UNA GIORNATA DI SOLIDARIETA’ PER LE SCUOLE DEL TERREMOTO

UNA GIORNATA DI SOLIDARIETA’ PER LE SCUOLE DEL TERREMOTO

Non hanno carta, libri, sussidi, ma solo banchi e containers: sono i bambini del dopo terremoto che, una volta spenti i riflettori della cronaca, non possono nemmeno sognare un Piano dell’offerta formativa pari a quello dei loro coetanei.
La scuola però, si sa, si regge sui contributi delle famiglie e allora perché non chiedere aiuto ai genitori? 10 euro di solidarietà, adesso che si parla di iscrizioni, possono essere in molti a volerli donare. E magari istituire una giornata di solidarietà per le vittime delle calamità naturali. Questo almeno ciò che sperano le associazioni di genitori della provincia di Modena, che si sono messe in rete fra di loro per lanciare il progetto “Da genitore a genitore, da scuola a scuola… aiutiamo le scuole colpite dal terremoto!”.

”Nelle scuole inagibili per il terremoto i contributi volontari dei genitori erano pari a circa 500.000 euro –dichiarano le associazioni- Buona parte di queste risorse finanziarie potrebbe essere a rischio perché non è stato possibile organizzare le feste di fine anno e soprattutto per le difficoltà che potrebbero incontrare le famiglie a versare i contributi al momento dell’iscrizione”.

L’iniziativa presenta alcune peculiarità: un orizzonte temporale di almeno un paio d’anni finché durerà l’emergenza delle scuole “provvisorie”; il coinvolgimento diretto dei rappresentanti dei genitori delle scuole interessate; l’avvio di un progetto di educazione alla solidarietà attraverso varie iniziative. E’ stato aperto per la raccolta fondi un conto corrente bancario presso Banca Etica IBAN IT 77 S 05018 02400 000000147008  e un Conto Corrente Postale n. 001007875279, entrambi con causale “ProScuole Terremotate”. Le somme versate saranno sempre tracciabili sul sito www.scuolemodena.it e sui siti delle Associazioni.

Da segnalare la “merenda della solidarietà”, che consiste nel coinvolgere e sensibilizzare i ragazzi verso i coetanei colpiti dal terremoto, attraverso la cosiddetta merenda solidale, ovvero la donazione di un euro, rinunciando a una merenda a favore di chi è stato colpito dal sisma.
Ci si rivolge alle Associazioni nazionali dei genitori, ai consigli d’istituto e ai comitati delle scuole italiane, interessati a promuovere attività di raccolta fondi destinate alle scuole delle zone colpite dal sisma. “Siamo tutti provenienti da associazioni di ispirazione diversa, ma in questo caso uniti con l’unico obiettivo di aiutare i nostri ragazzi. Abbiamo il sostegno delle istituzioni scolastiche regionali, che condividono questi obiettivi, speriamo di trovare solidarietà in tutto il Paese” tengono a sottolineare gli organizzatori.

C’è anche in ponte l’idea di istituire una giornata nazionale della solidarietà per le vittime delle calamità naturali, magari propri il 20 maggio, anniversario del terremoto in Emilia.
”Chi ha perso tutto sa cosa vuol dire –commenta Angela Rigucci, presidente di AGe Argentario- Non a caso sono state proprio persone provenienti dalle zone terremotate fra le prime a portare aiuti alle popolazioni alluvionate della Maremma. Ed è per questo che ci prestiamo volentieri a diffondere l’appello degli amici emiliani”.

In Toscana intanto l’AGe prosegue con il suo impegno di raccolta fondi pro alluvionati: corsi di formazione, consulenza e attività di vario tipo sono tutti focalizzati sulla solidarietà verso chi ha perso tutto, forse anche la speranza. Il conto, intestato ad AGe Argentario con causale “Emergenza Maremma” è  IT75T 08851 72300 000 000 200 028. I fondi così raccolti saranno immediatamente consegnati alle famiglie colpite dal disastro, così come è stato fatto fin dal primo momento.

”L’idea di diffondere il comunicato congiunto richiama e sottolinea il significato di un gesto di solidarietà nei confronti delle scuole e delle famiglie della Maremma e della Bassa modenese –dichiara Giuseppe Stefani, referente del Coordinamento provinciale Presidenti Consigli di circolo, d’istituto e Comitati genitori- e  anche la novità e l’importanza di una collaborazione tra associazioni genitori della scuola territorialmente distanti ma che operano con sensibilità comuni non solo in situazioni di emergenza come l’alluvione ed il terremoto ma anche per ciò che riguarda la promozione e la valorizzazione della presenza dei genitori nel mondo della scuola”.

