‘QUOTA 96’: c’è ancora speranza!

‘QUOTA 96’: c’è ancora speranza!

Grazie all’Anief, in Emilia Romagna e Puglia la Corte dei Conti di lascia aperto uno spiraglio: sospeso il giudizio in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale.

 

Se la Corte dei Conti del Lazio sembrerebbe spegnere le speranze dei circa 3.500 docenti e Ata rientranti nella cosiddetta Quota 96, dichiarando “inammissibile” il ricorso, i giudici delle pensioni appartenenti all’Emilia Romagna e alla Puglia mantengono aperto uno spiraglio. La Corte dei Conti di entrambe le Regioni ha infatti sospeso il “giudizio in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 24 della legge 22 dicembre 2011 n. 214, di conversione del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, sollevata dal Tribunale di Siena – Sezione Lavoro con ordinanza del 21 agosto 2012”.

 

Alla luce delle modifiche introdotte dalla legge n. 135 del 2012, “che consente per l’a.s. 2012/2013 il collocamento a riposo del personale docente, che, a seguito delle operazioni di mobilità, risulta ancora in esubero, eppure con i requisiti previgenti alla riforma Fornero, maturati entro il 31 agosto 2012”, i legali Sponga e Ursini, che operano per conto dell’Anief, hanno ottenuto la sospensione del processo in attesa del giudizio della Corte Costituzionale sulla “questione di legittimità costituzionale dell’art. 24 della legge n. 214/2011 sollevata dal Tribunale di Siena con ordinanza del 21 agosto 2012”.

 

“Si tratta di un’espressione importante – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief – perché per la prima volta si invita il giudice superiore della Corte dei Conti a svolgere una seria riflessione su un danno prodotto alle migliaia di lavoratori della scuola che nel 2011 avevano iniziato l’anno scolastico sapendo di andare in pensione e che invece si sono trovati ‘beffati’ da una norma ingiusta. Senza contare – conclude il presidente del sindacato autonomo – che la conseguenza di questa riforma dagli effetti immediati sta bloccando il turn over e il naturale ricambio generazionale in una professionale ad alto rischio burnout”.

Gli Istituti Statali d’Arte e l’Istruzione artistica

L’Associazione Europea Scuola e professionalità Insegnante ha sempre avuto a cuore la sorte dell’istruzione artistica, ed in particolare degli Istituti d’Arte, dei quali riconosce la specifica funzione e promuove la riqualificazione nell’attuale contesto dell’istruzione italiana. Come prova di questo operativo interesse si può citare, tra l’altro, l’organizzazione delle manifestazioni dal titolo “Vissi d’arte?” presso la “Casa delle Culture del mondo” di Milano nell’aprile del 2011 e 2012, con ampia partecipazione di pubblico e riscontro sulla stampa.

Oggi l’AESPI collabora all’iniziativa di cui all’oggetto, convegno nazionale programmato per il prossimo 20 aprile presso il Centro Polifunzionale dell’APA-Confartigianato di Monza e Brianza, di fronte allo stadio Brianteo.

L’AESPI è naturalmente lieta che la propria opera di sensibilizzazione abbia incontrato il favore e la collaborazione di altre istituzioni e si permette di invitare amici, simpatizzanti, persone interessate, alla partecipazione all’iniziativa.

Alfonso Indelicato
Responsabile Relazioni Esterne A.E.S.P.I.

Locandina A5d

Mozione contro S.N.V. e Invalsi

Il Collegio dei docenti del L.A.S. “G. Damiani Almeyda” di Palermo dell’8 aprile 2013 esprime la propria ferma contrarietà al regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione approvato dal Consiglio dei ministri, a camere sciolte, l’8 marzo scorso.
Con un colpo di mano un governo dimissionario ha infatti varato un atto normativo che stravolge il funzionamento delle scuole italiane sancendo il primato indiscusso dell’INVALSI nel determinare obiettivi e modalità di funzionamento delle scuole.
Il procedimento di valutazione si snoderebbe attraverso diverse fasi:
1. “Autovalutazione” secondo un format elettronico proposto dall’Invalsi e in base ai dati dell’Invalsi uniti a quelli del MIUR “scuole in chiaro”.
2. Valutazione esterna da parte di nuclei coordinati sulla base di protocolli definiti dall’Invalsi con la conseguente ridefinizione dei piani di miglioramento da parte delle istituzioni scolastiche.
3. Rendicontazione pubblica dei risultati del processo.
I protocolli di valutazione nonché il programma delle visite saranno definite dalla Conferenza per il coordinamento funzionale del SNV, presieduta dal Presidente dell’Invalsi.
Un regolamento quindi che costringe le scuole ad adeguarsi ai protocolli di valutazione dell’Invalsi basati sui test standardizzati, a formulare dei piani di aggiustamento basati sui criteri dell’Invalsi e a rendere pubblici i risultati raggiunti, per affermare compiutamente la concorrenza in base ad un presunto “merito” tra le istituzioni scolastiche.
La Costituzione afferma il principio della libertà di insegnamento. Considerate le modalità e le finalità previste dal suddetto D.P.R. sul S.N.V. appare, invece, evidente che tale meccanismo valutativo interviene come una forma pesante di condizionamento e di limitazione della libertà di insegnamento, che con il tempo piegherà modalità e pratiche didattiche al raggiungimento dell’obiettivo: dalla creazione di cittadini consapevoli a risolutori di quiz. Il procedimento di valutazione delineato nell’articolo 6 dello schema di dPR produrrebbe una forma di verifica dell’attività di ciascun docente, scuola e dell’intero sistema scolastico con pesanti effetti diretti ed indiretti di condizionamento dell’autonomia professionale del personale docente e più in generale della libertà di insegnamento del sistema scolastico nel suo complesso.
Il Collegio dei docenti
– ritiene che i rilevamenti Invalsi, anche accompagnati dai correttivi del cosidetto “valore aggiunto”, non possano in alcun modo misurare il lavoro svolto a scuola e divenire criterio per stabilire se una scuola funzioni bene o male né che questo sia il loro reale obiettivo;
– denuncia la progressiva dequalificazione del sistema scolastico ridotto alla scuola-quiz e alle classifiche tra scuole ottenute attraverso i test;
– constata che l’immiserimento complessivo delle risorse assegnate alle scuole, l’aumento degli alunni per classe e la diminuzione del numero di ore di lezioni hanno accompagnato l’introduzione dei sistemi di valutazione basati sui test proprio perché restringono drasticamente il campo di ciò che si deve fare a scuola;
– prevede, come è già avvenuto negli stati in cui questi modelli organizzativi sono adottati, un rapido e umiliante proliferare di didattiche finalizzate ai test, la progressiva perdita di importanza strategica dei saperi disciplinari non sottoposti a verifica, la tendenza a falsificare i risultati nel momento in cui diventano decisivi per ottenere premi e punizioni;
– rivendica contro tale degrado la dignità dell’insegnamento, che invece si cerca di trasformare nella produzione in serie di competenze generiche per studenti anonimi e uniformati (e proprio per questo identificabili con un codice a barre). Un lavoro anonimo e dequalificato che non richiede i saperi e le competenze specifiche dei docenti ma quelle di semplici facilitatori-addestratori;
– ribadisce che una vera scuola pubblica deve essere centrata sul continuo miglioramento della sua qualità, perseguibile attraverso la formazione e motivazione di chi vi lavora nonché del miglioramento strutturale delle condizioni in cui si insegna, in primis con l’abbassamento del numero di alunni per classe.
Per tutte queste ragioni, il Collegio dei docenti, delibera di non fornire neanche per quest’a.s. la propria collaborazione alla somministrazione, e alla conseguente tabulazione dei risultati, delle prove standardizzate previste dall’Invalsi per il prossimo mese di maggio.
(approvato a maggioranza con 2 contrari)

Elezioni suppletive RSU

Elezioni suppletive RSU: candidati con ANIEF!

L’Anief invita tutto il personale delle scuole dove si terranno le elezioni suppletive a proporsi come candidati, inviando un’e-mail all’indirizzo rsu@anief.net, al fine di consentire la presentazione di liste Anief.

In seguito alla firma dell’Accordo su integrazione e modifiche dell’accordo quadro del 7 Agosto 1998 siglato il 13 marzo 2013 presso l’ARAN, come previsto dall’art.1 comma 4, “qualora […] presso l’istituzione scolastica il numero dei rappresentanti RSU sia inferiore a due, le organizzazioni sindacali rappresentative provvederanno ad indire nuove elezioni entro 5 giorni dall’entrata in vigore del presente accordo ovvero entro 5 giorni dalla data di decadenza della RSU, ove successiva”.

L’Anief ha tutta l’intenzione di confermarsi sesta sigla sindacale non solo per numero di deleghe ma anche per preferenze tra i lavoratori della scuola.

Nelle scuole dove si voterà si potrà, quindi, confermare questa nuova scelta di campo in questa nuova tornata elettorale.

Finalmente, dopo venti anni, nella scuola si comincia a percepire un’alternativa ai sindacati tradizionali di potere o di base. La scelta di non connotare ideologicamente il nuovo sindacato, ma di orientarlo alla tutela dei diritti attraverso il sapiente ricorso alla magistratura, oggi risulta non soltanto apprezzata dai colleghi ma vincente in un momento in cui la contrattazione è bloccata. L’esperienza maturata nelle aule parlamentari e giudiziarie alla fine rende merito alla fiducia prestata da migliaia di lavoratori della scuola che rivendicano, grazie al sindacato, il diritto a essere nuovamente protagonisti del Paese.

Di seguito l’elenco, diviso per regioni e province, delle istituzione scolastiche in cui il numero dei rappresentanti RSU è inferiore a due e dove presumibilmente a breve ci saranno le elezioni suppletive. Tale elenco verrà aggiornato costantemente.

