Direttori dei servizi generali ed amministrativi “vittime” del dimensionamento scolastico

DSGA – Il Miur non cambia registro: anche nel prossimo anno scolastico è intenzionato, con l’avallo dei sindacati che siedono al tavolo delle contrattazioni, a collocare in esubero i Direttori dei servizi generali ed amministrativi “vittime” del dimensionamento scolastico da tempo considerato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Anief non lo permetterà.

 

In vista della formazione degli organici del prossimo anno scolastico, Anief invita l’amministrazione scolastica a rivedere la posizione che penalizza i DSGA diventati soprannumerari a seguito del dimensionamento scolastico: la sentenza della Consulta n. 147 del 7 giugno 2012 ha infatti reputato incostituzionale la norma voluta dal Parlamento che ha soppresso almeno 1.500 istituti scolastici: in particolare ha abrogato l’articolo 19, comma 4, del decreto legge 98 del 2011, poi legge 111/2011, nella parte che fissava l’obbligo di accorpamento in istituti comprensivi di scuole d’infanzia, primaria e medie con meno di mille alunni.

 

Tale abrogazione ha comportato, come noto, il ripristino dei criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998, la cui applicazione garantisce comunque la collocazione di questo personale in uno stato di titolarità. E non di certo il loro posizionamento in esubero. Con tutte le conseguenze, professionali e personali, che ne derivano.

 

Il Miur, invece, con l’avallo dei sindacati nazionali con cui sta svolgendo la contrattazione, da cui scaturirà il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro sulle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, continua incredibilmente a considerare questi Dsga in posizione di soprannumerarietà. Come se il dimensionamento deciso durante l’ultimo Governo Berlusconi fosse stato legittimo.

 

Quella sentenza dei giudici – commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief – oltre a ripristinare il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, aveva inviato un chiaro segnale verso il Governo. Oltre che verso l’amministrazione. E reso vano il tentativo di calpestare il diritto dei lavoratori, costituzionalmente protetto, al mantenimento del posto. L’Anief non ci sta e difenderà sino all’ultimo i diritti di questa categoria di lavoratori della scuola: il sindacato ha da tempo attivato le procedure per ricorrere al Tar del Lazio e ottenere giustizia”.

 

Per ricevere le istruzioni operative per ottenere la salvaguardia del posto di lavoro come DSGA, è ancora possibile inviare una e-mail a dimensionamento@anief.net indicando nell’oggetto la voce “dsga”.

Il miglioramento della scuola pubblica non si realizza attraverso i test

I docenti del Coordinamento “La scuola è di tutti” esprimono la loro contrarietà riguardo al Regolamento sul sistema nazionale di valutazione, approvato lo scorso 8 marzo dal Consiglio dei Ministri a Camere sciolte, sottoscrivendo la riflessione e le perplessità di altri coordinamenti e aderendo ai documenti dei colleghi degli Istituti Aldrovandi-Rubbiani di Bologna, Gritti di Venezia e Bachelet di Ferrara.

 

Consideriamo innanzitutto che, nella nostra attività quotidiana di formatori, ciò che verifichiamo attraverso un test  è un tassello minimo del sapere di uno studente, e che dobbiamo per forza ricorrere a delle “domande aperte” per verificare se è in grado di compiere analisi e sintesi rispetto a ciò che apprende, nonché se è dotato di senso critico. I test invece sono pensati nella maggioranza dei quesiti come domande a risposta chiusa, forse in grado di accertare livelli minimi di capacità di calcolo matematico o di competenze grammaticali o sintattiche, ma senza andare oltre. Le risposte a volte sono peraltro opinabili.

Nella pratica, inoltre, ogni docente avrà senz’altro notato, durante la somministrazione delle prove, quanto sia più facile per gli studenti copiare. E sappiamo anche quanto la “cultura del test” abbia nel tempo creato studenti via via sempre meno capaci di esporre e di argomentare in modo coerente e corretto.

Se il nostro unico strumento di valutazione è un test, si perdono anche tutti quei segnali  verbali e non verbali che lo studente ci mette a disposizione nel percorso didattico.

Che si stia andando verso la “scuola dei test”, a nostro parere molto più povera, viene confermato dal fatto che negli ultimi anni è stato richiesto al docente un sempre maggior numero di verifiche a fronte di un significativo aumento del numero di alunni per classe. L’insegnante quindi si è trovato a dover affrontare  pressioni contrapposte: svolgere un programma per intero, aumentare il numero delle verifiche e valutare sempre più alunni: la risposta a cui si è ricorso più spesso è appunto il test. Ma se rimettiamo tutto ai test rischiamo di confondere misurazione con valutazione. La valutazione è l’insieme di più fattori e non può prescindere né dalla soggettività  del docente né da quella dello studente e del gruppo-classe.

Secondo il Regolamento, il procedimento di valutazione si snoderà attraverso diverse fasi:

– autovalutazione secondo un format elettronico proposto dall’Invalsi e in base ai dati dell’Invalsi uniti a quelli del MIUR “scuole in chiaro”;

– valutazione esterna da parte di nuclei coordinati sulla base di protocolli definiti dall’ Invalsi con la conseguente ridefinizione dei piani di miglioramento da parte delle istituzioni scolastiche;

– rendicontazione pubblica dei risultati del processo.

I docenti ritengono che i  suddetti procedimenti di valutazione non abbiano il requisito della chiarezza e della trasparenza, non essendo noti il “format elettronico” per l’autovalutazione né i protocolli per la valutazione esterna. Fumosa appare inoltre la definizione degli obiettivi di cui si intende verificare il raggiungimento: non essendo stati fissati dai decisori politici quali livelli minimi di qualità del sistema di istruzione sono da garantire e quale modello di scuola si intende realizzare, com’è possibile stabilire un modo chiaro per verificare se gli obiettivi siano stati raggiunti o meno?

I membri del coordinamento prevedono, inoltre, un proliferare di didattiche finalizzate ai test, come è avvenuto negli Stati in cui questi modelli organizzativi sono adottati (si vedano le notizie che provengono proprio in questi giorni da Finlandia e Stati Uniti), dove si è rilevato un calo nei risultati di apprendimento e il nascere di una sorta di concorrenza fra le scuole, in base al presunto merito. Tale fenomeno è già riscontrabile anche nel nostro Paese.

Qualche collega fa notare che il proliferare delle suddette didattiche finalizzate ai test compromette anche la libertà di insegnamento, visto che per aiutare i propri allievi e rendere meno traumatica la prova, gli insegnanti cercano di premunirli prima e dedicano loro malgrado tempo alla preparazione degli alunni per renderli consapevoli e pronti a quel tipo di esercizio.

I docenti sottolineano inoltre:

–       l’esiguo numero delle discipline sottoposte a verifica, con il rischio di sminuire e dequalificare quelle non verificate;

–       l’assurdità del fatto che i test Invalsi non siano svolti a campione ma su base censuaria, con costi significativi, e addirittura inseriti nella valutazione degli studenti medi (è già in progetto di inserirli anche nell’esame di Stato);

–       la mancanza di una ricompensa adeguata per carichi di lavoro aggiuntivo;

–       il fatto che i risultati potrebbero diventare decisivi per ottenere premi per l’Istituzione scolastica dove lavorano, dato che non ci troviamo di fronte ad una valutazione che si rivolge ai soli studenti, ma che già nei progetti sperimentali  -e si teme anche nel futuro – ha riguardato i docenti, le scuole stesse e la loro offerta formativa.