OPUSCOLO TERREMOTO

AGeModenaDislessia (Associazione Italiana Genitori)  – Ref. Giovanna Lami – lamigiovanna@gmail.com
AGESC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche)- Ref. Lucia Morbillo – EmiliaRomagna@agesc.it
CGD  (Coordinamento Genitori Democratici Unione Genitori) Referente Gabriella Borbeggiani – unionegenitoricgdmo@live.it
Città&Scuola – Referente Vito Piccinni – info@cittaescuola.it
Coordinamento Provinciale Presidenti Consigli di Circolo D’Istituto e Comitati Genitori– Referente Giuseppe Stefani – coordinamento@scuolemodena.it
SOSReteGenitori – Referente Paola Cuoghi – info@sosretegenitori.it
AGe Toscana – Ref. Angela Rigucci – ageargentario@age.it

IL RILANCIO DELLA SCUOLA PUBBLICA

IL RILANCIO DELLA  SCUOLA PUBBLICA PER SUPERARE

LA CRISI E PROMUOVERE LA CRESCITA SOCIALE

ED ECONOMICA DEL PAESE

(appello alle forze politiche in vista della consultazione elettorale e per le future scelte di governo)

 

La drammatica situazione economica vissuta in quest’ultimo anno  dall’Italia e dall’Europa e la crisi che si è conseguentemente abbattuta sulla credibilità della politica nel nostro paese hanno riflessi molto pesanti anche sul settore della formazione, la cui centralità, verbalmente declamata,  è stata  nell’ultimo decennio ulteriormente  contraddetta dalle scelte politiche adottate, che hanno portato non all’auspicata  razionalizzazione della spesa, ma un a calo drastico delle risorse destinate all’istruzione.

In questa ottica si  è  ragionato – senza mai interloquire realmente con gli operatori della scuola  – di nuovi parametri per il dimensionamento, di ridiscussione dell’orario di lavoro dei docenti, di finanziamenti ordinari ridotti e di finanziamenti aggiuntivi da erogare sulla base di “meriti” non definiti, mentre sembrano sparite dall’orizzonte le questioni della dispersione, della varianza degli esiti nei diversi contesti socio-culturali, dell’inadeguatezza delle tradizionali impostazioni didattiche a fronte di un’emergenza formativa sempre più forte e della crescita esponenziale del numero dei giovani che non lavorano e non studiano.

Sembra  che all’epoca delle grandi riforme da attuare senza alcun investimento per il rinnovamento  culturale e professionale stia subentrando una fase di interpretazione restrittiva delle norme, un processo di ritorno al passato ove i dirigenti e gli insegnanti più motivati perdono fiducia e progettualità.

Dell’attuazione del Titolo V della Costituzione non si parla quasi più; la nuova governance scolastica che sembrava sul punto di essere approvata si è inabissata; le modalità di reclutamento dei docenti e dei dirigenti sono rimaste quelle di sempre; il controllo centrale dei flussi di spesa si è amplificato e di conseguenza le scuole non dispongono altro che di fondi di cassa rigidamente vincolati e controllati, tanto che le banche stanno progressivamente ritirandosi dalle gestioni di cassa onerose. I dirigenti scolastici sono costretti a contrattare le attività aggiuntive senza certezze sulle risorse e con la triste prospettiva di non poter riconoscere l’impegno aggiuntivo dei  docenti più motivati e disponibili.

Ciò nonostante, la scuola pubblica non è allo sfascio, grazie all’impegno civile e professionale di molti dei suoi operatori, in primo luogo dei dirigenti scolastici, ai quali sono affidati compiti e responsabilità sempre più gravi e onerosi, senza alcun tipo di riconoscimento.

L’ANDIS non è un sindacato, ma  vuole rappresentare  l’elaborazione teorica e la pratica quotidiana  di una figura professionale che è ed è vissuta come fondamentale punto di cerniera tra la scuola – snodo di un sistema pubblico chiamato a garantire a tutti il  diritto allo studio – e  l’autoorganizzazione di una comunità professionale e territoriale della società civile. E’ per questo che l’Associazione ritiene necessario fare appello alle forze politiche e alla pubblica opinione per indicare alcune condizioni per il rinnovamento e lo sviluppo della  scuola.

Ogni programma, anche elettorale, deve essere rigorosamente fondato su scelte realistiche  e non iscriversi all’interno di una concezione che ritiene condizione necessaria e sufficiente la richiesta di maggiori risorse, anche quando ampiamente giustificata dalle pesanti misure di riduzione della spesa adottate negli ultimi anni. Il contesto generale è tale che ogni richiesta deve essere accompagnata da una attenta analisi dei costi e dei benefici e deve prevedere efficienti strumenti di controllo del raggiungimento degli obiettivi, come peraltro richiesto ripetutamente dall’Europa. Ma è anche necessario che venga sottolineata  fortemente la qualità innovativa di ogni intervento, la capacità di incidere sul miglioramento dei livelli di istruzione.

Per questo chi punta alla guida del Paese deve individuare un numero ristretto di priorità, capaci di rappresentare il quadro generale di ciò che è davvero necessario per la reale implementazione di provvedimenti già adottati ma rimasti inapplicati e di altri che sono indispensabili e urgenti per il nostro sistema educativo.

