Intorno ai test di accesso ai corsi di laurea a numero programmato

Intorno ai test di accesso ai corsi di laurea a numero programmato *

di Emilio Ambrisi

Quali le conseguenze culturali e di sistema del D.M. n.334 del 24 Aprile 2013 che fissa contenuti, tempi e modalità per i test di accesso ai corsi di laurea a numero programmato?

villaniQuando nel 2010 gli è stata conferita la medaglia Fields, Cedric Villani aveva già 37 anni, meno cioè dei 40 fissati come limite invalicabile per il conferimento del premio, ma tanti da escluderlo, nel caso non ce l’avesse fatta, dal successivo turno e cioè il congresso internazionale dei matematici del 2014. Tutto però era filato liscio! Quel limite era stato per lui un’ossessione al pari dello smorzamento di Landau non lineare, il problema al quale si era dedicato con tutto se stesso e alla cui soluzione doveva l’agognato traguardo della Fields. È questa storia, il porsi del problema e la ricerca della sua soluzione, che Villani racconta nel libro Theoreme Vivant, da febbraio disponibile anche in italiano. Un libro che è un romanzo di vita matematica: gli aspetti della ricerca, la riflessione senza soste, la concentrazione massima che esclude ogni altra cosa del mondo circostante e, allo stesso tempo, la normalità delle operazioni quotidiane del passeggiare, del discorrere, del mangiare e dell’ascoltare musica, cui anche i matematici attendono quando non presi totalmente dal correre appresso ai loro pensieri. Un libro che racconta di una sfida intellettuale, di un’avventura della mente condotta nella varietà dei contesti e delle situazioni, fisiche e mentali, in corsa contro il tempo e i colleghi concorrenti, alla caccia del risultato finale, del momento in cui tutto potrà sembrare “concatenarsi come per incantesimo” e trovare forma in un enunciato che richiederà poi, a sua volta, altre cento pagine per essere giustificato e sistemato in una forma adeguata alla comunicazione. Ed ecco il teorema! Il risultato, nel caso di Villani, di un impegno premiato con la medaglia Fields e che il romanzo sostanzia delle ragioni e dei sentimenti che l’hanno prodotto. Vi si ritrova, ad esempio, la vita nel tempio della matematica e della fisica teorica, quello di Princeton, dove hanno lavorato e vissuto Einstein, John von Neumann, Kurt Gödel, Hermann Weil, Robert Oppenheimer, Ernst Kantorowicz, John Nash, “tutti pensatori il cui solo nome dà i brividi” – e dove ancora lavorano Jean Bourgain, Enrico Bombieri, Freeman Dyson, Edward Witten, Vladimir Voevodsky, e tanti altri.

Capitolo 20. Princeton, 11 marzo 2009: “Oggi Peter Sarnack era a tavola davanti a me, l’ho incitato a parlare del suo direttore di tesi, Paul Cohen, quello che ha provato l’indecidibilità dell’ipotesi del continuo prima di volgersi verso altri orizzonti matematici, colui per il quale il giovane Peter, mosso dal brivido della ricerca, aveva lasciato il Sudafrica natale. Con il suo celebre entusiasmo, Peter aveva evocato Cohen e il suo gusto per la soluzione di problemi ex nihilo, senza appoggiarsi sui lavori di altri.
«Cohen non credeva alle matematiche incrementali!»
«Incrementali?»
«Sì, pensava che la matematica progredisse per salti bruschi. Tu e io, come gli altri, procediamo soprattutto migliorando i lavori degli altri, ma non Cohen! Non si poteva parlargli di migliorare qualcosa, ci si sarebbe fatti mandare al diavolo. Non credeva che alle rivoluzioni»

E ancora, in chiusura del capitolo, la descrizione di chi è Paul Cohen [morto a Stanford il 23 marzo 2007] «giovane collega e rivale ambizioso di Nash a Princeton, è uno degli spiriti più creativi del ventesimo secolo. Il suo più grande titolo di gloria è la soluzione dell’ipotesi del continuo, anche conosciuta come il problema del cardinale intermedio. Questo enigma, che faceva parte della lista dei 23 grandi problemi enunciati da Hilbert nel 1900, era all’epoca considerato come uno dei più importanti in matematica; la sua soluzione gli permetterà di ricevere, ovviamente, la medaglia Fields, nel 1966».

Il Teorema Vivente è ricco di pagine belle da leggere e anche di significativi ed efficaci ritratti di grandi matematici. Se, in questa ricca miniera abbiamo scelto e proposto al lettore proprio quella riguardante Cohen, una ragione ci sarà! La ragione sta nel fatto che si racconta – ma chissà poi se è vero! – che in sede di approvazione della traduzione del libro, a Villani sia stato fatto presente, con sufficiente garbo, che ultimamente in Italia c’erano state delle posizioni ufficiali sul valore del risultato ottenuto da P. Cohen tendenti a ritenere che era “improprio” parlarne come di una “soluzione”. La cosa, si riferì, era avvenuta in un concorso per la selezione di docenti della scuola secondaria superiore (più precisamente si trattava del TFA, ma inutile andare ad appesantire la notizia con un simile acronimo, il cui significato non gli poteva essere certo immediato). In effetti il documento ufficiale, questo sì gli era stato mostrato, recitava: «è improprio dire “Il problema è stato risolto”. Tale problema, enunciato nel 1900 e comunemente noto come “ipotesi del continuo” chiedeva la dimostrazione di un certo preciso ambrisi1enunciato; Cohen ha dimostrato che quell’enunciato non è dimostrabile in una specifica teoria assiomatica degli insiemi (Zermelo – Fraenkel), introdotta posteriormente al 1900. Inoltre, anche Gödel ha dato un contributo molto importante allo studio dell’ipotesi del continuo nella medesima teoria assiomatica. In altre teorie, tutte posteriori all’intervento di Hilbert, si trovano invece risultati diversi. Il quesito [il testo è riportato a lato] è senza una risposta valida».

Di questo passo anche Andrew Wiles, lui sì seguace delle matematiche incrementali, avrebbe perso il merito, universalmente attribuitogli, di aver risolto il grande teorema di Fermat! Comunque pare che Cedric, a chi gli illustrava la faccenda, abbia risposto con un grande sorriso! Più recentemente però – sempre secondo questo fantasioso racconto – avrebbe fatto sapere che conosceva bene la questione perché era stata addirittura oggetto di lunga conversazione nel corso di una cena a Princeton con la presenza di altri notissimi matematici, alcuni italiani, che non avevano esitato a definire “melmosi” [muddy] quei ragionamenti (non solo quello riportato, ovviamente) e paradossale il modo come in Italia si fosse arrivati a penalizzare gli aspiranti docenti più bravi e a confondere anche sulla matematica! Come era possibile? Le perplessità erano tali da far ipotizzare tante ragioni recondite! La conversazione aveva preso avvio da considerazioni sulle prove d’esame proposte in un altro momento importantissimo di selezione dei docenti e cioè il più recente concorso a cattedre: tracce non belle, anzi per lo più sballate, per errori ed espressioni fumose riconducibili, si ipotizzava, alla stessa fonte dei “ragionamenti”

