Dirigenti scolastici, risorsa decisiva per il futuro delle scuole

Tivoli Terme –   23 marzo 2013  –   XX Convegno nazionale Di.S.A.L.

Dirigenti scolastici, risorsa decisiva per il futuro delle scuole

1.  Il XX Convegno nazionale DiSAL, concluso oggi a Tivoli Terme sulla crisi e le prospettive per una nuova dirigenza scolastica ha visto l’accadere di una sempre nuova sorpresa di impegno e studio per tanti dirigenti dalle scuole statali e non statali, giunti da tutte le regioni italiane, assieme agli amici e rappresentanti venuti dalle altre nazioni europee. Si è vissuto così un evento professionale, culturale e di amicizia, durante il quale il comune interesse educativo per la professione direttiva ha permesso di mettere a fuoco utili percorsi per affrontare la seria crisi della scuola italiana.

Da fonti autorevoli, nazionali e internazionali, sentiamo da tempo affermare che l’istruzione e l’educazione sono elementi centrali di investimento per il futuro di una nazione. Sempre le stesse fonti  ricordano come, per la qualità di una scuola, sia decisiva una positiva e competente figura direttiva.

Relazioni, gruppi di lavoro e interventi hanno aiutato a documentare quanto sia urgente garantire una nuova dirigenza educativa ed organizzativa alle scuole statali e paritarie, sostegno di una forte alleanza con i docenti, i genitori e le comunità locali, come molte comunità scolastiche sono già impegnate a fare, per garantire un clima di scuola favorevole all’apprendimento.

2. Tra le tante problematiche messe a fuoco, nell’attuale stato di confusione politica, amministrativa e istituzionale, i convenuti si sono trovati concordi nel proporre a DiSAL alcune  urgenze che l’Associazione valuterà a breve per interpellare chi è istituzionalmente responsabile:

– assumere ogni misura possibile per concludere entro giugno quanto necessario alle nomine del maggior numero possibile di neodirigenti che hanno superato un concorso nazionale da molte parti inefficiente e bloccato, che in alcuni casi ha rasentato il ridicolo. Si tratta di impedire, senza perdere tempo, che migliaia di scuole restino ancora a settembre senza dirigente titolare;

– eliminare, così, il maggior numero possibile di reggenze, dopo una stagione di vergognoso sfruttamento dei Capi di Istituto in servizio, che a prezzo di seri sacrifici personali, hanno fatto funzionare quasi un terzo delle scuole italiane senza dirigente titolare. Il tutto in attesa che amministrazione e sindacato rivedano presto e radicalmente lo stesso istituto della reggenza;

– fermare e rivedere l’irragionevole aumento di dimensioni delle Istituzioni Scolastiche Autonome per tornare al limite invalicabile di 1.000 alunni, così da evitare i gravi problemi educativi, didattici, relazionali ed organizzativi conseguiti alle mega-scuole costituite;

– costituire presso il MIUR, assieme ad Associazioni e sindacati della dirigenza scolastica, un gruppo di esperti che delinei un nuovo profilo della professione direttiva attento ai mutamenti avvenuti, per una scuola non più “terminale dell’amministrazione centrale” ma vera “impresa sociale” radicata nella propria comunità locale.

3. Per sostenere la ripresa della scuola, vera risorsa per la ripresa nazionale, è ormai urgente scegliere di invertire l’assenza di sviluppo e tornare ad investire su istruzione  ed educazione, con il supporto di un sistema di erogazione delle risorse equo, generalizzato per tutto il sistema delle scuole pubbliche, aperto a tutti i contributi delle famiglie e della società e dotato di un rigoroso sistema di controlli di gestione, che premi chi si assume responsabilità e utilizza i bilanci per il bene della comunità.

Quanto avvenuto al XX Convegno ha confermato la scommessa sulla quale DiSAL si gioca da anni: proporre una solidarietà professionale tra chi dirige scuole, incentrata attorno alla “questione seria”: l’istruzione e l’educazione.

In questo clima i partecipanti hanno elaborato proposte che la Direzione nazionale di DiSAL raccoglierà a breve per un “Manifesto per una nuova dirigenza scolastica”,  che verrà proposto a tutti i colleghi, così da presentare ai responsabili istituzionali, politici, associativi e sindacali una via coraggiosa, praticabile e benefica per la scuola italiana.

Scatti Biennali: 4 vittorie a tutela dei docenti precari

Scatti Biennali: 4 vittorie ANIEF a tutela dei docenti precari

 

Accolte le tesi ANIEF sulla discriminazione perpetrata dal MIUR nei confronti dei docenti precari cui non riconosce alcuna anzianità di servizio nonostante i numerosi anni di lavoro prestati e i chiari dettami della normativa europea. L’Avvocato Francesca Marcone ottiene 4 sentenze di accoglimento per altrettanti nostri iscritti e il riconoscimento del pieno diritto alla medesima progressione stipendiale riservata ai docenti di ruolo.

 

Il Giudice del Tribunale di Lanciano (CH) accoglie i ricorsi patrocinati dall’ANIEF e conferma che “il principio di non discriminazione fa parte dei principi generali dell’ordinamento interno e del diritto comunitario, sicché il giudice nazionale, in forza anche della sovraordinazione della normativa UE, ha l’obbligo di applicare il diritto comunitario disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna, sia anteriore che successiva alla norma dell’Unione, senza dover chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.”