Per contribuire al rilancio della scuola pubblica, l’ANDIS propone pertanto alcune misure da adottare tempestivamente e che costituiscono condizioni di fattibilità per gli stessi provvedimenti di riforma, costituiti dalle Nuove indicazioni Nazionali del primo ciclo e dai Regolamenti di riordino del secondo ciclo:

  1. Completamento del dimensionamento delle istituzioni scolastiche, correggendone  palesi storture ma definendone l’ applicazione in tutte le regioni, anche per la piena valorizzazione  della risorsa dirigenziale scolastica, cosi come ben delineata nelle Nuove Indicazioni Nazionali per il primo ciclo “la costruzione di una comunità professionale ricca di relazioni, orientata alla innovazione e alla condivisione di conoscenze, e stimolata dalla funzione di leadership educativa della dirigenza e dalla presenza di forme di coordinamento pedagogico”. L’interesse dell’ANDIS su questo tema è molto alto anche perché investe la concezione della dirigenza scolastica come dirigenza specifica e non amministrativa, dirigenza di uno stesso, sia pure diverso livello. La scuola non è soltanto un ufficio, ma  un ambiente relazionale  autonomo che interagisce con un territorio complesso, bisognevole di essere diretto e coordinato da chi è esperto di questioni organizzative e al tempo stesso di problematiche pedagogiche e di politiche educative nel dibattito europeo.

 

  1. Le questioni del  dimensionamento e del reclutamento rimandano a quelle più generali dell’attuazione del Titolo V della Costituzione. Tramontate le incondivisibili spinte di federalismo non solidale, va tuttavia reclamata l’immediata attuazione  del trasferimento delle competenze alle Regioni in tema di gestione delle risorse e del personale, attraverso l’individuazione di parametri unitari e trasparenti di assegnazione delle risorse finanziarie e  di organico, sia dal livello nazionale a quello regionale, sia dal livello regionale a quello locale. L’ assegnazione alle scuole autonome di un budget collegato al numero di studenti e ad altri chiari e definiti parametri di contesto appare infatti come lo strumento capace di assicurare l’ unitarietà del sistema di istruzione e al tempo  stesso di collegare il curricolo di scuola alla domanda del territorio.

E’ necessario ed urgente, a questo fine, affidare entro una data certa (si propone il 1° settembre 2014) un contingente di organico funzionale che eviti lo scandaloso carosello dei docenti e permetta al dirigente di evitare i lunghi  e spesso vani  scorrimenti di graduatorie.

Occorre, infine, un accorpamento  delle classi di concorso che consenta ai dirigenti scolastici di tradurre in pratica i margini di flessibilità e di autonomia, previsti dal Riordino del 2° ciclo.

 

  1. E’ indispensabile attuare la riforma degli organi collegiali di istituto e costituire forme di rappresentanza territoriale delle scuole autonome per l’interlocuzione con la governance regionale, così come previsto nel testo originario della riforma degli organi di governo. L’adozione di tali forme di rappresentanza va considerata principio organizzativo fondamentale e non mera possibilità affidata alla discrezionalità delle Regioni.

 

  1. L’attuazione delle nuove indicazioni nazionali del primo ciclo e delle linee metodologiche contenute nelle “indicazioni nazionali” per i licei e nelle “Linee guida” per gli istituti tecnici e professionali costituisce la condizione indispensabile perché il riordino varato nel corso dell’ultimo decennio non si risolva in un puro e semplice taglio delle risorse e del tempo scuola. Non dovrà essere una semplice operazione di maquillage, ma un’autentica rivoluzione rispetto all’impianto gentiliano ed alle impostazioni della scuola di base secondo la legge 53/2003. Occorre rispondere alle attese di una generazione di giovani che vive, apprende, reagisce agli stimoli in maniera diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta. Per questo la “centralità dello studente” non può esaurirsi in uno slogan ma implica la capacità professionale di interagire con le nuove esigenze e i nuovi linguaggi.

 

  1. E’ perciò indispensabile  la revisione della normativa vigente sulla valutazione degli allievi, la cui misurazione  esclusivamente numerica appare del tutto contraddittoria con la certificazione delle competenze, a partire da quella dell’obbligo di istruzione, comprendente anche le certificazioni acquisite nel canale nell’istruzione e formazione professionale. La normativa deve essere armonizzata con l’esigenza di valutare gli allievi sulla base dei livelli di autonomia e responsabilità acquisiti in percorsi fondati sulla logica del laboratorio.

 

  1. In secondo luogo occorre varare un piano straordinario nazionale  di formazione dei docenti e dei dirigenti fondato sul sostegno alla progettazione e alla costruzione dei dipartimenti, cui faccia da  indispensabile supporto il riconoscimento di funzioni di coordinamento organizzativo e didattico da riconoscere all’interno di una carriera docente collegata alla valutazione dei titoli e del servizio. La questione non è soltanto contrattuale, ma anche e soprattutto di cultura professionale, che può essere affrontata con il supporto di un’opinione pubblica in grado di informare e in una certa misura anche di formare utenti spesso disorientati dagli atteggiamenti e dalle attese delle nuove generazioni.

Tale piano va da subito organizzato indicando come priorità quello che costituisce il vero perno della battaglia contro la dispersione scolastica: la scuola secondaria di primo grado;  il  biennio della scuola secondaria di secondo grado nelle sue diverse articolazioni; l’attenzione verso il conseguimento delle competenze chiave previste dall’obbligo di istruzione.

