Le maestrine della ´ndrangheta in cattedra le donne dei boss

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Le maestrine della ´ndrangheta in cattedra le donne dei boss

Messaggiodi edscuola » 10 dicembre 2007, 7:29

da Repubblica

Le maestrine della ´ndrangheta in cattedra le donne dei boss

Sono le mogli, le figlie e le sorelle dei capiclan che terrorizzano la regione I dirigenti scolastici: "Quando parlano loro in classe i ragazzi sono estasiati"

A Reggio le stanno schedando una per una, per ora l´indagine è segretissima
"Non possiamo cacciarle e spesso tengono lezioni di legalità davanti ai prefetti"

dal nostro inviato
ATTILIO BOLZONI
REGGIO CALABRIA

Pronte a salire in cattedra si sono presentate in classe lunedì 17 settembre, primo giorno di scuola in Calabria. Mogli di latitanti. Figlie di ergastolani rinchiusi nei bracci speciali del 41 bis. Sorelle di capibastone ancora in libertà nei loro piccoli grandi regni della piana di Gioia Tauro o nei paesi sui costoni dell´Aspromonte. Tutte presenti. Tutte con il registro già aperto per fare lezione. Di sapere e di vita. Per guidare, educare e formare migliaia di bimbi dai 6 ai 10 anni. Le stanno «schedando» una per una, l´indagine è segretissima. C´è già una lista con una settantina di nomi negli uffici investigativi di Reggio. Donne di rispetto che insegnano. Donne che hanno in famiglia i boss più eccellenti della ´ndrangheta calabrese. Le chiamano le maestrine dell´Onorata Società.
Lunedì 17 settembre, alle elementari di Pellaro, periferia che è stretta fra il mare e l´aeroporto, si è presentata agli alunni della sua prima classe anche Consolata Pellicone. Dopo duecentoquarantotto giorni di «malattia» e un marito che oramai - per undici anni in fuga - è detenuto in un carcere di massima sicurezza, la maestra Consolata è tornata pure lei a scuola.
«Signora maestra, signora maestra: ma che cos´è la ´ndrangheta?». Chissà se qualche bimbo farà mai questa domanda a Consolata Pellicone, insegnante appena trasferita in un circolo didattico a due passi dal suo paese e moglie di Vincenzo Iamonte, pezzo da novanta della mafia ionica, fino alla notte del suo arresto uno dei trenta ricercati più pericolosi d´Italia. E chissà se mai - o come - risponderà la maestra Consolata ai suoi scolari desiderosi di conoscere il significato di quella parola - ‘ndrangheta - proprio lei che è stata trovata dai carabinieri nel covo dove il marito si nascondeva sotto falso nome.
È una cittadina incensurata Consolata Pellicone, neanche una contravvenzione per divieto di sosta. Come tutte le altre del resto. Le maestrine dell´Onorata Società hanno quasi tutte le carte a posto per fare quello che fanno: titoli, fedina penale, abilitazione. Quando suo marito Vincenzo Iamonte era braccato la pedinavano ogni giorno, la ascoltavano con le microspie e la riprendevano con le telecamere. Ma sempre incensurata è rimasta Consolata. E anche sua cognata, Domenica Foti, sposata con Giuseppe Iamonte, il fratello di Vincenzo, un altro capo della cosca catturato dopo una lunghissima latitanza. Fa la maestra anche lei.
Insegna alle elementari di Melito Porto Salvo, il paese che è in mano alla «famiglia». Domenica Foti è stata scelta come responsabile nel suo istituto per uno di quei «progetti sulla legalità», corsi e conferenze dove di tanto in tanto invitano questori e prefetti a parlare di mafia. È stata nominata sul campo da tutti gli altri docenti. All´unanimità. Maestra Domenica, ma che cos´è la ´ndrangheta?
L´indagine sulle maestrine dell´Onorata Società è partita proprio da una piega dell´inchiesta sui mariti di Consolata e di sua cognata. È un primo monitoraggio, un «controllo» che punta a scoprire quante esattamente sono e in quali istituti scolastici insegnano. Molte sono state trasferite negli ultimi anni dal nord in Calabria per «motivi di salute», spostamenti il più delle volte favoriti da certificati rilasciati da medici compiacenti. Quel numero - una settantina - è solo un primo e incompleto elenco. In realtà sono molte, molte di più le mogli e le sorelle e le figlie dei capibastone alle quali è affidata l´istruzione dei bimbi. Quante di più? «Tantissime, in certi paesi gli insegnanti provengono quasi tutti da quelle famiglie, la Calabria purtroppo è anche questa», risponde Giacomina Caminiti, la direttrice scolastica del distretto di Reggio.
La prima lista contiene già alcuni nomi molto noti. La fama dei loro mariti è di quelle che fanno tremare. Nella scuola elementare di Oppido Mamertina, fra gli ulivi della Piana di Gioia Tauro, ha le sue classi Daniela Gangemi che è moglie di Santo Le Pera, al vertice della cosca Rugolino di Catona. Nella scuola elementare di San Roberto, sopra Villa San Giovanni, insegna Fiorenzina Buda che è la moglie di Antonino Imerti, il capo di un clan potentissimo di Fiumara di Muro. In cima alla graduatoria dopo tante supplenze e in attesa di una chiamata del provveditorato (ha anche l´abilitazione all´insegnamento degli alunni diversamenti abili) c´è Giuseppa Condello, cugina di Pasquale Condello alias «Il Supremo» - una specie di Totò Riina calabrese, il numero uno dei ricercati della ´ndrangheta - e moglie di un altro Antonino Imerti, personaggio di peso delle «famiglie» tirreniche. Ci sono Irene Bellantoni che è moglie del boss Rocco Zito e Carmela Vadalà che è sorella di Mimmo, «Micu u Lupu», il terrore di Bova Marina. Lui ha sposato Domenica Scriva. Anche lei insegna in una scuola elementare della Locride. Suo padre, Turi, era di Africo. Fu ucciso nel 1982 da alcuni esponenti dei Talia. Qualche anno dopo, nel giorno di Carnevale, morirono quattro dei Talia.
