Sentenza Consiglio di Stato 12 settembre 2012, n. 4834

N. 04834/2012REG.PROV.COLL.
N. 06199/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 6199 del 2012, proposto da: 
Mariagrazia Iavarone, rappresentata e difesa dall’avv. Eliseo Laurenza, con domicilio eletto presso Angela Fiorentino Studio Abv Legal & Partners in Roma, via E.Q. Visconti, N.11;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE IV, n. 03726/2012, resa tra le parti, concernente esclusione da tutte le prove dell’esame di stato a.s. 2011/2012 presso l’istituto liceo statale S.Pizzi

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 settembre 2012 il Cons. Gabriella De Michele e udito per la parte appellante l’avv. Laurenza;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
Con atto di appello notificato in data 8.8.2012 è stata impugnata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, n. 3726/12 del 6.8.2012, con la quale veniva respinto il ricorso proposto dalla studentessa Maria Grazia Iavarone avverso la propria esclusione dalla prosecuzione delle prove dell’esame di Stato, conclusive dei corsi di istruzione secondaria per l’anno scolastico 2011/2012. Detta esclusione risultava disposta in quanto, alle ore 14.30, la candidata risultava “sorpresa… a copiare da un telefono cellulare palmare”, con conseguente assunzione dei provvedimenti, di cui all’art. 12, comma 5, dell’O.M. n. 41 del 2012. Nella citata sentenza si afferma, in primo luogo, l’applicabilità agli esami di stato delle sanzioni previste per i pubblici concorsi, in caso di violazione delle regole per lo svolgimento della prova, con particolare riguardo all’art. 13 del d.P.R. n. 323/1998 e conseguente carattere vincolato del provvedimento nella fattispecie assunto dalla Commissione, senza che potesse invocarsi alcuna carenza di istruttoria, in presenza di una situazione non contestata in fatto, ed anche in assenza di puntuale annotazione nei verbali di formale avviso ai candidati, circa le conseguenze di condotte come quella sopra descritta.
In sede di appello si sottolinea, viceversa, l’assenza di una normativa di rango primario, che esplicitamente preveda la sanzione di cui trattasi, con incidenza negativa sul diritto allo studio e sull’intero percorso scolastico dell’interessata, pure rilevante ai fini della valutazione conclusiva.
Nella situazione in esame, inoltre, a seguito della proposizione del ricorso di primo grado risulta intervenuta ordinanza cautelare presidenziale n. 917 del 29.6.2012, di ammissione dell’attuale appellante a prove scritte suppletive, in esito alle quali la medesima affrontava anche le prove orali, con esito pienamente positivo (punti 75/100): circostanza, quest’ultima, che avrebbe dovuto essere ritenuta causa di sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione dell’impugnativa.
Premesso quanto sopra – e ritenuti sussistenti i presupposti per emettere sentenza in forma semplificata – il Collegio ritiene fondate ed assorbenti le argomentazioni difensive, riferite al carattere non vincolante della misura repressiva, di cui al citato art. 12, comma 5 dell’O.M. n. 41/2012 ed alla conseguente esigenza che la condotta sanzionabile trovasse più approfondita valutazione, in rapporto alle circostanze di fatto in concreto rilevabili ed all’intero curriculum scolastico della candidata, pacificamente rilevante in sede di esame di maturità, come confermato dall’art. 13, comma 1 del d.P.R. 23.7.1998, n. 323, secondo cui il superamento dell’esame di stato costituisce attestazione delle “competenze, conoscenze e capacità anche professionali acquisite”, tenuto conto dei cosiddetti crediti formativi, acquisiti nel corso degli studi. Nella sentenza appellata, in effetti, si riconduce agli esami di stato, di cui alla norma sopra citata, il contenuto dell’art. 13, comma 4 del d.P.R. 9.5.1994, n. 487, riferito ai concorsi per l’assunzione nei pubblici impieghi, per i quali il carattere vincolante dell’esclusione dal concorso dei candidati che abbiano copiato, in tutto o in parte, i loro elaborati, è anche necessario presidio della “par condicio” dei concorrenti. Quanto sopra non esclude che anche per gli esami di stato possa prevedersi sanzione espulsiva per i candidati che incorrano in condotte fraudolente, come appunto prevede (ad avviso del Collegio legittimamente, tenuto conto delle regole e dei principi generali vigenti in materia) l’art. 12, comma 5, della citata O.M. n. 41/2012; detta norma, tuttavia, non esclude che la sanzione debba essere applicata motivatamente, non prescindendo dal contesto valutativo dell’intera personalità e del percorso scolastico dello studente, secondo i principi che regolano il cosiddetto esame di maturità (cfr., in particolare, la legge n. 425 del 10.12.1997, il cui art. 3 precisa come la prova sia finalizzata accertare “le competenze e le conoscenze acquisite….in relazione agli obiettivi generali e specifici propri di ciascun indirizzo e delle basi culturali generali, nonché delle capacità critiche del candidato”.