TFA. La conversazione, condotta con spirito conviviale, divertito ed ironico, sarebbe andata avanti non poco se a un certo punto i commensali italiani presenti, ricercatori di primo livello, non avessero rivolto a tutti il caloroso invito a non guardare seriamente a questi episodi la cui radice era più politica che matematica, frutto di un disorientamento complessivo che affliggeva il delicato periodo storico. Si trattava cioè di chiari segnali di una regressione culturale generale che trascinava con sé anche la matematica e che rischiava di avere conseguenze nefande nel settore fondamentale dell’insegnamento e dell’apprendimento ma che fortunatamente cominciavano ad essere posti all’attenzione collettiva come uno stato di malattia da cui dover guarire come denunciato nell’Editoriale del PdM n.3/2012 e sul sito della Mathesis. A sostegno della loro tesi, illustrarono anche quanto avvenuto in occasione della pubblicazione delle Indicazioni Nazionali per i Licei (sinteticamente riuscirono a far capire di cosa si trattava e soprattutto ad evidenziarne l’importanza normativa, culturale e pedagogica). Raccontarono che tali Indicazioni iniziano con la frase “Al termine del percorso del liceo… lo studente conoscerà i concetti e i metodi elementari della matematica” che aveva così ben impressionato taluni autorevolissimi esperti da far pensare subito all’organizzazione di una giornata di studio internazionale con la presenza di una delegazione italiana che potesse illustrarla. Essa lasciava infatti prefigurare che ci si poteva trovare di fronte ad un elenco dettagliato che avrebbe potuto giocare per la matematica e per la ricerca didattica un ruolo addirittura paragonabile a quello svolto agli inizi del secolo scorso proprio dalla lista dei grandi problemi di David Hilbert di cui si è parlato sopra. Conoscere i concetti e i metodi elementari della matematica, averne l’elenco completo, punto per punto: che risultato eccezionale!

POSTER GALLERIA MATEMATICA 86X62_2Anche in quel caso si dovette spiegare, però, che le cose non stavano così.
Non c’era nessun risultato eccezionale ma solo superficialità, alla quale ancora oggi, faticosamente, si sta cercando di far fronte sostenendo i docenti e le scuole nell’interpretazione delle Indicazioni, ad evitare che non si sappia più che cosa insegnare di matematica e che cosa far apprendere agli studenti a conclusione di un dato percorso di scuola secondaria superiore. Ma ad evitare altresì che un cambiamento così notevole e radicale, lungamente maturato in più di un cinquantennio di riflessioni scientifiche e pedagogiche, che ci accomuna a quanto avvenuto in ogni parte del mondo, “via regia” alla possibile concretizzazione di un miglioramento della qualità dell’insegnamento e degli apprendimenti, fosse vanificato nei suoi principi di legge dello Stato. E non è un lavoro facile. Lo sta facendo il MIUR con alcuni progetti nazionali (il poster che campeggia nella copertina di questo fascicolo del PdM ne è un esempio di successo), e lo sta facendo la Mathesis anche attraverso il Periodico che, costantemente, dal 2009, non perde occasione per parlarne. Ma è una gran fatica! Eppure, razionalmente, si deve ammettere che se si cambia lo si fa per migliorare non per peggiorare, né tanto meno per confondere o creare una realtà disorientante. In questo caso, invece, il disorientamento aumenta soprattutto per la debolezza delle Indicazioni a svolgere la loro funzione normativa di quadro di riferimento per la progettazione didattica affidata a scuole e docenti. Una funzione già usurpata da altri nell’appropriazione del diritto a costruire un quadro di riferimento. L’Invalsi crea un suo quadro di riferimento, l’Editoria fa altrettanto e, ultimamente l’Università ha rafforzato il suo stabilendo ciò che occorre sapere per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato. Il decreto ministeriale è recentissimo, porta la data del 24 aprile ed è l’ultimo atto del ministro Profumo che ce l’ha messa tutta per fare così male alla scuola e alla cultura (non dimentichiamo che è lui che ha chiesto scusa per errori TFA inesistenti, avvalorato quelle motivazioni “melmose”, ed è stato lui il garante di quelle prove di concorso di cui pure si è detto).

Il decreto parla di 60 quesiti, cui rispondere in 90 minuti, così suddivisi:

  • Medicina e Odontoiatria: 5 di cultura generale e 25 di ragionamento logico; 12 quesiti di biologia, 12 di chimica e 6 di Fisica e Matematica.
  • Medicina Vedisorientamentoterinaria: 5 di cultura generale e 25 di ragionamento logico; 12 quesiti di biologia, 12 di chimica e 6 di Fisica e Matematica
  • Architettura: 5 quesiti di cultura generale e 25 di ragionamento logico, 12 di storia, 10 di disegno e rappresentazione e 8 di matematica e fisica.

Le discipline sono anche graduate per importanza. In caso di parità di punteggio, le risposte date a quesiti di ragionamento logico valgono di più di quelle date a biologia e così proseguendo nell’ordine in cui esse sono riportate.
Si tratta di un sapere gerarchizzato, ma non precisato, fuzzy si sarebbe detto in quella cena con Villani. Che cos’è cultura generale? Quale è il suo ambito disciplinare o interdisciplinare. E cos’è ragionamento logico? Già nella dizione appare ridondante, tautologico. Per altri potrebbe essere addirittura un ossimoro considerato il dilagante s-ragionare comune. Allora, che cos’è, e se è così importante perché non lo definiamo e lo insegnamo a tutti, nelle scuole? Ma una volta, quei tanto vituperati programmi ministeriali d’insegnamento nei licei, in quella sobria e sostanziosa premessa, non asserivano che l’obiettivo è il “disciplinamento dell’intelletto”? E questo non vuol dire forse educare a ben ragionare, obiettivo da sempre perseguito nell’insegnamento?
L’Università ha forse raggiunto del ragionamento logico un dominio saldo e completo? Ha forse trovato anche una conclusione alle incompiute Regulae ad directionem ingenii di Cartesio? E poi biologia e chimica per i medici e gli odontoiatri, storia e disegno e più matematica, per gli architetti. E quale matematica? A quali conoscenze di matematica e di fisica si riferiscono le Università o coloro che per essa decidono?

In questa situazione così pervasa di forze attrattive divergenti per il peso e le funzioni istituzionali che esplicano, così disgregata nel tessuto degli ordinamenti, così logicamente lacerante l’unitarietà del sistema dell’istruzione, ove ognuno fa per sé, come si potrà orientare la collettività? Come non pensare ad un unico grande e pervasivo imbroglio nazionale? Sono possibili tre alternative.

ALTERNATIVA 1: quello che si insegna a scuola ha un peso molto relativo. Così gli esami di Stato. La scuola continua a scivolare lungo la china di una crescente perdita di significato e di valore. Conteranno le agenzie esterne e gli enti di formazione, quelli che preparano a superare i test. Crescerà il volume, in milioni di euro, del giro economico collegato ai costi della preparazione e della partecipazione alla giornata di celebrazione del test che quest’anno alla sola Università Cattolica ha fruttato più di un milione di euro (quasi 9000 candidati per 120 euro di iscrizione, il 22 aprile scorso).

