CONTRATTAZIONE D’ISTITUTO

CONTRATTAZIONE D’ISTITUTO

I dirigenti-sceriffo che credono di condurre aziende anziché delle scuole pubbliche possono mettersi l’anima in pace. A Lucca il giudice del Lavoro ha respinto il ricorso del Miur, confermando quanto l’Anief sostiene da tempo: prima del rinnovo del Ccnl non è possibile cambiare le norme-base che regolano le contrattazioni dei singoli istituti. E lo stesso vale per tutto il pubblico impiego. Anief e Confedir vigileranno affinché si rispettino le norme vigenti.

 

La riforma della contrattazione integrativa di ognuno dei circa 9mila istituti scolastici italiani non può avvenire senza una nuova “tornata” di contrattazione nazionale che modifichi il Ccnl. A stabilirlo è stato nei giorni scorsi il giudice del lavoro di Lucca, che con la sentenza emessa il 7 febbraio ha respinto il ricorso d’appello n. 1754/2011 presentato dal Ministero dell’Istruzione ad impugnazione della sentenza n. 1705 del 2011 che aveva condannato per condotta antisindacale un dirigente scolastico. Si tratta di una sentenza di primo grado, confermata in appello, molto importante, perché stabilisce un criterio che l’ANIEF aveva a più riprese ribadito fin dall’emanazione del nuovo disciplinare della pubblica amministrazione.

 

Il decreto Brunetta, infatti, ha riformato la contrattazione integrativa riducendo di molto l’area di intervento delle rappresentanze sindacali a favore dell’ambito di intervento dirigenziale, ma contiene anche delle clausole di cedevolezza relative proprio all’attuazione di questo nuovo modello gestionale: l’art. 65, comma 5, non sembra del resto lasciare spazio ad equivoci, poiché indica che “le disposizioni relative alla contrattazione collettiva nazionale di cui al presente decreto legislativo si applicano dalla tornata successiva a quella in corso.”

 

Ne consegue che se è vero, da un lato, che il decreto Brunetta è intervenuto sia sulla contrattazione nazionale, sia sulla contrattazione integrativa, dall’altro è altrettanto vero che poiché nel comparto scuola non è stato rinnovato il contratto collettivo nazionale, a causa del rinnovo delle rappresentanze sindacali nel 2009, a tutt’oggi rimangono valide, fino al rinnovo del Ccnl, le norme contenute nel contratto collettivo nazionale del lavoro 2006-2009.

 

A tal proposito, l’ANIEF, come si ricorderà, chiese l’avvio delle procedure per il rinnovo delle rappresentanze sindacali fin dalla naturale scadenza del loro mandato. Ma il nostro appello non ebbe esito, sia per la sordità dell’amministrazione, sia per l’indifferenza di buona parte delle sigle sindacali rappresentative. Questa passività spinse l’ANIEF a fare ricorso alla magistratura. E a seguito di tale indifferenza le elezioni delle RSU furono rinviate di anno in anno, arrivando fino al 2012 con un ritardo di tre anni rispetto alla loro ordinaria scadenza. Peraltro solo dopo una specifica sentenza del Consiglio di Stato, che imponeva il rinnovo delle RSU alle parti.

 

Proprio tenendo conto di questi aspetti, il giudice del tribunale del Lavoro di Lucca ha appurato che è stata proprio l’amministrazione a rendere inapplicabile il decreto Brunetta nel comparto scuola, mantenendo vigenti le disposizioni contenute nel CCNL 2006-2009 come interpretato dall’ANIEF: l’art 9, comma 17, del D.L. 78 del 2010, convertito in legge 122 del 2010, recita infatti che “non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui all’articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. E’ fatta salva l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale…”.

 

Ma c’è anche di più: la sentenza, infatti, pur derivando da un contenzioso del comparto scuola, mette in discussione l’applicabilità del decreto Brunetta a tutto il pubblico impiego laddove non si sia provveduto a una nuova “tornata” di contrattazione collettiva: gli articoli in discussione, infatti, non fanno parte del solo comparto scuola. In particolare, l’art. 65 “Adeguamento ed efficacia dei contratti collettivi vigenti “contenuto nel capo IV del decreto “Contrattazione collettiva nazionale e integrativa” riguarda la disciplina di tutto il pubblico impiego.

 

L’ANIEF, afferente a CONFEDIR, annuncia quindi che vigilerà su tutto il pubblico impiego affinché venga correttamente applicata la normativa vigente e si dia finalmente inizio a un periodo di buona gestione della cosa pubblica a partire proprio dall’applicazione del diritto, in base alle sole norme vigenti.

 

Basta con i soprusi. Ad iniziare dalla gestione unilaterale del personale da parte dei dirigenti scolastici, non prevista dall’art. 6 del Ccnl. I dipendenti pubblici chiedono solo che vengano rispettati i loro diritti. I dirigenti-sceriffo che credono di condurre aziende anziché delle scuole pubbliche possono mettersi l’anima in pace. Almeno sino alla sottoscrizione del nuovo contratto di lavoro di categoria.

Scommettere sugli insegnanti: un impegno per il nuovo governo!

Scommettere sugli insegnanti: un impegno per il nuovo governo!

di Maurizio Tiriticco

Nel corso degli ultimi anni si sono verificate profonde trasformazioni nella nostra economia, nel nostro tessuto sociale nonché nel nostro stesso assetto istituzionale. Gli ultimi due anni, poi, sono stati pesantissimi! Le industrie che chiudono, la disoccupazione che tocca livelli altissimi, una sempre più diffusa e massiccia inoccupazione giovanile. Si tratta di fenomeni che non lasciano indifferenti le problematiche educative in generale e scolastiche in particolare. Quali certezze sono in grado di dare le famiglie oggi ai loro figli e gli insegnanti ai loro alunni? Non c’è crisi socioeconomica, di carattere strutturale, che non si riverberi, e anche pesantemente, sulle sovrastrutture della società, sulla cultura in genere, sull’educazione e sugli stessi processi di istruzione.

Tutti sappiamo quanto sia determinante l’istruzione per il progresso di un Paese. Per tale ragione agli inizi del Terzo millennio abbiamo assunto un impegno importante, quando abbiamo deciso che non era più il caso di parlare di scuola, un termine in sé riduttivo, che rinvia sempre a un edificio dove bambini e adolescenti vanno a studiare! E abbiamo avuto il coraggio di introdurre il concetto di “Sistema educativo di istruzione e formazione” (legge 53/03, art. 2), il cui fine è quello di garantire a ciascuno il suo personale “successo formativo” (dpr 275/99, art. 1): per passare in tal modo, con la leva dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, da una scuola che boccia o promuove a un Sistema che forma e orienta, nessuno escluso.

In tale scenario l’istruzione riguarda ciascuno di noi e per tutta la vita! I cambiamenti che giorno dopo giorno le tecnologie impongono nel mondo della ricerca, della produzione, del lavoro, dell’economia, per di più in assetti che si vanno globalizzando sempre più, impongono anche sollecitazioni continue nelle conoscenze collettive e individuali. Anche e soprattutto perché è solo una conoscenza diffusa di alto livello che può consentire di comprendere e affrontare situazioni socioeconomiche che si fanno sempre più complesse e difficili. In altri termini, nella misura in cui la società propone e impone più situazioni problematiche, sono solo la ricerca, la cultura e l’istruzione che consentono di comprenderle e di affrontarle.

