Scatti Biennali ai precari: il MIUR si arrampica sugli specchi

Scatti Biennali ai precari: il MIUR si arrampica sugli specchi, l’ANIEF vince ancora

 

Ormai senza più argomenti da poter ‘tirare fuori dal cilindro’ contro le tesi portate avanti dall’ANIEF, il MIUR presenta una difesa “intrinsecamente incoerente” e “difficilmente comprensibile”. Il nostro legale sul territorio, Avv. Paolo Lombardi, ottiene dal Tribunale del Lavoro di Brescia una nuova e meritata condanna per oggettiva disparità di trattamento a carico del Ministero dell’Istruzione che si ostina a non voler riconoscere il diritto dei docenti precari alla stessa progressione di carriera di cui beneficiano i docenti di ruolo.

 

Ottenendo piena ragione in una esemplare e lineare sentenza, il legale ANIEF Paolo Lombardi scardina punto per punto le difese del MIUR che nella sua memoria difensiva, riportata in sentenza, ha sostenuto che “la selezione dei supplenti non ha natura discrezionale e quindi garantisce al supplente una condizione di impiego assimilabile a quella del docente di ruolo non esponendolo all’arbitrio del datore di lavoro, tipico de mercato del lavoro privato, con la conseguenza che sarebbe pienamente tollerabile “un trattamento economico di poco inferiore a quello dei lavoratori di ruolo” in ragione delle “finalità di interesse generale che reggono l’Istruzione Pubblica” (cfr. memoria difensiva pag. 10)”. A questa sconcertante asserzione del MIUR sulla “tollerabilità” di una discriminazione retributiva a discapito dei docenti precari, inaccettabile per l’ANIEF, è seguita la risposta del Giudice che perentoriamente ha rilevato che “l’argomento, in realtà, risulta intrinsecamente incoerente alla luce del rilievo che i docenti di ruolo non sono esposti ad alcun arbitrio del datore di lavoro privato in quanto non sono dipendenti privati, così come non lo sono i supplenti con la conseguenza che il richiamo all’arbitrio del datore di lavoro privato risulta inconferente”. Condividendo le ragioni sostenute dall’ANIEF, dunque, il Giudice conviene che “resta invece l’oggettiva disparità di trattamento retributivo in relazione alla quale le generiche “finalità di interesse generale che reggono l’Istruzione Pubblica” non risultano sufficienti ad elidere l’operatività del principio di parità di trattamento”.

 

Il MIUR, però, nella sua memoria difensiva non si è risparmiato e la sentenza riporta anche che “parte resistente indica quale motivazione oggettiva del trattamento differenziato “il cosiddetto “comune cursus honorum” per cui tutti i docenti di ruolo avrebbero sopportato in precedenza la <<medesima “gavetta”>> (cfr. memoria difensiva pag. 11)”. Una simile argomentazione, disarmante nella sua assurdità per l’ANIEF, ha portato il Giudice a puntualizzare che “la circostanza che il Ministero resistente abbia precedentemente adottato una condotta illegittima nei confronti degli attuali docenti di ruolo, già supplenti, non gli consente di proseguire in tale condotta proprio in ragione del carattere illegittimo della stessa”.

 

Le vane argomentazioni del MIUR, però, non sono finite e, continuando ad arrampicarsi sugli specchi, il Ministero, come chiaramente riportato in sentenza, ha anche “evidenziato il “rischio di distorsioni nella selezione dei supplenti” derivante dall’obbligo dell’Amministrazione di “scegliere, a parità di servizio, il fattore produttivo che abbia il costo inferiore” (cfr. memoria difensiva pag. 12)”; sul punto il Giudice non può che rilevare che “l’argomento si fonda sul rilievo che l’attribuzione degli scatti di anzianità anche ai supplenti comporterebbe l’introduzione di una variabile ope iudicis che altererebbe “l’assoluta uguaglianza che rende i lavoratori iscritti nelle graduatorie una platea distinta solo per punteggi professionali” e constatare che “in realtà, è lo stesso Ministero resistente che riconosce che il datore di lavoro pubblico non assoggetta i supplenti al potere arbitrario del datore di lavoro privato con la conseguenza che l’eccezione risulta difficilmente comprensibile”.

 

In pieno accordo con quanto da anni sostenuto dall’ANIEF, dunque, il Giudice conclude rilevando correttamente che proprio “il ricorso massiccio alle supplenze” è determinato dal fatto che il MIUR non provvede alla copertura dei posti vacanti attraverso le giuste immissioni in ruolo, “mentre il fatto che non vengano stanziate risorse sufficienti per il soddisfacimento delle esigenze del Comparto Scuola non costituisce ragione oggettiva, bensì ragione soggettiva del datore di lavoro pubblico che non può ricadere negativamente sul Lavoratore a tempo determinato che viene in questo modo illecitamente discriminato”.

 

Dopo l’incredibile memoria difensiva del MIUR, che riporta argomentazioni che definire irrispettose dei diritti e del lavoro dei docenti precari è poco, il Giudice condanna il Ministero a riconoscere alla nostra iscritta la dovuta progressione di carriera relativa al periodo di precariato svolto al servizio del MIUR oltre al pagamento delle spese di lite quantificate in 1.650 Euro. L’ANIEF esprime piena e completa soddisfazione per aver nuovamente dato al MIUR una lezione di civiltà in Tribunale obbligandolo ancora una volta al pieno rispetto del Lavoro dei docenti a tempo determinato e costringendolo a considerarli finalmente – come correttamente riportato anche dal Giudice, Dott.ssa Mancini, nella sua esemplare sentenza – Lavoratori; con la lettera maiuscola.