REGIONE

PROVINCIA

COMUNE

ISTITUTO

EMILIA

BOLOGNA

IMOLA

IC N. 5

EMILIA

FORLI’-CESENA

CESENA

ITIS “BLAISE PASCAL”

EMILIA

BOLOGNA

BOLOGNA

D.D. 8 CIRCOLO

FRIULI

TRIESTE

TRIESTE

I.T.S. A. VOLTA

FRIULI

UDINE

CIVIDALE DEL FRIULI

IPSIA A. MATTIONI

FRIULI

UDINE

UDINE

I. C. N. 5

LAZIO

ROMA

ROMA

IC NANDO MARTELLINI

MARCHE

PESARO-URBINO

FANO

I. C. PADALINO

MARCHE

ANCONA

JESI

ITIS MARCONI

PIEMONTE

TORINO

TORINO

IC GOZZI-OLIVETTI

PIEMONTE

TORINO

CHIVASSO (TO)

LICEO ISAAC NEWTON

PIEMONTE

VERBANIO-CUSIO-OSSOLA

DOMODOSSOLA

LICEO SC. GIORGIO SPEZIA

PIEMONTE

NOVARA

CERANO

I. C. RAMATI

PIEMONTE

CUNEO

MONDOVI’

IIS CIGNA – BARUFFI – GARELLI

PIEMONTE

TORINO

TORINO

LICEO SC. GIORDANO BRUNO

PIEMONTE

TORINO

TORINO

LICEO SC. GOBETTI

PUGLIA

BARI

ALTAMURA

I.I.S. DE NORA

PUGLIA

TARANTO

MASSAFRA

I. C. SAN GIOVANNI BOSCO

PUGLIA

FOGGIA

TROIA

I.C. SALANDRA

SARDEGNA

CAGLIARI

CAGLIARI

LICEO SCIENT. MICHELANGELO

SARDEGNA

OLBIA-TEMPIO

OLBIA (OT)

IC DI OLBIA

SARDEGNA

CARBONIA-IGLESIAS

FLUMINIMAGGIORE

I. C. VIA ARGIOLAS

SARDEGNA

SASSARI

PORTO TORRESE

I.I.S. EUROPA UNITA

SARDEGNA

OLBIA

MONTI

I.C. MONTI

SARDEGNA

CAGLIARI

QUARTU SANT’ELENA

D. D. 5° CIRCOLO

SARDEGNA

SASSARI

ALGHERO (SS)

IIS ANGELO ROTH

SICILIA

PALERMO

PALERMO

ITET PIO LA TORRE

TOSCANA

GROSSETO

CASTELDELPIANO

I. C. VANNINI- LAZZARETTI

TOSCANA

LUCCA

LUCCA

ITIS FERMI

TOSCANA

FIRENZE

PELAGO (FI)

IC PELAGO

VENETO

VICENZA

THIENE

LICEO F. CORRADINI

VENETO

BELLUNO

SEDICO (BL)

SMS UGO FOSCOLO

VENETO

VENEZIA

MESTRE

LICEO BRUNO

VENETO

PADOVA

TREBASELEGHE

IC G. PONTI

 

08/04/2013 – Avviso per la presentazione dei Piani di Disseminazione da parte delle Scuole Presidio del progetto PQM

Oggetto: PON FSE “Competenze per lo sviluppo”  – Obiettivo/AzioneA.2 “Definizione di strumenti e metodologie per l’autovalutazione/valutazione del servizio scolastico inclusa l’azione di diagnostica”. Progetto nazionale “Qualità e Merito” – Avviso per la presentazione dei Piani di Disseminazione da parte delle Scuole Presidio del progetto PQM – A.S. 2012/2013.

Nota n. 3978 del 8 aprile 2013 e allegati

Come finanziare scuola e cultura? Con tasse su lotterie e giochi d’azzardo

da Il Sole 24 Ore

Come finanziare scuola e cultura? Con tasse su lotterie e giochi d’azzardo

La classifica è impietosa ed è solo una delle tante che vede l’Italia soprassata nella gara dell’efficienza dai partner europei. In questo caso brucia ancora di più, visto che il BelPaese è terra di cultura, arte, archeologia, architettura, desing. E vedersi sorpassare in spesa per la cultura rispetto al Pil da tutti i partner europei (ad eccezione della Grecia) fa davvero male. Per non parlare della scuola: quella pubblica, vanto italiano nei decenni passati ha perso via via smalto e motivazione, mentre quella privata conquista spazi tra le polemica. Che fare, dunque?

Lo abbiamo chiesto ai nostri lettori online, con un sondaggio in cui abbiamo chiesto da dove reperire le risorse necessarie per rilanciare gli investimenti in cultura. Escluso a priori il taglio dei costi della politica (troppo facile….) l’attenzione dei navigatori di questo sito si è concentrata in particolare sull’aumento delle tasse su lotterie e giochi d’azzardo. Oltre un terzo dei votanti, circa il 38,7% ha suggerito un prelievo di risorse da questa fonte. Un business che, evidentemente, non incontra il favore del grande pubblico: ogni anno vengono “giocati” circa 80 miliardi di euro, denaro sottratto a migliori e più importanti obiettivi di vita.

Da sottolineare l’indicazione per la dismissione del demanio: la vendita delle proprietà dello Stato, spesso inutilizzate o sottoutilizzate, rappresenta un’opzione importante per rilanciare la cultura e sostenere la scuola dal 31,6% dei lettori. Meno gettonate l’aumento delle imposte sulle sigarette (11,5%) o i tagli alle pensioni (7,4%) e alla sanità (4,3%).  Scarso il “successo” ottenuto dell’ipotesi di aumentare la tassa di soggiorno per i turisti – consumatori forti di cultura italiana – con il 2,4% di voti, così come l’aumento dei biglietti dei musei (1,4%).

Italia ultima nella spesa pubblica per scuola e cultura. Peggio solo la Grecia

da Il Sole 24 Ore

Italia ultima nella spesa pubblica per scuola e cultura. Peggio solo la Grecia

L’Italia è all’ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% dell’Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l’8,5% a fronte del 10,9% dell’Ue a 27). È quanto emerge da uno studio pubblicato da Eurostat che compara la spesa pubblica nel 2011.

Secondo l’Istituto di statistica europeo in Italia è più alta la percentuale di spesa per i servizi pubblici generali (che comprendono gli interessi sul debito pubblico) con il 17,3% a fronte del 13,5% medio dell’Ue a 27  (in Grecia questa voce pesa per il 24,6% su tutta la spesa pubblica). La spesa per protezione sociale in Italia è invece ancora superiore a quella Ue a 27 con il 41% della spesa pubblica complessiva a fronte del 39,9%. La protezione sociale nel nostro Paese resta però sbilanciata su quella per le pensioni mentre arranca la spesa per coloro che perdono il lavoro, per la casa e l’esclusione sociale.

L’Italia spende il 3% della sua spesa pubblica per la difesa (in linea con l’Ue a 27) e il 4% per l’ordine pubblico (3,9% la media europea). Per la sanità pubblica il nostro Paese spende leggermente meno della media Ue a 27 (il 14,7% contro il 14,9%). Nel complesso, scrive Eurostat, la spesa pubblica complessiva nel 2011 è stata pari al 49,1% del Pil. Tra il 2010 e il 2011 la spesa è diminuita per tutte le voci ad eccezione dei servizi pubblici generali cresciuti di molto a causa del peso degli interessi. Nel complesso protezione sociale e sanità concentrano quasi il 55% del totale della spesa pubblica. Se si guarda al Pil la spesa per sanità e protezione sociale è rimasta stabile al 25% del Pil dal 2002 al 2008 per poi saltare al 27,6% nel 2009 (a causa del calo del reddito). Nel 2011 era al 26,9% in calo rispetto al 27,4% del 2010. In Italia la percentuale sul Pil della spesa per sanità e protezione sociale è passata dal 23,9% del 2002 al 29,9% con un aumento di quattro punti percentuali. La percentuale è inferiore alla Francia (32,2%) ma superiore alla Germania (26,6%).

Per la sola protezione sociale l’Italia ha speso nel 2011 il 20,5% del Pil (19,6% la media Ue a 27, il 20,2% l’Ue a 17) pari a 5.322 euro per abitante. In Danimarca per la protezione sociale si spende il 25,2% del Pil pari, grazie a un pil pro capite più alto, a 10.892 euro per abitante. In Germania, sempre per la protezione sociale, si spende il 19,6% del Pil, pari a 6.215 euro per abitante. In Francia si spende il 23,9% del PIl con 7.306 euro per abitante.

Se invece si guarda solo alla cultura l’Italia con il suo 1,1% di spesa pubblica dedicata a questa voce è superata dalla Grecia (1,2%) e da tutti gli altri Paesi dell’Ue a 27 con la Germania all’1,8%, la Francia al 2,5% e il Regno Unito al 2,1%.

Il prof riceve su Skype

da LaStampa.it

Il prof riceve su Skype

marco belpoliti

Prima di Pasqua si sono tenuti i colloqui scolastici con gli insegnanti. Nella scuola superiore frequentata da mia figlia ci si prenota in anticipo su un foglio fornito dalla scuola. I docenti fissano un orario seguendo il loro carnet, e lo trascrivono sul foglio; con questo in mano ci si reca ai colloqui. Fuori dalle aule, contrassegnate da cartelli con i nomi degli insegnanti, stazionano i genitori. Si fa la fila.

La professoressa di Storia dell’arte impiega più tempo del previsto nei colloqui, quindi la sequenza programmata salta. Si è in attesa, a volte persino trepida, per sapere com’è l’andamento scolastico dei propri figli. Nessuno sgomita, nessuno preme per entrare prima. Così nei corridoi ci si scambiano opinioni e si fanno conoscenze. Si entra timorosi nelle aule, quasi un ritorno sui banchi. Un amico mi ha raccontato di essere tornato nella sua scuola delle medie superiori, dove studia ora la figlia, nella medesima aula, sedendosi nello stesso banco, per ascoltare l’insegnante. Molte scuole italiane – intendo gli edifici – sono rimaste identiche a com’erano trenta o quaranta anni fa: il tempo sembra essersi fermato. Entro breve i genitori non vi entreranno più. A

Milano nelle scuole gestite dal Comune – il liceo civico Manzoni – si sta adottando il colloquio via Skype. Niente più faccia a faccia con i docenti di matematica o d’italiano; interlocuzione avverrà attraverso il video, da casa, dall’ufficio, o magari dal treno, con le cuffie, se Skype è installata su uno smartphone. Per chi non è abile con web, e con i sistemi digitali, ci saranno corsi specifici. Cosa si perde e cosa si guadagna nel ricevimento a distanza? Si perde il contatto che si ha solo di persona, nel faccia a faccia, che permette di conoscersi meglio reciprocamente. E, almeno per i genitori, di farsi un’opinione degli insegnanti cui è demandato il compito di istruire i propri figli. Con il video si concentra invece soprattutto sulle espressioni facciali e sulla voce, e molti dettagli dell’insieme si perdono. In compenso, si risparmierà tempo, poiché si potrà farlo senza muoversi da dove ci si trova. La tecnologia ci aiuta a guadagnare tempo. Ma cosa ne faremo di questo tempo risparmiato? Lo useremo per stare di più con i nostri figli, o invece per intensificare ulteriormente le nostre attività di lavoro? Oppure, come ci accade, per coltivare la nostra presenza nei social network?