Queste le speranze e gli impegni! Invece, con il corso degli anni, si è verificato il contrario. Al progressivo aumento delle difficoltà socioeconomiche è corrisposto una progressiva diminuzione delle capacità di comprenderle! In un contesto socioeconomico precario era necessario rafforzare il Sistema di istruzione in modo che fosse in grado di dotare i soggetti in formazione degli strumenti necessari per comprendere e fronteggiare un incerto avvenire professionale. Invece, è avvenuto il contrario e il Sistema è stato investito da una spending review assolutamente ingiustificata! Come il medico che, invece di aiutare il malato con gli opportuni farmaci a superare il suo stato di sofferenza, gli toglie anche l’aspirina. L’irresponsabilità degli ultimi governi in materia di istruzione è assolutamente imperdonabile. Se i tagli erano necessari, non si doveva tagliare la “conoscenza”!

E un corpo malato solo con grandi difficoltà può affrontare sia quel riordino – alludo alle Indicazioni nazionali e alle Linee guida che hanno investito e dovrebbero innovare tutti i cicli scolastici – che quella valutazione di sistema – alludo alle iniziative dell’Invalsi – operazioni che solo un corpo in piena salute può affrontare con successo! Insomma, per tutto questo insieme di ragioni, non possiamo dire che il nostro Sistema educativo stia attraversando un periodo facile.

L’anello più debole del Sistema è il “corpo professionale degli insegnanti”. Questi, che dovrebbero essere gli attori convinti dell’innovazione, sono invece i primi destinatari della politica dei tagli. Il solo fatto che l’ultimo governo abbia potuto solo pensare di aumentare il loro orario di lavoro di un terzo la dice lunga sulle capacità del decisore politico di comprendere quale sia la reale condizione dell’insegnante oggi in una scuola in grande difficoltà.

Speriamo in tempi migliori e in decisori che in fatto di scuola – anzi di Sistema – e di insegnanti capiscano qualcosa. Se l’insegnante è l’anello debole – e umiliato e offeso – dell’intero Sistema, è proprio dall’insegnante che occorre ripartire. Esiste la formazione continua in servizio, un tempo obbligatoria, oggi facoltativa. Sarebbe miope e improduttivo pensare a un ritorno puro e semplice all’obbligatorietà: è un falso problema. Non c’è insegnante che non avverta e non soffra del disagio in cui opera e in quale misura venga considerata la sua professionalità. Purtroppo gran parte della pubblica opinione e molti genitori considerano la scuola e gli insegnanti come un viatico da sopportare più che una risorsa necessaria per i loro figli.

Pertanto, il nuovo governo deve dichiarare con i fatti che il Sistema educativo è una variabile indipendente di un contesto socioeconomico e che in una società in profondo cambiamento deve svolgere un ruolo primario di inculturazione (e di acculturazione, considerando le alte percentuali di studenti stranieri) delle nuove generazioni e degli adulti. E che motore di tale ruolo è il corpo professionale degli insegnanti. In tale direzione una politica che ponga al centro il Sistema educativo e la formazione continua di coloro che lo sostanziano restituirebbe agli insegnanti la prima cosa che è stata loro sottratta in questi ultimi anni, la dignità del loro ruolo!

I temi da porre sul tappeto potrebbero essere i seguenti:

– come e perché curvare le finalità e gli obiettivi di cui alle Indicazioni nazionali e alle Linee guida, utilizzando concretamente gli spazi concessi dall’autonomia e dalla flessibilità;

– sostenere tutte le iniziative finalizzate alla generalizzazione di una didattica attiva in funzione della realizzazione di curricoli verticali che investano almeno l’intero ciclo dell’obbligo decennale;

– riavviare una “cultura della valutazione” interrotta dall’improvvido ritorno ai voti, sottolineando le differenze concettuali e operative che corrono tra il misurare, il valutare e il certificare.

Sono temi che mettono in gioco il concreto “saper fare” degli insegnanti, in quanto insistono sulla necessità di creare un virtuoso collegamento tra le finalità che un Sistema educativo oggi persegue in un Paese ad alto sviluppo e le risorse umane e professionali di cui dispone, da troppo tempo umiliate e offese!

Una scommessa e una sfida! Riuscirà il nuovo governo a raccoglierla e a vincerla?

 

SUPPLENZE, DALL’USR DI TORINO INTERPRETAZIONI LESIVE PER I PRECARI

SUPPLENZE, DALL’USR DI TORINO INTERPRETAZIONI LESIVE PER I PRECARI

“Un colpo di mano che scavalca l’amministrazione centrale e il contratto, danneggiando gravemente i docenti”. Così la Gilda degli Insegnanti commenta la nota con cui l’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte, ambito territoriale della provincia di Torino, ha sancito che, fino a quando non avviene la nomina, le supplenze sono da considerarsi brevi.

“Si tratta di un atto unilaterale – afferma il sindacato – che nuoce sul fronte delle assenze per malattia: 30 giorni pagati al 50% e poi il licenziamento. Inoltre l’articolo 40 della legge 449/97, citato dall’Usr, equipara i supplenti fino a nomina dell’avente diritto agli annuali e a quelli in servizio fino al 30 giugno, tanto da prevederne il pagamento direttamente da parte del Tesoro”.

“Questa interpretazione – dichiara la Gilda – lede un diritto dei supplenti che, a causa dei ritardi dell’amministrazione scolastica, non sono stati ancora assunti fino al 30 giugno”.

Secondo il sindacato, l’amministrazione periferica torinese si sarebbe dovuta rivolgere all’amministrazione centrale che, a sua volta, avrebbe dovuto convocare le organizzazioni sindacali “perché la materia – conclude la Gilda – è di natura contrattuale e, dunque, non si può prestare a interpretazioni unilaterali”.

Bullismo contemporaneo

Bullismo contemporaneo

di Vincenzo Andraous

Ora che i riflettori sono stati spenti e la grancassa mediatica ha smesso di emettere suoni scomposti, forse adesso sarà possibile avere memoria con maggior delicatezza e buon senso di quei giovanissimi che hanno deciso di abbandonare per sempre i banchi di scuola, gli amori, i sogni e le speranze.

Forse sarà possibile consegnare il giusto valore alle parole, quelle che non intendono farsi condizionare dalle altre più altisonanti, scagliate per creare una labirintite artificiale, quelle parole che non chiariscono mai  le responsabilità individuali, che non stanno sulle labbra dell’intrattenitore di turno, o sulla battuta pronta di chi vuol rimanere dietro le quinte del dolore, escludendo la possibilità di una via di emergenza che non di rado salva la vita.

Qualcuno intende cavarsela additando la scuola un ammasso informe di linee didattiche, spesso contrapposte alle relazioni importanti che fanno crescere.

La famiglia un ibrido travestito di buone intenzioni.

I giovani una tribù di selvaggi tutti uguali, omologati, disordinati.

Sono queste le etichette e i luoghi comuni con cui si liquidano maldestamente le tragedie di una società caduta in disuso, per l’incapacità di comprendere quanto incivile sia disperdere la propria coscienza critica, anche nel caso questa sottoscriva un malcostume diventato trend nazionale.

Quanto diseducativo può diventare il tentativo di lenire un dolore lacerante con la divulgazione di verità contraffatte.

Chi la scuola l’ha abbandonata a un’età obbligante, sa bene che il rimpianto non è una condizione attenuante.

Chi nella famiglia non ha trovato amore che protegge ma una via di fuga virtuale, sa bene come la selva oscura può ingannare al punto da farti soccombere.

Chi in gioventù ha bruciato le tappe del tutto e subito, sa bene come è facile perdere la propria dignità e depredarne parte agli altri.

