La lingua batte dove il dente vuole

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La lingua batte dove il dente vuole

Messaggiodi edscuola » 27 dicembre 2009, 8:32

da LASTAMPA.it

La lingua batte dove il dente vuole

Se si deve fare, pretendiamo il massimo. Che poi sarebbe il minimo della richiesta da parte di uno che deve imparare a uno che deve insegnare. Non mi accontenterei di «se lo sapevo, non venivo», come suggerirebbe qualcuno. Esigerei «se l’avessi saputo, non sarei venuto». Perché non c’è una via di mezzo. Se, come sembra, Paola Frassinetti, vicepresidente della Commissione cultura alla Camera, ha presentato un nuovo disegno di legge per l'istituzione di un «Consiglio Superiore della Lingua Italiana», si dovrà necessariamente partire dalla famiglia. Ma come si può intervenire? Non si possono certamente obbligare genitori e nonni a seguire un corso di italiano. Allora la scuola. Mi dice un amico insegnante che la situazione è drammatica. Anche i docenti non fanno una bella figura: «Ognuno dovrebbe partecipare alla colletta dando il suo piccolo attributo personale», «Pensaci prima di riflettere», «La lingua batte dove il dente vuole», «Tu non sei proprio uno sterco di santo», «Basta! Vi state coagulando contro di me», «Il troppo scoppia», «Non so più a che santo riavvolgermi». Tutte perle assolutamente autentiche raccolte da «discepoli» affranti. Allora da dove si deve iniziare se siamo ridotti così? Vogliamo ascoltare la radio e la televisione? Noi utenti ogni giorno assistiamo a esempi fin troppo «luminosi».

Esempi che se non fossero demoralizzanti sarebbero spassosi. E non parlo del «Grande fratello». Persino al Telegiornale ogni tanto ti arrivano in faccia dei congiuntivi che ti fanno cascare i denti. La nostra lingua si potrebbe santificare per quanto è stata martirizzata e per i miracoli che ha prodotto, ma il bilancio con gli scempi è ancora sfavorevole. A proposito di scempi, per alleggerire lo sconforto, ve ne dedico ancora alcuni. Questa volta si tratta di un «fior da fiore» di una collezione privata. «La pubertà è l'età in cui si passa dall'infanzia all'adulterio», «Credo che lui stabbia dicendo la verità», «Davanti alla sua prepotenza resto illibato», «Verrà in ufficio una stragista per il tirocinio». L’imprecisione, l’errore, l’ignoranza, la volgarità, la presunzione sono i componenti dell’incomunicabilità. Tutta la fenomenologia della brutta lingua non è virginale e infantile, quanto piuttosto un’induzione in malafede. Salinger ci aiuta: «È buffo. Basta che diciate qualcosa che nessuno capisce e fate fare agli altri tutto quello che volete».
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