Mai fidarsi delle apparenze

Mai fidarsi delle apparenze

di Cosimo De Nitto

Sono passati i fatidici e molto massmediati 100 giorni dall’insediamento del governo Monti e dei suoi ministri. Non ci vuole un analista particolarmente fine per farci capire le differenze col precedente governo. In particolar modo abissale appare la differenza tra i due ministri della pubblica istruzione. Le differenze tra l’Avv. Gelmini, che ha preso l’abilitazione a Reggio Calabria, e il Prof. Profumo, Rettore del Politecnico, Presidente del CNR sono talmente evidenti che rendono inutile ogni paragone, a prescindere dai neutrini.

Dopo 100 giorni, data ragione di ciò, si apre una riflessione sui contenuti della nuova guida del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, che, per taluni aspetti, fa ripensare quel paragone di cui sopra e quell’evidenza non appare poi più così netta, marcata.

Già dall’inizio del suo ministero Profumo va avanti per dichiarazioni in cui la parola chiave è “continuità” col precedente indirizzo di governo. Subito sono sorte le prime perplessità. Possibile che un professore così titolato, curriculato, così Magnificato non abbia niente da dire, niente da eccepire di fronte al peggiore ministro che abbia mai avuto la scuola italiana, davanti ad una politica che ha messo in ginocchio l’istruzione, la formazione, la ricerca, le istituzioni scolastiche e le università, un ministro che ha prodotto tagli lineari sottraendo risorse economiche (8 miliardi) e umane (150 mila posti in meno) ingenti in un paese che già era agli ultimi posti come percentuale di pil destinato al sistema scolastico e che costringe le famiglie a coprire gran parte delle spese scolastiche e a portarsi da casa anche la carta igienica?

Ma no, ho pensato. Si tratta delle prime dichiarazioni nelle quali bon ton e stile vogliono che non si parli male di chi ha preceduto. Allora mi sono messo in fiduciosa attesa sicuro che, dopo i primi tempi di contatto e studio, di comprensione della articolata macchina, il ministro Profumo avrebbe finalmente detto la sua e avrebbe scoperto, magari discretamente, le proprie carte.

Ci avrebbe detto in quale condizioni versa la scuola, quali sono i punti di emergenza e priorità, quali provvedimenti legislativi, quali disposizioni amministrative avrebbe adottato lungo tutto l’arco della durata del suo ministero, quali basi avrebbe gettato per un futuro di riforme serie non dettate dal prius tagliare.

E invece no.

Questa attesa, a 100 giorni dal suo insediamento, è andata delusa. Di qualche cosicchia che va facendo, niente di significativo, niente che imprima la connotazione della sua impronta, niente che lo consegni, non dico alla storia, ma alla cronachetta di questi tempi così magri e agri dopo lo tsunami della sua predecessora. Niente che non fosse già nel programma della Gelmini e che lei stessa, se non fosse caduto il governo, non avrebbe realizzato. Aziendalizzazione e privatizzazione del sistema, abolizione del valore legale del titolo di studio, militarizzazione della macchina amministrativa con il compimento della centralizzazione della stessa, mantenendo la falsa parvenza di autonomia, ma servendosi delle prove INVALSI come base del controllo e della rendicontazione gerarchica appena mascherata dal neologismo dell’accountability, la libertà di assumere chi si vuole da parte delle scuole per compiacere una Lega che non è più al governo.

Che fosse questo il compito di cui si sentiva investito il ministro Profumo, continuare la politica della Gelmini, abbiam dovuto prendere atto con somma delusione, concludendo che non si trattava di cortesia iniziale, ma era proprio la sua politica. Si è capito quando ha ribadito, rafforzato, ampliato il concetto.

In una recente intervista in tv ha affermato che lui si attribuisce il compito dell’oliatore, che è sempre meglio del vasellinatore, direbbe qualcuno secondo cui al peggio non c’è mai fine. Capisco il “discreto” profilo rispetto alle roboanti riforme “storiche” della Gelmini, ma francamente mi è sembrato troppo discreto, fluidificante, liquido si potrebbe dire. Purtuttavia, a pensarci bene, mai metafora è stata così azzeccata, come lo era stata quella di un suo predecessore Fioroni che, chissà per quali strane associazioni della mente, aveva scelto la metafora del cacciavite. Qualcuno ben attrezzato in futuro potrà studiare la questione per cercare di capire perché queste metafore sono prese tutte dal campo semantico della meccanica, mai, che so, per esempio, dalla pedagogia, dalla filosofia, dall’estetica, insomma da una scienza “umana”.

