LA VALUTAZIONE: UN TEMA CRUCIALE, UN IMPEGNO CONDIVISO

LA VALUTAZIONE: UN TEMA CRUCIALE, UN IMPEGNO CONDIVISO

La “Valutazione” è tema strategico nell’ambito delle politiche di sviluppo sociale, educativo ed economico del nostro paese. Un tema che troppo spesso viene agitato in modo strumentale ed ideologico. La valutazione è invece una funzione necessaria per la tenuta di un contesto di carattere nazionale, unitario, per superare la deriva del localismo e il rischio di una connotazione ideologica e di parte delle scuole. E’ altresì necessaria per valorizzare l’autonomia scolastica, per sostenerne la capacità progettuale, l’elaborazione curriculare, l’interazione con il territorio, per sostenerne il progetto formativo. La valutazione è, infine, il processo attraverso il quale ogni soggetto sociale e istituzionale coinvolto nei percorsi formativi assume la propria responsabilità e ne risponde

Spesso si dice “valutazione” per intendere “meritocrazia e premialità”. Una vera e propria “trappola” culturale che comporta l’adesione al presupposto secondo cui la valutazione consiste essenzialmente nell’ordinare in classifiche per individuare e premiare selettivamente i migliori. La validità di tale presupposto non trova conforto alcuno nelle acquisizioni della letteratura scientifica in merito che, semmai, ne dimostrano l’inefficacia e l’inopportunità.

E’ inoltre illusorio ritenere che l’introduzione di un apparato tecnico valutativo riesca in modo quasi taumaturgico ad attivare processi di miglioramento del sistema di istruzione e formazione senza bisogno di intervenire sugli altri elementi portanti del sistema stesso, quali la valorizzazione professionale, la riforma degli organi di governo della scuola e, più in generale, la destinazione di qualificanti investimenti finanziari.

La valutazione di sistema è atto politico e ne derivano indicazioni di governo del sistema stesso. Comporta una tipologia di rendicontazione che deve attuarsi attraverso la partecipazione attiva dei diversi soggetti coinvolti, in ogni fase del processo. E’ in ogni caso opportuno si connoti per il carattere sperimentale, di ricerca-azione. Non può ridursi a mere e/o singole rilevazioni, bensì deve dispiegarsi in termini di multifattorialità e complessità. Inoltre il supporto tecnico e scientifico ai processi valutativi dev’essere garantito da un ente terzo.

VALUTARE PERCHÉ? PER QUALE SCUOLA?

L’esplicitazione dell’idea di scuola alla quale si intende fare riferimento è premessa ineludibile per la costruzione di un sistema di valutazione nazionale.

Eguaglianza formale e sostanziale, capacità del sistema educativo di coniugare il diritto di tutti allo studio con la qualità dell’istruzione, valorizzazione dei meritevoli come stabilito dalla Costituzione, rappresentano principi inderogabili che tutto il Paese dovrebbe tenere ben presenti per elaborare un’idea condivisa di scuola. Altrimenti, come accade nello schema di regolamento sul sistema nazionale di valutazione proposto dall’attuale Governo, la scuola che si vorrebbe valutare rimane una realtà indeterminata e neutra.

Il Paese ha bisogno di una scuola che sappia esplicitare e comunicare a che cosa serve oggi studiare. Che sia in contatto con gli interessi, le culture, i linguaggi e i modi di apprendere delle giovani generazioni. Che costruisca gli strumenti della cittadinanza attiva, oltre alle competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro e avvii il percorso di disponibilità ad imparare per tutto il corso della vita.

La valutazione è innanzitutto valorizzazione, riconoscimento sociale della funzione della scuola, di cui si avverte l’esigenza per dare forza e sostanza ad un patto intergenerazionale che promuova crescita, coesione sociale, sviluppo democratico.

Le associazioni firmatarie auspicano che si dia vita anche in Italia ad una consultazione nazionale sulla scuola, articolata nei territori, i cui esiti vengano riportati e discussi in Parlamento. Tale consultazione dovrebbe sistematicamente essere riproposta, come struttura portante di una periodica rendicontazione sociale, attraverso la quale, ai diversi livelli, gli esiti dei processi valutativi vengono comunicati ed utilizzati per la formulazione di prospettive e piani di miglioramento.

Pensiamo ad un processo da attivarsi in tempi rapidi, con scadenze certe, attraverso il quale enucleare anche gli elementi portanti dei provvedimenti normativi necessari a istituire un sistema nazionale di valutazione.

VALUTARE CHE COSA?

Abbiamo bisogno di un sistema di valutazione coordinato e articolato su più livelli che tenga insieme in modo articolato e coerente:

  1. la verifica costante degli interventi diretti e indiretti dei decisori politici e istituzionali sul sistema educativo;
  2. la valutazione di sistema: il contesto, le politiche, i macroprocessi, gli esiti. Precondizione della valutazione di sistema è una chiara definizione dei livelli essenziali di qualità nel sistema nazionale di istruzione e formazione;
  3. la valutazione delle scuole come dialettica tra valutazione esterna ed autovalutazione, contesto di dialogo e di condivisione, nei diversi ambiti di responsabilità, delle esperienze e degli interessi dei diversi soggetti che agiscono nella scuola dell’autonomia: non solo operatori della scuola, genitori e studenti, ma anche enti locali e realtà associative del territorio; momento di conoscenza e di progettazione dei correttivi necessari. In tema di valutazione e autovalutazione è necessario, pertanto, prendere in seria considerazione e valorizzare le esperienze in atto o realizzate da ricercatori, Università ed Enti di ricerca. A livello di scuola occorre puntare sul ruolo cruciale della rendicontazione sociale, che assume importanza determinante nell’ambito di un patto pedagogico con gli Enti locali, le famiglie, l’associazionismo, il mondo del lavoro. L’autovalutazione non può tradursi nell’ ennesimo adempimento burocratico che grava sulle scuole, né essere appannaggio del solo Dirigente Scolastico;
  4. la valutazione formativa degli alunni. Su questo terreno urge una riflessione. Dopo un iniziale apprezzamento di genitori e docenti per il ritorno al voto, ora si registra la delusione delle famiglie, dei docenti, degli alunni. La valutazione formativa è parte essenziale della responsabilità educativa e della professionalità docente. I ragazzi ne hanno diritto e ne avvertono il bisogno. Su questo versante è necessaria una valutazione improntata a narrazione e cooperazione che guardi ai singoli e alle loro specificità ed esigenze in una dimensione coevolutiva. Le prove nazionali inserite negli esami conclusivi pesano in modo distorsivo ed esagerato su quelli che sono gli esiti di un percorso individuale che deve invece poter essere adeguatamente riconosciuto e valorizzato secondo l’idea di una valutazione che precede, accompagna e conclude un determinato percorso didattico- formativo;
  5. La valutazione/valorizzazione degli operatori della scuola – docenti, personale ATA e dirigenti scolastici – dovrà essere necessariamente contemplata in un quadro di valorizzazione della professionalità che trova nel CCNL l’unico luogo possibile di definizione.

VALUTARECOME?