ALTERNATIVA 2: gli istituti d’istruzione secondaria di secondo grado cedono ai grandi attrattori, all’Invalsi e all’Università, studiano e si adeguano alle richieste, stabiliscono gli opportuni legami di accondiscenza e di secondarietà a che valuta e comanda, modificano la loro offerta formativa e finalizzano la loro attività alla preparazione al superamento dei test. La competizione è aperta. L’efficacia dell’azione didattica sarà facilmente riscontrabile dal ben figurare nei risultati Invalsi e dal numero di ammessi ai corsi universitari. Le Indicazioni Nazionali e le Linee Guida scadranno a ciò che l’infausto nome “indica”: ci sono, ma non servono!

ambrisi2ALTERNATIVA 3: si rende chiaro e inequivocabile ciò che è prescritto che si deve insegnare e si deve apprendere a conclusione di un percorso di studio di scuola secondaria superiore e i test ne devono tener conto. Si fa in modo cioè che le Indicazioni possano assolvere pienamente alla loro funzione di guida culturale e pedagogica dell’azione didattica da sviluppare nelle scuole. Un’azione finalizzata a dare ai futuri buoni cittadini, secondo il profilo che la Legge ha stabilito, la cultura generale declinata, in termini di conoscenze, abilità e competenze, nell’unico quadro – legale – di riferimento per i docenti e per gli studenti, per le famiglie, per l’Invalsi, per l’Università, per il mondo del lavoro.

È questa terza alternativa che speriamo sia compresa, seguita, concretizzata per ridare alla Scuola e alla Cultura il loro significato. Per farlo, è sufficiente una tempestiva mobilitazione intellettuale di cui la Nazione ha l’occasione di mostrare di esserne capace.

 

*Editoriale di Periodico di matematiche 1/2013

Mobilità personale ATA

Mobilità personale ATA: domande da presentare on line entro l’11 giugno

 

Vuoi trasferirti in altra sede della tua provincia o in altra provincia? ANIEF ti invita a chiedere il riconoscimento di tutti i titoli valutabili ai sensi dei principi di ragionevolezza, parità di trattamento e merito nel rispetto della direttiva 1999/70/CE sui rapporti di lavoro a tempo determinato e sulla non discriminazione. Per preaderire ai ricorsi per la mobilità Ata scrivi a titoli.mobilita@anief.net.

 

L’Anief considera il CCNI richiamato e la nuova ordinanza n. 9 del 13 marzo 2013 come lesivi dei principi testé dichiarati e intende avviare, dopo il consolidamento della dottrina, ricorsi seriali per la valutazione del servizio pre-ruolo al pari di quello prestato dopo la nomina (punti 2).

 

Anief invierà entro l’11 giugno a chi ha inviato la preadesione ai ricorsi la modulistica per proporre formale reclamo e tentativo di conciliazione con una legenda sulla tempistica e le procedure da attivare, contestualmente alle istruzioni per perfezionare l’adesione al ricorso.

È importante conservare copia di ogni documento prodotto ai fini del deposito durante il processo. Il tentativo di conciliazione sarà esperito gratuitamente dai consulenti dell’Anief.

Per preaderire ai ricorsi, è necessario essere in regola con l’iscrizione all’Anief o iscriversi alla stessa (seguendo le istruzioni al seguente link) e inviare per e-mail come allegato a titoli.mobilita@anief.net la scheda di preadesione entro le date indicate. La preadesione, così come la presentazione del reclamo o del tentativo di conciliazione, non sono vincolanti per l’adesione al ricorso, ma propedeutici.

Per ogni tua necessità e/o richiesta di assistenza per la compilazione della domanda “on line” scrivi a mobilita.ata@anief.net.

 

Un passato impossibile

Un passato impossibile

di Antonio Stanca

passatoDi fronte ad un contesto umano, sociale, politico, economico, culturale, linguistico, religioso così vario e mosso come quello contemporaneo, ad un sistema di comunicazione che ha potenziato i suoi mezzi fino a permettersi di avvenire tra distanze lunghissime, tra paesi lontanissimi, all’incontenibile diffusione di nuovi modi di pensare, di fare in ambito individuale e sociale, ad una modernità che in molti casi non è stata preparata, maturata ma soltanto subita, alle conseguenze critiche che questi fenomeni hanno comportato riguardo ai principi, alle regole, ai valori della tradizione, si è giunti a pensare sempre più spesso ai modi da usare per recuperare il passato. La realtà è diventata così ampia, così movimentata da non  offrire riferimenti sicuri, inalterabili come prima e da farli desiderare. Anche quelli offerti da istituzioni come la Chiesa, la famiglia, la scuola, sono ormai ridotti nella loro importanza, nella loro funzione dal momento che altri, di altra origine e provenienza, si sono diffusi ed hanno fatto perdere ad esse il valore di modelli da seguire. Si è arrivati alla formazione di una società, alla conduzione di una vita dove a distanza ravvicinata sono venute meno quelle regole di pensiero, di comportamento, quei costumi che erano stati alla loro base. Sono state accolte tante novità quante sono derivate dal rapido sviluppo della scienza, della tecnica e dalla loro applicazione a livello privato e pubblico. I nuovi mezzi dei quali si poteva disporre hanno finito con l’orientare i gusti, determinare i costumi, diffondere delle mode. E tante sono diventate queste quanti sono stati quei mezzi. Tante sono diventate pure le realtà da essi create e ancor più accresciute da fenomeni quali la globalizzazione e la comunicazione telematica. Infiniti, incalcolabili gli interessi, gli scopi che  si sono diffusi, si perseguono e non solo tra i giovani ma in ogni fascia d’età.

In una situazione simile determinatasi da tempo e volta a complicarsi sempre più si pensa ora a come arrestarla al fine di recuperare le vecchie maniere, i vecchi principi. Non si tiene conto che è impossibile riportare a pochi elementi una tale esplosione, che finita è l’idea di un destino comune nel quale proiettarsi, che molto è emerso, nell’uomo, di suoi propri bisogni, istinti, desideri, voleri e tutti ha voluto egli soddisfare a volte senza distinzione, senza sosta fino a confondersi, a perdersi tra essi. Soffre adesso delle gravi conseguenze e vorrebbe tornare indietro. Sono i pensieri di chi si sente superato dalla situazione, di chi non ha saputo, non ha voluto rinunciare a nessuna delle sue volontà e non capisce che non può farlo quando ne è sopraffatto. E’ stato affetto, l’uomo moderno, da una malattia che si è aggravata col tempo, è avanzata inesorabilmente. Una malattia che, peraltro, non sarebbe stato possibile evitare, fermare, curare se la si considera legata al processo della storia, della vita che cambiavano come i tempi chiedevano.

Allarmante è una simile constatazione ma inevitabile: significa che si son dovute accettare come necessarie la rovina, la fine di quanto ha fatto parte per secoli dell’umanità, della storia, della letteratura, della religione, degli avvenimenti, delle gesta che l’hanno costituita e segnata per generazioni. Significa che, a differenza delle altre volte, stavolta il nuovo non è derivato dal vecchio, da un suo sviluppo, da una sua evoluzione ma si è sovrapposto ad esso, lo ha negato, cancellato.

Ferie non godute: si possono monetizzare

Ferie non godute: per l’ANIEF si possono monetizzare

ANIEF non chiede nessuna nota di chiarimento al MIUR, l’art 56 è chiarissimo: “Le disposizioni di cui ai commi 54 e 55 non possono essere derogate dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013”.