Questa è la società che abbiamo in sorte, non era migliore quella precedente, piuttosto siamo cambiati noi, sono cambiate le sensibilità e quindi gli interessi  da esibire: nella fisicità che irrompe nella domanda, nella fragilità che traspare alla risposta.

Atteggiamento diseducativo a tal punto da indicare le scomparse premature e drammatiche di tanti ragazzi come il risultato di una debolezza inconfessabile.

Invece basterebbe pensare alla scuola come a un luogo che insegna dalle retrovie la storia che appartiene a ognuno, incocciandone le anse e gli anfratti, mai delegando ad altri oneri propri, mai caricandosi deleghe che non le competono.

Occorre accettarla questa sfida sbraitata dal bullismo contemporaneo, da questi nullatenenti delle relazioni, evitando inutili paragoni con il passato, piuttosto cercando di onorare chi non c’è più con coraggio e coerenza, con la fermezza necessaria a educare al dialogo e all’ascolto.

Precariato: 150.385 € netti più accessori e interessi a un solo ricorrente

Precariato: 150.385 € netti più accessori e interessi a un solo ricorrente dal giudice del lavoro di Trapani

Battuto dai legali Anief, coordinati dagli avv. Ganci e Miceli, ogni record come risarcimento danni subiti per lucro cessante e danno emergente per mancata stabilizzazione e misura adeguata a condannare il comportamento illecito. Il Miur condannato al pagamento di scatti e mensilità estive per gli anni pregressi (2005-2011) e per gli anni futuri fino all’età pensionabile, con un’addizionale del 10% in via equitativa per i possibili mancati contratti.

La necessità dell’assunzione per pubblico concorso non può giustificare deroghe alle disposizioni che limitano il potere di abuso del datore di lavoro nello stipulare contratti a termine, né a proteggere patrimonio di soggetti pubblici, né ad autorizzare comportamenti contra legem della pubblica amministrazione.

Nel ricorso n. 1658/11, il giudice Petrusa ha tenuto conto della recente giurisprudenza e legislazione comunitaria e nazionale. Il docente precario di educazione fisica e sostegno aveva svolto dal 2005 diversi contratti da supplente su posti vacanti e disponibili ma insegnava dal 2001. Per il presidente dell’Anief e delegato Confedir alla scuola e alle alte professionalità, è una giusta condanna che risarcisce in maniera adeguata i precari danneggiati dai comportamenti illegittimi del Miur. Delle due l’una, o la corte di Lussemburgo deciderà che in Italia la normativa scolastica derogatoria sui contratti a termine è contraria alle disposizioni comunitarie e quindi va disapplicata oppure il risarcimento dei danni deve essere così dissuasivo da comprimere l’arbitrarietà illecita della P. A. e dare adeguata soddisfazione ai lavoratori. In questo senso, la sentenza del giudice del lavoro di Trapani può fare scuola dopo la recente pronuncia della Cassazione che paventava un possibile grave danno erariale alle Casse dello Stato fissando dei nuovi criteri risarcitori. In ogni caso, confermata la dottrina secondo cui non vi possono essere trattamenti economici diversi tra lavoratori precari e di ruolo mentre il contratto al 31 agosto deve essere sempre riconosciuto se il posto è vacante e disponibile come Anief ha sempre denunciato dall’inizio del 2010.

Il commento giuridico alla sentenza da parte del Presidente Anief, prof. M. Pacifico.

La normativa nazionale e la giurisprudenza comunitaria: l’obbligo delle misure dissuasive e sanzionatorie

Il giudice in premessa richiama la normativa vigente, compreso l’art. 4, comma 14 bis, della legge 124 del 1999 introdotto di recente, e prende atto che nella normativa italiana non si ravvisano disposizioni che riconducano la materia della assunzioni della scuola alla disciplina generale sui contratti di lavoro a termine. Tuttavia, nel riprendere la sentenza n. 143/11 della Corte di Appello di Perugia, ritiene paradossale come a fronte di precariato scolastico diversificato, a seconda delle supplenze annuali, al termine delle attività didattiche o temporanee, nel nostro Paese si possa ritenere legittimo l’assunto secondo cui si può assumere reiteramente a termine su posti vacanti sol perché questi stessi posti un giorno dovranno essere assegnati a procedure concorsuali o sol perché esiste una stabile esigenza – mai spiegata – di copertura di posti liberi. Questo assunto, infatti, è ritenuto difficilmente conciliabile con le disposizioni comunitarie che individuano puntuali condizioni da soddisfare perché il termine a un contratto non comprometta la tutela di interessi fondamentali dei lavoratori. In ciò, la giurisprudenza comunitaria è chiara: la normativa nazionale deve prevenire gli abusi dei contratti a termine e sanzionarli nel perfetto recepimento della clausola 5 della direttiva 1999/70/Ce, recepita nel nostro ordinamento dal d.lgs. 368/01. La sentenza Adelener del 4 giugno 2006 della CGUE è chiara: il giudice nazionale ha l’obbligo di provvedere laddove possibile all’interpretazione delle norme di diritto interno in modo compatibile con l’ordinamento comunitario. Quindi, nonostante la specificità delle norme sulla scuola, ritiene che devono trovare applicazioni le esigenze sottese alla direttiva; non è un caso se anche nella sentenza Vassilakis del 22 giugno 2008 della CGUE le assunzioni non possono avvenire in successione o a intervalli ridotti cosicché deduce che se la normativa scolastica fosse svincolata dai limiti applicabili ai rapporti a termine sarebbe in contrasto insanabile con la disciplina vincolante comunitaria e l’intera legislazione sull’assunzione del personale scolastico dovrebbe essere disapplicata. La carenza di ragioni oggettive come motivo per l’annullamento dei contratti a termine, infine, è stata, persino resa esplicita nella causa Kukuk del 26 gennaio 2012 della CGUE dove le stesse ragioni possono essere individuate nella particolare natura delle funzioni, delle caratteristiche a esse inerenti o dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale. Queste ragioni devono essere legate a circostanze precise e concrete che prescindono dalla loro esplicitazione nel contratto e che nel caso della scuola devono poter essere valutate nella discriminante tra posti vacanti e disponibili e non vacanti ma disponibili – come ha sempre ritenuto Anief. Se un contratto è dato a tempo determinato per ragioni sostitutive è giustificabile la sua reiterazione; in caso contrario, se il posto è vacante, l’amministrazione è tenuta a coprirlo attraverso l’attribuzione di un contratto a tempo indeterminato a personale idoneo attinto dalle graduatorie. In questo caso non vi è temporaneità del fabbisogno cosicché se il Miur non assume deve specificare le ragioni oggettive che non sono desumibili dalla situazione concreta e deve chiarire le ragioni tecnico-organizzative senza ripararsi dietro il diaframma della peculiarità del settore. A tal proposito apodittica appare al giudice l’affermazione dell’Avvocatura dello Stato (invero condivisa da parte della giurisprudenza tra cui la Corte di Appello di Milano, sentenza n. 708/12) secondo cui la peculiarità del sistema di reclutamento scolastico esclude la sua compatibilità con il d.lgs. 368/01.

