Bimbi vivaci? Non sempre è una malattia

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Bimbi vivaci? Non sempre è una malattia

Messaggiodi edscuola » 16 febbraio 2009, 10:06

da Il Giornale

Bimbi vivaci? Non sempre è una malattia
di Gioia Locati

«Mio figlio era così distratto che una volta, durante una partita di calcio, si era messo a seguire la palla di un’altra partita che si svolgeva nel campo vicino». Così racconta una mamma sul sito dell’Adhd, la sigla del disturbo da deficit d’attenzione e iperattività. Quella «malattia» che colpisce i bambini che non riescono a stare seduti a scuola e che fanno fatica a concentrarsi. Ma anche quella che una volta non esisteva: di fronte agli stessi «sintomi», irrequietezza e vivacità, i nostri nonni commentavano: «È un bambino vivace, ha l’argento vivo addosso». E si mettevano l’animo in pace.
Una cosa è certa: il confine che separa l’alunno «malato» da quello sano è sottile come l’ala di una farfalla. Quando un ragazzino agitato o distratto è anche affetto da Adhd? E se è considerato malato come lo si cura? Può bastare una psicoterapia o ci vogliono anche i farmaci? E se invece fosse tutta una bufala come sostengono alcune associazioni (sarebbe stato coniato un nome per riassumere un certo numero di comportamenti)?
Il disturbo è stato inserito nel manuale delle malattie psichiatriche una ventina d’anni fa. Ma è solo da un anno e mezzo che esiste un registro nazionale per stimarne la diffusione, verificare i percorsi di cura e seguire i trattamenti farmacologici: sono 114 i centri italiani che affrontano il problema, 22 solo in Lombardia. Gli esperti però cominciano a ridimensionare il fenomeno. «Abbiamo esagerato con le stime. L’Adhd non riguarda più tre ragazzini su cento (dai 6 ai 15 anni) ma due su mille» calcola Maurizio Bonati responsabile del dipartimento di Salute pubblica dell’istituto Mario Negri. La diagnosi richiede almeno 10 ore di valutazione, coinvolge famiglia, scuola e neuropsichiatri «non si guarda a un aspetto soltanto ma a un insieme di fattori, infatti l’Adhd è una sindrome» spiega Bonati che è convintissimo che in questi anni il fenomeno sia stato sopravvalutato. «In tutta la Lombardia saranno duemila o tremila i bambini che si rivolgono ai servizi psichiatrici per avere una diagnosi di questo tipo. Non tutti intraprendono la psicoterapia e soltanto al 10 per cento di questi vengono date medicine (pari a 190 ragazzini). Ovviamente sotto stretto controllo medico. Il registro serve proprio a evidenziare gli effetti collaterali e a non cadere nell’eccesso di prescrizioni come è successo negli Stati Uniti. Fino a due anni fa questi paletti non c’erano».
Su un altro punto gli esperti concordano: «Nella stragrande maggioranza dei casi i disturbi scompaiono dopo i sedici anni - afferma Carlo Lenti del centro di neuropsichiatria del San Paolo -. In alcuni casi persistono anche in età adulta. Ma sono ancora meno quelli che sfociano in comportamenti gravi, violenze, rapine o assunzioni di droghe e ovviamente qui, oltre all’Adhd, subentrano altri fattori».
Ma quali sono i campanelli d’allarme che devono preoccupare un genitore? «Quelli che compromettono la vita di relazione - traduce Lenti - Non è una malattia diagnosticata su base biologica. Come la depressione e la maggior parte dei disturbi psichiatrici la si definisce in base ai sintomi. Se un bambino salta sulle sedie, entra ed esce dalla classe senza curarsi dei richiami dell’insegnante, se dimentica spesso quello che lo riguarda tipo quaderni, libri o altro. Se per colpa di questi comportamenti viene escluso da gite o feste con gli amici e si isola, allora è bene intervenire». Su cosa punta la psicoterapia? «I comportamenti negativi vengono frustrati e la contrario premiati quelli positivi. Tipo: se il bambino non si alza da tavola, allora gli viene dato un regalo. Una maestra preparata sarebbe capace di farlo. Il problema è che mancano gli specialisti e i costi sono alti». Sulla difficoltà di catalogare l’Adhd si esprime anche Emanuela Maggioni del centro di riferimento della Fondazione Don Gnocchi: «Siamo convinti che sia molto più rara di quanto si sia creduto finora. Ci devono essere criteri condivisi».
Anche il Comune di Milano pensa a fare chiarezza. «Ci siamo rivolti ad alcuni specialisti - conferma l’assessore Gianpaolo Landi di Chiavenna -. Stiamo organizzando corsi per informare genitori e insegnanti, di sostegno e no. Proprio perché sull’Adhd non c’è una letteratura uniforme e perché è fondamentale la diagnosi precoce. Entro luglio partiranno i corsi». Fra i progetti dell’assessorato anche quello di creare una fondazione con il contributo di privati che valorizzi la terapia comportamentale».
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