Ricorso 6 punti SSIS: soddisfacente vittoria presso il Tribunale di Brescia

Ricorso 6 punti SSIS: soddisfacente vittoria ANIEF presso il Tribunale di Brescia

 

Il Giudice del Lavoro di Brescia riconosce le ragioni sostenute dall’ANIEF e condanna il MIUR ad attuare l’attribuzione del valore premiale di 6 punti alle abilitazioni conseguite tramite SSIS così come stabilito dalla normativa vigente. Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, avvalendosi della preziosa collaborazione sul territorio dell’Avv. Paolo Lombardo, ottengono la disapplicazione, in favore di nove nostri iscritti, dei D.M. di aggiornamento delle Graduatorie a Esaurimento in cui il MIUR aveva irragionevolmente mortificato il valore dei titoli conseguiti tramite SSIS.

 

Dopo un’esaustiva e puntuale ricostruzione delle disposizioni normative vigenti, il Giudice del Lavoro di Brescia accoglie senza riserve il ricorso patrocinato dall’ANIEF e ribadisce che esiste una specifica disposizione di legge che attribuisce “un valore aggiunto all’abilitazione SSIS rispetto alle altre abilitazioni all’insegnamento” e che l’attribuzione dei 6 punti agli abilitati tramite SSIS altro non è se non “l’attuazione del valore premiale attribuito all’abilitazione SSIS rispetto ad ogni altro titolo abilitante comunque conseguito”. Su tale presupposto, il Giudice conviene con quanto sostenuto dai legali ANIEF constatando che l’operato del MIUR “appare peraltro irragionevole” perché “ha riconosciuto ai titoli abilitanti all’insegnamento diversi da quelli SSIS un punteggio aggiuntivo pari a 6” attuando, così, una “incongrua equiparazione di tali titoli, a quelli degli specializzati SSIS, in assenza di basi normative per riconoscere un punteggio aggiuntivo ai titoli abilitativi diversi dai diplomi SSIS”. Il Ministero, nuovamente soccombente, è stato condannato anche al pagamento di 3.000 Euro di spese di giudizio.

 

Il MIUR nei Decreti di aggiornamento delle Graduatorie ha voluto illegittimamente mortificare il valore formativo e professionalizzante dei due anni di specializzazione SSIS contravvenendo alle espresse disposizioni normative in materia. L’ANIEF esprime piena soddisfazione per l’ulteriore vittoria ottenuta in favore dei propri iscritti nonostante l’ancora incerta giurisprudenza giuslavoristica e l’intervento ostile di improvvisati “esperti” di diritto scolastico e ribadisce il proprio impegno per ottenere al più presto una favorevole risoluzione dell’annosa vicenda a tutela di quanti si sono affidati e si affidano quotidianamente e con fiducia al nostro sindacato.

Allarme per l’insegnamento della Geografia negli Istituti Tecnici

Allarme dell’AND per l’insegnamento della Geografia negli Istituti Tecnici

Molti docenti perderanno la cattedra e per loro si profilano condizioni di soprannumerarietà. Grave danno per la specificità dell’insegnamento.

 

In una nota inviata dal prof. Francesco Greco, Presidente dell’Associazione Nazionale Docenti, al Capo del Dipartimento per l’Istruzione, dott.ssa Lucrezia Stellacci si rappresenta la grave situazione di esubero che si sta determinando nella definizione degli organici di diritto per quanto riguarda l’insegnamento della Geografia 39/A.

Nella nota, scrive Greco, “Ci pervengono segnalazioni nella formulazione degli organici di diritto di una errata attribuzione delle ore di Geografia 39/A ad altra classe di concorso (Scienze Naturali – 60/A). Ciò  avviene in diverse province e determina un’indebita sottrazione di posti e di cattedre all’insegnamento di Geografia e il conseguente esubero di docenti appartenenti a tale classe di concorso (39/A), ma anche un grave nocumento nel diritto degli studenti ad apprendere quanto è previsto dall’ordinamento del percorso di studi intrapreso.

Come Lei ben sa, ad oggi, l’ordinamento delle classi di concorso e i relativi insegnamenti sono disciplinati dal D.M 39/98. Nelle tabelle allegate a detto DM, sono specificate, per ciascuna classe di concorso, i titoli di studio validi per l’ammissione ai concorsi a cattedre, che sono assai diversi per le due classi di concorso de quo. Assai diversi sono anche i contenuti dell’insegnamento della Geografia impartiti negli istituti commerciali come si può riscontrare anche nel profilo culturale(allegato A) definito dalla riforma degli ordinamenti degli istituti tecnici.

Con Nota n. 2320 del 29 marzo 2012, codesto Ministero pur ribadendo che “in assenza del regolamento relativo alla revisione delle classi di concorso, previsto dall’art. 64 della legge n. 133 del 2008 si rende necessario in sede di costituzione degli organici e per le conseguenti operazioni di mobilità, far riferimento alle attuali classi di concorso” e, nella stessa Nota, aggiungeva che le stesse dovevano essere “opportunamente integrate e modificate con le discipline e gli ambiti disciplinari relativi agli ordinamenti del primo, secondo e terzo anno di corso degli istituti di secondo grado”. In considerazione di ciò trasmetteva, in allegato a detta Nota, le tabelle già approvate con Decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 15 marzo 2010, ma con modifiche ed integrazioni che riguardavano l’attribuzione delle discipline dei vari corsi di studio alle classi di concorso.

L’abnormità di quanto si disponeva a danno della classe 39/A è apparso da subito tanto evidente che con successiva nota (Nota minist. n. 679 del 4 maggio 2012) si riteneva opportuno evidenziare che “ad integrazione e a chiarimento di quanto comunicato con la nota n. 2320 del 29 marzo 2012, che ha trasmesso l’elenco delle classi di concorso su cui confluiscono le discipline relative ai primi tre anni degli istituti di secondo grado, si precisa che le ore di Geografia in questione devono essere assegnate prioritariamente ai titolari della 39/A e, solo in fase residuale, al fine di evitare la creazione di situazioni di esubero, ai titolari della 60/A. Ne consegue altresì che, in presenza di soprannumero, non deve procedersi alla redazione di una unica graduatoria tra i titolari delle due classi di concorso.”