La stretta dei presidi sulle gite scolastiche “Troppo care, discriminano gli studenti”

da la Repubblica

La stretta dei presidi sulle gite scolastiche “Troppo care, discriminano gli studenti”

Addio viaggi lunghi e mete esotiche. “Sono le famiglie a chiedercelo”

MILANO — Solo quattro anni fa, i ragazzi del liceo scientifico Einstein di Milano andarono in gita a Marsa Alam, esotica località balneare sul Mar Rosso, mentre gli studenti di una scuola superiore di Gela sbarcarono a New York. Bei tempi andati. Fra le molte abitudini italiane cancellate dalla crisi c’è anche il cosiddetto “viaggio di istruzione”, tradizionale intermezzo di primavera, con visita nelle grandi capitali europee o nelle città d’arte italiane. Grande festa per i ragazzi. Un salasso per le famiglie, rassegnate a sborsare cifre medie di 300 euro, con punte massime di 500 euro per le mete più inconsuete, che prima della crisi non suonavano come una bestemmia. Soldi che oggi nessuno ha più, motivo per il quale le gite sono quasi ovunque dimezzate, quando non cancellate del tutto. «Rispetto agli anni passati – sintetizza il provveditore agli Studi di Milano, Giuseppe Petralia – quest’anno ha dovuto rinunciare una classe su due». Un’impressione a caldo, confermata dai dati dell’Osservatorio Touring Club. Lo scorso anno scolastico solo 930mila studenti sono andati in gita di classe, 400mila in meno rispetto a cinque anni fa. Nel 2013 potrebbe andare anche peggio. A Milano, i primi a tagliare le gite sono stati istituti tecnici e professionali, frequentati da stranieri e da ceti popolari, come il turistico Gentileschi, dove gli spostamenti fuori dalla scuola quest’anno sono limitati ai musei e teatri cittadini. Ma lo stesso vale anche per gli istituti più blasonati e frequentati dalla buona borghesia, come il classico Berchet, dove la cancellazione delle gite è stata totale «anche per la rivendicazione sindacale dei professori che, dopo i tagli ai fondi per l’istruzione, non vengono più retribuiti per le gite », come spiega il preside Innocente Pessina. Milano non è un caso isolato. «Non siamo noi a tagliare le gite, ma le famiglie a sollecitare la rinuncia nei consigli di classe: i genitori fanno presente che soldi per mandare i figli in gita non ci sono più», spiega Tommaso De Luca, preside dell’Istituto tecnico industriale Avogadro di Torino, presidente dell’Asapi, l’associazione delle scuole autonome del Piemonte. «Il nostro consiglio di istituto ha cancellato le gite perché non tutti hanno la possibilità di aderire e la scuola non ha i mezzi per dare sovvenzione alle famiglie che non possono affrontare spesa». Una vita d’uscita estrema per evitare discriminazioni tra studenti. Le scuole cercano di garantire almeno le gite brevi in città italiane. Questa è la sorte dei 1300 studenti dell’Itis Fermi di Roma, dove la preside Monica Nanetti e il collegio docenti hanno bocciato «i viaggi all’estero, lasciando solo le mete italiane, dove si arriva in treno». Persino allo storico liceo scientifico Righi di Bologna, fondato nel 1823, il più antico del Paese, il preside Domenico Altamura, allarga le braccia: «La crisi ha messo in ginocchio anche noi: prima si facevano grandi cose, una settimana all’estero, minimo 450-500 euro a ragazzo, più il cash per gli extra. Prezzi insostenibili, oggi. Quest’anno, all’estero ci vanno solo alcune quinte, per tre giorni, invece che per sei. Tutte le altre classi, rimangono in Italia o addirittura in città». Poi ci sono quelli che mettono mano alle magre casse d’istituto per pagare il viaggio a chi non ha la possibilità. Per esempio, Gianni Oliva, preside del centralissimo liceo classico D’Azeglio, a Torino: «Il consiglio di istituto interviene pagando anche il 100 per cento. Ma le mete devono essere low cost».

Un software per dare il voto e il prof si dà alla contemplazione

da Tecnica della Scuola

Un software per dare il voto e il prof si dà alla contemplazione
di Pasquale Almirante
Arriva dagli Usa il computer che sostituisce gli insegnanti anche nella fase più delicata della loro professione, l’assegnazione del voto. EdX è una organizzazione non profit fondata da Harvard e dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) che offre corsi universitari su Internet e ora anche un software capace di dare immediatamente il voto ad un esame
L’idea quindi di quel preside milanese che, per affermare il principio di equità valutativa, voleva assegnare a docenti di altri corsi la correzione dei compiti dei ragazzi viene abbondantemente superata dal software, impersonale e asettico come un’operazione chirurgica. Ma non solo, consegnando al software e alla sua intelligenza artificiale il compito di valutare saggi e brevi risposte scritte, gli insegnanti possono dedicarsi ad altre mansioni come la lettura del giornale o la contemplazione dell’Idea in sé.
Appare dunque abbastanza normale, di fronte a tali prospettive, che si inneschino pure guerre di opinioni sul ruolo della automatizzazione tecnologica nelle scuole, anche se, pare, l’uso del computer per dare il voto a test del tipo “vero o falso” sarebbe ormai diffuso nel sistema di istruzione statunitense, mentre l’uso dell’intelligenza artificiale per giudicare prove più complesse, come un tema o un saggio, non hanno riscosso consenso unanime nel mondo accademico, forse perché la componente umana e “sentimentale” si ritiene abbia sempre valore preponderante. Sembra inoltre che l’organizzazione EdX offra pure corsi online gratis ad atenei di prima grandezza come Harvard, Mit e Berkeley, mentre fra non molto dovrebbe pure aggiungere altre lezioni alla Wellsley, Georgetown e all’Università del Texas, fermo restando l’obiettivo di programmare altre incursioni espansive oltre i confini degli Stati Uniti.
Secondo Anant Agarwal, l’ingegnere elettronico a capo di EdX, il software che dà i voti sarebbe un utile strumento pedagogico anche perchè avrebbe il potenziale di far ripetere immediatamente l’esame allo studente consentendogli di correggere gli errori e migliorare la prestazione. L’altro vantaggio sarebbe quello di un feedback quasi istantaneo a differenza del normale lavoro di classe in cui gli allievi aspettano per giorni, a volte settimane, che l’insegnante dia i voti. Gli scettici dal canto loro sono convinti che nessun sistema automatico potrà far mai concorrenza a un insegnante in “carne e ossa” (visto che il software è composto da altri elementi atomici) e pure con una opportuna dose di sensibile intelligenza: ”Un problema è che non ci sono statistiche che mettano direttamente a confronto software e professori”, ha detto al New York Times Les Perelman, un ricercatore del Mit. ”La verità è che i computer non possono leggere. Non possono misurare le caratteristiche essenziali di una efficace comunicazione scritta: accuratezza, chiarezza, ragionamento, buon senso, adeguatezza delle prove, posizione etica e veridicità tra le altre”, ha scritto un gruppo di educatori, Professionals Against Machine Scoring, in una lettera aperta firmata finora da oltre duemila luminari tra cui il linguista Noam Chomsky.

Le misure di austerity sulla scuola sono disposizioni incostituzionali e controproducenti

da Tecnica della Scuola

Le misure di austerity sulla scuola sono disposizioni incostituzionali e controproducenti
di Lucio Ficara
Le misure di austerity sulla scuola, che ci sono state e che continueranno ad esserci, qualunque governo ottenga la fiducia dai due rami del Parlamento, sono disposizioni incostituzionali e purtroppo anche controproducenti
La scuola pubblica garantisce un diritto fondamentale e centrale per tutti i cittadini. Sulla scuola, ma più in generale sulla cultura, soprattutto in momenti di crisi economica, bisognerebbe investire più risorse economiche possibili, recuperando economie da altri settori meno nevralgici e in cui si sperperano soldi. Soltanto così, si può avere una speranza concreta di uscita dalla crisi e di rilancio del Paese. Al contrario in questi ultimi cinque anni, abbiamo assistito ad un vero e proprio saccheggio delle risorse economiche destinate alla scuola pubblica, alla ricerca e all’università. Si è trattato e si sta continuando a trattare, di una forma, continua e perniciosa, di esproprio dei diritti costituzionali che riguardano l’istruzione pubblica. Ci piace ricordare alcuni principi costituzionali, che in questo attuale periodo storico, sono messi fortemente in discussione.
1. La libertà di insegnamento (art. 33, comma 1 Cost.);
2. la presenza di scuole statali per tutti i tipi, ordini e gradi di istruzione (art. 33, comma 2 Cost.);
3. il libero accesso all’istruzione scolastica, senza alcuna discriminazione (art. 34, comma 1 Cost.);
4. l’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione dell’obbligo (art. 34, comma 2 Cost.);
5. il riconoscimento del diritto allo studio anche a coloro che sono privi di mezzi, purché capaci e meritevoli mediante borse di studio, assegni ed altre provvidenze da attribuirsi per concorso (art. 34, comma 3 Cost.).
All’orizzonte nulla di buono si intravede per la scuola pubblica italiana, ma piuttosto si sente il “profumo” di un’amara e preoccupante continuità, che provvederà ancora a saccheggiare le risorse umane ed economiche dell’ istruzione. Ma quale sono le nubi cupe che si intravedono all’orizzonte? Per cominciare, nonostante le belle parole pronunciate dal presidente della Camera, Laura Boldrini, sulla questione dei docenti inidonei all’insegnamento e degli Itp, si procederà ad attuare la loro deportazione verso i ruoli Ata. Si procederà ad eliminare definitivamente il meccanismo degli scatti di anzianità, che è ritenuto insostenibile, per le scarse risorse economiche.  Si continuerà a ridurre le risorse accessorie del fondo d’Istituto o in alternativa si tenterà di aumentare le ore di servizio settimanali, a parità di salario, dei docenti di scuola secondaria. Continuerà anche, avendo già creato i presupposti, la destrutturazione del contratto collettivo nazionale della scuola. Al contempo per condizionare la libertà d’insegnamento, si procederà a dare più poteri ai dirigenti scolastici, in virtù del nuovo sistema di valutazione delle scuole. In buona sostanza si provvederà a fare tutto l’opposto di quello che, in una visione keynesiana dell’economia, si dovrebbe fare, in momenti di crisi economica, sulla scuola pubblica e sull’istruzione più in generale.