Il ripristino del pagamento delle ferie dei precari della scuola contenuto nell’attuale versione della Legge di Stabilità, che a seguito della spending review non si sarebbero dovute monetizzare, rappresenta un dato importante perché costituisce il ripristino di un diritto, che se altrimenti negato avrebbe chiaramente violato tutta la normativa vigente.

L’ art. 2113 c.c. afferma: “le rinunzie e le transazioni aventi per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi non sono valide.” A tal proposito, riceviamo dai supplenti diverse segnalazioni in merito alla decisione di alcuni Dirigenti scolastici che suggeriscono ed in alcuni casi “obbligano” a  richiedere le ferie già maturate.

Fino ad un mutamento della normativa vigente, ANIEF si rivolge a tutto il personale precario interessato e lo invita a non dare seguito alcuno agli “inviti” a fruire delle ferie entro lo scadere del contratto, da parte dei dirigenti scolastici. Nel caso in cui questi ultimi volessero “forzare la mano”, emanando provvedimenti di collocamento in ferie d’ufficio, sarà sufficiente inviare una e-mail a ferie@anief.net per richiedere il modello di risposta da presentare contro tale provvedimento.

Nel caso in cui i dirigenti scolastici non dovessero tenerne conto, confermando la disposizione delle ferie d’ufficio, Anief fornirà successive indicazioni per la tutela legale del caso. Ci auguriamo che i dirigenti scolastici vogliano ascoltare l’appello dell’Anief ed evitare ai precari un nuovo ricorso alla giustizia che, stante l’attuale quadro normativo di riferimento, porterebbe l’Amministrazione ad un’ennesima soccombenza in giudizio e ad un ulteriore esborso di denaro pubblico per le condanne alle spese legali.

Organici di strumento musicale scuole medie provincia di Cosenza

Organici di strumento musicale scuole medie provincia di Cosenza.

 

Facendo riferimento alla notizia diffusa da qualche organo di stampa, in merito al giro di vite sui posti di strumento musicale nelle scuole medie della provincia di Cosenza, il Sindacato SAB, presente all’informativa sindacale con il segretario generale prof. Francesco Sola e al tavolo tecnico con il responsabile del settore prof. Francesco Ricciuti, fa rilevare che la stesura degli organici di

strumento musicale 2013/2014 è ancora in corso.

Nel merito, si sono avute garanzie dall’ATP che non saranno operati tagli su nessuno strumento per

un totale di 196 cattedre, il tavolo tecnico voluto da tutti i sindacati e non da uno solo, per come

pubblicato, ha solo il compito di armonizzare alcune ore di strumento musicale in quelle scuole con

poca popolazione scolastica (dato che si evince dall’organico stesso) a beneficio di scuole con più

alunni che frequentano lo strumento musicale salvaguardando, comunque, le titolarità esistenti e

garantendo l’insegnamento nelle scuole dove lo strumento è regolarmente presente da diversi anni.

Tale operazione, chiusa velocemente, non ha portato né tagli in generale, né soprannumerarietà nel

rispetto del decreto interministeriale sugli organici il quale prevede che, per lo strumento musicale,

l’insegnamento va impartito nelle situazioni esistenti.

Si rammenta che sul territorio esistono ancora scuole con 12 ore su tre classi con numeri elevati di

alunni e scuole con alcuni strumenti a 6 ore, a 12 ore e altre a 18 ore, in contrasto con il D.M.

201/99; questi dettagli sono passati inosservati al Dirigente dell’ATP che, non ha considerato, a

parere del SAB, quanto previsto dal D.M. 37/2009 e cioè “6 ore settimanali” per classe o “gruppo

di alunni”, e che bisogna garantire un’ora di solfeggio e/o musica di insieme per classe.

Il Dirigente dott. Nicola Penta ha tenuto conto, invece, di un solo monitoraggio/proiezione non

attendibile in quanto non considera gli alunni che entreranno nelle classi prime, per le quali secondo

l’ultima circolare Ministeriale in materia di organici, la n. 10 del 21/3/2013 relativa alle iscrizioni

ribadisce che bastano “3 alunni a strumento” per attivare la prima classe.

Il medesimo dirigente invece ha operato con un’esternalizzazione e uno spostamento di cattedre in

contrasto con quanto richiesto dal tavolo tecnico, secondo criteri numerici illogici e in contrasto con

la normativa vigente.

Si evidenzia inoltre che lo stesso ATP, sollecitato più volte dal sindacato SAB che ha patrocinato il

ricorso, non ha ancora dato esecuzione alla sentenza ormai definitiva emessa dal TAR Calabria la

quale recepisce tali normative insieme ad altre due sentenze precedenti emesse dallo stesso TAR,

che obbligano, di fatto, l’ATP a portare da 12 a 18 le ore su tre classi, le scuole con tale situazione e

che ora sarà il commissario ad acta, già nominato, con ulteriori spese per l’Amministrazione, ad

intervenire per l’esecuzione di dette sentenze .

Alla luce di ciò il SAB continuerà a presenziare affinché non siano operati tagli sulle cattedre che

dovranno essere riportate a 196, congiuntamente alle ore residue che saranno distribuite in base dati

reali degli organici, inoltre chiederà di aprire nuove attivazioni in scuole che da tempo richiedono lo

strumento musicale, e valuterà tutte le azioni necessarie affinché tutte le scuole ancora funzionanti

con 12 ore transitino a 18 ore e quindi costituire nuovi posti cattedra per garantire una migliore

qualità del servizio pubblico come previsto dalla normativa vigente, disattesa dall’ATP di Cosenza.

Le sedi SAB saranno a disposizione per visionare gli organici una volta definitivi.

Il responsabile SAB strumento musicale

Prof. Francesco Ricciuti

Pensione per i professori, i sindacati: “Uscite flessibili per favorire i giovani”

da Repubblica.it

Pensione per i professori, i sindacati: “Uscite flessibili per favorire i giovani”

La proposta di Gilda e Cisl per ‘ammorbidire’ la riforma Fornero: cumulare negli ultimi 5 anni part-time e metà pensione. Torna alla ribalta il problema del burnout, dei docenti ‘scoppiati’ per lo stress da lavoro

