GdL Torino e Piacenza: nuovi successi per i ricorsi pettine e scatti biennali

GdL Torino e Piacenza: nuovi successi ANIEF per i ricorsi pettine e scatti biennali

 

L’ANIEF continua la propria azione vincente in difesa dei diritti e del merito con nuove soddisfacenti sentenze ottenute nei tribunali del lavoro di tutta Italia. Sotto l’attenta regia dei nostri legali Fabio Ganci e Walter Miceli, questa volta le conferme arrivano dal Tribunale di Torino, con una nuova retrodatazione dell’immissione in ruolo a seguito del corretto inserimento “a pettine” nelle GaE 2009/2011 e dal Tribunale di Piacenza, che riconosce il diritto agli scatti biennali di anzianità per due docenti precarie.

 

Presso il Tribunale di Torino l’Avv. Angelo Maurizio Ragusa, legale di riferimento dell’ANIEF sul territorio, ottiene nuova sentenza positiva per i ricorsi “pettine” con conseguente condanna per il MIUR a riconoscere la retrodatazione dell’immissione in ruolo, già stipulata con la nostra iscritta, a far data dal 1° settembre 2010. Il Giudice, riprendendo precedenti sentenze emesse dal medesimo tribunale, ha nuovamente confermato che “la sussistenza di un diritto all’inserimento “a pettine” non forma oggi più oggetto di sostanziale contestazione e ciò neppure ad opera dell’Amministrazione convenuta. Detto diritto è stato affermato in modo chiaro dalla Corte Costituzionale nella sentenza 41/2011”.

 

Presso il Tribunale di Piacenza l’Avv. Irene Lo Bue, cui l’ANIEF ha affidato i propri iscritti sul territorio, con due distinte sentenze di identico tenore, ottiene il riconoscimento del diritto delle ricorrenti a percepire integralmente le differenze retributive non percepite in ragione dell’anzianità di servizio maturata a seguito dei contratti a tempo determinato stipulati con il MIUR. Il Giudice del Lavoro ha, infatti, assorbito integralmente le tesi sostenute dall’ANIEF sulla violazione, da parte del MIUR, del fondamentale principio di non discriminazione sancito dalla clausola n. 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE e ha concluso che il giudice italiano deve “applicare, attesa la superiorità nella gerarchia delle fonti, la norma comunitaria in esame, di per sé sufficientemente precisa e direttamente applicabile nei confronti dello Stato pur in qualità didatore di lavoro privato” con conseguente condanna del MIUR al pagamento degli scatti biennali non corrisposti.

 

L’ANIEF ha, ancora una volta, ottenuto giustizia per i docenti che si sono affidati con fiducia all’azione mirata e determinata del nostro sindacato, con conseguente piena conferma della solidità delle battaglie patrocinate negli ultimi anni contro qualunque tipo di detrimento perpetrato dal MIUR ne confronti dei lavoratori della scuola precari e di ruolo.

 

Dimensionamento – Stralciata l’indicazione della Consulta

Dimensionamento – Stralciata l’indicazione della Consulta: recuperate solo la metà delle scuole. L’Anief si appella ancora una volta ai governatori: fate rispettare la legge. Tutto il resto sono accordi a perdere e incostituzionali.

 

La legge indica i principi generali, poi le regioni le declinano sulla base del rispetto dei territori. Come ribadito dalla Consulta. Ogni diversa interpretazione è incostituzionale”. È questo il pensiero dell’Anief a proposito dell’accordo che sarebbe in dirittura d’arrivo in Conferenza unificata per definire i nuovi criteri del dimensionamento delle istituzioni scolastiche italiane.

 

Dopo l’inconcepibile taglio di 2 mila istituti, attraverso la Legge 111 del 2011, ritenuto illegittimo dalla Corte Costituzionale, Anief conferma la volontà di ricorrere ai Tar regionali per bloccare un arbitrio che rasenta la follia.

 

In questo modo si lasciano le famiglie allo sbaraglio – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief – proprio nei giorni in cui si stanno per completare le iscrizioni di quasi due milioni di alunni. Ma lo Stato non può unilateralmente cambiare la normativa, introducendo dei criteri chiaramente parziali e a proprio vantaggio. Né lo possono fare le Regioni, che sembrano voler accettare l’accordo. E non richiamare i principi di legge. I quali rimangono sempre, è bene ricordarlo, lo strumento principe. Anche per realizzare l’organico scolastico”.

 

L’Anief ribadisce quindi tutta la propria contrarietà verso questa scelta. E invita anche i decisori politici a livello locale a porre fine a questo stato di illegittimità, tanto più grave alla luce delle iscrizioni in corso.

 

Praticamente nullo va considerato, se è questo, il parere della Conferenza unificata. “Senza tenere conto della normativa previgente alla legge 111 del 2011 – conclude il presidente Pacifico – si sta cercando un improbabile accordo con un Governo dimissionario, che non può essere ratificato da questo Parlamento. E la cui eventuale approvazione metterebbe in estrema difficoltà anche il nuovo Governo che uscirà dalle elezioni politiche di fine febbraio”.