Si sottolinea che mentre nell’anno scolastico precedente la classe di concorso 39/A non presentava particolare situazione di esubero, quest’anno, invece, in tante province molti docenti perderanno la cattedra e per loro si profilano condizioni di soprannumerarietà. Per cui, stante gli esuberi che si stanno determinando, Le chiediamo di voler intervenire affinché sia limitato, nelle more dell’approvazione del regolamento di revisione delle classi di concorso, la possibilità di insegnamento nella classe di concorso 39/A ai titolari della 60/A nella sola fase di mobilità annuale.”

P. D’Acunto, Temi platonici ed educazione estetica

dacuntoPietro D’Acunto, Temi platonici ed educazione estetica, Salerno, Edisud, 1993

a cura di Umberto Tenuta

 

L’ex Ispettore tecnico del Ministero della PI, Prof. Pietro D’Acunto, già collaboratore della Cattedra di Pedagogia dell’Università di Salerno ed autore, oltre che di vari saggi, del volume Espressione e comunicazione visiva, Morano Editore, Napoli, 1991, ha pubblicato anche un altro importante volume dal titolo: Pietro D’Acunto Temi platonici ed educazione estetica, Salerno, Edisud, 1993.

La digitalizzazione del volume da parte dell’UNIVERSITà DELLA VIRGINIA induce a riconsiderare l’opera, dopo l’ampia ed approfondita recensione che ne è stata fatta nel numero 4/1994 della RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, Maggioli Editore, Rimini.

Come si legge nella Quarta di copertina del predetto volume, Pietro D’Acunto  <<tenta di esaminare il ruolo della dimensione estetica nella formazione dell’uomo, in un momento in cui le forme e i canali di comuni­cazione si sono ampliati e i messaggi provengono per molteplici vie. La parte storica serve ad illuminare taluni nodi centrali dell’estetica contemporanea, risa­lendo ed investigando nel pensiero antico e moderno, in primo luogo in quello di Platone. L’ampiezza dei temi esaminati si presta a feconde riflessioni sulla funzione for­mativa del bello e dell’arte>>.

Il valore scientifico dell’opera era stato riconosciuto anche dal Prof. Aniello Montano, il quale così scriveva all’Autore:

<<Gentilissimo Ispettore,

ho ricevuto il suo bel libro su Temi platonici ed educazione estetica. Desidero ringraziarla del dono e, soprattutto, desidero complimentarmi con Lei per la qualità del Suo lavoro. Sono rimasto letteralmente affascinato dalla eleganza con la quale è riuscito a dar conto di alcune estetiche antiche a partire da temi e problemi delle estetiche contemporanee e a meglio illuminare alcune spinose questioni relative a queste ultime e al ruolo da esse svolto nella educazione e formazione dell’uomo con ampi, precisi e calzanti riferimenti ad estetiche antiche e moderne. Un uso così naturale e sciolto di autori e testi antichi in un tessuto ricostruttivo e argomentativo tutto sotto il segno della modernità è chiaro indice di una sicura padronanza dei testi citati e della fruttuosa possibilità di un loro riutilizzo nel presente.

Nel Suo discorso, inoltre, si lascia molto apprezzare lo sforzo inteso a fornire una fondazione storica e teoretica a questioni, anche tecniche, della pedagogia contemporanea. Si nota con piacere che la pedagogia di ispirazione filosofica ha ancora buoni cultori e appassionati indagatori. Una pedagogia sganciata dai presupposti filosofici rischierebbe di ridursi ad una sorta di tecnicismo non so quanto produttivo per la formazione di uomini consapevoli e creativi.

Complimenti, dunque, per il Suo lavoro e per il modo in cui alimenta la Sua professionalità di Ispettore che si propone a Presidi e ad insegnanti quale guida intelligente e colta e non semplicemente come un tecnico, specialista nella lettura, nel commento e nella applicazione dei contenuti di leggi e circolari.

Ancora grazie per la gentilezza usatami e auguri di vero cuore.

Con la più viva cordialità del Suo Aniello Montano>>.

 

Pietro D’acunto, con questi due volumi e con gli altri saggi pubblicati, offre ai lettori preziose ed approfondite considerazione sulla educazione estetica, che si offrono quali validi contributi agli studiosi ed anche ai docenti di ogni ordine e grado di scuola.

Va in archivio l’anno dei tagli “La sicurezza è l’emergenza”

da LaStampa.it

Va in archivio l’anno dei tagli “La sicurezza è l’emergenza”

 Oggi si ripeterà il rito del tuffo nelle fontane
 Scuole alle prese con bilanci ridotti, dispersione e difficoltà economiche delle famiglie
maria teresa martinengo

E da oggi liberi tutti, o quasi, i 240.000 studenti delle scuole torinesi. Lezioni finite, domani parte la stagione degli esami. Al traguardo, come alla partenza, si è arrivati in ordine sparso – alcuni istituti hanno finito ieri, altri sabato -, ma oggi è la chiusura da calendario regionale e il rito del bagno nelle fontane si ripeterà in piazza Castello, piazza Cln, al Valentino. Il centro, dopo la lectio brevis, sarà dei ragazzi.

 

La crisi

Allegria in piazza, un po’ meno nelle scuole, pensando all’anno trascorso e guardando al 2013/2014. I temi e i problemi li riassume Tommaso De Luca, presidente dell’Asapi, l’Associazione delle scuole autonome del Piemonte. «Torna in primo piano il tema della dispersione alle superiori – dice il preside dell’Avogadro -, che si dovrebbe contrastare con un piano di orientamento veramente efficace. Con meno soldi non si ricorre più alle lezioni private, che in passato un po’ aiutavano. E anche la scelta della scuola dettata dalla crisi non sempre dà i risultati sperati». Già, la crisi. «Non si sente solo con i tagli, ma anche con la frequente impossibilità delle famiglie a pagare quel “contributo volontario” fondamentale per mantenere i laboratori. Sono sempre più numerosi i casi di chi chiede di dilazionarne il pagamento».

