LA PAGELLA E IL PARCHEGGIO

LA PAGELLA E IL PARCHEGGIO
STORIE DA PIOMBINO (LI) E DINTORNI

Piombino (LI): Singolare la protesta messa in opera dalle 106 famiglie della frazione di Riotorto, costrette dalla Direzione didattica del 1° circolo di Piombino a ritirare le pagelle nel centro comunale, a ben 20 km di distanza dalla loro scuola e per di più nel giorno di mercato. Presi carta e penna, hanno affisso nelle loro auto il cartello: “SCUSATECI! Questo parcheggio poteva essere libero, se il dirigente del 1° Circolo didattico non ci faceva venire a prendere la pagella fin qui. Siamo 106 genitori della scuola primaria di Riotorto”, concludendo con una e-mail per informazioni e contatti.

“Piombino è su un promontorio e per arrivarci c’è una strada sola –spiega Angela Lorenzini, presidente dell’Associazione genitori AGe Riotorto- I parcheggi sono limitati e nei giorni di mercato non bastano mai. Non comprendiamo la scelta della dirigenza scolastica, a nostro avviso la scuola dovrebbe dialogare con i genitori e venire incontro alle esigenze delle famiglie. Invece da quest’anno tutte le attività (consigli d’interclasse, consegna delle pagelle ecc.) vengono svolte presso il capoluogo, con evidenti disagi per i riotortesi”.

C’è da dire che fra Riotorto e il 1° Circolo didattico il clima si è raffreddato già qualche mese fa, quando è stata negata la possibilità di articolare il tempo scuola su cinque giorni invece che su sei: una richiesta che nasceva dall’esigenza di avere momenti in cui le sei maestre fossero tutte contemporaneamente a scuola e poter così attivare progetti che vanno al di là della didattica frontale tradizionale.

I genitori si sono affannati, hanno ripetutamente contattato Comune e Azienda di trasporto, dimostrando che così si sarebbero avuti dei risparmi, ma la dirigenza è stata inflessibile: non voleva venir meno al patto educativo sottoscritto con le tre famiglie che preferiscono la ‘settimana lunga’. I giudici la pensano diversamente, è giurisprudenza consolidata che in questi casi sia la maggioranza ad avere l’ultima parola, ma a Piombino le cose non funzionano così. Sarà dunque necessario mettere mano al portafoglio e fare ricorso? Intanto che ci pensano, i genitori manifestano pacificamente contro un’organizzazione del servizio certamente poco funzionale.

DURATA GOVERNO DIPENDE ANCHE DA FONDI RICERCA

ISTRUZIONE E RICERCA/MARCUCCI (PD): “DURATA GOVERNO DIPENDE ANCHE DA FONDI RICERCA”

Dichiarazione del Presidente della Commissione Istruzione a Palazzo Madama Andrea Macucci

“Il successo e la durata di questo governo dipendono anche dalla capacità di trovare risorse pubbliche e private per la ricerca e per la formazione”.
Lo ha detto il presidente della Commissione istruzione di Palazzo Madama Andrea Marcucci (Pd), partecipando alle celebrazioni per i 90 anni del Consiglio nazionale delle ricerche.
“Per tornare ad essere competitivi-aggiunge il parlamentare – abbiamo bisogno di investimenti per la scuola e per l’innovazione. Come ha detto il ministro Carrozza, il governo
deve favorire una inversione di rotta, con una strategia chiara sulle università e sui centri di ricerca”, conclude Marcucci.

DATI OCSE: “RADDOPPIARE NUMERO LAUREATI E DIMEZZARE DISPERSIONE SCOLASTICA”

SCUOLA/DATI OCSE: PUGLISI (PD): “RADDOPPIARE NUMERO LAUREATI E DIMEZZARE DISPERSIONE SCOLASTICA”

Dichiarazione della senatrice del Pd Francesca Pugnisi, capogruppo in Commissione Istruzione a Palazzo Madama