29 gennaio ICT e Scuola

Corso di Formazione al Concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente

ICT e Scuola

IRASE Lecce, Polo Professionale “L. Scarambone”, 29 gennaio 2013

Nuove classi nelle sabbie mobili

da ItaliaOggi

Nuove classi nelle sabbie mobili

di Alessandra Ricciardi

Meno di un mese alle elezioni. Molto meno di due all’insediamento del nuovo governo. L’opera di rallentamento intanto prosegue, ieri nuovo vertice, e scontro, tra sindacati e ministero. La riforma delle classi di concorso rischia così di non venire fuori dalle sabbie mobile di questa fine legislatura, a dispetto della volontà del ministro, Francesco Profumo, di poche settimane fa.

I vertici ministeriali hanno concesso di procedere con gruppi tecnici ad hoc su aree disciplinari omogenee, dovrebbero essere 4 o 5, per superare le criticità. Ma intanto i sindacati non nascondo come la riforma proposta sia molto politica, e dunque meglio aspettare un ministro con pieni poteri. Il provvedimento consentirebbe di ridurre le classi di concorso, ovvero gli ambiti delle discipline che insegnano i singoli prof, per i quali dunque sono formati, reclutati, assegnati alle cattedre, trasferiti e sostituiti, da 122 a 56, di cui 6 sono di nuova istituzioni (danza classica, moderna, logistica, calzature, sostegno per secondaria di primo e secondo grado). I docenti tecnico-pratici erano 55 diventano 26, di cui una classe di nuova istituzione. Obiettivo dell’accorpamento proposto dal ministero attraverso decreto (proprio per riuscire a fare prima, evitando il parere delle commissioni parlamentari) è di evitare l’eccessiva parcellizzazione degli organici, dare maggiore flessibilità ai docenti, rivedere la formazione universitaria. Ma nelle pieghe del decreto, e soprattutto delle tabelle di confluenze delle vecchie classi nelle nuove maxi classi di concorso, i sindacati hanno riscontrato più di una mancanza o di un errore. E soprattutto il venire meno di tutele per gli abilitati delle vecchie classi di concorso. Per esempio, per la nuova classe A13, che raggruppa per la secondaria le materie letterarie, si richiede in futuro anche la conoscenza del latino. Materia ad oggi non prevista per i docenti che insegnano materie letterarie ai tecnici. E che dunque dovrebbero far riferimento a una classe di concorso per la quale però non hanno i titoli per concorrere. «Tutta questa fretta non è giustificabile, meglio procedere con calma perché si incide sulla vita delle persone», scandisce la Cisl scuola guidata da Francesco Scrima. «Il nostro timore è che questo provvedimento finisca per abbassare la qualità della scuola», aggiunge Rino Di meglio, coordinatore Gilda, a cui fa eco lo Snals-Confsal. Ai sindacati l’ultima bozza proposta non piace anche quando prevede l’applicazione delle nuove disposizioni solo ai fini dei prossimi percorsi per il reclutamento. «Anche così il rischio di creare esuberi non è stato cancellato», precisa la Flc-Cgil di Mimmo Pantaleo. La Uil scuola di Massimo Di Menna ha riproposto poi l’urgenza di affrontare, insieme alle classi di concorso, anche le questioni relative alla gestione e organizzazione dei Tfa. Tutto in alto mare.

Il decreto, atto controproducente. Serve un regolamento

da ItaliaOggi

Il decreto, atto controproducente. Serve un regolamento

Carlo Forte

Al ministero dell’istruzione rischiano di fare una fatica inutile. Il decreto sulle nuove classi di concorso, che il ministero vorrebbe varare, presenta alcuni punti deboli che potrebbero renderlo facilmente annullabile. E ciò potrebbe fare la fortuna dei ricorsifici. Anche perché il bacino di utenza dei potenziali ricorrenti comprende, praticamente, tutti i docenti della scuola secondaria di I e II grado.