Non potevano dunque ignorarsi, nel caso di specie, il brillante curriculum scolastico della candidata (ammessa all’esame con un giudizio che ne evidenziava “le notevoli capacità, il personale vivace interesse e il costante costruttivo impegno”), né le peculiari circostanze, che caratterizzavano il fatto contestato (svolgimento di una delle tracce previste per la prova di italiano e solo al termine di tale prova inizio di un nuovo elaborato, con l’ausilio appunto del palmare, per uno stato d’ansia probabilmente riconducibile anche a problemi di salute, attestati nella nota conclusiva del dirigente scolastico n. prot. 4481 de3l 13.7.2012).
In assenza di tale compiuta valutazione del pur grave episodio contestato, correttamente era stata disposta – col già ricordato decreto del Presidente della IV sezione del TAR Campania n. 717/12 – l’ammissione con riserva della studentessa in questione a prove suppletive, in esito alle quali la medesima risultava promossa con votazione ampiamente superiore alla sufficienza (75/100). Tale esito non giustificava una declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse all’impugnativa, come sostenuto dall’appellante, dovendo ritenersi (nonostante isolati precedenti giurisprudenziali di opposto segno ed in assenza di disposizioni normative eccezionali) che qualunque ammissione con riserva, disposta in sede giurisdizionale, sia condizionata al conclusivo esame di merito dell’impugnativa. Nel caso di specie tale esame non poteva quindi non essere effettuato: nella presente sede, come già in precedenza esposto, con riconoscimento delle ragioni difensive dell’appellante, riferite alla possibilità di consentire una rivalutazione della condotta sanzionabile, in rapporto alla complessiva personalità ed all’effettiva preparazione della candidata. Detta rivalutazione risulta effettuata, con ampia ed esaustiva motivazione nella già citata nota del dirigente scolastico n. 4481/12, in cui si delinea il profilo di una studentessa “corretta, disciplinata e rispettosa delle regole”, in grado di conseguire “risultati sempre più lusinghieri, mettendo in luce uno spiccato spirito critico e originalità nella rielaborazione e nell’approfondimento delle conoscenze”; non manca, peraltro, un esplicito richiamo allo “spiacevole episodio” verificatosi in occasione della prima prova di italiano, in rapporto al quale l’Autorità scolastica riferisce come l’alunna – “profondamente e sinceramente pentita del suo comportamento” – abbia “affrontato con dignità le prove suppletive”, riportando una valutazione del tutto positiva, che deve ritenersi frutto di ampio e ragionevole riesame dell’atto originariamente impugnato.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, la natura degli interessi coinvolti induce il Collegio stesso a disporne la compensazione per i due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello specificato in epigrafe e, in riforma della sentenza appellata, annulla il verbale n. 6 del 20.6.2012, nella parte in cui veniva disposta l’esclusione della ricorrente dalle prove dell’esame di stato, conclusive dell’anno scolastico 2011/2012.
Compensa le spese dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 settembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Protocollo d’Intesa tra Governo della Repubblica italiana e ONU

Protocollo d’intesa tra il Governo della Repubblica italiana e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura relativo al funzionamento in Italia, a Perugia, dell’UNESCO Programme Office on Global Water Assessment, che ospita il Segretariato del World Water Assessment Programme

Parigi, 12 settembre 2012

Concorsi, corsi e ricorsi

Concorsi, corsi e ricorsi

di Ivana Summa

E’ raccapricciante il dibattito di questi giorni sulla prossima emananzione di un concorso, dopo quasi un quindicennio, per reclutare circa 12.000 insegnanti.