di SALVO INTRAVAIA

REGOLE particolari per i pensionamenti della scuola. A chiederlo sono Gilda degli insegnanti e Cisl. A indurre una prima riflessione sull’applicazione della legge Fornero al personale della scuola sono stati i dati degli ultimi pensionamenti, ma anche la fatica che ogni giorno fanno gli insegnanti in classe con la prospettiva di non potere lasciare la cattedra prima dei 67 anni. Qualche giorno fa, la Gilda ha proposto al nuovo ministro, Maria Chiara Carrozza, di consentire ai docenti di cumulare, nel corso degli ultimi 5 anni di servizio, part-time e metà pensione. In questo modo è possibile liberare posti da assegnare ai giovani docenti e ai precari in attesa di essere assunti.
La prima applicazione della legge Fornero al personale scolastico ha più che dimezzato le uscite per pensionamenti: dai 21.000 docenti e 5.336 Ata del 2012, ai 10.000 docenti e 3.343 ATA di quest’anno. Un dato che preoccupa non poco i sindacati perché quello dell’Istruzione, ormai da anni, e soprattutto in questo momento di crisi, è l’unico ministero che assume a ritmi costanti e con numero considerevoli: 21mila insegnanti lo scorso mese di settembre. Assunzione che, con l’attuale legge sui pensionamenti, sarà impossibile ripetere. Secondo Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda, l’obiettivo della proposta è quello di “sanare in una volta sola due grandi problemi della scuola: quello di decine di migliaia di precari abilitati, fermi nell’eterna lista di attesa, e quello di altrettanti docenti anziani che, stoppati dalla riforma Fornero, fanno sempre più fatica a reggere il carico di lavoro”.
Una circostanza ben nota a chi si occupa da anni di stress degli insegnanti, come Vittorio Lodolo D’Oria  –  il medico che per primo in Italia ha affrontato il tema del burnout (che significa “bruciato”, “scoppiato”) dei docenti. Già nel 2006 Fioroni, durante la sua breve esperienza a viale Trastevere, propose uscite anticipate per le insegnanti della scuola dell’infanzia, le più esposte alle patologie psichiatriche legate allo stress da lavoro. Ma poi non se ne fece più nulla.
Adesso, con l’aumento di quasi 10 anni dell’età pensionabile, i sindacati ritornano sulla questione. La soluzione proposta dalla Gilda, afferma Di Meglio, “consentirebbe di creare rapidamente almeno 100mila  posti liberi a tempo parziale, ponendo fine alla questione delle graduatorie a esaurimento”.
“Il neo ministro dell’Istruzione  –  conclude il leader della Gilda  –  ha dichiarato di voler risolvere il problema del precariato e la Gilda degli Insegnanti formula una proposta concreta. Tocca al governo adesso dimostrare che vuole andare oltre i soliti annunci”. Anche la Cisl  –  per tutti i lavoratori  –  è uscita con una proposta per consentire l’uscita flessibile dei lavoratori, sfruttando il part-time, che propone “l’utilizzo contrattato e volontario del part-time negli ultimi anni della carriera lavorativa, senza penalizzazioni per i lavoratori interessati e lo sviluppo di forme mutualistiche integrative finalizzate a consentire un’uscita anticipata dal lavoro, da sostenere con opportuni incentivi fiscali e previdenziali”.
Misure, afferma il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, che “possono contribuire positivamente all’obiettivo di aumentare progressivamente l’età effettiva di pensionamento in una prospettiva socialmente sostenibile”.

La decontrattualizzazione e l’asimmetria tra diritti e doveri contrattuali

da Tecnica della Scuola

La decontrattualizzazione e l’asimmetria tra diritti e doveri contrattuali
di L.F.
“Decontrattualizzare” significa affidare alla legge la definizione di aspetti importanti del rapporto di lavoro. Con il rischio che molti diritti vengano ridotti o addirittura azzerati.
Continua inarrestabile la corsa verso un arretramento del potere contrattuale dei docenti della scuola e del personale tutto. Un fenomeno che è iniziato da almeno un quinquennio e che si chiama “decontrattualizzazione”.  Questo fenomeno ha generato e sta potenziando una evidente asimmetria tra i diritti e i doveri contrattuali. La decontrattualizzazione è una chiara destrutturazione del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro della scuola, che tra le altre cose è scaduto da oltre tre anni. In cosa consiste in buona sostanza questa decontrattualizzazione? Consiste in una costante invasione di campo del potere legislativo che, intervenendo con l’approvazione di alcune leggi di riordino o di risparmio della spesa pubblica, cancella di fatto parti consistenti del contratto dei lavoratori della scuola. Così facendo si sono cancellati dei diritti del personale scolastico, che si vede poco tutelato dai sindacati.  E’ opinione diffusa, tra i lavoratori della scuola, che i sindacati si accontentano di accordi al ribasso, che alla diminuzione dei diritti vedono una proporzionale pretesa dei doveri. All’orizzonte nulla di buono sul rinnovo contrattuale della scuola, anzi si sta pensando molto concretamente di prolungare al 2015 il blocco dei contratti e ogni pretesa di aumento stipendiale. Infatti la Commissione Bilancio di Camera e Senato, ha preso in esame la bozza di Regolamento sul blocco di stipendi e contratti pubblici fino al 31/12/2014.  Si procede spediti senza ripensamenti verso il provvedimento che vedrà l’attuale contratto della scuola prorogato per altri due anni. La conseguenza di questo blocco sarà inevitabilmente il procrastinarsi del blocco biennale degli scatti di anzianità. I sindacati cercano, maldestramente, di negare questa triste evidenza, che sta sotto gli occhi di tutti, sostenendo per esempio che le contrattazioni integrative d’istituto si devono svolgere su tutte le materie previste dal CCNL, compreso, e per intero, l’ormai famigerato art.6 . Purtroppo sappiamo bene che la realtà, nascosta dai sindacati, è un’altra, ed è quella di un sempre maggiore potere autonomistico, anche sull’organizzazione del lavoro all’interno delle singole scuole, del trionfo dei dirigenti scolastici appoggiati dalle loro associazioni e della legge Brunetta che dà loro immensi poteri. La scuola è diventata una struttura dall’organizzazione verticistica, che non si può piegare alle logiche dei contratti e non può, per ragioni di produttività e di raggiungimento degli obiettivi di azienda, restare vincolata agli obblighi di norme e regolamenti rigidi.  E’ diventata una scuola frenetica, dove l’ossessione del risultato, da raggiungere a tutti i costi, ha fatto saltare il tappo dei diritti contrattuali, creando una forte asimmetria tra diritti sottratti e l’introduzione di nuovi doveri.  Una logica aziendalistica che non funziona ed è fallimentare, perché fatta con i soldi pubblici, che tra le altre cose stanno anche diminuendo sensibilmente.

Il “disastro annunciato” dei concorsi a cattedre

da Tecnica della Scuola

Il “disastro annunciato” dei concorsi a cattedre
di R.P.
La legge di stabilità per il 2013 ha ridotto drasticamente i compensi per presidenti e commissari che non possono neppure optare per l’esonero dall’insegnamento. Se non si cambiano le regole i concorsi pubblici diventeranno una chimera.
Sulle prevedibili difficoltà nell’espletamento delle procedure concorsuali la nostra testata era intervenuta già nei mesi passati per mettere in evidenza i problemi strutturali che stavano alla base di un vero e proprio “disastro annunciato”. Le prime avvisaglie c’erano state già nei mesi di dicembre e gennaio quando molti Uffici scolastici regionali iniziarono a invitare ripetutamente le scuole a “reclutare” commissari di concorso. Ma che la situazione sarebbe stata difficile, anzi difficilissima lo si è capito esattamente il 1° febbraio e cioè quando il Miur firmò una ordinanza per autorizzare gli uffici scolastici regionali a nominare come commissari chiunque si fosse dichiarato disponibile ad accettare l’incarico.
Il disastro è tutto legato ai commi 46 e 47 dell’articolo unico della legge di stabilità che ha rivisto i compensi previsti per i componenti delle commissioni dei concorsi a cattedra che erano regolati in precedenza dall’articolo 404 del “vecchio” TU del 1994. A seconda del numero dei candidati e del numero di sedute necessarie per portare a termine l’intera procedura concorsuale i compensi potevano variare da 850 euro circa fino a 6.800; nel caso in cui il componente della commissione chiedesse l’esonero dal servizio il compenso veniva azzerato. Con la legge di stabilità, però, i compensi sono stati drasticamente ridotti: 251 euro per il presidente, 209 per i componenti di commissione e 0,50 euro di “compenso integrativo” per ciascun elaborato o candidato esaminato, con la precisazione che in ogni caso il compenso complessivo non può eccedere l’importo di 2.051,70 euro (aumentato del 20% per i presidenti). Ovviamente non c’è neppure bisogno di precisare che stiamo parlando di compensi lordi (il netto è pari più o meno alla metà).
Non solo, ma in precedenza si poteva optare per l’esonero dall’insegnamento per tutta la durata dei lavori della commissione, mentre la legge di stabilità ha cancellato questa possibilità. Senza considerare che ormai i dipendenti statali non possono più essere autorizzati all’uso del mezzo proprio (e se vogliamo essere tignosi bisogna anche dire che se si utilizzano i mezzi pubblici non si ha neppure il diritto ad ottenere il rimborso dei biglietti degli autobus urbani). A questo punto non c’è da stupirsi che non si trovino insegnanti disposti a lavorare a queste condizioni. Ma il dato più drammatico di cui poco si sta parlando è forse un altro: se le regole di “ingaggio” di presidenti e commissari non verranno cambiate d’ora in poi il reclutamento dei docenti potrebbe essere affidato non a professionisti seri e preparati ma a chi sarà disposto a lavorare per quattro spiccioli.

