18 dicembre XI Giornata Europea dei Genitori della Scuola

D.G. per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione

XI Giornata Europea dei Genitori della Scuola

Sala della Comunicazione, MIUR – Viale Trastevere 76/a
18 Dicembre 2012 ore 16.00-18.30

Presentazione delle LINEE DI INDIRIZZO
”Partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa”

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in accordo con le Associazioni Nazionali dei Genitori componenti il FONAGS, ha celebrato il giorno 18 dicembre 2012 a Roma, presso la Sala della Comunicazione la “Giornata Europea dei Genitori della Scuola”.

La manifestazione, promossa come consuetudine in collaborazione con il Forum Nazionale dei Genitori della Scuola, è stata incentrata sulla presentazione delle LINEE DI INDIRIZZO “Partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa” redatte in collaborazione con il FONAGS. L’evento, che ha avuto carattere prevalentemente divulgativo e informativo, ha ribadito la necessità della condivisione della corresponsabilità tra le diverse agenzie educative ed ha inteso promuovere la partecipazione attiva dei genitori alla vita della scuola, sancita ogni anno dalla firma del Patto con la scuola.

Oltre al Ministro Francesco Profumo e al Capo Dipartimento per l’Istruzione dott.ssa Lucrezia Stellacci, sono intervenuti il dott. Francesco Avvisati, ricercatore OCSE, che ha illustrato i risultati di un’analisi comparata a livello europeo sulla partecipazione dei genitori e la prof.ssa Chiara Sità, docente alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Venezia.

I Presidenti delle Associazioni che compongono il FONAGS sono intervenuti durante il dibattito a conclusione dei lavori, ponendo una domanda al Ministro a nome dell’Associazione che presiedono. Tale iniziativa, quindi, ha rappresentato un momento di confronto tra le due principali agenzie educative a conferma di quella fattiva collaborazione che lega la Scuola alle famiglie e che viene sancita ogni anno con la firma del Patto di Corresponsabilità.

XI Giornata Europea dei Genitori della Scuola

18 Dicembre 2012 ore 16.00

Presentazione delle LINEE DI INDIRIZZO

“Partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa”

Programma

16.00       Lucrezia Stellacci – Capo Dipartimento per l’Istruzione

16.20       Francesco Avvisati – Analista delle politiche di istruzione, OCSE
“La partecipazione dei genitori a scuola: uno sguardo internazionale”

16.40       Chiara Sità – Ricercatrice di Pedagogia, Facoltà Scienze della Formazione, Università di Verona
Costruire un territorio comune tra genitori, insegnanti e studenti
Aspetti educativi connessi con le pratiche di partecipazione e corresponsabilità”

17.00       Rosaria D’Anna – Coordinatore FORAGS Campania

17.15       Fabrizio Azzolini – Coordinatore FORAGS Veneto

17.30       Interviene il Ministro Francesco Profumo

A seguire Tavola Rotonda con i Presidenti delle Associazioni dei Genitori del FONAGS

Tutta colpa di…

Tutta colpa dei testi narrativi, del “singhiozzo statistico”, dei “nativi digitali”, della popolazione scolastica più debole

di Cosimo De Nitto

Sul Corriere della Sera Alessandra Mangiarotti cerca di riflettere sul “Perché le nostre bambine leggono peggio di 5 anni fa” come segnala l’IEA con le sue rilevazioni che servono a compilare la classifica PIRLS. Nell’articolo si intervistano Mauro Palumbo, sociologo, e la scrittrice Chiara Gamberale, per due passaggi veloci e, soprattutto, viene affidato a Roberto Ricci il compito principale di un’analisi dettagliata del perché le bambine leggono peggio di 5 anni fa.

Se prima di aver letto questa intervista di Roberto Ricci, responsabile dell’area prove dell’Invalsi, ero solo per una diversa gestione e funzione dell’INVALSI, dopo averla letta sono per la totale chiusura e bonifica dell’Istituto, capendo sempre più quanto male facciano questi signori alla scuola, quanta responsabilità hanno dell’arretramento della stessa, dell’insignificanza della loro azione basata sull’incapacità di “leggere”, interpretare la realtà  scolastica, indicare soluzioni sistemiche strutturali.

Che la lettura della realtà debba ancora farla l’IEA dimostra l’inutilità di un INVALSI strumento di propaganda delle sciagurate politiche ministeriali, che non fa ricerca, ma ha solo la pretesa di divenire strumento di “valutazione” meritocratica, ripeto “pretesa” di fornire indicazioni e indirizzi per “orientare” il sistema scolastico, ruolo che non gli compete. Ho ascoltato con le mie orecchie al convegno  nazionale del GISCEL un altissimo funzionario e dirigente dell’INVALSI affermare che i questionari “riformano” la scuola più di qualsiasi intervento legislativo.

A chi addebita l’arretramento delle capacità di lettura dei bambini e delle bambine della 4 elementare il nostro Ricci?

1) Al fatto che nell’educazione alla lettura le scuole, e gli insegnanti, si basano solo sui “tradizionali testi narrativi” e ignorano altre tipologie testuali come i testi informativi, giornalistici, iconici. Su che basi fa questa affermazione il Ricci non si sa, non lo dice. L’INVALSI ha fatto dei rilevamenti, studi, ricerche finalizzate, o si è occupato solo dei quiz? Le abilità linguistiche sono 4: ascolto, parlato, lettura, scrittura, va ricordato, qui se ne prende in  esame solo una. La varietà delle tipologie testuali è al fondamento dell’educazione non solo alla lettura, ma linguistica in generale. A me risulta che la maggior parte degli insegnanti comincia a lavorare proprio con i testi descrittivi, narrativi e informativi, che oltre tutto sono i più semplici da capire e da costruire. Non possiamo addebitare nessuna colpa al testo narrativo che resta fondamentale in questo ordine di scuola, come gli insegnanti della primaria sanno bene. I testi “giornalistici”, poi, bisognerebbe specificare quali, perché sono tanti e di diversissima specie, compresa quella molto difficile del testo argomentativo. Ovviamente resta fuori il testo poetico-letterario considerato dai nostri rilevatori una follia da evitare in una società del mordi e fuggi, del fast food consumato in piedi, del Mc Donald’S tutto hamburger e hot dog, e, per digerire, “pillole” della cultura. Una visione riduttiva e pragmatica della lingua che fa da pendant ad una visione economicistica, produttivistica, aziendalistica della cultura.

2) Al “singhiozzo statistico”. Non mi intendo di singhiozzi e meno che mai di quelli statistici, ma forse vuol dire che capita che una infornata di ragazzini possa venire meno attrezzata per colpa della statistica. Per cui necessariamente i bambini devono essere meno bravi, non potendo smentire la statistica. Sono dunque i bambini che si devono adeguare alla statistica, non il contrario. Che bel determinismo!)

