C'è un asse Napoli-Parigi Anche loro sono sgarrupati

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C'è un asse Napoli-Parigi Anche loro sono sgarrupati

Messaggiodi edscuola » 8 ottobre 2008, 16:22

da LASTAMPA.it

IL MAESTRA D'ORTA

"C'è un asse Napoli-Parigi Anche loro sono sgarrupati"


MARIO BAUDINO

Una scuola «déglingouillée» da una parte, e imbellettata cinematograficamente dall’altra? Il maestro Marcello D’Orta, l’autore del fortunatissimo Io speriamo che me la cavo, non ha dubbi: «C’è un asse Napoli-Parigi, come c’è un asse fra tutte le periferie del mondo». Anzi, i francesi, dice, sono davvero molto sensibili all’argomento. Tanto che si sono più dati da fare più di ogni altro per tradurre il suo famoso aggettivo «sgarrupato».

Déglingouillée le piace?
«Molto. Come kaputt in tedesco, roggyant in ungherese, gammel in olandese, tumbledown in inglese. Ma bisogna dire che in francesi ci hanno lavorato di più. Sono partiti dal latino deruptus, scovando un’etimologia cui non avevo mai pensato».

Anche scuola derupta non suona male.
«Purtroppo la situazione reale è sempre peggiore di quella rappresentata. Soprattutto nei film. Il libro ha meno costrizioni, e questo vale per me come per François Bégaudeau. Sullo schermo scatta la differenza, c’è il problema dell’audience, di strizzare l’occhio alla platea».

E di dare quindi un messaggio più consolatorio?
«Le faccio un esempio: mio figlio è frate. Ragion per cui ho una certa dimestichezza con l’ambiente religioso. Ebbene, non ho mai incrociato nulla che ricordasse anche solo vagamente un prete detective come Don Matteo. Ma il personaggio, nella fiction televisiva, complice il carisma dell’autore, funziona, e va incontro alle attese del pubblico».

Vuol dire che qualcosa di analogo accade alle scuole «sgarrupate» di tutto il mondo?
«Voglio dire che le rappresentazioni della scuola hanno sempre un vizio di fondo: i professori eroi, impegnatissimi, che riescono a combinare cose straordinarie. Mentre nella realtà i docenti hanno le mani legate e fanno quel che possono. In ogni caso, più se ne parla e meglio è, anche se non si può certo dire che in Italia l’argomento venga ignorato. L’importante è che non si esageri».
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