 

Dando seguito alle precise richieste del legale ANIEF sull’applicazione dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE e rigettando le vane opposizioni del MIUR, il Giudice conviene che “le ragioni oggettive idonee a giustificare l’eccepita disparità di trattamento non possono individuarsi nella sola esistenza di una norma nazionale che disciplini un diverso trattamento, imponendo la clausola 4 del richiamato accordo quadro di interpretare la normativa nazionale in modo conforme alle prescrizioni della clausola e, nel caso di impossibilità, disapplicare le disposizioni nazionali difformi”. Dopo queste chiare premesse e un’attenta ricostruzione normativa sull’argomento, il Giudice accerta il diritto dei ricorrenti “alla ricostruzione della carriera considerando per intero ai fini giuridici ed economici tutti i periodi di servizio svolti in costanza di rapporti di lavoro a tempo determinato” e condanna il MIUR al pagamento in favore dei quattro iscritti ANIEF delle differenze dei crediti retributivi maturate.

 

L’impegno quotidianamente profuso dall’ANIEF contro le palesi ingiustizie e le discriminazioni che il MIUR si ostina a perpetrare nei confronti dei lavoratori della scuola ha, ancora una volta, ottenuto i risultati sperati garantendo ai propri iscritti giustizia e completa tutela dei propri diritti.

 

Scuola pubblica: l’impronta di Profumo a fine legislatura

da Il Fatto Quotidiano

Scuola pubblica: l’impronta di Profumo a fine legislatura

di Marina Boscaino 
Non si arrende il ministro più inconcludente e inerte degli ultimi anni. Con una zampata di vitalismo interventista, uno dopo l’altro, sta tirando fuori a ultra-fine legislatura una serie di conigli dal cilindro che lasciano a bocca aperta: per mancanza di tempestività, considerato lo scorcio, che dovrebbe essere dedicato all’ordinaria amministrazione; per mancanza di opportunità, considerando il grave momento politico che stiamo vivendo.

È evidente che Francesco Profumo abbia deciso di lasciare un’impronta del tutto personale, autoritaria, antidemocratica, irresponsabile attraverso il canto del cigno di un governo che, vada come vada, non rimpiangeremo: dpr sulla valutazione, provvedimento sui docenti inidonei che saranno d’ufficio trasformati in Ata. Tutto nell’ultima settimana. È di ieri l’annuncio ai sindacati dell’avvio di una sperimentazione in alcuni istituti, volta a verificare l’ipotesi (caldeggiata trasversalmente da Governo, parte del Pd e Pdl) di concludere il ciclo delle superiori a 18 invece che a 19 anni. “Ce lo chiede l’Europa”, naturalmente. Solo una parte dei paesi europei prevede – sia detto tra parentesi – l’uscita a 18 anni. Sono di fatto inesistenti le esigenze di adeguamento del percorso italiano a un presunto modello europeo, che non esiste. Già da tempo un’ipotesi del genere, solo perché ventilata, ha suscitato molte reazioni negative. Ciò nonostante, preso da sacro fuoco, il nostro tra pochissimo (si spera) ex ministro va.

L’impressione è che, in linea con le politiche scolastiche degli ultimi anni, si tratti di un’operazione meramente ragionieristica, che consente un indubbio risparmio a scapito di qualsiasi valutazione di opportunità pedagogica e didattica. Il “bottino” non sarebbe indifferente: la cancellazione di ulteriori 50mila posti di lavoro e un risparmio di circa 1mld e mezzo. Ma (non diciamolo troppo forte, potrebbero prenderci in parola), paradossalmente anche la soppressione integrale della scuola statale produrrebbe immediatamente un indubitabile risparmio, come si affannano a volerci dimostrare le associazioni di scuole paritarie. Il primato dell’economia non può e non deve continuare a cancellare diritti.

Tale impressione è confermata dalle ipotesi in campo, spiegate dal garbato ma per niente democratico Profumo alle rappresentanze sindacali: anticipo di un anno del percorso di studio al 5° anno di età del bambino; riduzione di un anno tra il 4° e 5° anno della scuola elementare o riduzione tra il 1° e il 2° anno della scuola secondaria di 1° grado; riduzione di un anno della scuola secondaria di II grado. Sconsolante: un gioco delle 3 carte, completamente svincolato da qualsiasi valutazione e considerazione scientifica. Tagliare pur di tagliare.

Già Letizia Moratti, una decina di anni fa, scambiò una prima ipotesi di accorciamento di un anno di superiori (bocciata drasticamente dagli allora alleati di An) con l’anticipo di un anno alla scuola primaria: una mini-sperimentazione di cui, all’italiana, non abbiamo mai avuto alcun tipo di rendicontazione. Senza aggiungere che quasi tutti i paesi europei che hanno tentato la strada dell’anticipo alla primaria sono tornati sui propri passi. È curiosa la tentazione di andare a valutare il taglio di un anno a conclusione del ciclo della primaria. Prima della bufera (a partire dalla riforma Moratti e poi dalla catastrofica prosecuzione della Gelmini) quello era l’ordinamento scolastico che godeva di una fama incontrastata; i cui modelli didattico-pedagogici e organizzativi (modulo, tempo pieno, team di insegnanti, progettazione, inclusione, tempi distesi, osservazione, laborialità) hanno costituito una vera e propria avanguardia ed eccellenza europea, sia quanto a risultati concreti in termini di apprendimenti, che di riconoscimento nella comunità scientifica. L’impegno con cui si sono dedicati alla distruzione di quell’impianto lo abbiamo potuto apprezzare nel corso degli anni. Questo non sarebbe che l’atto finale.