3) A “Una diversa predisposizione delle nuove generazioni”. Ecco, ritorna la storia dei “nativi digitali” che all’occorrenza diventano, vuoi “i nativi tecnologici”, vuoi “i nativi analfabeti”. Spero che un giorno si mettano d’accordo e magari li definiscano solo “bambini”, come sono sempre stati nel tempo e negli ambienti che (qui sì purtroppo) “a singhiozzo” mutano, a seconda del contesto socio-economico in cui sono vissuti e vivono.

4) Al quarto punto la colpa viene data alla “popolazione scolastica più debole” che, pur nel suo diritto ad essere aiutata e portata avanti (come è buono lei, Dr. Ricci!) ha tuttavia causato l’appiattimento verso il basso. Chi sono i soggetti che compongono la “popolazione scolastica più debole”? I diversamente abili, tutti coloro che accusano DSA (dislessia, disgrafia, discalculia, ipercinesia, ecc.), coloro che accusano ritardi e difficoltà di adattamento linguistico e culturale come gli extracomunitari, i rom ecc., coloro che provengono da luoghi e ambienti sociali degradati, coloro che provengono da situazioni familiari molto compromesse ecc.. A tutte queste categorie di bambini che costituiscono spesso parte preponderante delle classi, il Ricci aggiunge anche i maschietti che si classificano solo su base di genere, e il gioco è fatto. Tutte le bambine che non fanno parte delle categorie sopracitate, sono dunque arretrate perché la scuola ha seguito gli altri ed ha abbandonato loro. Quindi la colpa di tutte le colpe per cui le  bambine sono peggiorate è della “riduzione del divario tra i sessi”. Gli insegnanti hanno livellato al ribasso (maschietti con l’appoggio dei disgraziati) anziché al rialzo (femminucce fortunate). Roba da matti!
Al di là dell’inconsistenza delle ragioni e spiegazioni addotte dal Ricci colpisce l’assoluta contraddittorietà e mancanza di respiro di questa presunta analisi. Sono del tutto ignorate le condizioni oggettive e strutturali, sono ignorate le influenze che possono aver avuto le cosiddette “riforme” Moratti-Fioroni-Gelmini-Profumo dal 2001 ad oggi.

A tale proposito avrei delle domandine da porre.

  • Sull’apprendimento e insegnamento ha influito o no la soppressione del modulo, e quindi dell’insegnamento specialistico dell’Italiano da parte di un sola insegnante?
  • Sull’apprendimento e insegnamento ha influito o no lo stravolgimento del tempo scuola a cominciare dal “tempo pieno”?
  • Sull’insegnamento e apprendimento ha influito o no l’aumento degli alunni per classe?
  • Sull’insegnamento e apprendimento ha influito o no la riduzione del sostegno, dell’integrazione del recupero del disagio?
  • Sull’insegnamento e apprendimento ha influito o no la mancanza di aggiornamento disciplinare e, in genere, col “maestro unico” o “prevalente” si è ridotto o no il tempo scuola mentre aumenta il tempo per progetti e progettini di dubbia validità culturale che sottraggono ore all’Italiano?
  • Sull’insegnamento e apprendimento ha influito o no lo stravolgimento del sistema di valutazione con l’introduzione del voto numerico, che è un assurdo
    pedagogico almeno nella scuola primaria?

At last but not last

  • Sull’insegnamento e apprendimento ha influito o no l’INVALSI che con le sue prove ha sottratto tempo, denaro, attenzione ai compiti primari della scuola, almeno a quella del “leggere, scrivere e far di conto”?

Per non parlare poi di una scuola che va oltre l’elementare leggere, scrivere e far di conto.

Bozza di nuove classi di concorso

CONFERENZA DEI PRESIDENTI DEI CONSIGLI DI CORSO DI LAUREA DI AREA CHIMICA ASSOCIAZIONE INSEGNANTI CHIMICI
COORDINAMENTO DOCENTI DI DISCIPLINE SCIENTIFICHE E TECNOLOGICHE GRUPPO DOCENTI DI CHIMICA E TECNOLOGIE CHIMICHE

Corrispondenza a: gruppo docenti di chimica e tecnologie chimiche

Al Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione
Al Ministro dell’Istruzione, Prof. Francesco Profumo
Al Capo Dipartimento per l’Istruzione, dott.ssa Lucrezia Stellacci Alle Organizzazioni Sindacali
A chiunque possa essere interessato

OGGETTO: comunicazioni urgenti su bozza di nuove classi di concorso datata 08/11/2012 : allegati A, B, E inviati al consiglio nazionale della pubblica istruzione per il prescritto parere.

Gentile Ministro, egregi membri del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione,

premesso che, dalle ultime bozze di classi di concorso (datate 08/11/2012 e rese note in vari siti scolastici e sindacali ed inviati al consiglio nazionale della pubblica istruzione per il prescritto parere), rileviamo con grande preoccupazione che:

1) nell’allegato B permane la situazione delle precedenti bozze del 15/5/12, con l’assenza da tutti i licei della classe di concorso 25-A (denominata scienze e tecnologie chimiche, assegnata in tale allegato ai docenti per la quasi totalità laureati in discipline chimiche della attuale classi A013, A012, A066) e con l’insegnamento “scienze naturali”, che comprende le tre distinte e distinguibili discipline chimica e scienze della terra e biologia, attribuito alla sola classe di concorso a-40 (denominata scienze naturali, assegnata agli attuali docenti, per la quasi totalità non laureati in discipline chimiche, della classe A060).

Notiamo viceversa che l’insegnamento “scienze naturali” nel solo allegato A viene assegnato in atipicità (possibilità per due diverse classi di concorso di insegnare la stessa disciplina) alle classi A-25 ed A-40.

A questo riguardo, chiarendo che consideriamo ogni atipicità per le distinte discipline scientifiche chimica e scienze della terra e biologiche assolutamente negativa per la qualità dell’insegnamento scientifico, rileviamo che questa atipicità non risolverebbe assolutamente il problema della attualmente scarsa (vedi dati OCSE-PISA) qualità dell’insegnamento scientifico nei nostri licei, in particolare dell’insegnamento della chimica, in quanto non garantirebbe negli organici dei licei la presenza, da subito, dei docenti chimici della attuale A013-futura A-25, che di fatto entrerebbero solo in misura limitata e solo tra qualche lustro nei nuovi licei.

In pratica si perpetuerebbe così, per molti lustri, se non per decenni, l’assurda situazione, che la scuola e le università italiane, e nemmeno il Paese si possono più permettere, per effetto della quale la chimica nei licei italiani non verrebbe insegnata dai laureati in discipline chimiche (A013- futura A-25), contrariamente a quanto avviene negli istituti tecnici e professionali italiani e nelle migliori realtà scientifiche scolastiche del mondo (dalla Svizzera alla Corea, alla Cina, all’India, agli Stati Uniti, cfr dati OCSE-PISA e Olimpiadi della chimica), ma, paradossalmente nei soli licei, anche scientifici, si assisterebbe passivamente per anni ad un anacronistico quanto deleterio monopolio dell’insegnamento della chimica affidato ai docenti per la maggior parte non laureati in chimica ma in scienze biologiche o naturali della classe A060-futura A-40.