Assegnazione ai plessi: Brunetta-sindacati 2-0?

da Tecnica della Scuola

Assegnazione ai plessi: Brunetta-sindacati 2-0?
di Reginaldo Palermo
Nel CCNI su assegnazioni provvisorie e utilizzazioni non ci sono più riferimenti alla materia dell’assegnazione ai plessi. Le nuove regole del decreto Brunetta sembrano ormai accettate da tutti, ma nei loro siti i sindacati non fanno nessun accenno alla questione.
Il CCNI su assegnazioni provvisorie e utilizzazioni contiene una novità politico-sindacale di straordinaria importanza: manca in esso qualsiasi riferimento alla questione della assegnazione del personale docente e Ata ai plessi e alle sedi. Per comprendere a fondo la portata di questo fatto bisogna andare indietro nel tempo e ricordare che nei precedenti contratti proprio queste disposizioni avevano determinato un forte contrasto fra sindacati e amministrazione. In realtà, in un modo o nell’altro, in sede di sottoscrizione di pre-intesa i sindacati erano sempre riusciti ad ottenere l’inserimento della disposizione nel testo contrattuale. Disposizione che è sempre stata regolarmente cassata e respinta dagli organi di controllo (Dipartimento della Funzione Pubblica e Corte dei Conti). Due anni fa, dopo i rilievi della Funzione Pubblica sulla pre-intesa, il Miur fu costretto a modificarne il testo e poiché i sindacati si rifiutarono di firmare il contratto definitivo le operazioni di assegnazione e utilizzazione vennero regolate con un atto unilaterale del Ministero stesso. Per “accontentare” i sindacati il Ministero emanò addirittura una circolare con la quale forniva indicazioni molto minuziose in materia di assegnazione del personale ai plessi.
Ma perché su questa materia c’è tutta questa confusione ? La risposta è abbastanza semplice: il CCNL del 2007 demandava alla contrattazione di istituto la definizione di criteri e modalità per l’assegnazione del personale; il decreto legislativo 150/2010 (il c.d. decreto Brunetta) attribuiva ai dirigenti scolastici tale responsabilità, ma i sindacati del comparto hanno contestato fin da subito questa interpretazione. Molti casi sono finiti anche nelle aule dei tribunali che per lo più hanno stabilito che la competenza è effettivamente del dirigente scolastico. Ciononostante i sindacati, grazie anche all’inerzia del Ministero dell’Istruzione, hanno sempre tentano di far inserire nel contratto su assegnazioni e utilizzazioni norme e regole contrarie al dettato del decreto 150. Ma quest’anno, dopo le ripetute bocciature degli anni passati, il Ministero non ha più accettato il “compromesso” e non ha più voluto inserire nella pre-intesa disposizione contrastanti con il decreto Brunetta.
Resta nella premessa del CCNI una formula che secondo i sindacati avvalora la loro interpretazione (“la contrattazione di istituto si svolge su tutte le materie previste dal CCNL”) ma è del tutto evidente che si tratta solo di una petizione di principio perché appunto il decreto 150 ha decontrattualizzato alcune materie. D’altronde che i sindacati abbiano ormai deciso di deporre le armi sulla questione è dimostrato da un dato del tutto inoppugnabile: nessun comunicato sindacale relativo alla firma del CCNI del 15 maggio fa il benché minimo accenno al problema della assegnazione ai plessi e alle sedi. La sensazione è che nessuno ne voglia parlare per evitare di dover ammettere che la battaglia condotta in questi anni è stata del tutto inutile se non addirittura dannosa.

A giugno il secondo forum della conoscenza

da Tecnica della Scuola

A giugno il secondo forum della conoscenza
Tornano a riunirsi gli stati generali della conoscenza. Il 1 giugno si riuniscono a Roma studenti, docenti, ricercatori, genitori, organizzazioni sindacali, associazioni laiche e cattoliche che operano nella formazione
A Roma, il 1 giugno, si svolgerà il secondo forum nazionale della conoscenza, organizzato dai promotori degli stati generali della conoscenza, 30 associazioni di carattere diverso – tra cui la Flc Cgil – unite dal comune sentire sul ruolo della conoscenza per i processi di crescita sociale, democratica, economica dei paesi civili. Il primo appuntamento si tenne nel maggio 2011. Dopo il primo forum i promotori hanno continuato ad incontrarsi, a discutere, a tenere alto un tema per lungo tempo scomparso dall’agenda della politica italiana. Il forum di giugno avrà un carattere operativo e propositivo: dalla presentazione del documento redatto dal comitato promotore all’approfondimento nei lavori di gruppo dei temi considerati cruciali perché la conoscenza abbia un ruolo strategico in Italia. Studenti, docenti, ricercatori, genitori, organizzazioni sindacali, associazioni laiche e cattoliche che operano, da vari versanti, nel settore della formazione si ritroveranno a discutere. I promotori degli stati generali ricordano che “ancora non si è assistito a una fase di rilancio degli investimenti nei sistemi di formazione pubblica, dunque sono sempre più a rischio valori fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione: il diritto al sapere come base per l’esercizio della cittadinanza attiva, la scuola pubblica come fattore primario di inclusione e mobilità sociale, la libertà di insegnamento e ricerca. Per questo occorre rimettere al centro la conoscenza come bene comune, da cui far ripartire un progetto di ricostruzione etica e democratica”. Il forum si terrà presso il centro congressi Frentani, in via di Porta Tiburtina 42 con un programma articolato in attività in plenaria e in attività di gruppo. I lavori inizieranno alle ore 10 con la presentazione del documento Un progetto per la conoscenza elaborato dal Comitato Promotore. Dalle ore 11 si realizzeranno quattro gruppi di riflessione e confronto sui grandi temi della conoscenza: “Conoscenza, Costituzione, Diritti e Welfare”; “Conoscenza: tempi, luoghi e relazioni per l’apprendimento permanente”; “Conoscenza: modalità, metodologie, processi”; “Conoscenza, sviluppo, lavoro”. Dal confronto scaturiranno anche proposte per l’organizzazione dei forum territoriali che si svolgeranno a partire dall’autunno 2013. Dopo la pausa pranzo, le attività riprenderanno con la seconda parte dei lavori di gruppo che si concluderanno alle ore 16,30, quando tutti si riuniranno in plenaria per la restituzione delle proposte formulate e per le conclusioni. Con il secondo forum nazionale, gli stati generali della conoscenza intendono formulare proposte e riflessioni da condividere poi con “il popolo della conoscenza” di tutta Italia durante forum territoriali. Il loro scopo è quello di creare una grande occasione di confronto sul tema della conoscenza, nella convinzione che nessuna decisione “politica” può avvenire senza il coinvolgimento degli operatori e dei fruitori della conoscenza stessa, e nella speranza di includere in questo processo tutte le persone interessate alla valorizzazione della conoscenza in Italia”. I promotori sono: ADI (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani), AIMC, AGENQUADRI, ARCI, AUSER, CGD, ConpAss, CGIL, CIDI, CIP (Comitato Insegnanti Precari), EDAFORUM, FLC, FNISM, FONDAZIONE DI VITTORIO, LEGAMBIENTE ,LEGAMBIENTE Scuola Formazione, LEND, LIBERA, LINK, MCE, MIEAC, MSAC, PROTEO Fare Sapere, RETE 29 APRILE, RETE STUDENTI MEDI, RETE DELLA CONOSCENZA, SPI, UCIIM, UDS, UDU. (Rassegna.it)