Nell´elenco - ma fa supplenza in un istituto di Roma - c´è anche anche Caterina Vottari, sposata con Sebastiano Pelle. È dei Pelle di San Luca, i nemici giurati degli Strangio e dei Nirta, quelli della strage di Ferragosto davanti il ristorante «Da Bruno» a Duisburg. Signore maestre, ma che cos´è la ´ndrangheta?
L´inchiesta sulle docenti parenti strette dei boss - che per il momento è nella fase preliminare - ha preso inizio dal recupero in archivio di alcune indagini sulla caccia ai latitanti. Gli investigatori dei reparti anticrimine hanno incrociato i dossier e disegnato una mappa di favoreggiatori. Quelli che fornivano covi. O certificati come faceva il dottore Francesco Cassano, direttore sanitario di Melito Porto Salvo e anche presidente della commissione Invalidi civili. Nel suo studio è stata trovata una documentazione che riguardava proprio Vincenzo e Giuseppe Iamonte, organizzatori di traffici di coca e armi con i Colombiani, leader in Calabria nel riciclaggio di rifiuti tossici e radioattivi.
In un cassetto della scrivania del medico c´era anche una cartella sulla maestra Consolata, la moglie di Vincenzo. Era gonfia di certificati. Sei erano stati firmati in dodici mesi tutti dal dottore. Tre attestavano che Consolata Pellicone pativa di una forma persistente di «asma bronchiale con deficit respiratorio», altri tre che soffriva di «sindrome ansioso depressiva». Con quei sei certificati la maestra Consolata - che allora era titolare di cattedra in un istituto di San Donato Milanese - era riuscita ad assentarsi dalla sua scuola in un anno prima per 27 giorni, poi per altri 60, poi ancora per altri 15, ancora per 60 più altri 60, e alla fine per altri 26. Per un totale di 248 giorni. Il dottore Cassano firmava quei certificati come medico curante e poi, come direttore sanitario e presidente della commissione Invalidi civili di Melito Porto Salvo, ha spedito una lunga lettera al Provveditorato degli Studi di Milano: «L´assistita Pellicone Consolata, essendo stata riconosciuta invalida...è legittimata ai sensi della legge 104/92...». Ai sensi di legge la maestra Consolata è stata trasferita in Calabria. Alla scuola elementare di Pellaro, una trentina di chilometri da Melito Porto Salvo.
Funzionano così i trasferimenti dei docenti a Reggio? «Siamo pieni di pratiche sulla legge numero 104 e non possiamo che prenderne atto, come non possiamo fare niente con quelle presenze, con quelle insegnanti...», risponde ancora la direttrice scolatica Caminiti.
Ma cosa insegnano ai bambini le maestrine di rispetto? Quale messaggio educativo trasmettono ai loro alunni? Quali valori? «Non è tanto quello che insegnano che poi spesso è quello respirano nel loro ambiente familiare, ma è ciò che rappresentano che è ancora più pericoloso», dice il capo di tutte le scuole di Reggio. E aggiunge: «Da una parte non possiamo cacciarle, nemmeno il ministro può intervenire, ci vorrebbero provvedimenti speciali. Dall´altra ci sono ragazzi estasiati quando in classe parla un´insegnante di quelle, un´insegnante che è la moglie di un boss per loro è un simbolo: è terribile dire queste cose ma è così».
Sono intoccabili. Nessuno le può naturalmente mandare via. E neanche distaccare da qualche parte, fuori dalle classi. A meno che non vengano coinvolte direttamente in un´inchiesta. È capitato una sola volta, in Calabria. A Teresa Zappia, maestra di Taurianova, condannata per mafia e «interdetta» dai pubblici uffici. Un´eccezione. Tutte le altre maestrine «onorate» stanno lì, con il registro in mano. A Platì, a San Luca, a Palmi, a Locri, nei quartieri Archi e Ravagnese di Reggio. Nessuno se ne lamenta. «Non abbiamo mai ricevuto l´esposto di un genitore o solo un reclamo orale: mai in trent´anni», racconta Vincenzo Geria, un funzionario del provveditorato. E molti dirigenti scolastici non solo fanno finta di niente. Al contrario, sono felici di avere accanto quelle colleghe.
Parla uno di loro: «L´insegnante che è moglie di un mafioso è una risorsa per la nostra scuola. È una risorsa perché porta fra noi un vissuto familiare che può far capire meglio certe nostre realtà». Ma lei, direttore, ne conosce parenti di mammasantissima che insegnano nelle scuole calabresi? Risponde: «Fiorenzina Buda, la migliore maestra che io abbia mai incontrato nella mia lunga carriera: la migliore. Lo dice e lo sottoscrive Natale Caminiti, direttore scolastico di Campo Calabro». Fiorenzina è la moglie di uno di quegli Imerti di Fiumara di Muro, i capibastone della vallata.
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