2) dall’allegato E, che elenca, per ciascuna classe di concorso di cui all’Allegato A, le abilitazioni o idoneità di cui alle Tabella A e D allegate al DM 39/1998 che danno diritto alla partecipazione ai concorsi di cui all’articolo 400 del Testo Unico, risulta che le classi di concorso per l’accesso tramite detti concorsi, paradossalmente per entrambe le nuove classi A-25 (scienze e tecnologie chimiche) e A-40 (scienze naturali) sarebbero:

la A013 chimica e tecnologie chimiche (laureati in discipline chimiche), la A012 (poco numerosa, laureati in discipline chimiche o agrarie), la A066 (laureati in discipline chimiche), e la A060 (per la maggior parte laureati in scienze naturali o biologiche),
cfr. http://archivio.pubblica.istruzione.it/argomenti/concorsi/classea2.html.

In pratica potrebbe quindi presto avvenire che un laureato in scienze naturali (uno o due esami chimici), che fosse in possesso di abilitazione nella A060 potrebbe accedere tramite successivo concorso alla classe A-25 e potrebbe dover insegnare l’analisi chimica o le tecnologie chimiche industriali in istituti tecnici ad indirizzo chimico (quali futuri periti chimici ne verrebbero fuori per la nostra industria?). Ci sembra un’ulteriore assurdità, visto che per diretta conoscenza siamo certi del fatto che la preparazione di anni di studi chimici specifici non possa in nessun caso essere surrogata dal superamento di qualche prova concorsuale.

Ci pare quindi ovvia l’assurdità delle situazioni di cui ai due punti 1) e 2), e ci sembra necessario dare una chiara risposta a questo che, all’interno del provvedimento delle nuove classi di concorso, nei fatti risulterebbe un oggettivo quanto miope ed irragionevole attacco alla qualità dell’insegnamento della chimica, ma anche alla qualità della scuola: ripetiamo che nelle migliori esperienze didattiche al mondo, a livello di scuola secondaria di secondo grado, la biologia la insegna il biologo e la chimica il chimico, ferma restando la nostra comprensione e non opposizione a provvedimenti straordinari annuali del Ministero finalizzati a scongiurare il sovrannumero di docenti di materie scientifiche mediante la loro utilizzazione o assegnazione provvisoria su discipline scientifiche “affini”, fino ad assorbimento degli esuberi mediante pensionamenti non differibili oltre il minimo assegnato dalla normativa.

SEGNALIAMO PERTANTO LA NECESSITA’ E L’URGENZA CHE A DETTE BOZZE DI NUOVE CLASSI DI CONCORSO DATATE 08/11/2012 VENGANO APPORTATE LE SEGUENTI MODIFICHE:

1) ALLEGATI A e B:
– nell’attesa e/o in subordine al fatto che in tempi successivi venga attuata dal Ministero una

modifica da parte del Consiglio dei Ministri dei regolamenti del 04/02/10, nella quale si disponga che nei nuovi licei, scientifico tradizionale, scienze applicate e classico, l’insegnamento “scienze naturali” venga ridenominato in due distinti insegnamenti “scienze naturali (Chimica)” [da affidare ai soli docenti chimici della futura A-25] (2° e 4° anno), e “Scienze naturali (Scienze della Terra e Biologia)” [docenti A060-futura A-40] (1°, 3° e 5° anno) in analogia a quanto previsto per gli istituti tecnici e professionali per le “scienze integrate”,

che si proceda nell’immediato alla modifica delle bozze di nuove classi di concorso per l’insegnamento datate 08/11/12, con l’affidamento negli allegati A e B dell’insegnamento “scienze naturali”, limitatamente al 2° e 4° anno dei licei scientifico tradizionale, scienze applicate e classico, ai soli docenti chimici delle attuali classi A013, A012, A066-futura A-25 e i restanti 1°, 3° e 5° anno ai soli docenti naturalisti e biologi A060-futura A-40, risultandone in questo modo la certezza di organici liceali in cui sia presente a tutti gli effetti la classe A013-futura A-25, e dunque docenti chimici di ottimo livello internazionale, come dimostrato da ripetuti recenti Awards.

– Per gli Istituti Tecnici e Professionali, nel ribadire la necessità che tutti gli insegnamenti con contenuti a carattere chimico siano affidati solo ai docenti laureati in discipline chimiche della futura A-25, chiediamo che negli Istituti Tecnici Tecnologici, indirizzo “Chimica, Materiali e Biotecnologie”, articolazione “biotecnologie ambientali”, limitatamente al solo 5° anno, l’insegnamento “biologia, microbiologia e tecniche di controllo ambientale”, venga assegnato, con modifica alle bozze di tabelle di classi di concorso A e B, ai soli docenti della classe A013- futura A-25, gli unici a possedere le competenze chimico fisiche ed impiantistiche previste sia dal profilo in uscita dei diplomati che dai contenuti della disciplina previsti per il 5° anno di tale insegnamento.

2) ALLEGATO E: per evitare il fatto che docenti non laureati in discipline chimiche possano in un prossimo futuro essere titolari di insegnamenti chimici da sempre nelle competenze dei soli docenti A013 come ad esempio l’analisi chimica o le tecnologie chimiche industriali nei corsi chimici è infine assolutamente necessario che le classi di concorso per l’accesso siano, anche per l’allegato E, quelle riportate nell’allegato B, e cioè, per la 25-A le vecchie classi A013, A012 ed A066 e per la A- 40 la vecchia classe A060.

Vi ringraziamo per l’attenzione e rimaniamo a disposizione per qualunque ulteriore chiarimento, spiegazione, motivazione o approfondimento di quanto da noi proposto.

Cogliamo l’occasione per tornare a chiedere al Ministro Prof. Francesco Profumo di voler accettare il nostro ripetuto invito ad un incontro, prima della firma del nuovo provvedimento sulle nuove classi di concorso.

 

CONFERENZA DEI PRESIDENTI DEI CONSIGLI DI CORSO DI LAUREA DI AREA CHIMICA Prof. Ugo Claudio Matteoli

ASSOCIAZIONE INSEGNANTI CHIMICI – Prof. Giorgio Cucciardi

COORDINAMENTO DOCENTI DI DISCIPLINE SCIENTIFICHE E TECNOLOGICHE – Prof. Rosario Saccà

GRUPPO DOCENTI DI CHIMICA E TECNOLOGIE CHIMICHE – Prof. Michele Borrielli

 

Concorso a cattedre: si conferma il bluff a danno dei precari

Concorso a cattedre: Pantaleo, si conferma il bluff a danno dei precari

Dichiarazione di Domenico Pantaleo, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.