La qualificazione e la quantificazione del risarcimento: lucro cessante e danno emergente

Il divieto di conversione del contratto previsto dall’art. 36 del d.lgs. 165/01, in quanto coerente con l’art. 97 della Costituzione in merito a buon andamento e imparzialità, deve essere assunto, nell’ermeneutica del giudizio, per evitare l’aggiramento delle procedure di assunzione attraverso concorso e non per mettere in una posizione di privilegio la P. A. sul dipendente. La stessa normativa che impedisce la stabilizzazione dei precari nella P. A. secondo le recenti sentenze Adelener e Vassallo del 6 settembre 2006 della CGUE, deve essere accompagnata da misure dirette a prevenire l’utilizzazione abusiva da contratti a termine in successione. D’altronde, in assenza di espressioni di legge che individuano le misure idonee prescritte dalla Corte europea, la giurisprudenza interna ha cercato di ricostruire rimedi adeguati in via interpretativa per evitare reiterazioni del fenomeno, ovvero della stipula di contratti a termine. In alcuni casi è stata ripresa per analogia il risarcimento forfettario del danno previsto dall’art. 18 della legge 300/70 che prescrive il pagamento dalle 15 alle 20 mensilità della retribuzione globale di fatto. Argomento non condiviso dal giudice perché in contrasto con l’art. 14 della stessa legge, eppure non per questo preclusivo del risarcimento del danno, comunque, da erogare per trovare adeguato rimedio, a meno di disapplicare l’art. 36 del testo unico sul pubblico impiego. In ciò conforta la stessa Cassazione che con sentenza n. 4417/12 accetterebbe la conformità del divieto perché il risarcimento del danno sarebbe previsto dal nostro ordinamento con rimedi sufficienti per prevenire e sanzionare gli abusi commessi da parte di enti pubblici. Tra i rimedi il giudice non individua neanche l’indennità onnicomprensiva ex art. 32 della L. 183/10 che dovrebbe essere corrisposta soltanto nei casi di conversione ovvero come strumento accessorio. Il risarcimento del danno, infatti, non può trovare soddisfazione nell’applicazione del criterio legato all’emolumento aggiuntivo tra le 2,5 e le 12 mensilità, adottato nella conversione del rapporto a termine che è preclusa nel pubblico impiego rispetto al privato, con evidente disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati.  Pertanto, ritiene che la strada percorribile per punire l’illecito sia la responsabilità in capo al Miur del contatto sociale qualificato, ai sensi dell’ art. 1218 del Codice civile. La P. A. non è un passante occasionale ma soggetto con cui il danneggiato ha instaurato un pregresso rapporto di fatto (concorso pubblico, precedenti mansioni). Da tale rapporto scaturirebbe un affidamento in capo a ciascuno circa il corretto comportamento dell’altro, cioè un obbligo di protezione in capo a ciascuno dei paciscenti che va oltre il neminem laedere così da poter assimilato a un’obbligazione. Le stesse SS. UU. della Cassazione con sentenza n. 14712/07 hanno riconosciuto come nella responsabilità contrattuale l’obbligazione viene in esistenza nel momento fisiologico della vigenza se la responsabilità interna attiene proprio alla violazione di essa: se il danneggiante non è un passante occasionale ma ha avuto rapporti sufficientemente intensi con il danneggiato, in applicazione del principi solidaristici previsti dall’art. 2 della Costituzione si genera il dovere di curare l’interesse della controparte e di rispettare l’affidamento ingenerato dal contratto sociale, ragion per cui corre l’obbligazione di protezione la cui violazione da luogo a responsabilità d’inadempimento, secondo l’onere della prova, la prescrizione del diritto e l’individuazione dei danni relativi al risarcimento. Opinione più moderna ritiene che la parte che ha subito un danno precontrattuale abbia la possibilità di essere messo nella posizione economica in cui si sarebbe trovato se non vi fosse stata la deviazione della trattativa, ai sensi dell’art. 1440 del Codice civile così da individuare come dolo incidente quei danni nella perdita dei vantaggi che il contraente avrebbe subito se non fosse stato depistato dalla condotta dolosa di uno dei contraenti, ovvero quella lesione dell’interesse positivo differenziale che deve essere risarcita come medesimo danno patrimoniale, secondo gli artt. 1223, 1225, 1227 dello stesso Codice civile, inteso nelle diminuzioni patrimoniali scaturite immediatamente e direttamente dalla condotta (art. 1223), purché siano prevedibili (art. 1225) e non riconducibili a fatto proprio del danneggiato (art. 1227). In poche parole, la giurisprudenza ha chiarito che il risarcimento deve avere ad oggetto le conseguenze che costituiscono effetto normale e prevedibile dell’illecito lamentato cosicché tutto il decremento patrimoniale subito dal danneggiato va risarcito sia che la deminutio riguardi il danno emergente o il lucro cessante applicando “del più probabile che non” e non “della certezza ogni oltre ragionevole dubbio” come ha ribadito la Cassazione nelle sentenze nn. 11755/06, 21619/07: nel diritto civile si deve ritenere che il danneggiante ha causato il danno quando, eliminata la condotta, vi è più del 51% di possibilità che il pregiudizio venga meno. In questo caso, i danni risarcibili diventano anche quelli che si sarebbero presumibilmente evitati e non i soli danni che probabilmente si sarebbero prodotto, applicandosi il criterio della funzione riparatoria dove il peso economico deve gravare su chi è meno ingiusto che lo sopporti; tra i due soggetti, infatti, vi è un equilibrio all’interno del quale si deve rintracciare l’elemento che faccia ritenere meno ingiusto la sopportazione dell’onere economico rappresentato dal danno. A questo punto, bisogna individuare nel caso di specie, la reiterata attribuzione del contratto a termine, quale sarebbe stata la perdita che probabilmente il danneggiato avrebbe potuto evitare. E’ ovvio che riferendosi all’id quod plerumque accidit il lucro cessante sia da individuare nella prospettiva di conservare il rapporto di lavoro fino alla pensione così da considerare le retribuzioni future come risarcimento danni e non retribuzione, nel rispetto dell’art. 97 della Costituzione. A questo punto, è evidente che se il Miur può non assumere, tuttavia, non può farsi scudo del divieto di conversione per abusare dell’inferiorità della controparte. Se l’illegittima apposizione del contratto a termine come tatto negoziale non preclude alcuno effetto, come fatto, diventa un nomale comportamento illecito sul patrimonio di terzi e deve dare luogo al risarcimento del danno visto che non esiste alcuna legge che discrimina la protezione prioritaria del patrimonio pubblico rispetto a quello privato, né la necessità del pubblico concorso può recidere il nesso di casualità tra condotta e danno, come ritiene il tribunale di Roma nella sentenza del 18.09.2012: l’eliminazione della condotta illecita, infatti, qualora intesa nella sua naturale conseguenza della cessazione di alcun rapporto di lavoro annullerebbe lo strumento risarcitorio che rimane l’unica tutela in capo al lavoratore. Ad avviso del giudice, pertanto, il comportamento del Miur deve essere inteso contra legem produttivo di un pregiudizio e non come atto negoziale produttivo di effetti. La necessità dell’assunzione per pubblico concorso non può giustificare deroghe alle disposizioni che limitano il potere di abuso del datore di lavoro nello stipulare contratti a termine, né a proteggere patrimonio di soggetti pubblici, né ad autorizzare comportamenti contra legem della pubblica amministrazione. In questo caso non può essere reciso il nesso di causalità tra comportamento illecito e danno derivato, trovando applicazione l’art. 1440 del Codice civile per il dolo incidente richiamato secondo cui quando il comportamento di una delle parti ha determinato uno sviamento che ha inciso sul contenuto dell’accordo, questa deve risarcire. Per quanto riguarda la maturazione economica degli scatti di anzianità in regime di precariato, infine, a parere del giudice, l’art. 4 comma 14bis, introdotto alla legge 124/99 dal decreto legge 134/09, convertito nella legge 167/09 deve essere direttamente disapplicato, in assenza di ragione oggettive, in applicazione delle sentenze della corte di giustizia europea del 13.09.2007 e del 15.04.08, mentre è evidente che laddove il posto è vacante e disponibile per mesa espressione del legislatore nazionale, debba essere riconosciuto l’estensione del contratto ai mesi estivi con liquidazione delle somme spettanti.