 

I budget

Non basta. All’Avogadro, ma l’istituto di corso San Maurizio è solo un esempio, il budget di ore dello sportello psicologico si è esaurito in fretta. «Abbiamo dovuto prevedere ore in più. E per il primo anno – spiega De Luca – se ne sono serviti non solo i ragazzi ma anche i loro familiari». Un altro segnale riguarda i docenti. Le commissioni del concorsone faticano ad ultimare i lavori perché sta per iniziare l’esodo di chi entra nelle commissioni di Maturità. «Ci si aspetta meno rinunce di commissari: quel compenso diventa importante». Dal personale al generale. Un altro budget in crisi, com’è noto, è quello per l’edilizia scolastica. «Gli enti proprietari sono in condizioni tali per cui non è chiaro fino a quando potranno provvedere all’emergenza. Ma le scuole sono ai limiti della chiusura: se non è una palestra è un’intera ala. Per iniziare l’anno è indispensabile un piano e un crono-programma degli interventi».

 

I prossimi appuntamenti

Intanto, la vita della scuola procede. Già ieri sono stati pubblicati i primissimi esiti degli scrutini dei maturandi. Domani in molte scuole prendono il via gli esami di terza media. Lunedì 17 i 19.500 candidati sosterranno la prova comune Invalsi di italiano e matematica. A tutti loro Giuliana Pupazzoni, neo-direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, ha augurato di mantenere « calma e serenità, spontaneità ed entusiasmo, i punti di forza sui cui potete contare». Anche centinaia di adulti di origine straniera sosterranno l’esame di licenza.

 

Plico telematico

Nel frattempo, in vista della Maturità, l’Usr ha predisposto la «task force» regionale a supporto dei nuclei di supporto provinciali. «Abbiamo predisposto – spiega il dirigente Antonio Catania – un piano di interventi per risolvere gli eventuali problemi. Ma grandi problemi non dovrebbero sorgerne. Il plico telematico delle prove è ormai testato». «Martedì 18, poi – dice il provveditore Paola D’Alessandro – faremo la conferenza di servizio al Pininfarina con tutti i presidenti delle 477 commissioni della provincia di Torino».

 

I numeri della Maturità

Sono poco più di 15.000 – 13.988 delle scuole statali, 1120 nelle paritarie, 738 privatisti – gli studenti che da mercoledì 19 saranno alle prese con l’Esame di Stato. Visti nel dettaglio: 822 candidati provengono dal liceo classico, 2987 dallo scientifico, 438 dall’artistico. Ci sono poi i 3154 degli istituti che il ministero raggruppa alla voce «sperimentali». Altri gruppi forti sono i 2228 dell’Istituto professionale per il commercio, i 1538 dell’Istituto tecnico commerciale, i 1399 dell’Itis, i 629 dei professionali per l’industria e l’artigianato, i 521 dell’Istituto tecnico per geometri. E 114 sono gli studenti che sosterranno la Maturità italo-francese del progetto EsaBac.

Finisce la scuola e iniziano gli esami di terza media

da LaStampa.it

Finisce la scuola e iniziano gli esami di terza media 
Il 17 giugno per tutti la prova Invalsi, gli atri 3 scritti in date diverse a seconda degli istituti

 roma

Con domani finisce l’anno scolastico e  inizia la maratona degli esami. I primi a cominciare sono i circa 580 mila tredicenni che quest’anno finiscono il ciclo della secondaria di primo grado. Gia da metà di questa settimana, dopo la fine delle lezioni, in molti istituti si parte con le verifiche di fine corso.

Le prove scritte riguarderanno anche quest’anno l’italiano (4 ore a disposizione per svolgere una delle tracce elaborate dagli insegnanti; tre le tipologie: pagina di diario-lettera-testo espressivo, testo argomentativo, tema), la matematica (3 ore per svolgere esercizi di vario tipo, di solito due equazioni, due problemi di geometria e un problema di matematica) e le lingue straniere (di solito si tratta di un brano in inglese seguito da alcune domande legate sia alla comprensione sia alla grammatica; anche in questo caso 3 le ore a disposizione).

A queste si aggiunge la prova nazionale messa a punto dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema d’istruzione e formazione). Questa prova si articola in due parti, una riguardante l’italiano e l’altra la matematica: due ore e 30 minuti a disposizione con una pausa tra le due fasi.

Superato lo scoglio degli scritti, i ragazzi dovranno affrontare un colloquio multidisciplinare con gli insegnanti durante il quale presenteranno la tesina o la mappa concettuale preparata in precedenza.

Il test Invalsi è in calendario per lunedì 17 giugno, mentre le altre prove scritte, decise autonomamente dalle singole scuole, possono tenersi in una data precedente o successiva alla prova nazionale.

Così come per la Maturità (che partirà con gli scritti di italiano il 19 giugno, il 20 con la seconda prova e il 24 con il quizzone), anche per essere ammessi all’esame di terza media è necessario aver conseguito la sufficienza in tutte le materie, condotta compresa.

Portano a casa il diploma gli studenti che ottengono una valutazione complessiva (media tra il voto di ammissione, il punteggio conseguito in ciascuna prova scritta, incluso il test Invalsi, e quello raggiunto agli orali) non inferiore a sei.

Agli studenti di terza media superbravi che conseguono il punteggio finale di 10/10, la Commissione può assegnare all’unanimità la lode.

Aumenti, forse e non per tutti

da ItaliaOggi

Aumenti, forse e non per tutti

Non basta solo insegnare. Presidi, spazio ai collaboratori

 Alessandra Ricciardi

Trovare risorse, è il mantra. Per la sicurezza degli edifici, per un nuovo piano triennale di assunzioni, per la formazione dei docenti, per l’innovazione della didattica. Per i contratti di tutto il personale che conta quasi un milione di dipendenti. A voler sommare i vari capitoli di spesa del programma di governo della Carrozza, comunicato in questi giorni alla camera e al senato, servirebbe una Finanziaria ad hoc, visto che solo per mettere in sicurezza le scuole il dipartimento della Protezione civile aveva stimato una spesa di circa 13 miliardi di euro.