Di fatto fino ad ora si è assistito alla sovrapposizione/confusione  tra valutazione di sistema e valutazione individuale (se i test non hanno esito positivo, la scuola ha una cattiva valutazione, anche il DS viene valutato in relazione ai test Invalsi, i docenti che non raggiungono risultati soddisfacenti non sono bravi insegnanti). Ma questo è assolutamente controproducente e deresponsabilizzante: si scaricano infatti sui singoli le responsabilità collegate ad un sistema che presenta delle problematiche (aumentate in questi anni in maniera esponenziale) mentre si evita accuratamente di verificare e valutare quali scelte politiche e quali situazioni siano le cause dei risultati insoddisfacenti.

Crediamo che nessun docente oggi voglia sottrarsi per principio ad una valutazione sia individuale sia d’istituto, ma che piuttosto chieda forme/modalità di valutazione di più ampio respiro e meno riduttive rispetto ad un test come finora proposto dall’INVALSI.

In ogni caso sarebbe auspicabile che venisse avviato un dibattito in merito affinché, prima di proporre qualsiasi valutazione di scuole, ci si confronti con i soggetti che nella scuola lavorano quotidianamente.

I docenti muovono un’ultima critica rispetto alla partecipazione dei ragazzi in situazione di handicap, che possono venire esclusi dai test o produrre prove che non vengono valutate nei dati nazionali: sembra grave che ciò avvenga in un Paese che si è distinto in passato a livello europeo per la capacità di integrazione degli allievi disabili nel suo sistema scolastico.

Infine i  membri del coordinamento sollevano qualche perplessità sul reale anonimato dello studente, in realtà facilmente identificabile con un codice a barre.
Per concludere si ribadisce che una vera scuola pubblica deve essere centrata sul continuo miglioramento della sua qualità non per mezzo dei test, ma attraverso la formazione e la motivazione di chi  lavora, il miglioramento strutturale delle condizioni in cui si insegna e la riduzione del numero di alunni per classe.

 

I docenti del Coordinamento delle scuole della provincia di Ferrara “La scuola è di tutti”.

A GOVERNO: SOMMARE PART TIME E META’ PENSIONE NEGLI ULTIMI 5 ANNI DI SERVIZIO

PRECARIATO, GILDA A GOVERNO: SOMMARE PART TIME E META’ PENSIONE NEGLI ULTIMI 5 ANNI DI SERVIZIO
Concedere la possibilità di cumulare metà pensione e part time a tutti i docenti che si trovano nell’arco dei cinque anni dal raggiungimento del requisito pensionistico. Ecco la proposta lanciata questa mattina al governo e al ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, durante un’affollata assemblea tenuta a Reggio Calabria dal coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio. Obiettivo: sanare in una volta sola due grandi problemi della scuola, e cioè quello di decine di migliaia di precari abilitati, fermi nell’eterna lista di attesa, e quello di altrettanti docenti anziani che, stoppati dalla riforma Fornero, fanno sempre più fatica a reggere il carico di lavoro.
“Questa soluzione – afferma Di Meglio – consentirebbe di creare rapidamente almeno 100.000  posti liberi a tempo parziale, ponendo fine alla questione delle graduatorie a esaurimento. Il neo ministro dell’Istruzione ha dichiarato di voler risolvere il problema del precariato e la Gilda degli Insegnanti formula una proposta concreta. Tocca al governo adesso – conclude Di Meglio – dimostrare che vuole andare oltre i soliti annunci”

Lavoro e istruzione devono essere le priorità del Governo

Di Menna: lavoro e istruzione devono essere le priorità del Governo

Iniziativa nazionale Uil Scuola / #CAMBIAMENTO – Più istruzione / La parola alle scuole

Serve una forte assunzione di responsabilità del Governo per una revisione della spesa pubblica che, a saldi di bilancio invariati, sposti risorse a favore di cultura e scuola, per avviare un graduale avvicinamento ai livelli dei paesi europei.

 

Sul fronte dell’istruzione non si può più perdere tempo. In questi mesi, prima l’Ocse e poi l’Eurostat hanno fornito dati che mostrano il deficit di investimenti e di considerazione che il nostro Paese assegna all’istruzione, alla cultura, al merito, alla modernizzazione e alla promozione sociale.

L’Italia risulta all’ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1%  fronte del 2,2% dell’Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l’8,5% a fronte del 10,9% dell’Ue a 27). In rapporto al Pil, la spesa per l’istruzione in Europa è del  6,1%, in Italia è del 4,8%.

Essere fanalino di coda in Europa per spesa in cultura e istruzione dà il segno di un Paese che non riesce a cambiare, a eliminare sprechi e privilegi per indirizzare risorse per l’istruzione, per la  modernizzazione.

PIU’ ISTRUZIONE: è il focus dell’appuntamento nazionale della Uil Scuola.

La scuola, l’innovazione, la cultura sono le chiavi per la ripresa – sottolinea il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna – se restiamo ancora fermi, l’Italia rischia di essere fuori dalle spinte innovative dell’Europa proprio nel campo in cui abbiamo tutte le risorse per eccellere.

Ci sono misure che possono essere realizzate subito, per essere operative già a partire da settembre, con l’avvio del prossimo anno scolastico – mette in chiaro Di Menna:  le immissioni in ruolo per il personale Ata, interventi di modifica delle norme sul  sistema pensionistico che hanno ingiustamente penalizzato la scuola l’organico di rete, l’individuazione delle risorse per il pagamento degli scatti di anzianità per il terzo anno (2012) del blocco contrattuale, l’attivazione dei Tfa speciali, modificando le procedure.

Chiediamo al nuovo ministro una forte assunzione di responsabilità politica: lavoro e istruzione devono essere le priorità del Governo.
Tre le direttrici di intervento individuate dalla Uil Scuola: investimenti, stabilità, sburocratizzazione.

INVESTIMENTI
–  il riconoscimento del lavoro a partire dal rinnovo del contratto per il triennio 2014-16.
– un piano triennale di adeguamento degli stipendi, ormai non più sostenibili per una professione così importante.

STABILITA’
–  un piano di immissioni in ruolo sui posti vacanti in organico di diritto; incarichi pluriennali; organico funzionale pluriennale; reti di scuola.

SBUROCRATIZZARE IL SISTEMA SCOLASTICO
–  una vera ‘rivoluzione ministeriale’ che trasformi il ministero da organo di gestione a struttura servente, di supporto e monitoraggio con una forte caratterizzazione tecnico-professionale.

Al Parlamento, al nuovo Governo e al nuovo Ministro si chiede una politica decisamente europeista – spiega Di Menna – spirito di servizio, sobrietà, capacità di recuperare l’alto valore della politica che, puntando su cultura, sapere, istruzione, favorisca la capacità del nostro Paese di affrontare le difficili nuove sfide valorizzando le tante energie positive che abbiamo nello studio, nella ricerca, nel lavoro.

