CIDI: IL DIRITTO DI TUTTI ALL’ISTRUZIONE

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CIDI: IL DIRITTO DI TUTTI ALL’ISTRUZIONE

Messaggiodi edscuola » 3 dicembre 2008, 11:48

IL DIRITTO DI TUTTI ALL’ISTRUZIONE
La scuola che vogliamo contribuire a costruire

Premessa
Mai come oggi la scuola si trova direttamente implicata nelle sfide della cultura e dei processi di trasformazione della società.
La globalizzazione dei mercati e del lavoro, la velocità con cui avvengono i cambiamenti, con cui si accumulano e si diffondono informazioni e conoscenze, la necessità di rinnovare stili di vita e di pensiero, se l’umanità intende affrontare il problema della propria sopravvivenza; ma anche i grandi processi migratori, le richieste che vengono dall’Europa, i nuovi assetti istituzionali che riguardano tutti i Paesi industrializzati, pongono a tutti noi nuove sfide e nuovi compiti e ci sollecitano a ripensare ai possibili sviluppi dei sistemi di istruzione cui è affidato il compito di educare le future generazioni.
È un pensare impegnativo, di alto respiro culturale e politico, che non può risolversi in un discorso tra soli addetti ai lavori, né soggiacere a interessi di parte o a logiche economicistiche.
Oggi è necessario che tutti raggiungano un livello di istruzione elevato, solido e duraturo: per ricostruire legami e dinamiche che stanno alla base della coesione sociale, per ripristinare principi ed etica nei comportamenti pubblici e privati, per affermare il benessere dei singoli e il progresso dell’umanità servono più cultura, più sapere, più scuola.
I sistemi di istruzione devono però essere messi in grado di funzionare, attraverso riforme efficaci, sostenibili e condivise. Con il concreto apporto dei decisori politici, forti della considerazione sociale, del ruolo e della funzione che tali sistemi svolgono.
In Europa l’attenzione nuova verso i temi dell’istruzione nasce dalla sempre più forte consapevolezza di quanto essa sia strumento di decondizionamento sociale e scommessa per lo sviluppo economico e produttivo di ciascun Paese; occasione strategica per ridisegnare il nuovo orizzonte di senso per la cittadinanza e il lavoro.
Sono passati quindici anni dall’uscita del Libro bianco di Delors sulla società della conoscenza, che rivelò e diffuse la convinzione che «la risposta alla qualità della vita di ognuno e alla qualità dello sviluppo produttivo di un Paese sono più sapere e più conoscenze per tutti». L’Unione Europea di ciò ha tenuto conto e con la “strategia” di Lisbona si è data l’obiettivo di riformare, entro il 2010, i propri sistemi educativi – investendo finanziamenti cospicui - per elevarne la qualità, per aumentare il numero dei diplomati, per ridurre l’abbandono e la dispersione. Pur se tutti i Paesi sono in forte ritardo, permangono gli obiettivi, insieme al proposito di fare dell’Europa un’area di eccellenza per gli studi e la ricerca, tale da attrarre studenti e ricercatori da tutto il mondo.
Un invito all’innovazione, dunque, nel rispetto delle peculiarità e delle specificità delle organizzazioni scolastiche di ciascun Paese, che attualmente vede l’Italia non solo la più lontana dagli obiettivi di Lisbona, ma anche in controtendenza.
La necessità di ricomporre in modo organico le molteplici esigenze di ordine culturale, sociale ed economico per tradurle in finalità, obiettivi, nuovo complessivo assetto scolastico, non è impresa facile, ma nessuno può chiamarsi fuori.
È un’impresa alla quale il Cidi, avvalendosi di una pluridecennale esperienza di lavoro nella scuola e per la scuola, intende portare il proprio contributo che sottopone al vaglio di insegnanti, genitori, studenti e di quanti: partiti, sindacati, associazioni, singoli cittadini, intendano prendersi cura del sistema scolastico del nostro Paese. Con nessun altro intento se non di porre sul tappeto, nel rilievo che meritano, le questioni e alcune possibili soluzioni, forti dei principi iscritti nella nostra Costituzione e dei valori espressi nella Carta dei diritti universali.
La nota che segue si rivolge a tutti coloro che ritengono che la scuola debba essere un fattore strategico nel «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (Cost., art. 3, c. 2).
Essa vuol essere la base per un lavoro da costruire insieme.