Insomma, anche a voler utilizzare al massimo i fondi europei e a voler sbloccare gli investimenti rispetto al patto di stabilità, l’impresa del ministro dell’istruzione, Maria Chiara Carrozza, si annuncia ardua. Un patto con le forze sociali per evitare lo stallo o peggio ancora il muro contro muro diventa allora una strada quasi necessaria. Inevitabile soprattutto su un tema delicato come quello delle politiche per il personale. Il blocco dei contratti pubblici, e nella scuola anche degli scatti di anzianità, è difficilmente superabile nell’attuale congiuntura finanziaria, ha spiegato ai sindacati il ministro della Funzione pubblica, Gianpiero D’Alia. Ma questo non vuol dire che non si possa operare un confronto per una revisione normativa del rapporto di lavoro, utilizzando magari risorse interne al sistema. In questo senso la stessa Carrozza, che ha sgombrato il campo da eventuali dubbi su quale siano per lei le priorità: non dare aumenti a tutti sullo stipendio tabellare, ma valorizzare la «capacità innovativa dei singoli e di lavorare in team». E poi, dare «un chiaro riconoscimento economico delle posizioni organizzative particolari della scuola, tanto nei riguardi del personale docente ed educativo che di quello amministrativo, tecnico e ausiliario; un altrettanto chiaro e palese riconoscimento tanto delle posizioni organizzative che di tutte le figure di supporto alla attività didattica (che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e alla radicalizzazione dell’istruzione sul territorio) in sede di progressione di carriera». Insomma, se gli aumenti ci saranno, andranno alle figure di sistema, organizzative e per singoli progetti. Per i futuri dirigenti, spunta anche una corsia preferenziale per chi è già stato collaboratore del preside, figura scelta discrezionalmente dallo stesso dirigente, che potrebbe sfociare anche in un concorso riservato: «Tuttavia, già da subito, le posizioni organizzative e le figure di sistema potrebbero essere valorizzate, in misura da stabilire, nelle procedure di selezione dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi (dal minimo riconoscimento in termini di punteggio aggiuntivo nella valutazione dei titoli ad un riconoscimento più sostanziale in termini di riconoscimento dei predetti servizi quali titoli di accesso, uniti ai requisiti minimi di legge quali il possesso di laurea ed il servizio prestato nei ruoli della scuola)».

Tra gli interventi a diretto impatto sulla scuola, il rifinanziamento del fondo di istituto, che dovrebbe ritornare ai livelli di 10 anni fa, ovvero 20-25 euro per alunno contro gli attuali 8 euro a testa. Uno strumento previsto a sostegno dell’autonomia didattica, questo, che dovrebbe essere finanziato almeno in parte grazie alle «economie derivanti dai nuovi appalti per il servizio di pulizia delle scuole».

Pensioni, Fornero al palo

da ItaliaOggi

Pensioni, Fornero al palo

Si muove la camera, in attesa della consulta

di Franco Bastianini

Quella che inizierà il 17 giugno sarà una settimana di passione per le migliaia di docenti e di personale Ata della scuola per i quali la riforma Fornero aveva escluso dalla possibilità di poter fare valere, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla previgente normativa perché non posseduti alla data del 31 dicembre 2011.

L’ufficio di presidenza della commissione lavoro della camera ha posto all’ordine del giorno dei lavori la proposta di legge n. 249, presentata il 15 marzo 2013, primo firmatario Manuela Ghizzoni (Pd). E un impegno a risolvere il problema è stato espresso anche dal ministro Carrozza, nel suo intervento programmatico davanti al parlamento. La proposta di legge, costituita di soli due articoli, prevede che le disposizioni in materia di requisiti per accedere al trattamento pensionistico di anzianità e/o di vecchiaia e di regime delle decorrenze vigenti prima dell’entrata in vigore dell’art. 24, comma 14 del decreto legge 201/2011 (per la pensione di anzianità non meno di sessanta anni di età e trentasei di contribuzione, o indipendentemente dall’età anagrafica, quaranta anni di contribuzione; la pensione di vecchiaia sessantacinque anni di età per gli uomini e sessantuno per le donne, unitamente a non meno di venti anni di contribuzione), devono essere estese anche al personale della scuola che ha maturato tali requisiti entro l’anno scolastico 2011/2012. Quanto alla copertura finanziaria di tale estensione, è indicata in un contributo di solidarietà dell’1 per cento sulla parte di reddito superiore al limite di 150.000 euro lordi annui.

Sulla base dei dati contenuti nell’anagrafe del ministero, i docenti e il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario interessati al provvedimento dovrebbero essere tra i 3.500 e i 4.000. Se la proposta dovesse diventare legge, gli interessati avrebbero tempo fino al 2015, salvo l’autorizzazione alla permanenza in servizio oltre i 65anni, per accedere al trattamento pensionistico con i requisiti richiesti e posseduti al 31 agosto 2012. Intanto la Corte Costituzionale ha fissato al prossimo 19 novembre l’udienza, su ricorso della Cisl scuola davanti al giudice del lavoro, per accertare l’eventuale incostituzionalità della norma Fornero.

Scatti congelati

da ItaliaOggi

Scatti congelati

Verso il sì al decreto di blocco

Antimo Di Geronimo

La scorsa settimana la commissione affari costituzionali del senato ha esaminato lo schema del decreto bloccagradoni. Ma le riunioni si sono risolte con un nulla di fatto e l’esame è stato rinviato. Durante l’ultima seduta, però, il relatore Zanettin (Pdl) ha proposto un parere favorevole, con alcune osservazioni. Parere nel quale non si fa alcuna menzione della scuola e che non è stato ancora posto in votazione. Il provvedimento in esame prevede il blocco della contrattazione per il 2013 e il 2014, il blocco degli adeguamenti retributivi legati all’indennità di vacanza contrattuale e la cancellazione del 2013 ai fini dei gradoni. Il blocco della contrattazione dovrebbe, semplicemente, impedire la crescita della spesa pubblica per gli stipendi dei dipendenti statali, scuola compresa. Mentre dal blocco dell’indennità di vacanza contrattuale lo stato dovrebbe ricavare un risparmio nel 2014 nell’ordine di 801 milioni di euro. Questo per quanto riguarda il pubblico impiego nel suo insieme. Quanto alla scuola, i risparmi sui gradoni sono stimati nell’ordine di 300 milioni l’anno dal 2014 al 2016. In buona sostanza, dunque, per il blocco della contrattazione e dell’indennità di vacanza contrattuale i dipendenti pubblici andranno incontro ad una mera perdita del potere di acquisito dei salari, per i lavoratori della scuola il blocco degli scatti si tradurrà in una perdita salariale in senso stretto. Perché i meccanismi di progressione economica del comparto sono legati ad una diversa graduazione degli importi retributivi legati proprio all’anzianità di servizio.