 

  1. La formazione deve inquadrarsi in una revisione dello stato giuridico e del  profilo professionale che preveda sia l’obbligatorietà della formazione in servizio, sia forme di  valutazione degli operatori. Il naturale contesto in cui si avvia la valutazione degli operatori  (dirigenti, docenti, ATA) è quello del sistema nazionale, non perché essa debba automaticamente discendere dalla rilevazione degli esiti di apprendimento, ma dalla loro messa in relazione con gli indicatori del condizionamento socio-ambientale e dei servizi presenti nella scuola. Non deve avere come obiettivo una occasionale premialità rivolta a pochi, ma va finalizzata alla costruzione di una possibile carriera, che possa prevedere l’affidamento di compiti e funzioni di coordinamento didattico ed organizzativo sulla base del riconoscimento di compiti e servizi positivamente effettuati. L’urgenza e la delicatezza di tale compito impone una collaborazione costante tra l’INVALSI, l’Amministrazione e l’associazionismo professionale, di cui è elemento essenziale il rilancio del Forum delle Associazioni, che va inteso non come cassa di compensazione o prevenzione dei possibili conflitti, ma come organo tecnico chiamato a dare pareri prima di tutto sulla chiarezza degli obiettivi e sulla praticabilità delle procedure.

 

  1. Per la  Valorizzazione del Sistema Nazionale di Valutazione, l’INVALSI deve essere potenziato  nelle sue caratteristiche di terzietà per poter svolgere su tutte le scuole rilevazioni attendibili e permanenti, approfondendo e migliorando le azioni degli ultimi anni, estendendo la ricerca anche alla sfera dei processi e alla determinazione del valore aggiunto, che costituisce condizione essenziale per la pubblicizzazione dei risultati e che deve chiaramente essere finalizzata al miglioramento del sistema e non ad una sua curvatura in senso competitivo.

Per consentire un intreccio virtuoso tra valutazione e autovalutazione e necessario che le indagini vengano svolte su base censuaria, mentre l’analisi dei quadri di riferimento dovrà costituire impegno primario dei dirigenti e dei docenti. L’Amministrazione abbandoni realmente i compiti di gestione per potenziare quelli di controllo ed esplicitare i provvedimenti assunti nei confronti delle criticità rilevate, sia in termini compensativi, sia in termini sanzionatori. Il criterio del merito e non delle affiliazioni politiche deve a questo fine essere restaurato nella scelta dei funzionari e dei dirigenti.

 

  1. La formazione non può riguardare solo i giovani.  E’ ormai un fatto irreversibile il passaggio  dalla sola formazione iniziale a una formazione nel corso della vita, che riconosce e valorizza i saperi non accademici, e moltiplica le occasioni di accesso al sistema formativo in tempi e luoghi diversi, anche non formali. La formazione nel corso della vita, per tutti e in tutte le sue accezioni, è la scommessa da vincere. Per questo occorre una reale sinergia tra i soggetti che operano nel settore della formazione continua. I principi innovativi della legge istitutiva dei CPIA si sono venuti sempre più irrigidendo in una mera logica di ristrutturazione organizzativa, che rischia di perdere per strada il senso e il valore della formazione specifica, che ha senso solo se accompagnata da modalità di assunzione e da condizioni di lavoro diverse da quelle degli altri tipi di scuola per i docenti e i dirigenti, in primo luogo capaci di assecondare la flessibilità di percorsi basati  sul riconoscimento delle competenze in entrata e sul rilascio delle certificazioni in uscita.

E’ invece necessario, in questa ottica,  il rafforzamento della natura di rete dei Centri Eda attraverso la ripresa dei Comitati Locali previsti dall’accordo Stato-Regioni del marzo 2001 e la sperimentazione dei CPIA come organismi  capaci di collegare organicamente la loro attività alle altre forme di educazione degli adulti presenti sul territorio e al recupero delle situazioni di svantaggio.  Le Regioni dovranno garantire un forte ed organizzato raccordo con l’IeFP ai fini sia del conseguimento delle competenze di cittadinanza previste dall’obbligo di istruzione, sia delle qualifiche professionali di III e IV livello europeo.

Il Regolamento appena approvato va modificato profondamente in questa direzione.

 

  1. A questi punti, impegnativi ma realistici, vanno accompagnati due piani straordinari riguardanti nodi strutturali.
  • Il primo è costituito dalla generalizzazione della scuola dell’ infanzia, come segmento specifico ed autonomo del primo ciclo, obbligatorio nell’ultimo anno, perché l‘equità dei sistemi formativi parte dalla precocità degli interventi compensativi. 

 

  • Il secondo, prioritario proprio perché di non breve periodo, é costituito da un programma inerente le pressanti questioni riguardanti l’edilizia scolastica, che in troppe situazioni è inadeguata e obsoleta. E’ bene precisare che tale questione non riguarda solo il gravissimo problema della sicurezza, ma in maniera decisiva la costruzione di ambienti vivibili e motivanti di apprendimento per i giovani e di lavoro per gli insegnanti. Non un lusso, ma una necessità vitale per la salute e la qualificazione dei nostri giovani.