Per una scuola della cittadinanza e della democrazia
Cresce il bisogno di istruzione e la necessità di rafforzare i valori su cui si fonda la convivenza civile e democratica: libertà, uguaglianza, laicità, equità, rispetto, solidarietà, partecipazione, responsabilità.
Non vi può essere democrazia senza donne e uomini che possiedano gli strumenti e la consapevolezza necessari per farla vivere e crescere.
L’istruzione è sempre più una risorsa indispensabile per il singolo e per la società. La scuola, pur a fronte di una molteplicità di occasioni di apprendimento, rappresenta l’istituzione a cui il patto costituzionale intenzionalmente affida il compito di “rimuovere gli ostacoli” e di elevare il livello culturale del Paese.

Nel diritto a un’istruzione di qualità per tutti, la scuola fonda la sua principale ragion d’essere: quella di far crescere persone con mentalità critica, capaci di rifiutare le certezze affrettate e il pensiero semplificato, di riutilizzare autonomamente le conoscenze apprese, di orientarsi in un mondo in continuo cambiamento, di esercitare i propri diritti e di dare risposte consapevoli ai problemi della vita. Coerentemente con i principi che la ispirano, la scuola dovrà porsi l’obiettivo di educare i “cittadini dell’Europa e del mondo”, donne e uomini capaci di confrontarsi costantemente con gli altri, di mettere in comune i vari punti di vista, di comprendere e valorizzare le differenze, nel dialogo e nel rapporto con altre storie e altre culture, diventando essa stessa luogo di pratica della democrazia.
La nostra scuola dovrà conseguire le sue finalità e i suoi obiettivi attraverso un percorso di studio che termina a 18 anni, alla pari con i sistemi europei, per non svantaggiare i nostri studenti nell’ambito della libera circolazione dei titoli e della loro spendibilità sul mercato del lavoro o nei percorsi di studio universitari e post diploma che l’Europa offre.

A tal fine, per evitare soluzioni decise in astratto, è auspicabile avviare da subito, per cinque anni, su un campione limitato ma significativo di classi, una sperimentazione che verifichi il grado di validità di due ipotesi di percorso scolastico, entrambe valide per diversi aspetti: la prima, che prevede un primo ciclo di sette anni, con l’obbligo di istruzione anticipato all’ultimo anno della scuola dell’infanzia, e una seconda, che preveda, con l’inizio dell’obbligo di istruzione a sei anni, una scuola secondaria di indirizzo di quattro anni, prevedendo un quinto anno aggiuntivo, di raccordo con l’Università, concentrato su poche materie di indirizzo.

Al centro della scuola
La centralità del soggetto che apprende.
Il dare a tutti gli strumenti culturali per una cittadinanza attiva è l’aspetto decisivo su cui si misura la qualità e l'efficacia dei sistemi di istruzione nelle società tendenzialmente democratiche.
Porre al centro dell’interesse il soggetto che apprende, con la sua individualità, con la rete di relazioni che lo legano alla famiglia e ai diversi ambienti sociali, culturali, territoriali, è un fondamentale principio educativo della scuola. Apprendimento e socializzazione, conoscenza e relazione non sono elementi da contrapporre: c’è uno specifico scolastico che li fa dialogare in un equilibrio che deve essere continuamente cercato e costruito.
La scuola guarda alla persona nella sua interezza, agli stili di apprendimento, alle peculiarità cognitive e affettive di ciascun allievo, per cercare di portare ognuno all’acquisizione delle conoscenze e competenze oggi necessarie per vivere, lavorare, continuare a studiare.