Applicazione DPR sul Sistema Nazionale di Valutazione

Al Capo Dipartimento per l’Istruzione
Dr.ssa Lucrezia Stellacci
Al Direttore generale per gli ordinamenti scolastici e per
l’autonomia scolastica
Dott.ssa Carmela Palumbo
Al Direttore Generale
per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione
Dr.ssa Giovanna Boda
Al Direttore Generale per il Personale Scolastico
Dott. Luciano Chiappetta

OGGETTO: Applicazione DPR sul Sistema Nazionale di Valutazione

L’8 marzo scorso il Governo ha approvato lo schema di Regolamento di cui all’oggetto.
Dalle bozze circolanti, in attesa del testo che verrà ufficialmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ci si
rende conto che trattasi di un atto importantissimo, atteso da anni e nel quale però non sembra ci siano
riferimenti espliciti alla valutazione della qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità.
Quali rappresentanti delle associazioni di persone con disabilità riunite nella FISH e nella FAND e
membri del Comitato tecnico dell’Osservatorio permanente sulla disabilità, Ci permettiamo pertanto di
sottoporre alla Loro attenzione i passaggi salienti del Regolamento su cui, a nostro avviso, dovrebbe
essere focalizzata la Loro attenzione in sede applicativa per garantire una valutazione della efficacia ed
efficienza dell’inclusione scolastica quale componente ineliminabile del SNV.
1. Compiti dell’INVALSI:
1.1 Nel Regolamento si attribuisce all’INVALSI il compito di definire “gli indicatori di efficienza e di
efficacia in base ai quali l’SNV individua le istituzioni scolastiche che necessitano di supporto e da
sottoporre prioritariamente a valutazione esterna”. Come associazioni di persone con disabilità abbiamo
più volte comunicato anche al di fuori delle riunioni dell’Osservatorio Ministeriale sull’inclusione
scolastica, la necessità che il Ministero individui come “livelli essenziali” alcuni indicatori strutturali, di
processo e di esito concernenti la qualità dell’inclusione scolastica, fornendo anche taluni esempi
orientativi in tal senso. Si ricordano in proposito:
– la ricerca dell’AIPD “L’integrazione scolastica delle persone Down” (P. Gherardini, S.
Nocera, AIPD, 2000, Erickson, Trento);
– Le proposte di indicatori elaborate dal gruppo di lavoro , istituito con decreto dirigenziale
del 5 maggio 2004, su proposta delle Associazioni componenti l’Osservatorio , proposte
ufficialmente acquisite dall’Amministrazione scolastica centrale, come risulta dalla nota n.
3050 del 21 luglio 2004.
– la ricerca dell’INVALSI svolta nell’a.s. 2005-06 e pubblicata in
www.invalsi.it/invalsi/download.php?page=risquestsistema, citata nella Delibera dekl
CNEL del 29/11/2009, oltre ai siti indicati nella C M n. 8/2013 sui BES.
Inserire tra gli indicatori generali che individuerà l’INVALSI anche alcuni relativi all’inclusione
scolastica è fondamentale sotto due profili:
A. individuare in sede di autovalutazione e valutazione esterna quali sono le scuole che
necessitano di correggere le loro prassi didattiche per migliorarne i risultati anche a favore
degli alunni con disabilità;
B. individuare le scuole in cui si realizzino casi di inclusione di qualità in lodo da segnalarle
come esempi di eccellenza in una logica positiva di emulazione.
1.2 L’INVALSI inoltre dovrà individuare “indicatori per la valutazione dei dirigenti scolastici”.
Tra tali indicatori sembra indispensabile individuarne alcuni concernenti l’efficacia e l’efficienza della
funzione direttiva di una comunità scolastica accogliente ed inclusiva in termini di qualità.
1.3 L’INVALSI dovrà ancora provvedere alla “selezione, la formazione e lì’9inserimento in un apposito
elenco degli esperti dei nuclei per la valutazione esterna”, nonché alla “formazione degli ispettori che
partecipano ai citati nuclei”.
È indispensabile che detti programmi di formazione e dette prove selettive abbiano ad oggetto un debito
spazio concernente la tematica della qualità dell’inclusione scolastica e della sua valutazione nel quadro
del sistema generale di istruzione.
2. Compiti dell’INDIRE:
2.1. L’INDIRE deve effettuare “il supporto alle istituzioni scolastiche nella definizione e attuazione dei
piani di miglioramento della qualità dell’offerta formativa e dei risultati degli apprendimenti degli
studenti, autonomamente adottati dalle scuole.”
Nello svolgimenti di tali compiti è indispensabile che l’INDIRE tenga presente tra i suoi obiettivi
programmatici e nella prassi operativa il debito rilievo da dare agli aspetti della qualità, efficacia ed
efficienza dell’inclusione scolastica.
2.2. l’INDIRE “cura il sostegno ai processi di innovazione centrati sulla diffusione e sull’utilizzo delle
nuovo tecnologie, attivando coerenti progetti di ricerca tesi al miglioramento della didattica nonché
interventi di consulenza e di formazione in servizio del personale docente, amministrativo, tecnico e
ausiliario e dei dirigenti scolastici, anche sulla base di richieste specifiche delle istituzioni scolastiche.”
È indispensabile che anche per questa attività debba tenere nel debito conto gli aspetti concernenti
l’inclusione scolastica.
Per tutto quanto sopra si chiede che l’Osservatorio Ministeriale sull’inclusione scolastica possa dedicare
il suo prossimo incontro, da svolgersi anche prima della formazione del nuovo Governo, data l’urgenza,
a queste tematiche, anche in considerazione del fatto che lo stesso Regolamento prevede il
coinvolgimento anche di Associazioni nelle “azioni di miglioramento” previste nel “procedimento di
valutazione” e nella fase di comunicazione dei risultati.
Certi di una positiva valutazione di queste richieste, si rimane in attesa di un positivo riscontro e si
porgono distinti saluti.

Rassegna Stampa 6 – 8 aprile 2013

IN  PRIMO  PIANO

 
Corriere della Sera  del  07-04-2013
ULTIMI IN EUROPA PER GLI INVESTIMENTI IN CULTURA E ISTRUZIONE (L.Offeddu) [solo_testo] pag. 21
L’Unita’  del  07-04-2013
ALLARME UNIVERSITA’, SCADONO LE BORSE DEI RICERCATORI (C.Pulcinelli) [solo_testo] pag. 16
il Sole 24 Ore  del  07-04-2013
NOTIZIE IN BREVE – ENTI TERRITORIALI, 38 MILIONI ALLE SCUOLE [solo_testo] pag. 17
la Repubblica  del  08-04-2013
I SOCRATE DEL FUTURO VANNO ALLE OLIMPIADI (P.Poma) [solo_testo] pag. 51
 

MINISTRO

 
il Sole 24 Ore  del  06-04-2013
RICERCA SCIENTIFICA CON REGOLE PIU’ SNELLE (Ci.t) [solo_testo] pag. 19
la Stampa – ed. Torino  del  06-04-2013
PROFUMO PROMETTE “BUONI LIBRO” LA REGIONE: POTEVA INFORMARCI [solo_testo] pag. 57
la Repubblica  del  06-04-2013
PROF ANTISEMITA, INTERVIENE PROFUMO (V.Forgnone/G.Isman) [solo_testo] pag. 20
il Messaggero  del  06-04-2013
PROFESSORESSA ANTISEMITA, INTERVIENE IL MINISTRO (L.Decicco) [solo_testo] pag. 16
il Giornale  del  06-04-2013
II EDIZIONE – “AD AUSCHWITZ SARESTI STATA PIU’ ATTENTA” INCHIESTA SULLA FRASE DELLA DOCENTE [solo_testo] pag. 16
la Repubblica – ed. Torino  del  07-04-2013
INTESA TRA NESI E PROFUMO “CAVOUR TORNI A SCUOLA” [solo_testo] pag. 14
la Repubblica – ed. Torino  del  07-04-2013
“NO AI TEST D’INGRESSO ANTICIPATI” STUDENTI IN RIVOLTA CONTRO PROFUMO [solo_testo] pag. 8
 

