«Pagheremo il tempo pieno. Ma alle nostre regole»

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«Pagheremo il tempo pieno. Ma alle nostre regole»

Messaggiodi edscuola » 16 novembre 2008, 17:59

da Corriere

«Pagheremo il tempo pieno. Ma alle nostre regole»

MILANO — I palazzacci grigi del quartiere Sant'Elia sono una possibile cartina di tornasole. «La riconversione urbana, una diversa gestione degli spazi. Tutte cose importanti. Ma il vero riscatto, di un'area e dei suoi abitanti, passa dalla scuola».

L'esempio del quartiere che a Cagliari rappresenta una specie di simbolo del degrado ha una funzione didascalica. A una certa idea dell'istruzione Renato Soru ci crede davvero. E lo dimostra introducendo in Sardegna il «suo» tempo pieno per primarie e medie. Dice che non lo fa per andare contro la Gelmini, «anche se è doveroso l'aiuto alle autonomie scolastiche in difficoltà a causa dei tagli». C'è dell'altro, una diversa motivazione legata al senso che si vuole dare alla parola scuola, aspetto di non trascurabile importanza spesso assente dall'attuale e noto dibattito. «Sono convinto che sia un mezzo per promuovere e migliorare la qualità delle nostre vite. I porti, le strade, ogni infrastruttura: tutte cose importanti. Ma il capitale umano e la conoscenza sono altrettanto importanti e utili: serve anche la scuola».

Una delle più consistenti voci di spesa nella Finanziaria del 2009 che il governo sardo approverà domani riguarda proprio quel tempo pieno che la Gelmini è accusata di voler eliminare. Lo stanziamento sarà di 35 milioni di euro, collegato però ad una novità importante. La Regione ci mette i soldi, ma dice anche come spenderli. «Non è che una volta percepiti i finanziamenti ogni singola autonomia scolastica si fa il suo progetto. Dovrà seguire gli standard fissati da noi. Invece che sulle attività ludiche, che poi finiscono per generare una sorta di progettificio, dovrà concentrarsi sulle emergenze da noi individuate».

Il programma si concentra sulle competenze di base indicate dagli studi dell'Ocse, quelli che collocano il livello di preparazione degli studenti del Sud molto al di sotto della media dei Paesi Ue. Maggiore conoscenza della lingua materna, capacità di risolvere i problemi e capire un testo, saperi fondamentali di matematica e scienze. «Non è con il Nord che ci dobbiamo confrontare, ma con l'Europa. Ne adottiamo quindi gli standard, puntando a rafforzare la qualità e l'offerta dell'insegnamento. So che siamo in un periodo di tagli, ma io credo che invece siano necessari maggiori investimenti, per tenere di più i ragazzi in classe e lavorare molto per migliorare il loro livello di conoscenza. Nella scuola pubblica il tempo pieno viene spesso considerato come una sorta di parcheggio. Nelle private invece è di qualità. Si crea in partenza una forma di ingiustizia sociale».

L'uscita del governatore della Sardegna non è estemporanea. L'anno scorso la sua Giunta aveva lavorato su questi concetti, finanziando in proprio anche la formazione degli insegnanti. Ma adesso il salto è notevole, anche per le dimensioni dell'investimento.

«I soldi li troviamo. In questi anni abbiamo fatto molti tagli nella Pubblica amministrazione, cancellato Enti regionali e 24 comunità montane. Finora abbiamo contribuito a finanziare aziende e commercianti, puntando sul loro capitale "fisico". Oggi trovo che puntare sul capitale umano sia più intelligente e redditizio ».

La via sarda al tempo pieno conduce ad altre sorprese, ad una sorta di federalismo scolastico. Soru è convinto che in materia la dipendenza dal governo centrale sia uno svantaggio. Lo Stato ha la competenza primaria, poi vengono Comuni e Province. Ultime le Regioni, che rientrano dalla finestra con una generica competenza sul diritto allo studio. «Credo che la scelta sul tempo pieno non esuli dalle mie competenze. Tutti gli enti locali dovrebbero sentirsi maggiormente responsabili, invece di limitarsi ad essere interlocutori impotenti. E' vero che la legge sull'autonomia scolastica prevede un maggiore coinvolgimento dei Comuni, ma troppo spesso questa possibilità rimane lettera morta. Si pensa che la scuola sia una faccenda che riguarda esclusivamente lo Stato. Non è così, non dovrebbe essere così ».
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