Chi ha paura delle prove INVALSI?

Chi ha paura delle prove INVALSI?

Qualche giorno fa, il 7 maggio, è andata in scena una nuova puntata della guerra infinita fra Cobas ed INVALSI, con il consueto accompagnamento di comunicati stampa. A leggerli, si direbbe che sia stata scritta un’importante pagina di libertà pedagogica; a riflettervi, si ha più di un motivo per chiedersi di quale libertà si tratti. Forse quella di continuare a mettere la testa sotto la sabbia per non sapere quel che i nostri alunni hanno appreso? O quella di continuare a guardarsi allo specchio e ripetersi da soli il mantra “nessuno mi può giudicare”?
Spiace che anche qualche importante quotidiano – nel riferire delle prese di posizione contrarie alle prove – sembri strizzare l’occhio a questi atteggiamenti. Poveri bambini, che si pretende di giudicare con un quiz!
Ci sia consentito, allora, di dire anche noi qualcosa nel merito, magari per provare a riflettere in modo meno emotivo ed ideologico sulla questione.
Il Ministero (più che l’INVALSI) ha certamente colpe in questa vicenda: dalla legittimazione “debole” che ha sempre conferito all’Istituto (status incerto, continui riassetti del vertice, definizione fluttuante della missione) alla ambiguità degli strumenti giuridici adottati (perché fare un decreto legge per stabilire che “le scuole partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti …”, anziché dire tout court “le prove sono obbligatorie per le scuole e per i loro docenti”?). E come dimenticare che non sono mai state fissate in modo formale le “soglie minime” di apprendimento richieste ai vari livelli: un’omissione incredibile in un paese che non sembra saper fare a meno del valore legale dei titoli di studio?
Ma c’è almeno un’altra colpa da ricordare: ed è colpa grave perché attiene al piano concettuale e culturale. Si è sempre utilizzato con superficialità il termine “valutazione” (fin dalla denominazione ufficiale dell’Istituto) per indicare quella che è in realtà un’azione di “misurazione”. Non si tratta di sinonimi: tutt’altro. La differenza fra i due termini è data proprio dalla mancanza degli standard minimi di prestazione richiesti, che permetterebbe di porre a raffronto i risultati effettivi con quelli attesi/prescritti: e, allora sì, di valutare.
Detto questo, ci sono almeno tre ragioni per dissentire dalla contestazione alle prove e per giudicarla come gravemente pregiudizievole per le sorti della scuola italiana:
– la prima: se è vero che la misurazione su base statistica non costituisce valutazione, è vero però che ne è la premessa indispensabile. Nessuna valutazione può aver luogo se prima non si misura quel che si vuole valutare. E dunque – se pure il quadro normativo attuale è incompleto – è però importante ed essenziale costruire intanto la base dati. Questo gli insegnanti – che valutano ogni giorno – lo sanno bene: ed infatti non rinunciano a compiere le loro verifiche prima di elaborare qualunque giudizio di sintesi. Perché quel che è lecito e normale per i singoli operatori dovrebbe essere negato alla comunità dei cittadini quando si tratta della scuola di tutti?
– la seconda: il “dramma del povero bimbo”, giudicato su un quiz. Questo è un argomento francamente surreale. Prima di tutto, le prove INVALSI (a parte quella di terza media) non entrano
nella valutazione finale degli alunni. In secondo luogo, non sono dei quiz mnemonici, ma delle prove di competenze, che sollecitano l’elaborazione personale di quanto appreso in vista della soluzione di un problema proposto: esattamente quel che ciascuno di loro sarà chiamato a fare ogni giorno da adulto. La scuola non costituisce un’isola, una monade chiusa rispetto al mondo. I bambini ed i ragazzi vengono a scuola per prepararsi alla vita, nel corso della quale saranno molte volte vagliati (e, purtroppo, allora, scartati) proprio con quiz e comunque con prove oggettive.
C’è, in questa critica, un’incapacità (o un rifiuto) di distinguere i concetti. E’ vero che la scuola non ha l’unica missione di trasmettere conoscenze e neppure di sviluppare competenze: è vero che esiste una dimensione di crescita affettiva, valoriale, relazionale, civile che non si lascia ricondurre solo alla misura di quel che si è appreso. Ma le prove INVALSI non si propongono di definire questi aspetti, che sono giustamente lasciati invece alla valutazione “olistica” degli insegnanti.
Qui è in gioco un’altra questione: la comunità civile ha o no il diritto di sapere cosa apprendono i propri futuri cittadini e come sanno mobilitare quelle conoscenze nelle situazioni della vita reale? Ne va del domani del Paese, che rappresenta un interesse collettivo di molte grandezze superiore a quello dei singoli. Non si può da una parte sostenere che la scuola deve essere “pubblica”, cioè finanziata dallo Stato, e dall’altra rifiutare allo Stato il diritto di sapere quali risorse essa appresta alla Repubblica di domani. Le altre dimensioni della crescita sono pur esse fondamentali, ma sono altra cosa: rifiutarsi di comprenderlo è miope, o colpevole, e rompe quel patto di solidarietà civile su cui si fonda la giusta richiesta che l’istruzione di tutti sia assicurata dalla fiscalità generale.
– la terza: il “giardino di casa” è diventato troppo stretto, per le decisioni che riguardano la scuola (come per molte altre, del resto: moneta, economia, cittadinanza, difesa, libertà civili, per non citarne che alcune). I bambini ed i ragazzi che oggi frequentano le nostre aule saranno domani in costante confronto e concorrenza con i loro coetanei dell’Europa e del mondo. La mobilità del lavoro richiede che le competenze di ciascuno siano leggibili al di là dei confini del paese in cui sono state acquisite. E qui si vorrebbe, addirittura, che non uscissero dai confini della singola classe, dagli arcana di un rapporto mistico ed ineffabile fra ciascun docente ed i “suoi” ragazzi! Ma di cosa stiamo parlando? Se rifiutiamo di rendere trasparenti e leggibili le cose che i nostri ragazzi sanno fare, li prepariamo ad un futuro di emarginazione. Quando pure tutto il mondo sbagliasse nello svolgere prove oggettive di misurazione degli apprendimenti, non servirebbe a nulla “aver ragione” da soli.
Non è la prima volta – e non sarà purtroppo l’ultima – che il mondo della scuola si trova percorso da tentazioni “luddistiche” di rifiuto del nuovo: ma la ripetizione di un errore non ne fa una verità. Invece di respingere tutto quel che permette di “leggere” il proprio modo di lavorare, sarebbe opportuno e necessario comprendere come utilizzare quegli strumenti per migliorare. Disporre di misurazioni confrontabili servirebbe in primo luogo agli stessi docenti che vogliono svolgere il proprio compito in modo significativo. Rompere il termometro per non vedere la febbre non ha mai rimosso la malattia: ha solo facilitato il trapasso.