Allora le nostre attese di veder dichiarata una sorta di carta programmatica della scuola con tanto di premesse sui valori e principi ispiratori, di sentire almeno nominata la Costituzione, di sentire un accenno “discreto” sul diritto allo studio, qualcosa sul valore non solo economico, ma culturale, civile, democratico della scuola…niente. Tutte attese vane. Per sapere da dove provengono gli atti  di Profumo bisogna rivolgersi alla Gelmini e a quanto lei ha fatto, scritto e dichiarato durante il suo mandato.

Bene, ma se le cose stanno così allora abbiamo sbagliato tutto, non solo nelle attese, ma anche nei giudizi. Avevamo persino irriso il paragone, tanto ci sembrava improponibile, tra la Gelmini e Profumo. L’una minuscola lillipuziana che deve andare a Reggio Calabria per racimolare uno straccio di abilitazione, l’altro Gulliver sapiente, carico di saperi tecnici e scientifici, carico di cariche e incarichi accademici.

Alla fine, dal paragone, stando all’insipienza governativa dell’uno, che discretamente si limita a fare il “copia e incolla” dall’altra, va a finire che la danneggiata è l’altra, cioè la Gelmini. Proprio così, eppure doveva essere il governo della meritocrazia, dei professori, dei tecnici, degli esperti, doveva essere il governo della τέχνη che fa giustizia della malandata  πολιτική.

Grande imbroglio ideologico, mai fidarsi delle apparenze.

Incontro con Rocco Barbaro

Incontro con l’attore Rocco Barbaro nelle scuole della Basilicata con lo spettacolo “Giulietta e Romiao” di Emanuela Da Ros

di Mario Coviello

 

L’attore Rocco Barbaro con la scrittrice Emanuela Da Ros è il 27,28 e 29 febbraio  2012 nelle scuole di Bella,Baragiano,Rionero,Filiano e Picerno per presentare il suo spettacolo teatrale “Giulietta e Romiao che racconta la storia di un gatto rock Romiao che conduce una vita emarginata, inseguendo un solo sogno: quello dell’amore, o della felicità. Sulla sua strada Romiao, il gatto dallo spirito libero, incontra Giulietta, una gattina troppo per bene. Una gattina chic. Una gattina “antropizzata” nello spirito, nel modo di pensare. La relazione potrebbe apparire impossibile. Ma l’apparenza sotto gli artigli della sostanza, o del caso, o della vita, finisce sempre con l’essere graffiata e messa a nudo. Rocco Barbaro è  nato a Torino da genitori emigrati da Reggio Calabria e  ha trascorso a Reggio l’infanzia e la giovinezza. Frequenta la scuola di dizione e recitazione  di Rodolfo Chirico e Gianni Diotayuti e il laboratorio dell’attore di  Raul Manso. Ha iniziato la sua carriera con alcune esperienze nel cinema, nel teatro e in televisione, poi il successo arriva allo Zelig di Milano a fianco di David Riondino.  Rocco Barbaro ha lavorato per Rai 2, Telemontecarlo e Radio 105 ed ha debuttato nei più prestigiosi teatri italiani : Parioli di Roma ed il Ciak di Milano. Ha trovato anche il tempo per scrivere un libro dal titolo”Menefotto!”. Brillante autore ed interprete, racconta in tono ironico la sua esperienza di emigrante alle prese con la stressante realtà milanese. Ecco le nostre domande e le sue risposte

Chi è Rocco Barbaro ?

Rocco Barbaro è un ragazzo di  56 anni (1-11.1955) che ha smesso di crescere da quando è diventato padre di Tommaso, quasi 7 anni fa.

Perché  fai il comico ?

Faccio il comico perché  mi sono accorto di esserlo sempre stato senza saperlo, e allora ho deciso di coniugare l’utile al dilettevole, accorgendomi che far sorridere gli altri è un compenso che, oltre a darti da vivere, ti arricchisce umanamente.