I problemi della scuola italiana sono ben altri. E anche le reali sollecitazioni da parte dell’Europa: la questione dell’obbligo scolastico, innanzitutto. Profumo non ha certamente dato l’impressione di volersene occupare durante il suo mandato, fondato – fino a 1 mese fa – sulla demagogia 2.0 degli annunci (tablet, lavagne, smart school di cui non è restata alcuna traccia), su un concorso iniquo e sulla continuazione della politica dei tagli dei suoi predecessori. Nel giro di una settimana, a governo scaduto e con l’esplicita sconfessione delle urne, è intervenuto pesantemente su questioni che non possono essere rubricate e frettolosamente affrontate come voci opzionali della lista della spesa.  

“Cari prof, dovete insegnare l´ignoranza”

da Repubblica.it

L’ULTIMO DELLA CLASSE – Intervista a Daniel Pennac che martedì riceverà la laurea Honoris causa in pedagogia all’Università di Bologna

“Cari prof, dovete insegnare l´ignoranza”

“La lettura è innanzitutto qualcosa per se stessi, un rapporto intimo tra scrittori e lettori”. “Oggi abbiamo bisogno di veri pedagoghi da contrapporre ai demagoghi”

di Fabio Gambaro

PARIGI

L’ultimo della classe sale in cattedra: Proprio lui, Daniel Pennac, che in più di un’occasione – in particolare dalle pagine di Diario di scuola – ha ricordato i suoi clamorosi insuccessi scolastici. All’autore di Come un romanzo e dei famosi «dieci diritti imprescrittibili del lettore» sta infatti per essere conferita dall’università di Bologna una laurea ad honorem in pedagogia.

Martedì 26 marzo, in occasione della cerimonia, il romanziere francese autore della saga della famiglia Malaussène terrà una lectio intitolata “Una lezione d´ignoranza”, in cui farà l´elogio di tutti coloro che sono capaci di trasmettere la passione dei libri e della lettura. Il tutto mentre esce in Italia il suo ultimo libro, Ernest e Celestine (Feltrinelli, pagg. 192, euro 13), una deliziosa favola sull´amicizia pensata per i più giovani, ma che non mancherà di conquistare anche i lettori più grandi. «Ho scritto questa storia affinché il bambino che è presente in ciascuno di noi la possa leggere ai propri figli», spiega Pennac, che per altro considera «sproporzionato» il riconoscimento dell´università bolognese: «Mi sento un po´ imbarazzato, tanto che riemerge in me un vecchio e tenace sentimento d´illegittimità. La solita vergogna di non meritarselo. Non so se sia veramente così, ma in questo gesto dei professori bolognesi a me piace vedere un segno dell´affetto con cui l´Italia ha sempre accolto il mio lavoro. Per gratitudine nei confronti dei vostri lettori, ho quindi deciso di tenere il mio discorso in italiano».

Un discorso che parlerà della necessità della pedagogia?

«Oggi abbiamo bisogno di persone che cerchino di comprendere le paure di un adolescente, prima ancora d´insegnargli qualcosa. È questa la funzione del pedagogo. Quando insegnavo, cercavo sempre di capire i timori dei miei studenti, proprio perché nella mia infanzia scolastica la paura – di sbagliare, di non farcela, di non essere all´altezza – ha svolto un ruolo capitale. E per non far paura agli allievi, dobbiamo evitare di presentarci come guardiani del tempio, provando invece a trasmettere loro la felicità che proviamo quando frequentiamo i libri. La lettura a voce alta è uno dei modi che consente di trasmettere questo sentimento di felicità, come pure la sensazione di liberazione che essa procura. Spesso gli studenti sono convinti che scrittori come Joyce o Proust siano illeggibili. La letteratura a voce alta può servire a dimostrare il contrario».

Chi sono i guardiani del tempio?

«Sono coloro che confiscano la cultura per se stessi, difendendo i propri interessi e le proprie confraternite, e soprattutto decretando l´indegnità di certi lettori solo perché leggono determinate tipologie di libri. I guardiani del tempio sono quelli che dai lettori esigono sempre un commento e un giudizio, preferibilmente in sintonia con il loro. Secondo me, invece, la letteratura non ha nulla a che fare con la comunicazione. Nessuno deve essere costretto a comunicare agli altri la natura del piacere procuratogli dalla lettura. La lettura è innanzitutto qualcosa per se stessi. È un rapporto d´intimità tra uno scrittore e un lettore».

A chi si contrappone la figura del pedagogo?

«Al demagogo da un lato e al mercante dall´altro. Purtroppo nella scuola non mancano i professori demagoghi, quelli che fanno finta di essere degli adolescenti per conquistarsi la simpatia degli allievi. È un atteggiamento che infantilizza sia i professori che gli studenti. In realtà, i giovani hanno bisogno di confrontarsi con degli adulti veri, la cui presenza li aiuti a costruirsi. Gli adulti devono indicare i limiti, spingere allo sforzo intellettuale ed esigere una certe solitudine riflessiva. Tutto ciò per insegnare ai ragazzi a riflettere da soli. Il pedagogo è colui che riesce a far sentire agli allievi che l´esercizio dell´intelligenza critica può essere una fonte di piacere. I demagoghi invece propongono sempre le soluzioni più facili e soprattutto fanno sempre appello a un´identità collettiva, una sola per tutti, dove si annulla ogni singolarità. A scuola, ma anche al di fuori, nella corsa al consumismo, nella moda, nella politica e perfino nella pratica artistica. Il demagogo è il pifferaio magico che seduce e ci conduce al disastro».