Il progetto culturale.
La scuola è chiamata prioritariamente a sviluppare l’acquisizione di conoscenze e competenze significative e durature e a far comprendere la loro importanza. È una sfida che ridisegna i confini del sapere scolastico: un sapere essenziale, scientificamente fondato, a forte valenza educativa, adeguato alle diverse età dei ragazzi. Un sapere “contemporaneo”, ma che non perde lo spessore della memoria. Un sapere capace di confrontarsi con le nuove discipline, di aprirsi ai nuovi linguaggi, alle tecnologie della informazione e comunicazione, e al tempo stesso in grado di vivere della forza e della ricchezza della nostra tradizione culturale.
Un sapere che interpreti le varie dimensioni della riflessività, creatività, espressività umana e che sia capace di comprendere la condizione e le potenzialità dell’uomo planetario e le molteplici interdipendenze tra locale e globale.
Saperi e conoscenze diventano efficaci e persistenti perché proposti in modo da motivare e coinvolgere chi apprende, al fine di farne percepire la rilevanza in vista delle scelte successive: per costruire il proprio progetto di esistenza, di studio e di lavoro, per riutilizzarli e ampliarli nel corso della vita.
La scuola deve perciò proporsi come il luogo della consapevolezza, dove l’esperienza quotidiana, il senso comune, l'apprendimento spontaneo, televisivo, elettronico possano incontrarsi con la valenza educativa e formativa delle discipline: è questa una lunga, lenta, fondamentale esperienza che tutti devono poter attraversare in maniera compiuta, per consolidare gli alfabeti, i linguaggi, le conoscenze e le competenze culturali che rendono ogni individuo un soggetto attivo di cittadinanza e democrazia.

La scuola del curricolo.
La scuola del curricolo è una scuola a misura di bambino e di adolescente, che sceglie i contenuti più efficaci dal punto di vista educativo e le metodologie più adeguate agli stili di apprendimento di ognuno; che valuta i risultati riconoscendo difficoltà e progressi. È una scuola che concentra la propria attenzione sul processo di insegnamento/apprendimento evitando di privilegiare gli aspetti “aggiuntivi” e non essenziali dell’offerta formativa.
La coerenza del curricolo progressivo, dai 3 ai 18 anni, è determinante per prefigurare un percorso di istruzione che, definendo le tappe dello sviluppo educativo, accompagni l’allievo dalla scuola dell’infanzia alla conclusione dell’intero ciclo scolastico.
Ciò comporta la definizione delle specificità e dei traguardi che caratterizzano i diversi ordini di scuola. I livelli di apprendimento relativi alle fasce di età e le “tappe” del curricolo verticale comportano la definizione degli elementi di raccordo, a garanzia dell’unitarietà del sapere.
Per promuovere in questa direzione il rinnovamento della scuola, dei suoi contenuti, delle modalità di insegnamento/apprendimento, è fondamentale che si operi perché la scuola faccia ricerca, sperimenti percorsi culturali e metodologie didattiche, rifletta e si confronti sul lavoro che svolge.
La legge 59/97, art. 21 c. 10, conferisce alle Istituzioni scolastiche “autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa”. Il Regolamento dell’autonomia (Dpr. 275/99), all’articolo 6, delinea un’attività scolastica caratterizzata da ricerca, sperimentazione e sviluppo e fondata, di conseguenza, su una professionalità docente in grado di progettare una costante innovazione curricolare, al fine di realizzare apprendimenti significativi ed efficaci, valorizzando i diversi stili di apprendimento e creando condizioni favorevoli per ridurre, e possibilmente eliminare, la dispersione scolastica e gli esiti scolastici non soddisfacenti.
L’autonomia del sistema scolastico (legge 59/97, art. 21, c.1) deve mirare a sviluppare in modo unitario i fattori dinamici di crescita del sistema stesso attivando al suo interno canali di trasmissione della ricerca e della elaborazione didattica tra le singole scuole, tra le reti di scuole e tra le scuole e i luoghi della ricerca disciplinare e della produzione culturale. A tale azione può concorrere utilmente l’istituzione di un Istituto Nazionale per la Ricerca Educativa, con il compito, altresì, di monitorare periodicamente e in modo articolato l’andamento dell’attività scolastica, nonché di documentare, validare e restituire alle scuole, in modo circolare, le più significative esperienze didattiche.