Quali sono stati i tuoi maestri ?

Sarebbero tanti i maestri di riferimento dai quali prendo ispirazione, dal musicista cantautore al postino che non consegna più lettere d’amore. Se devo indicare due figure che mi hanno sempre affascinato facendomi sorridere, dico Totò e Giorgio Gaber.

Nel corso della tua carriera hai raccontato il Sud, anticipando il filone di “Benvenuti al Sud “di Bisio e Siani  e il successo di Rocco Papaleo al Festival di Sanremo che si è appena concluso. Quale è il sud che ti piace raccontare?

Al sud si vive benissimo fino a quando ti accorgi che stai partendo da quel sud in cerca di qualcosa che, probabilmente, si trova da qualche altra parte.

Forse al nord. Mi piace raccontare tutto quello che mi appartiene, e il sud fa parte del mio vissuto. Mi piace raccontare il bisogno di riscatto che è tipico del meridionale, mi piacerebbe raccontare quella rivincita del sud, ma è un copione che non ho ancora trovato.

Secondo te con la crisi, lo spread, i debiti della Grecia c’è ancora speranza per la rinascita del nostro meridione?

C’è sicuramente speranza per il sud non solo per una rinascita, ma per uno sviluppo nuovo rispetto al “nuovo” del nord.

Il sud nel  muovere certi passi, può evitare di fare quelli inutili( e in questo saremmo maestri con lostro sano culto dell’ozio).

Il sud è ricco e ancora non lo sa! (..quando il sud ha scoperto che c’era il nord l’ha detto a tutti, quando il nord ha scoperto che c’era il sud non l’ha detto a quelli del sud).

Mi sono permesso di citare una mia battuta per sintetizzare quello che non saprei dire in altro modo.

Chi è il meridionale che va al nord oggi? Come fa a rimanere se stesso ?

Per me non è mai esistito un confine tra sud e nord. Dopo quasi trent’ anni che vivo a Milano mi rimprovero solo di non essere mai andato in Norvegia o in Lapponia, piuttosto che  in Tanzania o in Australia. E’ così vasto il mondo che bisognerebbe, quantomeno, tentare di perdersi in esso annullando ogni punto di riferimento possibile.

Lavori da anni in teatro, in televisione e hai anche avuto esperienze cinematografiche. Dove, secondo te, dai il meglio di te stesso.  Quali corde diverse suoni per far ridere, riflettere il tuo pubblico ? 

Penso che il meglio di me stesso lo do quando lavoro dal vivo, ma ammetto che qualsiasi altro mezzo (televisione, cinema, radio), se usato  bene, può valorizzare il racconto che si vuol fare uscire. Nel cinema, per esempio, si dimentica spesso il gran buon lavoro fatto in fase di montaggio di un film, o la grande professionalità del doppiaggio, o come la direzione della fotografia sia stata determinante per raggiungere certi effetti. Alla fine è sempre il risultato di un lavoro di gruppo, anche se si notano solo le “star”.

Nelle scuole della Basilicata presenti ” Giulietta e Romiao”, uno spettacolo per bambini. Come ti avvicini al loro mondo ? Su cosa li vuoi invitare a pensare con la storia dei due gatti innamorati ?

Il testo di Emanuela Da Ros racconta una storia d’amore e questo sarebbe già sufficiente a giustificarne la messa in scena, ma la riflessione , comunque, nasce dal conflitto che scaturisce tra i due protagonisti Giulietta e Romiao: lei con la puzza sotto il naso vanitosa e ambiziosa, lui scapestrato vagabondo perdigiorno. Due modelli a confronto nella leggerezza di un racconto per bambini: la sete di potere contro il piacere della pura semplicità.

Come finisce? Ci vediamo allo spettacolo.

Grazie.