La crisi accorcia la settimana

da ItaliaOggi

La crisi accorcia la settimana

L’assessore all’istruzione della provincia di Milano ai presidi: didattica su 5 giorni e non 6

Mario D’Adamo

Dal prossimo anno scolastico a Milano e provincia orario settimanale delle lezioni distribuito su cinque giorni anche nelle scuole superiori, licei e istituti tecnici e professionali. Non si tratta di una prescrizione che le scuole devono osservare ma di un pressante invito rivolto da Marina Lazzati, assessore all’istruzione della provincia di Milano, a dirigenti scolastici, consigli d’istituto, collegi dei docenti e consulta degli studenti con una lettera del 3 giugno firmata congiuntamente con Francesco de Sanctis, direttore dell’istruzione della regione Lombardia, sul contenuto della quale ci sarebbe l’accordo pieno anche dell’assessorato all’istruzione regionale.

L’assessore, che motiva l’invito con l’esigenza di contenere i consumi del riscaldamento, si aspetta di ricevere entro il 30 giugno prossimo le delibere sulla scansione settimanale dell’orario delle lezioni che saranno adottate dalle scuole. A Milano e provincia gli istituti interessati sono centossessanta circa e il risparmio ipotizzato è di un paio di milioni di euro. Nella lettera non si individuano quali saranno le cinque giornate nelle quali le lezioni continueranno a essere svolte ma è logico ritenere che dovranno essere le stesse per tutte le scuole come la stessa dovrà essere la giornata di chiusura, il sabato molto probabilmente.

Altrimenti, risolta una questione, quella del riscaldamento, se ne apre un’altra, quella della gestione dei trasporti. L’introduzione della settimana corta, affermano assessore e direttore regionale, dovrebbe essere facilitata dalla riforma degli ordinamenti delle scuole superiori, nelle quali la riorganizzazione degli orari, che il prossimo anno scolastico interesserà ormai tutte le classi con l’eccezione delle quinte, comporta un impegno settimanale di 27-30 ore con punte di 32 solo per alcuni corsi di studio. Assessore e direttore regionale si spingono a sostenere, un po’ apoditticamente, che la decisione di distribuire su cinque giorni consentirà, oltre a una migliore gestione dei tempi di riposo e delle attività sportive dei giovani, «anche una più ottimale organizzazione del lavoro del personale Ata» (assistenti amministrativi, ausiliari e tecnici). Sui tempi di riposo sarebbe opportuno sentire gli studenti e quanto alle attività sportive, attualmente gli allenamenti si svolgono tutti i giorni, in orari pomeridiano-serali. Difficilmente si può prevedere una concentrazione nei giorni di sabato e domenica, nei quali oltre agli allenamenti si svolgono anche le gare. E quanto all’organizzazione del lavoro del personale Ata i dirigenti scolastici dovranno vedersela con le organizzazioni sindacali con le quali dovranno essere sottoscritti i relativi contratti d’istituto, che prevedano le diverse modalità di articolazione dell’orario di lavoro tra le quali il personale Ata può scegliere. La decisione di articolare su un determinato numero di giorni l’orario delle lezioni, non meno di cinque recita il regolamento sull’autonomia scolastico n. 275 del 1999, spetta sicuramente ai dirigenti ma può essere adottata solo dopo che consigli d’istituto e collegi dei docenti avranno deliberato, nell’ambito delle rispettive competenze, criteri e proposte, artt. 7 e 10 del decreto legislativo n. 297 del 1994. Non sarà una passeggiata, se si considera che siamo in chiusura d’anno scolastico, quando gli impegni delle scuole sono rivolti soprattutto a esami e scrutini. È difficile quindi che entro la fine di questo mese di giugno possano essere pronte le delibere che l’assessore richiede, se si considera anche che i dirigenti scolastici dovranno incontrarsi tra loro per la necessità di coordinare le iniziative delle rispettive scuole, oltre che presiedere le commissioni di maturità. La lettera dell’assessore è rivolta solo alle scuole superiori, poiché la provincia è proprietaria, ai sensi della legge n. 23 del 1996, degli edifici scolastici che le ospitano ed è tenuta a provvedere alle spese per il riscaldamento, le utenze elettriche e telefoniche e alla provvista di acqua e gas. In molte scuole dell’infanzia e del primo ciclo, primaria e secondaria di primo grado, di proprietà comunale, il tempo scolastico è già distribuito, con soddisfazione delle famiglie secondo l’assessore, su cinque giorni.

Circa la soddisfazione di studenti, personale e famiglie delle superiori, si registrano pareri favorevoli e opinioni contrarie. Alcune voci si spingono a denunciare che l’introduzione della settimana corta nelle superiori è una molestia didattica, perché ridurrebbe i tempi per lo studio domestico giornaliero, creando affaticamento, e comporterebbe disordini alimentari negli studenti, costretti, per l’assenza delle mense scolastiche, a mangiare panini o differire il pranzo. Le scuole devono stare aperte di più, afferma infine la Cgil, non di meno. Maggiore apertura delle scuole che fa parte anche del pianod el governo Letta contro la dispersione.