Un percorso unitario dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di indirizzo
È fondamentale, oggi, che tutti i ragazzi raggiungano un livello di istruzione alto e qualificato, e che da subito si riduca in modo progressivo, fino ad eliminarlo entro breve tempo, il grave fenomeno dell’abbandono scolastico. A tal fine, proprio perché le cause di tale grave fenomeno non sono soltanto, né prevalentemente, scolastiche, è necessario che le istituzioni del Paese si impegnino in modo coordinato a creare condizioni di contesto sociale e culturale favorevoli; e, nello stesso tempo, sostengano la scuola pubblica affinché, nel rispetto dell’autonomia, sia sempre più in grado di intercettare i bisogni cognitivi e gli interessi di tutti i ragazzi. Obiettivo generale della scuola è far sì che le condizioni socio-culturali di partenza degli allievi risultino sempre meno determinanti per il raggiungimento dei più alti livelli di istruzione.
A sostegno di ciò è indispensabile – sul versante dell’istruzione - prioritariamente assicurare su tutto il territorio nazionale la presenza della scuola dell’infanzia, nonché istituire i Centri di educazione degli adulti e un sistema diffuso di “lifelong learning”.

La scuola dell’infanzia.
La scuola dell’infanzia è parte integrante del sistema nazionale dell’istruzione, si rivolge ai bambini dai 3 ai 6 anni di età e risponde al loro inalienabile diritto all’educazione. È un segmento scolastico fondamentale per la formazione dell’identità, dell’autonomia, della crescita culturale, emotiva e affettiva dei bambini, perché accompagna ognuno di loro, attraverso vari campi di esperienze, alla consapevolezza di sé e del mondo, intervenendo tempestivamente sui fattori di disagio che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’accesso, nelle fasi successive della vita, a un apprendimento consapevole e compiuto. La scuola dell’infanzia si coordina e si collega – nella prospettiva della continuità orizzontale e verticale – con altri fondamentali contesti educativi: con il nido, in primo luogo, essendo il nido un servizio educativo per i più piccoli (0-3 anni) e svolge, nell’interesse pubblico, la sua azione educativa in modo intenzionale, funzionale a una armonica ed equilibrata crescita della persona che, a maggior ragione perché piccola, ha diritti inalienabili che la società deve tutelare. La scuola dai tre ai sei anni si collega e dialoga anche con le famiglie, nella loro varietà, relazionandosi ai molteplici ambienti di vita e ai diversi contesti sociali, religiosi, culturali di appartenenza.
La scuola dell’infanzia italiana ha prodotto esperienze, sperimentazioni e ricerche molto importanti da essere riconosciuta nel mondo come un modello pedagogico di eccezionale qualità. Tale modello va sostenuto e diffuso in ogni parte del Paese.
A tal fine la scuola dell’infanzia deve avere dovunque condizioni organizzative e strutturali omogenee:
1. Spazi: sono necessari incisivi investimenti per l’edilizia e un ripensamento degli standard ottimali per il dimensionamento di sezioni, ambienti flessibilmente strutturati (ateliers, angoli, laboratori ecc.), spazi comuni.
2. Tempi: non si potrà considerare il solo tempo del curricolo, della cosiddetta didattica concentrata, ma occorrerà distendere i tempi in un’equilibrata successione di momenti a diversa intensità educativa.
3. Bambini: si pone l’urgenza di abbassare il numero medio di alunni per sezione e di garantire una fascia oraria di compresenza tra i docenti. La necessità, infatti, di realizzare un rapporto più personalizzato tra adulti e bambini, in cui ci sia la possibilità di instaurare relazioni importanti in termini di attenzione, ascolto, interazione, scambio, rassicurazione è di fondamentale importanza.