Insegnanti di sostegno e commissioni di Esami di Maturità

Insegnanti di sostegno e commissioni di Esami di Maturità (CM 15/12)

di Salvatore Nocera

Istruzione Professionale ed Orientamento Post Secondario

Istruzione Professionale ed Orientamento Post Secondario

 di Carlo De Nitti[1]

 

“[…] è il memento di un artigiano che ha sempre amato meditare sul proprio compito quotidiano, il taccuino di un operaio che, pur avendo a lungo maneggiato tesa e livello, non si crede, per ciò, un matematico”
MARC BLOCH, Apologie de l’histoire ou métier d’historien

 1.      PREMESSA

Le parole di Marc Bloch[2], che fanno da esergo a questo testo – apparentemente eccentriche rispetto al titolo del medesimo – stanno a dire il senso e la legittimità delle pagine che seguono: riflettere, da parte di un ‘pratico’[3] sulle norme in vigore ed applicarle correttamente al fine di creare le migliori condizioni perché possano essere implementate le buone pratiche ed innovata in modo né sporadico né estemporaneo né eclettico la didattica, curriculare e non, curvandola sempre meglio sui bisogni, presenti e potenziali, di istruzione e di formazione dei discenti[4], dall’infanzia all’adultità.

2.      ISTRUZIONE SECONDARIA ED ORIENTAMENTO PROFESSIONALE

Il processo riformatore in atto nell’istruzione secondaria di secondo grado – liceale, tecnica e professionale – dovrebbe aver mandato in archivio, una volta per tutte, l’annoso pre-giudizio (sebbene molto duro a morire) secondo il quale i ragazzi e le ragazze che, dopo aver concluso il primo ciclo di istruzione, superando il relativo Esame di Stato, scelgono di iscriversi ad un istituto professionale siano i meno dotati intellettualmente, i meno motivati all’applicazione diuturna ed allo studio costante, insomma, quelli meno ‘predisposti’ all’apprendimento formale.

Il processo riformatore in atto – con il D.P.R. n° 87 del 15.03.2010 (art. 2 c. 1) – ridefinisce l’identità dell’istruzione professionale: “L’identità degli istituti professionali si caratterizza per una solida base di istruzione generale e tecnico-professionale, che consente agli studenti di sviluppare, in una dimensione operativa, saperi e competenze necessari per rispondere alle esigenze formative del settore produttivo di riferimento, considerato nella sua dimensione sistemica per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e per l’accesso all’università e all’istruzione e formazione tecnica superiore”.

Ad essa corrisponde una mission importantissima per il presente ed il futuro del Paese: quella di formare studenti che conseguano – come richiamano le Linee Guida per il primo biennio – il Profilo Educativo, Culturale e Professionale (P.E.C.U.P.) definito dal D.Lgs. 17.10.2005, n. 226, allegato A).

Esso consente la crescita educativa, culturale e professionale dei giovani, per trasformare la molteplicità dei saperi in un sapere unitario, dotato di senso, ricco di motivazioni per lo sviluppo dell’autonoma capacità di giudizio finalizzata anche all’esercizio della responsabilità personale e sociale.

In quest’ottica, i percorsi degli istituti professionali si caratterizzano per l’integrazione tra una solida base di istruzione generale e la cultura professionale che consente agli studenti di sviluppare i saperi e le competenze necessari ad assumere ruoli tecnici operativi nei settori produttivi e di servizio di riferimento, considerati nella loro dimensione sistemica.

Nella progettazione dei percorsi da parte dei singoli istituti assumono particolare importanza le metodologie che valorizzano, a fini orientativi e formativi, le esperienze di raccordo tra scuola e mondo del lavoro, quali visite aziendali, stage, tirocini, alternanza scuola lavoro in quanto tali attività permettono di sperimentare una pluralità di soluzioni didattiche per personalizzare l’apprendimento mediante l’inserimento degli studenti in contesti operativi reali del territorio di riferimento..

Le discipline dell’area di indirizzo debbono fondarsi su metodologie laboratoriali che favoriscono l’acquisizione di strumenti concettuali e di procedure funzionali a preparare ad una maggiore interazione con il mondo del lavoro e delle professioni.

L’acquisizione delle competenze chiave di cittadinanza previste a conclusione dell’obbligo di istruzione consentono di arricchire la cultura di base dello studente e di accrescere il suo valore anche in termini di occupabilità.

Nella medesima vision, le Linee guida secondo biennio e ultimo anno postulano che per la progettazione, realizzazione e valutazione dei percorsi di orientamento, le scuole stipulano apposite convenzioni con i soggetti interessati, quali, ad esempio, Università e Istituti Tecnici Superiori, o altre istituzioni, enti, associazioni e imprese, rappresentanze del mondo del lavoro e delle professioni, organizzazioni di volontariato ecc. anche consorziandosi in rete per promuovere azioni congiunte.