MINISTERO

 
il Sole 24 Ore  del  07-04-2013
ITALIA IN CODA PER GLI INVESTIMENTI (M.Bartoloni) [solo_testo] pag. 12
il Messaggero  del  07-04-2013
ITALIA ULTIMA D’EUROPA PER SCUOLA E CULTURA IL CENSIS: SPRECHI AL SUD (A.Campione) [solo_testo] pag. 12
Avvenire  del  07-04-2013
INVESTIMENTI PER LA SCUOLA, MAI COSI’ MALE (A.Elia) [solo_testo] pag. 11
Avvenire  del  07-04-2013
Int. a G.Catalano: “CIFRE FALSATE DAL DEBITO PUBBLICO SIAMO IN LINEA CON LA MEDIA UE” (E.Lenzi) [solo_testo] pag. 11
Giorno/Resto/Nazione  del  07-04-2013
POVERA ITALIA, LUCIGNOLO D’EUROPA (L.Cinelli) [solo_testo] pag. 25
Piu’ (la Provincia di Cremona)  del  06-04-2013
38 MILIONI PER NUOVE SCUOLE [solo_testo] pag. 90/91
Giornale di Sicilia  del  06-04-2013
CONCORSO PRESIDI, E’ SEMPRE PIU’ CAOS: SCOPPIA IL CASO DI 106 CANDIDATI ESCLUSI (A.Turrisi) [solo_testo] pag. 11
Avvenire  del  06-04-2013
“LA SCUOLA DIGITALE? NOI LA VOGLIAMO COSI'” (P.Ferrario) [solo_testo] pag. 10
la Stampa  del  08-04-2013
IL PROF RICEVE SU SKYPE (M.Belpoliti) [solo_testo] pag. 32
Corriere della Sera – ed. Milano  del  07-04-2013
BULLISMO ONLINE, IN ANSIA UN GENITORE SU 2 (A.Dal monte) [solo_testo] pag. 6
Corriere della Sera – ed. Milano  del  08-04-2013
IL BULLISMO SUL WEB (M.Zanaboni/P.Rivoltella) [solo_testo] pag. 1
L’Unita’  del  06-04-2013
Int. a G.Laterza: QUESTO E’ L’ATRO MONDO (C.Valerio) [solo_testo] pag. 18
Corriere della Sera  del  06-04-2013
BOOKCITY MILANO 2013 CHIAMA A RACCOLTA LE SCUOLE [solo_testo] pag. 59
la Repubblica  del  07-04-2013
I BAMBINI NELL’ERA DI FACEBOOK LEGGONO PIU’ DI MAMMA E PAPA’ (I.Scalise) [solo_testo] pag. 1
Corriere della Sera – ed. Milano  del  06-04-2013
GENITORI E FIGLI (M.Tucci) [solo_testo] pag. 10
la Repubblica – ed. Milano  del  08-04-2013
IL BUONO SCUOLA AIUTA ANCHE CHI NON NE HA BISOGNO (B.Piccone) [solo_testo] pag. 1
la Repubblica  del  08-04-2013
LA STRETTA DEI PRESIDI SULLE GITE SCOLASTICHE “TROPPO CARE, DISCRIMINANO GLI STUDENTI” (Z.Dazzi/T.De giorgio) [solo_testo] pag. 25
la Repubblica – ed. Bologna  del  08-04-2013
IN PIAZZA PER DIRE NO AL REFERENDUM [solo_testo] pag. 5
la Repubblica – ed. Genova  del  08-04-2013
DA STURLA A NERVI, UN SOLO PARCO SUL MARE LE IDEE DEGLI STUDENTI PER IL FUTURO A LEVANTE [solo_testo] pag. 2
la Repubblica – ed. Napoli  del  06-04-2013
RICOSTRUIRE CITTA’ DELLA SCIENZA. PD, CGIL E SEL CONTRO IL TRASLOCO [solo_testo] pag. 2
la Repubblica  del  06-04-2013
LA SCUOLA NON HA I FONDI STIPENDIO A SORTEGGIO PER PAGARE I SUPPLENTI (M.Neri) [solo_testo] pag. 21
Giorno/Resto/Nazione  del  06-04-2013
ULTIMA DAL PIANETA SCUOLA: STIPENDI TIRATI A SORTE (E.Gulle’) [solo_testo] pag. 22
Avvenire  del  06-04-2013
ADOLESCENTI, TUTTA LA VITA E’ UNA DOMANDA (L.Bellaspiga) [solo_testo] pag. 3
la Repubblica  del  08-04-2013
Int. a P.Celli: PICCOLI KEYNES CRESCONO. (F.Rampini/V.Conte) [solo_testo] pag. 27/29
Corriere della Sera – ed. Milano  del  08-04-2013
PROGETTI ECONOMIA E FINANZA: PRIMATO EUROPEO ALLA BOCCONI [solo_testo] pag. 6
la Stampa  del  08-04-2013
MERCOLEDI’ E GIOVEDI’ SI VOTA ALL’UNIVERSITA’ [solo_testo] pag. 50
Affari&Finanza (la Repubblica)  del  08-04-2013
FEBBRE DA START UP: E’ BOOM RADDOPPIANO IN TRE MESI E POSSONO SALVARE IL PAESE (S.Carli) [solo_testo] pag. 8/9
il Mattino  del  06-04-2013
Int. a L.Celli: CELLI: SOCI INTELLETTUALI TRASFORMANO IN IMPRESE LE IDEE DEGLI UNDER 30 (S.Sapio) [solo_testo] pag. 14
Corriere della Sera  del  07-04-2013
DIMINUISCE L’OCCUPAZIONE DEI LAUREATI? SI’, MA CHI STUDIA STA PEGGIO (A.Cammelli) [solo_testo] pag. 34
Domenica (Il Sole 24 Ore)  del  07-04-2013
COME FUNZIONA LA CLASSE DEI 160MILA (P.Caraveo) [solo_testo] pag. 32
Domenica (Il Sole 24 Ore)  del  07-04-2013
FIERI DI LAUREARSI AL MOOC (A.Schiesaro) [solo_testo] pag. 32
Nova24 (il Sole 24 Ore)  del  07-04-2013
BANDI – ITALIA E ISRAELE FINANZIANO LA RICERCA CONGIUNTA [solo_testo] pag. 4
il Sole 24 Ore  del  06-04-2013
NO DELL’ITALIA AL MAIS MONSANTO (E.Diffidenti) [solo_testo] pag. 16
Italia Oggi  del  06-04-2013
L’ENERGIA AGEVOLA (B.Migliorini) [solo_testo] pag. 33
Io Donna (Corriere della Sera)  del  06-04-2013
“LA NOSTRA VERA SFIDA E’ RESTARE IN ITLIA, MICA SCOPRIRE BOSONI” (M.Di lucchio) [solo_testo] pag. 58/64
la Stampa  del  07-04-2013
DA TRIESTE L’ALGORITMO CHE SA PREVEDERE I SISMI (A.Rossi) [solo_testo] pag. 19
Affari&Finanza (la Repubblica)  del  08-04-2013
GENOVA CAPITALE DELLE “INNOVATIVE” (C.Benna) [solo_testo] pag. 9
Affari&Finanza (la Repubblica)  del  08-04-2013
ROBOT-CHIRURGHI, IL BOOM IN ITALIA IN UN ANNO SETTEMILA INTERVENTI/LA SCHEDA [solo_testo] pag. 35
Nova24 (il Sole 24 Ore)  del  07-04-2013
LA GUERRA DEI BREVETTI NANOTECH (F.Cerati) [solo_testo] pag. 1
la Repubblica  del  06-04-2013
LA MACCHINA CHE CATTURA I SOGNI “LEGGERE NELLA MENTE E’ MPOSSIBILE” (A.Baduel) [solo_testo] pag. 22
 

PUBBLICA  AMMINISTRAZIONE  E  SOCIETA’

 
la Stampa  del  08-04-2013
PAGAMENTI ALLE IMPRESE, SCONTO SULLE TASSE NEL 2014 (R.Masci) [solo_testo] pag. 4
Italia Oggi Sette  del  08-04-2013
P.A., IL PAGAMENTO E’ DI RIGORE A RISPONDERE SARA’ IL DIRIGENTE (A.Ciccia) [solo_testo] pag. 4
il Sole 24 Ore  del  08-04-2013
PRESSING UE SEMPRE PIU’ STRETTO: SOTTO LA LENTE DEFICIT E DEBITO (C.Bussi) [solo_testo] pag. 4
il Messaggero  del  08-04-2013
Int. a A.Quadrio curzio: QUADRIO CURZIO: “OSSIGENO IMPORANTE PER LA RIPRESA” (Gi.fr.) [solo_testo] pag. 8
la Stampa  del  08-04-2013
PIU’ DI UN MILIONE DI LICENZIAMENTI (R.Giovannini) [solo_testo] pag. 2
Corriere della Sera  del  07-04-2013
GIOVANI E LOMBARDI IN FUGA DALLA CRISI VERSO LA GERMANIA (M.Iossa) [solo_testo] pag. 20
L’Unita’  del  07-04-2013
VI PRESENTIAMO LA MEGLIO GIOVENTU’ (M.Lancini) [solo_testo] pag. 24
la Repubblica  del  08-04-2013
RIMETTERE IN CIRCOLO LA SPERANZA (S.Settis) [solo_testo] pag. 1
 
 
 
 A cura di Giuseppe Colella e Federico Bandi

 

Sentenza TAR Lazio 8 aprile 2013, n. 3527

N. 03527/2013 REG.PROV.COLL.
N. 05836/2010 REG.RIC.

R E P U B B L I C A   I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5836 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Snals – Confsal (Sindacato Autonomo Lavoratori della Scuola), XXXXX, rappresentati e difesi dagli avvocati Michele Mirenghi, Stefano Viti, con domicilio eletto presso Stefano Viti in Roma, piazza della Liberta’, n.20;

contro

il Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero dell’Economia e Finanze in persona dei Ministri legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 domiciliano ex lege, il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione in persona del legale rappresentante p.t.,