L’amministrazione, infatti, punta a riformare completamente l’impianto delle classi di concorso. E cioè dei gruppi di discipline che vengono insegnate dai diversi docenti che lavorano nelle scuole secondarie, a seconda della specialità di cui sono titolari. Per esempio, il professore di lettere di scuola media è abilitato nella classe di concorso A043, che comprende le seguenti discipline:italiano, storia, geografia ed educazione civica. Si tratta, dunque, di un tema sensibile. Perché dalla composizione delle classi di concorso deriva la possibilità di impiego dei docenti. E quindi, i diretti interessati hanno ragione di essere preoccupati. Perché a seconda di come verranno ridisegnate le classi di concorso cambierà anche la struttura degli organici. E con essi anche la composizione delle cattedre. É ragionevole ritenere, dunque, che chi si riterrà leso dai nuovi assetti disegnati dall’amministrazione valuterà, necessariamente, la possibilità di difendersi davanti ai giudici. Nel caso specifico, il rimedio più efficace potrebbe essere quello del ricorso al Tar del Lazio. Ed è qui che vengono in rilievo i punti deboli del decreto, sui quali potrebbero appuntarsi i motivi dei ricorsi e un’eventuale sentenza di annullamento da parte del Tar. Il punto più esposto del provvedimento è il metodo utilizzato dall’amministrazione. Il ministero, infatti, ha deciso di agire per decreto, appoggiandosi su una vecchia norma contenuta nel testo unico del ’94: l’articolo 405. La normativa più recente, invece, prevede che la «razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso, per una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti» non può essere operata con un semplice decreto. Lo strumento previsto dall’articolo 64 del decreto legge 95/2012 in questa materia, infatti, è il regolamento. Che deve essere adottato tramite un decreto del presidente della repubblica e prevede un iter complesso, che comprende anche il parere obbligatorio delle commissioni parlamentari. I giuristi chiamano questo metodo di formazione dei provvedimenti «riserva di regolamento». E siccome il ministero intende agire per decreto, bypassando proprio la riserva di regolamento prevista dall’art. 64, il decreto potrebbe essere annullabile per violazione di legge e carenza di competenza. Tanto più che la tesi della riserva di regolamento è confortata da ulteriori elementi. Anzi tutto dal principio di specialità. L’art. 405 del testo unico, infatti, è una norma generale. Che prevede la facoltà dell’amministrazione di rimettere mano alle classi di concorso quando è necessario. Ma l’art. 64 del d.l. 95/2012 è una norma speciale (se non addirittura eccezionale) che introduce una deroga per un’ipotesi particolare. E cioè la necessità di procedere con regolamento, per razionalizzare e accorpare le classi di concorso e consentire un maggiore impiego dei docenti per riassorbire gli esuberi strutturali dovuti ai tagli. Oltre tutto, quand’anche si volesse ritenere l’art. 405 alla stregua di norma di pari grado, comunque avrebbe prevalenza l’art. 64 perché è più recente. L’amministrazione ha ritenuto di poter bypassare la riserva di regolamento affermando, nella motivazione del provvedimento, che «gli interventi di razionalizzazione delle risorse umane ivi previsti sono stati altrimenti realizzati». Ma potrebbe non bastare. Prima di tutto perché l’art.64 prevede che anche l’accorpamento delle classi di concorso vada fatta con regolamento (e non per decreto). E poi perché la razionalizzazione operata dall’art. 14. comma 17 del d.l.95/2012, non ha interessato le classi di concorso, ma le utilizzazioni dei docenti in esubero.

Concorso senza commissari

da ItaliaOggi

Concorso senza commissari

Mario D’Adamo

A pochi giorni dall’inizio delle prove scritte del concorso a 11.542 posti di insegnante delle scuole di ogni ordine e grado, il ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, riattiva la procedura per individuare presidenti e membri delle commissioni giudicatrici. In quasi tutte le regioni, infatti, dalle più piccole come il Friuli alle più grandi come la Lombardia, relativamente a numerose classi di concorso, non bastano i nominativi sorteggiati martedì 22 gennaio scorso alla presenza del ministro per formare tutte le commissioni e sottocommissioni.

Il ministero ha così dovuto disporre affinché i direttori regionali dell’istruzione riaprano i termini e acquisiscano entro il 31 gennaio prossimo altre richieste di inclusione negli elenchi. Non solo, quasi presagendo uno scarso successo dell’iniziativa di riapertura, il direttore generale per il personale scolastico, Luciano Chiappetta, ha anche invitato i direttori regionali dell’istruzione a sensibilizzare presidi e personale sull’esigenza «di assicurare la più ampia e qualificata risposta, in particolare per quelle classi di concorso per le quali si è registrata una bassa partecipazione nella fase ordinaria di presentazione delle istanze», nota del 22 gennaio 2013 (prot. n. 514). In verità, per certe classi di concorso la partecipazione non è stata solo bassa, è stata quasi del tutto assente. Per restare all’esempio di una delle due regioni citate, la Lombardia, alla classe di concorso di lingua e civiltà francese nelle scuole secondarie di secondo grado, 379 candidati per 9 posti, è stato individuato un solo commissario e nessun presidente. Più in generale, sempre nella regione più ricca d’Italia, mancano presidenti per quasi il trenta per cento delle classi di concorso, su ventiquattro sette sono le classi scoperte (discipline economico – aziendali, discipline meccaniche e tecnologia, disegno e storia dell’arte, educazione fisica nelle superiori, tecnologia, lingua e civiltà francese nelle superiori, laboratorio tecnologico per l’edilizia), mentre per altre gli aspiranti sono in numero insufficiente rispetto al numero teorico dei partecipanti. Per il concorso a posti nella scuola dell’infanzia, se sosterranno lo scritto tutti coloro che hanno superato la preselezione, 2768 candidati, bisognerà formare una commissione articolata in sei sottocommissioni giudicatrici, con sei vice-presidenti più un presidente coordinatore, ma le domande presentate di presidente sono una soltanto. Per il concorso di fisica, 857 candidati, un solo aspirante presidente (ne servono almeno tre), un solo commissario (ne servono almeno quattro). Nel Friuli su quattro classi concorso, manca il presidente per una, quella di discipline economico – aziendali, e c’è un solo commissario, come per lettere nella scuola media, dove il presidente almeno c’è. In compenso è sorteggiato un commissario per un concorso non bandito, classe A060 (scienze naturali). Gli elenchi di tutti i commissari, presidenti e membri aggregati sono stati trasmessi da Chiappetta a ciascun direttore regionale in allegato a una seconda nota del 22 gennaio 2013 (prot. n. 564). Se non basterà la riapertura, il direttore generale, pur di trovare presidenti e commissari, è disposto a consentire l’accoglimento anche di quelle domande che non avevano osservato la procedura obbligatoria di presentazione on line, attraverso il sistema informativo del ministero dell’istruzione, Polis, ed erano state inoltrate in formato cartaceo. Le nuove richieste saranno quindi sottoposte a sorteggio con le stesse modalità utilizzate la prima volta: in diretta, alla presenza del ministro, di giornalisti, fotografi e operatori televisivi, e saranno anche proiettate su una lavagna interattiva multimediale. Non è certo che a dare l’avvio ci pensi ancora il presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino. Prima dell’inizio della tornata degli scritti, dall’11 al 21 febbraio prossimi, per ciascuna classe di concorso verrà formata la commissione madre. Subito dopo, in relazione al numero dei partecipanti effettivi, la commissione potrà articolarsi in più sottocommissioni per ogni gruppo di 500 candidati o frazione. Ogni sottocommissione sarà composta da tre membri, uno dei quali, seguendo l’ordine del sorteggio, sarà prelevato dall’elenco degli aspiranti presidenti.

