Il federalismo in aula non piace solo agli ipocriti

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Il federalismo in aula non piace solo agli ipocriti

Messaggiodi edscuola » 21 aprile 2010, 8:55

da Il Giornale

Il federalismo in aula non piace solo agli ipocriti
di Redazione

Chi ha figli o - più semplicemente - ricordi della scuola, sa che prima di tutto conta la qualità degli insegnanti; ma che è quasi altrettanto importante la stabilità dei docenti, ovvero che non cambino troppo spesso. Si tratta di un fenomeno ovvio e tanto più vero a mano a mano che si scende di età.
Mio figlio Nicola Giordano, tre anni e quattro mesi, come i suoi compagnucci si dispera se capita che una delle due maestre non ci sia. Quando l’amata Sara partì per il viaggio di nozze furono pianti e disperazioni (con riottosità a indossare lo zainetto, la mattina). Nonostante la presenza dell’altrettanto amata Romina. I piccoli hanno bisogno di continuità e sicurezza, le mamme non si possono cambiare come fossero calzini antiscivolo, e quelle vicemamme che sono le maestre neppure. Il problema è lo stesso anche alle elementari, dove magari non si scoppia in pianti, ma dove le turbe per il cambio di un’insegnante possono essere ancora maggiori, perché il rapporto affettivo diventa anche intellettuale e sociale.
Né il problema cambia - anzi può complicarsi - alle medie inferiori e alle superiori. Lì, un buon insegnante, da maestro diventa Maestro, non soltanto della propria materia ma anche di vita, di stile, di comportamenti, di curiosità intellettuale, di stimolo alla ricerca e all’apertura verso il mondo: dà una specie di secondo imprinting, e perderlo può essere un danno enorme persino se viene sostituito da un docente altrettanto bravo.
Purtroppo è un’esperienza che ogni anno tocca a decine di migliaia, se non a centinaia di migliaia, di ragazzi: che perdono uno o più insegnanti con i quali erano entrati in sintonia, con i quali avevano stabilito un rapporto affettivo/intellettuale o, almeno, discente/docente. E succede perché quel professore ha trovato una scuola più vicina a casa.
È esattamente quel che capita, con opposta tragedia, nelle università, dove chi ha la cattedra la tiene - inamovibile - per decenni formando a volte una Scuola, più spesso una corte dei miracoli e dei miracolati; ripetendo stancamente, pigramente sempre lo stesso corso. I baroni, quelli sì, dovrebbero essere stimolati, se non indotti, a cambiare università almeno ogni cinque anni.
Ma torniamo alle scuole. È necessario che gli insegnanti, dalle materne al liceo, siano vincolati a rimanere in un istituto per l’intero ciclo di studi: cinque anni nelle elementari e nei licei, tre nelle medie, ecc. e benissimo ha fatto il ministro Gelmini ad annunciare che dal 2011 sarà forse possibile che le graduatorie di merito siano regionali, non più nazionali. Se la precedente iniziativa analoga del governatore Formigoni può essere - per diffidenza politica - sospettata di filoleghismo, quella del ministro della Pubblica istruzione è semplicemente il dovere di un buon ministro della Pubblica istruzione. Accade infatti che il Sud produca più insegnanti di quanti ne occorrono. I quali, vinti i concorsi nazionali, ottengono un posto al Nord. Salvo poi, dopo poco, fare richiesta di trasferimento per tornare verso casa, spostamento dopo spostamento. Chi ci rimette, ovvio, sono gli allievi, ovvero l’intera società. Tutti noi.
Occorreva assolutamente trovare una soluzione al problema e il metodo delle graduatorie locali (aperte anche a non locali che però si impegnino a rimanere almeno cinque anni) è più liberale di una legge o una norma coercitiva che obblighi tutti quanti alla stabilità.
Certo, è legittimo il sospetto che si tratti di un altro piccolo passo della Lega verso un federalismo che molti leghisti interpretano come antiunitario. In questo caso, però, non vedo dove sia il problema. L’importante è che i programmi di studio, decisi dal ministero, siano uguali per tutto il Paese. È poi normale, anzi giusto, che nel Veneto si parli più della Serenissima, in Sicilia più di Federico II.
Il problema vero, la madre di tutti i problemi della scuola, è la qualità degli insegnanti e quindi dell’insegnamento. Dunque è singolare che si sia dato tanto rilievo alla novità delle graduatorie locali e pochissimo all’annuncio - ben più importante - dato dal ministro Gelmini: «Abbiamo raggiunto l’obiettivo dei risparmi previsti dalla Finanziaria e tutto questo porta una cifra piuttosto considerevole che dovrà essere riversata in incentivi per gli insegnanti nel 2011». Significa che, finalmente, si potrà cominciare a premiare gli insegnanti migliori, ovvero a stimolare tutti a diventare insegnanti migliori. Questa sì che è una buona notizia.
A proposito, auguri gioiosi alla neomamma Gelmini. Ho la certezza che avere un bambino la renderà un ministro ancora più attento e fattivo.
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