Il concorso dei docenti, come era prevedibile, è un colossale inganno nei confronti dei concorrenti e dei precari.
Nei test d’ingresso non vi è alcun rapporto con la misurazione delle competenze professionali, didattiche e pedagogiche. In realtà si è trattato di un meccanismo esclusivamente finalizzato a tagliare il più possibile il numero dei concorrenti. Una lotteria a premi che umilia la scuola pubblica.

È l’ultima prova della incapacità del Ministro Profumo nella gestione delle politiche per i settori della conoscenza.
Al prossimo Governo chiederemo un piano di stabilizzazione per i precari e nuove regole per il reclutamento per ristabilire un effettivo rapporto tra il miglioramento della qualità della scuola pubblica, gli organici, il superamento del precariato e il rinnovamento generazionale dei docenti. Un concorso con queste modalità e finalità non deve più ripetersi!

Primo comandamento: studia e applica le regole del sistema scolastico

Primo comandamento: studia e applica le regole del sistema scolastico

di Enrico Maranzana

 

Il presidente della fondazione Agnelli Andrea Gavosto il 18/12 ha rilasciato un’intervista al sussidiario.net  riguardante la secondaria di primo grado.

Il testo postula l’irrilevanza sia della progettazione dei percorsi d’apprendimento, sia del sistema di regole che presiede l’attività scolastica.

La fondazione Agnelli è uno degli interlocutori privilegiati del ministero:  è necessario stigmatizzare la sua linea di pensiero per eliminare dalla scena tutti gli elementi di confusione, causa prima del mancato riconoscimento e rimozione degli ostacoli che impediscono l’ammodernamento della scuola.

 

“Ad un modello di scuola accogliente e inclusivo qual è quello delle elementari, si contrappone un modello segmentato per discipline (..)  viene meno una programmazione comune dell’insegnamento; prevale la lezione frontale”.

Un’asserzione avventata: il modello di scuola che la legge ha disegnato è unitario, finalizzato, sinergico: “Nella loro differenziata specificità le discipline sono, dunque, strumento e occasione per uno sviluppo unitario, ma articolato e ricco, di funzioni, conoscenze, capacità e orientamenti indispensabili alla maturazione di persone responsabili e in grado di compiere scelte. Si tratta del resto di soddisfare l’esigenza che il preadolescente manifesta, passando da esperienze di vita più globali e di cultura più indifferenziate, proprie della scuola primaria, a quelle più articolate e specifiche della scuola secondaria di primo grado, sulla linea della necessaria e appropriata pluralità delle discipline e dei contributi che esse forniscono”.

Un’asserzione che deriva da un approccio al problema riduttivo, semplificante, errato: si focalizza esclusivamente la prassi didattica corrente, si trascura il fatto che l’insegnamento è da inserire all’interno d’itinerari educativi, formativi, d’istruzione.

Un asserzione viziata dall’assenza d’una visione sistemica.

Un’asserzione da cui traspare la scuola d’inizio novecento fondata sulla trasmissione delle conoscenze. L’istituzione scuola, invece, è orientata alla promozione e al consolidamento delle capacità e delle competenze dei giovani, capacità e competenze che  sono la sostanza dell’apprendimento. La conoscenza è “lo strumento e l’occasione” per ideare, realizzare e gestire i processi di crescita degli studenti.

Un’asserzione che non inquadra il problema: le capacità e le competenze non possono essere insegnate, si acquisiscono con l’esercizio, praticandole.

Un’asserzione che occulta il bubbone che infetta il servizio: il mancato rispetto delle regole.

 

“Nella scuola media ci sono i docenti più anziani in assoluto, abbiamo una serie di elementi i quali messi insieme danno un risultato che non va bene”.

Uno slogan oggi di moda che, se applicato, avrebbe portato alla rottamazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

 

“Rispetto alle prove standardizzate   i miglioramenti relativi sono senz’altro da attribuire al lavoro fatto in proposito dai docenti e al fatto che gli studenti sono più esercitati e aperti a prove di questo tipo”.

Un’asserzione da cui traspare la mancanza della cultura sistemica. Come, si può pensare d’innalzare la qualità del servizio attraverso il “teaching for the test”?

Rimando in rete a “Coraggio! Organizziamo le scuole”  per vedere in quale direzione è da orientare il cambiamento.

 

“L’autovalutazione non basta”

Nella scuola non esiste autovalutazione: il presupposto di ogni forma di controllo è l’enunciazione degli obiettivi in termini di osservabilità. Se fossero stati presi in esame alcuni POF sarebbe apparsa in tutta evidenza come nei piani delle scuole le finalità del sistema educativo di istruzione e di formazione non siano stati raffinati e non riformulati sotto forma di comportamenti osservabili.

 

“Occorre immaginare una scuola strutturata diversamente da quella del mattino, a prevalenza di lezione frontale

Una proposta che riafferma la filosofia del direttore della fondazione: difendere il tradizionale, obsoleto modello di scuola d’inizio novecento.

 

“La polemica sulle 24 ore è stata un’occasione mancata. (..)  Un fatto è certo: l’attuale sistema non garantisce la qualità della scuola. Ancora meno della scuola media”.

Una tipica applicazione del proverbio “mettere il carro davanti ai buoi”. L’orario dei docenti non è una variabile astratta, esso deriva dal assetto organizzativo in cui i docenti sono collocati. Sarebbe stata sufficiente una veloce lettura dei POF per constatare come la prevista progettazione organizzativa sia lettera morta: anche in questo caso è stato occultato uno dei nodi critici che ammorba il servizio.

Sarebbe buona cosa che gli istituti di ricerca si limitassero all’osservazione e alla divulgazione delle risultanze dal lavoro scolastico: le problematiche dell’apprendimento non appartengono alla loro cultura.

L’assenza di professionalità dei docenti ha consentito l’invasione di campo di cui si è trattato.

 