Abbiamo bisogno di un sistema di valutazione condiviso, sostenuto da un patto tra tutti i soggetti coinvolti. E’ questo un elemento dal forte valore politico. L’aura di neutralità tecnica da cui è avvolto il dibattito su questo tema opacizza strumentalmente la vera natura di qualsiasi processo valutativo: atto esplicitamente politico, che non va negato né nascosto. Al contrario, è necessario esplicitare i valori e gli obiettivi che indirizzano la valutazione, la cui definizione deve essere pubblica e democratica, ed è necessaria un’assunzione di responsabilità politica da parte dei soggetti deputati a tale ruolo. Infatti, il senso e l’efficacia di un sistema di valutazione si fondano sul coinvolgimento attivo di tutti gli operatori, sulla valorizzazione e sull’esercizio responsabile del loro ruolo sociale e professionale.

Ogni processo di valutazione, ai diversi livelli (quindi con strumenti diversificati ad hoc), deve essere accompagnato dalla disponibilità e dall’impegno (anche economico) a realizzare interventi di promozione della qualità e orientati al miglioramento.

Va abbandonata la prassi di considerare le prove Invalsi come l’unico strumento per procedere alla valutazione tout court del sistema scolastico, degli istituti, dei docenti. Le prove Invalsi standardizzate possono rappresentare un utile strumento per una rilevazione nazionale degli apprendimenti. Non c’ è, però, alcun bisogno di svolgere questo tipo di rilevazioni su base censuaria, come stanno a dimostrare le rilevazioni internazionali. Inoltre, una valutazione di sistema non può concentrarsi solo su una rilevazione degli “output” del sistema di istruzione, ma deve occuparsi anche dei processi che determinano quegli esiti.

CHI VALUTA?

Auspichiamo, innanzitutto, che sia il Parlamento a definire in modo preciso e articolato le finalità e le strategie della valutazione di sistema. Poiché si tratta di esplicitare i macro obiettivi verso cui deve tendere il sistema di istruzione, invero già individuati dalla nostra Costituzione; di definirne le diverse dimensioni; di individuare gli indicatori che rappresentano tali dimensioni. Mentre le “variabili”, ovvero i descrittori empirici dei concetti, sono prevalentemente oggetto di valutazione tecnico-scientifica, le scelte di concetti, dimensioni e indicatori rappresentano fasi delicate la cui responsabilità deve essere politica.

A partire dal primario ruolo del Parlamento, auspichiamo il coinvolgimento attivo di tutte le istituzioni e degli altri soggetti che interagiscono con il sistema dell’istruzione e della formazione, ciascuno dei quali può contribuire ai processi di miglioramento.

A presiedere i processi valutativi, a validarne tecnicamente e scientificamente gli esiti, a supportarli anche fornendo gli strumenti adeguati, a declinare gli indicatori in descrittori, dovrà essere un Ente caratterizzato innanzitutto da terzietà.

LA PROPOSTA

Le associazioni firmatarie offrono questo documento a tutti i soggetti interessati a condividere e sottoscrivere un impegno per promuovere nel nostro Paese un sistema di valutazione funzionale alla piena attuazione del diritto all’istruzione, che responsabilizzi i livelli istituzionali e i decisori politici, che attivi il coinvolgimento di tutti i soggetti che interagiscono con il sistema, che supporti le scuole nei processi di miglioramento.

Le associazioni proponenti

A.I.M.C. – C.I.D.I. – F.N.I.S.M. – LEGAMBIENTE Scuola e Formazione – M.C.E. – Proteo Fare Sapere – Per la Scuola della Repubblica – C.G.D. – U.D.S.- Rete Studenti Medi

Roma 5 febbraio 2013

 

Concorso a cattedre – Strumenti per affrontare le prove scritte

È ancora possibile iscriversi alla piattaforma che offre ai candidati strumenti di sostegno per affrontare le prove scritte.

In Avvertenze Generali si propongono materiali sui principali argomenti richiesti dal bando, corredati di schede di lavoro con bibliografie e sitografie, e link per tutta la normativa.

Con le Esercitazioni sulle discipline oltre ad avere a disposizione materiali di approfondimento – schede di lavoro sull’organizzazione dello studio, bibliografie ragionate, sitografie, metodologia didattica, analisi dei programmi – è possibile, sotto la guida di un docente tutor, esercitarsi su quesiti che simulano la prova d’esame. Infatti sono attivati forum di discussione in cui i tutor pubblicano dei quesiti e sui quali i candidati si esercitano. Si crea in questo modo una vera e propria classe virtuale, la cui discussione arricchisce tutti.

Questi i corsi attivi:
– Avvertenze generali (solo materiali, senza forum);
– Matematica (classi di concorso A059/47/49, docente tutor prof. Giuliano Spirito);
– Inglese (classi di concorso A345/6, docente tutor prof.ssa Raffaella Cammarano);
– Francese (classi di concorso A245/6, docente tutor prof.ssa Antonella Cambria);
– Storia (classi di concorso A043/50/51/52, docente tutor prof.ssa Elena Musci);
– Italiano (classi di concorso A043/50/51/52, docenti tutor prof.sse Sara Carbone e Caterina Gammaldi).

Con questa iniziativa, insieme ad altre diffuse su tutto il territorio nazionale, il Cidi vuole contribuire alla qualità della formazione dei nuovi docenti e offrire un sostegno valido a tutti i candidati.

Arriva la prima sentenza definitiva sui ricorsi pettine in Toscana

Anche in Toscana l’ANIEF batte il MIUR sul pettine

 

Arriva la prima sentenza definitiva sui ricorsi pettine ANIEF in Toscana: il Tribunale di Prato accoglie senza riserve il ricorso patrocinato dagli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli e conferma il diritto all’immissione in ruolo in base al merito dalle graduatorie 2009/2011. MIUR nuovamente sconfitto e obbligato dall’ANIEF al rispetto della Costituzione.

 

L’Avv. Simona Fabbrini, che con professionalità e sempre attenta partecipazione si occupa dei nostri iscritti sul territorio, ottiene il sì definitivo da parte del Giudice del Lavoro di Prato – più rapido e solerte rispetto agli altri Fori della regione – e ristabilisce il giusto diritto all’immissione in ruolo di una nostra iscritta a far data dal 1° settembre 2009. Con una chiara e puntuale ricostruzione della “vicenda pettine”, il Giudice ribadisce senza ombra di dubbio, così come da sempre sostenuto dall’ANIEF, che il D.M. 42/09 e le relative graduatorie 2009/2011 dell’AT di interesse della ricorrente risultano illegittimi e devono essere disapplicati.

 

Il Giudice rileva, infatti, che “si tratta di disposizioni emesse dal M.I.U.R. in violazione del disposto della sentenza del T.a.r. Lazio n. 10809/2008, poi confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2486 del 27.04.2011” e richiama la sentenza della Corte Costituzionale ottenuta dall’ANIEF ricordando che “la Consulta ha ritenuto che la predetta disposizione fosse in contrasto con l’art. 3 della Cost., in quanto “utilizzando il mero dato formale della maggiore anzianità di iscrizione nella singola graduatoria provinciale per attribuire al suo interno la relativa posizione, introduce una disciplina irragionevole che – limitata all’aggiornamento delle graduatorie per il biennio 2009-2011 – comporta il totale sacrificio del principio del merito”.