Pd in difficoltà sulle scuole

da ItaliaOggi

Per i contributi alla scuole paritarie cattoliche che, al costo di 150 posti, ne fanno 1.750

Pd in difficoltà sulle scuole

Il referendum a Bologna ha reso ideologico il conflitto

di Giovanni Bucchi  

Il Pd bolognese le sta tentando tutte per evitare che il dibattito sul referendum per i contributi comunali alle scuole d’infanzia paritarie esca da sotto le Due Torri. Ci sta provando ma invano, perché dopo l’intervento del presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, a difendere la bontà di quei finanziamenti agli istituti gestiti dal privato sociale ci si è messo pure il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi, che è del Pdl oltre che vicino a Comunione e liberazione.

E sono proprio le realtà di area Cl e in generale del mondo cattolico che più si stanno muovendo a Bologna per invitare i cittadini il 26 maggio a votare «B» al referendum consultivo, chiedendo così che si continuino a finanziare le convenzioni con le scuole private già avviate dall’ex sindaco rosso Walter Vitali, schierato infatti su questa linea.

Se però il dibattito continua a travalicare il Reno, per un Pd già in panne dopo il «pateracchio» sulle votazioni del capo dello stato arriverebbero nuove scosse di terremoto tali da rendere il partito sempre più in balìa dei venti grillini e vendoliani, i due gruppi che se lo stanno mangiando da sinistra. Un esempio? Tra i principali e più strenui oppositori dei soldi alle paritarie c’è nientemeno che Stefano Rodotà, l’ex parlamentare sulla cui elezione a presidente della repubblica Pier Luigi Bersani s’è giocato la segreteria e ha sfracellato il partito.

Per questo, nella base democrat bolognese ed emiliana («molto radicalizzata» come ricordava qualche settimana fa il politologo Paolo Pombeni) la voglia di difendere quelle convenzioni – la cui convenienza per gli enti pubblici sta semplicemente nei numeri – è sempre più debole, se non inesistente. Motivo per cui i maggiorenti del partito tentano di circoscrivere il dibattito entro le porte dei viali bolognesi, una strategia questa rovinata dalle uscite pubbliche della Cei e dei vertici pidiellini che, agli occhi del Pd, finiscono per fare il gioco del Movimento 5 Stelle, schierato in maniera compatta contro i finanziamenti.

Inoltre da sinistra – dove Francesca De Benedetti, portavoce del comitato Articolo 33 promotore del referendum felsineo è uscita dal Pd in polemica su questo argomento – il fronte anti scuole private si allarga. Sel, ad esempio, sta lavorando per proporre una consultazione simile a Modena, mentre l’ex candidato di Rivoluzione civile (ed ex grillino) Giovanni Favia ha chiesto ieri in Regione Emilia-Romagna i numeri esatti, scoprendo i 15 milioni di euro erogati tra il 2008 e il 2012 tramite le province agli istituti paritari.

Dulcis in fundo, domani sera a Bologna i sostenitori dei finanziamenti schierano due pezzi da novanta: in un dibattito pubblico interverrà il sindaco felsineo Virginio Merola, del Pd, e il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini, nell’ambito di un incontro organizzato dalla Compagnia delle Opere di Bologna che, nel volantino di invito, ricorda i 1750 bambini accolti nelle scuole d’infanzia cittadine, pari al 21% del totale, spiegando come se quelle risorse venissero utilizzate direttamente dal Comune per finanziare le proprie scuole, coprirebbero al massimo 150 posti. Ma c’è da credere che l’alleanza tra Merola e il fondatore della Cdo finisca per rinfocolare le polemiche nel partitone.

“Ma sono indispensabili per migliorare in tutto il mondo si valutano prof e alunni”

da la Repubblica

“Ma sono indispensabili per migliorare in tutto il mondo si valutano prof e alunni”

La difesa del sottosegretario Marco Rossi Doria: “Prove di intelligenza”

ROMA — Il sottosegretario Marco Rossi Doria è l’unico politico dell’Istruzione sopravvissuto all’era Profumo, il ministro che ha spinto sui test Invalsi e sul principio di valutazione delle scuole italiane. Reinsediatosi in viale Trastevere, Rossi Doria, già maestro di strada, dice convinto: «I grandi paesi e quelli in via di sviluppo hanno modalità di valutazione. Tutti. Si valutano alunni, insegnanti, scuole. In Germania e negli Stati Uniti, in India, in Brasile, in Corea. Perché mai il sistema scolastico italiano, che promuove o boccia milioni di ragazzi ogni anno, non dovrebbe essere valutato?». Corretto. Ma i quiz sono il modo migliore?«Non sono quiz, sono prove di conoscenza e di intelligenza prodotte da insegnanti che per decenni si sono cimentati a scuola, spesso nelle condizioni più difficili. I test Invalsi sono criticati da intellettuali che pensano alla centralità del voto in italiano, come nei Sessanta. Oggi servono prove strutturate. E poi, anno dopo anno, questi test sono migliorati». A cosa servono davvero i test Invalsi? «A farci capire i punti di forza e di debolezza del nostro sistema, offrono una quantità di dati straordinaria. In Puglia hanno fatto aumentare le ore di italiano e matematica nelle scuole, e oggi certifichiamo un miglioramento ». Molti insegnanti protestano. «Si sentono costretti a un lavoro ulteriore non riconosciuto. Bisogna pagare meglio maestri e professori, questo è il punto». (c.z.)

“Un bimbo non si giudica con un quiz” la battaglia contro i test nelle scuole

da la Repubblica

“Un bimbo non si giudica con un quiz” la battaglia contro i test nelle scuole

Maestre in sciopero, famiglie in rivolta: “Sono difficili e frustranti”

