo comune ovvero in un’area più vasta, nella quale occorra coprire maggiori distanze;

impegna il Governo:

A. Sul piano generale

1. a prevedere il superamento di criteri rigidi, inaugurando una nuova fase di confronto nella quale raggiungere un’ampia condivisione con le amministrazioni regionali sugli obiettivi per la riorganizzazione della rete scolastica da porre in essere in tempi ragionevoli;

2. ad avviare una riflessione comune sugli organici, ponendo criteri oggettivi per quantificare un bisogno condivisibile, al fine di trovare una convergenza progressiva in una logica di solidarietà e di sussidiarietà verticale;

3. a garantire la certezza dei criteri, che devono essere chiari, coerenti, trasparenti e ragionevoli;

B. In dettaglio

1. a rispettare le specificità regionali, stabilendo parametri da considerare come media regionale; in particolare, si sottolinea la necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell’ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio. Esso deve essere basato, da un lato, sul numero di alunni di ciascuna Regione e, dall’altro, sull’esigenza di contenimento della spesa pubblica, tenendo in debito conto anche le caratteristiche dei territori, al fine di permettere alle amministrazioni regionali di definire la propria rete scolastica autonomamente, senza dover rispettare un numero di alunni uguale per tutte le scuole, dimensionando queste ultime a seconda delle diverse realtà territoriali. Alla luce della normativa vigente, si suggerisce ad esempio un parametro medio regionale non superiore a 900 alunni.

 

Il 4 luglio si svolgono nella 7a Commissione della Camera delle interrogazioni a risposta immediata sulle problematiche concernenti il dimensionamento della rete scolastica.

5-07243 Coscia: Sul rinvio dell’applicazione delle norme di cui al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, in materia di dimensionamento scolastico.

Maria COSCIA (PD) illustra l’interrogazione in titolo, che evidenzia l’oggettiva complessità e la delicatezza del percorso di ridefinizione dei piani regionali di dimensionamento della rete scolastica. Chiede, quindi, al Governo se, in vista di un’organica definizione della materia, non ritenga urgente avviare un monitoraggio della situazione esistente negli istituti comprensivi citati, anche mediante l’istituzione di un tavolo tecnico con i rappresentanti degli enti locali, al fine di valutare la necessità di assumere le opportune iniziative normative conseguenti alla pronuncia della Corte costituzionale n. 147 del 7 giugno scorso.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA osserva che, per l’anno scolastico 2012/2013, il dimensionamento della rete è già stato disposto dalle regioni e che, al momento, l’eventuale revisione dei piani già adottati determinerebbe conseguenze negative sull’inizio del prossimo anno scolastico. Segnala, infatti, che sono in via di conclusione tutte le operazioni volte ad assicurarne il regolare avvio, quali le iscrizioni alle nuove scuole, l’attivazione dei nuovi indirizzi di studio per le scuole secondarie di secondo grado, la determinazione delle dotazioni organiche, i trasferimenti del personale scolastico e la definizione dei conseguenti posti vacanti per le immissioni in ruolo. Evidenzia che, per gli anni scolastici successivi al 2012/2013, le regioni potranno comunque riprendere in esame il processo di dimensionamento già attuato o completarlo nei termini previsti per questa fase di interventi, che normalmente precede il periodo delle iscrizioni.
Osserva che, tenuto conto delle argomentazioni svolte dalla Corte nella sentenza n. 147 del 2012, la strada per la corretta attuazione della suddetta pronuncia può individuarsi nella costituzione di un tavolo di concertazione con la conferenza unificata, nell’ambito del quale dovranno essere individuate le soluzioni più appropriate alla questione in argomento. Segnala, altresì, che, a tal fine, il Ministero sta elaborando un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna regione e che tale parametro dovrà rispondere a due criteri fondamentali: il numero di alunni di ciascuna regione ed il contenimento della spesa pubblica, già raccomandato in sede di accertato mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dall’articolo 64.
Ritiene, infine, che l’assegnazione di un contingente di dirigenti scolastici consentirà alla regione di definire la propria rete scolastica prescindendo da un numero fisso di alunni, minimo o massimo, per ciascuna istituzione scolastica e definendo il dimensionamento delle stesse a seconda delle esigenze legate alle varie realtà territoriali, con particolare riferimento alle scuole di montagna e delle piccole isole.