La scuola di base.
La scuola di base accompagna gli allievi (dai 6 ai 14 anni), in continuità e gradualità di contenuti, obiettivi, traguardi educativi, nel delicato e difficile passaggio dall’infanzia alla preadolescenza. Essa prefigura un percorso di istruzione che, definendo le tappe relative allo sviluppo cognitivo e affettivo degli allievi, li conduce – passando dai campi di esperienza, agli ambiti disciplinari, alle discipline – fino alle soglie di un sapere “adulto”.
La scuola primaria svolge un fondamentale ruolo educativo e di orientamento: fornisce al bambino le occasioni per capire se stesso, per gestire le emozioni e le relazioni, per acquisire l’alfabetizzazione di base attraverso l’acquisizione dei linguaggi simbolici che costituiscono la struttura della nostra cultura, in un orizzonte di significato che comprende anche le altre culture. Attraverso gli alfabeti delle discipline essa permette di esercitare differenti potenzialità cognitive, ponendo le premesse per lo sviluppo del pensiero autonomo, riflessivo e critico. Promuove inoltre il senso di responsabilità, l’attenzione verso gli altri, il rispetto delle norme sociali e dei valori costituzionali, la cura di sé e dei compagni e degli ambienti che frequenta.
E’ indispensabile che più docenti insegnino nello stesso gruppo classe, così come è fondamentale un tempo scuola disteso: curare le eccellenze senza lasciare indietro nessuno, costruire relazioni positive, alimentare creatività e immaginazione, far assimilare gradualmente conoscenze e competenze nei vari ambiti disciplinari sono obiettivi che hanno bisogno di un team docente, coordinato sulla base di una programmazione settimanale. Tale team deve ruotare sulla stessa classe, in modo da integrare le conoscenze dei vari ambiti disciplinari, alternando attività didattiche, laboratori, studio, occasioni di socializzazione e di gioco in modo funzionale alla crescita cognitiva e affettiva di ciascun bambino. Il modello da privilegiare dovrà essere quello di tre insegnanti su due classi con alcune ore di compresenza, con un tempo scuola di almeno 30 ore settimanali.
La scuola secondaria di primo grado realizza (e formalizza) l’accesso alle discipline, da considerare come finestre per guardare il mondo ed interpretare la realtà, senza indulgere a eccessive rigidità di confini e frammentazione di saperi. Sono per questo da privilegiare gli approcci integrati che promuovono modalità di elaborazione progressivamente più articolate e più adeguate ai ragazzi nell’età della preadolescenza. Le conoscenze che si acquisiscono concorrono a promuovere competenze via via più complesse, finalizzate ai saperi di cittadinanza necessari oggi per la piena realizzazione della persona umana e per l’attiva partecipazione alla vita sociale. Essa ha l’obiettivo di garantire a tutti apprendimenti significativi e adeguati traguardi educativi: l’uso e il controllo pieno della lingua italiana, di tutti i linguaggi non verbali, delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, storiche e geografiche. A tal fine la scuola di base ha il compito di valorizzare le esperienze e le conoscenze degli allievi per costruire nuove e più complesse conoscenze; intervenire nei riguardi delle diversità, con particolare attenzione agli alunni diversamente abili e agli alunni stranieri; favorire l’esplorazione, la curiosità e la scoperta attraverso un lavoro operativo, collaborativo e laboratoriale; costruire orientamento, pensiero critico e consapevolezza di sé e del mondo.
La scuola di base si conclude con un esame di Stato dal quale deve emergere anche una indicazione orientativa, non vincolante, per la successiva scelta dell’area e dell’indirizzo.
Così inteso, l’intero percorso, che va dall’infanzia alla scuola secondaria di primo grado, diventa un luogo di confronto aperto, libero e pluralistico, un “comprensivo” scolastico che tiene conto dei vari bisogni di apprendimento e delle molteplici motivazioni affettive e relazionali dei bambini dai 3 ai 14 anni. Esso si pone come spazio di vita e di studio, funzionalmente orientato al successivo biennio obbligatorio. Nella scuola di base e nel biennio dell’obbligo si pone l’urgenza di abbassare il numero medio di alunni per classe; di prevedere standard ottimali per il funzionamento degli spazi e degli ambienti scolastici (in particolare di laboratori, mediateche e biblioteche); di aumentare il tempo scuola oltre quello previsto dal curricolo obbligatorio, per garantire a tutti varie e programmate attività educative; di usufruire di un organico funzionale per realizzare efficacemente il Piano dell’offerta formativa che la scuola autonoma si è dato.