«Anni in cattedra buttati» Ma è promosso l’ingegnere

da l’Unità

«Anni in cattedra buttati» Ma è promosso l’ingegnere

MariaClaudia e Giuseppe, 44 e 42 anni, sono marito e moglie. Le prove preselettive del concorsone le hanno fatte entrambi. Stesso turno. E le hanno passate. Escono soddisfatti e speranzosi sebbene nessuno dei due sia insegnante. Lei, una laurea in ingegneria informatica, non ha lavoro. Lui è un libero professionista che «non vive più». «Io faccio ogni concorso che esce in Italia – spiega MariaClaudia – ma non c’è modo di trovare un impiego. Non mi aspetto niente per il futuro, solo una dignitosa terza Repubblica». Sente una insegnante che invece non ha passato il quiz, «34.5», dice ad alta voce (il minimo per accedere alla seconda prova era 35/50) e s’infila in macchina, «ho tre figli che mi aspettano». Il quizzone era stato contestato a lungo in questi mesi. Lo avevano detto in tanti. Nelle piazze come professori esperti: non serve a testare le capacità d’insegnamento e la preparazione sulla materia del docente. «Umilia la nostra professionalità», avevano urlato i precari durante la lunga fase di mobilitazione. «Siamo già formati», dicevano elencando le abilitazioni conseguite in passato per insegnare, dai concorsi del ’93 e del ’99 alle Siss, alle lauree in Scienze della Formazione. Quello che forse ieri non avevamo messo in conto è che le prove preselettive le avrebbe passate, legittimamente, anche chi insegnante non è. E di conseguenza sarebbe rimasto fuori chi magari è in aula da 15 anni. Come A., insegnante in due licei di Civitavecchia. Ogni giorno pendolare da Roma. Ha fatto la Siss, 13 anni di precariato, per 0.5 (una risposta sbagliata), è fuori. Nella sua sessione c’era anche L., professionista, che invece è passato. «Non ho mai pensato a lavorare nella scuola – spiega ma da quando c’è la riforma delle pensioni Fornero l’idea di dover lavorare con i ritmi dell’azienda privata fino a 68 anni mi ha fatto pensare di provare la scuola come sbocco». Lo stesso Enrica, 38 anni, attrice di teatro. «È un posto di lavoro in un momento di crisi», dice. «Partecipare al concorso anche se non si insegnanti precari è un’ aspirazione legittima – commenta Massimo Gargiulo del Cps (Coordinamento Precari Scuola) ma l’idea della scuola come posto dove si fatica meno è una bugia abnorme che ormai è stata fatta passare. Il fatto è che uno che ha sempre lavorato nella scuola magari rimane fuori per una risposta sbagliata a un quiz e ritorna nelle graduatorie da cui sempre meno assumeranno e chi ha fatto altri percorsi nella vita, legittimi, sarà più facilitato per il tipo di formazione a passare il quizzone». Anche Massimo ha fatto le prove e ieri mattina, come tanti altri, si è presentato nella sua classe di sessione con la maglietta dei precari della scuola in lotta, «la nostra è una presenza di continua denuncia e lotta anche dentro al concorso». Dalla scuola Virginia Woolf escono Rita e Alessandra. La prima, maestra da 13 anni, ha sbagliato 13 risposte. È furibonda. «Io sarei dovuta già essere di ruolo, a quest’ora. Come mi devo sentire ora che un quiz mi ha bocciata? Che hanno bocciato 13 anni del mio servizio di insegnamento per lo Stato?. È tutta una farsa». Alessandra, invece l’ha passato. Insegna italiano alle superiori da 15 anni ed è una delle prime in graduatoria. «Ero arrivata, m’ha fregata il concorso, tra l’altro le leggi cambiano sempre e non si sa mai, ma è una buffonata: io non insegno le cose che mi hanno fatto fare». «Avessero chiesto cosa vuole dire vivere da precario: nessun mutuo, nessun progetto, o insegnare da precario: curi una classe per un anno, poi il successivo altra scuola, altri colleghi, altri programmi, a 20 chilometri da casa come a 200». «Questo concorso non s’aveva da fare – conclude Alessandra – i posti c’erano». Eduardo è membro della commissione concorsuale in una delle scuole di Roma Est. Professore di matematica da 30 anni, all’uscita scuote la testa: «non è questo il modo di selezionare gli insegnanti». Aggiunge la sua collega, «e poi un minuto a domanda era poco perché erano insidiose, andavano lette attentamente perché spesso la frase era ambigua». «Ho fatto il concorso a cattedra 30 anni fa – continua Eduardo – sulla mia materia. Oggi mi piange il cuore perché vedo tanti colleghi precari bravi che andranno a casa per una domandina sbagliata». Valentina, 34 anni, Siss e precariato, è passata con il minimo ieri mattina a Latina. «Sono insegnante di latino e greco ma provo sulle scuole medie perché per lettere classiche c’è poco spazio». «La cosa più triste è stata vedere all’uscita la reazione di tanti colleghi bocciati, è mortificante essere selezionati in questo modo». «Io continuerò a protestare contro questo concorso perché rientra in un piano di tagli e svilimento dei lavoratori del settore pubblico, come ha lasciato intendere Patroni Griffi: siamo troppi. Per me la mobilitazione è appena cominciata».

Facili o surreali I quesiti logici per tipi da sudoku

da Corriere della sera

Facili o surreali I quesiti logici per tipi da sudoku

Più che ai due velocisti (cinquanta domande in venti minuti), la mia ammirazione va ai 2.812 candidati con un’età superiore ai 55 anni. Decidere di sottoporsi, in quel momento della vita, al fuoco di fila delle domande ministeriali sfiora l’eroismo. Un eroismo, immagino, molto ironico o molto nervoso. Provate a mettervi nei panni di chi ieri — avendo già anni di insegnamento precario ma effettivo alle spalle — si è trovato a rispondere su cos’è un touchscreen o qual è la prima pagina caricata all’avvio di un browser. Fin lì avrà sorriso. Ma quando la possibilità di avere una cattedra è rimasta appesa alle sorti di un tipo che domenica scorsa non è andato al mare, non dev’essere stato divertente. «Quale delle seguenti affermazioni permette di concludere logicamente che “domenica scorsa non sono andato al mare”?», e giù una quaterna di ipotesi di fronte alle quali perizia logica e perizia psichiatrica se la battono. Nella loro algida pretesa di obiettività, i quiz di questo genere hanno sempre qualcosa di surreale. Imponendo i meccanismi della cosiddetta logica, perdono di vista il senso della realtà. Tant’è: i test del governo tecnico non potevano che essere «tecnicistici», spostando l’asse un po’ a favore di menti matematiche, allenate dai sudoku, dai «brain trainer» o, più probabilmente, arrese alla necessità di esercitarsi sui simulatori. In effetti, improvvisare un concorso del genere è difficile. Come selezionare fra decine di migliaia di candidati? Il punto è sempre questo, e a porre obiezioni sui criteri non ci vuole molto. Se mi chiedessero però di proporre un’alternativa, confesso che sarei in imbarazzo. D’altra parte, offrire un colloquio a 320 mila persone non è plausibile. Tuttavia, continuo a chiedermi se — per consentire a un essere umano di insegnare una materia (mettiamo letteratura) ad altri esseri umani — sia opportuno pretendere che risponda non tanto su cos’è Google (la famigerata cultura generale!), ma al seguente quesito: «Se la lettera N identifica una qualunque cifra (singola), la lettera P identifica una qualunque cifra (singola) pari e la lettera D identifica una qualunque cifra (singola) dispari, allora il prodotto tra i numeri NP e PD sarà certamente un numero…», con ciò che segue. Comprendere un testo firmato da Garibaldi o da Bauman, saper usare congiuntivi, condizionali, apostrofi o calcolare una percentuale: c’era, grosso modo, anche questo, e va bene. Ma — pesco da una simulazione — sentite questa frase: «Non è impossibile che non esista una persona che non abbia negato di aver trovato il segreto per ottenere la vita eterna». Ora, più che il senso della frase, il candidato avrebbe dovuto dedurre l’identità dell’autore: un Azzeccagarbugli tossicomane? Questo tipo di frase aggrovigliata sì, è molto poco logica e moltissimo italiana. Non sono convinto, come il ministro Profumo, che grazie al concorsone di ieri il nostro torna a essere un Paese normale. Se un precario con laurea, scuola di specializzazione e magari cinque anni di insegnamento deve giocarsi una cattedra e il destino con un quiz, è tutt’al più un Paese in stato d’emergenza.