 

L’ANDIS mette a disposizione tutte le proprie risorse professionali per l’approfondimento e la l’articolazione tecnica di queste proposte, anche nel quadro di un indispensabile rapporto costruttivo con gli Enti Locali, il cui contributo è essenziale per il buon funzionamento del servizio scolastico e che debbono avere meno vincoli nella strutturazione dei fondi per il diritto allo studio.

 

(documento approvato all’unanimità dal Direttivo e dal Consiglio Nazionale dell’ANDIS)

 

Per favore, signora Littizzetto

Per favore, signora Littizzetto

 di Adriana Rumbolo

Quando una mano si abbatte con violenza su un bambino, su una donna, su un soggetto più debole ci sono tre lutti:chi subisce intriso di paure(fobie)sociali, chi usa la violenza dominato solo dalla rabbia distruttiva e l’amore, uno” sconosciuto”.

Lei,signora Littizzetto, che ha l’occasione,  per la sua simpatia,  di fare arrivare la sua voce attraverso i mass-media a tante persone sarebbe opportuno che non liquidasse  gli episodi gravissimi , che  purtroppo aumentano di giorno in giorno riassumendo:”un uomo che ci mena, non ci ama…!

Purtroppo , per quello che sappiamo, la donna vittima lo è  fin dai suoi primi giorni di vita, piena di paure sociali che sono cresciute con lei  a cominciare dalla sofferenza delle  prime esperienze emotive-affettive  che non hanno avuto un ambiente favorevole a un loro percorso armonioso

Spesso non conoscono l’amore, non sono mai state amate e forse gli è stata  anche bloccata la forza  della loro femminilità . .

Margot Sunderland ,autrice del libro”Il tuo bambino” Ed. tecniche nuove., garante Jaak pankseep grande neurosciezato, neurobiologo di “Affective Neuroscience”:: “una disciplina rigida senza possibilità di relazionare impartita da educatori che usano la violnza  psicologica e corporale,  gridano regolarmente con ordini e critiche spesso con un’espressione adirata sul volto, può provocare nel bambino frequenti stati di paura e di collera; in questi casi, il rilascio nel cervello di oppioidi e di ossitocina può subire un arresto.

In carenza di tranquillità il bambino si sentirà costantemente insicuro e minacciato.”

“Il senso di insicurezza provato dal bambino può diventare il suo metro di giudizio nei confronti di sé e degli altri”.

Negli anni che seguono lo stress potrebbe cronicizzarsi e manifestarsi poi con disturbi di ansia generalizzata fino all’attacco di panico,tante paure sociali spie di minor rendimento negli studi, indifferenza, disinteresse, inattività; comportamenti a rischio per sé stessi e per gli altri, disturbi del giudizio.

Non credevo che continuasse a essere esercitata sui minori tanta violenza finchè non ho passato molti anni con tanti ragazzi e proprio nella scuola dove gli studenti portano la loro vita.

Frasi frequenti di adolescenti:sognavo che ero in difficoltà ,volevo chiedere aiuto ,ma la voce non usciva oppure volevo scappare ,ma le mie gambe erano immobilizzate.!

Non riescono ,a volte a difendere nemmeno i propri figli.

Emotivamente e affettivamente sono veramente ridotte male e e chi le avvicina ,  anche lui  disturbato emotivamente ,  a livello inconscio lo percepisce.Si potrebbe   fare qualcosa prestando molta attenzione al percorso affettivo .emotivo di tutti i bambini , maschi e femmine.

Non penso che il fenomeno scomparirebbe , ma sicuramente si ridurrebbe.

Cominciamo ad affrontare  quest’emergenza  con serietà e forse la scuola ,lo ripeto è il luogo  più adatto.