Scuola secondaria di indirizzo.
La scuola secondaria di indirizzo - articolata in aree e indirizzi - della durata che la sperimentazione indicherà - ha la finalità di consolidare, riorganizzare e accrescere le capacità e le competenze acquisite nella scuola di base, di favorire e rafforzare le attitudini, gli interessi e le capacità degli studenti, di arricchirne la formazione culturale, umana e civile, di costruire conoscenze e competenze adeguate all’accesso all’istruzione superiore, universitaria o non universitaria, sostenendo ciascun allievo nella progressiva assunzione di responsabilità e di consapevolezza. In particolare, proprio per garantire il consolidamento dei saperi fondamentali è necessario che l’esperienza scolastica non si interrompa prima del biennio di scuola secondaria superiore, in quella fase dello sviluppo cognitivo in cui è possibile comprendere ed elaborare in modo pieno e autonomo le conoscenze apprese. Il rapporto tra scuola di base e i primi due anni di scuola secondaria superiore si concretizza nella progressività e gradualità dei rispettivi curricoli, che dovranno prestare particolare attenzione alla continuità degli obiettivi educativi. In particolare nel biennio iniziale va salvaguardata la coerenza conclusiva di un ciclo educativo che porta a compimento l’acquisizione di conoscenze e competenze culturali proprie dei cosiddetti saperi di cittadinanza, ma va altresì salvaguardato l’avvio graduale e qualificato dell’area e dell’indirizzo prescelti. Nel primo anno, fatte salve la caratterizzazione specifica dell’indirizzo e l’obbligo di un rigoroso svolgimento del relativo curricolo, è garantita la possibilità di passare ad altro indirizzo anche di area diversa, mediante l’attivazione di apposite iniziative didattiche finalizzate all’acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta.
Il triennio conclusivo della scuola secondaria di indirizzo va considerato il tempo degli approfondimenti disciplinari relativi all’area e all’indirizzo prescelti e va visto in una logica sistemica con la formazione professionale e con la formazione superiore tecnica integrata. La scuola secondaria di indirizzo deve garantire traguardi educativi non rigidamente orientati e professionalizzanti, per consentire la più ampia possibilità di scelte. Essa si conclude con un esame di Stato volto ad accertare il grado di cultura generale e di indirizzo conseguito, anche tenendo conto dei risultati raggiunti nei due anni precedenti. Nell’ipotesi sperimentale di un percorso quadriennale, è da prevedere un anno aggiuntivo di raccordo con l’Università, per l’approfondimento delle discipline di indirizzo.


L’integrazione dei sistemi dell’istruzione e della formazione professionale
Tra istruzione e formazione professionale esistono differenze tali – di impianto culturale e di finalità - da rendere non alternativi tali percorsi prima di una compiuta esperienza di istruzione, comprensiva dei primi due anni di scuola secondaria di indirizzo. Fase coincidente con il passaggio degli allievi dalla preadolescenza all’adolescenza, in cui è possibile comprendere ed elaborare in modo significativo i contenuti e le conoscenze apprese: assume dunque un profondo significato sociale, culturale, etico-valoriale, il ribadire per tutti gli allievi, fino a tale età, il carattere esclusivo dell’esperienza scolastica. Il periodo successivo, quello dell’adolescenza, dai 16 ai 18 anni di età, costituisce il tempo del “confine”, dell’intreccio tra i sistemi. Le possibilità possono essere diverse: si possono proseguire gli studi; si possono interrompere per frequentare un corso di formazione professionale; si possono intrecciare i percorsi.
In questa prospettiva alla scuola spetta il compito di garantire a tutti un’esperienza conoscitiva compiuta per costruire e consolidare le basi e le competenze culturali che consentano l’apprendimento lungo il corso della vita.
A sua volta, la formazione professionale, adeguatamente riformata, deve poter sviluppare la sua vocazione prioritaria, quella di essere un raccordo con il tempo del lavoro, concentrandosi sugli interventi che le sono specifici: dalla qualificazione iniziale, successiva all’obbligo di istruzione, alle forme di professionalizzazione e di perfezionamento successive al diploma di scuola secondaria, al sistema dei rientri nel percorso scolastico, alla riconversione e riqualificazione della forza-lavoro. La formazione professionale deve riuscire a far emergere la sua peculiarità: tempo breve di apprendimento che si integra e si alterna con la scuola e con il lavoro.