“Anche quest’anno i dati Ocse ci ricordano che il nostro Paese ha bisogno di raddoppiare il numero dei laureati e dimezzare la dispersione scolastica entro il 2020”. Lo afferma la capogruppo Pd in Commissione Istruzione a Palazzo Madama, Francesca Puglisi, che sottolinea come “Nella contrazione del numero dei giovani intenzionati ad entrare nelle università emerge, purtroppo, tutta la crisi di fiducia che stanno vivendo i giovani italiani. Ancora una volta i nostri insegnanti sono i più anziani e i peggio pagati.” “Per questo ricordiamo al governo Letta – aggiunge Puglisi – di prevedere, tra le misure, il pensionamento degli insegnanti quota 96 per liberare i posti per l’immissione di giovani precari che da troppo tempo attendono la stabilizzazione. Inoltre, di inserire tra le misure di flessibilità in uscita il comparto della scuola che ha bisogno di un profondo rinnovamento.”

Indirizzo di saluto del Ministro in occasione della Cerimonia di consegna del “V Premio Nazionale per l’Innovazione”

Indirizzo di saluto del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Prof.ssa Maria Chiara Carrozza in occasione della Cerimonia di consegna del “V Premio Nazionale per l’Innovazione”

CNR, 25 giugno 2013

Signor Presidente della Repubblica,
Presidente del CNR,
Autorità, colleghi Ricercatori e Professori,
Signore e Signori,

È per me un grandissimo privilegio essere oggi qui per celebrare la Giornata Nazionale dell’Innovazione e premiare le migliori esperienze innovative italiane nell’industria, nei servizi, nel design, nella Pubblica Amministrazione, nell’università e nella ricerca pubblica.
Siamo riconoscenti al Presidente della Repubblica, che ci onora della sua presenza, per l’attenzione con cui segue il mondo della ricerca e dell’innovazione.
Quest’anno è un appuntamento doppiamente importante, perché coincide con il novantesimo anniversario della nascita del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Il primo Presidente del CNR, Vito Volterra, ebbe grande lungimiranza quando nel 1923 riconobbe la scienza come nuova leva dello sviluppo globale, in grado di superare i confini delle nazioni e delle discipline, e capì il ruolo che poteva giocarvi il
sistema pubblico del nostro Paese.
Il miglior modo di corrispondere alla visione di Volterra, oggi, è muoversi con mezzi e obiettivi adeguati nello spazio della collaborazione internazionale.
Nelle conclusioni della recente riunione dei ministri della scienza del G8, si rimarca il ruolo che scienza e ricerca possono svolgere nella social innovation e cioè nell’affrontare quelle questioni globali, dall’urbanizzazione ai cambiamenti climatici
all’invecchiamento della popolazione, che richiedono collaborazioni internazionali e un approccio multidisciplinare. A questo proposito, si è ritenuta essenziale la realizzazione di “infrastrutture globali della ricerca”, fondate sulla condivisione delle
priorità e delle migliori pratiche, oltre che sulla trasparenza dei dati e dei risultati.
Tornando all’Italia, vorrei riprendere qui tre priorità per il nostro sistema educativo, scientifico e tecnologico, che ho introdotto nelle linee programmatiche illustrate davanti alle Commissioni riunite delle due Camere.

1. La nostra ricerca: dobbiamo essere credibili.
Per disegnare una strategia credibile, le nostre università e i nostri centri di ricerca hanno bisogno di risorse vitali. Dopo anni di sacrifici serve un’inversione di rotta. Per ora liberiamo posti per 1500 professori ordinari e 1500 nuovi ricercatori grazie al turnover che passa dal 20 per cento al 50 per cento dei pensionamenti.
Inoltre, grazie alla collaborazione con il MEF entro l’anno pagheremo 400 milioni di debiti alle imprese relativi ai progetti di ricerca industriale.
Ma non basta.
Ho detto fin dall’inizio che il MIUR è un ministero di investimento e non un ministero di spesa. Questo vuol dire:

  • efficienza: normative più chiare, bandi semplificati, pagamenti più rapidi;
  • efficacia: dare ai ricercatori l’autonomia e gli strumenti per rispondere ai bandi più competitivi e per emergere nelle classifiche internazionali.