 

Nonostante le lungaggini e i ritardi registrati nei tribunali di tutta la Toscana, la nostra iscritta ha finalmente ottenuto quanto il MIUR sin dal 2009 le aveva negato: il contratto a tempo indeterminato che le sarebbe spettato in base al punteggio posseduto e alla corretta posizione in graduatoria. Ancora una volta l’ANIEF vince in tribunale e impone al MIUR il rispetto del merito e della Costituzione; MIUR soccombente condannato anche al pagamento di 1.200 Euro per le spese di giudizio.

 

Safer Internet Day: a Roma il lancio del progetto GENERAZIONI CONNESSE

Safer Internet Day: a Roma il lancio del progetto GENERAZIONI CONNESSE coordinato dal MIUR per la sicurezza dei minori su Internet e sui nuovi media.

Una rete nazionale di adolescenti, nuovi utili strumenti, attività di sensibilizzazione in oltre 200 scuole, l’azione corale di Istituzioni, associazioni e cooperative per promuovere e tutelare i diritti online dei più giovani

(Roma, 5 febbraio 2013) In occasione del Safer Internet Day 2013, l’appuntamento indetto dalla Commissione Europea per sensibilizzare i più giovani su un utilizzo corretto e responsabile dei nuovi media, è stato presentato stamane – presso l’Auditorium del Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Roma – alla presenza del Ministro Francesco Profumo il progetto Generazioni Connesse, che racchiude sotto il coordinamento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca alcune delle principali realtà che si occupano di sensibilizzare i minori ad un utilizzo consapevole di internet e dei new media, quali l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, la Polizia Postale e delle Comunicazioni, Save the Children Italia, Telefono Azzurro, la Cooperativa E.D.I. e il Movimento Difesa del Cittadino.

Il progetto è co-finanziato dalla Commissione nell’ambito del programma Safer Internet, che dal 1999 promuove strategie finalizzate alla promozione e tutela dei diritti online dei più giovani. Il programma prevede il finanziamento di interventi a livello europeo e nazionale, supportando la creazione di poli di riferimento nazionali sul tema: i Safer Internet Centres – Centri nazionali per la sicurezza in rete.

Nel dettaglio Generazioni Connesse promuoverà interventi di sensibilizzazione e formazione in oltre 200 scuole (tra primarie e secondarie di primo grado) su tutto il territorio nazionale, insieme ad attività di peer-education con gli studenti, seminari interattivi con insegnanti e genitori, raggiungendo circa 70.000 persone tra docenti e alunni. Inoltre il progetto si propone di creare una rete di ragazzi e ragazze a livello nazionale per portare le loro parole in contesti e agende che al momento non accolgono la voce dei loro disagi con il giusto peso. Il progetto promuoverà interventi mirati alla prevenzione e al contrasto dell’abuso sessuale online dei minori, la creazione di reti regionali con la collaborazione della Polizia di Stato, degli Uffici Scolastici Regionali, dei servizi del pubblico e privato sociale; favorirà la diffusione di strumenti utili – che includono un servizio di helpline – per supportare bambini, adolescenti e genitori in merito a esperienze negative e/o problematiche inerenti l’utilizzo dei nuovi media.

Connect with respect è lo slogan scelto quest’anno dalla Commissione Europea per celebrare il decimo anniversario del Safer Internet Day, la giornata mondiale per l’utilizzo sicuro dei nuovi media da parte dei più giovani. L’obiettivo quest’anno, è quello di incoraggiare i ragazzi e le ragazze ad utilizzare la Rete rispettando se stessi e gli altri, stimolandoli a costruire relazioni positive e significative con i propri coetanei anche nella sfera virtuale. Lo slogan contaminerà tutti gli interventi e le attività di sensibilizzazione poste in essere dalle realtà promotrici del progetto Generazioni Connesse.

“Internet è diventato uno strumento di lavoro, informazioni e svago imprescindibile per molti adulti e per tutti i ragazzi – ha dichiarato il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Francesco Profumo – Per i giovani è un ambiente familiare e quotidiano, a cui accedono soprattutto per comunicare e per divertirsi. Insegnare loro a districarsi tra le moltissime opportunità, e le possibili insidie, è un compito formativo al quale la scuola non vuole certo sottrarsi. Anche perché Internet stesso sempre più costituirà un mezzo di apprendimento fondamentale per studenti e insegnanti. Il Miur è quindi ben felice di poter coordinare il progetto ‘Generazioni connesse’, perché i temi dell’identità digitale, del rispetto della riservatezza, dell’uso corretto delle informazioni in rete, oltre che della lotta al cyber bullismo, rappresentano un passo fondamentale per coltivare nuove generazioni di cittadini consapevoli e responsabili”.

“La rete rappresenta ormai uno strumento fondamentale e imprescindibile soprattutto per i giovani – ha commentato Antonio Apruzzese, Direttore del servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni –. La complessità di questa realtà però richiede che i ragazzi sappiano usare il web in maniera critica e sicura: è fondamentale un’opera di sensibilizzazione, formazione e informazione continua, anche attraverso iniziative di ampio respiro come il Safer Internet Day”.

“I bambini e gli adolescenti oggi comunicano fra di loro in un modo che tende a tagliare fuori gli adulti, anche a causa della nostra scarsa attenzione a come il fenomeno di internet sia evoluto molto velocemente. Dobbiamo accompagnare i nostri ragazzi nella scoperta di nuove frontiere della comunicazione. Affrontando con loro questi cambiamenti, riusciremo insieme a godere dei benefici della rete. E ad allontanarne le insidie ed i possibili pericoli”.- ha dichiarato Vincenzo Spadafora, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza.

“Garantire un ambiente online sicuro per i più giovani è una responsabilità condivisa. Ecco perché da anni lavoriamo in rete e nel 2012 abbiamo promosso un Comitato che aggrega 52 realtà che a vario titolo operano nel settore. I rischi, quali cyber bullismo, adescamento e pedopornografia, sono noti. L’educazione ai new media è uno degli strumenti più validi per contrastarli e come tale deve entrare nella didattica offerta dal nostro sistema scolastico.”, ha commentato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children.

“Le richieste di aiuto che arrivano a Telefono Azzurro e le attività di ricerca da noi svolte, ci aiutano a capire che seppur competenti, i ragazzi hanno comportamenti nel web a volte ingenui. Telefono Azzurro, quindi, oltre ai servizi attivi da anni quali il 1.96.96, il 114 e chat e alle attività svolte nelle scuole in collaborazione anche con Google e Polizia Postale, per essere più vicini ai ragazzi ha intensificato i propri servizi nella rete” – ha dichiarato il Prof. Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro.

Nel corso dell’evento la scuola ha organizzato un laboratorio simulazione insieme agli studenti. Infatti, in qualità di Scuol@ 2.0 del Lazio, il Convitto Nazionale da anni porta avanti percorsi di formazione e condivisione con gli studenti, le famiglie e i docenti sull’uso delle nuove tecnologie nella didattica e sulla sicurezza informatica. È stato proiettato il video virale “Condividi Chi?”, realizzato dai vincitori de L’Immagine del Suono, contest rivolto a giovani registi e video maker promosso dalla Cinevox Records. Il viral che verrà promosso in rete da tutti i partner è stato realizzato con l’obiettivo specifico di sensibilizzare gli utenti più giovani ad un utilizzo positivo e responsabile dei nuovi media, trattando il tema del rispetto in rete – e nella fattispecie del cyber bullismo – ricorrendo all’incisività del linguaggio video e agli strumenti propri dei giovani, come smartphone e social network. Il video sarà veicolato da Nickelodeon, il canale satellitare a target ragazzi di Viacom Italia, che promuoverà la campagna con una pianificazione gratuita sui propri canali.