Perché i demagoghi oggi hanno tanto successo?

«Perché l´autorevolezza che nasce dall´esempio della singolarità si fa sempre più rara. È sempre più raro trovarsi di fronte a un adulto capace di pensare con la propria testa e di avere un comportamento indipendente, un adulto che dia l´impressione d´essere veramente se stesso e non il prodotto di mode e pensieri dominanti».

Il successo della demagogia corrisponde a una perdita globale di spirito critico?

«Sì, ma la perdita globale di spirito critico è figlia del bombardamento pubblicitario televisivo cui sono sottoposti sempre di più i bambini e i giovani. La pubblicità stuzzica in permanenza il loro desiderio di possedere (che in loro viene immediatamente confuso con un desiderio d´essere), trasformandoli tutti in clienti. Il pedagogo deve provare a decostruire questa situazione, tentando di trasmettere il piacere di comprendere, in modo che un allievo possa anche decidere di riflettere invece di passare il suo tempo a consumare. Il che è già una manifestazione di spirito critico».

Ma lo scrittore può anche essere un pedagogo?

«Non è il suo ruolo. Naturalmente dietro lo scrittore c´è un individuo reale che ha delle convinzioni e dei princìpi, ma non è assolutamente detto che ciò debba essere riconoscibile nelle sue opere. Più che pensare a insegnare qualcosa, lo scrittore deve sperare di diventare una compagnia per chi lo legge, nella convinzione che la lettura debba restare sempre un piacere per gli adulti come per i bambini. È pensando proprio a questa relazione esclusiva che lo scrittore affronta ogni volta la condizione meravigliosa e stupita della solitudine di fronte all´oceano della lingua».

Scrivere per i bambini è un esercizio più difficile?

«In generale scrivo per gli adulti, ma ogni tanto ho il bisogno di rivolgermi anche ai più piccoli. In fondo, nella letteratura per l´infanzia e in quella per gli adulti i temi sono quasi sempre gli stessi, come dimostrano le fiabe. Cambia però la scrittura, che è più semplice, ma anche più rigorosa, dato che è sempre alla ricerca della parola giusta e precisa. La semplificazione infatti non deve mai risolversi in perdita di senso. Ho scritto Ernest e Celestine con immenso piacere per evocare il valore rivoluzionario dell´amicizia tra due personaggi molto diversi tra loro, un orso e una topolina, i quali non vogliono diventare quello che gli altri si aspettano da loro. Nel libro ho poi introdotto una sorta di discussione continua tra i personaggi, lo scrittore e il lettore per far emergere in filigrana e in maniera ironica le modalità di costruzione dell´universo narrativo. In fondo, questo libro è anche un modo per iniziare i lettori – piccoli o grandi che siano – ai problemi della creazione. Ma naturalmente senza alcuna pretesa pedagogica».

Ipotesi diploma in 12 e non più in 13 anni

da Repubblica.it

Ipotesi diploma in 12 e non più in 13 anni.
Sindacati: “Blitz del ministro Profumo”

Dopo un incontro le organizzazioni dei lavoratori della scuola insorgono: viale Trastevere intende avviare una sperimentazione in una decina di istituti. “Una follia che non ha fondamento logico e partirebbe senza confronto”. Il dicastero smorza: “Riflessione necessaria, ma mai entrata in agenda”

di SALVO INTRAVAIA

Una sperimentazione per ridurre da 13 a 12 anni  il percorso scolastico. Di fronte a quella che sarebbe l’intenzione del ministero i sindacati insorgono. “E’ una follia – sbotta Domenico Pantaleo, leader della Flc Cgil – che non ha nessun fondamento logico e soprattutto partirebbe senza nessun confronto”. “L’avvio di una sperimentazione che rimette in discussione la struttura dei percorsi di studio, mentre ancora si sta completando l’attuazione di una recentissima riforma degli ordinamenti, non ci trova affatto d’accordo”, aggiunge Francesco Scrima, della Cisl scuola. Mentre l’Anief parla di “blitz del ministro Profumo”. “Un ministro dimissionario – dice Marcello Pacifico – non può allontanarci dall’Ocse, cancellare il tempo scuola garantito dalla Costituzione e far sparire altri 50mila posti”.

Anche la Uil scuola, che ha postato sul proprio sito un dettagliato resoconto dell’incontro di oggi a viale Trastevere, è critica. “Il problema va capovolto: prima va affrontato in modo serio il problema della stabilizzazione dell’organico e la creazione dell’organico funzionale, successivamente si può avviare un confronto sulla materia. Senza un’intesa, tale riforma rappresenta semplicemente una ulteriore riduzione di organico, cosa di cui la scuola non ha bisogno”. “Un colpo di mano di gravità inaudita – dichiara la Gilda con Rino Di Meglio – e in totale disprezzo dei sindacati e del nuovo governo che è in procinto di insediarsi”.