Un ruolo cruciale debbono avere i Dipartimenti per assi culturali, i Comitati Tecnico Scientifici, i Collegi dei docenti ed i Consigli di classe nell’organizzazione di attività che mettano in grado lo studente, a  conclusione del percorso quinquennale, di:

  • acquisire gli strumenti per la ricerca attiva del lavoro o di opportunità formative;
  • valutare le proprie capacità, i propri interessi e le proprie aspirazioni (bilancio delle competenze) anche nei confronti del lavoro e di un ruolo professionale specifico;
  • riconoscere i cambiamenti intervenuti nel sistema della formazione e del mercato del lavoro;
  • sviluppare competenze metodologiche finalizzate alla presa di decisione e all’elaborazione di un piano d’azione per l’inserimento nel mondo del lavoro.

Tali finalità e processi danno subito conto della sfida complessa rappresentata in particolare

dall’azione orientativa in uscita ai percorsi di studio, in quanto essa racchiude forti elementi culturali di cambiamento e deve tener conto delle caratteristiche del territorio e della realtà economica e produttiva. Ciò implica l’unitarietà e l’integrazione tra i diversi interventi orientativi, la circolarità informativa tra il soggetto che deve prendere decisioni e i differenti enti ed istituzioni che hanno specifici compiti di comunicazione e sostegno.

L’art. 2 del decreto 14 gennaio 2008 n. 21 prevede espressamente che gli Istituti d’istruzione secondaria, nell’ambito della propria autonomia, assicurino il raccordo con le Università anche consorziate tra loro, realizzando percorsi di orientamento e di autovalutazione delle competenze, organizzando attività formative idonee alla preparazione iniziale degli studenti che intendano accedere all’alta formazione e coordinando le attività di metadidattica, al fine di rendere più efficace ed efficiente il percorso formativo di formazione post-secondaria.

 

3.      LA CONVENZIONE DI TIROCINIO DI FORMAZIONE SANTARELLA/ POLITECNICO

Nell’implementazione di questa visione, che ambisce a collegare sempre più e sempre meglio la formazione come leva principe della promozione dell’occupabilità, si situa la CONVENZIONE DI TIROCINIO DI FORMAZIONE triennale stipulata tra il più antico Istituto Professionale della città di Bari, l’Istituto Professionale Statale per l’Industria e l’Artigianato “Luigi Santarella”[5], e la più importante realtà universitaria a carattere scientifico-tecnologico del Meridione quale il Politecnico di Bari.

La Convenzione, di durata triennale e rinnovabile, nel rispetto assoluto e totale della normativa vigente sulla materia di cui si discorre, si ubica nella direzione che il Piano del sud (2011) indica.

Essa è lo strumento giuridico operativo attraverso cui il Politecnico di Bari accoglierà presso le strutture laboratoriali dei Dipartimenti di Elettrotecnica ed Elettronica e di Ingegneria Meccanica e Gestionale studenti dell’I.P.S.I.A. “L. Santarella” iscritti alle classi terze, quarte e quinte dei settori meccanico/termico ed elettrico, dando vita a tirocini formativi, come statuiti dalla legge n. 196 del 1997.

Durante lo svolgimento del tirocinio l’attività di formazione ed orientamento degli studenti sarà seguita e verificata congiuntamente da un docente (classe di concorso 20/A e 35/A) dell’I.P.S.I.A. “L. Santarella” e da un responsabile tecnico, indicato dal Politecnico.

Per ciascun tirocinante verrà predisposto un progetto formativo individualizzato contenente gli obiettivi, le modalità ed i tempi di svolgimento del tirocinio presso i Dipartimenti ed instaurando così un vero e proprio patto formativo tra l’Istituzione scolastica, il discente e la sua famiglia.

Durante lo svolgimento del tirocinio formativo gli studenti, oltre che svolgere le attività previste dal progetto formativo, impareranno a rispettare le norme in materia di igiene, sicurezza e salute sui luoghi di lavoro ed a mantenere l’indispensabile riservatezza per quanto attiene alla divulgazione di dati, informazioni o conoscenze, acquisiti durante lo svolgimento del tirocinio.