Gli studenti che lavorano in gruppo hanno voti migliori

da lastampa.it

Gli studenti che lavorano in gruppo hanno voti migliori

La cooperazione può essere sia online che offline
San Diego

Gli studenti che lavorano insieme e interagiscono online per risolvere problemi e svolgere i compiti hanno voti migliori dei compagni di classe esclusi da questa strategia di cooperazione, secondo una nuova ricerca dell’Università della California pubblicata sulla rivista Nature Scientific Reports.

Lo studio ha dimostrato che se i ragazzi si sostengono in gruppo nello studio aumentano notevolmente le possibilità di superare gli anni scolastici con successo. Un sostegno che generalmente i ragazzi promuovono sia attraverso i Social network sia nella realtà.

L’indagine californiana condotta da Manuel Cebrian sostiene che studiare da soli non è una strategia vincente quanto il lavorare in gruppo per il raggiungimento di uno stesso obiettivo. Stando ai risultati, infatti, i ragazzi che cooperano tra loro online e offline hanno i voti più alti in una classe in contrasto con i ragazzi che studiano da soli e con quelli che si sforzano di entrare nel gruppo di “sostegno” ma vengono rifiutati.

La ricerca ha coinvolto 290 studenti e ha analizzato ottantamila interazioni per scoprire che più alto è il numero di interazioni online fatte dagli studenti più alti sono in proporzione i voti scolastici.

Più alunni, ma stesse classi

da ItaliaOggi

Più alunni, ma stesse classi

di Carlo Forte

 Dal prossimo anno scenderà di 100 unità, da 1000 a 900 alunni, il numero minimo di alunni per costituire un’istituzione scolastica dotata di un preside e di un direttore dei servizi generali e amministrativi titolari. La determinazione del numero dei dirigenti scolastici da assegnare regione per regione sarà attribuita, infatti, utilizzando come dividendo il numero degli alunni complessivamente frequentanti nella regione e come divisore il numero 900. É quanto trapela da una serie di incontri al ministero dell’istruzione in vista dell’intesa con le regioni. L’amministrazione ha reso noto che il numero degli alunni è cresciuto di circa 26mila unità, ma il numero delle classi (e quindi dei docenti) non subirà variazioni. Ciò per rispettare i vincoli di spesa imposti dalle disposizioni in vigore. Tanto più che per rientrare nei limiti bisognerebbe che il numero delle istituzioni scolastiche scendesse di almeno 1000 unità. Resta il fatto, però, che il numero dei dirigenti scolastici subirà riduzioni molte modeste. Dal prossimo anno, infatti, l’organico dei dirigenti sarà ridotto di appena 38 unità, passando dagli attuali 8880 a 8842. E l’anno scorso il taglio era stato altrettanto modesto : 37 dirigenti in meno. Le regioni potranno scegliere di costituire istituzioni scolastiche anche in deroga ai parametri di massima fissati dal ministero. Ma i dirigenti scolastici e i direttori dei servizi generali e amministrativi non saranno assegnati alle istituzioni scolastiche con meno di 600 alunni, che scendono a 400 nelle scuole di montagna. Quanto al coordinamento delle disposizioni per la costituzione degli organici e gli effetti della sentenza della corte costituzionale 147/2012, l’amministrazione sarebbe orientata a non rivedere la propria posizione. La Consulta, infatti, si è limitata a dire che è incostituzionale la norma che impone alle regioni di non costituire istituti comprensivi al di sotto dei mille alunni. E cioè l’articolo 19 comma 4 del decreto legge 98/2001.Perchè è una norma di dettaglio che rientra nella competenza delle regioni. Ma ha fatto salva la facoltà dell’amministrazione scolastica di definire gli organici dei dirigenti scolastici. E quindi anche il successivo comma 5 il quale dispone che «alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome». Ciò vuole dire che l’amministrazione ha pieno titolo a dire quanti dirigenti scolastici intende assegnare alle regioni. Sta alle regioni, poi, stabilire quante istituzioni scolastiche istituire. Fermo restando che la differenza tra il numero delle scuole istituite dalla regione e il numero dei dirigenti da assegnare non comporterà aumenti nella dotazione organica dei medesimi. Pertanto, se i dirigenti scolastici assegnati non basteranno, le scuole che non otterranno un titolare dovranno accontentarsi di un reggente. Idem per quanto riguarda i direttori dei servizi. E sarà questa la sorte che toccherà, in ogni caso, alle scuole con meno di 600 alunni, in via ordinaria, o con meno di 400 alunni, se si tratta di scuole di montagna.

Valutazione sì, ma senza Invalsi

da ItaliaOggi

Valutazione sì, ma senza Invalsi

Emanuela Micucci

Una consultazione nazionale sulla scuola in tempi rapidi, con scadenze certe, per istituire un sistema nazionale di valutazione condiviso, dal forte valore politico. Abbandonando le prove Invalsi come «l’unico strumento per procedere alla valutazione tour court del sistema scolastico, degli istituti, dei docent». É la proposta contenuta nel documento «La valutazione: un tema cruciale, un impegno condiviso», pubblicato da 9 associazioni del mondo della scuola.

Da Proteo Fare Sapere al Movimento di cooperazione educativa, passando per gli insegnati del Cidi e della Fnism, fino a Legambiente Scuola. Ma ci sono anche i maestri cattolici del’Aimc accanto all’associazione Per la scuola della Repubblica. E i genitori democratici del Cdg con l’Unione degli studenti. Tutti a sottoscrive un documento per promuovere «un sistema di valutazione funzionale alla piena attuazione del diritto all’istruzione, che responsabilizzi i livelli istituzionali e i decisori politici, che attivi il coinvolgimento di tutti i soggetti che interagiscono con il sistema, che supporti le scuole nei processi di miglioramento«. Superando localismi e ideologie sulla valutazione, «tema strategico nelle politiche di sviluppo sociale, educativo ed economico del nostro Paese». Occorre, però, prima sgombrare il campo da una «trappola culturale»: valutare non significa né meritocrazia né premialità. Né un apparato tecnico valutativo riesce da solo ad attivare processi di miglioramento del sistema di istruzione e formazione, senza la valorizzazione professionale, la riforma degli organi di governo della scuola, investimenti finanziari. Le associazioni, allora, auspicano che si dia vita a una consultazione nazionale sulla scuola, articolata nei diversi territori e con gli esiti discussi in parlamento. Così da enucleare anche gli elementi normativi portanti di un sistema nazionale di valutazione articolato e coordinato a più livelli. Da una parte, la verifica costante degli interventi politici e istituzionali sul sistema educativo. Dall’altra, la valutazione di sistema, possibile solo dopo la definizione dei suoi livelli essenziali di qualità da parte del Parlamento. Mentre nella valutazione delle scuole, intesa «come dialettica tra valutazione esterna e autovalutazione», interverranno non solo operatori della scuola, genitori e studenti, ma anche enti locali e realtà associative del territorio. In merito alla valutazione formativa degli alunni, denunciano le associazioni, le prove nazionali inserite negli esami conclusivi«pesano in modo distorto ed esagerato» sugli esiti del percorso individuale. Non solo. Le rilevazioni internazionali dimostrano che non c’è alcun bisogno che le prove Invalsi standardizzate, «un utile strumento per una rilevazione nazionale degli apprendimenti», siano svolte su base censuaria. Inoltre, una valutazione di sistema «deve occuparsi anche dei processi che determinano quegli esiti». La valutazione degli operatori della scuola (dirigenti, docenti e personale Ata) dovrà definirsi all’interno del contratto nazionale del lavoro. Mentre a garantire il supporto tecnico e scientifico ai processi valutativi sarà un ente terzo.