Investire vuol dire programmare e valutare.
Ecco perché il prossimo Piano Nazionale della Ricerca sarà un documento programmatico: con indicatori di performance chiari avremo una strategia credibile per i prossimi tre anni, in linea sia con le priorità dei progetti europei che con le specificità italiane.
Sappiamo benissimo tutti che il divario rispetto alle medie internazionali dell’investimento privato in ricerca e sviluppo è notevole, ma io credo che a fronte di una programmazione pubblica credibile le aziende vogliano e sappiano affiancarci.

2. Un sistema formativo inclusivo
Una programmazione credibile è una programmazione che mette a sistema i talenti nazionali, coinvolge i talenti stranieri e crea le condizioni per richiamare i nostri ricercatori all’estero.
La scommessa sul talento si vince con un sistema formativo votato all’inclusione.
Per questo nel decreto del Governo abbiamo deciso di istituire borse di mobilità per il sostegno degli studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi.
E per questo vogliamo incoraggiare in ogni scuola e università d’Italia percorsi innovativi, insieme ai docenti e alle imprese. Dobbiamo portare nella società nuove professionalità, ma allo stesso tempo cittadini votati all’interdisciplinarietà, che
sappiano vedere il mondo da diverse prospettive, perché “il futuro è di chi ha la curiosità di porsi le domande e il coraggio di accettare le sfide”.

3. Rispondere alla domanda di innovazione
Mai come oggi la nostra scienza e la nostra tecnologia sono fondamentali per il nostro benessere, per la nostra sicurezza e salute. Dobbiamo focalizzare i nostri sforzi, indirizzandoli con trasparenza verso le eccellenze italiane.
È il messaggio dell’Europa: i programmi di Horizon 2020 e dell’European Institute of Technology ci spingono a sviluppare nuove professionalità evitando la dispersione delle risorse, concentrandole su temi trasversali e unificanti.
Per questo abbiamo rilanciato interventi per il sostegno di start-up innovative, spin-off della ricerca, iniziative del mondo della scuola e delle fondazioni culturali.
Dobbiamo favorire lo sviluppo di metodi nuovi per il sostegno privato ai progetti di innovazione scientifica e culturale, come le donazioni liberali e il crowdfunding. Ma vogliamo anche agire promuovendo la domanda dell’innovazione.
E’ per questo che daremo il via ad una nuova piattaforma dedicata ad ambiziosi premi per studenti, ricercatori e inventori, sul modello dei “challenge prizes” già diffusi in Nord America ed Europa.
Tramite questo progetto, pensato per ricercatori e studenti di ogni ordine e grado, insieme a istituzioni, fondazioni e aziende, investiremo su percorsi e premi legati alle sfide tecnologiche, alle innovazioni sociali, alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale.
E vogliamo che l’EXPO 2015 racconti queste sfide, spiegando al mondo come la creatività e il talento degli Italiani sappiano rispondere alle domande di cambiamento e innovazione che nascono dal Paese.
Sarà presto aperta una chiamata aperta a tutti i soggetti che vorranno contribuire ai premi.

Signor Presidente,
le nostre università e i nostri centri di ricerca devono tornare ad essere quegli ascensori sociali che hanno reso grande l’Italia.
Scriveva Vito Volterra: “Dobbiamo dapprima aver riguardo ai caratteri propri del genio italiano rivelatisi in una lunga e non interrotta tradizione che, movendo dalle scuole dell’antichità, giunge fino al nostro secolo”.
Sono convinta che la rinascita dell’Italia si fonderà proprio sul talento e sull’indipendenza dei nostri ricercatori e dei nostri studenti.
Insieme sapremo inseguire le nuove sfide del sapere.
Insieme sapremo mantenere la promessa con cui il CNR prendeva forma 90 anni fa.

 

Rapporto OCSE Education at a glance: il commento del sottosegretario Marco Rossi Doria

Rapporto OCSE Education at a glance: il commento del sottosegretario Marco Rossi Doria

I dati dell’ultimo dettagliato rapporto OCSE Education at a glance evidenziano criticità del nostro sistema di istruzione di medio e lungo periodo oramai note da tempo. Proprio per questo esse sono non solo citate ma anche affrontate con una strategia di medio periodo già dalle recenti audizioni alle Camere del Ministro Maria Chiara Carrozza, nelle quali sono state delineate le linee programmatiche della sua azione.