Il diabete: libro-guida per gli insegnanti

da Tecnica della Scuola

Il diabete: libro-guida per gli insegnanti
Per un bambino affetto da diabete, momenti “normali” per altri richiedono un’attenzione particolare: piccoli ma fondamentali accorgimenti che garantiscono il diritto a essere uguali anche se diversi
Le gite, le gare sportive, lo spuntino all’intervallo e le feste con i compagni di classe: la vita di un bambino tra i 6 e gli 11 anni è scandita da momenti che accomunano un’intera fascia d’età e che ruotano attorno a uno dei luoghi più importanti dell’infanzia: la scuola. Per aiutare il mondo scolastico a capire le particolari esigenze di un alunno diabetico, la Clinica Pediatrica di Novara-Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università del Piemonte Orientale ha voluto raccogliere la voce di dieci piccoli pazienti e imprimerla in un libro-guida rivolto a tutti gli insegnanti: ”Il diabete. Dieci storie, cento bambini, mille maestre”.Il volume ha ricevuto l’attenzione del Ministero della Salute ed è stato realizzato in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale e l’Ufficio scolastico provinciale di Novara e il sostegno di Sanofi Italia. In occasione del Salone internazionale del libro di Torino la Regione Piemonte ha voluto ospitarne la presentazione presso il proprio stand istituzionale.”In Piemonte ci sono 374 bambini tra i 6 e gli 11 anni affetti da diabete – sottolinea Roberto Cota, presidente Regione Piemonte – Come ogni loro coetaneo, la scuola è il luogo in cui trascorrono la maggior parte del proprio tempo e credo che questo libro sarà uno strumento prezioso per imparare a capirne le esigenze: diverse e al contempo uguali a quelle di tutti i bambini della loro stessa età”. ”I bambini diabetici devono affrontare una serie di adempimenti quotidiani inusuali per la loro età, e quindi eccezionali, ma nell’essere come tutti gli altri sta la loro riuscita come alunni oggi e come uomini domani – sottolinea Francesco Cadario, autore del volume e responsabile dell’Ambulatorio di Diabetologia della Clinica Pediatrica di Novara – Quindi è compito di tutti coloro che hanno un ruolo ”attorno” a questi bambini, genitori, insegnanti, compagni ed amici, aiutarli a ricostruire una normalità, che garantisca loro la qualità della vita che ogni bambino ha il diritto di avere”. In Italia il diabete infantile colpisce circa un bambino su 3800 e vede una casistica in costante aumento (oltre il 3% all’anno). Si manifesta piu’ frequentemente tra i 5 e i 10 anni, ma colpisce sempre più bambini in tenera età, già a partire dalle scuole materne. In Piemonte, attualmente, ci sono 308 casi di bambini tra i 6 e gli 11 anni affetti da diabete di tipo 1 (insulino-dipendente) e 66 casi di diabete di tipo 2 (non insulino-dipendente). A provocare questa malattia autoimmune e’ un aumento di zuccheri nel sangue che l’insulina, ormone prodotto dal pancreas, non riesce a riequilibrare. Si tratta di una malattia che permette comunque una vita normale a tutti gli effetti anche se con alcuni accorgimenti.

Concorso a cattedra, commissari cercansi

da Tecnica della Scuola

Concorso a cattedra, commissari cercansi
di A.G.
Denuncia di una docente di latino, dalle pagine di un quotidiano nazionale, contatta dall’Usr: per 500 euro avrei dovuto lavorare tutta l’estate, mattina e pomeriggio. Mi sono sentita umiliata e mortificata. Amaro commento dell’Anief: ridotti come nell’Ottocento, perché si dovrebbero immolare?
Compensi irrisori, un programma di lavoro intenso e la prospettiva di non andare in ferie. È questo lo scenario che attenderebbe almeno una parte dei commissari del concorso a cattedra che nel corso dell’estate saranno reclutati dai vari Usr italiani. La denuncia è arrivata dalle pagine del quotidiano Repubblica ed è incentrata sul racconto di una docente palermitana di latino contattata dall’Ufficio scolastico regionale per poter essere reclutata in vista degli esami orali che porteranno alla determinazione dei vincitori del concorso. Il problema non è solo quello dei pochi soldi che il Miur ha stabilito di dare ai commissari (circa 500 euro complessive, a detta delle docente siciliana). La prof, che non ha subito declinato l’invito a svolgere il ruolo di commissario, ha spiegato che nella riunione preliminare svolta all’Usr gli è stato illustrato un programma di impegni simile ad un tour de force: il calendario delle presenze in commissione d’esame prevede infatti la presenza “tutti i pomeriggi, sabati compresi, fino alla fine delle lezioni; pausa di qualche giorno e tutto il mese di luglio impegnati mattina e pomeriggio. Ad agosto l’impegno sarebbe stato ancora più pressante, sette giorni su sette, domeniche comprese. Perché, mi spiegano, il calendario degli interrogati va affisso all’albo 24 ore prima. Una follia“. Del resto il Miur è stato chiaro: le graduatorie devono essere pronte entro il 31 agosto.  Per procedere alle immissioni in ruolo, per metà dei vincitori, già dalla prossima estate. “Non nascondo di essermi sentita umiliata e mortificata, non solo per me stessa, ma per tutti quei miei colleghi d’Italia che ogni giorno a scuola lavorano con impegno e serietà“, ha concluso la prof di latino.
La vicenda è stata commentata in serata dall’Anief, che si è soffermato sulle “grosse difficoltà che ha l’amministrazione scolastica nel reperire dei docenti-eroi che si prestino a lavorare tutta la prossima estate”. Ma non solo: il sindacato autonomo si sofferma anche sugli effetti derivanti dalla “carenza di ispettori addetti alla valutazione scolastica” (…), un ‘pugno’ di esperti chiamati a valutare l’operato di quasi 10 mila scuole”.
Impietoso il giudizio di Marcello Pacifico, presidente Anief, che non ne fa solo un problema di compenso inadeguato: “uno Stato che non investe in queste figure professionali, da cui dipende il destino di un milione di dipendenti tra docenti e Ata, oltre che la formazione di sette milioni di alunni, non può permettersi di svilire certe figure professionali. Occorre il prima possibile porre rimedio a tale limite. Altrimenti – continua Pacifico – non si capisce perché dei commissari, ridotti a lavorare come dei lavoratori dell’Ottocento, malpagati, senza sosta e privati anche del riposo settimanale, debbano decidere di immolarsi per una causa in cui nessuno crede. Ad iniziare proprio dallo Stato”.