Ma dopo il fuoco di fila

dei sindacati, il ministero smorza le polemiche: “Semplici ipotesi che non verranno mai” rese operative da questo governo. “Questa riflessione, pure necessaria e doverosa – aggiungono a viale Trastevere – non è mai entrata e mai entrerà, tanto meno ora quando la legislatura è alle ultime battute, nell’agenda politica del ministro”. Eppure qualcuno parla di due decreti pronti per la firma. Si tratterebbe di provvedimenti per avviare tre diverse sperimentazioni in una decina di scuole italiane. Qualche mese fa il ministro Francesco Profumo ha insediato una commissione per valutare la possibilità di accorciare il percorso scolastico e consentire ai giovani italiani di diplomarsi a 18 anni e non a 19 come avviene adesso. Lo scopo è quello di avvicinare l’Italia all’Europa e consentire ai ragazzi italiani di accedere prima al mercato del lavoro.

Le tre sperimentazioni riguardano tutti gli ordini di scuola. La prima prevede la riduzione da tre a due anni della scuola dell’infanzia anticipando l’accesso alla primaria a cinque anni. Seguendo questa strada il curricolo resterebbe di 13 anni, ma si andrebbe incontro agli inconvenienti derivanti dall’anticipo scolastico generalizzato, già stigmatizzato dalle maestre italiane. La seconda strada è stata definita dai sindacati un revival della riforma Berlinguer, che aveva approvato la riduzione del primo ciclo a sette anni. L’ipotesi è di ridurre a un solo anno la quarta e la quinta elementare oppure la prima e la seconda media.

La terza via prevede, infine, la riduzione delle scuole superiori a quattro anni, attraverso la riduzione in semestri del primo biennio della secondaria di secondo grado. A quel punto il percorso delle superiori verrebbe accorciato e gli studenti si diplomerebbero a 18 anni. Ma i sindacati promettono di impugnare gli eventuali decreti. Durante la riunione di questa mattina erano usciti anche i nomi delle scuole in cui attuare la sperimentazione: una decina di istituti a Napoli, in Puglia, a Milano, in Sicilia e a Roma.

I soldi tolti ai parlamentari si usino per risollevare la Scuola. L’idea della Boldrini piace

da Tecnica della Scuola

I soldi tolti ai parlamentari si usino per risollevare la Scuola. L’idea della Boldrini piace
di A.G.
Riscuote consensi trasversali la proposta della neo-presidente della Camera, Laura Boldrini (Sel), di girare a istruzione e ricerca i fondi derivanti dai tagli del superfluo e dei super-stipendi – indennità di carica, rimborsi e diarie forfetarie – dei componenti di Camera e Senato. Pure i grillini, che vogliono tagliare gli sprechi ovunque, non disdegnano. Ma poi specificano: la priorità è dare credito alle piccole e medie imprese.
Sono la ricerca e l’istruzione i comparti che dovrebbero beneficiare della linea intrapresa dal nuovo Parlamento italiano, all’insegna dei tagli del superfluo e dei super-stipendi sino a ieri indirizzati a componenti di Camera e Senato. Quella che è stata più chiara di tutti è stata, probabilmente , la neo-presidente della Camera, Laura Boldrini, appartenente alle liste del Sel. Che assieme a Piero Grasso, eletto presidente del ramo di Palazzo Madama, si sono tagliati i compensi di un terzo.
La proposta sembra aver trovato consensi trasversali. Anche dei “grillini”. Che però vorrebbero riduzioni ancora maggiori. E che pur non disdegnando il rilancio della Scuola e della ricerca pubblica, ritengono che vi siano anche altre emergenze che necessitano dei fondi derivanti dai risparmi.
Secondo Luigi Di Maio, neovicepresidente della Camera del movimento cinque stelle, 26 anni di Pomigliano D’Arco, il più giovane nella storia della Camera dei deputati, “per tagliare i deputati e senatori si deve avere una larga intesa, ma bisogna tagliare almeno del 50 per cento. Non è vero che quando si aumenta il numero dei parlamentari si aumenta l’efficienza nelle istituzioni e la rappresentatività è garantita dall’efficienza delle istituzioni”.
A proposito dei tagli decisi nell’ufficio di presidenza, Di Maio afferma che “se le intenzioni dell’ufficio di Presidenza della Camera vanno nell’intenzione della riduzione del costo sia dell’intera macchina amministrativa della camera dei deputati e dell’indennità di carica, la rendicontazione dei rimborsi e delle diarie, eliminando la forfettizzazione, avrà tutto il sostegno del Movimento cinque stelle”.

Proprio quando si parla di scuola, però, Di Maio sembra non essere del tutto d’accordo. “Per la Presidente Boldrini i fondi risparmiati vanno a ricerca e istruzione. E’ una buona idea, ma si può discutere se si può invece dare credito alle piccole e medie imprese per rimettere liquidità nel meccanismo economico del nostro paese”.
Per Di Maio, “qualsiasi forma di crescita deve passare prima di tutto per la pubblica amministrazione che paga le imprese ed è per questo che dobbiamo recuperare fondi attraverso la spending review degli enti pubblici, rivedere le province, tagli ai costi, rivedere sprechi ovunque” evitando tagli lineari e occorre “mettere in moto un nuovo modello dell’economia, la green economy per esempio. Una nuova occasione di produttività sostenibile in questo paese”.