Boldrini: la scuola insegni il linguaggio da usare nel web

da Tecnica della Scuola

Boldrini: la scuola insegni il linguaggio da usare nel web
di A.G.
Per il presidente della Camera l’utilizzo di vocaboli on line inadeguati non può essere più ignorato, perché spia di mali maggiori e “miccia” di comportamenti negativi anche di autolesionismo: bisogna educare i giovani perché non ne siano sopraffatti e capiscano l’uso da farne.
Si sa, le parole possono fare più male dei sassi. Ancora di più oggi che con i media digitali e interattivi si possono raggiungere una moltitudine di persone in tempo reale. Ne sanno qualcosa quei giovani tanto condizionati dal linguaggio che oggi viene usato nel Web. Alcuni di loro, particolarmente fragili e immaturi, sono arrivati a compiere gesti estremi, proprio a seguito di messaggi e parole a dir poco inadeguate. Cosa fare, allora, per arginare questo fenomeno? Di sicuro, come tutti i mali, non bisogna nasconderne l’esistenza. Ma parlarne. E così arrivare a trovare una soluzione ad una tendenza sempre più in auge.
Prima di tutto occorre individuare quali sono i luoghi per eccellenza, oltre che per definizione, dove affrontare e scongiurare le cattive abitudini lessicali. Sicuramente c’è la famiglia, poi però anche le istituzioni, tra cui la scuola.
Di questo avviso è il presidente della Camera, Laura Boldrini, che l’11 giugno a Montecitorio ha preso parte alla presentazione di un libro, “Parlare civile. Comunicare senza discriminare”, curato dall’Agenzia di stampa Redattore sociale edito da Bruno Mondadori. “L’uso di parole violente nel Web – ha detto Boldrini – non può più essere ignorato, bisogna educare i giovani affinché non siano sopraffatti e capiscano quale sia l’uso da farne. Tutti insieme istituzioni, la politica, le famiglie e la scuola devono occuparsene. I soggetti citati in questo libro – ha proseguito – sono quelli anche nel mio discorso di insediamento alla Camera e per i quali sto cercando di promuovere un’azione politica”.
“Il linguaggio – ha continuato Blodrini – non è neutrale ma condiziona la percezione dei fenomeni. Le parole, se usate male, possono avvelenare il pozzo. Bisogna portare avanti una battaglia culturale, le parole non devono offendere i soggetti a cui sono rivolte, non devono discriminarli”. Perché certe volte le parole possono fare più male dei sassi…

Alla Camera 4 ore di dibattito sulla scuola

da Tecnica della Scuola

Alla Camera 4 ore di dibattito sulla scuola
di R.P.
Respinte le mozioni di M5S, Lega e SeL. Alla fine PD e PdL convergono su una mozione congiunta che viene approvata dall’aula a larghissima maggioranza.Tutti d’accordo sulla necessità di restituire risorse alle scuole. Ma adesso ci vogliono provvedimenti concreti.
Nella seduta dell’11 giugno la Camera ha dedicato almeno 4 ore ad esaminare numerose mozioni concernenti misure a sostegno della scuola, dell’università e della cultura. Il dibattito che si è sviluppato in aula ha fornito non pochi elementi di riflessione anche perché gli interventi sono stati davvero molti, una ventina nella sessione mattutina e altrettanti in quella pomeridiana. Alla resa dei conti le forze che sostengono il governo hanno votato compatte una mozione presentata da Elena Centemero (PdL) e da Maria Coscia (PD) in cui si sottolinea la necessità di varare un piano straordinario a sostegno del sistema scolastico italiano. Persino l’onorevole Centemero è intervenuta per stigmatizzare il fatto che negli ultimi anni le risorse assegnate alle scuole sono state progressivamente ridotte (dimenticando forse che tale riduzione è stata realizzata proprio quando a viale Trastevere sedeva il ministro PdL MariaStella Gelmini). Respinte invece le mozioni Gallo (M5S), Giordano (SeL) e Buonanno (Lega). Sulle mozioni Gallo e Giordano è intervenuto il sottosegretario Marco Rossi Doria per esprimere il parere sfavorevole del Governo con la motivazione che le proposte in esse contenute sono di fatto irrealistiche in quanto prevedono il ripristino delle risorse in un arco di tempo troppo breve. Molti parlamentari intervenuti hanno evidenziato la necessità di assumere iniziative risolutive del problema del precariato, mentre il tema dell’edilizia scolastica è stato un leit-motiv generale e ricorrente. Particolarmente soddisfatto si è dichiarato Rossi Doria che ha osservato come il dibattito in aula sia stato perfettamente coerente con quanto già detto dal ministro Carrozza nel corso della sua audizione di qualche giorno fa. Tutti d’accordo, insomma, sulla centralità della scuola e sulla necessità di aumentare le risorse destinate al sistema di istruzione. Per il momento l’accordo è sulle dichiarazioni e sulle parole, adesso è importante che l’accordo si sposti sui fatti.

Sostegno, tutti i posti in organico di diritto. Ma vale la pena se spariranno 11mila cattedre in deroga?