Paolo di Paolo scrittore, 29 anni, il suo ultimo romanzo è «Dove eravate tutti» (Feltrinelli)

Un concorso per pochi eletti

da ItaliaOggi

Un concorso per pochi eletti

di Alessandra Ricciardi e Mario D’Adamo

Da concorso di massa a concorso per pochi. Ieri alla prima tornata dei test preselettivi, oggi si terrà la seconda, si sono presentati in 136.289 candidati, si erano prenotati in172.248. A superare il muro delle 50 domande in 50 minuti, tutto on line, sono stati in 45.787, ovvero il 33,6%.

Se anche la seconda giornata confermerà l’andamento, le prove preselettive avranno fatto veramente selezione. Domande difficili? Oppure scarsa dimestichezza con i test on line? Al momento non è possibile neanche quantificare quanti siano stati i candidati che «ci hanno solo provato» ad agguantare uno degli 11 mila posti fissi da insegnante nella scuola, avendo magari un’abilitazione all’insegnamento che però negli anni è stata messa da parte per fare altro. Nessun disordine, nessun assalto alle sedi, che pure a viale Trastevere temevano, tanto da allertare le forze di sicurezza. Le prove si sono tenute in 2520 aule informatiche senza intralci, tutto è andato liscio. Tanto che in serata il ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, commentava soddisfatto: «La pubblica amministrazione ha data una grande prova. L’Italia è pronta, ha bisogno soltanto di una leadership in grado di prendere con coraggio le decisioni capaci di rimettere il paese al passo con le nazioni più moderne. Torneremo un paese normale».

I candidati più bravi sono stati i toscani, con un tasso di ammessi del 44%, secondi i lombardi, a quota 41%, seguiti a stretto giro dai toscani e da friulani. I piazzamenti peggiori sono dei candidati molisani, al 20,7% di promossi, distanziati di poco dai calabresi, al 20,8%, e dai lucani (21,6%). Sardi e campani al 26%. Insomma, proporzionalmente alla crescita della disoccupazione sul territorio, è cresciuto il tasso di non ammessi, segnale forse di una maggiore presenza di candidati «per necessità». Le domande erano a carattere generale. Era necessario sapere, per esempio, cosa significano parole come «godet» e «martingala» «carter» e «home banking». I quesiti sono estratti da una banca dati, che è stata pubblicata sul sito del Miur il 23 novembre e sulla quale gli ammessi alla prova hanno avuto la possibilità di esercitarsi. I candidati hanno scaricato otto milioni e mezzo di moduli, cinquanta domande per modulo. Ma è altrettanto vero che in media ciascun candidato si è esercitato solo su ventotto moduli, meno della metà dei settanta che ciascuno avrebbe potuto teoricamente scaricare. Inoltre, quasi ventunomila candidati non hanno scaricato nemmeno uno dei settanta moduli. Le ragioni sono numerose: il poco tempo a disposizione dalla data di pubblicazione dei tremilacinquecento quesiti, il 23 novembre scorso; la ripetitività dei quesiti, spesso molto simili tra loro (appreso il meccanismo, diventa poi facile rispondere a quesiti nei quali varia solo il contenuto); la possibilità di accedere al simulatore senza digitare il proprio codice fiscale e senza quindi essere identificato come concorrente; il fatto che molti candidati hanno preferito utilizzare batterie di esercizi con le tutte risposte esatte, messe a disposizione spesso a pagamento da alcuni gestori di siti internet, come denunciano le organizzazioni sindacali.

Chi ieri ha superato la preselezione l’ha saputo immediatamente dopo la conclusione del tempo assegnato, cinquanta minuti, altrettanto accadrà oggi.

Entro stasera, quindi, si saprà quanti concorrenti sono stati ammessi a sostenere le prove scritte vere e proprie ma solo il 15 gennaio, leggendo la Gazzetta Ufficiale di quel giorno, si conosceranno le date di svolgimento. Non saranno prove tradizionali ma quesiti a risposta aperta che dovranno permettere alle commissioni di accertare e valutare la padronanza delle competenze professionali e delle discipline oggetto di insegnamento.