Concorsone, commissari in fuga “Pagati troppo poco”

da Il Messaggero

Concorsone, commissari in fuga “Pagati troppo poco”

IL CASO
ROMA Commissari low cost. La tempesta di tagli che si è abbattuta con la legge di stabilità varata dal governo Monti non risparmia anche quello che ormai tutti chiamano il concorsone, il concorso per aspiranti docenti che a dicembre ha coinvolto circa 321mila candidati. Ne sono rimasti in campo poco più di 88mila che dall’11 al 21 febbraio prossimi dovranno affrontare la prova scritta dopo aver superato quella preselettiva. Ma il ministero dell’Istruzione fatica a trovare i commissari.


50 CENTESIMI A COMPITO
Cinquanta centesimi per ogni compito corretto (una correzione può impegnare anche per un’ora di lavoro) e interrogazione fatta non possono far certo gola nemmeno in tempo di crisi. Cinquanta centesimi a compito e interrogazione che si aggiungono al compenso forfettario di 209 euro lordi, che arrivano fino a 250 per i presidenti di commissione. Tutto qui: un compenso mini che sta facendo storcere la bocca a tanti commissari in pectore, che ora vedono questa possibilità non più come un’opportunità di prestigio per arrotondare lo stipendio.
Il concorso voluto dal ministro Francesco Profumo per assumere 11.542 nuovi prof che fino ad ora era riuscito a superare tutti gli ostacoli organizzativi, comprese le prove preselettive, per la prima volta in un concorso fatte tutte al computer con sistema informatico, rischia ora di incepparsi. Perché non si trova un numero sufficiente di dirigenti scolastici, docenti universitari e insegnanti di scuola disposti a selezionare i candidati. Il motivo, non dichiarato ma facilmente intuibile, è proprio nell’esiguità dei compensi che possono arrivare al massimo a 2.051,70 euro lordi (netti circa 1.200) che per i commissari prevedono la correzione di più compiti scritti per candidato, e circa 2.500 euro per i presidenti (sempre lordi). Ben altri massimi erano previsti quando i compensi erano in lire, dove si poteva arrivare anche a cifre teoriche di 13.520.000 per 208 sedute di lavoro. E il ministero, vista la penuria di volontari, ha preso le sue contromisure. Dopo che erano stati già riaperti i termini per la presentazione delle candidature fino al 31 gennaio scorso, un decreto dello stesso ministro Profumo ha indicato ai direttori scolastici degli uffici regionali di procedere direttamente alla nomina dei commissari «assicurando la partecipazione alle commissioni giudicatrici di esperti di comprovata esperienza nelle materie del concorso».


NUOVI REQUISITI
Il decreto pubblicato ieri sul sito del ministero ammorbidisce anche alcuni requisiti di solito richiesti per gli aspiranti commissari, come master e dottorati. In molte regioni sono ancora tante le commissioni incomplete. Nel Lazio, un avviso dell’Ufficio scolastico regionale segnalava a fine gennaio la mancanza del presidente per la commissione della scuola dell’infanzia e per altre nove classi ci concorso. Carenze nelle commissioni della scuola materna anche in Lombardia. Dove però mancano pure commissari per l’educazione fisica, tecnologia e per altre classi di concorso. Commissioni in alto mare anche in Abruzzo, Sicilia, e Marche. Tanto per fare alcuni esempi.
E in base al numero di presenti alle prove scritte, sarà necessario integrare le commissioni costituite da un presidente e da due commissari per ogni classe di concorso o ambito disciplinare con delle sottocommissioni, una per ogni frazione di 500 candidati oltre i primi 500. Quindi, se i candidati saranno 1.600, le sottocommissioni che si dovranno formare oltre quella principale saranno tre. E per loro, chissà per quale ragione, il compenso è ridotto della metà.
Alessia Camplone

