La violenza a scuola tra silenzi e ipocrisia

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La violenza a scuola tra silenzi e ipocrisia

Messaggiodi edscuola » 18 aprile 2011, 6:28

La Repubblica - Napoli
DOMENICA, 17 APRILE 2011

La polemica
La violenza a scuola tra silenzi e ipocrisia
FRANCO BUCCINO

Col passare del tempo, sembra quasi che l´odioso comportamento tenuto verso un loro compagno da alcuni ragazzi di una scuola di Posillipo, in gita in Puglia, voglia essere scolorito e derubricato. Un atto di violenza sessuale viene via via classificato come abuso, molestia, bullismo, tempesta ormonale. Il declassamento del reato è funzionale alla responsabilità, che in tal modo si alleggerisce, dei docenti, della preside e della scuola. Oltre a far tirare un sospiro di sollievo ai ragazzi coinvolti e alle loro famiglie. È il trionfo dell´ipocrisia e dell´arroganza di chi pensa che l´etica non comporti una responsabilità per i propri atti o le proprie omissioni. Ci sono voluti anni per definire in termini ampi la violenza, sottraendola a dettagli e azioni materiali, evitando particolari scabrosi e ulteriori umiliazioni per le vittime. Ci manca solo che si cerchi di accertare se il ragazzino che ha subito le violenze fosse accondiscendente. E allora, per favore, chiamiamo le cose con il nome che assegna loro la legge. Se i fatti accertati sono quelli resi noti, si tratta di violenza. Con l´aggravante del gruppo. Il fatto che l´abbiano commesso minori, tredicenni neanche imputabili, non cambia la natura del reato. Gli studenti in gita avevano i loro docenti accompagnatori, in numero adeguato.
I docenti si organizzano in modo da garantire la sorveglianza. Sappiamo bene che nonostante la buona volontà, l´abnegazione degli accompagnatori, possono accadere episodi incresciosi. L´anno scorso alcune alunne di un liceo furono bloccate all´estero in un grande magazzino perché avevano rubato delle collanine. Per non parlare degli schiamazzi, di pericolose fughe su cornicioni, di incidenti di varia natura. Insomma, gli occhi aperti e l´attenzione costante non bastano mai. Eppure, se una decina di ragazzi di notte agiscono indisturbati, la vigilanza non è stata certo perfetta. Ma ciò che più sgomenta nel comportamento dei docenti, della scuola, e quindi soprattutto della preside, è l´incredibile ritardo con cui è stato denunciato l´accaduto. Si sono assunti in diversi una bella responsabilità. Di copertura, di distruzione di prove, di ricostruzione a tavolino dell´accaduto. E stupisce che non siano ancora partiti provvedimenti nei confronti della dirigente scolastica.
I benpensanti diranno: «Non spetta agli uomini di scuola non additare mostri, ma educare e formare insieme con le famiglie? E i ragazzi non sono sempre vittime, anche quelli che danno calci alle maestre, e quelli che sparano a qualcuno perché li ha sfidati guardandoli negli occhi?». Sì, tutto vero, ne siamo fermamente convinti. Siamo preoccupati per tutti gli alunni della Marechiaro, vittime e carnefici (ma chiarendo che è ben diverso essere vittima o carnefice), del loro equilibrio e della loro crescita. Ma senza strumentalizzazioni da parte di chi cerca di banalizzare da una parte e di giustificare dall´altra comportamenti inaccettabili, e non è in grado di stigmatizzarli, né in pubblico né in privato con i propri ragazzi. La scuola non deve aver paura di educare. Educare significa anche non nascondere la verità, nuda e cruda, non sottovalutare comportamenti sbagliati, denunciare errori, non lasciarsi condizionare da atteggiamenti iperprotettivi. I docenti e la preside dovrebbero riflettere sul fatto che con il loro silenzio di giorni hanno compromesso l´azione educativa, hanno disorientato gli alunni, oltre che le famiglie e l´opinione pubblica. Ma la scuola ha tutti gli strumenti e le risorse per riprendere la sua missione educativa, prendendo le distanze dai nuovi profeti del permissivismo e soprattutto del disimpegno.
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