CORRADO ZUNINO

ROMA — Non ci sono gli studenti arrabbiati del 2011, arriveranno più avanti con i test Invalsi da somministrare alle superiori. E la Cgil, comunque critica sulla valutazione scolastica in base ai quiz, non ha scioperato togliendo batterie di fuoco al “Boikot Invalsi” versione 2013, iniziato ieri insieme alle prove per le scuole elementari (seconde e quinte). I Cobas, alfieri della protesta con balli e bandiere sotto il ministero, parlano del 20 per cento di maestri in sciopero. Gli organizzatori dell’Invalsi replicano che su 2.914 classi campione le prove non sono state effettuate nello 0,82% delle seconde e nello 0,75% delle quinte. La distanza dei dati è in linea con le dichiarazioni degli ultimi tre anni, ma va sottolineato come il ministero consideri solo le classi campione quando, invece, gli scioperi ci sono stati anche nelle aule in cui i test non diventeranno prova statistica. In diverse scuole italiane, in realtà, i docenti si sono astenuti, alcuni genitori non si sono scientemente presentati e i presidi sono dovuti correre ai ripari ammassando alunni in una sola aula. Tra l’altro, la cifra delle classi vuote offerta dal ministero è tripla rispetto al 2011, a dimostrazione che, almeno tra gli insegnanti, il “no” ai test resta forte e motivato. Gli strateghi dell’Invalsi non retrocedono dalla loro posizione: «Le prove Invalsi stanno migliorando la scuola italiana». I Cobas invece, attraverso il leader Piero Bernocchi, definiscono il test a risposta multipla «una vergognosa scheda sugli alunni che spinge a giudizi sommari e discriminatori su attitudini e personalità e attua una rilevazione di censo». Restando un po’ più sul pezzo, le maestre della Regina Margherita di Roma fanno sapere che le domande Invalsi «sono fuori dal contesto di un anno di lavoro e incapaci di cogliere la preparazione, tanto più la crescita ». All’Iqbal Masih di Roma molti genitori hanno fatto entrare i figli in ritardo scrivendo sulla giustificazione “causa Invalsi”. All’istituto Parini di Ostia sono saltate le prove in 4 quinte su 5. Da Pavia le insegnanti del Vallone ora sostengono: «Gli Invalsi sono frustranti per i bambini con un rendimento medio-basso, i quesiti troppo difficili. Si misura solo l’eccellenza, all’americana. Il test è diventato un addestramento e per le famiglie un nuovo fattore ansiogeno». Un’insegnante genovese conferma: «Le prove sono difficili, hanno una taratura molto alta». A Genova, ecco, l’elementare Ada Negri è rimasta chiusa perché tutti i bidelli hanno aderito allo sciopero. Alla Anna Frank dieci maestri si sono rifiutati di somministrare i test. Quest’anno alcuni intellettuali (Moni Ovadia) si sono schierati contro la valutazione con la crocetta. Il filologo e storico Luciano Canfora ha firmato l’appello Cobas e ha definito la prova «una mostruosità che può servire a premiare chi è dotato di buona memoria, non chi ha spirito critico. È il trionfo postumo di Mike Bongiorno. Se tolgo allo studente che si sta formando l’abito alla critica, lo trasformo in un pappagallo dotato di memoria, un suddito ». Roberto Ricci, responsabile dell’area prove Invalsi, difende la sua opera: «Quest’anno abbiamo dato più spazio a domande aperte, che in matematica consentono risposte più ricche. Vogliamo capire il ragionamento compiuto dallo studente per dare la risposta, individuare il lettore più competente non quello erudito. Per far bene le prove Invalsi bisogna aver fatto bene la scuola». E per la prima volta il presidente del Consiglio d’istituto, un genitore, potrà visionare i risultati ottenuti dalla sua scuola.

Marcucci (Pd): mai più tagli a scuola e cultura

da Tecnica della Scuola

Marcucci (Pd): mai più tagli a scuola e cultura
di P.A.
Il nuovo presidente della commissione istruzione e beni culturali di Palazzo Madama, Andrea Marcucci, in una dichiarazione, conferma quanto già dichiarato dal premier Enrico Letta nei giorni scorsi: mai più tagli. Ma anche due parlamentari Pd, Di Giorgi e Saggese, si allineano sulla scuola di “qualità”, annuncita dalla ministra Carrozza
“La commissione lavorerà per garantire l’impegno del premier. Alla scuola e alla cultura servono con urgenza nuovi investimenti”. “Ora bisogna recuperare in fretta il tempo perso dopo le elezioni-prosegue il neo presidente- abbiamo la consapevolezza di lavorare per un settore che è stato stremato da anni di tagli insopportabili. Assicurerò tempi veloci per tutte le leggi che prevederanno risorse mirate alla ricerca ed ai beni culturali”, conclude Marcucci. A loro volta, in una nota, la senatrice del Pd Maria Rosa Di Giorgi, componente della Commissione Istruzione, e la senatrice campana del Pd Angelica Saggese hanno dichiarato: “Apprezziamo la decisione del Ministro Carrozza di cominciare il suo viaggio nel mondo della scuola, a partire dai quartieri più difficili di Napoli. Conosciamo tutti la condizione delle scuole del Mezzogiorno, più drammatica rispetto al resto del Paese e il rischio elevatissimo dell’abbandono scolastico tra i giovani che diventano facile preda per l’arruolamento da parte della criminalità organizzata”. “Il settore scolastico – fanno presente, inoltre, le parlamentari democratiche – ha contribuito in modo significativo alla riduzione della spesa pubblica, negli ultimi tre anni per oltre 8 miliardi di euro. A ciò si aggiungano i tagli agli Enti locali che hanno provocato disagi enormi ai servizi. E’ necessario, dunque, che il nostro Paese cambi rotta e metta in campo nuove politiche a sostegno dell’istruzione, dell’università e della ricerca. “Investire di più, questa deve essere la bussola e gli auspici sembrano favorevoli – concludono Di Giorgi e Saggese – elevando la qualità della proposta formativa, rispettando il criterio meritocratico e il diritto allo studio garantito dalla Costituzione”.

Il Miur smentisce i Cobas: le prove Invalsi si sono svolte regolarmente

da Tecnica della Scuola

Il Miur smentisce i Cobas: le prove Invalsi si sono svolte regolarmente
di A.G.
Secca replica da parte del dicastero di Viale Trastevere: al sit-in davanti al Ministero ha partecipato soltanto uno sparuto gruppetto di manifestanti. Non corrispondono a realtà neppure le dichiarazioni sulle prove ‘saltate in migliaia di classi’. Solo qualche problema ad Aversa per la pioggia e nel Cilento per la tappa del Giro d’Italia. Rilevazione osservatori Invalsi su 1.457 classi campione II e altrettante V: test di italiano non somministrati solo nello 0,80% dei casi. Venerdì si replica con gli stessi alunni: stavolta per matematica.
Non ha tardato ad arrivare la replica del Miur alle dichiarazioni trionfalistiche dei Cobas sull’esito della prima giornata di sciopero per boicottare le prove Invalsi, svolte il 7 maggio nelle classi seconde e quinte della scuola primaria al fine di verificare le competenze degli alunni italiani in italiano (20 domande, a cui rispondere in 45 minuti). Il dicastero di viale Trastevere fa sapere che non è affatto vero che in migliaia di classi oggi sono ‘saltati’ i discussi test standardizzati che dovrebbero avvicinare la valutazione italiana a quella dei più avanzati Paesi dell’area Ocse. “Le argomentazioni dei Cobas sono poco fondate, a partire – affermano da viale Trastevere – da quelle relative al sit-in davanti al ministero a cui ha partecipato soltanto uno sparuto gruppetto di manifestanti. Non corrispondono a realtà neppure le dichiarazioni sulle prove ‘saltate in migliaia di classi’. “Gli unici problemi seri – ammettono a viale Trastevere – si sono avuti ad Aversa dove alcune aule sono state allagate dalla pioggia e per la chiusura di alcuni istituti nel Cilento per la tappa del Giro d’Italia”. Al netto di questi episodi, secondo il Ministero, si registra invece una crescita di consenso per i test Invalsi. “Se vogliamo guardare alle cifre, verifica sempre opportuna – spiegano a viale Trastevere – su circa 1.500 classi-campione soltanto una decina non hanno svolto i test, una percentuale inferiore a quella dell’anno scorso”. “Riteniamo il sistema di valutazione recentemente varato un punto-cardine del sistema di istruzione e certamente – concludono – uno dei volani per rilanciare la qualità della scuola italiana, nel principale interesse di studenti e famiglie”.
L’Invalsi ha anche reso pubblici i numeri della giornata: le prove hanno riguardato circa 560 e 558 mila studenti, appartenenti rispettivamente alle classi seconda e quinta. L’Istituto di valutazione ha poi divulgato le informazioni acquisite sulle classi campione, 1.457 seconde e altrettante quinte, dove le prove sono seguite da osservatori esterni: “si può stimare che le prove non siano state effettuate in circa lo 0,82% delle classi seconde e lo 0,75% delle classi quinte (rispettivamente 0,69% e 0,62% a causa dello sciopero attuato dal personale scolastico)”.
In queste stesse classi venerdì prossimo, il 10 maggio, si svolgerà la prova di Matematica. Mentre la prossima settimana, rispettivamente il 14 e il 16 maggio, avranno luogo le prove in tutte le prime classi della secondaria di primo grado e in tutte le seconde della secondaria di II grado. In queste ultime due date, i Cobas, assieme ad altre sigle di sindacati minori (per numero di tesserati), torneranno a scioperare.