J. Updike, Bicchiere pieno e altri racconti

Verso il passato

di Antonio Stanca

updikeUno degli ultimi brevi volumi di racconti della ormai conclusa serie settimanale “I Libri della Domenica” promossa da “Il Sole 24 ORE” è stato dedicato allo scrittore americano John Updike. S’intitolava Bicchiere pieno e altri racconti. Era tratto dalla raccolta Le lacrime di mio padre del 2009, anno della morte dello scrittore avvenuta a settantasette anni . Nato nel 1932 a Reading, era vissuto a Shillington. Studierà presso l’Harvard College, qui si laureerà ed in seguito si trasferirà in Inghilterra dove nel 1955 inizierà a collaborare col “ The New Yorker”. Sul settimanale compariranno i suoi primi racconti, le prime poesie oltre ad articoli di critica letteraria. Tornato in America nel 1957 si dedicherà esclusivamente alla scrittura e nel 1959 uscirà il primo romanzo, Festa all’ospizio. Sarà un successo ma per far diventare stabilmente noto Updike serviranno i romanzi della “serie del Coniglio”, iniziata nel 1960 e conclusa nel 1990. In essa la condizione di amarezza, inquietudine, insofferenza verso l’ambiente, nostalgia del passato, vissuta dal protagonista del primo romanzo, un campione di pallacanestro che abbandona l’attività per pensare ad una vita diversa e alla fine rifugiarsi nei ricordi, si estende fino a diventare quella di un’intera comunità. In un’altra serie di romanzi, compresa tra il 1970 e il 1982, nel protagonista Bech sarà possibile riconoscere tratti della figura e della vita dell’autore. Altri romanzi ancora scriverà Updike, altri racconti, altre poesie, altra critica letteraria. Sorprenderà la sua vasta produzione, sarà premiata col Premio Pulitzer per i romanzi e due volte col Premio O. Henry per i racconti brevi. Updike è stato più volte candidato al Nobel per la Letteratura. Molto ha scritto, lo ha fatto fino alla morte. In particolare sono stati i romanzi e i racconti ad impegnarlo. Per i contenuti di entrambi ha attinto alla vita dei piccoli centri della provincia americana, a quella della media borghesia, per la forma espressiva è stato capace di riuscire sempre ordinato, chiaro, di dire dell’interiorità dei personaggi, della loro vita esterna e di qualunque situazione da essi vissuta senza mai perdere la compostezza. Facile, naturale appare l’espressione di questo scrittore, è tanto sicuro, tanto padrone della sua lingua Updike da poterne fare la voce di ogni circostanza. Scrive egli della vita che scorre ai margini delle grosse metropoli americane, nei paesi di provincia, nelle campagne, delle persone che la conducono e che, avanzate negli anni, si sono stancate di essa, dei suoi posti. Avevano sperato altro per il futuro e non avendolo ottenuto si rivolgono al passato come per recuperare l’entusiasmo, la fiducia che allora le avevano animate. Sono questi i temi ricorrenti nella produzione narrativa dell’Updike compresi i quattro racconti del recente breve volume. Anche in essi si muovono persone alla ricerca di altra vita senza riuscire a trovarla. Nel primo, Marocco, è una famiglia americana che gira a vuoto nella regione nordafricana, non scopre i luoghi, il clima, la gente che aveva pensato e trova rifugio nel ricordo di esperienze passate.

Nel secondo, I guardiani, il maturo Lee ricostruisce gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza vissuti i primi con i nonni nella campagna americana, i secondi insieme ai genitori nella piccola città dove aveva studiato. Ripercorre le difficili condizioni economiche della famiglia, i contrasti tra i genitori, le ambizioni della madre e le sue proprie che lo portavano ad isolarsi e ad immaginare un mondo, una vita soltanto suoi. Ora deve constatare che niente di quanto sperato era avvenuto e tutto era rimasto come prima.

Nel terzo racconto, L’espansione accelerata dell’universo, il vecchio Martin Fairchild pensa di non dover mai finire, di essere escluso dalla morte e non crede nelle moderne teorie astronomiche che prevedono la fine dell’universo a causa della sua “espansione accelerata”. L’idea di fine non è sua e sconvolto rimane di fronte alla morte della madre. Cerca, recupera quanto di lei, oggetti, immagini, è rimasto credendo di far continuare con essi la sua vita. Così fa pure con quel che della sua casa, della sua famiglia era stato rifiutato perché vecchio, inutile. Nella rimessa dove era stato accantonato, a contatto con i mobili, gli attrezzi disusati egli ritrova il suo passato, non lo fa finire.

Nell’ultimo racconto, Bicchiere pieno, un ottantenne che ha fatto diversi mestieri, ha avuto diverse esperienze e diverse residenze, ricorda i momenti che nella vita gli sono sembrati i migliori, che ha vissuto con maggiore intensità compreso quello recente del “bicchiere pieno” d’acqua che beve la sera d’un fiato per ingoiare le diverse pillole che ha messo in bocca e con le quali cura i suoi malanni. In questo e in altri momenti precedenti si ritrova e per quelli soltanto gli sembra di essere vissuto visto che nient’altro è riuscito a colmare le sue aspettative.

Di vite che non si sono completate scrive Updike in questi racconti e nelle altre  narrazioni, di tempi che sono trascorsi senza concedere niente alle aspirazioni, di esistenze rimaste sospese tra quanto hanno avuto e quanto avrebbero voluto. E ovunque scopre che così è stato, ovunque giunge a vedere scontenti e volontà di recuperare il passato quasi fosse l’unico elemento sicuro, l’unica fase certa della vita poiché ancora lontana da quel futuro che l’avrebbe delusa. Una dimensione quotidiana è quella vissuta dai suoi personaggi, da essa, dai suoi modi, dai suoi luoghi avrebbero voluto staccarsi.

Pur nella vita di ogni giorno c’è un aspetto nascosto, pur persone comuni hanno segrete ambizioni: Updike le coglie, coglie quanto di quella vita rimane sconosciuto, non realizzato, dice dei problemi dello spirito e questo fa diventare opere di letteratura le sue narrazioni.

Perché tanto ritardo a sottoscrivere il contratto integrativo di mobilità 2013-2014?

da La Tecnica della Scuola

Perché tanto ritardo a sottoscrivere il contratto integrativo di mobilità 2013-2014?

di Lucio Ficara 

Molti docenti si domandano: “ quando uscirà l’ordinanza ministeriale sulla mobilità del personale docente, educativo, Ata per l’anno scolastico 2013-2014, con i relativi termini di scadenza delle operazioni di mobilità?”