Maria COSCIA (PD), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo, ribadendo la necessità dell’istituzione di un tavolo tecnico con le regioni, al fine di arginare gli inevitabili contenziosi.

5-07244 Zazzera: Sulle iniziative da intraprendere a salvaguardia della qualità e della funzionalità delle strutture scolastiche.

Pierfelice ZAZZERA (IdV) illustra l’interrogazione in titolo, che denuncia la difficile situazione determinatasi all’indomani della pubblicazione della citata sentenza della Corte costituzionale. Auspica, quindi, che il Governo coinvolga, nei futuri processi di modifica della rete scolastica, i diversi soggetti interessati, ossia gli enti locali, le scuole, i sindacati, al fine di garantire la qualità e la piena funzionalità delle strutture scolastiche interessate.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA richiama la risposta fornita al precedente atto di sindacato ispettivo, ricordando, altresì, che la sentenza della Corte costituzionale n. 147 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità del quarto comma dell’articolo 19 del decreto legge n. 98 del 2011, ha invece confermato la compatibilità con i criteri di riparto delle competenze tra Stato e regioni in materia di istruzione del quinto comma del citato articolo 19, come novellato dall’articolo 4, comma 69, della successiva legge n. 183 del 2011, secondo il quale agli istituti con numero di allievi inferiore a 600 (ridotto a 400 per particolari aree) non potrà essere assegnato né il dirigente scolastico, né il direttore dei servizi generali e amministrativi.

Pierfelice ZAZZERA (IdV), replicando, si dichiara insoddisfatto della risposta fornita dal rappresentante del Governo, pur ringraziandolo per aver fornito ulteriori elementi di valutazione. Ritiene, al riguardo, che l’Esecutivo, pur potendo fronteggiare la difficile situazione mediante il posticipo dell’avvio dell’anno scolastico, non ha adottato alcuna misura concreta per assicurare la qualità e la continuità della didattica.

5-07245 Capitanio Santolini: Sulle iniziative da adottare al fine di tutelare l’offerta formativa e la qualità della didattica.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdCpTP) illustra l’interrogazione in titolo, auspicando in particolare che il Governo attivi un tavolo di confronto con tutte le parti interessate, al fine di tutelare la qualità della didattica ed il buon funzionamento della rete scolastica.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA, rinviando alle risposte fornite ai precedenti atti di sindacato ispettivo, assicura, altresì, che l’adozione dei piani di dimensionamento non comporta le disfunzioni evidenziate dall’onorevole interrogante. Segnala, infatti, che l’amministrazione ha predisposto nei tempi dovuti tutte le operazioni volte ad assicurare il regolare avvio dell’anno scolastico: iscrizioni alle nuove scuole, attivazione dei nuovi indirizzi di studio per le scuole secondarie di secondo grado, determinazioni delle dotazioni organiche, trasferimenti del personale scolastico e conseguente individuazione dei posti vacanti per le immissioni in ruolo. Evidenzia, inoltre, che la proposta di costituzione di un tavolo di confronto con le parti interessate è già all’attenzione del ministero, essendo in programmazione incontri in sede di conferenza unificata in merito all’applicazione del Titolo V della Costituzione. Assicura, quindi, che, nell’ambito di tali incontri, verranno ricercate le soluzioni per le questioni aperte dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 147 per la parte in cui è stata dichiarata l’incostituzionalità del comma 4 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 98 del 2011.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdCpTP), replicando, si dichiara soddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo, ribadendo la necessità dell’istituzione di un tavolo tecnico con tutti i soggetti interessati, al fine evitare un aumento delle prestazioni e delle responsabilità in capo alle scuole ed ai lavoratori in esse occupati.

