Ricerca e cultura scientifica, per il Pd sia una sfida vera

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Ricerca e cultura scientifica, per il Pd sia una sfida vera

Messaggiodi edscuola » 4 marzo 2008, 8:38

da Unità

Ricerca e cultura scientifica, per il Pd sia una sfida vera
Franco Pacini *

I temi dell'Università e della ricerca scientifica avevano un forte rilievo sulla carta stampata e nel dibattito politico di pochi anni fa. Oggi essi sembrano quasi dimenticati e raramente sono oggetto di discussione.
Le prime informazioni sul programma del Partito Democratico rinforzano questa impressione. C'e' da chiedersi, per esempio, quale lampo di follia possa aver indotto a proporre che, entro il 2010, in Italia debbano essere creati 100 nuovi campus universitari, un obbiettivo del tutto impossibile e anche indesiderabile se si considera il danno già provocato dal moltiplicarsi clientelare delle sedi di istruzione superiore. C'e' da sperare che si tratti di un refuso alla fonte.
Vale la pena però chiedersi cosa è cambiato negli ultimi due anni di Governo Prodi, i passi fatti in avanti, in quale settore invece la situazione economica del paese abbia impedito di incidere sufficientemente.
Giorni fa, richiesto di un parere in proposito da una rivista scientifica americana, ho citato fra gli atti più significativi del Governo Prodi i meccanismi introdotti per la scelta dei vertici degli enti di ricerca, e cioè la introduzione di un comitato scientifico indipendente che ha fatto le sue proposte. Questo ha diminuito fortemente il peso dei partiti in tali nomine. Così sono stati scelti, per esempio, il Presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, collocando finalmente al vertice degli enti stessi scienziati di verificabile altissimo prestigio internazionale.
Quanto questi potranno fare, dipenderà molto dalle risorse dedicate al sistema Università-Ricerca. Esse restano incredibilmente basse, intorno all'uno per cento del prodotto lordo. L'Italia del sapere e della scienza resta il fanalino di coda nella graduatoria internazionale. Non meno grave è la situazione del personale. Essa manca (completamente o quasi) di una strategia a breve e a lungo termine. Molti docenti e ricercatori impegnati nelle Università e negli Enti stanno cessando la loro attività per pensionamento. La loro sostituzione è un'alta priorità, se non si vuole che la ricerca italiana scenda ancora più in basso. Andrebbero creati posti aggiuntivi. Tutto questo non sta accadendo e la fine della legislatura rischia di ritardare ulteriormente il processo iniziato negli ultimi due anni. Nel frattempo, la cosiddetta fuga dei cervelli continua impetuosa e molti sono i giovani ricercatori che si vedono in pratica chiusa la porta dei laboratori italiani, sia per mancanza di concorsi, sia per l'impossibilità di sopravvivere con gli stipendi previsti. Questi superano di poco i mille euro netti al mese, sono in sostanza quella che viene definita sui giornali "la soglia di povertà". C'è da chiedersi come il nostro paese possa pensare di affermarsi in una moderna società industriale.
O forse si vuole imporre ai giovani italiani un voto di castità, resistendo a tutte le tentazioni di formarsi una famiglia? Insomma, qualcosa di simile alle "voci bianche" del coro?
Nei due anni trascorsi il Governo Prodi, il Ministro Mussi e il Parlamento avevano iniziato un cammino che deve essere velocizzato al massimo. L'esempio di varie nazioni, da quelle scandinave all'India e alla Cina, dalla Spagna a varie altre, mostra che lo sviluppo della scienza paga, anche dal punto di vista economico e su tempi relativamente brevi. Una giusta combinazione di autonomia e di valutazione deve accompagnare un'azione precisa per lo sviluppo della ricerca. I tempi per le realizzazioni scientifiche sono necessariamente lunghi. Come ha più volte rilevato Andrea Ranieri, essi richiedono una politica lungimirante, quanto più possibile bi-partisan, se non si vuole ripartire da capo a ogni cambio di colore di Governo. Non è possibile agire con efficacia se, ogni pochi anni, i cambiamenti della politica sono accompagnati da cambiamenti radicali negli enti. A questi ultimi va data un'ampia autonomia operativa, al riparo delle tempeste politiche, secondo un processo iniziato, ma purtroppo non concluso, nell'ultima legislatura.
Vi è poi il problema, importantissimo, della cultura scientifica generale e del suo ruolo nella società. E' spaventoso venire a sapere (come è accaduto nella settimana scorsa) che un italiano su tre ignora che l'alternanza del giorno e della notte è dovuto alla rotazione terrestre. Una cultura scientifica diffusa è necessaria anche per battere l'oscurantismo che ci viene proposto quotidianamente, molto più efficace di quanto non siano le proteste per un discorso del Papa all'inaugurazione di un Anno Accademico.
Circa tre anni fa, i Democratici di Sinistra dedicarono a Firenze un apposito convegno nazionale col titolo "DS: Diritto alla Scienza", con la partecipazione dei vertici del Partito, seguito e preceduto da varie altre iniziative nella stessa direzione.
Da lì è nato il gruppo di lavoro interministeriale sulla cultura scientifica, un'ottima iniziativa coordinata da Luigi Berlinguer che sta ora formulando le sue proposte. Questo cammino va proseguito all'interno del Partito Democratico, prima e dopo le elezioni del prossimo aprile.

*professore dell’Università di Firenze
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