Supplenti “costretti” a chiedere le ferie durante le vacanze pasquali

da Tecnica della Scuola

Supplenti “costretti” a chiedere le ferie durante le vacanze pasquali
di R.P.
Sta capitando in molte scuole italiane. Il problema è il solito: il Ministero continua a non riconoscere pienamente il diritto dei supplenti al pagamento delle ferie non fruite.
Con la puntualità delle piogge primaverili, il problema del pagamento delle ferie dei supplenti torna alla ribalta con l’approssimarsi delle vacanze pasquali.
Il motivo è semplice. Miur e MEF stanno cercando di minimizzare in ogni modo le conseguenze di una norma del tutto impraticabile oltre che contestatissima da parte delle organizzazioni sindacali.
Il problema nasce da una norma introdotta nella legge sulla spending review dell’estate scorsa secondo la quale il personale statale non ha diritto al pagamento delle ferie non fruite per qualunque ragione.
Successivamente è stato chiarito che la disposizione, che di fatto disapplica una norma contrattuale, sarebbe entrata in vigore a partire dal 1° settembre 2013.
Ma finora l’Amministrazione ha continuato a prendere tempo in attesa di ottenere non meglio definiti pareri tecnico-legali.
Nel corso di uno degli ultimi incontri fra Miur e sindacati è stata preannunciata una circolare che fa divieto di monetizzare i giorni di ferie corrispondenti ai giorni di sospensione delle lezioni e che tale divieto sarà applicato dal 1 gennaio 2013.
Tutto tace sul periodo dal 1 settembre 2012 al 31 dicembre 2012.
Intanto, nel tentativo di cancellare il problema dalla radice, in molte scuole i dirigenti scolastici invitano “gentilmente” i docenti a chiedere le ferie nei periodi di sospensione delle lezioni: l’invito c’era già stato prima delle vacanze natalizie e viene rinnovato proprio in questi giorni in occasione delle imminenti vacanze pasquali.
E’ evidente che i supplenti che chiedono di fruire delle ferie durante le vacanze pasquali perdono qualunque possibilità di rivendicare in seguito il pagamento delle ferie non fruite per qualunque motivo.
Il suggerimento, piuttosto, potrebbe essere quello di chiedere le ferie in giornate coincidenti con l’attività didattica: la scuola sarebbe ovviamente costretta a rifiutarle e questo lascerebbe impregiudicata per il supplente la possibilità di aderire ad eventuali azioni legali promosse dalle organizzazioni sindacali.

Interrogazione a risposta scritta del M5S sulla situazione dei docenti inidonei

da Tecnica della Scuola

Interrogazione a risposta scritta del M5S sulla situazione dei docenti inidonei
di Aldo Domenico Ficara

Con il fine di recuperare circa 100 milioni di euro, in nome della spending review i docenti non idonei alla funzione d’insegnamento in classe, ma idonei ad altri compiti, saranno costretti a transitare de iure nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), in altre parole i docenti inidonei diventeranno impiegati amministrativi nelle segreterie scolastiche
Questo drastico cambiamento di ruolo lavorativo comporterà una forte e chiara dequalificazione professionale. A tal proposito alcuni senatori del M5S hanno presentato una interrogazione a risposta scritta al Ministro dell’Istruzione sulla situazione dei docenti inidonei. In particolare 13 Senatori della Repubblica per il M5S chiedono al Ministro Profumo “in che modo intenda tutelare le sorti degli inidonei vessati dalla norma sulla spending review votata dalla maggioranza Pd-Pdl-Udc che sosteneva il governo Monti”. Inoltre i 13 firmatari dell’interrogazione parlamentare affermano: “Questa norma obbliga i docenti inidonei e gli insegnanti tecnico-pratici a transitare nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausilario (ATA).
Gli stessi continuano: “Non ci fermeremo a questo per tutelare i docenti inidonei e le altre figure che subiscono gli effetti nefasti della cosidetta spening review e stiamo predisponendo un apposito disegno di legge”. Alcuni osservatori delle dinamiche politico istituzionali riflettono sul fatto che in un momento delicato per la formazione del nuovo governo, più che predisporre interrogazioni parlamentari ( comunque sempre utili ) la politica dovrebbe avere la forza per trovare punti di convergenza programmatica onde avviare i lavori di un esecutivo capace di risolvere simili problemi.

Per salvaguardare la titolarità dei docenti si devono incrociare le graduatorie interne delle classi di concorso atipiche

