VALES… ma quanto VALES?
di Giancarlo Cerini
Fa già molto discutere il progetto VALES (Valutazione e Sviluppo Scuole), presentato dal MIUR con la CM 3 febbraio 2012, n. 16, corredata di una nutrita messe di documenti. La scadenza per le candidature è fissata dal 12 marzo 2012. Spesso il giudizio pubblico sul progetto si incastra con problemi di altra natura (…siamo ancora alle prese con i tagli alle risorse, quindi non è il caso di avventurarsi sui temi della valutazione, sono ben altre le priorità…), o su una pregiudiziale contrarietà verso le azioni di valutazione “esterna” (…questo accanimento sulla valutazione non ci porterà da nessuna parte, meglio investire sulla qualità della scuola…) o su aspetti di carattere tecnico e docimologico (…ma che cos’è questo valore aggiunto? Stiamo esagerando con le prove Invalsi! Ci sono altre cose più importanti da considerare…). Molte di queste osservazioni esprimono stati d’animo assai diffusi nel mondo della scuola, da ascoltare con attenzione, ma non possono mettere in ombra alcuni passaggi positivi che il progetto VALES fa registrare, rispetto alle ipotesi di valutazione sperimentale avviate appena 18 mesi fa dal precedente Ministro. Vediamo perchè.
Considerazioni preliminari: la cultura della valutazione
Tutte le ricerche condotte con gli insegnanti attestano che non c’è una pregiudiziale ostilità nei confronti della valutazione del proprio lavoro, si chiedono però delle garanzie precise, in particolare:
– che la valutazione non sia agitata contro la scuola, ma possa aiutare a migliorarla;
– che non si privilegi un approccio selettivo e individuale, ma che si valorizzi la dimensione collaborativa dell’insegnamento;
– che si consideri la scuola una “comunità di apprendimento”, una “comunità professionale”, e non un’azienda in competizione con altre, per accaparrarsi fette di mercato…
Molte perplessità riceve infatti l’idea di una premialità selettiva (come quella prevista nel D.lgs. 150/2009, c.d. Brunetta), per cui solo una quota di personale dovrebbe essere “premiato” a scapito di altri “non premiati” (questo dilemma portò anche al fallimento del “concorsone” di Berlinguer nella primavera 2000). Anche una reputazione affidata ad un giudizio “olistico” di colleghi o al gradimento degli utenti trova ampie resistenze (cfr. “Valorizza” e le osservazioni critiche di sindacati e associazioni professionali, che hanno convinto il MIUR a sospendere il progetto e a modificare la strategia sperimentale). Per la valutazione del lavoro dei docenti, infatti, si aprirà una ricerca più ampia che vedrà il coinvolgimento anche delle rappresentanze degli insegnanti.
E’ dunque utile mantenere aperte diverse ipotesi di lavoro (di qui l’idea della sperimentazione), per costruire una cultura della valutazione che possa essere condivisa da un’ampia platea di docenti, perché giudicata coerente con le finalità della scuola.
La valutazione non dovrebbe essere un giudizio inappellabile, per distinguere buoni e cattivi, ma trasformarsi in una opportunità per un confronto “serrato” sulla propria professionalità, dunque per mettersi in gioco, crescere, essere stimolati a migliorare, essere posti di fronte alle proprie eventuali carenze, ma anche per essere riconosciuti nelle proprie qualità. Vale se mette in moto processi reali di ricerca e sviluppo, e non si limita a fotografare una situazione statica o stilare una classifica per distribuire premi. Semmai, stimola la costruzione dal basso di standard professionali verso cui tendere.
In questo contesto viene ripreso il tema della valutazione delle performances dirigenziali (per altro già prevista dalle norme di legge e dai Contratti di lavoro), attraverso un approccio che considera la specificità della comunità scolastica, ove un gruppo di professionisti (i docenti, cui è riconosciuta discrezionalità professionale) si impegna nella progettazione e gestione dell’offerta formativa, con la guida e la responsabilità organizzativa del dirigente. Ma il dirigente scolastico non è un “capoufficio” di una unità amministrativa, dove tutte le procedure sono in larga parte programmabili in maniera lineare (e forse, nemmeno più…).
Caratteristiche della sperimentazione
In relazione al progetto VALES, va segnalato che le scuole partecipano volontariamente all’iniziativa nazionale. E’ richiesta un’adesione formalizzata dagli organi competenti (collegio dei docenti), che implica la contestualizzazione e, si spera, una qualche negoziazione attiva nella partecipazione al progetto. La partecipazione comporta un riconoscimento economico alla scuola. Non si tratta di un premio o di una sanzione, ma di un incentivo finanziario ad intraprendere un percorso di miglioramento, sostenendo comportamenti virtuosi (ricerca, formazione in servizio, valutazione, consulenza, documentazione, ecc.) che accompagnano concrete azioni nella scuola. Questo aspetto differenzia il nuovo progetto da quello attualmente in corso in 77 scuole (Progetto VSQ) ove vige una logica di premialità selettiva per le scuole che si collocano ai primi posti della graduatoria di merito (apprezzando risultati di apprendimento e processi organizzativi).