da Tecnica della Scuola

Sostegno, tutti i posti in organico di diritto. Ma vale la pena se spariranno 11mila cattedre in deroga?
di A.G.
Grazie alle nuove indicazioni sui “Bisogni Educativi Speciali”, una parte degli alunni con deficit d’apprendimento verrebbero affidati a non specializzati. Con il risultato che il numero di posti tra organico di diritto e reale passerebbe dagli attuali 101mila a 90mila. Anief pronta a ricorrere al Tar: non si barattano i diritti dei disabili, anche quelli non gravi hanno diritto al supporto adeguato.
Ha riscosso consensi l’intenzione del ministro dell’Istruzione di includere nell’organico di diritto la maggior parte dei posti di sostegno oggi assegnati annualmente in “deroga”: l’ipotesi della Carrozza, infatti, permetterebbe, alla lunga, le assunzioni di circa 26-27mila docenti specializzati. I quali oggi non avrebbero molte prospettive, oltre quella di vedersi assegnare una lunga serie di cattedre annuali (sino al 30 giugno).
Vale la pena ricordare, a tal proposito, che si tratterebbe di un’operazione che non sarebbe di certo a costo zero, visto che lo Stato si ritroverebbe a mettere sul proprio “libro paga” quasi 4mila euro in più per ogni docente di sostegno assunto. E quindi non è detto che il ministero dell’Economia e delle Finanze possa dare il via libera. A meno che le spese per coprire il “disavanzo” non siano messe in conto allo stesso Miur. A farlo capire è stato lo stesso ministro Carrozza, che attraverso la normativa sui “Bisogni Educativi Speciali”, farebbe passare il numero di posti di sostegno dagli attuali 101mila (sommando organico di diritto e reale) a 90mila. In cambio di oltre 26mila futuri posti di ruolo, con tutti i benefici di sicurezza del posto di lavoro e di continuità didattica, si perderebbero, quindi, 11mila cattedre di specializzati. Così l’ha giustificata il Ministro: “Poiché è lecito desumere che allo stato della normativa vigente il rapporto medio nazionale alunni/docente di sostegno si manterrà costante intorno al valore 1:2, ben difficilmente, anche attuando tutte le possibili politiche di facilitazione alla integrazione dei bambini con bisogni educativi speciali, il numero dei docenti di sostegno realmente occorrente nella scuola italiana scenderà al di sotto delle 90.000 unità”. Ma neanche molto sopra, sempre secondo i calcoli del Miur.
E per questo motivo l’ipotesi non è piaciuta all’Anief. Il cui presidente, Marcello Pacifico, parla di “baratto” e di “operazione illegittima, che i genitori possono facilmente impugnare per far avere ai propri figli l’adeguata assistenza allo studio”. Il sindacato autonomo, infatti, teme che dal prossimo anno scolastico la novità potrebbe portare “ad assegnare gli insegnanti di sostegno specializzati, attraverso un corso mirato a questo genere di necessità didattiche speciali, solo agli alunni disabili gravi. Mentre la normativa vigente indica che a prevalere è sempre la volontà dell’equipe medica, psicopedagica e, a seguire, dei gruppi di lavoro scolastico quali il Gliss o il Glh, a seconda del livello scolastico dove è collocato l’alunno”.
Il passo successivo è quello tipico dell’Anief: “se il Miur attuerà una riduzione di diverse migliaia di cattedra di sostegno – afferma Pacifico – il nostro sindacato ricorrerà sicuramente al Tar”. Perché “è davvero inconcepibile l’idea del Miur di concedere l’immissione in ruolo di una parte di questi docenti chiedendo la sparizione di una parte di loro. E tirare in ballo la circolare del 27 dicembre 2012 per giustificare la mancata assegnazione di un docente specializzato nel sostegno ad un alunno con problemi di apprendimento non ha assolutamente senso”. Per questo motivi il sindacato invita “coloro che fanno parte dei gruppi di lavoro a sostegno degli alunni con disabilità certificata a sollecitare le famiglie, perché non si facciano privare di un diritto fondamentale per la crescita e l’integrazione di questi giovani”.

C.M. 48/2012: Istruzioni a carattere permanente per gli esami di Terza media

da Tecnica della Scuola

C.M. 48/2012: Istruzioni a carattere permanente per gli esami di Terza media
di Giovanni Sicali
Una nuova circolare sugli esami di licenza media, ma tutto resta disciplinato dalle precedenti istruzioni. Ecco una breve sintesi
Se l’O.M. 21/5/2001, n. 90 “Norme per lo svolgimento degli scrutini e degli esami nelle scuole statali e non statali di istruzione elementare, media e secondaria superiore”, si può considerare la “madre” di tutta la normativa successiva , da quest’anno acquista importanza basilare la C. M n. 48 del 31/5/2012 sugli esami di Licenza media. Si aspettava una circolare nuova, ed invece il direttore generale C. Palumbo con la Nota del 5/6/2013 ha fatto sapere che da quest’anno “lo svolgimento dell’esame di Stato al termine della scuola secondaria di I grado resta disciplinato dalle istruzioni fornite con la C.M. 48 del 31/5/2012, contenente indicazioni a carattere permanente”, che è come dire: donec aliter provideatur. Le modalità di conduzione delle prove d’esame di Stato del I ciclo di istruzione resteranno quindi invariate secondo un rituale anaforico: l’ammissione dei candidati interni e dei privatisti, il calendario delle prove (specie quella a carattere nazionale), il colloquio pluridisciplinare (cosa ben diversa da “interrogazione” sulle singole materie), la certificazione delle competenze, la pubblicazione dei risultati e il rilascio dei diplomi e certificati sostitutivi.
Per la prova nazionale 2013 occorre seguire il nuovo “Allegato Tecnico” come sempre a cura dell’Invalsi. In verità, rispetto allo scorso anno, quell’Ente di diritto pubblico (D.L.vo 286/2004) ha apportato solo lievi modifiche procedurali sulla tempistica, l’esecuzione, la correzione, la trasmissione dati, ecc. (pp. 4-6 del pdf). Quella prova, che per molti ragazzi costituisce uno spauracchio, è ormai entrata nel sistema da anni, temuta e accettata, criticata o apprezzata.
Ci siano consentite tre postille critiche: • La prova concorre alla valutazione dell’esame in modo oggettivo (DPR 122/2009), con un peso predeterminato che i docenti non possono modificare in alcun modo. Meglio sarebbe escluderla dalla valutazione delle prove d’esame, considerato anche che le due discipline (Italiano e Matematica che la compongono) sono già oggetto di prova scritta e orale nello stesso esame. • I limiti di quella prova non risiedono tanto nei suoi contenuti, bensì nell’uso che di essa se ne fa e del peso che ha nell’economia dell’esame. • La prova nazionale, come oggi avviene “vale” anche per la rilevazione degli apprendimenti e dovrebbe avere valore a se stante per la valutazione del sistema scolastico e l’autovalutazione d’istituto. Potrebbe quindi essere anticipata a maggio.