Ma in italiano si dice così?

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Ma in italiano si dice così?

Messaggiodi edscuola » 1 agosto 2009, 16:53

da Repubblica.it

Quasi mille messaggi e risposte in tempo reale su Repubblica.it
E sono nati anche appelli per la lingua e dibattiti sui punti controversi

"Ma in italiano si dice così?"
Il forum dei lettori con i linguisti
di MASSIMO ARCANGELI

Un esperimento per un servizio ai lettori assolutamente inedito e la curiosità degli "addetti ai lavori". E' nato così negli ultimi tre mesi su RepubblicaScuola il forum in cui un gruppo di linguisti risposto in tempo reale ai dubbi dei lettori. Sono stati assediati da quasi mille domande. Ma sono nati anche appelli per la lingua italiana, discussioni su punti controversi: assolutamente inimmaginabile. Ecco un primo bilancio del linguista Massimo Arcangeli

Impossibile dar conto in poche righe del ventaglio di domande, questioni, considerazioni sulla nostra lingua che, da quando quest'avventura è iniziata, sono arrivate dagli utenti. Giovani e giovanissimi, naturalmente, ma anche insegnanti di scuola e docenti universitari, seri professionisti e semplici fruitori e utilizzatori di lingua: tutti insieme appassionatamente. Ora desiderosi di portare il proprio contributo d'esperienza al dibattito per la voglia di partecipare, ora animati da un forte senso civico che fa ben sperare per il futuro dell'italiano, ora mossi da intenti pensosamente o severamente censori per i maltrattamenti a cui spesso lo si vede sottoposto. A tratti è sembrato che l'Italia calcistica, in cui tutti siamo pronti a dichiararci arbitri o allenatori provetti, potesse evolvere da un momento all'altro in un'Italia grammaticale di potenziali, più indulgenti o inflessibili, regolatori dell'uso.

Pacati o arrabbiati, diffidenti o curiosi, affettuosi o un po' snob, hanno tifato, lodato, ringraziato, apprezzato, dissentito, criticato, contestato. Da pari a pari, talvolta; ingenui o maliziosi, talaltra; sempre impegnativi, comunque, per chi avrebbe dovuto spiegare, precisare, obiettare e, in ogni caso, rispondere. Una nutrita squadra di agguerriti redattori, tutti linguisti di formazione, ha avuto il suo bel dafare per sollevare dalle ambasce i più preoccupati, per fronteggiare i più coriacei, per tenere a freno i più sbrigliati, per premiare i più originali con risposte tagliate su misura.

Fra norma e uso: questo, nella sostanza del nostro lavoro, il motto che ci ha fatto da guida. Non un modo rassicurante e indolore per dare un colpo al cerchio e uno alla botte ma una responsabile soluzione di equilibrio fra opposte tendenze. La norma per ribadire che le regole esistono, come in ogni settore della vita pubblica e privata, nell'esperienza quotidiana o in situazioni eccezionali, e devono continuare a poter esercitare il loro mandato di tutela e di controllo per arginare stravaganze ed eccessi. L'uso perché i diritti di milioni di parlanti e scriventi che contribuiscono ogni giorno ad allungare la vita dell'italiano, anche solo adoperandolo, devono avere il loro giusto riconoscimento; sono i diritti di chi non vuol tanto sentirsi rispondere inconfutabilmente se una certa cosa è giusta o sbagliata, se deve optare brutalmente per "sarei dovuto partire" o "avrei dovuto partire", "avrei dovuto essere" o "sarei dovuto essere"; sono i diritti di chi esige risposte corredate almeno di uno straccio di spiegazione, di chi vuole sapere se il congiuntivo deve salvaguardarlo in ogni caso o se può sostituirlo occasionalmente con l'indicativo; se ha licenza di esprimersi in maniere diverse a seconda delle occasioni e, quando parla con familiari o amici, può liberarsi da vecchi, anacronistici condizionamenti scolastici; se quelle tante forme dialettali o regionali sulle quali i dizionari tacciono, ma che avverte emotivamente vicine, può continuare ad adoperarle senza arrossire ogni volta per l'imbarazzo. Alle inoppugnabili sentenze del "non si può" o "non si deve", in linea con lo spirito di un servizio per milioni di utenti disorientati dalle tante "grammatiche" circolanti in un'Italia (come in un'Europa) plurivoca, multietnica e multiculturale, abbiamo perciò cercato di far subentrare, tutte le volte che è stato possibile, pronunciamenti assai meno austeri e imperiosi: "si può dire, in certe occasioni"; "nello scritto è meglio di no, ma nel parlato può usarlo"; "lo adoperi pure, non si offenderà nessuno".

La lingua, insomma, anche come ghiotta occasione di libero dibattito fra diverse posizioni. Fra un guizzo creativo e un moto di resistenza al cambiamento, senza apparire apocalittici ma nemmeno troppo integrati, ci siamo presi tremendamente sul serio ma non abbiamo marcato snobisticamente distanze, imbracciato o impugnato armi deterrenti, eretto barricate protettive a difesa di comportamenti linguistici imbalsamati. Il tutto appunto nell'ottica di un servizio a beneficio dei cittadini, produttori e consumatori di lingua e, in quanto tali, punto di partenza e di arrivo del nostro lavoro. Un'attività che riprenderemo dopo la parentesi agostana, sicuri che quelli che ci hanno scritto torneranno a riscriverci e tanti altri si aggiungeranno a loro.
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