Conclusioni

Il giudice, nel rigettare la domanda di conversione del contratto, dichiara l’illegittimità delle clausole apposte nel contratto a termine, e nel prendere in considerazione soltanto le annualità dal 2005 al 2011 durante le quali il ricorrente è stato assunto a tempo su posti vacanti e disponibili senza il pagamento delle mensilità estive e degli scatti di anzianità, dispone il pagamento degli stessi nella misura di 19.750 € oltre accessori. Per il risarcimento del danno relativo alla mancata stabilizzazione, inoltre, cagionato dal comportamento illecito dell’amministrazione che aveva assunto il ricorrente fin dal 2001 e che con ogni probabilità continuerà a reiterare i contratti a termine, al netto della posta attiva del risarcimento, atteso che il ricorrente dovrebbe percepire in futuro le stesse retribuzioni, per evitare locupletazioni, il giudice condanna il Miur al pagamento di 127.500 € netti, oltre interessi da capitalizzare, di cui 51.000 € per i mesi di luglio e agosto di ciascun anno futuro, 42.500 € per la mancata progressione economica futura, 34.000 € per gli anni in cui il ricorrente non verrà retribuito perché non assunto, individuati in via equitativa nel 10% del periodo lavorativo residuo. Riconosce, infine, al ricorrente il punteggio di servizio per i mesi estivi di ciascun anno a decorrere dal 2005, e compensa le spese di lite per i 2/3 tra i convenuti, e per 1/3 a carico dell’amministrazione per un totale di 3.135 € oltre IVA e cpa essendo la causa del valore tra i 100.000 € e i 500.000 € ai sensi del d. m. 140/12.

 

Scuola, Profumo e Mastrapasqua firmano Protocollo d’Intesa Miur – Inps

Scuola, Profumo e Mastrapasqua firmano
Protocollo d’Intesa Miur – Inps

Per dipendenti o familiari di dipendenti pubblici
6 milioni di euro per borse di studio, formazione all’estero
e aggiornamento di insegnanti e dirigenti.

Previsti anche dottorati di ricerca in azienda e
progetti di alternanza scuola-lavoro.

(Roma, 22 febbraio 2013) 100 borse di studio, per un importo di massimo di 12mila euro ciascuna, per consentire per la prima volta a studenti, figli di dipendenti pubblici, di frequentare una scuola all’estero, per un anno o un semestre. 2 milioni di euro per finanziare voucher formativi per corsi di perfezionamento e aggiornamento dedicati a docenti e dirigenti, da svolgere in Italia o all’estero.

Sono le principali iniziative che vedranno la luce nei prossimi mesi grazie al Protocollo d’Intesa firmato oggi dal ministro Francesco Profumo e dal presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua. La gestione INPS ha da sempre avuto nei suoi scopi istituzionali l’erogazione di prestazioni sociali in favore dei dipendenti  pubblici e dei loro familiari. Questo accordo prevede uno stanziamento  complessivo di 6 milioni di euro per promuovere la mobilità studentesca, l’occupazione dei giovani e la formazione del personale della scuola statale.

Le 100 borse di studio per frequentare un periodo di scuola all’estero saranno bandite a marzo e nei prossimi mesi saranno messi a bando anche i voucher formativi per l’aggiornamento dei docenti e dei dirigenti. Tra le altre iniziative previste dall’accordo, anche borse di studio, dedicate a figli di dipendenti pubblici, per dottorati di ricerca in azienda, master per giovani non occupati e progetti di alternanza scuola-lavoro all’estero per favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. A breve sul sito dell’Inps verranno aperte le procedure di accreditamento di enti, istituzioni, associazioni disciplinari, associazioni professionali e università che, in una logica sussidiaria, saranno in grado di fornire proposte di qualità in tutti i settori previsti dal Protocollo ed individuati nei bandi.

“In un momento di crisi – ha commentato il Sottosegretario Elena Ugolini – è fondamentale fare sistema tra le istituzioni per migliorare le possibilità di occupazione dei giovani attraverso una formazione di qualità e per valorizzare la professionalità di insegnanti e dirigenti. L’auspicio è che questo accordo faccia da apripista ad altre possibili alleanze con soggetti pubblici e privati di diversi settori professionali e produttivi”.

INIDONEI / applicazione dell’utilizzazione in altri compiti da parte di UST e DS

Ai sindacati nazionali e regionali

Come coordinamento con aderenti in tutte le regioni italiane abbiamo riscontrato, da parte di molti UST e DS, ricorrenti iniziative che precorrono l’attuazione della L.135/2012 tuttora allo studio.

Questo modo di procedere incide in maniera impropria sulla gestione dell’istituto giuridico della UTILIZZAZIONE riguardo ai relativi contratti:
A – diversi docenti dichiarati inidonei dopo il mese di luglio 2012 sono tuttora senza contratto di utilizzazione, “in malattia d’ufficio”, in attesa del decreto attuativo della L.135/2012.
B – a quanti è stato fatto un contratto individuale di utilizzazione è stata imposta come destinazione esclusivamente la segreteria
C – molti docenti già utilizzati in biblioteca sono stati spostati d’autorità in segreteria.

Si rende necessario rilevare che, in mancanza del decreto attuativo che regoli il passaggio nei ruoli AA e AT, resta vigente la normativa precedente, cioè il CCNI 2008, il quale fornisce istruzioni precise sull’UTILIZZAZIONE di detto personale.

– Per il punto A riteniamo che l’amministrazione non possa impedire al dipendente di esercitare l’attività lavorativa (con danno economico per l’amministrazione e morale per il dipendente).
– Per il punto B rileviamo che le MODALITA’ di utilizzazione FORZOSA evidenziate avvengano al di fuori dalle garanzie di legge.
– Per il punto C riteniamo che lo spostamento PREMATURO crei uno stress immotivato –e non supportato da normativa- in chi aveva scelto mansioni molto diverse dalle amministrative. Oltre al fatto che molte biblioteche scolastiche stanno rimanendo sguarnite di personale, con grave danno all’utenza, come evidenziato da varie personalità del settore.

Noi riteniamo illegittima e lesiva dei diritti del lavoratore qualsiasi procedura che non si attenga alle disposizioni TUTTORA VIGENTI e che provi ad anticipare, di fatto, una normativa che l’ormai prossimo governo potrebbe mandare in vigore con “MODALITA’ attuative” non prevedibili al momento.

Chiediamo alle OO.SS. di vigilare sul corretto comportamento di UST e DS e di diffidarli da ogni iniziativa che si discosti dal quadro normativo vigente.