per l’annullamento

del decreto di estremi ignoti con il quale il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze ha dettato disposizioni sulla ridefinizione dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi degli istituti professionali per l’a.s. 2010/2011,
del decreto di estremi ignoti con il quale il MIUR di concerto con il MEF ha dettato disposizioni sulla ridefinizione dell’orario complessivo annuale delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici a.s. 2010/2011,
del regolamento in data 15 marzo 2010 non pubblicato recante norme concernenti il riordino degli istituti tecnici e degli istituti professionali ai sensi dell’art. 64, comma 4 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 e dei criteri con i quali si è proceduto alla individuazione delle discipline di insegnamento interessate dalla riduzione di orario nelle classi seconde, terze e quarte;
del regolamento in pari data, pure non pubblicato recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali ai sensi dell’art. 64, comma 4 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 e dei criteri con i quali si è proceduto alla individuazione delle discipline di insegnamento interessate dalla riduzione di orario nelle classi seconde e terze, nonché di ogni altro atto, connesso, presupposto e consequenziale e per quanto di ragione del decreto ministeriale di estremi ignoti con il quale sono state impartite disposizioni sulla determinazione degli organici del personale docente per l’anno scolastico 2010/2011 e della circolare n. 37 del 13 aprile 2010 con la quale il MIUR ha trasmesso lo schema del predetto decreto interministeriale in itinere, impartendo istruzioni ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali al fine di dare tempestivo avvio alle operazioni di competenza degli stessi ed a provvedere, per l’effetto, alla ripartizione delle consistenze di organico a livello provinciale;
e con motivi aggiunti notificati il 1° ottobre 2010 per l’annullamento dei decreti 12 luglio 2010 con i quali il MIUR di concerto con il MEF ha dettato disposizioni per la ridefinizione dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi degli istituti professionali a.s. 2010/2011 e degli istituti tecnici a.s. 2010/2011;
del regolamento in data 15 marzo 2010, recante norme concernenti il riordino degli istituti tecnici non pubblicato, come sopra indicato;
del regolamento del 15 marzo 2010 recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali, non pubblicato, come sopra indicato;
nonché di ogni altro atto, connesso, presupposto e consequenziale ed in particolare del decreto interministeriale di estremi ignoti con il quale anche sulla scorta dei regolamenti relativi agli interventi di revisione e riordino del II ciclo di istruzione emanati in data 15 marzo 2010 sono state impartite disposizioni sulla determinazione degli organici del personale docente per l’a.s. 2010/2011 e della circolare n. 37 del 13 aprile 2010 con la quale il MIUR ha trasmesso lo schema del predetto decreto interministeriale in itinere, impartendo istruzioni ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali, al fine di dare tempestivo avvio alle operazioni di competenza degli stessi ed a provvedere, per l’effetto, alla ripartizione delle consistenze di organico a livello provinciale;
e per l’annullamento con i motivi aggiunti del 30 marzo 2011 dei decreti ministeriali n. 95 e 96 del 25 novembre 2010 con i quali il MIUR ed il MEF hanno confermato le disposizioni e le tabelle di cui ai decreti impugnati del 15 marzo 2010;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e di Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2012 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato alle Amministrazioni in epigrafe indicate in data 18 giugno 2010 e depositato il successivo 1° luglio 2010, espongono il sindacato ricorrente ed i docenti delle classi di concorso pure a fianco di ognuno indicate oltre a due genitori di alunni iscritti ad anni di corso degli Istituti Tecnici interessati dalle riduzioni di orario che con decreti interministeriali indicati in epigrafe il MIUR di concerto con il MEF ha provveduto alla ridefinizione a far data dell’a.s. 2010/2011 dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici, individuando per ogni indirizzo e ordinamento le classi di concorso destinatarie della riduzione di orario. Osservano che in virtù degli atti impugnati è stata introdotta una modificazione dei curricula scolastici per gli anni scolastici successivi al primo, modificando il patto formativo sottoscritto con la scuola al momento dell’iscrizione.
2. Avverso tali atti deducono:
1. Violazione dell’art. 25l comma 2 del d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297 per omessa acquisizione del parere obbligatorio del CNPI sugli schemi di decreto recanti la ridefinizione dell’orario delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici; violazione dell’art. 97 Cost. e segnatamente del principio di buon andamento; violazione dei principi in materia di dovuto procedimento di legge.
Lamentano che prima di procedere alla emanazione dei decreti in parola il Ministero avrebbe dovuto acquisire il parere obbligatorio del CNPI. Quest’ultimo in particolare avrebbe dovuto essere sentito proprio perché in sede di valutazione degli schemi di regolamento relativi al riordino degli istituti professionali e degli istituti tecnici, con due distinti pareri espressi entrambi nell’adunanza del 22 luglio 2009 aveva ritenuto inaccettabili e improponibili le modifiche dei moduli orario, rappresentando che la riforma degli ordinamenti scolastici non poteva essere governata da malcelate ragioni di contenimento della spesa pubblica.
2. Violazione dell’art. 191 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40 di conversione in legge con modificazioni del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7; violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e della incongruità manifeste.
Secondo il testo Unico delle legge sull’istruzione scopo precipuo dell’istruzione tecnica sarebbe quello di preparare all’esercizio di talune funzioni tecniche o amministrative, l’istruzione professionale avrebbe quello di impartire una preparazione teorico pratica adeguata per consentire l’esercizio di qualificate mansioni.
Per rispondere a tali obiettivi la legge delega n. 53 del 2003, il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 di individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni hanno enucleato uno specifico percorso denominato “liceo tecnologico” poi abrogato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 che ha lasciato in vita gli istituti tecnici e professionali.
Successivamente è intervenuto il d.l. n. 112 del 2008 che all’art. 64 ha dettato le linee guida per la modificazione dell’organizzazione scolastica, celando in realtà neppure troppo nascostamente una bella sforbiciata agli organici del personale docente e non docente, con conseguente riduzione di 87400 posti di organico.
In questo quadro normativo sono stati adottati i due decreti ministeriali del 15 marzo 2010 di riordino degli istituti tecnici e professionali. Quello per gli istituti professionali ha previsto che per l’anno scolastico 2010/2011 si continua ad operare sulla base di 34 ore settimanali per le seconde e terze classi e a partire dall’a.s. 2011/2012 si passerà all’orario di 32 ore settimanali. Ed analogamente è stato effettuato per gli istituti tecnici.
Al riguardo i ricorrenti osservano che la rimodulazione dell’orario è stata operata sulla base di un criterio del tutto discrezionale di ridurre del 20% l’orario di insegnamento delle discipline relative a classi di concorso con non meno di 99 ore annue e cioè con non meno di 3 ore settimanali ed andando ad impingere sulle discipline caratterizzanti i corsi, in maniera per di più indiscriminata, senza individuare le discipline sulle quali incidere.
La riduzione dell’orario incide direttamente sulla formazione e sullo sviluppo della formazione diretta a consentire l’inserimento nella filiera tecnologica o in quella produttiva che costituisce dichiarata finalità dei due tipi di istituti.
A ciò si aggiunga che non è stato neppure adottato il Regolamento sulle classi di concorso previsto quale primo passo dall’art. 64, comma 4 lettera a) del d.l. n. 112/2008 ai fini della riorganizzazione del sistema scolastico.
Rappresentano che paradossalmente ciò comporta che usciranno ragionieri che avranno studiato meno discipline economico aziendali e meno matematica applicata; aspiranti meccanici che avranno studiato meno meccanica e meno laboratorio e così via dicendo per tutti gli insegnamenti qualificanti dei due istituti.
3. Concludono con istanza cautelare e per l’accoglimento del ricorso.
4. L’Amministrazione dell’istruzione si è costituita in giudizio.
5. Alla Camera di Consiglio del 19 luglio 2010 l’istanza cautelare è stata accolta.
6. Con motivi aggiunti del 20 settembre 2010 sono stati dagli stessi ricorrenti impugnati i decreti “medio tempore” formalizzati, con i quali le Amministrazioni intimate hanno proceduto alla riduzione dell’orario complessivo annuale delle lezioni delle seconde e terze classi degli istituti professionali (decreto n. 62 del 26 luglio 2010) e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici per l’anno scolastico 2010/2011 (decreto n. 61 del 26 luglio 2010).
Avverso tali atti gli interessati hanno insistito sulle stesse doglianze proposte col ricorso principale e che saranno meglio oltre esposte ed esaminate.
7. Con un secondo atto di motivi aggiunti, gli interessati impugnano anche i decreti n. 95 e n. 96 del 25 novembre 2010, con i quali le Amministrazioni intimate hanno confermato le disposizioni e le tabelle allegate rispettivamente ai decreti n. 61 del 26 luglio 2010 (relativo alle rimodulazione dell’orario delle lezioni nelle classi seconde, terze e quarte degli istituti tecnici) e n. 62 del 26 luglio 2010 (relativo alla rimodulazione dell’orario delle lezioni delle classi seconde e terze degli istituti professionali).
7.1 In punto di fatto gli interessati rappresentano che richiedendo il TAR con l’ordinanza n. 3363/2010 il parere del CNPI questo veniva adottato nella adunanza del 26 agosto 2010 ed in conseguenza di ciò la sezione VI del Consiglio di Stato con ordinanza n. 4413 del 18 settembre 2010 ha respinto l’appello cautelare proposto dal MIUR avverso l’ordinanza del TAR. Di conseguenza in data 28 gennaio 2011 il MIUR depositava i decreti ministeriali 95 e 96 del 25 novembre 2010 con i quali sostanzialmente erano confermate le disposizioni e le tabelle di cui ai decreti impugnati, col primo gruppo di motivi
aggiunti.
Avverso i due decreti 95 e 96 del 25 novembre 2010 propongono le doglianze meglio oltre esposte ed esaminate.
Concludono con richiesta di accoglimento dei motivi aggiunti e del ricorso.
8. Pervenuto per la decisione il ricorso alla pubblica udienza del 12 gennaio 2012 è stata disposta un’istruttoria, eseguita la quale esso è stato trattenuto in decisione alla successiva pubblica udienza del 3 dicembre 2012.