L’accusa del Cnpi: valutazione carente. Ma tanto non si farà

da ItaliaOggi

L’accusa del Cnpi: valutazione carente. Ma tanto non si farà

Davide Colombo

La fine anticipata della legislatura mette su un binario morto, tra gli altri provvedimenti del governo Monti e del ministro dell’istruzione Francesco Profumo, il decreto su modi, finalità e criteri di valutazione del sistema scolastico nazionale, sul quale il 20 novembre scorso il consiglio nazionale della pubblica istruzione, Cnpi (organo in scadenza, tra l’altro, che per sopravviere necessita di nuova deroga, visto che anche la riforma degli organi collegiali è saltata), ha espresso un parere tecnico fortemente negativo. Merita conoscerlo a futura memoria. Secondo il Cnpi scarso o nullo è il coinvolgimento delle istituzioni del territorio e delle stesse scuole autonome nelle diverse fasi del processo di valutazione; lacunosa è l’individuazione degli obiettivi; inadeguati ai compiti che il provvedimento affida loro sono i soggetti cardine della valutazione, Invalsi, indire e corpo ispettivo; occorrono nuovi investimenti. Ma almeno è positivo che non si attribuiscano premi ai più bravi, evitando un approccio che nel passato aveva rappresentato un limite al dibattito sulla valutazione e aveva ridimensionato la partecipazione alle varie iniziative. L’offerta formativa delle scuole e degli apprendimenti va valutata anche in relazione al perseguimento degli obiettivi, indicati da Parlamento e Consiglio europei con la raccomandazione del 18 giugno 2009, per garantire i diritti di cittadinanza, l’inclusione sociale, l’opportunità di accesso al lavoro e all’apprendimento permanente di tutti, comprese le persone svantaggiate e in situazione di handicap. Per questo il Cnpi suggerisce un emendamento integrativo all’articolo 2, primo comma (obiettivi e organizzazione del servizio nazionale di valutazione), che limitava gli obiettivi a quelli previsti dal decreto legislativo n. 286 del 2004. Negli altri paesi della comunità europea le reazioni delle categorie interessate e i dibattiti che sono seguiti hanno contribuito a migliorare le norme iniziali sul sistema di valutazione, ma il testo presentato dal ministro non si presta molto a questo work in progress. Aggiungendo un settimo comma all’art. 2, il Cnpi prevede una verifica del processo di valutazione che il ministro dovrà effettuare d’intesa con la conferenza Stato-Regioni e sentito il Cnpi stesso. Analogamente l’invalsi non dovrà definire da solo gli indicatori di efficienza e di efficacia per individuare le scuole da sottoporre a valutazione da parte dei nuclei esterni ma dovrà farlo sulla base delle priorità indicate dal ministro d’intesa con la conferenza e sentito il Cnpi. E quanto alla rendicontazione sociale dei risultati che le singole scuole hanno raggiunto dopo aver individuato e svolto le azioni di miglioramento in seguito agli esiti della valutazione, il Cnpi specifica meglio l’operazione, individuando i soggetti incaricati della pubblicità dei dati e coinvolgendo enti e istituzioni del territorio. Il provvedimento ha il difetto di affidare all’Invalsi un ruolo molto forte e impegnativo (addirittura «impensabile»), senza una sua preliminare ristrutturazione di cui il consiglio nazionale segnala l’urgenza e di cui non vede traccia nel provvedimento esaminato. Anche degli ispettori il Cnpi consiglia di ripensare profilo e funzione, giudicati non coerenti con il compito di facilitatori che dovrebbero assumere nei processi relativi al miglioramento della qualità delle scuole. Che nella partita non sono chiamate a svolgere un ruolo attivo, rischiando di divenire solo l’oggetto materiale da indagare, mentre le istituzioni del territorio sono tenute del tutto fuori. Rispetto ai nuclei esterni di valutazione, ai quali l’Invalsi affida la verifica di particolari situazioni, il consiglio giudica negativo che il personale della scuola non possa essere chiamato a farne parte, ciascun nucleo essendo infatti costituito solo da un dirigente tecnico e da due esperti. Per colmare la lacuna, ci si dovrà avvalere di tutte le risorse presenti nel mondo della scuola, così integrando l’art. 3, lettera f). Al consiglio sembra inoltre che, senza adeguati investimenti per la formazione degli operatori sulla cultura della valutazione, possa essere pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento della qualità della scuola che il provvedimento dichiara di voler realizzare. È però positivo prevedere una valutazione articolata in varie fasi che parte dalla scuola e ritorna alla scuola, ma ciò sembra contraddire l’altra affermazione sul ruolo passivo che il provvedimento farebbe solo svolgere alle scuole. Ed è anche positivo che la formazione professionale regionale entri fra gli obiettivi del servizio nazionale di valutazione.

I candidati al concorso: “Domande banali, non adatti a selezionare insegnanti”

da Tecnica della Scuola

I candidati al concorso: “Domande banali, non adatti a selezionare insegnanti”
“Domande a tratti banali, certamente poco adatte per selezionare futuri insegnanti”. Altri candidati all’uscita delle preselezioni per il concorso manifestano la loro delusione e stroncano i test
“Ho preso 46 su 50 al test. Sono passata, ma sono delusa dalla preselezione. Non permette di selezionare chi ha una reale aspirazione, di differenziarlo da chi ci prova e basta. Le mie domande di italiano erano banali, matematica e lingue più complesse. In tanti sono venuti a tentare. Li capisco, oggi c’è fame di lavoro. Ma che docenti saranno?”. E un’altra aspirante, promossa anche lei con 35 su 50, e anche mamma, dice: “E una mamma solo se ha un contratto statale può badare ai figli, fare orari umani. Per questo ho partecipato. Credo comunque anche nel valore sociale di questa professione. I test non sono davvero indicativi della preparazione. Sfoltiscono e basta. Almeno si poteva mettere qualche domanda sull’area di insegnamento scelta”. Una disoccupate, in cerca di lavoro, si giustifica: “Mi sono iscritta al concorso perchè in cerca di un lavoro. Mi piacerebbe insegnare alle elementari. Possibilmente italiano, ho fatto il classico. I test? Non sono molto utili per scegliere buoni insegnanti. Oggi io festeggio. Ma mi domando se dovessi passare anche le prove successive se ci sarà un training per me prima di entrare in cattedra. Chi mi dirà cosa devo insegnare?”. “Se vincerò”, dice un trentenne, “penso che sarò in grado di insegnare. Con i miei titoli posso fare storia dell’arte o disegno. Immagino che nelle fasi successive del concorso si entrerà nel vivo della materia. Anche per quanto riguarda i programmi”.
Disincantato qualche bocciato: “E’ andata e vabbene così! Almeno resto in graduatoria”.

Dove è finito l’organico di rete?

da tuttoscuola.com

Dove è finito l’organico di rete?

Nel primo provvedimento legislativo sulla scuola del governo Monti (legge 35/2012 sulle semplificazioni) era stato tentato il rilancio dell’autonomia scolastica, prevedendo l’incremento di 10 mila posti (norma abrogata) per l’organico funzionale di istituto e l’organico di rete.

Era stato prevista l’emanazione, entro 120 giorni, di un decreto interministeriale che avrebbe dovuto definire “la consistenza numerica massima degli organici delle autonomie e di rete sulla base della previsione dell’andamento demografico della popolazione in età scolare” per gli anni scolastici 2013-2014, 2014-2015 e 2015-2016.

Di quel decreto non si sono avute notizie da tempo, come se quello slancio autonomistico fosse stato abbandonato su un binario morto e la questione non interessasse più a nessuno. Un desolante ‘scusate, ci siamo sbagliati’.

L’entusiasmo che in primavera aveva salutato il provvedimento che avrebbe dovuto potenziare l’autonomia delle istituzioni scolastiche sembra spento del tutto.

Sarebbe bastato avviare l’organico funzionale di istituto, ma nell’anno di attuazione del nuovo dimensionamento, oltre alle note gravi carenze finanziarie, probabilmente non c’erano le condizioni organizzative propizie per un ulteriore cambiamento.

In controtendenza, l’intesa sugli scatti di anzianità ha intaccato, per dura necessità finanziaria, il trattamento accessorio del personale scolastico, uno dei pochi elementi che sostengono l’autonomia scolastica.

Se si vorrà incidere sulla qualità della scuola, il rilancio effettivo dell’autonomia scolastica dovrà trovare posto tra le priorità della prossima legislatura.

Tutto sul concorsone: c’è chi parla apertamente di truffa

da tuttoscuola.com

Tutto sul concorsone/5: c’è chi parla apertamente di truffa

La prima prova del concorso per i docenti ha confermato le contraddizioni che avevamo sempre denunciato: è un ‘terno al lotto’ e anche insegnanti già abilitati che esercitano la professione da anni possono essere bocciati, mentre persone che fanno tutt’altro nella vita possono essere ammesse“. Questo il giudizio di Massimo Gargiulo, del Coordinamento dei precari di Roma, che è andato questa mattina a fare la prova preselettiva indossando la maglietta blu dei precari che hanno protestato in questi mesi contro il concorso a cattedre.