“L’OCSE sottolinea utilmente l’importanza di proseguire con decisione nel contrasto alla dispersione scolastica – dichiara il Sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi-Doria – e tale sollecitazione non fa che rafforzare la nostra determinazione a realizzare il piano di lavoro annunciato dal Ministro alle Camere, lavorando alla prosecuzione delle azioni intraprese nelle Regioni Obiettivo Convergenza con il Piano Azione Coesione e ad una loro estensione nel resto d’Italia. Dai dati emerge poi – prosegue Rossi Doria – un basso livello di investimenti nel settore negli ultimi dieci anni. Un fenomeno che ha duramente colpito in particolare il settore dell’Università, sul quale l’OCSE giustamente segnala un allarme di funzionamento dell’intero sistema. Ciononostante, per quanto riguarda la scuola italiana, l’OCSE sottolinea anche la sua grande forza nel continuare ad assicurare un servizio di qualità malgrado il congelamento della spesa in istruzione negli ultimi quindici anni e il conseguente invecchiamento del suo corpo docente. Un risultato possibile grazie al lavoro e all’impegno quotidiano dei nostri insegnanti.  Il nostro auspicio – conclude Rossi Doria – è che si possa aprire al più presto, compatibilmente con il progressivo miglioramento dei nostri conti pubblici, una vera stagione di riparazione ed innovazione in cui nuove risorse possano essere destinate alla valorizzazione della professione dei docenti, all’edilizia scolastica, al diritto allo studio e al sostegno del successo formativo”.

Passi incoraggianti in questo senso sono stati fatti nel Consiglio dei Ministri del 15 giugno, che ha disposto un finanziamento per l’edilizia scolastica pari a 300 milioni di euro, lo sblocco del turn over del 50% per università ed enti di ricerca e le borse di mobilità per gli studenti meritevoli.

Breve, efficace, esauriente: la tesina, come conquistare i prof in dieci minuti

da Corriere della Sera

Breve, efficace, esauriente:  la tesina, come conquistare i prof in dieci minuti

Una piccola tesi da dimostrare, ma un’occasione spesso sprecata. Ecco come mostrare la propria creatività

Il colloquio «ha inizio con un argomento o con la presentazione di esperienze di ricerca e di progetto, anche in forma multimediale, scelti dal candidato». Tredici anni fa, letta l’ordinanza, tutti hanno interpretato «esperienze di ricerca» con un qualcosa di simile alla tesi universitaria, più in piccolo ovviamente. Così è nata la leggenda della «tesina» da portare agli orali, scaricata da Internet e dintorni, bella presenza, scarso apporto personale, mediocre livello di originalità. Perbacco! Poteva essere una bella idea, rivoluzionaria, e pure un poco provocatoria. Ma come, dopo cinque anni di studio passati a ripetere «automaticamente» le nozioni apprese, ad esercitarsi solo e soltanto con due o tre forme espressive, a non alzarsi dal banco, all’ultimo, all’esame di Stato la Scuola chiede agli studenti di mettere in gioco creatività, fantasia, intelligenza, in un lavoro autonomo e completo, su un argomento, e qui sta il bello, «a piacere» ovvero scelto «per piacere».

Una bella occasione, nella stragrande maggioranza dei casi sprecata. Occorrerebbe raccogliere i lavori più interessanti (in questi anni si sono viste cose eccellenti) e metterli in rete a disposizione delle scuole. Diciamo la verità, ha perso un po’ il fascino della novità. Molti professori non la vogliono più, si accontentano di una scaletta, di una mappa concettuale, di niente, solo di un’intelligente disquisizione su un argomento «a piacere». Tesine, mappe, progetti, manufatti, comunque è un quarto d’ora in mano allo studente. Solitamente un «copia e incolla», file, immagini e testo frullati in una «web ricerca». Troppo facile? Il prof lo sa. Cosa conta davvero? L’originalità. Un prodotto elaborato personalmente lo si riconosce subito. Peso nella valutazione? Diciamo massimo cinque o sei punti sui trenta a disposizione. Colpire la commissione con gli «effetti speciali» (dal tablet alla videoproiezione), va bene. Ma bisogna assicurarsi che funzioni tutto come si deve (la tecnologia che si inceppa e non parte è una scena frustrante).

