Alle nuove superiori l'inglese non sfonda

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Alle nuove superiori l'inglese non sfonda

Messaggiodi edscuola » 1 marzo 2010, 11:00

da Il Sole 24 ORE

Alle nuove superiori l'inglese non sfonda
di Francesca Barbiero Chiara Bussi


Gli studenti italiani di oggi – si sa – parlano l'inglese poco e male. E quelli di domani? Il rischio è che non lo sapranno tanto meglio. Soprattutto se, come il 23% degli iscritti alle superiori, frequenteranno il liceo scientifico sottoposto dal prossimo anno a una cura dimagrante delle ore dedicate all'inglese: 66 in meno nei cinque anni, con un taglio del 12% rispetto a quelle frequentate dai fratelli maggiori. Complice il generale ridimensionamento delle lezioni settimanali, il dato emerge dal confronto del Sole 24 Ore tra i quadri orari prima e dopo la riforma Gelmini mentre entra nel vivo la corsa alle iscrizioni che si concluderanno il 26 marzo per 550mila studenti delle prime classi.
Se lo scientifico di domani parlerà un po' meno inglese, al classico la situazione presenta un lieve miglioramento perché le ore crescono sì tantissimo (+87,5%), ma solo per quella quota modesta (20% circa) di istituti che prevede il percorso tradizionale con l'inglese limitato al biennio. Nel restante 80% dei classici, invece, sono attivi tutti indirizzi con l'inglese curricolare.
Resta sostanzialmente stabile il linguistico, dove l'idioma di Shakespeare perderà 33 ore nei cinque anni (il 5,5%), ma la riforma in compenso impone l'insegnamento della terza lingua già dal primo anno. Niente di nuovo, infine, per l'artistico e per il liceo delle scienze umane rispetto all'attuale liceo delle scienze sociali: qui però l'opzione economico-sociale guadagna il 25% di inglese.
«Se andiamo a un controllo formale del quadro orario effettivo attuale c'è una riduzione – commenta Giorgio Rembado, rappresentante dei presidi dei licei –. Con le sperimentazioni l'orario delle scuole superiori si è dilatato fino alle 36 ore settimanali, mentre ora la riforma ne prevede al massimo 32. È importante sottolineare che però la riforma impone le ore di 60 minuti mentre ora accade che siano di 55 se non di 50 minuti».
Più complessa la situazione negli istituti tecnici che hanno molti indirizzi. Ad esempio l'ex turistico, che da settembre si chiamerà istituto tecnico economico con indirizzo turismo, dovrà rinunciare a 132 ore di inglese: in calo anche la seconda lingua mentre aumenta la terza. Chi sceglie invece un percorso di "ragioneria" e si iscrive all'istituto tecnico economico con indirizzo amministrazione, finanza e marketing avrà lo stesso numero di ore dei ragazzi che oggi frequentano il corso Igea (indirizzo giuridico, economico e aziendale), mentre i geometri di domani, che frequenteranno l'istituto tecnico tecnologico (costruzioni, ambiente e territorio) guadagneranno 99 ore nei cinque anni.
Silvia Minardi, presidente del Lend, l'associazione Lingua e nuova didattica che riunisce oltre 2mila insegnanti italiani boccia la riforma sul fronte delle lingue straniere. «Si è annunciato un potenziamento – sottolinea – mentre si assiste a un loro depotenziamento. Non è possibile pensare che si possano raggiungere gli stessi obiettivi di prima diminuendo le ore». Mentre il segretario generale della Cisl Scuola, Francesco Scrima, evidenzia che «le lingue straniere vengono sacrificate sull'altare della riduzione del monte orario. Questo rischia di essere un forte handicap per gli studenti».
Con le nuove norme i licei dovranno dire addio anche alle sezioni bilingue. È il caso del Cavour di Roma: «Ma noi siamo comunque soddisfatti del nuovo quadro orario con più matematica, fisica e scienze naturali – dice il preside Gian Giuseppe Contessa –. Questo non è un liceo linguistico. Chi non è interessato può andare da un'altra parte». Dalla loro le scuole avranno però alcuni margini di manovra: la riforma assegna uno spazio di autonomia per la personalizzazione dei percorsi formativi (dal 20 a 30% dell'orario). Anche per l'inglese una chance in più.
Ugualmente contraria al disfattismo è Maria Concetta Guerrera, preside dello scientifico Leonardo di Milano. «I profili restano gli stessi della riforma Moratti – dice –. Faremo i conti con una risorsa-tempo diversa e con i nuovi vincoli per raggiungere gli stessi obiettivi».
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