Coordinamento Nazionale Bibliotecari Scolastici

Scuola, Profumo: “Iscrizioni, nessuna proroga. Il Paese impari a rispettare le regole”

da Repubblica.it

Scuola, Profumo: “Iscrizioni, nessuna proroga. Il Paese impari a rispettare le regole”

Il ministro dell’Istruzione non considera uno slittamento nonostante il rischio di impasse delle iscrizioni online. Si dice certo del decreto sul diritto allo studio entro fine legislatura. Lancia l’idea: “Nuove scuole dai beni confiscati alla mafia”. E difende i test universitari anticipati a luglio: “Per consolidare le graduatorie servono almeno due mesi”. Tre miliardi in ricerca nel 2012. “Ma serve altra sensibilità dalla politica”

ROMA – Non sarà necessaria nessuna proroga del termine per le iscrizioni al prossimo anno scolastico. Lo ha assicurato all’Ansa il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo.
“Le date devono essere rispettate. Questo Paese deve imparare – ha dichiarato Profumo – che se ci sono regole vanno osservate organizzandosi per tempo”. Il monito del ministro giunge a una settimana dalla chiusura, fissata per il 28 febbraio, e un mese dopo l’apertura delle iscrizioni online, partite il 21 gennaio, quando si intuì che il sistema avrebbe potuto creare una impasse nel processo di registrazione. Diritto allo studio. Quanto al decreto sul diritto allo studio, il ministro dell’Istruzione si è detto certo che arriverà in porto prima della fine della legislatura. “L’obiettivo è di fare un contratto con gli studenti. Se qualcuno vuole far arenare questo provvedimento significa che non crede al diritto allo studio. Io questa responsabilità non me la prendo”.
“L’obiettivo che ci poniamo con il decreto – ha spiegato il ministro – è di fissare delle regole-Paese attraverso cui lo Stato, le Regioni e gli studenti (attraverso la tassa regionale) prendono impegni e li rispettano. In questi anni purtroppo, oltre a una differenziazione tra le Regioni (con percentuali diverse tra numero degli idonei e beneficiari secondo i territori), si è registrato uno ‘stop and go’ sul fronte dei finanziamenti che non consente di programmare i percorsi. E’ invece importante sapere quante sono le risorse e come vengono distribuite, soprattutto in una fase economica così critica”.
Per questo si è deciso di cambiare la natura dell’accantonamento destinato alle borse stabilizzando il relativo Fondo. “Si prevede – ha spiegato il ministro – una soglia minima di 150 milioni da parte dello Stato, un contributo da parte delle Regioni pari ad almeno il 40% dello stanziamento statale e tasse regionali normalizzate per i non idonei. Si arriva in questo modo almeno a 440 miliardi rispetto ai 360 dell’anno scorso, un aumento che si traduce in 25.000 borse in più. L’obiettivo è arrivare a una coincidenza di numero tra idonei e beneficiari, evitando forti sperequazioni tra regione e regione”.
Nuove scuole dai beni della mafia. Profumo ha anche una proposta: far confluire nel nuovo Fondo immobiliare pensato come soluzione finanziaria per l’edilizia scolastica anche una parte dei beni confiscati alla mafia. “Sarebbe un’operazione importante se si trovasse una modalità per cui una parte dei beni confiscati alla mafia potesse essere conferito a questo Fondo e poi convertita in nuove scuole”.
“Stiamo lavorando – ha spiegato il ministro – a un Fondo immobiliare per la scuola, al quale eroga risorse il ministero ma anche le Regioni. Comuni e Province potrebbero conferire edifici. Attualmente ci sono circa un migliaio di scuole ospitate in edifici presi ‘in affitto’, oltre il 90% al Sud. Se si trovasse una modalità per cui una parte dei beni confiscati alla mafia potesse finire in questo Fondo e poi essere convertita in scuole nuove sarebbe un’operazione importante”.
Profumo ha quindi sottolineato che sta lavorando assieme al ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, per conferire al Fondo anche una parte dei finanziamenti comunitari, in modo da poter avviare una pianificazione di sette anni (2014-2020). “Diventerebbe – ha spiegato il ministro – una sorta di Fondo rotativo: si conferiscono edifici che possono essere poi ceduti e le risorse ricavate destinate alle scuole”.
Test universitari anticipati e pre-test attitudinale. Profumo ha anche annunciato che per gli studenti che vogliono iscriversi  alle facoltà a numero programmato, oltre al tradizionale test  d’accesso, fissato quest’anno a luglio, ci sarà un pre-test preliminare  di attitudine (non vincolante) da affrontare a primavera e un simulatore  per esercitarsi.
Il test d’accesso, anticipato a luglio – ha spiegato il ministro – valuterà le conoscenze già acquisite. Per medicina verterà su cinque argomenti: cultura generale, matematica, fisica, chimica e biologia. E le domande,  ha assicurato Profumo, terranno conto dei programmi scolastici studiati alle superiori. Dunque, la preparazione per la maturità coinciderebbe con quella per sostenere i test.
A primavera poi gli studenti che hanno deciso di iscriversi a una facoltà a numero chiuso potranno cimentarsi con un test preliminare di attitudine, non vincolante. Quanto alla preparazione, Profumo ha in mente un simulatore con il quale le aspiranti matricole potranno esercitarsi, qualcosa di analogo all’eserciziario preparato da viale Trastevere per i candidati al concorso a cattedra.
Il ministro ha difeso la scelta, contestata soprattutto dagli studenti, di anticipare a luglio i test tradizionalmente in calendario a settembre, spiegandone i vantaggi. “Le graduatorie per essere consolidate necessitano di almeno due mesi. Con i test a metà settembre si arrivava spesso a metà dicembre senza avere ancora graduatorie consolidate con gravi disservizi per gli studenti dal momento che le lezioni cominciano, invece, a ottobre. E per chi scopriva di non essere inserito in graduatoria le difficoltà logistiche non erano poche. Vogliamo evitare tutto ciò. Questo è un Paese arruffone, ma si può cambiare passo”.
Ricerca: nel 2012 investiti 3 miliardi. Profumo ha voluto sottolineare come i 3 miliardi di euro investiti nell’ultimo anno nella ricerca rappresentino una tappa importante nel processo di avvicinamento all’appuntamento con il più grande programma di ricerca mai varato dall’Europa in questo campo, Horizon 2020. Dei 3 miliardi, uno è stato investito nel progetto Smart City, 1,4 circa nei cluster e nei parchi tecnologici e circa 600 per la pre-competitività.
“In questo anno – ha aggiunto il ministro – abbiamo fatto una buona palestra”, anche se “in tema di competizione internazionale siamo sempre ancora molto deboli”. Profumo ha osservato che “i nostri ricercatori sono bravi”, ma “la situazione è complicata”. Ad esempio, a livello europeo il curriculum tiene conto se un ricercatore è il primo firmatario di un lavoro scientifico, ma nel nostro Paese spesso accade che il primo firmatario non sia il primo autore del lavoro.
Tanto da fare, quindi, ma anche segnali positivi. “In vista di Horizon 2020 abbiamo fatto una buona palestra” ed è stato “un buon segnale” il finanziamento europeo da un miliardo ciascuno ai due progetti bandiera (sul grafene e sul cervello) nei quali l’Italia ha un ruolo molto importante.
Ricerca, più sensibilità dalla politica. Un piano pluriennale per la ricerca e una maggiore sensibilità sul tema da parte del Parlamento e della politica è quanto ha auspicato il ministro Profumo. Che, all’indomani dell’incontro fra il presidente della Repubblica e il Gruppo 2003, al quale ha partecipato, ha rilevato che “purtroppo nella campagna elettorale c’è uno scarso stimolo sul tema della ricerca e il presidente Napolitano ha messo in evidenza come, nonostante i suoi sforzi compiuti durante il settennato, ci sia una sorta di sordità. Cosa della quale è molto rammaricato”.
L’auspicio del ministro è che “dopo le elezioni sia varato un reale piano pluriennale sul temi della ricerca, dell’università e della scuola”. Occorre, secondo Profumo, “un piano per realizzare una strategia comune in ambito europeo e con risorse che non debbano essere periodicamente riassegnate. Ma su questo – ha aggiunto – il Parlamento non ha sensibilità, così come la politica si concentra sui risultati dell’indomani mattina”. La ricerca, ha rilevato Profumo, “dovrebbe invece essere un investimento per il Paese. Ma per un’operazione di questo tipo sono necessarie stabilità e volontà politica”.