Il presidente della commissione originaria dovrà assicurare il coordinamento delle sottocommissioni e sarà quindi esonerato da compiti di correzione degli elaborati, interrogazione dei candidati, valutazione dei titoli

Perché Istruzione e Lavoro saranno decisivi

da ItaliaOggi

Perché Istruzione e Lavoro saranno decisivi

di Antonio Cocozza*

Negli ultimi giorni tre dati hanno messo in evidenza la necessità di pianificare un intervento strategico decisivo sulle tematiche dell’istruzione, dell’alternanza scuola-università-lavoro e dell’apprendimento permanente, ispirato al nuovo paradigma della lifewide learning, già sperimentato positivamente in diversi Paesi europei. Tali dati sono: la previsione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sull’andamento negativo della disoccupazione a livello mondiale, ipotizzata a quota 200 milioni nel 2013, un trend preoccupante riconducibile all’ espansione del modello dello jobless growth (crescita senza occupazione) anche nei Paesi Brics; la ricerca Istat sulla partecipazione alle attività di formazione permanente dei lavoratori italiani, pari al 6,2% della popolazione di riferimento. Un risultato che inchioda l’Italia al 17° posto nella graduatoria dei 27 Paesi dell’Unione europea, lontano dal traguardo del programma Education and Training 2020; la ratifica da parte del Consiglio dei Ministri dell’Accordo raggiunto nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni sul complesso iter di attuazione della delega dellarRiforma del mercato del lavoro in materia di apprendimento permanente, che istituisce il sistema nazionale di certificazione delle competenze, i Centri/Reti territoriali per l’apprendimento permanente, il sistema nazionale di orientamento. Questo scenario rappresenta al contempo una sfida e un’opportunità non indifferente per il rilancio della concertazione di politiche attive del lavoro e della formazione, che dovrebbe essere basata su una chiara visione strategica del governo e da più serie ed efficaci politiche formative regionali e territoriali, sull’apporto significativo delle parti sociali, ma soprattutto sul contributo innovativo e originale del sistema d’istruzione e di quello della formazione professionale e dei fondi interprofessionali per la formazione permanente. In tale scenario, fortemente differenziato a livello nazionale, questa prospettiva diventa un obiettivo irrinunciabile, poiché le dinamiche del mercato del lavoro sono una vera emergenza sociale rappresentata da cinque dati allarmanti: tasso di disoccupazione generale ormai alla soglia critica dei 3 milioni (2.870.000 persone); elevato tasso di disoccupazione giovanile al 37.1%; indice di inattività al 38%, ancora peggiore il dato del Sud; dispersione scolastica al 19.7%, mentre la Strategia Europa 2020 vorrebbe ricondurlo al 10%; 2,2 milioni di giovani Neet, che non studiano e non lavorano. Di fronte a questa situazione di malessere potenzialmente esplosiva, è necessario che il futuro governo, ministri dell’istruzione e del lavoro, così come gli assessori regionali intraprendano un percorso che permetta di sperimentare politiche integrate attivanti, che puntino a coinvolgere responsabilmente gli attori del sistema economico e sociale, le istituzioni educative e formative e gli stessi giovani e le famiglie, al fine di perseguire i seguenti obiettivi: riposizionamento della politica industriale, poiché per competere sul mercato globale il nostro Paese dovrebbe orientarsi verso un segmento medio-alto e basare l’attività produttiva su ricerca, innovazione e qualità del prodotto, esaltazione del made in Italy; maggiore dialogo tra scuole e università, mediante la valorizzazione dell’autonomia responsabile, finalizzata a un’offerta formativa più mirata; rielaborazione dell’attività dei fondi interprofessionali per la formazione continua, indirizzata a rielaborare obiettivi, metodologie, sistemi di valutazione dei processi d’insegnamento/apprendimento e dei risultati conseguiti; una politica di orientamento allo studio e al lavoro che permetta un coinvolgimento consapevole e responsabile degli studenti e delle famiglie; obbligo di praticare stage e tirocini lavorativi nell’ambito di tutti i percorsi scolastici e universitari e ruolo più attivo delle università nell’attività di matching tra domanda e offerta di lavoro; sviluppo delle potenzialità del nuovo apprendistato, rendendolo più dialogante con la domanda delle imprese; maggiore diffusione delle esperienze di trasferimento tecnologico tra università e imprese, sostegno a progetti di start up.

