Scuola elementare: rifacciamo i conti

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Scuola elementare: rifacciamo i conti

Messaggiodi edscuola » 10 settembre 2008, 9:31

da ScuolaOggi

Scuola elementare: rifacciamo i conti
di Red Rom

Quanti insegnanti servono per far funzionare una classe? Sembra apparentemente che l’unico spreco sia quello del team della scuola elementare. Si è sentito dire da tante parti (autorevolmente): “Tre docenti per classe! Inaudito!” Ma facciamo meglio i conti. Con i dati ufficiali alla mano.
Prendendo i dati relativi all’anno scolastico appena concluso (2007-08), pubblicati dal MIUR, che si riferiscono alle classi funzionanti ed agli insegnanti in servizio(vedi nota a piè di pagina), risulta il seguente rapporto, che ribalta molti dei luoghi comuni rilanciati in questi giorni:

Grado di scuola Quanti insegnanti sono necessari per
far funzionare una classe?
Scuola dell’infanzia 1,97
Scuola elementare 1,77
Scuola media 2,10
Scuola superiore 1,93

Ohibò, la scuola elementare è il grado scolastico che impiega –in proporzione- meno docenti per classe. La tavola fa vedere come in ogni livello di scuola opera ormai un team di docenti (e non certo con il rapporto 1:1, una classe un docente). Questo avviene già nella scuola dell’infanzia, con i due docenti titolari di sezione; per non parlare della scuola media (9 docenti in una prima media!) e nelle superiori (che dire dei 12 docenti all’opera in una classe iniziale di istituto tecnico commerciale?). Altri, dunque, non solo e non tanto la scuola elementare, dovranno render conto della loro pluralità, del rischio “palpabile” di una frammentazione di presenze.
Il modello organizzativo della scuola elementare è un modello ragionevole, di cui la scuola può prendersi la piena responsabilità (utilizzando bene l’autonomia di cui gode), anche di una seria e rigorosa verifica di funzionalità e qualità, fosse anche per rivedere taluni eccessi nell’interpretare il principio del team teaching.

In gioco, quando parliamo di scuola (e di scuola elementare, in particolare) dovrebbero stare valori disinteressati: la scuola aperta a tutti, dell’accoglienza, della cittadinanza, degli alfabeti; la professionalità degli insegnanti, i legami con le famiglie e la comunità, le motivazioni dei ragazzi…
Ma tant’è. Oggi sembra che l’unico punto di vista che vale (anzi, legittimo) sia quello dell’economia, dei conti, delle compatibilità finanziarie. La scuola? Un ente inutile, una “bad company” da abbandonare prima possibile.
Ma se “battage” sui conti deve essere, allora bisogna rimettere in gioco molti elementi, non solo il numero degli insegnanti della scuola elementare.

Facciamo un rapido elenco:
- La quantità e la qualità delle scuole (qui intese come insediamenti scolastici): quante scuole? Dove? E le piccole scuole? E la montagna? L’alto numero di insegnanti elementari (245.000) è reso necessario per le molte scuole (16.000) e classi (138.000) che funzionano, vicine al territorio, alle comunità: scuole di prossimità. E’ un valore importante, ma a quali condizioni? Cioè: qual è lo standard ottimale di una buona scuola? Di una buona classe? Di un buon modello organizzativo?
- L’orario di funzionamento della scuola: siamo sicuri (mi rivolgo alle mamme) che la riduzione alla sola fascia antimeridiana di 4 ore sia il migliore modello? Non c’è il rischio di un impoverimento di opportunità educative? Non è forse più giusto muoversi verso l’ottica europea di una giornata educativa integrata (scuola, servizi, sport, tempo libero guidato) piuttosto che prendere a modello la scuola degli anni 50, quella dei territori più poveri, quella che poi va male nelle indagini internazionali?
- L’orario di lavoro degli insegnanti, il tempo per la didattica in aula, ma anche per il tutoraggio, la ricerca e la formazione, la partecipazione collegiale. Nulla è immutabile, si possono (anzi, si devono) rimettere in discussione orari di servizio e profili, non certo per decreto, ma con ragionamenti chiari e trasparenti che sappiano parlare a tutti gli insegnanti (non solo e sempre alle maestre), per ridare dignità e vigore alla professione docente, anche con scelte coraggiose.

Piuttosto che manomettere frettolosamente modelli organizzativi così diffusi, facendo conti del tutto semplicistici, si abbia il coraggio di aprire un dibattito forte sul futuro della scuola elementare, sui suoi compiti, sulla sua organizzazione, sui suoi costi e sui suoi risultati. I comunicati stampa e le interviste (contraddittorie) a corredo dei decreti-legge, a questo punto, non bastano più.

Nota:
Abbiamo utilizzato il numero dei docenti di ruolo e degli incaricati annuali, ma i risultati non cambiano anche se si utilizzano i dati sui posti in organico (di diritto) o si aggiungono i supplenti nominati fino al termine delle attività didattiche.
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