Per le scuole in difficoltà è previsto un supplemento di risorse e questa sembra una scelta assai qualificante.
La partecipazione al progetto implica la disponibilità alla ispezione e alla valutazione esterna, che però si fonda sulla analisi dei dati offerti dalla scuola, sulle evidenze osservate direttamente da un team esterno, sul calcolo del “valore aggiunto” dei risultati dei ragazzi (apprendimenti, ma anche altri outcomes). La sperimentazione ha l’obiettivo di mettere a fuoco strumenti e protocolli di valutazione, di cogliere la dinamica valutazione-miglioramento, di apprezzare l’apporto alla crescita della comunità scolastica dei diversi soggetti professionali, in particolare del dirigente scolastico.
Non sono previste premialità. Spetta alla scuola, nelle sue diverse componenti, decidere l’utilizzazione della risorsa assegnata inizialmente. L’erogazione può riferirsi a singoli docenti (o gruppi di docenti) che abbiano partecipato alle diverse azioni. Il riconoscimento al dirigente (quota di stipendio di risultato) è collegato alla sua valutazione, ma questo aspetto non è oggetto diretto del programma di valutazione.
Il focus sul funzionamento complessivo dell’istituto è dunque propedeutico a sviluppare una valutazione di chi in esso opera; tuttavia la valutazione dell’istituto non coincide con la valutazione dei suoi operatori (dirigente e insegnanti), ma ne rappresenta lo sfondo conoscitivo indispensabile.
La osservazione in diretta di una scuola da parte di una equipe esterna dovrebbe essere finalizzata ad incrementare la capacità della scuola di riflettere sui propri esiti (successi e insuccessi) e di assumere adeguate strategie di miglioramento e sviluppo. Questo richiede un processo interattivo e non solo una misurazione esterna (sono dunque necessari una restituzione “dinamica” ed un dialogo interno-esterno). L’autovalutazione è decisiva per promuovere l’iniziativa e la responsabilità delle scuole (e su questo ci si poteva aspettare qualcosa di più dalle note tecniche al progetto).
Criteri e oggetti della valutazione
La valutazione esterna dovrebbe essere preparata da una incisiva autoanalisi interna, sulla base di una griglia di indicatori standardizzati, che lascino comunque anche uno spazio per l’autonoma descrizione della scuola da parte dei soggetti interni. Il modello CAF (Common Assessment Framework) potrebbe essere un buon punto di partenza, perché consente di enucleare grappoli di variabili riferiti ai processo e ai risultati. Anche il framework informativo sotteso al programma “La scuola in chiaro” (CM 108/2011) rappresenta un utile punto di riferimento per descrivere la scuola, in una ottica di comparazione e benchmarking (meglio ancora, di benchlearning).
La valutazione di una scuola dovrebbe focalizzarsi sui risultati degli apprendimenti degli allievi (espressi dal “valore aggiunto” misurato dalle prove Invalsi, ma anche da risultati verificabili a più lungo termine), su aspetti didattici (cosa succede in classe?), su profili organizzativi (struttura professionale, linee di comunicazione, sistema di partecipazione e di decisioni), sulla capacità di interazione esterna (partnership), sul clima sociale ed etico (valori), sulle professionalità ed i comportamenti dei diversi operatori (in particolare sulle forme di leadership del dirigente scolastico).
Sarà individuato – con procedura pubblica – un “team di valutatori” (presieduto da un ispettore tecnico, affiancato da due esperti di valutazione, di cui uno preferibilmente proveniente dal ruolo dei dirigenti scolastici), che ha l’incarico di accompagnare la scuola prescelta lungo l’itinerario sperimentale. La durata del progetto è triennale. In linea di massima i membri dello staff esterno non operano normalmente nell’ambito territoriale in cui si trova la scuola prescelta.
All’interno dell’istituto potrebbe costituirsi una equipe di contatto e supervisione, sulla base di un protocollo condiviso e conosciuto da tutte le componenti della scuola. Vanno coinvolti anche gli organi collegiali, una rappresentanza dei genitori, la rete degli stakeholder.