DIRITTO
1. Il ricorso principale è improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse in quanto con esso gli interessati associazione sindacale e ricorrenti impugnano allo stato atti non definitivi che sono stati “formalizzati” in quelli impugnati nei due gruppi di motivi aggiunti.
2. Il primo gruppo di motivi aggiunti è fondato e va pertanto accolto.
2.1. Con la prima censura gli interessati deducono la violazione dell’art. 25, comma 2 del d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297 per omessa acquisizione del parere obbligatorio del CNPI sugli schemi di decreto recanti la ridefinizione dell’orario delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici; violazione dell’art. 97 Cost. e segnatamente del principio di buon andamento; violazione dei principi in materia di dovuto procedimento di legge.
Gli interessati lamentano che, ancorchè adottati i decreti in parola, il Ministero ha omesso di acquisire il parere obbligatorio del CNPI. Quest’ultimo in particolare avrebbe dovuto essere sentito proprio perché in sede di valutazione degli schemi di regolamento relativi al riordino degli istituti professionali e degli istituti tecnici, con due distinti pareri espressi entrambi nell’adunanza del 22 luglio 2009 aveva ritenuto inaccettabili e improponibili le modifiche dei moduli orario, rappresentando che la riforma degli ordinamenti scolastici non poteva essere governata da malcelate ragioni di contenimento della spesa pubblica.
2.1.2 La censura è superata per l’acquisito parere in data 26 agosto 2010 con il quale il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione si è espresso sui due decreti interministeriali 61 e 62 del 27 luglio 2010 relativi alla ridefinizione del monte orario scolastico e quindi sostanzialmente essa è da considerarsi improcedibile per il sopraggiunto parere, peraltro dovuto alla ordinanza del TAR n. 3363 del 19 luglio 2010 emessa nel giudizio in esame.
2.2. Violazione dell’art. 191 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40 di conversione in legge con modificazioni del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7; violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e della incongruità manifeste.
Gli interessati poi osservano che, secondo il Testo Unico delle leggi sull’istruzione scopo precipuo dell’istruzione tecnica sarebbe quello di preparare all’esercizio di talune funzioni tecniche o amministrative, l’istruzione professionale avrebbe quello di impartire una preparazione teorico pratica adeguata per consentire l’esercizio di qualificate mansioni.
Per rispondere a tali obiettivi la legge delega n. 53 del 2003, il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 di individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni hanno enucleato uno specifico percorso denominato “liceo tecnologico” poi abrogato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 che ha lasciato in vita gli istituti tecnici e professionali.
Successivamente è intervenuto il d.l. n. 112 del 2008 che all’art. 64 ha dettato le linee guida per la modificazione dell’organizzazione scolastica, celando in realtà neppure troppo nascostamente una bella sforbiciata agli organici del personale docente e non docente, con conseguente riduzione di 87.400 posti di organico.
In questo quadro normativo sono stati adottati i due decreti ministeriali del 15 marzo 2010 di riordino degli istituti tecnici e professionali. Quello per gli istituti professionali ha previsto che per l’anno scolastico 2010/2011 si continua ad operare sulla base di 34 ore settimanali per le seconde e terze classi e a partire dall’a.s. 2011/2012 si passerà all’orario di 32 ore settimanali. Ed analogamente è stato effettuato per gli istituti tecnici.
Al riguardo i ricorrenti osservano che la rimodulazione dell’orario è stata operata sulla base di un criterio del tutto discrezionale di ridurre del 20% l’orario di insegnamento delle discipline relative a classi di concorso con non meno di 99 ore annue ed andando ad impingere sulle discipline caratterizzanti i corsi, in maniera per di più indiscriminata, senza individuare le discipline sulle quali incidere.
La riduzione dell’orario incide direttamente sulla formazione e sullo sviluppo della formazione diretta a consentire l’inserimento nella filiera tecnologica o in quella produttiva che costituisce dichiarata finalità dei due tipi di istituti.
A ciò si aggiunga che non è stato neppure adottato il Regolamento sulle classi di concorso previsto quale primo passo dall’art. 64, comma 4 lettera a) del d.l. n. 112/2008 ai fini della riorganizzazione del sistema scolastico.
Rappresentano che paradossalmente ciò comporta che usciranno ragionieri che avranno studiato meno discipline economico aziendali e meno matematica applicata; aspiranti meccanici che avranno studiato meno meccanica e meno laboratorio e così via dicendo per tutti gli insegnamenti qualificanti dei due istituti.
Il Ministero dal canto suo fa osservare che “la riduzione – dell’orario – è stata effettuata nel rigoroso rispetto dei criteri di cui ai menzionati regolamenti e non ha comportato alcuna modifica dei contenuti, degli assetti e delle finalità degli ordinamenti e dei curricoli” e che sostanzialmente essa costituirebbe la coerente applicazione da parte delle istituzioni stesse, degli ordinamenti e dei piani di studio recepiti dai regolamenti e dalle linee guida. Sotto tale profilo il Ministero nel rilevare che non rientra nella competenza del CNPI formulare valutazioni sulla legittimità dei provvedimenti in esame, osserva pure che i decreti interministeriali di che trattasi trovano la propria unica ragione costitutiva nelle norme regolamentari.
Rappresenta pure che “la riduzione riferita alle singole classi di concorso è stata adottata in sede di elaborazione degli organici e comunicata ufficialmente alle istituzioni scolastiche dell’istruzione tecnica e professionale. Queste dal canto loro, ove necessario, si sono limitate a distribuire la riduzione effettuata dallo scrivente sulle classi di concorso tra le discipline rientranti nelle classi di concorso stesse, sulla base delle esigenze formative individuate nel piano dell’offerta formativa delle singole istituzioni” (relazione ministeriale del 30 agosto 2010, prot. n. 2660).
3. Le censure vanno accolte e non possono essere condivise le posizioni dell’Amministrazione.
La prospettazione di quest’ultima, secondo cui i due decreti interministeriali impugnati non fanno altro che applicare quanto stabilito con i due regolamenti del 15 marzo 2010 sul riordino degli istituti tecnici e professionali e che sembra prefigurare una sorta di eccezione di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti per mancata impugnativa dell’atto presupposto, è smentita dall’epigrafe degli stessi dalla quale risulta che sono stati impugnati anche i due regolamenti del 15 marzo 2010.
Al riguardo occorre ancora precisare che i due regolamenti in questione avevano già formato oggetto di impugnativa con separato ricorso n. 1785/2010 risolto con sentenza n. 3267 del 14 aprile 2011. Col ricorso era stata anche prospettata la censura di illegittimità della riduzione degli orari dai due regolamenti recata, ma il TAR l’ha considerata assorbita dall’accoglimento della censura relativa al mancato conseguimento del parere del CNPI, che invece nel ricorso in esame è sopraggiunto, come pure è sopraggiunta la formalizzazione dei decreti interministeriali che di quei regolamenti fanno applicazione.
E’ bene chiarire che la ora citata sentenza non fa venir meno l’interesse dei ricorrenti alla coltivazione del presente gravame, proprio perché a parte il sopraggiungere del parere del CNPI la cui mancanza era stata stigmatizzata dal TAR, tuttavia la sua adozione non ha portato il Ministero a modificare in alcun modo le posizioni assunte con i due Regolamenti e con gli atti applicativi, per come è rilevato anche nei secondi motivi aggiunti, attualmente in esame.
Ciò chiarito la principale doglianza proposta dagli interessati tende a mettere in risalto che sostanzialmente la riduzione del 20 % dell’orario scolastico delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici è destinata ad incidere sulle materie caratterizzanti i corsi, determinando una violazione dei livelli essenziali delle prestazioni fissati con il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, senza che siano chiari i criteri in base ai quali tale riduzione debba essere effettuata se non il mero dato numerico percentuale, con conseguenti gravi ricadute in termini di riduzione di organico e di continuità formativa.
L’analisi dei testi sottoposti al giudicante non fa che confermare quanto dai ricorrenti sostenuto e pure posto in rilievo dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione.
L’art. 64 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 al’art. 1, comma 4 stabiliva che con uno o più regolamenti da adottarsi ai sensi dell’art. 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988 si dovesse procedere, tra l’altro, alla “b) ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali;”.
La norma parla di ridefinizione e di razionalizzazione dei piani di studio e dei quadri orari degli istituti tecnici e professionali – tra gli altri – e non di riduzione.
Abbandonata l’idea della costituzione dei cosiddetti “licei tecnologici” il Governo, attraverso lo strumento della normazione secondaria ed a ciò autorizzatone dalla norma primaria, ha dunque messo mano alla riforma degli istituti tecnici e professionali, adottando i due Regolamenti del 15 marzo 2010 che all’art. 1 recano entrambi la seguente disposizione gemella, modificata ovviamente per quanto concerne il monte ore totale:
Istituti tecnici
Art. 1, comma 4 “ A partire dall’anno scolastico 2010/2011 le classi seconde, terze e quarte proseguono secondo i piani di studio previgenti fino alla conclusione del quinquennio con un orario complessivo annuale delle lezioni di 1056 ore, corrispondete a 32 ore settimanali.”.
Istituti professionali:
Art. 1 comma 3: “Le classi seconde e terze degli istituti professionali continuano a funzionare per l’a.s. 2010/2011 sulla base dei piani di studio previgenti con l’orario complessivo annuale di 1122 ore, corrispondente a 34 ore settimanali; per le classi terze funzionanti nell’anno scolastico 2011/2012 l’orario complessivo delle lezioni è determinato in 1056 ore, corrispondente a 32 ore settimanali.”.
Già ictu oculi si può notare che le due disposizioni regolamentari più che recare norme per la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari” portano sic et simpliciter il taglio degli orari.
Oltre a ciò però la lettura approfondita del regolamento di cui al d.P.R. n. 87 del 2010 di riordino degli istituti professionali consente di verificare che tale taglio dell’orario era collegato con la istituzione dei licei tecnologici, poi abbandonata, come si evince dall’art. 5, comma 1 lett. b): “ l’orario complessivo annuale e’ determinato in 1.056 ore, corrispondente a 32 ore settimanali di lezione, comprensive della quota riservata alle regioni e dell’insegnamento della religione cattolica secondo quanto previsto all’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226”, quest’ultima norma recante appunto disposizioni in materia di “attività educative e didattiche nei licei”, tra cui erano compresi quelli tecnologici.
Ciò detto non può non concordarsi con l’obiter dictum dalla sezione espresso nella sentenza n. 3267/2011 e che cioè: “Non appare infatti revocabile in dubbio la circostanza che i decreti impugnati, operando una riduzione dell’orario di insegnamento di talune discipline, hanno inciso sui “contenuti culturali e didattici” e sulla “struttura” degli istituti professionali e tecnici, significativamente rifluendo sulla formazione impartita ai discenti dai predetti istituti” e proprio per la circostanza che le due disposizioni sopra enunciate appaiono sancire soltanto tagli di orario.
Ma se si va ad approfondire l’esame degli atti applicativi, e cioè i due decreti interministeriali n. 61 e 62 del 26 luglio 2010, tale osservazione non fa che essere confermata dalle Tabelle ad essi allegate che per ogni biennio specialistico sia degli istituti professionali, sia degli istituti tecnici prevedono un abbattimento del 20% del monte ore complessivo, laddove per ogni biennio sono indicate le materie che subiscono le riduzioni e queste sono, come rilevano i ricorrenti, le materie caratterizzanti il corso, oltre che nella stragrande maggioranza dei casi l’italiano.
Non può che concordarsi con quanto dal parere del CNPI sostenuto e che cioè “la riduzione del monte orario degli insegnamenti agisce non soltanto sulla dotazione organica dei docenti, ma anche sui curricoli; e questo in condizioni di particolare difficoltà per via dell’obbligo fatto alle scuole di proseguire l’attività didattica “secondo i piani di studio previgenti sino alla conclusione del quinquennio”.