Sospese le visite fiscali per il controllo dei dipendenti?

da Tecnica della Scuola

Sospese le visite fiscali per il controllo dei dipendenti?
di L.L.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica fa chiarezza sulle notizie apparse su alcuni quotidiani: la sospensione delle visite mediche di controllo disposte d’ufficio dall’Inps non riguarda il pubblico impiego
Con una decisione che ha molto fatto discutere nei giorni scorsi, l’Inps ha disposto la “temporanea sospensione delle procedure relative alle visite mediche di controllo”. La notizia, com’era ovvio, è stata ripresa da numerosi organi di stampa, che hanno immediatamente gridato allo scandalo, perché un simile intervento, secondo le opinioni più diffuse, porterebbe inesorabilmente verso l’assenteismo sfrenato e incontrollato dagli uffici.
Pochi giorni dopo, però, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha placato gli animi, dichiarando che tale decisione non riguarda il pubblico impiego.
Il provvedimento adottato dall’INPS riguarda solo le visite disposte d’ufficio (non previste per il settore pubblico), mentre l’Istituto continuerà ad effettuare le visite richieste dai datori di lavoro (i cui oneri sono a loro carico).
Quindi, nulla cambia per i dipendenti pubblici, compreso il personale della scuola, per i quali le visite di controllo continueranno ad essere disposte dal datore di lavoro.
Perché – ricorda l’Inps – “le visite di controllo sullo stato di malattia per il settore del lavoro pubblico sono disciplinate dall’art. 55 septies del d.lgs. n. 165 del 2001, che prevede sempre visite a richiesta della pubblica amministrazione. Le pubbliche amministrazioni possono chiedere le visite di controllo alle aziende sanitarie locali o all’INPS pagando il corrispettivo fatturato per ciascuna visita”.
Le pubbliche amministrazioni potranno dunque continuare a fare domanda di visita di controllo sia alle Aziende Sanitarie Locali sia all’INPS a seconda del sistema che ritengono più conveniente ed efficace.

Trasmissione dei dati dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture

da Tecnica della Scuola

Trasmissione dei dati dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
di L.L.
In Gazzetta un comunicato dell’Avcp che abbassa la soglia a 40.000 euro
Per gli appalti pubblicati a far data dal 1° gennaio 2013, la soglia dei 150.000 euro prevista dall’art. 7, co. 8 del DLgs 163/2006 (Codice degli appalti pubblici), viene aggiornata al valore di 40.000 euro.
La notizia è contenuta in un comunicato dell’Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 107 del 9 maggio scorso.
Pertanto, per i contratti di lavori, servizi e forniture, di importo superiore a 40.000, dovranno essere inviati i dati relativi all’intero ciclo di vita dell’appalto.
Soltanto per le fattispecie di importo inferiore o uguale a 40.000 euro, sarà richiesta la sola acquisizione dello SmartCIG.

Mobilità annuale: qualche possibilità in più per i neo-assunti

da Tecnica della Scuola

Mobilità annuale: qualche possibilità in più per i neo-assunti
di L.F.
Il recente CCNI su assegnazioni provvisorie e utilizzazioni allarga le maglie del vincolo quinquennale che impedisce l’assegnazione provvisoria ai neo-assunti.
Bisogna ricordare che per gli effetti scaturiti dalla legge n. 106/2011, i docenti destinatari di nomina a tempo indeterminato decorrente dall’anno scolastico 2011/2012 possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in altra provincia soltanto dopo cinque anni di effettivo servizio nella provincia di titolarità. Per questa legge chi è entrato in ruolo a partire dal 1° settembre 2011, non potrebbe presentare, a causa del vincolo quinquennale su citato, la domanda di assegnazione provvisoria e/o utilizzazione. Nell’ipotesi di contratto integrativo concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale della scuola per l’anno scolastico 2013/2014, firmato il 15 maggio 2013, si è cercato, quanto più è possibile e soprattutto nel rispetto delle leggi vigenti, di arginare il vincolo quinquennale che avrebbe impedito la presentazione della domanda di assegnazione provvisoria. Infatti troviamo nell’art. 7 comma 3 del CCNI utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, le eccezioni di coloro che non saranno obbligati al giogo del vincolo quinquennale suddetto. Non rientrano in tale vincolo, i beneficiari delle precedenze previste nell’ art. 8 punti I, III, IV, VI e VII, del contratto integrativo di mobilità annuale. Anche le lavoratrici madri o, in alternativa i lavoratori padri anche adottivi o affidatari, assunti con decorrenza giuridica 1° settembre 2011, che hanno figli di età superiore a tre anni e fino ad otto, pur non avendo diritto alla precedenza di cui al successivo art. 8, punto IV, lettera i), potranno liberamente presentare domanda di assegnazione provvisoria per un’ altra provincia. In buona sostanza il lavoratore padre o la lavoratrice madre di un figlio di età compresa tra i 3 e gli 8 anni ed entrato in ruolo a partire dal primo settembre del 2011, può produrre domanda senza però avvalersi della precedenza, nel caso il figlio abbia età inferiore a tre anni e che invece spetta a chi è entrato in ruolo prima della su citata data. Si ricorda che l’assegnazione provvisoria, come scritto nell’art. 7 comma 1 dell’ipotesi CCNI mobilità annuale 15 maggio 2013, può essere richiesta unicamente per una sola provincia, per il numero di sedi previsto in fase di trasferimento, cioè 20 per scuole dell’infanzia e primaria e 15 per secondaria di I e II grado, oltre che per il posto o classe di concorso di titolarità, anche per altre classi di concorso o posti di grado diverso di istruzione per i quali si riscontri il possesso del titolo valido per la mobilità professionale come disciplinato dall’art. 3 del C.C.N.I. del 20/12/2007. La richiesta di assegnazione provvisoria per altre classi di concorso o posti di grado diverso di istruzione è aggiuntiva rispetto a quella relativa al proprio posto o classe di concorso di titolarità. Nelle domande di assegnazione provvisoria, e questa risulta essere una novità, i posti di sostegno, di tipo speciale o ad indirizzo didattico differenziato sono intercambiabili ai fini del rispetto del vincolo quinquennale di servizio su tale tipologia di posti. Questa intercambiabilità è una sorta di flessibilità di mobilità, restando all’interno del vincolo quinquennale riguardante queste tipologie di cattedre.