Obbligo di istruzione, obbligo formativo, educazione ricorrente
Per realizzare tutto ciò sono necessari un obbligo di istruzione della durata di dieci anni, da assolvere nella scuola, e un obbligo formativo fino all’età di 18 anni, eventualmente comprensivo anche di periodi di apprendistato.
Conseguentemente va elevata a 18 anni, in corrispondenza con l’età adulta, l’età lavorativa.
Al termine dell’obbligo di istruzione a ogni allievo deve essere rilasciata la certificazione attestante il percorso scolastico realizzato e le competenze culturali raggiunte.
Un valore strategico, anche ai fini della qualità del sistema scolastico, assume la realizzazione di un servizio di educazione ricorrente, lungo tutto l’arco della vita.
La valutazione
La valutazione è fondamentale e utile per il miglioramento della qualità dell’istruzione. Occorre quindi operare una valutazione didattica degli apprendimenti e delle competenze acquisite dagli allievi ma occorre anche predisporre misure e strumenti di valutazione al fine di verificare nel suo complesso l’evoluzione del sistema d’istruzione e le conseguenze dell’azione educativa.
I livelli raggiunti dagli allievi devono essere verificati e valutati dagli insegnanti attraverso gli strumenti deliberati dai competenti organi collegiali nell’ambito di criteri definiti nazionalmente. La valutazione accompagna e regola l’azione didattica e ha una funzione prevalentemente educativa, di stimolo al miglioramento continuo.
Al termine della scuola di base e dell’istruzione secondaria di indirizzo, le conoscenze e le competenze acquisite devono essere verificate e valutate attraverso esami di Stato.
I titoli di studio conseguiti con gli esami di Stato conclusivi dei cicli terminali hanno valore legale, a garanzia dello studente e della società. La nostra Costituzione prevede l’esame di Stato per la conclusione dei percorsi di istruzione (art. 34) affinché la Repubblica si faccia garante della qualità delle sue scuole – in particolare quelle statali, che ha l’obbligo di istituire – e quindi della validità dei “titoli” che rilascia. Per questo motivo, con l’obiettivo di rafforzare il valore dei titoli che si conseguono, è fondamentale che si rivedano i contenuti delle prove di esame, le modalità di conduzione del colloquio, i meccanismi di verifica e valutazione delle prove, i criteri di composizione delle commissioni, le quali proprio per meglio garantire la validità dei titoli, debbono rimanere almeno a composizione paritaria mista, di docenti “interni” ed “esterni”.
Quanto alle valutazioni di sistema, occorre che si fondino su analisi e verifiche trasparenti, condotte da un organismo, affidabile sul piano scientifico, esterno all’apparato ministeriale, in grado di offrire alla politica gli elementi utili a fare scelte efficaci, a indirizzare i finanziamenti, a regolare spese e risparmi, a intervenire con cognizione di causa e tempestivamente sulle luci e le ombre che di volta in volta emergono dalle indagini.