da Tecnica della Scuola

Per salvaguardare la titolarità dei docenti si devono incrociare le graduatorie interne delle classi di concorso atipiche
di Lucio Ficara
É arrivata l’ora della formazione degli organici di diritto per l’anno scolastico 2013-2014. È tutto scritto nella circolare n.10 del 21 marzo 2013. Neanche per il prossimo anno scolastico 2013-2014, come era stato da tempo annunciato, si darà attuazione al nuovo ordinamento delle classi di concorso
Mentre la riforma scolastica del secondo ciclo sta per entrare a regime, ancora il riordino delle classi di concorso, che avrebbe dovuto seguire di pari passo la riforma, langue nei meandri del palazzo di viale Trastevere. Tutto questo comporta che, da un anno a quell’altro, gli organici vengano formati con norme transitorie e le tabelle per l’assegnazione degli insegnamenti alle prime quattro classi delle scuole secondarie di secondo grado, saranno ancora una volta provvisorie. D’altronde la provvisorietà e l’incertezza, per quanto riguarda i provvedimenti sulla scuola, rappresentano, allo stato delle cose, l’unica cosa certa. Per lo meno questa provvisorietà è positiva, sotto l’aspetto della salvaguardia della titolarità dei docenti con più anzianità di servizio.
Ma cosa dice in concreto la circolare n.10 del 21/03/2013? Incominciamo con il dire che tutte le ore dei vari insegnamenti previsti nelle prime e seconde classi e nel quadro orario dei nuovi ordinamenti, saranno attribuite alle classi di concorso oggi esistenti e concorreranno, insieme alle ore delle classi successive, alla costituzione di cattedre orario interne alla scuola. La confluenza dei nuovi insegnamenti nelle vecchie classi di concorso è stata definita con delle tabelle allegate al Decreto specifico sugli organici. Se un nuovo insegnamento è riconducibile a più classi di concorso come già accadeva in passato per le cosiddette “classi di concorso atipiche”, le relative ore concorrono a costituire cattedre interne in una di queste classi di concorso, tenendo conto che va salvaguardata per quanto possibile la titolarità dei docenti della scuola.
Pertanto in presenza di più titolari, al fine di salvaguardare la titolarità dei docenti della scuola, nell’attribuzione di queste ore si dovrà tenere conto del maggior punteggio nell’incrocio tra le specifiche graduatorie interne relative a queste classi di concorso. Quindi anche per il prossimo anno si sentirà parlare di classi di concorso atipiche e di graduatorie incrociate volte a rispettare l’anzianità di servizio.
Per fare un esempio di classe di concorso atipica, parliamo della A049 matematica e fisica e della A047 matematica esistenti entrambe nei licei scientifici, per individuare il perdente posto di queste classi di concorso, bisognerà, visto l’atipicità, incrociare le due graduatorie e verificare chi ha il punteggio più basso, l’ultimo della graduatoria incrociata sarà il perdente posto.
C’è da dire anche che, in presenza di classi di concorso atipiche sono da salvaguardare i docenti che impartiscono l’insegnamento presente nell’indirizzo, nell’articolazione, nell’opzione, nonché nel curricolo adottato dalla scuola e non il primo in graduatoria, ma titolare di altro insegnamento non pertinente, come specificato dal Miur nel giugno 2012 con la nota 3714bis/12. Infine dobbiamo dire che in assenza di docenti soprannumerari nell’Istituto e di esubero provinciale nella classe di concorso, il Dirigente scolastico provvede ad assegnare le cattedre o ore in eccedenza sulla base dei criteri definiti dal Collegio docenti e concordandolo con l’ATP in relazione alla presenza, o meno, in provincia di precari inclusi nelle graduatorie ad esaurimento. É importante evidenziare che la scelta di tale assegnazione, non è più una prerogativa del DS, ma questa scelta deve tenere conto dei criteri votati in Collegio docenti

Un anno in meno di scuola, Profumo avvia la sperimentazione

da Tecnica della Scuola

Un anno in meno di scuola, Profumo avvia la sperimentazione
di A.G.
L’annuncio ai sindacati assieme alla notizia dell’ avvio dei Tfa. Tre i tentativi da percorrere per terminare il percorso di studi a 18 anni anziché 19: avvio anticipato della primaria a 5 anni, cancellazione della IV o V primaria, cancellazione della I o II media-inferiore. No unanime dai sindacati. Per lo Snals-Confsal non c’è alcuna base progettuale pedagogico-didattica. Dura l’Anief: il Ministro dimissionario vuole solo a cancellare altri 50mila posti di lavoro dopo i 200mila degli ultimi sei anni.
La conclusione positiva, seppure con qualche coda di polemiche, della complessa approvazione dei Tfa speciali, ha posto in secondo piano un annuncio fatto dal Miur ai sindacati nella stessa giornata: quello riguardante l’avvio di una sperimentazione in alcuni istituti, che porterebbe i ragazzi a terminare il ciclo scolastico a 18 anni anziché in corrispondenza dei canonici 19. Una decisione dovuta alla necessità di equiparare la durata dei percorsi di studio italiani con quella dei percorsi europei (per dovere di cronaca solo una parte) che ne prevedono il termine a 18 anni.
Profumo ha spiegato ai rappresentanti dei lavoratori che sostanzialmente le strade da sperimentare (probabilmente già dal prossimo anno) saranno tre: “Anticipo di un anno del percorso di studio al 5° anno di età del bambino; riduzione di un anno tra il 4^ e 5^ anno della scuola elementare o della riduzione tra il 1° e il 2° anno della scuola secondaria di 1^ grado; riduzione di un anno della scuola secondaria di II grado”, spiegano dallo Snals.
Tutte le organizzazioni presenti hanno espresso il loro disappunto per la decisione del Ministro. Ad iniziare dallo Snals-Confsal, che “si è dichiarato nettamente contrario alla proposta ministeriale sia perché non è stata supportata da una base progettuale pedagogico-didattica, sia perché appare evidentemente come una proposta estemporanea fatta da Ministro che vuole lasciare la sua impronta sulla scuola italiana”.
Un altro duro comunicato è stato pubblicato in questi ultimi minuti dall’Anief: il sindacato di Pacifico sostiene che “avanzando inesistenti motivi di adeguamento del percorso di studi italiano a quelli europei”, il Ministro ha intenzione di avviare dei “percorsi che ci allontanano, anziché avvicinarci, ai modelli di studio in vigore nei Paesi più avanzati dell’area Ocse”. Inoltre, si tratterebbe “dell’ennesima riforma, mascherata da proposta migliorativa, che ha un solo obiettivo: cancellare almeno altri 50mila posti di lavoro, dopo i 200mila già spariti, per le solite esigenze di ‘cassa’, negli ultimi sei anni”. Per l’Anief, infine, non è marginale il fatto che ad introdurre questa importante innovazione sia un “Ministro dimissionario, appartenente ad un Governo che non c’è più e privo di consenso elettorale”, che “deve limitarsi all’ordinaria amministrazione, non di certo all’introduzione di sperimentazioni che giocano contro la formazione dei nostri giovani”.
Le emergenze – incalza il suo presidente, Marcello Pacifico – sono altre, come l’abbandono universitario del 25% e quello della scuola dell’obbligo ancora maggiore. Ma anche introdurre un serio apprendistato, come avviene in Germania dove oltre un milione e mezzo di alunni sono stati introdotti al lavoro attraverso questo prezioso percorso formativo. Sarebbe poi importante – prosegue il presidente Anief – introdurre l’organico funzionale negli istituti, con la gestione delle risorse umane finalmente delegata ad ogni singola scuola autonoma. Ma anche avviare un albo di ‘orientatori’, composto da formatori esperti cui rivolgersi per unificare le esigenze degli studenti della scuola medio-superiore e dell’università. Il Ministro Profumo la smetta con questi blitz, utili solo a ridurre spese e a farsi pubblicità sulla pelle di milioni di giovani cui si vuole negare un anno di tempo scuola e un diritto all’istruzione completa costituzionalmente garantito“.