5-07246 Centemero: Sulla ripartizione delle competenze fra Stato e regioni in materia di dimensionamento della rete scolastica.

Paola FRASSINETTI (PdL), in qualità di cofirmataria, illustra l’interrogazione in titolo, auspicando che il Governo definisca nel più breve tempo possibile la situazione relativa al dimensionamento della rete scolastica dell’anno 2012/2013 e di tutti i piani di dimensionamento approvati dalle regioni, sulla base delle indicazioni dei comuni e delle province.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA richiama integralmente le osservazioni formulate in risposta ai precedenti atti di sindacato ispettivo, assicurando che è all’attenzione del ministero l’istituzione di un tavolo di confronto con le parti interessate.

Paola FRASSINETTI (PdL), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo.

 

15 giugno CdM impugna Legge 7/12 Lombardia

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 15 giugno 2012, ha deliberato l’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale della legge Regione Lombardia n. 7 del 18 aprile 2012 “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione” per violazione dei principi fondamentali in materia di istruzione.

12 giugno Audizione Ministro in 7a Senato

Il 12 giugno si svolge, nella 7a Commissione del Senato, l’audizione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, su tematiche afferenti al suo Dicastero, con particolare riferimento alle equipollenze fra i titoli dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e i titoli universitari e alla situazione delle scuole nelle zone colpite dal recente sisma in Emilia-Romagna.

Dopo una breve introduzione del PRESIDENTE, il ministro PROFUMO, premesso che a legislazione vigente i titoli accademici rilasciati dalle istituzioni AFAM sono già equiparati a quelli universitari, chiarisce che l’equipollenza concerne la corrispondenza, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, tra i vari titoli accademici per analogia sostanziale di contenuti e di obiettivi formativi.

Afferma poi che nel sistema universitario l’equipollenza fra diplomi di laurea conseguiti in Italia è stata dichiarata per legge fino al 1990; l’articolo 9, comma 6, della legge n. 341 del 1990 ha, successivamente, stabilito che le equipollenze tra i diplomi universitari e quelle tra i diplomi di laurea, al fine esclusivo dell’ammissione ai pubblici concorsi, fossero definite con decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, su conforme parere del Consiglio universitario nazionale (CUN), di concerto con il Ministro per la funzione pubblica.

Dopo aver ricordato l’evoluzione normativa successiva introdotta dalla legge n. 13 del 1991, ai sensi della quale le equipollenze fra i diplomi di laurea sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o con decreto ministeriale, sottolinea che l’equipollenza si sancisce a partire dalla comparazione degli ordinamenti curriculari dei corsi di studio, finalizzata alla verifica della presenza di requisiti comuni. Non possono, infatti, essere ipotizzate equipollenze sulla base di una generica corrispondenza tra titoli, dovendo essere stabilite da una disamina puntuale degli ordinamenti, dei curricula, dei settori disciplinari e delle affinità, orientata al confronto di specifici corsi di studio.

Fa presente pertanto che l’elemento necessario per il riconoscimento delle equipollenze è stata la preliminare definizione dei settori scientifico-disciplinari degli ordinamenti AFAM. Rileva tuttavia come detta operazione sia stata interrotta da una serie di ricorsi amministrativi fino a che, con l’articolo 3-quinques del decreto-legge n. 180 del 2008 convertito dalla legge n. 1 del 2009, si è normativamente chiarito che era effettivamente necessario determinare i nuovi settori artistico-disciplinari per dare attuazione alla riforma. Evidenzia in particolare che i ricorsi proposti erano stati vinti in primo grado proprio per la mancanza di una previsione normativa espressa in tal senso, benché in secondo grado di giudizio l’amministrazione fosse poi risultata vincente a prescindere dall’intervento legislativo intercorso nel 2009.