Cyberbullismo, due giovani su tre lo temono. Soprattutto a scuola

da Tecnica della Scuola

Cyberbullismo, due giovani su tre lo temono. Soprattutto a scuola
di A.G.
A confermarlo è una ricerca realizzata da Ipsos per Save the Children, che il 4 febbraio ha reso pubblici dei dati sui varrebbe la pena riflettere: se per il 67% dei ragazzi italiani si può esser puntati durante la sosta in piazzetta, nel solito locale o in altri abituali luoghi di aggregazione, per l`80% dei minori intervistati la scuola rappresenta la residenza elettiva del bullismo nella vita reale. Save the Children: unire le forze di aziende, istituzioni scolastiche e governative, contando sul ruolo chiave della famiglia.
Il cyberbullismo sta diventando un fenomeno sempre più incidente e non controllabile dai ragazzi che lo subiscono. A confermarlo è stata una ricerca realizzata da Ipsos per Save the Children, che il 4 febbraio ha reso pubblici dei dati sui varrebbe la pena riflettere: il 72% degli adolescenti e giovanissimi italiani avverte il cyberbullismo come il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo; inoltre, i social network risultano la modalità d`attacco preferita dal cyberbullo (61%), che di solito colpisce la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie (59%) o tramite la creazione di gruppi “contro” (57%).
Praticamente azzerate le distanze grazie alla tecnologia, i due terzi dei minori italiani riconoscono nel cyberbullismo la principale minaccia che aleggia sui banchi di scuola, nella propria cameretta, nel campo di calcio, di giorno come di notte. E percepiscono, soprattutto le ragazze, alcuni degli ultimi tragici fatti di cronaca molto (33%) o abbastanza (48%) connessi al fenomeno. Per tanti di loro, il bullismo via internet arriva a compromettere il rendimento scolastico (38%, che sale al 43% nel nord-ovest), erode la volontà di aggregazione della vittima (65%, con picchi del 70% nelle ragazzine tra i 12 e i 14 anni e al centro), e nei peggiori dei casi può comportare serie conseguenze psicologiche come la depressione (57%, percentuale che sale al 63% nelle ragazze tra i 15 e i 17 anni, mentre si abbassa al 51% nel nord-est). Più pericoloso tra le minacce tangibili della nostra era per il 72% dei ragazzi intervistati (percentuale che sale all`85% per i maschi tra i 12 e i 14 anni e al 77% nel sud e nelle isole), più della droga (55%), del pericolo di subire una molestia da un adulto (44%) o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24%).
Se per il 67% dei ragazzi italiani si può esser puntati durante la sosta in piazzetta, nel solito locale o in altri abituali luoghi di aggregazione, per l`80% dei minori intervistati la scuola rappresenta la residenza elettiva del bullismo nella vita reale, che trova rinforzo ed eco in quella virtuale attraverso un utilizzo pressoché costante di dispositivi di ultima generazione. Questa percentuale si innalza all`86% nei pre-adolescenti maschi.
I ragazzi trascorrono gran parte del loro tempo tra i banchi ed è lì che sperimentano una buona fetta della loro socialità. Il ruolo della scuola è di primaria importanza per valutare ed implementare interventi mirati contro il dilagare del cyber bullismo. L`insegnante per il suo stesso ruolo deve essere un’‘antenna’ pronta ad intercettare e leggere ciò che accade alle dinamiche relazionali della classe – afferma Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia – e, come tale, parte attiva insieme alla scuola nella costruzione di strategie preventive e di contrasto al fenomeno. I docenti però non vanno lasciati soli, il bullismo è un fenomeno complesso che spesso trae origine da un disagio profondo che riguarda il bullo e il gruppo, così come la vittima, e richiede dunque strategie in grado di cogliere e gestire questo disagio. Quindi, uscire da un`ottica di emergenza legata al singolo caso ed entrare in un`ottica di interventi strutturali a lungo termine è la strada da percorrere“.
Per il rappresentante di Save the Childre, solo “unendo le forze di aziende, istituzioni scolastiche e governative, e contando sul ruolo chiave della famiglia, si può lavorare assieme con l`obiettivo di sviluppare nei ragazzi e nelle ragazze le competenze emotive necessarie per costruire relazioni significative con gli altri“.
Sono diverse le modalità che i ragazzi raccontano di poter mettere in atto una volta individuata la vittima: si rubano e-mail, profili, o messaggi privati per poi renderli pubblici (48%), si inviano sms/mms/e-mail aggressivi e minacciosi ( 52%, lo fanno soprattutto le femmine preadolescenti, la cui percentuale raggiunge il 61%), vengono appositamente creati gruppi “contro” su un social network per prendere di mira qualcuno (57%), o ancora vengono diffuse foto e immagini denigratorie o intime senza il consenso della vittima (59%, con picchi del 68% nel nord est), o notizie false sull`interessato via sms/mms/mail (58%). La modalità d`attacco preferita dai giovani cyberbulli è la persecuzione della vittima attraverso il suo profilo su un social network (61%).
E per la maggior parte dei ragazzi (pari all`83%), gli episodi di bullismo “virtuali” sono molto più dolorosi di quelli reali per chi li subisce perché non ci sarebbero limiti a quello che si può dire e fare (73%), potrebbe avvenire continuamente e in ogni ora del giorno e della notte (57%) o non finire mai (55%). Per il 50% dei ragazzi la rete rende anonimi e quindi apparentemente non perseguibili e consente di falsare i protagonisti. La pericolosità del web inoltre deriva dal fatto che chiunque può avere accesso (32%), e i contenuti o le affermazioni fatte da altri sono più facilmente strumentalizzabili (34%).

Ed è l`isolamento è la conseguenza principale del cyber bullismo. Per il 67% degli intervistati, chi lo subisce si rifiuta di andare a scuola o fare sport, ma soprattutto è la dimensione della socialità a risentirne: il 65% afferma che le vittime non vogliono più uscire o vedere gli amici (con picchi de 70% al centro e tra le femmine dai 12 ai 14 anni), il 45% che si chiudono e non si confidano più (anche qui, per le femmine la percentuale sale al 47%). Anche effetti più gravi, che incidono sullo stato di prostrazione psicologica della vittima, sembrano essere ben percepiti dai ragazzi: secondo il 57% degli intervistati le vittime di cyber bullismo vanno in depressione, il 44% ha la percezione che potrebbero decidere di farsi del male o anche peggio (le percentuali diventano rispettivamente del 63 e del 50% secondo le femmine dai 15 ai 17 anni).
Sono stati testimoni di atti di cyber bullismo da parte di coetanei almeno 4 ragazzi intervistati su 10, ed il 5% ne parla addirittura come di una esperienza regolare e consueta. L`elevato e costante tasso di innovazione tecnologica lascia presupporre che in futuro la componente adulta del Paese si troverà sempre più di frequente a dover gestire questioni delicate e complesse per garantire la tutela dei minori online.
Fa riflettere poi un ultimo dato: quando si chiede ai ragazzi quali contromisure adottare per arginare il fenomeno, la maggior parte suggerisce attività di informazione, sensibilizzazione e prevenzione che prevedano il coinvolgimento ad ampio raggio di scuola, istituzioni, aziende e degli stessi genitori. Infatti nonostante più della metà delle mamme condivida foto, video e informazioni con i figli attraverso i social network e ne conoscano le credenziali d`accesso per monitorare la loro dimensione virtuale, il 41% dei ragazzi invoca maggiore vigilanza da parte dei genitori, ed è consapevole del ruolo e delle responsabilità in capo ai gestori delle piattaforme social in primis, cui si appella il 41% dei minori per l`adozione di contromisure, insieme ad un 24% che chiede l`intervento dei gestori telefonici.

E’ opportuno tagliare il fondo d’istituto? Opinioni contrastanti

da Tecnica della Scuola

E’ opportuno tagliare il fondo d’istituto? Opinioni contrastanti
di Lucio Ficara
Girando per le scuole, e in particolar modo nelle sale degli insegnanti, si sente parlare del taglio del fondo d’istituto, effettuato per sbloccare gli scatti di anzianità maturati nel 2011, come un taglio utile ed intelligente. Le conclusioni che possiamo trarre è quella che il fondo d’istituto è percepito come un fondo lottizzato, preda dei poteri interni alle scuole
In sostanza esiste l’idea, abbastanza diffusa, che il fondo d’istituto serva essenzialmente a saziare gli appetiti, economici e di potere, dei soliti noti, presenti in ogni comunità scolastica. Si tratta di fondi, che oscillano tra i 100mila e i 200mila euro l’anno per ogni singola scuola, e vengono utilizzati con i criteri stabiliti in contrattazione integrativa d’istituto. L’istituzione del fondo d’istituto è vista da una parte dei docenti, come un potere disgregante, che mette i docenti l’uno contro l’altro, in una corsa competitiva volta ad accaparrarsi una fetta sostanziosa del FIS. Nei discorsi tra colleghi, durante le ora buche, si sentono anche opinioni molto dure e preoccupanti, che dovrebbero allarmarci se fossero vere. C’è chi, infatti, definisce il fondo d’istituto come la fonte di tutti i mali della scuola italiana.
Bisogna dire, senza timore di quanto affermiamo, che la disponibilità di un fondo d’istituto, messa nelle mani di un Ds che si comporta in modo poco trasparente e che viene circondato da figure di rappresentanza sindacale compiacenti o inette, alimenterebbe quei fenomeni di corruzione, inefficienza, clientelismo, che rappresentano il fallimento sia sul piano educativo, etico e morale ma anche su quello programmatico dell’intera comunità scolastica. Quante volte è capitato di vedere approvati, da parte del collegio dei docenti, “progetti idioti”, finanziati con i fondi d’Istituto, totalmente inutili e addirittura causa di distrazione per lo svolgimento delle attività didattiche curricolari degli alunni?
In questi ultimi dieci anni, le forze politiche che hanno governato l’Italia sia di orientamento di centrodestra che di centrosinistra, hanno demolito e svilito i fondi pubblici per le attività didattiche curricolari, impostando una politica orientata sul risparmio e sui tagli, ma hanno sempre garantito i soldi del fondo di istituto, proteggendo l’autonomia scolastica e i poteri forti del Ds e dei suoi stretti collaboratori, senza controllare la ricaduta, in termini di crescita culturale degli studenti, prodotta dal reale utilizzo di questi fondi. Bisogna precisare che l’utilizzo sbagliato e futile di questi fondi, dicono sempre alcuni docenti, non ha prodotto risultati apprezzabili sull’apprendimento degli alunni, al contrario ha distolto gli studenti dalla concentrazione dello studio curricolare, ed ha alimentato per quanto riguarda i docenti un atteggiamento ruffiano e scorretto, tipico di ambienti che con la cultura poco hanno a che fare.
Ascoltando alcune discussioni raccolte negli ambienti scolastici, comprendiamo il motivo per cui non sale l’indignazione, tra gli addetti ai lavori, per l’ingente riduzione del fondo d’istituto, per sbloccare l’annoso problema degli scatti di anzianità. Ci piacerebbe sentire, al riguardo, l’opinione dei nostri lettori, che magari hanno una percezione diversa sull’utilizzo del fondo d’istituto.