Prove Invalsi, in migliaia di classi sarebbero saltate

da Tecnica della Scuola

Prove Invalsi, in migliaia di classi sarebbero saltate
di A.G.
È quanto riferiscono i Cobas: risultato ottenuto grazie allo sciopero di tanti docenti e Ata, oltre che alla decisione di molti genitori di tenere i figli a casa, evitando loro l’umiliante e distruttiva pratica ‘quizzarola’. Siamo solo all’inizio: previsti altri due scioperi e manifestazioni. Ma il braccio di ferro col Miur è destinato a durare a lungo.
Sarebbero migliaia le classi della scuola primaria dove lo sciopero del 7 maggio indetto dai Cobas, Unicobas e altre sigle sindacali ha impedito lo svolgimento della prima prova Invalsi, di italiano, del 2013. A riferirlo sono gli stessi sindacati di basi, con u comunicato all’insegna dalla soddisfazione per la piena riuscita dell’azione di protesta nei confronti dei test ministeriali, considerati nozionistici, privi di un reale progetto pedagogico e resi obbligatori ai docenti malgrado non fosse previsto nemmeno un euro per il loro lavoro extra.

“In migliaia di classi delle elementari – scrivono i Cobas, che hanno indetto altri due giorni di sciopero – le prove Invalsi sono saltate, grazie allo sciopero di tanti docenti e Ata ma anche alla sacrosanta decisione di molti genitori di tenere i figli a casa, evitando loro l’umiliante e distruttiva pratica quizzarola”. Per i Cobas l’azione di disturbo può considerarsi riuscita. “Malgrado i pesanti interventi di molti presidi e degli ‘invalsiani’, nonostante le pressioni su docenti e Ata perché si piegassero alla presunta obbligatorietà dei quiz Invalsi e gli illegali tentativi di sostituzione del personale in sciopero o di ‘riorganizzazione’ del servizio, tradotta ammassando intere classi in un’aula per imporre gli indovinelli, la lotta contro la scuola-quiz e la scuola-miseria – afferma il leader dei Cobas, Piero Bernocchi – è oggi partita bene”. Durante lo sciopero si sono svolte iniziative in molte città italiane. In particolare a Roma, davanti al Miur, “malgrado la pioggia battente, docenti, Ata, alunni e genitori hanno protestato contro i quiz e il Sistema di (s)valutazione delle scuole ma anche contro il furto di salario perpetrato ai danni dei lavoratori con il blocco dei contratti e degli scatti di anzianità, e hanno chiesto l’annullamento della deportazione dei docenti ‘inidonei’ e dell’espulsione degli Ata precari; l’assunzione dei precari su tutti i posti disponibili; la restituzione nella scuola del diritto di assemblea e di contrattazione per tutti”. “La ministra per precedenti impegni era a Napoli, dove ha dichiarato la sua disponibilità a discutere con docenti, Ata e studenti su come difendere e migliorare la scuola pubblica. Ci auguriamo dunque – afferma Bernocchi – di poterla incontrare per avviare tale discussione il 16 maggio, giorno in cui, durante lo sciopero delle superiori, effettueremo una nuova manifestazione al Miur”. Insomma, l’anno scolastico è agli sgoccioli, ma le proteste sono solo all’inizio. Considerando che al Miur – salvo inattese “sterzate”, ma non impossibili, da parte del nuovo Ministro – credono tantissimo in questo progetto di valutazione, il braccio di ferro si presuppone che durerà molto.

Concorso Ds in Lombardia: tra i due litiganti il terzo gode?

da Tecnica della Scuola

Concorso Ds in Lombardia: tra i due litiganti il terzo gode?
di Aldo Domenico Ficara
Il Consiglio di Stato il 30 aprile scorso avrebbe dovuto esprimersi sulla vicenda del concorso per Dirigenti scolastici svolto in Lombardia, sbloccando, in un modo o nell’altro, l’attuale situazione di stallo. E invece…
E invece per consentire all’avvocatura dello Stato di approfondire le proprie controdeduzioni alla Ctu, l’udienza è slittata al 4 giugno. Il serio rischio è quello che siano lasciate vuote centinaia di poltrone da preside nelle scuole lombarde. Da un articolo della Gazzetta di Mantova si apprende che, nonostante l’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia abbia escluso tale eventualità, l’associazione delle scuola mantovane, l’Aisam, ha espresso preoccupazione sul fatto che i posti vacanti delle presidenze lombarde vengano richiesti (peraltro comprensibilmente) per docenti risultati idonei nei concorsi svolti, senza contestazioni, in altre regioni.  La preoccupazione si fonda sul fatto che presumibilmente i presidi provenienti dal Trentino, nominati lo scorso settembre, potrebbero ottenere l’avvicinamento a casa come da loro, legittimamente, auspicato, aumentando di conseguenza il numero di presidenze libere. Lo stesso articolo ricorda che nei giorni scorsi sono scesi in campo anche il direttore dell’Ufficio scolastico lombardo De Sanctis, l’assessore regionale all’istruzione Aprea e le principali sigle sindacali della scuola, auspicando tempi rapidi della sentenza visto lo stato d’emergenza in cui si trova la scuola lombarda (su 1224 sedi scolastiche, 473 sono prive di preside titolare).
Comunque ciò che fa maggiormente riflettere è quel “comprensibilmente“, riferito a una possibile mobilità interprovinciale, che come terzo incomodo potrebbe trarre vantaggio dall’infinita controversia sulle buste trasparenti.