“Come mai si sta perdendo tanto tempo per la sottoscrizione del contratto integrativo sulla mobilità 2013-2014, dato che l’accordo del nuovo CCNI sulla mobilità era stato firmato il 6 dicembre 2012?” . Alla prima domanda si può dare una risposta di tipo statistico, rilevando i dati degli OM sulla mobilità degli anni passati in relazione alla sottoscrizione del contratto.

Da questo dato statistico si ricava che l’ordinanza ministeriale sulla mobilità viene emanata circa 5 giorni dopo la sottoscrizione del contratto integrativo sulla mobilità. Alla seconda domanda, possiamo dare una risposta di carattere burocratico-amministrativo. Bisogna ricordare che, il d.lgs.165/2001 composto anche degli aggiornamenti post legge n.150/2009, all’art.40-bis prevede, in materia di contrattazione integrativa, il controllo obbligatorio sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall’applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori. Tale controllo è effettuato dal collegio dei revisori dei conti, dal collegio sindacale, dagli uffici centrali di bilancio o dagli analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti.
Nel comma 2 dell’art.40 bis del d.lgs. 165/2001 è spiegato il perché c’è bisogno di tempo per controllare l’accordo firmato tra Miur e sindacati per la mobilità. In questo articolo è scritto: “i contratti integrativi sottoscritti, corredati da una apposita relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa certificate dai competenti organi di controllo previsti dal comma 1, sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la compatibilità economico finanziaria, ai sensi del presente articolo e dell’articolo 40, comma 3-quinquies.

Decorso tale termine, che può essere sospeso in caso di richiesta di elementi istruttori, la delegazione di parte pubblica può procedere alla stipula del contratto integrativo. Nel caso in cui il riscontro abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative” perdendo ulteriore tempo. In sostanza il tutto è considerabile, visto i continui controlli, i lunghi rinvii delle sottoscrizioni dei contratti integrativi, con il conseguente stress per l’attesa di migliaia di docenti che vorrebbero trasferirsi da una scuola ad un’altra, da un comune ad un altro o addirittura da una provincia ad un’altra, come una vera e propria molestia burocratica. Infatti, mettendosi nei panni di chi deve esercitare il diritto alla mobilità, c’è da dire che , il rimpallo continuo delle responsabilità sui ritardi, ormai continui e ricorrenti, sulla sottoscrizione del contratto di mobilità, tra Funzione pubblica, Ministero dell’economia e finanza, Corte di conti e Miur, è un vero e proprio stillicidio, che genera ansia, timore ed incertezza.

Ricapitolando le ragioni che ogni anno ,generano ritardo e disservizio sulla sottoscrizione contrattuale sulla mobilità, possiamo anche affermare che il contratto verrà sottoscritto, presumibilmente, tra il venerdì 8 e il lunedì 11 marzo 2013, l’ordinanza con i termini sulla mobilità uscirà, sempre presumibilmente, tra il 13 e il 16 marzo, e la scadenza di presentazione della domanda volontaria si andrà a collocare tra l’8 e il 12 aprile 2013. L’acquisizione delle domande d’ufficio e condizionate si prolungherà fino al mese di giugno, con i risultati della mobilità che arriveranno tra la fine di luglio e i primi di agosto. Quindi avvisiamo il personale della scuola che i tempi sulla mobilità, saranno lunghi e tortuosi. Bisogna dire che, le norme di controllo che hanno aggiornato, nel 2010, il d.lgs. 165/2001, sono norme contorte e moleste che anziché snellire le pratiche burocratiche e renderle più agevoli, creano una struttura pantagruelica sulla mobilità che dura nove mesi.

Vacanze troppo lunghe non fanno bene alla scuola

da La Tecnica della Scuola

Vacanze troppo lunghe non fanno bene alla scuola

Quanto la riduzione delle vacanze estive aiuterebbe le famiglie meno abbienti e l’istruzione dei loro figli, riducendo divari di apprendimento causati dalle lunghe pause? La Voce.info esamina nel dettaglio sia le giornate di vacanze in Europa e sia l’impatto sulla preparazione che le interruzioni delle lezioni troppo lunghe possono avere sul rendimento dei ragazzi.

Al di là di polemiche e smentite sulla proposta (subito ritirata) del premier Monti di consentire solo un mese di vacanze estive alle scuole, il tema, per il suo impatto sulla intera popolazione, merita la dovuta attenzione.

In Italia le ore totali di insegnamento sono di più che in altri paesi. I i nostri studenti hanno più ore di scuola rispetto alla maggior parte dei paesi Ocse. Allo stesso tempo però siamo, tra i paesi dell’Unione Europea, uno di quelli che fa la pausa più lunga durante l’estate.

Tali affermazioni sono regolarmente suffragate da grafici assolutamente puntuali e di rigore scientifico, quindi non c’è nulla da dubitare. Praticamente mentre, per esempio, in Finlandia i ragazzi stanno a scuola circa 750 ore l’anno, in Italia andiamo a quasi 900 ore l’anno.