24 marzo Firmato il Decreto sul TFA speciale

Il Ministro firma il decreto contenete modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249, concernente definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e di secondo grado.

Di seguito il comunicato del MIUR:

Firmato dal Ministro Profumo il Decreto sul Tfa speciale

E’ stato firmato dal Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Francesco Profumo il Decreto rettificativo e integrativo del D.M. N.249/2010 che, oltre a prevedere nuovi criteri di programmazione del numero dei posti dei docenti abilitati necessari per il funzionamento del sistema formativo nazionale, ha affiancato al Tfa ordinario, percorsi abilitanti riservati (il cosiddetto TFA speciale), come misura transitoria limitata a tre annualità (2012-13, 2013-14 e 2014-15).
Il provvedimento, tanto atteso da numerosissimi docenti precari non abilitati ed in servizio da almeno 3 anni entro il periodo degli anni scolastici 1999-2000 e 2011-12 e il cui numero stimato e’ di circa 75.000, è stato completato.
Per diventare efficace deve ora solamente essere registrato alla Corte dei Conti e pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Come si svolge il Tfa speciale
Già nei prossimi giorni sarà avviata la programmazione di questi percorsi, che prevedono tre fasi, strettamente integrate tra loro, per acquisire l’abilitazione all’insegnamento nella scuola:
– prova nazionale, tendente ad accertare le capacità logiche, di sintesi e linguistiche del candidato, il quale potrà conseguire un punteggio fino a 35 punti;
la graduatoria compilata sulla base dei punteggi conseguiti nella prova nazionale servirà anche a stabilire l’ordine delle ammissioni ai percorsi abilitanti riservati nelle singole università, che, visto il numero rilevante degli aventi diritto, specie per alcune classi di concorso più affollate, potranno prevedere più edizioni.
– percorso universitario con insegnamenti in aula per un totale di 41 crediti formativi, con verifiche per ciascun insegnamento che – se superate – potranno far conseguire all’abilitando da 30 a 50 punti;
– prova finale, che andrà ad accertare la preparazione professionale dell’abilitando e che sarà valutata con un punteggio fino a 15 punti.
Il titolo di abilitazione sarà dunque conseguito se il candidato avrà ottenuto un punteggio complessivo di almeno 60/100.
Questo percorso è stato regolamentato da un secondo decreto ministeriale, di rango giuridico inferiore al primo, ma contestualmente firmato dal Ministro Profumo.
Graduatorie di II° fascia di istituto
Con un terzo distinto provvedimento ministeriale si è provveduto altresì a rivedere la tabella di valutazione dei titoli culturali e di servizio validi per l’inserimento e l’aggiornamento delle graduatorie di II° fascia di istituto, adempimento previsto dalla normativa vigente ogni tre anni, con prossima scadenza nella primavera 2014.
Nella tabella vigente, in quanto preesistente al D.M.n.249/2010, non era infatti prevista la valutazione del titolo di abilitazione che sarà conseguito da quanti stanno frequentando il TFA ordinario, né tanto meno quello che sarà conseguito al termine del percorso abilitante speciale. Si è colmata quindi anche questa lacuna, disponendo una differenziazione di punteggi tra abilitazioni conseguite nei percorsi ordinari e riservati nel segno della continuità con il passato, che già riconosceva un diverso punteggio alle abilitazioni conseguite a seguito della frequenza dei corsi SISS e delle sessioni riservate, ed in ossequio alla osservazione posta dalla VII° Commissione della Camera dei deputati in sede di esplicitazione di parere sul testo del D.M. rettificativo del D.M.n.249/2010.
Nessuna sovrapposizione con chi sta frequentando il Tfa ordinario
Con la firma dei tre sopracitati decreti ministeriali si è dunque cercato di porre finalmente rimedio agli squilibri prodotti da una programmazione insufficiente per quanto riguardava il fabbisogno di abilitati, e che negli anni passati ha avuto l’effetto di produrre ingenti schiere di precari non abilitati in servizio nelle scuole statali e paritarie, anche per più anni. Al contempo – e da qui origina l’elaborata gestazione dei tre provvedimenti – per espressa volontà del Ministro si è inteso trovare un punto di equilibrio che tutelasse anche le posizioni acquisite e le aspettative di quanti, dopo aver superato una selezione a numero chiuso, stanno frequentando il TFA ordinario, che si snoda attraverso un più lungo percorso abilitante (60 Crediti Formativi Universitari).