In definitiva, nel nuovo panorama istituzionale post elezioni, sarà assolutamente necessario delineare un disegno organico a sostegno di una nuova politica industriale e in linea con una politica attiva del lavoro e un progetto educativo e formativo innovativo.

*Università Roma Tre e Luiss Guido Carli

Monti vuole ridurre le vacanze estive?

da Tecnica della Scuola

Monti vuole ridurre le vacanze estive?
di R.P.
Pare che l’ipotesi sia contenuta nella bozza di riforma sul mercato del lavoro su cui sta lavorando la lista Monti. Presa di posizione della Cisl-Scuola.
Un solo mese di vacanza all’anno per la scuola: è quello che sembra prevedere la bozza di riforma del mercato del lavoro a cui sta lavorando la lista Monti.
Si parla infatti di una vera e propria riforma del calendario scolastico in modo da limitare ad un mese le vacanze estive, ma – si legge nel documento – “sulla base della partecipazione volontaria delle famiglie”.
Mario Monti e i suoi collaboratori chiariscono anche che la misura “non vuole aggravare il lavoro degli insegnanti” ma piuttosto favorire i genitori lavoratori.
“Le attività sportive, di recupero, alternative e per la comunità – si legge ancora nella bozza di riforma – possono trovare più spazio se la scuola rimane aperta per 11 mesi l’anno, incoraggiando ogni istituto ad essere autonomo nella scelta dell’impiego per il tempo in più “.
A commentare l’idea di Monti è subito intervenuta la segreteria nazionale della Cisl-Scuola che dichiara:
“Non ci pare che tra le urgenze della scuola ci sia quella di intervenire sulle vacanze, oltretutto mescolando in modo un po’ confuso istruzione e attività di altra natura, che non è detto debba essere la scuola a fornire. Non è certo sul calendario scolastico che si registrano significative differenze tra la scuola italiana e a quella di altri Paesi: piuttosto si vedano gli scarti che ci sono in termini di investimento sul sistema di istruzione. Qui si che l’Italia ha davvero da recuperare posizioni”.
Per il momento, però, le notizie sulla questione sono piuttosto contraddittorie; Mario Sechi, uno dei più illustri candidati della lista Monti, è già intervenuto nel tentativo di tenere a bada le polemiche e ha dichiarato:
“Non è prevista nessuna limitazione a un mese delle vacanze estive delle scuole. La riforma del mercato del lavoro di Scelta Civica, alla quale lavora un gruppo di economisti insieme al prof. Pietro Ichino, sarà presentata nei prossimi giorni e non conterrà alcun taglio delle vacanze scolastiche”.
L’idea di tenere aperte le scuole di pomeriggio o durante le vacanze non è nuova e un po’ tutti i Ministri che si sono succeduti negli ultimi 15 anni hanno fatto dei tentativi in questa direzione.
Ma, al massimo, sono state realizzate modeste esperienze limitate nel tempo.
Il fatto è che per tenere aperte le scuole, occorrono risorse umane e finanziarie.
Da quest’anno, poi, le istituzioni scolastiche si dovranno accontentare di un fondo di istituto inferiore del 30% rispetto a quello degli anni passati che non solo non consentirà di tenere aperte le scuole per più tempo ma non basterà neppure per garantire le attività indispensabili.  

La scuola? È prima di tutto condivisione dei saperi

da Tecnica della Scuola

La scuola? È prima di tutto condivisione dei saperi
di A.G.
Se ne parla nel “Tg1 Fa’ la cosa giusta”, in onda su Rai1 martedì 29 gennaio alle 9.07: gli insegnanti mettono a disposizione di altre persone il proprio tempo e il proprio sapere gratuitamente. Senza ricevere soldi in cambio. E gli studenti, al posto di un contributo economico, dovranno offrire anche loro qualcosa. La scuola chiede in cambio di donare qualche ora del proprio tempo a una delle associazioni selezionate.
Nella puntata di “Tg1 Fa’ la cosa giusta” in onda su Rai1 martedì 29 gennaio alle 9.07, con Federica Balestrieri, si parlerà di condivisione dei saperi. È un tema che ha a che vedere con la scuola-non scuola, la creatività e le arti visive: una scuola che non chiede soldi per partecipare ai suoi corsi, ma di mettere il proprio tempo a disposizione di chi ha bisogno. L`idea, dal titolo “Tam Tam” è di Alessandro Guerriero designer e presidente della Naba, nuova accademia belle arti di Milano.

Si tratta di un concetto forte, perché è quello della condivisione del tempo e dei saperi : gli insegnanti mettono a disposizione di altre persone il proprio tempo e il proprio sapere gratuitamente. Senza ricevere soldi in cambio. E gli studenti, al posto di un contributo economico, dovranno offrire anche loro qualcosa. La scuola chiede in cambio di donare qualche ora del proprio tempo a una delle associazioni selezionate: Asnada, Auser Milano, Mia Milano In Azione, Fondazione Asilo Mariuccia ed Itaca che si occupano di immigrati, anziani, minori e madri sole.
Nella stessa puntata, sarà presente anche Giorgia Benusiglio, 30 anni, autrice del libro “Vuoi trasgredire? Non farti!”, che incontra migliaia di studenti in tutt`Italia per spiegare che si può morire anche con mezza pastiglia di ecstasy, cosa che stava per succedere a lei all`età di 17 anni quando subì un trapianto di fegato in seguito ad una necrosi epatica provocata proprio da una mezza pasticca di ecstasy. Nel corso della puntata Giovanna Rossiello avrà come ospiti Giorgia Benusiglio e Paola Brodoloni, presidente dell’associazione “Cuore e Parole”.