I dati si riferiscono alla media delle ore totali di insegnamento annuali ricevute dagli studenti (di età tra i 7 e gli 8 anni, tra i 9 e gli 11 anni, tra i 12 e i 14 anni, 2010).
A fronte di ciò, continua l’esame della Voce.info gli insegnanti italiani sono pagati meno della media Ocse, anche se a giugno e luglio sono retribuiti come se avessero normale orario scolastico.

Una volta completate varie attività (consigli di classe, debiti formativi, esami per gli studenti dell’ultimo anno), i docenti sarebbero quindi a disposizione per il resto di luglio e per i primi giorni di settembre. C’è poi il fattore clima: è impensabile un sistema di apprendimento in un’aula con 40 gradi, temperature non rare a luglio e ad agosto al Sud e in molte grandi città italiane. Dotare tutti gli istituti di sistemi d’aria condizionata è utopia visto che molti edifici scolastici cadono letteralmente a pezzi.
Ciononostante le vacanze e in particolare la lunga pausa estiva comportano una serie di criticità, soprattutto per le famiglie più svantaggiate. Sia per i genitori che per i figli.

L’apprendimento durante le vacanze

Per i genitori la questione è ovvia: un nucleo famigliare in cui entrambi i genitori lavorano – e ancor più un genitore single – ha seri problemi di organizzazione durante i periodi di vacanza scolastica. Solitamente la rete di sostegno è basata sui nonni, ma non è scontato che siano ancora in vita, o in grado di occuparsi dei nipoti per un lungo periodo. L’impatto economico per le famiglie a basso reddito può quindi essere rilevante. L’obiezione a questa osservazione è che il compito della scuola pubblica, soprattutto se alle prese con continui tagli, non è guardare i figli perché i genitori possano lavorare, ma offrire loro una formazione adeguata ed equa.

E per i figli? La letteratura accademica è ricca di studi che documentano l’impatto delle ferie sull’apprendimento. Il risultato è preoccupante: gli studenti delle famiglie più svantaggiate subiscono le conseguenze in modo maggiore rispetto agli studenti delle famiglie benestanti.

Lo studio che copre più paesi è di Victor Lavy, che analizza l’impatto delle ore a scuola sui ragazzi di 15 anni in circa cinquanta dei paesi che partecipano ai test Pisa dell’Ocse.

Il risultato è che l’effetto di un maggior numero di ore scolastiche è forte e positivo, soprattutto per le bambine, per gli alunni con basso status socioeconomico e per gli immigrati.

Una ricerca condotta nel 2011 dalla Rand Education e laWallace Foundation negli Stati Uniti – paese con uno dei calendari scolastici più leggeri a livello internazionale e con tre mesi di vacanze estive – ha provato a stimare l’effetto sul livello di apprendimento.

Ne risulta che la perdita delle conoscenze durante l’estate non è equa e contribuisce in maniera determinante ad accentuare nel tempo il gap di apprendimento fra allievi poveri e benestanti.

La discrepanza si forma principalmente durante i mesi delle vacanze estive. Se nel periodo invernale i risultati dei bambini con alto status socioeconomico (Sse) sono comparabili a quelli degli altri alunni, durante le vacanze estive migliorano, quando invece rimangono costanti, se non negativi, per il resto degli studenti.

Le ragioni possono essere molteplici: una famiglia più ricca è in grado di offrire al figlio maggiori canali di istruzione alternativi, come corsi di lingua, di musica, viaggi e altre svariate forme di arricchimento socioculturale a cui il bambino di basso reddito ha meno possibilità di accedere.

Il fenomeno comincia a essere sempre più analizzato e inserito nelle agende politiche: nel 2008 nel Regno Unito – dove il fattore climatico è marginale – è stata varata una riforma del calendario scolastico con “dispersione” dei giorni di ferie e sole sei settimane di vacanze estive.

In Francia, Francois Hollande si è detto favorevole ad aumentare i giorni di scuola da quattro a quattro e mezzo (attualmente il mercoledì è di riposo e negli altri giorni l’insegnamento è esteso al pomeriggio).

Negli Stati Uniti, già nel suo primo mandato, Barack Obama aveva affrontato la questione, dichiarando: “non possiamo permetterci un calendario scolastico programmato quando l’America era ancora una nazione di contadini che avevano bisogno che i loro figli aiutassero a lavorare la terra. Al giorno d’oggi un calendario di questo tipo è uno svantaggio competitivo […] le sfide del nuovo secolo richiedono più tempo in classe”.

In Italia le infrastrutture fatiscenti e il basso livello di retribuzione degli insegnanti rendono il problema spinoso visto che, in un contesto di continui tagli, non è possibile fare proposte che pesino sul bilancio dello Stato.

In ogni caso, l’evidenza empirica mostra che se si riducono i lunghi periodi di vacanza, si ottengono non solo benefici per le famiglie meno abbienti, ma anche una riduzione del gap di apprendimento tra allievi benestanti e poveri. In un paese con bassa natalità e scarsa mobilità sociale non sono certo fattori trascurabili.