Riferisce poi che dal luglio 2009 sono stati emanati tutti i decreti per la definizione dei settori disciplinari e successivamente ha cominciato ad operare un apposito tavolo tecnico CUN-CNAM, con l’ausilio di specifici tavoli tecnici di settore, per individuare, con approfondita e documentata analisi tecnica nell’ambito dei settori disciplinari oramai definiti, le prime equipollenze con i titoli universitari. Rende noto pertanto che sulla base del lavoro già svolto sono stati ad oggi predisposti i decreti di equipollenza per i corsi di studio in Restauro, Design, Progettazione artistica per l’impresa, Musicologia.

Nell’elencare in dettaglio le equipollenze fino ad ora stabilite e quelle in corso, fa presente di aver posto particolare attenzione alla mozione presentata presso la Camera dei deputati e, soprattutto, al disegno di legge n. 4822 pendente presso quel ramo del Parlamento, già approvato in prima lettura dal Senato. Riferisce quindi di aver dato indicazioni alla competente Direzione generale del Ministero di non procedere a nessun altro procedimento di equipollenza, nelle more dell’iter legislativo di approvazione della già richiamata proposta di legge. Puntualizza peraltro di aver esposto tale posizione anche in sede di Comitato ristretto della VII Commissione della Camera, proprio in ordine all’articolo 1, commi 1 e 2, del testo summenzionato, che definisce un sistema di equipollenze fra i diplomi accademici di primo e di secondo livello e, rispettivamente, i diplomi di laurea e di laurea magistrale appartenenti ad alcune classi, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi per l’accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso.

Quanto al secondo argomento oggetto dell’audizione odierna, dà conto della situazione che coinvolge le sedi scolastiche delle aree terremotate dell’Emilia-Romagna, per un totale di 223 istituti di ogni ordine e grado, distinti per le province più colpite. Fornisce altresì in particolare i dati sugli alunni di tali scuole, pari a  71.412, di cui 3.037 si accingono a sostenere gli esami di Stato della scuola secondaria di primo grado, 7.026 si accingono a sostenere gli esami di Stato della scuola secondaria di secondo grado e 2.375 saranno impegnati negli esami di qualifica negli istituti professionali e negli istituti d’arte.

Precisa inoltre che la situazione contingente, incidendo pesantemente sulla conclusione dell’anno scolastico 2011-2012, in conseguenza dei gravi danni arrecati ad edifici scolastici dichiarati in tutto o in parte inagibili, ha reso necessario procedere all’adozione di disposizioni sulla validità dell’anno scolastico nonché sull’effettuazione degli scrutini e degli esami di Stato. Comunica in proposito che il decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, all’articolo 5, comma 4, ha stabilito che, ove necessario, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca è autorizzato ad emanare un’apposita ordinanza finalizzata a disciplinare, anche in deroga alle vigenti disposizioni normative, l’effettuazione degli scrutini e degli esami relativi all’anno scolastico 2011-2012 nei comuni colpiti dal terremoto. Fa presente perciò che è stata adottata l’ordinanza ministeriale n. 52 dell’8 giugno 2012 secondo cui, nelle aree interessate dal sisma e per le quali i sindaci abbiano disposto la chiusura degli edifici scolastici, l’anno scolastico 2011/2012 è comunque valido sulla base delle attività didattiche effettivamente svolte, anche se di durata complessiva inferiore a 200 giorni. In aggiunta a ciò, si è deciso che nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, l’ammissione degli studenti alla classe successiva sarà disposta sulla base dello scrutinio finale, anche in deroga alla normativa vigente relativa al conseguimento del limite minimo di frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato.