La prima parte dell’esame orale, dedicata appunto all’esposizione (discussione?) della tesina, dura poco più di una decina di minuti,massimo 15 come abbiamo detto, Quindi non servono orazioni ciceroniane o installazioni multimediali in 3D pc-system shutter glasses con gli occhialini wireless da dare ai prof. Occorre rimanere nei tempi, a tutti i costi. Utile esercitarsi davanti allo specchio, cronometrando la performance, simulando pure le probabili interruzioni dell’insegnante, per anticiparlo su eventuali collegamenti o approfondimenti. Dopo aver scelto l’argomento, il lavoro vero e proprio consiste nel raccogliere i dati e i materiali. Ricercare fonti, letterarie, scientifiche, filosofiche, artistiche, curando in modo quasi maniacale i collegamenti argomentativi. Non bisogna preoccuparsi di essere esaustivi. Non si può dire tutto, bisogna soltanto «convincere» gli interlocutori sull’originalità della propria «tesi». Si può fare, basta non «incollare» file a caso, basta studiare l’argomento, basta metterci qualcosa di personale e creativo. Si può fare, anche senza molti effetti speciali. Tre insegnanti della commissione sanno già tutto dello studente seduto davanti, gli altri quattro no, e vanno, perché no, sedotti.

Giuseppe Tesorio

Il gran caos dei bisogni speciali

da ItaliaOggi

Il gran caos dei bisogni speciali

Cresce la protesta per la mancanza di risorse e criteri, spunta l’ipotesi di uno slittamento

Alessandra Ricciardi

A tutti i docenti capita di dover gestire classi con alunni iperattivi o che non spiccicano una parola di italiano. Alunni che non necessitano del supporto di un docente di sostegno, visto che non si tratta assolutamente di difficoltà mediche certificate, ma di un piano personalizzato di studi sì.

Da quest’anno le esigenze degli alunni devono essere tutte schedate per rispondere alla rilevazione dei Bes, i bisogni educativi speciali, strumentali al piano per l’inclusione e alla successiva elaborazione di piani personalizzati che dovranno coinvolgere il personale scolastico a vario modo in servizio, dai docenti di sostegno, se ci sono, agli Ata. La schedatura dovrà indicare le disabilità certificate, i disturbi evolutivi specifici, come i disturbi dell’apprendimento, ma anche eventuali situazioni di svantaggio, da quella sociale ed economica a quella linguistica e culturale, dal disagio del comportamento a quello relazionale. A doverlo fare sono i collegi dei docenti che, in base a quanto previsto dalla circolare ministeriale n.8 del marzo scorso, e sulla scorta del lavoro fatto da un gruppo interno ad hoc, dovranno stilare il piano per l’inclusione e trasmetterlo alle direzioni regionali entro il 30 giugno. Ma nelle scuole la protesta contro questo nuovo adempimento sta crescendo. I docenti non contestano l’opportunità di interventi didattici personalizzati (da tempo già realtà) ma che si porti a regime un sistema senza prevedere a monte le risorse aggiuntive necessarie. Tanto che la stessa circolare ministeriale prevede che il piano venga aggiornato a settembre in base ai fondi effettivamente assegnati alle scuole. Ma c’è anche una carenza di indicazioni, è la lamentela che sta prendendo piede via web. Come si fa per esempio a classificare il disagio socioeconomico? Basta la sola segnalazione dei servizi sociali? E quando l’avere una famiglia di origini straniere costituisce una difficoltà da certificare? Ancora una volta, è l’accusa, i docenti sono lasciati da soli e si rischia di tramutare una opportunità nell’ennesimo adempimento burocratico. Sul piede di guerra anche alcune associazioni di genitori, che temono che con i Bes vengano distolte attenzioni agli alunni con disabilità. Domani i vertici del ministero incontreranno i sindacati che hanno chiesto chiarimenti e attività di accompagnamento e di formazione adeguate per i docenti. La Flc-Cgil ha proposto nel frattempo lo slittamento della scadenza del 30 giugno: per dare tempo alle scuole di organizzarsi, magari avendo anche un anno di prova per sperimentare le migliori pratiche. La Uil scuola torna invece a battere sulla necessità di introdurre l’organico funzionale. Lo slittamento della scadenza di giugno è stato già deciso in autonomia dal Piemonte: il piano può essere trasmesso entro fine settembre. Mentre l’Emilia Romagna ha ricordato alle proprie scuole che una sorta di piano per l’inclusione era già previsto dalla legge n. 517/1977: nulla di nuovo sotto il sole