Scatti stipendiali: tutti contro Flc-Cgil

da Tecnica della Scuola

Scatti stipendiali: tutti contro Flc-Cgil
di R.P.
Duro comunicato dei 4 sindacati firmatari del contratto del 12 dicembre. Secondo Cisl, Uil, Snals e Fgu-Gilda, la Flc-Cgil farebbe solo demagogia per motivi che nulla hanno a che vedere con la funzione del sindacato.
Fra Flc-Cgil e gli altri sindacati del comparto scuola è ormai scontro permanente.
Oggetto del contendere, come è facile immaginare, è la questione dell’accordo sugli scatti stipendiali con relativo taglio del fondo d’istituto.
Nella giornata del 28 gennaio Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals e FGU-Gilda hanno diramato un comunicato che evidenzia, anche nella sua forma grafica, la posizione dei sindacati che “uniscono i lavoratori” e la posizione di chi invece li divide (il riferimento alla Flc-Cgil e fin troppo chiaro).
“L’accordo per il pagamento degli scatti maturati nel 2011 va attuato; non esistono altre vie praticabili, chi chiede oggi risorse aggiuntive [è questa la posizione della Flc, n.d.r.]  fa solo demagogia”
I quattro sindacati firmatari dell’accordo del 12 dicembre sul ripristino degli scatti denunciano “i comportamenti di chi ne presenta in modo distorto i contenuti con iniziative di stampo demagogico che puntano a dividere anzichè unire la categoria”.
“L’accordo
– sottolineano le 4 sigle – è nell’interesse di tutti, non solo di una parte: la situazione politico-economica ne fa un’ipotesi priva di credibili alternative e ne rende del tutto accettabili i costi, nell’interesse prioritario di salvaguardare un importante elemento della retribuzione tabellare”.
L’attacco nei confronti della Flc è durissimo: “Dire che la questione va risolta con risorse aggiuntive fantomatiche significa nascondere la testa sotto la sabbia e lasciare le cose come stanno”.
Anzi, “significa rimuovere la realtà per sottrarsi alla responsabilità di scelte difficili per mascherare il fallimento di uno sterile antagonismo che non ha niente di sindacale”.
Si attende a questo punto la replica di Mimmo Pantaleo e del suo sindacato.

Alternanza scuola-lavoro: bandi di placement e orientamento nelle scuole superiori

da Tecnica della Scuola

Alternanza scuola-lavoro: bandi di placement e orientamento nelle scuole superiori
di L.L.
Previsti percorsi personalizzati per 7950 giovani. Coinvolti 53 istituti
Puntare su orientamentoeplacementsin dalle scuole superiori per favorire l’occupazione giovanile è uno degli obiettivi principali dei due bandi pubblicati recentemente dalle Regioni Piemonte e Sicilia.
Alla base delle iniziative c’è la volontà di aiutare diplomandi e diplomati a trovare un’occupazione, riducendo il tempo che passa tra il diploma e l’ingresso nel mondo del lavoro.
I due avvisi pubblici rientrano nelle attività della Linea 2 del programma FIxO “Scuola&Università” e fanno seguito agli avvisi già pubblicati di Marche, Liguria ed Emilia Romagna.
Le scuole selezionate beneficeranno di un contributo fino a un massimo di 30 mila euro e dell’assistenza tecnica di Italia Lavoro per strutturare e rafforzare i servizi di placement e di orientamento al lavoro e alle professioni.
Ogni istituto scolastico avrà inoltre la possibilità di realizzare 150 percorsi di orientamento e placement per diplomati e diplomandi. La finalità è di coinvolgere 3.900 giovani in Piemonte e 4.050 in Sicilia, con lo scopo di aiutarli a trovare un lavoro attraverso un’azione mirata e personalizzata.
Le scuole piemontesi che intendono candidarsi dovranno presentare la domanda di partecipazione a partire dalle 9,30 del prossimo 4 febbraio, fino alle 16 del prossimo 4 marzo. Quelle siciliane avranno tempo dalle 9,30 del 4 febbraio fino alle 16 del 15 marzo.
I bandi di concorso e i termini per presentare la domanda di partecipazione possono essere consultati sul sito di Italia Lavoro.