Quanto allo svolgimento degli scrutini e degli esami, nella stessa ordinanza, prosegue il Ministro, si stabilisce che l’ammissione degli studenti all’esame di Stato dell’istruzione secondaria di primo e di secondo grado è deliberata dal Consiglio di classe, anche in mancanza degli atti relativi alla carriera scolastica degli studenti e in assenza di uno o più componenti per motivi strettamente dipendenti dal sisma. Chiarisce poi che i soli candidati coinvolti dagli eventi sismici sosterranno esclusivamente le prove orali e che negli esami di Stato conclusivi del primo ciclo, in deroga alle disposizioni vigenti, il voto finale è costituito dalla media dei voti  in decimi ottenuti nella prova orale e nel giudizio di idoneità, arrotondata all’unità superiore per frazione pari o superiore a 0,5. Relativamente agli esami di Stato conclusivi della scuola secondaria di secondo grado, evidenzia che al colloquio giudicato sufficiente non può essere attribuito un punteggio inferiore a 50 punti, corrispondente alla somma dei punteggi minimi da conseguire per la sufficienza nelle prove scritte e nel colloquio.

Analogamente si procederà per quanto attiene all’esame di qualifica professionale o all’esame per la licenza di maestro d’arte, per cui lo scrutinio si concluderà con un giudizio analitico e un voto, espresso in decimi, per ciascuna materia, anche in mancanza degli atti relativi alla carriera scolastica degli studenti e di uno o più componenti del Consiglio di classe per motivi legati al sisma, e con un voto di ammissione, espresso in centesimi, accompagnato da un giudizio sintetico. Si sofferma poi in dettaglio sugli esami per il conseguimento dei diplomi di qualifica, per i quali non saranno effettuate le prove strutturate o semistrutturate previste dalla normativa vigente e si svolgerà una prova orale davanti al Consiglio di classe. Parimenti, sosterranno esclusivamente le prove orali gli studenti degli istituti d’arte per il conseguimento della licenza di maestro d’arte.

Il Ministro afferma altresì che, ai sensi della predetta ordinanza, le sedi di esame sono determinate dal Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale ovvero, in sua assenza, dal dirigente con funzioni vicarie, o dal dirigente da questi delegato, in relazione allo stato di agibilità dei locali scolastici ovvero alla esistenza di altre strutture ritenute idonee allo scopo dalle competenti autorità.

Per ciò che attiene alla messa in sicurezza delle sedi scolastiche danneggiate – prosegue il Ministro – sono state emanate disposizioni eccezionali con il decreto-legge n. 74 del 2012, in modo da destinare le risorse di cui al decreto ministeriale 30 luglio 2010 alle varie iniziative di ricostruzione. Dopo aver specificato le modalità di riassegnazione di tali somme a seguito di una revoca disposta con decreto ministeriale sentite le Regioni interessate, segnala che nel procedimento è stata interpellata anche la Cassa Depositi e Prestiti; pertanto in virtù del citato decreto ministeriale 30 luglio 2010 si dispone di un importo pari a circa 74 milioni, il cui utilizzo può essere effettuato con le seguenti modalità alternative: gestione diretta delle risorse da parte del Ministero, che le assegnerebbe agli enti individuati come beneficiari dalle competenti Regioniindividuazione del quantumdelle risorse assegnabili e successivo trasferimento delle stesse alle Regioni interessate, che le gestirebbero autonomamente; apertura di un conto di tesoreria, con incarico alla Cassa Depositi e Prestiti disposto con apposita convenzione di procedere ai pagamenti a favore dei singoli enti locali ammessi al beneficio. Al riguardo, precisa che il Ministero ha deciso di optare per lo strumento del trasferimento alle Regioni coinvolte perché lo si considera il più efficace ed immediato tanto per fronteggiare l’emergenza quanto per attuare interventi nel settore, non determinati da una stringente urgenza. Sul fronte emergenziale, è comunque possibile per l’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna modulare, per il prossimo anno scolastico,  il calendario scolastico, rendere flessibili l’orario e la durata delle lezioni, nonchè articolare diversamente la composizione delle classi o sezioni.

In ultima analisi, il Ministro comunica che nella bozza di contratto collettivo nazionale integrativo sulle utilizzazioni del personale docente, educativo ed ATA, è stata appositamente prevista una possibile riapertura del tavolo di contrattazione per l’esame di eventuali disposizioni derogatorie in favore del personale in servizio nelle zone terremotate.