Insiste poi il parere sulla circostanza che risulterebbe, in base all’istruttoria svolta, “una sorta di identificazione dei criteri adottati con i vincoli imposti dai citati decreti, atteso che nessun criterio discretivo pare sia stato previamente adottato per enucleare, tra le varie classi di concorso con apporto settimanale di oltre tre ore, quelle sulle quali operare la riduzione di orario.”. E prosegue il parere “Si constata, invece, anche alla luce della citata nota dell’Amministrazione del 4 agosto 2010, un intervento attento al solo contenimento della spesa e non indirizzato a tenere fermo il raccordo dei modelli organizzativi della didattica con i risultati dell’apprendimento”.
Oltre ad incidere sulle materie con orario di insegnamento più corposo e quindi su quelle caratterizzanti i corsi, non può non concordarsi pure con l’altra osservazione effettuata dai ricorrenti e che cioè tale operazione è stata effettuata senza che sia stato portato a compimento il Regolamento sulle classi di concorso o di materie, richiesta come prima operazione tra quelle individuate dall’art. 64, comma 4 del d.l. n. 112/2008 ai fini dei processi di ristrutturazione della scuola.
Ciò evidenzia il dedotto profilo della illogicità ed incongruità manifeste, come pure nel prosieguo sarà esaminato, perché in assenza di un criterio discretivo in base al quale enucleare le materie da penalizzare, criterio che non appare in nessuno dei provvedimenti impugnati con questo primo gruppo di motivi aggiunti, la riforma o riorganizzazione degli istituti tecnici e professionali dovrebbe anche consentire a quanti sono iscritti l’orientamento finalizzato alle professioni ed al lavoro ai sensi del d.lgs. 14 gennaio 2008, n. 22, pure citato nelle premesse dei due regolamenti impugnati. E le azioni di orientamento non consistono soltanto nella visita alle università, ma per come è dato leggere all’art. 2 del ridetto decreto legislativo: “… si realizzano soprattutto attraverso le iniziative di raccordo tra scuola e mondo delle professioni e del lavoro e un organico collegamento con gli enti territoriali, costituiscono indispensabili strumenti per contribuire alla costruzione di percorsi personalizzati, in vista della transizione verso il lavoro, basati sul collegamento sistematico tra la formazione in aula con quella in laboratorio e in contesti di lavoro. Tali interventi, progettati nell’ambito del Piano dell’offerta formativa di ogni singola istituzione scolastica, nel quadro complessivo della programmazione territoriale e dei piani di orientamento delle province sono definiti e gestiti in relazione ai seguenti criteri generali: a) si riferiscono agli obiettivi di apprendimento generali e specifici dei singoli curricula e concorrono a migliorare la preparazione degli studenti, con particolare riferimento all’ordine e all’indirizzo degli studi della scuola che frequentano;…”.
Ridurre quindi l’orario delle materie professionalizzanti, ancorché possa avere una sua logica basata sulla non penalizzazione delle materie a ridotto orario di insegnamento e peraltro assurto a criterio, del tutto postumo, di motivazione della riduzione oraria, appare realizzare l’effetto esattamente contrario a quello dal Ministero sostenuto e cioè quello di rispettare l’offerta formativa delle singole istituzioni, laddove questa deve essere legata “agli obiettivi di apprendimento generali e specifici dei singoli curricula”. (pag. 7 della relazione ministeriale del 30 agosto 2010 a prot. n. 2660), che non pare siano stati tenuti minimamente in considerazione.
4. Con il secondo gruppo di motivi aggiunti gli interessati impugnano i due decreti interministeriali 95 e 96 del 25 novembre 2010 con i quali il Ministero inserendo nella motivazione degli stessi il sopraggiunto parere del CNPI, ha sostanzialmente confermato con motivazione più corposa i due precedenti impugnati con il primo gruppo di motivi aggiunti.
Essi dapprima effettuano un’ampia disamina del parere del CNPI che appare concludere negativamente sui due provvedimenti esaminati in quanto l’Amministrazione non ha enucleato alcun criterio in base al quale individuare le materie il cui orario andava ridotto, operando quindi una indiscriminata riduzione a danno della completezza dei curricula ed ha posto in risalto che, alla luce della ridetta nota dell’Amministrazione in data 4 agosto 2010 l’intento è solo quello del contenimento della spesa.
4.1 Ciò premesso i ricorrenti deducono eccesso di potere, sviamento di potere, difetto dei presupposti, violazione degli articoli 3 e 97 Cost. e principi generali, violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Insistono che lo scopo dei provvedimenti impugnati non è tanto quello di rimodulare l’orario scolastico degli istituti tecnici e professionali quanto piuttosto quello di giustificare la sforbiciata agli organici del personale docente e dunque di tagliare 87.400 posti.
Né il MIUR né il MEF contestano infatti che la riduzione dell’orario delle lezioni è stata operata in difetto di una previa definizione di criteri; ed anzi del tutto illegittimamente esse sostengono che trattandosi di atti generali non vi sarebbe bisogno di una specifica motivazione.
La censura può essere esaminata a fattor comune con la seconda proposta e con la quale gli interessati fanno valere la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, difetto e carenza assoluta di motivazione; incongruenza ed irragionevolezza manifeste; violazione ed errata e falsa applicazione art. 2, d.P.R. n. 88 del 2010; violazione, errata e falsa applicazione dell’art. 2 del d.P.R. n. 87 del 2010.
Gli interessati osservano che del tutto erroneamente l’Amministrazione ritiene applicabile alla fattispecie l’art. 3, comma 2 della legge n. 241 del 1990, che consente di ovviare alla motivazione degli atti generali, quali sono i regolamenti di cui ai decreti presidenziali 87 ed 88 del 2010. Ciò è vero infatti per gli atti totalmente vincolati e non per quelli in cui si concretizza la scelta discrezionale dell’Amministrazione come sono quelli al momento gravati. Sotto questo profilo lo scopo del MIUR è palesemente indicato nei due atti applicativi 95 e 96 del 25 novembre 2010 nelle parti in cui espressamente precisano che “le materie professionalizzanti recanti il maggior carico orario…hanno subito riduzioni orarie più consistenti…”.
La tesi della non necessità della motivazione che è pure sostenuta dall’Amministrazione nelle sue controdeduzioni non può essere condivisa.
E’ vero che l’art. 3 della legge n. 241 del 1990 esclude la necessità della motivazione per gli atti normativi e quelli a contenuto generale quale possono essere considerati i due regolamenti impugnati e i decreti interministeriali e però è da rilevare che anche tali tipi di atti devono rispondere ai principi generali di ragionevolezza e non arbitrarietà, che non possono che emergere dalla motivazione.
L’integrazione della motivazione effettuata dall’Amministrazione con i due decreti interministeriali n. 95 e 96 del 25 novembre 2010 – impugnati con il secondo gruppo di motivi aggiunti in esame – adottati per inserire anche la confutazione delle osservazioni effettuate dal sopraggiunto parere del CNPI, infatti, non pare rispondere a tali principi di ragionevolezza e non arbitrarietà.
Come rilevato dai ricorrenti la stessa Amministrazione “risponde” alla obiezione del CNPI sulle motivazioni per cui si è deciso di non abbattere gli orari delle materie con meno ore di insegnamento (quelle inferiori a tre) osservando che comunque la riduzione aveva operato sulle “materie professionalizzanti, recanti il maggiore carico orario”.
E tale motivazione appare proprio irragionevole ed arbitraria, dal momento che non consente di individuare i criteri in base ai quali, nell’ambito delle varie materie professionalizzanti che caratterizzano i diversi curricula degli istituti tecnici e professionali, siano individuate quelle ritenute dall’Amministrazione suscettibili di riduzione piuttosto che altre.
Tutto ciò senza considerare che la indiscriminata riduzione di un’ora per ciascuna delle materie cosiddette caratterizzanti i vari bienni degli istituti tecnici e professionali, per come emerge dalle Tabelle allegate ai due decreti interministeriali 61 e 62, poi 95 e 96 del novembre 2010 ha le sue ovvie ed incontrollabili ricadute in termini di organico e di dimensionamento delle classi che divengono insufficienti a sopperire all’incremento delle iscrizioni come, per fatto notorio, accadrà nell’anno scolastico 2013/2014 dove si è riscontrato l’incremento dell’11% del totale degli iscritti negli istituti agrari e del 25,4 % nel settore enogastronomico degli istituti tecnici. E ciò comporta, come dedotto in ricorso, il mancato assolvimento dei livelli essenziali delle prestazioni sanciti dall’art. 15 del d.lgs. n. 226 del 2005, che stabilisce: “L’iscrizione e la frequenza ai percorsi di istruzione e formazione professionale rispondenti ai livelli essenziali definiti dal presente Capo e garantiti dallo Stato, anche in relazione alle indicazioni dell’Unione europea, rappresentano assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, e dal profilo educativo, culturale e professionale di cui all’allegato A.”, pure citato nelle premesse dei regolamenti.
4.2 I ricorrenti insistono dunque per la violazione dell’art. 191 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53; violazione ederrata e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40 di conversione in legge con modificazioni del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7; violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e della incongruenza manifeste; nonché per il difetto di motivazione e l’eccesso di potere nelle figure sintomatiche dello sviamento, della illogicità, della incongruenza e della irragionevolezza manifeste.
I ricorrenti lamentano la violazione del cd. patto formativo, come pure rilevato dal C.N.P.I. e che lo stesso organo ha pure rilevato che la mancata predisposizione di una griglia di criteri da offrire agli istituti interessati ai fini della rimodulazione dell’offerta formativa si traduce nella creazione di “ulteriori elementi di divaricazione tra i diversi percorsi e le discipline individuate dalle scuole interessate”.
Anche in questo caso non può che concordarsi con quanto dal parere del Consiglio Nazionale espress circa la indiscriminata riduzione dell’orario scolastico, che, in quanto affidata all’unico criterio di non incidere sulle classi di concorso con carico settimanale di sole 3 ore, da un lato “non tiene conto del numero e delle discipline presenti nella classe di concorso in cui si opera la riduzione dell’orario al fine di garantire il mantenimento di non meno di due ore settimanali per disciplina oggetto di valutazione scritta/ orale/pratica in modo che anche queste materie abbiano la stessa tutela oraria di quelle coincidenti con la classe di concorso.”, sempre in assenza del regolamento sulle classi di materia, come sopra rilevato; e dall’altro, affidando alle istituzioni scolastiche autonome possibilità di diversa pesatura delle discipline all’interno della stessa classe di concorso, “rischia di inficiare l’unitarietà dei percorsi di studi e di vanificare il diritto degli studenti alle pari opportunità formative.” (CNPI parere del 26 agosto 2010).
5. Per le superiori considerazioni il ricorso principale va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse; il primo ed il secondo gruppo di motivi aggiunti vanno accolti e per l’effetto va annullato il regolamento sugli istituti professionali di cui al d.P.R. 15 marzo 2010, n. 87 nella parte in cui all’art. 5, comma 1, lett. b) determina senza indicazione dei criteri l’orario complessivo per gli istituti professionali, il regolamento sugli istituti tecnici di cui al d.P.R. 15 marzo 2010, n. 88 nella parte in cui all’art. 5, comma 1 lett. b) determina senza indicazione dei criteri l’orario complessivo per gli istituti tecnici, i decreti interministeriali n. 61 del 26 luglio 2010 nelle parti in cui nelle premesse, all’art. 1 ed alle Allegate Tabelle ha individuato le classi di concorso destinatarie della riduzione di orario per gli istituti tecnici e n. 62 del 26 luglio 2010 nelle parti in cui nelle premesse, all’art. 1 ed alle Allegate Tabelle ha individuato le classi di concorso destinatarie della riduzione di orario per gli istituti professionali ed i decreti interministeriali n. 95 e 96 del 25 novembre 2010 nelle parti in cui hanno confermato le riduzioni di orario dei due decreti interministeriali sopra detti.
4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
– dichiara improcedibile il ricorso principale per sopravvenuto difetto di interesse;
– accoglie i due gruppi di motivi aggiunti e per l’effetto annulla i provvedimenti con essi gravati come in motivazione indicato.
Condanna l’Amministrazione dell’istruzione, dell’università e della ricerca ed il Ministero dell’Economia e Finanze al pagamento pro capite di Euro 1.500 (in totale Euro 3.000) per spese di giudizio ed onorari a favore dei ricorrenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Evasio Speranza, Presidente
Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore
Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/04/2013

IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)