Assunzioni in arrivo per i collaboratori scolastici. Ancora “congelate” per amministrativi e tecnici

da Tecnica della Scuola

Assunzioni in arrivo per i collaboratori scolastici. Ancora “congelate” per amministrativi e tecnici
di Alessandro Giuliani
Il via libera – che vale anche per cuochi, guardarobieri, infermieri e tecnici aziende agrarie – è arrivato a seguito delle pressioni dei sindacati: la querelle sui circa 3.500 docenti inidonei non si sblocca e di tempo ne è stato persono sin troppo. Prima delle oltre 2mila immissioni in ruolo, con effetto giuridico 1° settembre 2012, rimane ora solo un cavillo burocratico da assolvere.
Sulle assunzioni del personale Ata il ministero dell’Istruzione si è dovuto arrendere all’evidenza. Con il dimensionamento “congelato”, malgrado la sentenza della Consulta del giugno scorso e i ricorsi in atto, in particolare da parte dell’Anief, e non sbloccandosi la querelle sul personale docente reputato inidoneo (con 3.500 lavoratori coinvolti), che per effetto della spending review approvata la scorsa estate dovrebbe favorire il transito nei ruoli del personale amministrativo e tecnico, da viale Trastevere è arrivato finalmente il via libera per l’assunzione a tempo indeterminato degli altri ruoli professionali. Ovvero per collaboratori scolastici, cuochi, guardarobieri, infermieri e tecnici operanti all’interno delle aziende agrarie.
Nel corso dell’ultimo incontro con i sindacati, dal Miur hanno sottolineato che nelle prossime settimane tutti i candidati di questi profili potranno essere convocati dai rispettivi Uffici scolastici territoriali per l’agognata chiamata in ruolo. Decurtando il contingente riguardante amministrativi e tecnici, rimarrebbero oltre 2mila posti. Una cifra non certo irrisoria. Che si ritroverebbe, una volta firmato il contratto a tempo indeterminato, con assunzione in ruolo giuridica a partire dal 1° settembre 2012. E anche con il servizio svolto nel 2012/2’13 utile per l’attuazione dell’anno di prova.
Presa la decisione al Miur, anche a seguito delle ripetute pressioni sindacali, rimane tuttavia ancora un cavillo burocratico da risolvere: la registrazione dell’organico del personale non docente relativa proprio all’anno scolastico in corso. Stavolta però l’attesa non sarà di cinque mesi.

Profumo: “Nessuna fuga dagli atenei”

da Tecnica della Scuola

Profumo: “Nessuna fuga dagli atenei”
“Dietro la statistica una realtà diversa. Calano gli studenti anziani, ma la crescita dei laureati italiani è superiore alla media Ue”: così il ministro dell’istruzione Profumo in una intervista a La Stampa.
In base alla denuncia del Cun, il Consiglio Universitario Nazionale, ci sarebbe una crisi profonda dell’università. In dieci anni gli iscritti sono calati del 17%, come se l’intera Statale di Milano non esistesse più.
“Credo che per dare giudizi si debba partire da dati che abbiano valore statistico reale. In quel caso invece è stato considerato un anno di riferimento in cui c’è una bolla dovuta a due elementi. Da un lato ci sono gli studenti partiti con il vecchio ordinamento che hanno tentato di iscriversi al nuovo per ottenere la laurea breve. Questo ha un grande valore sociale ma crea una bolla nei dati. E poi c’è un altro gruppo di dipendenti della pubblica amministrazione che frequentavano le università per effetto di accordi che consentivano loro di laurearsi e di ottenere crediti. Dai dati risulta invece che prima dell’avvio del nuovo ordinamento, nel 1999-2000, gli immatricolati erano 278 mila e 278 mila erano dieci anni dopo. Nel 2003-2004, invece, quando la riforma era operativa, quasi 64 mila studenti neo-iscritti avevano più di 23 anni. Dieci anni dopo gli stessi studenti sono solo 18 mila. La bolla si è annullata”. Relativamente al calo costante dal 2005 dei nuovi iscritti continua dicendo:
“Nel corso di questi anni ad essere crollate sono le immatricolazioni di chi ha più di 19 anni, e cioè di quelli che sono passati dal vecchio al nuovo ordinamento. E va considerato anche l’aspetto demografico. Tra il 1999 e il 2011 si sono persi 70 mila diciannovenni per il crollo delle nascite, mentre il numero dei diplomati è rimasto costante. È evidente quindi che più correttamente va detto che la scolarità è aumentata”
Mentre sulla effettiva capacità degli atenei a rispondere alle esigenze degli studenti, Profumo afferma: “I dati ci mostrano come solo una parte di coloro che hanno fatto parte della bolla si sono poi davvero laureati. Ma mostrano anche un sistema stabile. La media di crescita dei laureati in Italia è superiore a quella dell’Ue a 21 che è del 4% e dei Paesi Ocse che è del 3,7%. Paesi come la Francia e la Germania sono fermi al 2,8% e all’1,3%. Partendo da una situazione peggiore abbiamo avuto l’opportunità di crescere di più. Il sistema universitario italiano non presenta anomalie e ha una buona tenuta, superiore alle aspettative: la crisi risale al 2007 determinando difficoltà da parte delle famiglie e minore propensione a decidere di investire risorse in questi studi”.
E poi continua: “Quelli di cui ho parlato finora sono dati medi. È chiaro che il quadro non è omogeneo in tutto il Paese. ma diverso da regione a regione e da università a università. Il vantaggio rispetto al passato è che oggi quando studenti e famiglie scelgono non badano più solo ad ottenere la laurea ma alla qualità del titolo. E esistono dati oggettivi che consentono agli studenti di fare la scelta migliore. Nei giorni scorsi abbiamo approvato il decreto sull’accreditamento e la valutazione, il primo passo per avere dati certificati su tutto il territorio nazionale in modo che gli studenti scelgano l’università più adatta ed efficiente”. “Stiamo lavorando per garantire il diritto allo studio. Fra pochi giorni ci sarà un decreto che premierà chi vale. Non interverremo sulle quantità ma ci sarà una rimodulazione su base geografica che permetterà di favorire gli studenti svantaggiati e fuorisede e penalizzare i fuoricorso”.
Se dovesse fare invece un resoconto del suo operato al Miur, il ministro dichiara di avere dato “la possibilità di far capire che alcuni settori come scuola e università non possono seguire i tempi della politica ma sono investimenti a lungo rilascio, indispensabili, da tenere in considerazione sempre e comunque”.