Assegno nucleo familiare

da Tecnica della Scuola

Assegno nucleo familiare
Il Ministero dell’economia e delle finanze (servizi “NoiPA”) ha emanato il messaggio n. 60 del 2 maggio 2013 con cui ricorda ai dipendenti pubblici le disposizioni circa la richiesta dell’assegno per il nucleo familiare e gli interventi per l’anno 2013.
Nel messaggio del Mef si legge che “la normativa vigente prevede che la domanda di rideterminazione dell’assegno al nucleo familiare possa essere presentata all’Ufficio Responsabile del trattamento economico, non appena il dipendente è in possesso dei redditi complessivi relativi all’anno precedente”.
Inoltre: “il personale interessato riceverà un apposito messaggio nell’area riservata del portale “NoiPA”, a decorrere dal mese di maggio, con l’invito a ripresentare al più presto la domanda dell’assegno in questione, valida dal 1° luglio” (e fino al 30 giugno 2014).
Nel messaggio n. 60 del 2 maggio scorso “si rammenta che nel modello di domanda disponibile sul sito ‘NoiPA’, nella sezione ‘Modulistica’, devono essere indicati i redditi percepiti nell’anno 2012, compresi quelli a tassazione separata (…). Tali redditi possono essere desunti dal modello CUD/2013, dal modello 730/2013 o dal modello Unico 2013”.

Ordinanza TAR Campania 8 maggio 2013, n. 1300

N. 00740/2013 REG.PROV.CAU.

N. 01300/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 1300 del 2013, proposto da: XXXX, rappresentati e difesi dall’avv. Leonardo Sagnibene, con domicilio eletto presso Leonardo Sagnibene in Napoli, via A.De Gasperi N. 45;

 

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale della Campania, 13° Circolo Didattico in persona del Dirigente p.t., rappresentati e difesi dall’Avvoc. Distrett. Stato Napoli, domiciliata per legge in Napoli, via Diaz, 11; Regione Campania, rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Consoli, con domicilio eletto presso Massimo Consoli in Napoli, via S. Lucia,81 c/o Avvoc. Regionale;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

DELIBERA DI GIUNTA REGIONALE N. 32/2013 AVENTE AD OGGETTO “ORGANIZZAZIONE DELLA RETE SCOLASTICA E PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA ANNO SCOLASTICO 2013/2014”.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, di Ufficio Scolastico Regionale della Campania, di Regione Campania e di 13° Circolo Didattico in persona del Dirigente p.t.;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2013 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Considerato che l’amministrazione regionale ha mantenuto autonomia in capo al 13° Circolo didattico statale di Napoli (trasformato in Istituto comprensivo statale) nonostante il numero degli alunni ivi iscritti (555) risultasse inferiore alla soglia minima (600) al di sotto della quale si impone la fusione con altro istituto scolastico – oltre che a dispetto delle indicazioni di accorpamento con l’Istituto comprensivo statale “Pavese”, fornite dal Comune di Napoli con la nota del 27 dicembre 2012, prot. n. PG/2012/986089) –;

Ritenuto, quindi, che:

– ad un sommario esame, appaiono sussistere le condizioni di cui all’art. 55 cod. proc. amm.;

– appare equo compensare interamente tra le parti le spese relative alla presente fase di giudizio;

– la causa potrà essere definita nel merito, la cui udienza di trattazione viene fissata alla data del 23 ottobre 2013;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) accoglie, ai fini del riesame, la suindicata domanda incidentale di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.

Compensa interamente tra le parti le spese relative alla presente fase di giudizio.

Fissa alla data del 23 ottobre 2013 l’udienza pubblica per la trattazione della controversia nella sede di merito.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Gianluca Di Vita, Primo Referendario

Olindo Di Popolo, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Nota 8 maggio 2013, MIURAOODGOS Prot. n. 2382

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica
Ufficio sesto

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI
p.c. Al Capo del Dipartimento per l’istruzione
Al Capo del Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali
Al Direttore Generale per gli Studi e la programmazione e per i sistemi informativi Al Direttore Generale per lo Studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione
Al Direttore Generale per l’Istruzione e formazione tecnica superiore e per i rapporti con i sistemi formativi delle Regioni
Al Direttore Generale per il Personale Scolastico
Al Direttore Generale per gli Affari Internazionali
Alla Struttura Tecnica Esami di Stato
S E D E
Al Commissario e al Direttore Generale dell’INVALSI
Villa Falconieri
F R A S C A T I
Al Gabinetto dell’On. Ministro
S E D E

OGGETTO: Adempimenti di carattere organizzativo e operativo relativi all’esame di Stato.  Anno scolastico 2012-2013.

Con l’approssimarsi dei tempi di inizio degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, si ripropone l’esigenza che le SS.LL. e i Dirigenti scolastici degli Istituti interessati predispongano, con la sperimentata cura e tempestività, tutti gli adempimenti di carattere organizzativo e operativo finalizzati al regolare svolgimento delle operazioni di esame.
In tale ottica e nello spirito della consueta collaborazione, si reputa opportuno richiamare la particolare attenzione delle SS.LL. sulle incombenze più rilevanti e delicate delle quali le SS.LL. medesime e i Dirigenti scolastici degli istituti statali e paritari dovranno farsi carico per la parte di rispettiva competenza.

