da Repubblica.it
Dal ministero previsti 2.500 accorpamenti, ma le Regioni ne fanno meno del 10%
L'assessore del Piemonte: "Non prevediamo gli effetti delle riforme. Meglio attendere"
Scuole con meno di 500 studenti
Così è fallita l'operazione-tagli
di SALVO INTRAVAIA
ROMA - Respinti, almeno per il momento, i diktat del governo sulla razionalizzazione della rete scolastica. A fronte di oltre 2.500 istituzioni scolastiche con meno di 500 alunni (considerate sottodimensionate) le regioni ne hanno tagliate soltanto 240: 14 su cento, considerate le scuole che possono sfruttare la deroga fino a 300 alunni. Le 240 scuole in meno scaturiscono dalla differenza fra 320 istituzioni soppresse e 80 centri per l'educazione degli adulti di nuova istituzione. La situazione, regione per regione, è trapelata dalle stanze del ministero alcuni giorni fa e ridimensiona i propositi dell'esecutivo di tagliare più scuole e plessi possibile.
In Piemonte, per esempio, sono otto le istituzioni scolastiche accorpate anche se quelle sottodimensionate sono molte di più. Ma perché le regioni continuano a tenere in vita istituzioni che secondo la norma dovrebbero perdere l'autonomia scolastica? "Abbiamo preferito attendere", spiega l'assessore alla Pubblica istruzione, Giovanna Pentenero. "Ancora - aggiunge - la riforma della scuola secondaria di secondo grado deve partire e non sappiamo neppure quale sarà l'impatto della riforma sulla scuola primaria e sulla secondaria di primo grado". In base a un decreto del 1998 le scuole dovrebbero mantenere un numero di alunni compreso fra 500 e 900 alunni. Con deroga fino a 300 alunni per gli istituti comprensivi (di materna, elementare e media) nei comuni di montagna e nelle piccole isole.
Lo scorso ottobre, un decreto legge imponeva alle regioni di effettuare in tutta fretta il dimensionamento della rete scolastica: l'insieme degli smembramenti e dei successivi accorpamenti di plessi che consentono di riportare il numero degli alunni all'interno del range prescritto. Le regioni "inadempienti" sarebbero state esautorate da commissari ad acta governativi, ma secondo la Costituzione la competenza è dei governi regionali. Il blitz creò un tale terremoto politico, con le regioni che minacciavano il ricorso alla Corte costituzionale, che il governo fu costretto a fare marcia indietro attenuando, in fase di conversione del decreto, la formula perentoria del provvedimento.
L'operazione serve a tagliare posti: accorpando due scuole saltano un dirigente scolastico e un segretario. Il 27 febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto che prevede la revoca dell'autonomia scolastica nei confronti di 700 istituti con meno di 300 alunni. Ma, secondo i dati forniti dalla Flc Cgil, in diverse regioni italiane (Sardegna, Puglia, Marche, Emilia Romagna, Lombardia e Friuli) il dimensionamento non ha prodotto effetti tangibili. In altre regioni, come la Sicilia, il numero delle scuole soppresse è irrisorio: appena 27. Per rastrellare posti di bidello e assistente amministrativo l'esecutivo ha intenzione di sopprimere parte dei plessi con meno di 50 alunni. "Su questo punto - dice la Pentenero - siamo davvero critici: sopprimere la scuola nei piccoli centri può determinare il loro spopolamento".