Diploma a 18 anni, se ne parla da tempo

da Tecnica della Scuola

Diploma a 18 anni, se ne parla da tempo
di Reginaldo Palermo
Già nella “riforma dei cicli” di Berlinguer era previsto l’esame di maturità a 18 anni, con un anno in meno nel primo ciclo. Adesso si parla di secondaria di secondo grado di 4 anni. In ogni caso l’operazione “costerebbe” un taglio di circa 50mila cattedre.
Abbreviare di un anno il percorso formativo degli studenti italiani non è una idea particolarmente nuova, tutt’altro.
Se ne era parlato già quindici anni fa e il dibattito politico e pedagogico aveva portato alla approvazione della legge n. 30 del marzo 2000 fortemente voluta dal ministro Luigi Berlinguer.
La proposta contenuta nel provvedimento, che si presentava come una legge-quadro che avrebbe dovuto essere precisata con ulteriori regolamenti, era relativamente semplice e lineare: un primo ciclo di 7 anni seguito da un secondo ciclo articolato in un biennio comune e in un triennio specifico per i diversi indirizzi.
Contestualmente la legge prevedeva l’obbligo scolastico a 15 anni e cioè, in pratica, al termine del biennio comune.
Come sia andata a finire è cosa risaputa: l’anno successivo ci fu un cambio di maggioranza e il nuovo Governo Berlusconi fece quello che aveva annunciato in campagna elettorale e cioè bloccò la “riforma dei cicli” di Berlinguer.
Riforma che venne definitivamente abrogata nel 2003 con l’approvazione della legge 53 (la cosiddetta “Riforma Moratti”).
Nella soluzione proposta da Berlinguer l’anno di scuola in meno si sarebbe dovuto ricavare da una riduzione della durata del primo ciclo, mentre secondo l’ipotesi del comitato tecnico voluto dal ministro Profumo la riduzione dovrebbe riguardare il secondo ciclo che verrebbe accorciato di un anno.
Entrambe le ipotesi presentano aspetti positivi e negativi ed è difficile prevedere ora quale delle due, alla fine, potrebbe prevalere.
Un dato è certo: in ogni caso i sindacati faranno di tutto per contrastare l’una e l’altra soluzione dal momento che in entrambi i casi la riforma si tradurrebbe in circa 50mila cattedre in meno.
D’altronde sono lontani i tempi della riforma dei cicli di Berlinguer che potè contare se non sul sostegno almeno sulla “neutralità” della Cgil che, all’epoca, non si oppose all’ipotesi di ridurre a 7 gli anni del primo ciclo di istruzione.

Concorso a cattedra, accolto il primo ricorso Anief per chi ha conseguito tra 30 e 34,5 punti

da Tecnica della Scuola

Concorso a cattedra, accolto il primo ricorso Anief per chi ha conseguito tra 30 e 34,5 punti
di Alessandro Giuliani
L’ammissione agli scritti, con riserva, si potrebbe ora aprire per altri 5mila ricorrenti: l’udienza fissata per il 7 febbraio. Se però il buongiorno si vede dal mattino…
Se il buongiorno si vede dal mattino, nei prossimi giorni potrebbero aggiungersi almeno 5mila candidati al concorso a cattedra nella lista dei circa 88mila già ammessi alla prova scritta. Lo scorso 25 gennaio, il Tar del Lazio ha infatti accolto il ricorso della prima candidata che ha fatto registrare tra i 30 e i 34,5 punti su 50 massimi: l’aspirante docente, Irene Lo Bue, sostenuta dall’Anief, ha infatti sostenuto che il Miur ha alzato troppo l’asticella del merito per accedere alle prove d’esame. E il giudice gli ha dato ragione: bastava conseguire, in proporzione, la sufficienza e non centrare almeno 7/10.
L’ammissione non è definitiva. Per ora si tratta solo di un passaggio “in sede cautelare”, ma i legali dell’Anief sono fiduciosi. Ad iniziare dall’ammissione degli atri 5.000 candidati, la cui udienza si svolgerà il prossimo 7 febbraio, i quali attendono a loro volta l’ammissione alle prove scritte in calendario dall’11 al 21 febbraio.
 “Ancora una volta la giustizia ha sanato una evidente condizione di illegittimità che aveva escluso dalle selezioni candidati che ora possono dimostrare il loro merito”, dichiara il presidente ANIEF, Marcello Pacifico. “Questo è il secondo dei ricorsi annunciati a settembre all’indomani della pubblicazione del bando di concorso che il sindacato vince”.
L’Anief comunica anche che “chi tra i candidati non ha ancora proposto ricorso al TAR Lazio e vuole chiedere un decreto monocratico alla luce dell’ordinanza cautelare n. 375/13 per partecipare alle prove, se in possesso di un punteggio da 30 a 34,5 ottenuto alle preselezioni, deve chiedere le istruzioni operative di adesione al ricorso alla mail proroga.soglia35@anief.net improrogabilmente entro le ore 15 del 30 gennaio 2013. I candidati di Trento e Bolzano dovranno invece richiedere, sempre entro il 30 gennaio 2013, le specifiche istruzioni operative scrivendo a trento@anief.net”.