A conclusione del tirocinio formativo, ai tirocinanti che avranno adempiuto a tutti gli obblighi l’I.P.S.I.A. “L. Santarella” ed il Politecnico rilasceranno congiuntamente un attestato valido a tutti gli effetti di legge in cui saranno certificate le attività svolte e le competenze implementate.

E’ auspicio del “Santarella” che i discenti coinvolti possano utilizzare le conoscenze e le competenze acquisite per partire in pool position nella preparazione di esami ammissione ai corsi del Politecnico medesimo o di Istituti di Formazione Tecnica Superiore – ove sia questo il loro desiderio – oppure nella ricerca di un lavoro qualificato ed in linea con gli studi compiuti – se ciò sia nei loro intendimenti.

 

 4.      LA CONVENZIONE DI TIROCINIO SANTARELLA/CENTRO TERRITORIALE PER L’IMPIEGO

Nella medesima prospettiva del miglioramento della propria offerta formativa al fine di promuovere l’occupabilità, l’I.P.S.I.A. “L. Santarella” è sede in cui è possibile da parte di giovani ambosessi svolgere stages formativi, giusta la Convenzione di tirocinio di orientamento siglata con il Centro Territoriale per l’Impiego di Bari.

Essa persegue come obiettivo prioritario quello di coinvolgere giovani meridionali che risultano  essere contemporaneamente al di fuori del sistema formativo e contemporaneamente del mondo del lavoro: essi sono quelli a maggior rischio di esclusione e la cui occupabilità decade velocemente al persistere della condizione. La fascia di età c:he va dai 15 ai 29 anni rappresenta un bacino nel quale si riversano i drop out della scuola, senza che per questi siano più previste azioni specifiche di recupero e integrazione sociale (formativa e lavorativa), se non quelle genericamente rivolte alla popolazione adulta.

Questa seconda Convenzione consente, da un lato di rendere meno autoreferenziale l’istituzione scolastica rispetto al proprio contesto territoriale di riferimento – di quartiere e cittadino -, dall’altro, di costruire un percorso/ponte per accompagnare i propri ex alunni verso la prima occupazione ed anche oltre.

In questo senso,  la duplice ’iniziativa del “Santarella” si situa all’interno di quanto statuiti dal recente “Piano per il Sud” dove si ipotizzano percorsi formativi mirati per i giovani “né-né”, quelli cioè che né studiano né lavorano che incontrano, di certo, maggiori difficoltà nel passaggio dal mondo della scuola verso il lavoro, massimamente se giovani donne, a causa di gravi difficoltà di ordine culturale e sociale nell’accesso e nella permanenza al lavoro.

Non a caso, il Piano per il Sud  enuclea due linee portanti di intervento da parte delle istituzioni pubbliche: il rafforzamento degli interventi per la promozione ed il sostegno delle scuole ed il piano di razionalizzazione e ammodernamento dei plessi scolastici.

La riorganizzazione complessiva degli indirizzi di studio, promossa dalla riforma in atto, ha inteso offrire nuove e più efficaci opportunità per l’inserimento nel mondo del lavoro. La rivisitazione delle qualifiche e dei curricula consentirà, inoltre, di far sì che i profili di uscita degli studenti siano maggiormente aderenti ai bisogni delle aziende e  consentano di creare ambienti di apprendimento maggiormente aderenti agli interessi ed ai linguaggi dei giovani nativi digitali.

Una didattica laboratoriale – quale quella messa in campo con la Convenzione Santarella/ Politecnico – orientata verso lo sviluppo delle competenze, più flessibile e “tecnologica” potrà costituire un’efficace risposta alle necessità di una formazione sempre più all’avanguardia ed anche un antidoto alla dispersione scolastica, com’è accaduto negli anni passati in Puglia mediante il progetto “Diritti a scuola”, frutto della sinergia collaborativa tra l’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia,le istituzioni scolastiche e l’Assessorato al Diritto allo studio della Regione Puglia.