Io ho superato la prova ma nel gruppo di 22 persone che ha sostenuto il test insieme a me non sono risultate ammesse due colleghe abilitate da anni, che hanno seguito corsi di perfezionamento, hanno fatto tantissimi sacrifici per insegnare in scuole diverse e spesso lontane e non hanno avuto il tempo di prepararsi – spiega Gargiulo – Invece ha superato la prova preselettiva un ingegnere che nella vita fa tutt’altro e ha deciso di provare il concorso pensando di poter fare un lavoro meno faticoso del suo, un’idea che si è fatta solo perché nella scuola non ha mai insegnato“.

Per me – insiste Gargiulo – si tratta di una truffa: per una risposta sbagliata vengono magari esclusi insegnanti che conoscono il mestiere e hanno un ottimo rapporto con gli studenti. Abilità che i test non possono valutare“. “Il ministro Profumo ha detto che l’età media dei candidati è di 37 anni – conclude –. Io ho visto oggi tante teste bianche: il concorso non offre opportunità ai giovani ma chiede nuovi sacrifici ai precari a cui già il ministro Gelmini aveva garantito la stabilizzazione“.

Tutto sul concorsone: supera le preselettive 1 candidato su 3

da tuttoscuola.com

Tutto sul concorsone/1: supera le preselettive 1 candidato su 3

Il primo turno della prova preselettiva del concorso per aspiranti docenti in corso da questa mattina è stata superata da 11.092 candidati, cioè il 34,1%. Quattro le Regioni dove gli ammessi hanno superato la quota del 40%: Toscana con il 45,7%; Piemonte con il 43,4%; Liguria con il 41,2% e Lombardia con il 40,4%. Percentuali più basse invece in Molise dove hanno passato la prova in 12 su 95 (12,4%), in Basilicata (21,2%), in Calabria (21,6%) e in Sardegna (26,7%).

Il numero maggiore di prove svolte si è registrato in Campania (5.265, ammessi su partecipanti il 26,8%) e in Sicilia (4651, ammessi il 27,1%) I due candidati più veloci, di cui uno a Roma, hanno ultimato la prova in venti minuti, con esito positivo.

Tutto sul concorsone: percentuali di ammessi e partecipanti

da tuttoscuola.com

Tutto sul concorsone/2: percentuali di ammessi e partecipanti

Il ministero dell’Istruzione ha fornito tutti i numeri del primo turno del concorso per i docenti della scuola. Ecco i dati sui candidati, partecipanti e ammessi suddivisi per regione.

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REGIONE       CANDIDATI   AMMESSI    PARTECIPANTI    AMMESSI

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ABRUZZO         1.027       214         61,1%        34,1%

BASILICATA        339        53         73,7%        21,2%

CALABRIA        2.236       369         76,7%        21,6%

CAMPANIA        7.302     1.409         72,1%        26,8%

EMILIA ROMAGNA  2.570       772         76,8%        39,2%

FRIULI-V.GIULIA   552       162         82,1%        35,8%

LAZIO           4.181     1.147         72,3%        38,2%

LIGURIA         1.048       355         82,3%        41,2%

LOMBARDIA       5.112     1.474         71,5%        40,4%

MARCHE            769       214         71,0%        39,2%

MOLISE            160        12         60,6%        12,4%

PIEMONTE        2.686       952         81,7%        43,4%

PUGLIA          3.380       805         73,7%        32,3%

SARDEGNA          975       159         61,0%        26,7%

SICILIA         5.940     1.258         78,3%        27,1%

TOSCANA         2.838     1.004         77,6%        45,7%

UMBRIA            390        80         76,2%        26,9%

VENETO          2.145       653         77,9%        39,1%

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Totale         43.650    11.092         74,6%        34,1%

Tutto sul concorsone: le reazioni di chi ha sostenuto l’esame

da tuttoscuola.com

Tutto sul concorsone/3: le reazioni di chi ha sostenuto l’esame

Domande a tratti banali, certamente poco adatte per selezionare futuri insegnanti“. I primi candidati alla prova preselettiva del concorsone per docenti – intervistati dall’agenzia di stampa Dire – indetto da Profumo escono attorno alle 10 e stroncano il test che, comunque, è partito con regolarità e senza intoppi.

Al liceo Newton di Roma, una delle oltre cento sedi coinvolte nella selezione nella Capitale, al primo turno hanno partecipato in 11, cinque sono stati bocciati, gli altri sono passati con votazioni anche altissime, fino a 48/50esimi. Fra questi Debora, 43enne, docente precaria da 6 anni in una scuola paritaria che ora aspira al contratto a vita. “Ho preso 46 su 50 al test. Sono passata, ma sono delusa dalla preselezione. Non permette di selezionare chi ha una reale aspirazione, di differenziarlo da chi ci prova e basta. Le mie domande di italiano (la prova è diversa per ciascuno, ndr) erano banali, matematica e lingue più complesse. In tanti sono venuti a tentare. Li capisco, oggi c’è fame di lavoro. Ma che docenti saranno?“. Eva, 39 anni, trainer aziendale è una mamma. “E una mamma – dice – solo se ha un contratto statale può badare ai figli, fare orari umani. Per questo ho partecipato. Credo comunque anche nel valore sociale di questa professione“. Passata anche lei. Con il minimo: 35 su 50.

I test – ammette la trainer – non sono davvero indicativi della preparazione. Sfoltiscono e basta. Almeno si poteva mettere qualche domanda sull’area di insegnamento scelta“.

Chiara, 36 anni, fa la psicologa. O meglio farebbe, visto che è disoccupata da tempo. “Mi sono iscritta al concorso – dice – perché in cerca di un lavoro. Mi piacerebbe insegnare alle elementari. Possibilmente italiano, ho fatto il classico. I test? Non sono molto utili per scegliere buoni insegnanti. Oggi io festeggio. Ma mi domando se dovessi passare anche le prove successive se ci sarà un training per me prima di entrare in cattedra. Chi mi dirà cosa devo insegnare?“.

Non si pone il problema Vincenzo, architetto, 37 anni, che in un’aula scolastica non ha mai messo piede. Al massimo ha fatto qualche docenza all’università. “Se vincerò penso che sarò in grado di insegnare – dice – con i miei titoli posso fare storia dell’arte o disegno“. Molti dei non insegnanti che partecipano non hanno ancora idea di cosa andranno a fare in cattedra.

Immagino – chiude Vincenzo – che nelle fasi successive del concorso si entrerà nel vivo della materia. Anche per quanto riguarda i programmi“.

Chi è stato bocciato resta deluso. Al Newton un capannello di escluse che nella vita, paradossalmente, fanno le insegnanti, si confronta a fine prova sulle domande. “Vabbè – si consolano – almeno restiamo in graduatoria. Ormai è andata“.