La scuola, “istituzione attiva” del territorio
La scuola dell'autonomia è il luogo in cui il progetto di istruzione, delineato su scala nazionale, si traduce in concreto “fare scuola” e se ne misura l’efficacia educativa.
Il carattere di “istituzione attiva” nel territorio consiste nella capacità di ciascuna scuola di far maturare, al suo interno, convogliando istanze nazionali, territoriali e locali, una costante equilibrata azione di progettazione dell’offerta educativa, di ricerca didattica e di valutazione. Il “piano dell’offerta formativa” e il lavoro sul curricolo hanno bisogno di insegnanti e dirigenti scolastici capaci di essere autonomi nel progettare e “costruire” apprendimento.
La scuola si configura come istituzione attiva nel territorio anche per la sua funzione di sollecitazione e di cooperazione con le altre autonomie e realtà territoriali, con gli Enti locali in primo luogo.
Il rapporto con gli Enti locali e il territorio non può configurare posizioni di sudditanza della scuola; il rapporto è positivo se è reciproco e forte: se la scuola ha una sua identità, un suo “pensiero”, un suo progetto “disinteressato” da offrire allo “sviluppo” - civile e sociale, prima ancora che produttivo - della comunità.
Le nuove prospettive di federalismo e di consolidamento dei processi di autonomia e di decentramento, per affermarsi, non possono contrastare con un principio fondamentale della nostra democrazia, che la formazione è un bene unitario del nostro Paese, perché promuove il senso dell’identità e dell’appartenenza a uno spazio culturale e costituzionale comune.
Il processo di regionalizzazione non deve rompere l’equilibrio dei poteri tra centro e periferia, tra i vari soggetti istituzionali, grandi e piccoli, entro cui si situa l’autonomia scolastica.
Anche in un processo di regionalizzazione ogni singolo Istituto scolastico dovrà poter operare in autonomia, con certezza istituzionale e progettuale, sia per quanto riguarda la sua collocazione giuridica all’interno del sistema statale sia la sua partecipazione attiva a un progetto nazionale di istruzione.


Gli insegnanti risorsa fondamentale
Non vi può essere rinnovamento della scuola senza attiva partecipazione dei docenti: comportamenti professionali e trasformazioni dei sistemi di istruzione si influenzano vicendevolmente. È fondamentale che le riforme siano condivise da chi nella scuola lavora, così come è sostanziale investire nella professionalità docente attraverso scelte politiche coerenti con le riforme che si vogliono attuare.
Sul "mestiere" dell’insegnare va superata la contrapposizione tra una idea di “libera professione” e una, opposta, di “attività impiegatizia”. Entrambi gli approcci non colgono la specificità di un lavoro difficilmente confrontabile con altri. Come in tutte le professioni il lavoro dell’insegnante presenta forti tratti di autonomia decisionale e progettuale e un alto grado di responsabilità. Ma gli insegnanti esercitano la loro libertà di azione all’interno di un progetto condiviso e sulla base di regole, indicazioni, finalità stabilite da leggi, regolamenti, ordinamenti e dalla stessa Costituzione. Ed è solo all’interno di questi vincoli che si può definire l’ambito dell’autonomia professionale e della libertà di insegnamento di chi esercita tale “mestiere”.
Nell’equilibrio tra libertà, responsabilità e norme va individuata la deontologia della professione docente.
La definizione più corretta è quella che descrive l’insegnante come un professionista che opera all’interno di un progetto condiviso. Tale idea fa emergere, del lavoro, sia la dimensione intellettuale, legata alla qualità della prestazione, sia la dimensione collegiale. Per questo occorre trovare specifiche modalità atte a valorizzare l’impegno dei docenti che dedicano alla scuola tempo ed energie maggiori di altri, con l’obiettivo di far emergere quel “sommerso” di qualità che contribuisce, spesso in misura determinante, al funzionamento della scuola.
Servono docenti preparati professionalmente per rispondere alle molteplici esigenze culturali, didattiche e organizzative della scuola dell’autonomia. Va perciò realizzato un efficace percorso di formazione iniziale e un’organizzazione di formazione in servizio qualificato e coerente con gli obiettivi che il sistema di istruzione si pone. Privilegiando per la cura e la crescita professionale l’ambito della ricerca, sperimentazione e sviluppo sulle pratiche didattiche, sulle strategie e i metodi, sui contenuti e gli obiettivi, sulle verifiche e le valutazioni da realizzare sia con il gruppo docente della scuola di appartenenza, sia delle scuole in rete.
I criteri e i meccanismi di selezione e di reclutamento dei docenti devono corrispondere ai principi costituzionali cui si ispira il sistema scolastico: principi che ne garantiscono il pluralismo, la democrazia e il carattere unitario. Tali meccanismi possono essere regolati solo attraverso pubblici concorsi.

(Dicembre 2008)
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