Sud e Isole: 148 mila alunni in meno in cinque anni

da tuttoscuola.com

Sud e Isole: 148 mila alunni in meno in cinque anni
 Dall’anno scolastico 2007/08 a quest’anno le regioni del Sud hanno perso complessivamente quasi 95 mila alunni (94.825), pari ad un decremento percentuale del 4,8%. Il decremento nella scuola primaria (oltre 41 mila) è stato del 5,8%, nelle superiori (oltre 42 mila) del 5,4%.

È quanto si ricava elaborando i dati delle tabelle ministeriali consegnate ai sindacati nel corso dell’informativa sugli organici del prossimo anno.

La flessione demografica di quell’area, non nuova, è costante (e continuerà ancora per molto tempo), senza risparmiare nessuna regione meridionale (tutte in decremento).

Anche le Isole, con un calo complessivo di quasi 53 mila unità (52.707, pari al 5,9%) nel periodo considerato, si trovano in una situazione analoga.

Molise, Basilicata e Calabria hanno toccato complessivamente le punte più elevate di flessione demografica tra il 7% e il 9%. Negli istituti superiori il decremento ha superato il 10%.

Nel periodo considerato, in tutte le altre regioni italiane, nessuna esclusa, si è registrato, invece, un incremento. Nel Nord Ovest l’incremento ha sfiorato le 88 mila unità (più 5,6%), nel Nord Est le 76 mila (più 7%), nelle regioni centrali le 41 mila unità (più 3,2%).

L’Italia scolastica è nettamente divisa in due: al Sud cala il numero di alunni, al Centro e al Nord aumenta. Con inevitabili effetti sulle classi da chiudere o aprire, e sulle strutture scolastiche da ridurre o ampliare. E sugli organici.

Se la Lombardia è la regione che ha fatto registrare in valori assoluti il maggiore incremento con un aumento di oltre 65 mila studenti, l’Emilia-Romagna è la regione con il maggior tasso di incremento (più 10%).

Incremento delle classi pollaio?

da tuttoscuola.com

Incremento delle classi pollaio?
 Nell’informativa sindacale sugli organici della settimana scorsa il Miur, oltre a fornire i dati previsionali degli alunni per il prossimo anno scolastico, ha reso noti i dati effettivi per ogni regione degli anni precedenti, a cominciare dal 2007/08.

I dati degli alunni degli anni precedenti, riferiti ai singoli settori scolastici statali con esclusione della scuola dell’infanzia, consentono un’interessante riflessione sulle variazioni demografiche dei diversi territori intervenute in questo ultimo quinquennio.

Dal 2007/08 al 2012/13 il numero degli studenti è aumentato di 56.486 unità (+ 0,8% complessivo), con variazioni difformi nei tre settori interessati (primaria, secondaria di I e di II grado): aumento di 59.362 unità(+ 3,7%)nella scuola secondaria di I grado e di 10.079 (+ 0,4%) nella primaria, mentre nella secondaria di II grado, al contrario, si è registrato nello stesso periodo un calo complessivo di 12.955 alunni (- 0,5%).

Incrementi e decrementi non hanno avuto, però, andamenti omogenei e costanti, risentendo probabilmente degli effetti degli anticipi (onda lunga dal 2004) nelle scuole del primo ciclo e del fenomeno della dispersione negli istituti del secondo ciclo.

Secondo le previsioni del prossimo anno, dovrebbe essere confermata la tendenza complessiva all’incremento della popolazione scolastica, per una variazione in aumento, da quest’anno all’anno prossimo, di quasi 27 mila unità: la primaria ‘tira’ con oltre 21 mila alunni in più e le superiori con oltre 13 mila, mentre la scuola media ‘frena’ con un calo di quasi 8 mila unità.

Ma il Miur ha già fatto sapere che, per i vincoli posti dalla legge 111/2011, non potrà esserci aumento di posti (e di classi). Si teme quindi l’incremento delle classi ‘pollaio’ al Nord e nelle grandi città.

Scatti biennali ed estensione dei contratti: nuova vittoria

Scatti biennali ed estensione dei contratti: nuova vittoria targata ANIEF

 

Ancora una vittoria targata ANIEF presso il Tribunale di Milano contro le ingiustizie perpetrate dal MIUR: scatti biennali riconosciuti e diritto agli stipendi di luglio e agosto per 3 contratti stipulati su posto vacante e disponibile. I nostri legali Cinzia Galasso e Angela Fazio ottengono una nuova soddisfacente vittoria in difesa dei lavoratori precari della scuola.

 

L’ANIEF ha ottenuto ancora una volta giustizia imponendo al MIUR il rispetto delle disposizioni dettate dalle direttive comunitarie sul diritto dei precari a percepire la medesima progressione stipendiale del personale a tempo indeterminato. In pieno accordo con quanto sostenuto dall’ottimo intervento dei nostri legali, il Giudice ha precisato che le motivazioni addotte dall’Amministrazione convenuta “non possono rientrare, alla luce dei richiamati principi affermati dalla Corte di Giustizia, fra le condizioni oggettive che giustifichino una disparità di trattamento” convenendo che “la progressiva reiterazione di rapporti di lavoro a tempo determinato ha di fatto realizzato un contesto del tutto identico, sotto il profilo dello sviluppo della professionalità, a quello tipico di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato” con relativo diritto alla medesima progressione di carriera.

 

Sul diritto della ricorrente all’estensione dei 3 contratti stipulati con il MIUR al 30 giugno di ogni anno, il Giudice ha prima constatato, come dimostrato dall’ANIEF, che i contratti fossero tutti indiscutibilmente stipulati su posti vacanti in organico di diritto e ha conseguentemente applicato la normativa di riferimento stabilendo che “i contratti conclusi dalla ricorrente dovevano avere come termine finale il 31.08 e non il 30.06 con conseguente diritto a percepire le retribuzioni dei mesi di luglio e agosto di ciascun anno”. MIUR condannato, quindi, a riconoscere alla ricorrente ANIEF l’anzianità di servizio maturata, il pagamento delle mensilità di luglio e agosto di ben 3 anni scolastici e ulteriori 700 Euro per le spese di lite.

 

La palese violazione della regolamentazione sul conferimento degli incarichi su posti vacanti e il mancato ossequio di quanto stabilito sin dal 1999 dalla Comunità Europea sull’obbligo di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato, hanno portato ancora una volta il MIUR a soccombere contro l’ANIEF in tribunale. Queste vittorie, e la consapevolezza che un’altra nostra iscritta ha ottenuto finalmente giustizia, danno al nostro sindacato sempre maggior vigore in attesa che il MIUR, stanco di soccombere in tribunale, si ravveda e inizi a dimostrare con i fatti di riconoscere ai lavoratori precari della scuola il doveroso rispetto.