L’ultima spiaggia dei prof: lo sciopero della fame

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L’ultima spiaggia dei prof: lo sciopero della fame

Messaggiodi edscuola » 1 settembre 2010, 6:39

da Unità

L’ultima spiaggia dei prof: lo sciopero della fame
Mariagrazia Gerina

Sono saliti sui tetti. Sono scesi in piazza, con studenti e genitori. Si sono incatenati. Adesso, la nuova frontiera della scuola, alle prese con la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, è lo sciopero della fame. I primi a varcarla sono stati tre insegnanti palermitani. Ma la protesta a colpi di digiuno si sta diffondendo come un contagio in tutta Italia tra i precari della scuola che si preparano a un anno di disoccupazione annunciata. A Benevento, dove gli insegnanti hanno occupato un asilo abbandonato. E due di loro, Daniela Basile e Monica Sateriale, sono già al settimo giorno di sciopero della fame. A Pordenone. A Salerno, dove i precari, insegnanti e non, stanno organizzando i pullman per andare a contestare oggi il ministro in visita ad Ariano Irpino. Il 14 settembre, proveranno a riconsegnare in massa al presidente della Repubblica, in visita a Salerno, le loro tessere elettorali, in segno di protesta. «Non ci importa di votare se lo stato non si accorge di noi». E poi lo sciopero della fame: «A staffetta per coinvolgere tutti».Come a Milano, dove i precari di vari coordinamenti si sono dati appuntamento davanti al Provveditorato per questa mattina. Ce ne sono già cinque pronti a iniziare il digiuno. Un tam tam che si moltiplica proprio nel giorno in cui uno dei pionieri palermitani, Giacomo Russo, 31 anni, al suo quattordicesimo giorno di digiuno, ieri, ha mostrato i primi segni di cedimento. Un calo di pressione, che lo ha colto durante il presidio, che va avanti ad oltranza davanti a Montecitorio.

RIDATECI IL LAVORO E LA SCUOLA Mentre al Santo Spirito cercano di reidratarlo con le flebo, lo spreco e la rabbia che sta montando in tutta Italia, li racconta Caterina Altamore, 37 anni, palermitana anche lei, al quinto giorno di digiuno e di presidio davanti a Montecitorio: «Ho studiato, credo nel mio lavoro e nella scuola pubblica, quattordici anni fa, quando ho ricevuto il mio primo incarico, in una scuola elementare del Capo, quartiere difficile di Palermo, mi sono detta “finalmente faccio la maestra” e poi “vedrai, fatica qualche anno ti assumeranno”, ecco, adesso, 14 anni dopo, lo Stato non mi può dire “non mi servi più”», Caterina non è una che si arrende, Il lavoro non c’è, Ma lei si aggrappa a quello che resta. Lo scorso anno ha fatto le valigie e se ne è andata a prendere supplenza a Brescia, lasciando a Palermo, il marito e i tre figli. E farà così anche quest’anno. Destinazione, Palazzolo sull’Oglio. «In Sicilia mi offrivano solo con il salvaprecari di stare a casa a fare la casalinga in attesa di una chiamata che non verrà, ma io non voglio l’elemosina, voglio la scuola per cui abbiamo lottato, non quella che è costretta a rinunciare a tutto, al tempo pieno, alle ore di insegnamento e anche alla carta igienica. In Sicilia come a Brescia». Montecitorio è deserta. Solo i parlamentari di opposizione fanno la spola tra il presidio e l’ospedale dove è ricoverato Giacomo, che, nel pomeriggio si fa dimettere per tornare a protestare: «Nessuno vuole passare per protagonista ma se ci mettiamo tutti insieme il paese reale siamo noi». Arriva Ignazio Marino. Arrivano Francesca Puglisi e Vincenzo Vita. I parlamentari del Pd sono pronti a iniziare lo sciopero della fame a staffetta. Anche Di Pietro porta il sostegno dell’Idv. Come gli altri firmala pergamena dei precari. Contiene l’impegno a battersi per due cose. La restituzione di 8 miliardi di tagli decisi con la legge 133. E l’assunzione dei precari già in graduatoria. «Siamo di fronte al più grande licenziamento di massa della storia italiana, la scuola sarà al primo posto del nostro porta a porta», dà voce alla protesta Bersani dalla Festa del Pd. I precari della scuola sono arrivati anche lì. Solo la Gelmini non si accorge di loro. È lei che Giacomo e Caterina chiedono di incontrare in un confronto pubblico sulla riforma e sulla scuola. «Basta autoritarismo. il ministro li ascolti», rilancia il loro appello anche la Cgil: «Il governo non può mostrare solo disprezzo e disinteresse».
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