Sbalordisce il ministro che con la sua dotta ingenuità ci ripete che il concorso serve per reclutare dei docenti giovani e migliori, per ripristinare il merito e, soprattutto, per tener fede alla Costituzione. E, ovviamente, per migliorare la qualità dell’istruzione.

Sconcerta la reazione dei sindacati di categoria e delle varie associazioni di insegnanti precari inseriti in graduatorie e in fasce di accesso al cosiddetto ruolo (ovvero contratto a tempo indeterminato), che stanno scatenando la guerra per difendere il territorio conquistato giorno per gorno, anno per anno, supplenza per supplenza.

Stupisce il fatto che non si discuta su quale professionalità debba avere oggi un insegnante, ed anzi emerge con chiarezza la vecchia idea di docente erudito fino all’inversimile (si pensi alle domande poste nei test per l’accesso al cosiddetto TFA), riverniciato con un po’ di informatica e di lingua straniera. Il Test preselettivo, poi, non è finalizzato ad intercettare i migliori, bensì a “scremare” la platea di concorrenti. Se lo scopo è questo, un sorteggio effettuato con una metodologia statisticamente testata costerebbe molto meno ed avrebbe gli stessi risultati casuali del test. Tanto per “scremare”.

Proviamo a dar conto del raccapriccio, dello sbalordimento e dello sconcerto che si fonda – mi scuso perché forse non sono né un tecnico né un politico – sul fatto che ho fatto il capo d’istituto per molti anni e in tutti i gradi dell’istruzione, ho fatto formazione e ricerca e credo di avere una qualche competenza (non solo conoscenza) sulle questioni riguardanti la funzione docente e la connessa professionalità.

Dal momento dell’annuncio del concorso a cattedre, sulla stampa nazionale non si contano le pagine dedicate all’imminenza di un evento che finalmente vedrebbe l’ingresso a scuola di bravi insegnanti, e a conferma di ciò si intervistano studiosi ed opinionisti di varia provenienza, tutti cooncordi che un concorso di questo genere sia quanto mai opportuno. Bene, l’esperienza e la ricerca suggeriscono che i bravi insegnanti si riconoscono quando sono a scuola e in classe, a prescindere da come sono stati reclutati, se hanno la patente concorsuale o quella ope legis. Anche gli insegnanti che sono entrati in ruolo provenienti da qualche graduatoria (ogni anno ne avevo almeno un paio) a volte si sono rivelati eccellenti (alcuni provengono da carriere universitarie per loro impercorrebili, da concorsi superati qualche decennio prima, dalla abilitazione all’insegnamento conseguita in una SSIS, da anni di insegnamento nelle scuole paritarie…) e talvolta meno, ma posso fare le stesse affermazioni per gli insegnanti entrati in ruolo con un concorso. Insegnanti, gli uni e gli altri, che magari conoscono bene la loro disciplina ma che possono avere vistose carenze sul piano della relazione educativa o sul piano della didattica, per non parlare di aspetti quali le competenze valutative e la capacità di lavorare con gli altri docenti della stessa disciplina o con i colleghi dei consigli di classe, la capacità di fare ricerca-azione, di comunicare con le famiglie e via di questo passo. Per farsi un’idea di che cosa significhino tali competenze basta leggere l’ art.23 del CCNL 26-5-1999 (poi ripreso da tutti i contratti successivi) che riportiamo per chi l’avesse dimenticato “il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze disciplinari, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica”.

Forse, gli estensori della bozza di decreto per bandire il concorso non l’hanno letto perchè l’accertamento della prova scritta riguarda soltanto “la padronanza delle discipline” mentre quella orale, oltre ad un nuovo accertamento riguardante la suddetta padronanza, accerta “le competenze di trasmissione delle discipline”. E tutto il resto? Diamo per scontato che la professionalità docente sia un’enciclopedia di conoscenze disciplinari e non, invece, un insieme complesso di competenze che si acquisiscono soprattutto con la pratica intelligente dentro una comunità professionale, con l’aggiornamento continuo e con la ricerca? Per non contare il ruolo che hanno la motivazione ad esercitare una professione, l’impegno costante, la consapevolezza di esercitare una funzione sociale rilevante, e perfino la vocazione?