Esame di Stato, scelte le materie per la seconda prova scritta

da Tecnica della Scuola

Esame di Stato, scelte le materie per la seconda prova scritta
Latino al Liceo classico; Matematica al Liceo scientifico; Lingua straniera al Liceo linguistico; Pedagogia al Liceo pedagogico; Disegno geometrico, Prospettiva, Architettura al Liceo artistico; Economia aziendale ai Ragionieri, Tecnologia delle costruzioni ai Geometri; Alimenti e alimentazione all’Istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione. Tutte le altre materie assegnate nei vari corsi di studio.
Sono queste alcune delle materie scelte per la seconda prova scritta degli esami di Stato 2013 e contenute nel decreto firmato dal ministro Francesco Profumo, che individua, tra l’altro, anche le materie assegnate ai commissari esterni. Il decreto, per la prima volta protocollato attraverso una procedura informatica e non più cartacea, è ora in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Le prove scritte dell’esame di Stato dell’anno scolastico 2012/2013 si terranno il 19 giugno (prima prova) e 20 giugno (seconda prova).
Licei
– Liceo classico: Latino;
– Liceo scientifico: Matematica;
– Liceo linguistico: Lingua straniera;
– Liceo pedagogico: Pedagogia;
– Liceo artistico: Disegno geometrico, Prospettiva, Architettura.
Istituti tecnici e professionali
Sono state scelte materie che, oltre a caratterizzare i diversi indirizzi di studio, hanno una dimensione tecnico-pratico-laboratoriale. Per questa ragione la seconda prova può essere svolta, come per il passato, in forma scritta o grafica o scritto-grafica o scritto-pratica, utilizzando, eventualmente, anche i laboratori dell’istituto.
Le materie scelte per alcuni indirizzi sono:
– Istituto tecnico commerciale (ragionieri): Economia aziendale;
 Istituto tecnico per geometri: Tecnologia delle costruzioni;
– Istituto tecnico per il turismo: Lingua straniera;
– Istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione: Alimenti e alimentazione;
– Istituto professionale per i servizi sociali: Psicologia generale e applicata;
– Istituto professionale per Tecnico delle industrie meccaniche: Macchine a fluido.
 
Settore artistico (licei e istituti d’arte)
La materia oggetto di seconda prova ha carattere progettuale e laboratoriale (architettura, ceramica, mosaico, marmo, oreficeria ecc.) e si svolge in tre giorni.
Materie affidate ai commissari esterni
Il decreto individua, inoltre, le materie affidate ai commissari esterni. Nella scelta delle materie affidate ai commissari esterni è stato seguito, laddove si è rivelato opportuno, il criterio della rotazione delle discipline. Si è dato comunque particolare rilievo agli insegnamenti di Matematica e di Lingua straniera. A questo proposito, si fa presente che quest’anno, per la prima volta, la Lingua straniera, negli istituti tecnici e professionali che prevedono tale insegnamento, è stata affidata ai commissari esterni.
Sono 50 gli istituti scolastici coinvolti nel progetto Esabac (erano 40 l’anno scorso), finalizzato al rilascio del doppio diploma italiano e francese ed attuato sulla base dell’Accordo Italo-Francese sottoscritto il 24 febbraio 2009.
Anche quest’anno dirigenti scolastici ed insegnanti presenteranno on line la domanda di partecipazione agli esami di Stato in qualità di presidenti di commissione e di commissari d’esame.

Esami di Stato 2013 – Corsi ordinamento
Esami di Stato 2013 – Corsi sperimentali
Esami di Stato 2013 – Corsi sperimentali Aosta
Esami di Stato 2013 – Corsi sperimentali Bolzano

Mobilità 2013/2014: blocco quinquennale interprovinciale ma non per tutti

da Tecnica della Scuola

Mobilità 2013/2014: blocco quinquennale interprovinciale ma non per tutti
di Lucio Ficara
Ricordiamo a tutti i docenti che hanno intenzione di chiedere trasferimento per il prossimo anno scolastico, che a causa della legge n. 106/2011 ed in particolare per l’art. 9 comma 21, è in vigore il blocco quinquennale della fase di mobilità interprovinciale.
Cosa prevede letteralmente l’art. 9 comma 21 su citato? In tale articolo è scritto: “I docenti destinatari di nomina a tempo indeterminato decorrente dall’anno scolastico 2011/2012 possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in altra provincia dopo cinque anni di effettivo servizio nella provincia di titolarità”. Dunque per chi è stato assunto giuridicamente a partire dal 2011/2012 ed ovviamente anche per chi è stato assunto a partire dal 2012-2013, vige l’obbligo di restare bloccati nella provincia di titolarità, senza possibilità di ricongiungersi alla famiglia. Ma questo blocco quinquennale interprovinciale vale proprio per tutti? La risposta è no. Per qualcuno, che si trova in particolari situazioni, protette dalla legge, il blocco non è applicabile.
Chi può sottrarsi a tale blocco? Non si applica l’obbligo quinquennale per tutto quel personale destinatario di nomina a tempo indeterminato negli anni 2011/2012, 2012/2013 e che può fruire delle precedenze di cui all’art. 7, comma 1, punti I), III) e V) dell’ipotesi di contratto. In particolare il personale non vedente, emodializzato e il personale che ha bisogno di particolari cure mediche continuative, art. 21 e 33 comma 6 della legge n. 104/92 e il personale che assiste il coniuge o figli disabili in situazione di gravità.
Mentre cosa diversa è la posizione dei figli che assistono un genitore disabile in situazione di gravità, costoro avranno il blocco quinquennale della titolarità nella provincia in cui sono entrati in ruolo, ma avranno diritto a usufruire della precedenza tra province diverse esclusivamente nelle operazioni di mobilità annuale, cioè nella fase di utilizzazione e/o assegnazione provvisoria