Scuola: “No a proroga delle iscrizioni” E nelle Università arriva il pre-test

da LaStampa.it

Scuola: “No a proroga delle iscrizioni” E nelle Università arriva il pre-test

Il ministro Profumo: “Si deve imparare  che se ci sono regole vanno osservate organizzandosi per tempo” “Nei corsi a numero chiuso quiz che verifichino l’attitudine”

Non sarà necessaria nessuna proroga del termine per le iscrizioni al prossimo anno scolastico. Lo ha assicurato il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo. «Le date devono essere rispettate. Questo Paese deve imparare – ha dichiarato – che se ci sono regole vanno osservate organizzandosi per tempo».

IProfumo ha anche annunciato una novità per  gli studenti universitari. Coloro che vogliono iscriversi alle facoltà a numero programmato, oltre al tradizionale test d’accesso, fissato quest’anno a luglio, ci sarà un pre-test preliminare di attitudine (non vincolante) da affrontare a primavera e un simulatore per esercitarsi. Lo ha annunciato all’ANSA il ministro Francesco Profumo.

Il ministro oggi ha anche assicurato che il decreto sul diritto allo studio arriverà in porto prima della fine della legislatura. Profumo se ne dice  convinto: ci sono tutte le condizioni perché ciò accada. «L’obiettivo è quello di fare un contratto con gli studenti. Se qualcuno vuole far arenare questo provvedimento significa che non crede al diritto allo studio. Io questa responsabilità non me la prendo».

Gli studenti italiani vogliono studiare all’estero

da LaStampa.it

Gli studenti italiani vogliono studiare all’estero

In 6.300 alle selezioni dall’Intercultura
firenze

Gli studenti delle scuole superiori italiane   non sono più ”mammoni”: sono infatti 6.300,+25% rispetto allo scorso anno, gli studenti che hanno partecipato alle selezioni per uno dei 1.800 posti messi in palio dall’associazione Intercultura per studiare all’estero. Un migliaio di loro lo faranno per l’intero anno scolastico, altri per periodi più brevi.

Per loro non c’è più solo il mito degli Stati Uniti: il 22,1% (+1,1%) degli studenti in partenza avranno come meta i paesi latino-americani; il 13,7% (+2%) i Paesi asiatici, il 22,1% Canada e Usa e il 34,6% Paesi europei.

E non c’è grande distinzione tra le regioni italiane anche se il 19,8% di loro è lombardo, il 10,9% partirà dal Lazio e più dell’8% da Veneto e Emilia Romagna.

Le femmine fanno invece la parte del leone: il 64,2% degli iscritti alle selezioni sono ragazze e il 35,8% ragazzi.

Di questi e di altri dati si parlerà a Firenze in un Convegno internazionale su “Il Corpo e la Rete: strumenti di apprendimento culturale”, in programma dal 28 febbraio al 2 marzo, organizzato dalla Fondazione intercultura con esperti provenienti da tutto il mondo.

Congedi di paternità? Sì, ma non per i dipendenti pubblici

da Tecnica della Scuola

Congedi di paternità? Sì, ma non per i dipendenti pubblici
di L.L.
Le novità introdotte in materia dalla Riforma Fornero non riguardano le pubbliche amministrazioni
Con uno stringato parere del 20 febbraio 2013 che non lascia spazio a dubbi interpretativi il Dipartimento della Funzione Pubblica è intervenuto sulla portata applicativa dell’art. 4, comma 24, della l. n. 92 del 2012 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), relativamente al congedo obbligatorio e al congedo facoltativo del padre lavoratore. Nel rispondere ad un quesito avanzato dal Comune di Reggio nell’Emilia, il Capo Dipartimento Antonio Naddeo è stato chiaro: “la normativa in questione non è direttamente applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, atteso che, come disposto dall’art. 1, commi 7 e 8, della citata l. n. 92 del 2012, tale applicazione è subordinata all’approvazione di apposita normativa su iniziativa del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Pertanto, per i dipendenti pubblici rimangono validi ed applicabili gli ordinari istituti disciplinati nel d.lgs. n. 151 del 2001 e nei CCNL di comparto”.
Quindi, i padri dipendenti delle p.a. non hanno diritto al congedo obbligatorio di paternità e ai due giorni di congedo facoltativo, così come le madri lavoratrici delle pubbliche amministrazioni non potranno accedere ai cosiddetti voucher a sostegno della maternità.
L’ennesima discriminazione per i dipendenti pubblici, che si vedono privati di alcuni strumenti di cui invece godranno i lavoratori del settore privato.

Domande di pensione solo via web

da Tecnica della Scuola

Domande di pensione solo via web
di Lara La Gatta
Dopo l’accertamento del diritto al trattamento pensionistico, gli interessati dovranno presentare domanda direttamente all’Inps
È ormai attivo dal 12 gennaio scorso il servizio “Domanda web di pensione“, che consente l’invio telematico della domanda di pensione all’Inps gestione ex Inpdap.
Il servizio può essere utilizzato per l’invio delle domande di pensione diretta ordinaria di anzianità, di vecchiaia o di inabilità/infermità.
Quindi, anche i docenti e il personale Ata che hanno presentato domanda di cessazione dal servizio entro il 5 febbraio scorso, nonché i Dirigenti scolastici che la presenteranno entro il 28 febbraio, per poter aver accesso al trattamento pensionistico dovranno poi provvedere a presentare istanza di pensionamento direttamente all’Inps (dopo che i singoli Usp avranno, entro il 30 marzo, accertato il diritto al trattamento pensionistico).
Per farlo, possono rivolgersi ad un patronato oppure presentarla direttamente.
In quest’ultimo caso, dovranno innanzitutto ottenere l’apposito Pin necessario per accedere all’Area Riservata Inps > Servizi telematici Gestione ex Inpdap. In particolare è richiesto il cosiddetto Pin dispositivo  che viene rilasciato solo dopo che l’utente sia stato identificato o abbia inviato copia di un documento di riconoscimento (prima è necessario richiedere il Pin on-line che poi andrà convertito in Pin dispositivo).
Il PIN si può richiedere:
1. presso gli sportelli delle sedi Inps (PIN dispositivo)
2. on line, sul sito www.inps.it, attraverso la procedura “PIN online”> “Richiedi PIN
3. tramite Contact Center Inps chiamando il numero verde 803 164; per le chiamate da telefoni cellulari è disponibile il numero 06 164164, a pagamento in base al piano tariffario del gestore telefonico del chiamante;
4. con l’attivazione del PIN preassegnato da Inps, i cui primi otto caratteri sono trasmessi all’utenza tramite lettera, in occasione di comunicazioni periodiche (solo PIN on line).
Per ulteriori informazioni:

Studenti Erasmus, la protesta sfocia nel voto simbolico

da Tecnica della Scuola

Studenti Erasmus, la protesta sfocia nel voto simbolico
di A.G.
Contro la decisione presa dal Cdm a dicembre, hanno deciso che il 23 febbraio, un giorno prima delle elezioni vere in Italia, si recheranno nelle urne collocate nelle piazze delle maggiori città europee dal gruppo “Io voto lo stesso”: assieme a chi risiede in Europa per un tempo inferiore a un anno, ricorderanno che è stato leso un loro diritto. Il tam tam è partito attraverso i social network.
Mancano ormai solo tre giorni alle elezioni politiche, ma non si rassegnano gli studenti che stanno svolgendo l’Erasmus, il progetto internazionale che gli permette di svolgere un periodo di studi post-diploma all’estero: insistono perché avrebbero voluto avere la possibilità di votare. Assieme ad altri italiani che si trovano fuori Italia per meno di un anno, si sentono vessati dal decreto 223 approvato dal Consiglio dei ministri il 18 dicembre scorso. Dicono che si tratta di una scelta sbagliata. Tanto che negli altri paesi europei, dove si trovano in questo momento, i governi trovano comunque delle soluzioni per garantire l’esercizio di un diritto.
E stanno organizzando nelle maggiori città europee un’iniziativa di protesta. Una di queste si svolgerà il 23 di febbraio, un giorno prima del voto in Italia: gli organizzatori, associati nel gruppo “Io voto lo stesso”, hanno previsto una votazione simbolica.
“Il 23 febbraio – dicono – costituiremo seggi elettorali nelle piazze, nei centri culturali, nelle università estere, a cui tutti gli italiani non residenti potranno recarsi per esprimere il proprio diritto di voto”: in questo modo, “”, l’azione vuole “dimostrare la partecipazione e l’intenzione degli italiani all’estero di far valere questo diritto, pur non essendo iscritti all’AIRE”.
Si tratta di studenti Erasmus, lavoratori precari con contratti di pochi mesi, ragazzi alla pari che studiano e risiedono in Europa per un tempo inferiore a un anno. Sostengono che la loro esclusione “contrasta con i principi di partecipazione democratica, eguaglianza ed effettività del diritto di voto previsti dalla Costituzione.
L’abbiamo reputata – continua il gruppo ‘Io voto lo stesso’ – una risposta beffarda: ledere il diritto di voto di chi si trova temporaneamente all’estero, non solo rappresenta una delle tante falle dell’attuale legge elettorale, ma è ancor più una violazione dell’art. 48 della Costituzione. Questa non-delibera, non cambiando nulla, di fatto limita il nostro diritto di voto. Abbiamo valutato le possibilità di rientrare in Italia ma non tutti, tra lavoro, impegni universitari e disponibilità finanziarie, hanno la possibilità di tornare per esprimere il proprio voto”.
Attraverso i social network, il raggruppamento ha creato una rete di contatti in tutta Europa e si è organizzato per manifestare il dissenso. “Tenteremo così almeno di raccontare questi voti che per il nostro Paese non contano. In un’elezione in cui i temi della distanza della politica dalla cittadinanza e quelli della ‘rottamazione’, dei volti giovani, del nuovo che avanza, hanno un ruolo primario, noi (giovani, studenti, lavoratori, in Europa per ampliare la propria cultura e vivere un’esperienza profondamente formativa, o per cercare possibilità lavorative che il nostro Paese non offre) veniamo privati della voce e del nostro diritto di esprimerci. Per mostrare che la nostra voce resiste anche da lontano”.

Regolamento della valutazione

da tuttoscuola.com

Regolamento della valutazione

Si stanno prendendo in questi giorni, se non ore, decisioni importanti per quanto riguarda il nuovo regolamento della valutazione, predisposto dall’esecutivo in attuazione della  legge 10 del 26 febbraio 2011 che definiva il sistema nazionale di valutazione in tutte le sue componenti (Invalsi, Indire, Ispettorato).

Un folto gruppo di associazioni professionali e di altre organizzazioni (tra cui Aimc, Cidi, Fnism, Legambiente Scuola e Formazione, MCE, Proteo Fare Sapere, Per la Scuola della Repubblica, Cgd, Uds, Rete Studenti Medi) ha preso l’iniziativa, nei giorni scorsi, di chiedere con forza all’attuale governo di rinviare ogni decisione

Nell’appello, come riferito da Tuttoscuola, si giudica “inaccettabile che il Governo, che è in carica solo per l’ordinaria amministrazione, possa emanare in queste condizioni un decreto di questa importanza e procedere alle nomine dei Cda di Indire e Invalsi” e si chiede al ministro Profumo di “intervenire perché la definizione delle linee della valutazione scolastica sia affidata al prossimo Parlamento e al prossimo Governo previa consultazione delle Istituzioni scolastiche”.

Insomma una vera e propria richiesta di rinvio non solo del regolamento ma in pratica di tutta la partita della valutazione: un ennesimo rinvio dopo i molti che si sono succeduti negli ultimi 15 anni.

In direzione diametralmente opposta si muovono due associazioni, l’Apef, che ricorda gli impegni presi in materia di valutazione dal nostro Paese con l’Unione europea e le sollecitazioni giunte in proposito dall’Ocse proprio in questi giorni, e l’ADi, che in una nota accusa “un gruppo di associazioni professionali e sindacali, storicamente riconducibili al mondo cattolico ed a parti significative della sinistra” di far parte di un “establishment molto datato” che “si oppone al varo del Regolamento sulla valutazione” pensando di “rappresentare il parere del mondo della scuola, che avrebbe timore di essere valutato”.

In discussione, ancora una volta, è una questione solo apparentemente tecnica: se la valutazione debba essere universalistica, coinvolgere cioè tutte le scuole, oppure debba investirne soltanto alcune, scelte su base campionaria. Nella prima direzione si sta muovendo da qualche anno l’Invalsi, con l’obiettivo primario di fornire alle singole scuole un insieme di informazioni (non solo sui livelli di apprendimento degli alunni) che le possa aiutare a migliorare l’efficacia dell’azione formativa.

Se questa impostazione fosse rovesciata in favore dell’approccio campionario (che è quello già utilizzato per le rilevazioni internazionali) si avrebbero informazioni certamente attendibili per quanto riguarda le scuole campionate (relativamente poche, meglio seguite e controllate), ma nessuna informazioni per le altre, la grande maggioranza. I dati ricavati dalle scuole campione sarebbero certamente utili per orientare le scelte di politica scolastica di livello nazionale e forse regionale, ma poco utili se non del tutto inutili per il resto delle scuole, dove ci si limiterebbe a blande forme di autovalutazione-autoassoluzione.

Le obiezioni al modello universalistico sono anche altre, dal rischio che esso induca un generalizzato fenomeno di teaching to the test alla riduzione della libertà di insegnamento, dal privilegiamento di un modello di intelligenza schematico e adattivo piuttosto che critico e creativo, per non parlare del rischio di una deriva neocentralistica e tecnocratica delle politiche nazionali. Ma certamente di tutto questo si potrebbe parlare con maggiore concretezza in presenza, e non in assenza, di processi valutativi di sistema che tocchino capillarmente tutte le scuole, tutti gli studenti e tutti gli insegnanti.

Se il rinvio del regolamento significa rinviare a chissà quando la valutazione di sistema intesa in quest’ultima accezione, cioè in dimensione universalistica, non resta che augurarsi che il governo faccia quel che deve. Poi avvenga quel che può.

Profumo: Nessuna proroga per le iscrizioni

da tuttoscuola.com

Profumo: Nessuna proroga per le iscrizioni

Smentite le previsioni: il ministro conferma per il 28 febbraio la chiusura delle iscrizioni on line.

Alcuni quotidiani nei giorni scorsi avevano anticipato la notizia di un rinvio di almeno una settimana del termine ultimo per le iscrizioni al prossimo anno scolastico.

 

Fonti ufficiose del ministero avevano avallato la notizia del rinvio sulla base delle rilevazioni delle iscrizioni alle prime classi delle superiori che risultavano ancora al di sotto dei due terzi rispetto alla previsione.

 

Oggi il ministro Profumo ha dichiarato all’Ansa che non ci sarà alcuna proroga dei termini fissati per le iscrizioni. Ha dichiarato che “le date devono essere rispettate. Questo Paese deve imparare che se ci sono regole vanno osservate organizzandosi per tempo”.