Se, finalmente, si partisse da una concezione dell’insegnare e dell’insegnante di cui ha bisogno la nostra scuola oggi e in futuro, comprendendo che il setaccio iniziale costituto dal concorso è scarsamente correlato con l’esercizio di una professione che da anni chiede di essere ripensata profondamente, allora si capirebbe che il nuovo concorso recluterà, con la vecchia/nuova modalità concorsuale, insegnanti già “vecchi” sia per come è stata pensata ab imis la professione sia perchè, per i titoli di accesso richiesti, saranno favoriti docenti dall’età anagrafica di una certa consistenza.

Se non si mettono a fuoco gli obiettivi da perseguire non si comprende neanche come perseguirli, e allora si antepone la soluzione (il concorso) per risolvere problemi che non sono stati “istruiti” inizialmente. E non ci vuole nè un astrologo nè un profeta per prevedere che si creeranno nuovi problemi: nuove spese (i concorsi costano!), nuovi precari, nuovo contenzioso e via di questo passo. Si rimanderà la valutazione di quelli in servizio ipotizzando chesiano già bravi e/o che non si possa fare nulla per coloro che manifestano carenze nell’esercizio quotidiano della professione docente? E, allora, come si pensa di investire sul capitale professionale esistente nelle nostre scuole che, se non adeguamente supportato con investimenti per sostenere la formazione in servizio, è destinato a diventare obsoleto anche se adesso fosse eccellente? L’insegnante deve continuare ad investire da solo e con i propri soldi per uno sviluppo professionale che, pur restando patrimonio del singolo, di fatti rientra in circolazione come patrimonio della scuola? Possiamo provare a premiare quelli che valutiamo essere bravi (a proposito, a cosa è servito il progetto “Valorizza”?) e non facciamo nulla per aiutare tutti i docenti a diventare bravi perchè tutti gli studenti hanno diritto ad avere insegnanti di alto livello. E’ questa la giostra che abbiamo messo in moto da alcuni decenni e che in questi ultimi anni continua a girare senza senso!

Che fare, dunque? La soluzione sarebbe a portata di mano e migliorerebbe la situazione della scuola, tutelando il precariato e facendo, contemporaneamente, il concorso. Infatti, basterebbe porre mano alla normativa riguardante il cosiddetto “periodo di prova” e “l’ anno di formazione ” – risalente, peraltro, ai decreti delegati del 1974, aggiornata ed integrata di anno in anno con apposite circolari – si comprende subito che l’uno e l’altro sono mere formalità che, salvo casi eccezionali, si concludono con il passaggio in ruolo. Perchè, ad esempio, non si interrompe questa ritualità e si riorienta il servizio prestato nell’anno di formazione e di prova dai docenti precari annualmente immessi in ruolo, facendolo concludere con un vero e proprio concorso? Un concorso in cui un team di valutatori – non una commissione costituita da docenti in pensione – valuta per davvero il servizio prestato (ciò, inoltre, potrebbe rappresentare anche un’utile esperienza per mettere a punto un modello di valutazione per gli insegnanti già in servizio) in relazione a tutte quelle competenze richieste dal profilo professionale contrattualmente previsto e molto coerente con la professionalità docente che serve davvero nelle nostre scuole.

La scuola oggi attraversa una fase epocale di transizione che per certi aspetti prescinde dalle recenti riforme ordinamentali perchè coinvolge tutti i sistemi formativi e non solo del nostro paese, perchè riguarda la funzione educativa della scuola prima ancora della funzione di istruzione, perchè per molti versi ha a che vedere con un nuovo modello di sviluppo economico e con il destino dell’uomo e del nostro pianeta.

Ma se occorre molto coraggio per pensare il nuovo, quanto ne occorre per realizzarlo? Forse troppo per chi ci governa, e allora è meglio puntare su meccanismi già collaudati anche se sappiamo che funzioneranno poco e male.

 

Nota 12 settembre 2012, Prot. n. AOODGPER 6677

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’istruzione

Direzione generale per il personale scolastico

Ufficio III

 

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali

LORO SEDI

 

Oggetto: Anno scolastico 2012/2013 – Istruzioni e indicazioni operative in materia di supplenze al personale docente, educativo ed A.T.A.