I risultati ottenuti dai discenti nelle prove di rilevazione degli apprendimenti messe in atto dall’I.N.Val.S.I. sono stati così strabilianti da fare parlare a livello nazionale di un caso Puglia. Sono essi a rendere fiducioso chi scrive che l’offerta di formazione quantitativamente e qualitativamente la più elevata possibile – quale quella assicurata dai docenti del Politecnico di Bari ai discenti dell’I.P.S.I.A. “Santarella” – sia una strategia, non utopistica né velleitaria, per accompagnare i giovani dai banchi di un istituto professionale all’ingresso qualificato nel mondo del lavoro.

 

 5.      TABULA GRATULATORIA

A chi scrive è estremamente gradito rivolgere il proprio deferente pensiero di gratitudine al Capo del Dipartimento per l’Istruzione del M.I.U.R., dott.ssa LUCREZIA STELLACCI, che, da Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, ha accolto con grande favore la Convenzione, approvandola pienamente perché in linea con le direttive tracciate nel Piano per il Sud, disponendo che fosse pubblicata sul sito www.pugliausr.it come una pratica di eccellenza da imitare.

Altresì la proposta di Convenzione non avrebbe potuto superare il limbo delle cosiddette buone intenzioni se non avesse incontrato l’entusiastico favore del Magnifico Rettore del Politecnico di Bari, prof. ing. NICOLA COSTANTINO, e di tutti gli illustri Accademici cui è stata presentata, che hanno consentito a discenti di un istituto di istruzione secondaria di secondo grado di vivere un’esperienza scolastica assolutamente unica e, sia consentito dirlo, innovativa nella didattica: a Loro, il riconoscente ringraziamento dell’I.P.S.I.A. “L. Santarella” e personale di chi scrive.

Un sentito “grazie”, inoltre, a tutti i docenti delle classi di concorso 20/A (Discipline meccaniche e tecnologia) e 35/A (Elettrotecnica) dell’I.P.S.I.A. “L. Santarella” per aver dato corpo all’iniziativa, realizzando un luminoso esempio di didattica laboratoriale ed orientativa, guidando – a mò di novelli Virgilio – i discenti delle classi terze, quarte e quinte di Bari e di Bitetto in un’esperienza scolastica, culturale, professionale ed umana unica, con l’intenzione di operare ancora meglio negli anni a venire in favore degli studenti, l’unica vera ragione sociale di quanto l’I.P.S.I.A. “Luigi Santarella”di Bari progetta, organizza, realizza e verifica.



[1] Dirigente Scolastico dell’I.P.S.I.A. “Luigi Santarella” di Bari.

[2] Marc Bloch (1886-1944), notissimo medievista francese di origine ebraica, fu ucciso il 16 giugno 1944 dalla Gestapo.  Apologie de l’histoire ou métier d’historien fu pubblicato postumo (1949) a cura del suo amico Lucien Febvre e tradotto in italiano per i tipi della casa editrice Einaudi (1950) Apologia della storia o mestiere di storico.

[3] Nel senso in cui utilizza questo termine LOREDANA PERLA nel suo volume Didattica dell’implicito, Brescia 2010, La Scuola Editrice.

[4] Il termine discente viene utilizzato, in queste pagine, nel senso letterale della parola, a prescindere dall’età di chi compie l’azione e dalla sua identità di genere.

[5] L‘I.P.S.I.A. “L. Santarella” di Bari attualmente è articolato su quattro indirizzi presenti nelle sue due sedi – centrale a Bari e coordinata a Bitetto, un comune dell’entroterra nella fascia premurgiana –  Odontotecnico e Meccanico termico a Bari, Elettrotecnico a Bitetto ed Abbigliamento e moda su entrambe le sedi.

Nota 25 febbraio 2012, Prot. n. 939

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione
Ufficio nono

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano
Bolzano
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento
Trento
Al Sovrintendente degli Studi per la Regione Valle d’Aosta
Aosta
All’Intendente scolastico per la Scuola in lingua tedesca
Bolzano
All’Intendente Scolastico per la Scuola Località Ladine
Bolzano
Ai Presidenti delle Consulte Provinciali degli Studenti
Ai Dirigenti scolastici
LORO SEDI

Oggetto: “Generazione Euro. Settimana dedicata alla cittadinanza europea e all’educazione finanziaria dei giovani”