Tra esse particolare riguardo merita la scrupolosa osservanza delle disposizioni impartite con la nota ministeriale prot. n. 1018 del 2 maggio 2013, relativa alle nuove modalità di invio delle tracce delle prove scritte degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di II grado (“plico telematico”). Si fa tuttavia presente che non saranno gestite col “plico telematico” le prove cartacee in formato Braille.
Le SS.LL. non mancheranno di raccomandare ai citati Dirigenti scolastici di utilizzare locali pienamente idonei allo svolgimento degli esami, procurando che gli stessi, oltre che praticabili sotto il profilo della sicurezza, dell’agibilità e dell’igiene, si presentino dignitosi e accoglienti e offrano un’immagine della Scuola decorosa e consona alla particolare circostanza.
Nel caso in cui i locali a disposizione dovessero risultare insufficienti o inidonei a causa del numero eccessivo di candidati o per altri fatti e situazioni di carattere straordinario, si dovrà procedere in tempo utile al reperimento di altri ambienti, anche appartenenti ad altre istituzioni scolastiche, che abbiano i requisiti sopra indicati.
Per quel che concerne la sicurezza e l’affidabilità dei locali, i predetti Dirigenti scolastici dovranno assicurarsi che i relativi accessi siano muniti di serrature e chiavi perfettamente funzionanti e che ciascuna Commissione possa disporre di un armadio metallico, adatto allo scopo, entro cui custodire la documentazione relativa ai candidati, gli atti, gli elaborati, i registri e gli stampati.
Nella considerazione che occorrerà riprodurre le tracce delle prove scritte in numero di esemplari perfettamente corrispondente al fabbisogno dei candidati di ciascuna Commissione, i Dirigenti scolastici disporranno che i locali siano attrezzati con fotocopiatrici perfettamente funzionanti e dotate di toner e di carta in quantità sufficiente.
Inoltre, perché le Commissioni possano attendere nella maniera più agevole ai propri compiti (elaborazione di verbali e di atti, esame di testi e documenti, formulazione della terza prova, correzione degli elaborati e conservazione di atti e fascicoli, ecc.), anche utilizzando, ove ritenuto opportuno, le funzioni dell’applicazione “Commissione web”, i Dirigenti scolastici consentiranno che le stesse si servano di computer collegati alla rete Internet e delle relative stampanti, in uso nelle rispettive scuole.
Per parte loro gli uffici di segreteria metteranno a disposizione, per le esigenze operative delle Commissioni, il telefono, il fax, le attrezzature e i mezzi di comunicazione in dotazione e assicureranno un’attività continua e puntuale di assistenza e di supporto alle Commissioni, programmando e garantendo la presenza e la collaborazione di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, opportunamente sensibilizzato all’assolvimento degli specifici compiti connessi allo svolgimento delle operazioni di esame.
I Dirigenti scolastici vorranno invitare i rispettivi uffici di segreteria a preparare, con ragionevole anticipo, gli atti, i documenti, gli stampati e il materiale di cancelleria occorrenti alle Commissioni per l’espletamento del loro mandato; a tal fine può rivelarsi utile il riferimento al modello di “verbale di consegna al Presidente della commissione di esame dei registri, degli stampati, delle chiavi dei locali e della documentazione relativa ai candidati interni ed esterni”, facente parte dei modelli di verbali allegati all’Ordinanza Ministeriale n. 13 del 24 aprile 2013 recante Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato.
I Dirigenti scolastici avranno, altresì, cura di avvertire tempestivamente i candidati che è assolutamente vietato, nei giorni delle prove scritte, utilizzare a scuola telefoni cellulari di qualsiasi tipo (comprese le apparecchiature in grado di inviare fotografie e immagini), nonché dispositivi a luce infrarossa o ultravioletta di ogni genere, e che nei confronti di coloro che fossero sorpresi ad utilizzarli è prevista, secondo le norme vigenti in materia di pubblici esami, la esclusione da tutte le prove.
È inoltre vietato l’uso di apparecchiature elettroniche portatili di tipo “palmare” o personal computer portatili di qualsiasi genere, in grado di collegarsi all’esterno degli edifici scolastici tramite connessioni “wireless”, comunemente diffusi nelle scuole, o alla normale rete telefonica con protocolli UMTS, GPRS o GSM o BLUETOOTH.
I Presidenti ed i commissari, dal canto loro, avranno il compito di vigilare sul rispetto del summenzionato divieto, al fine di evitare il verificarsi di episodi incresciosi che, oltre a turbare il sereno svolgimento delle prove scritte, risulterebbero gravemente penalizzanti per gli stessi candidati.
Analoga cura sarà altresì rivolta alla vigilanza sulle apparecchiature elettronico-telematiche in dotazione alle scuole, al fine di evitare che durante lo svolgimento delle prove scritte se ne faccia un uso improprio.
Tenuto conto della necessità di consentire l’espletamento delle operazioni collegate alla estrazione e stampa delle tracce delle prove, inviate con la modalità del “plico telematico”, in ognuno dei giorni impegnati dalle prove scritte, sarà consentito, fino al completamento della stampa delle tracce relative, rispettivamente, alla prima prova scritta, alla seconda prova scritta e, eventualmente, alla quarta prova scritta, esclusivamente il collegamento con la rete INTERNET dei computer utilizzati: 1) dal dirigente scolastico o di chi ne fa le veci; 2) dal Direttore dei servizi generali ed amministrativi, ove autorizzato dal Dirigente scolastico o da chi ne fa le veci; 3) dal referente o dai referenti di sede. Nel corso delle prove scritte sarà pertanto disattivato il collegamento alla rete Internet di tutti gli altri computer presenti all’interno delle sedi scolastiche interessati dalle prove scritte.
Inoltre, al fine di garantire il corretto svolgimento delle prove scritte, la Struttura Informatica del Ministero vigilerà, in collaborazione con la Polizia delle Comunicazioni, per prevenire l’utilizzo irregolare della rete INTERNET da parte di qualunque soggetto e delle connessioni di telefonia fissa e mobile.
Si richiama altresì l’attenzione sulle disposizioni contenute nella citata nota prot. n. 1018 del 2 maggio 2013 sulle prove per candidati con disabilità visive e per candidati che svolgono l’esame presso sezioni carcerarie e ospedaliere.  Al fine di estendere quanto più possibile la modalità di trasmissione delle prove mediante la modalità del “plico telematico”, eventuali esigenze speciali, ivi comprese le richieste di “plico cartaceo” per candidati con disabilità visive, indirizzate al Ministero dalle istituzioni scolastiche o dalle commissioni, saranno esaminate caso per caso previo eventuale approfondimento tecnico con i richiedenti. Per quanto riguarda i candidati che svolgono l’esame presso sezioni carcerarie e ospedaliere (ovvero presso il proprio domicilio), eventuali richieste di “plico cartaceo” saranno indirizzate, in via eccezionale, dai competenti Uffici scolastici regionali o dalle loro articolazioni territoriali alla Struttura Tecnica Esami di Stato. Le prove in formato Braille e le altre che non sarà comunque possibile inviare con la modalità del “plico telematico” dovranno essere ritirate nei locali dell’Amministrazione Centrale con modalità che saranno successivamente rese note.
Le SS.LL. vorranno, infine, dare alle istituzioni scolastiche interessate tutte le indicazioni e le informazioni atte a garantire i necessari collegamenti con i rispettivi Uffici territoriali, con particolare riferimento alle nuove modalità di invio delle tracce delle prove d’esame che prevedono specifiche forme di intervento dei nuclei tecnici di supporto ai dirigenti scolastici e ai referenti sede, nel caso in cui i presidenti di commissione, coadiuvati dai rispettivi referenti di sede, non fossero in grado di estrarre e stampare le tracce delle prove contenute nel “plico telematico”, secondo le istruzioni impartite con la citata nota prot. n. 1018 del 2 maggio 2013 nella sezione dedicata al ruolo degli Uffici scolastici territoriali.
Tenuto conto dei numerosi e complessi impegni connessi con lo svolgimento dell’esame, le SS.LL., per tutta la durata delle relative operazioni, vorranno garantire la più ampia funzionalità dei citati Uffici territoriali, assicurando, in particolare, che durante detto periodo le SS.LL. medesime e i Dirigenti dei summenzionati Uffici o funzionari appositamente delegati siano presenti nell’Ufficio e comunque reperibili anche nelle ore pomeridiane e serali.
A tal fine si prega di comunicare i rispettivi recapiti ad uno dei seguenti numeri telefonici della Struttura Tecnica Esami di Stato: 06/58492116; 06/58494400 – Fax 06/58492901.
Con l’occasione si segnalano anche i recapiti telefonici ai quali sarà possibile rivolgersi:
– Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica 06/58493240, 06/58492299, 06/58493242, 06/58492523, 06/58493248, Fax 06/58492416, per gli aspetti riguardanti la organizzazione e lo svolgimento degli esami;
– Struttura Tecnica Esami di Stato: 06/58492116, 06/58494400, 06/5803223, Fax 06/58492901, per questioni concernenti l’effettuazione delle prove scritte, sia per la sessione ordinaria che per quella suppletiva.

Le SS.LL. sono infine pregate di vigilare sulla osservanza, da parte dei Dirigenti scolastici interessati, delle disposizioni contenute nella presente nota.
Si ringrazia per la collaborazione.

IL DIRETTORE GENERALE
Carmela Palumbo