Fondamentale è il rilascio di un report valutativo alla scuola, ad opera del team esterno, con suggerimenti per programmi di miglioramento. Il modello di riferimento è quello dell’OFSTED (il mitico servizio ispettivo inglese). Il report consegnato alla scuola (è opportuna una sua presentazione alla comunità scolastica ed anche ai genitori) diventa la carta diagnostica di ogni scuola, sulla cui base andranno definiti gli obiettivi strategici per il contratto di missione del dirigente scolastico, che rimane di competenza del Direttore scolastico regionale.
Coinvolgimento delle scuole
E’ importante che la sperimentazione abbia un carattere effettivamente nazionale e sia diffusa sull’intero territorio. Ogni regione dovrebbe partecipare con un pacchetto di scuole pari ad almeno il 2 o 3% delle unità scolastiche. Un gruppo tecnico regionale avrebbe il compito di accompagnare le diverse fasi della sperimentazione, garantendo gli opportuni adattamenti regionali delle griglie nazionali di osservazione ed agevolando lo sviluppo del progetto (comunicazione, documentazione, contatti istituzionali, relazioni sindacali e professionali, ecc.).
A tutte le scuole vengono inviate le linee guida della sperimentazione, garantendo anche una loro eventuale presentazione a livello territoriale (o per reti di scuole o per singole scuole, se possibile), con la partecipazione del gruppo tecnico regionale e di eventuali rappresentanti del Comitato Tecnico Scientifico nazionale, che supporta l’amministrazione nello sviluppo del progetto.
Le scuole hanno un lasso di tempo significativo per presentare la propria candidatura, che implica l’accettazione del protocollo di sperimentazione, nonché la disponibilità dei docenti e dei dirigenti. La scelta delle scuole partecipanti a livello regionale è rimessa al MIUR, sulla base di criteri di rappresentatività del campione, per territori e per livelli scolastici (qui resta un vezzo centralistico che sarebbe stato opportuno accantonare).
Una volta formalizzato il quadro dei partecipanti, sarà assegnato un congruo periodo per la messa a punto del progetto, per i primi contatti, per la redazione di materiali informativi, con l’assistenza di membri del CTS (nazionale) e del GTR (regionale). Non si ritiene opportuno associare a questa nuova sperimentazione le 77 scuole aderenti a “VSQ”, in quanto sono diverse le modalità di adesione e negoziazione del progetto.
La valutazione del dirigente scolastico
In relazione alla valutazione del dirigente scolastico, inserito nell’ambito di VALES, occorre considerare le premesse normative, che si desumono nell’art. 25 del D.lgs 165, nell’art. 20 del CCNL area dirigenti scolastici, nelle previsioni di cui al D.lgs 150/2009. L’aggancio a VALES consente di salvaguardare la specificità dell’ambiente scolastico, con le sue caratteristiche di comunità professionale. La valutazione della scuola rappresenta una base conoscitiva per la valutazione dell’apporto delle singole componenti, tra cui in primis della dirigenza scolastica.
Questa fase di valutazione diagnostica è propedeutica alla definizione di un contratto di missione tra USR e dirigente scolastico, che non coincide strettamente con i piani di miglioramento dell’istituzione scolastica, ma individua al suo interno lo specifico ruolo propulsivo del dirigente (una totale sovrapposizione determinerebbe un’identità monocratica dell’istituzione scolastica, facendola coincidere con la figura del dirigente e viceversa).
Gli indicatori di riferimento per l’azione dirigenziale sono relativi a:
– direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane,
– organizzazione e gestione delle risorse finanziarie e strumentali,
– promozione della qualità dei processi interni alla comunità professionale,
– sviluppo delle innovazioni,
– attenzione alle famiglie ed alla comunità sociale,
– collaborazione con i soggetti istituzionali, culturali, professionali, sociali ed economici del territorio.
Molti degli strumenti di analisi e lettura del contesto, i protocolli di osservazione, gli indicatori di performances, sono da dettagliare attraverso la collaborazione dell’Invalsi (che ha sperimentato progetti analoghi nelle regioni del Sud), dell’Indire (cui sarà affidato un ruolo di accompagnamento ai processi di miglioramento, senza escludere altri apporti), del Corpo ispettivo (nonostante l’attuale defaillance di un servizio non più rinnovato da oltre tre lustri). A ben vedere, si fanno le “prove” generali di un diverso Sistema nazionale di valutazione, abbozzato nella legge 10/2011, che individua proprio queste tre strutture come elementi portanti del sistema.
Gli indicatori cui si ispira la valutazione dell’apporto del dirigente alla comunità scolastica ben esprimono l’idea di una leadership orientata all’educazione, in sintonia con le prospettive della ricerca internazionale sul ruolo dei dirigenti delle scuole, lontana dalle secche di un approccio puramente giuridico o amministrativo alla funzione, se vogliamo, leggermente in controtendenza rispetto all’evoluzione subita da questa figura negli ultimi anni. E non è affermazione di poco conto.
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