Voti, conta più lo status che l’apprendimento

da ItaliaOggi

Voti, conta più lo status che l’apprendimento

L’andamento rilevato dai ricercatori del pisa: innovare la valutazione

Emanuela Micucci

Femmina, status sociale medio alto, buona socializzazione. É l’identikit dello studente che riceve dai professori voti più alti di quello che meriterebbe. A disegnarlo è un recente Focus di PISA (n.26 www.oecd.org/pisa/pisainfocus), che ha rilevato la tendenza dei docenti è assegnare voti più alti alle ragazze e agli studenti con condizioni socioeconomiche più elevate rispetto ai ragazzi e agli alunni svantaggiati, nonostante vadano ugualmente bene a scuola e abbiano atteggiamenti positivi simili verso l’apprendimento. Una tendenza tanto diffusa dappertutto. E che premia un profilo di studente simile all’alunno ideale delineato da altri Focus.

Eppure, la raccomandazione dei ricercatori PISA è promuovere pratiche di valutazione che premino attitudini e comportamenti che aiutano gli alunni a imparare, separando conoscenze da comportamento. Anche perché, spiegano, «gli studenti spesso basano le proprie aspettative sui loro studi e sulle loro carriera lavorativa proprio sui voti scolastici e gli stessi sistemi scolastici usano i voti per orientare e selezionare verso corsi di studio superiori e per entrare all’università». Così, analizzando i 17 Paesi partecipanti a PISA 2009, hanno cercato di individuare come i diversi sistemi educativi usano i voti e se li attribuiscono correttamente. I risultati sono preoccupanti, appunto. Se il 95% degli studenti, tranne i coreani, frequenta istituti che misurano i loro apprendimenti con prove preparate dai docenti e ne esprimono la valutazione in voti, le modalità con cui le scuole in ogni Paese usano le votazioni sono diverse. Non solo. All’interno delle scuole di uno stesso Paese cambiano i modi di assegnazione dei voti. Ancora di più.

Differiscono i modi usati dai diversi sistemi educativi per indicare risultati negativi dell’anno scolastico o di una materia. In Austria, Croazia, Ungheria, Polonia, Repubblica Slovacca e Serbia le insufficienze sono indicate da un solo voto, che non permette ai ragazzi di sapere quanto sono lontani dalla sufficienza. Altrove, come in Italia, Belgio e Singapore, si fissa la sufficienza alla metà della scala di votazione, così da far comprendere quanto manca per raggiungerla. Scala dei voti molto ampia in Irlanda (da 1 a 100) e Islanda. Ci sono Paesi poi che formulano giudizi (sufficiente, buono, molto buono, eccellente): è il caso di Austria, Polonia, Ungheria, Repubblica Slovacca.

Non va meglio per il numero di alunni promossi o bocciati. Infatti, le percentuali di insufficienze sono alte in Italia, Singapore, Nuova Zelanda e Macao, dove almeno il 20% degli studenti le ha ricevute. Al contrario sono scarse in Austria, nel Belgio fiammingo, Islanda, Irlanda, Polonia, ma anche Croazia, Ungheria, Repubblica Slovacca, Serbia: qui meno del 5% merita insufficiente. Mentre l’oltre 30% di insufficienze al I quadrimestre registrate in Portogallo è coerente con l’ampio numero di ragazzi che ha ripetuto una classe durante la carriera scolastica.

Si differenziano cioè meglio, secondo gli studiosi, le performance degli alunni in Paesi che hanno un sistema di votazione con un numero limitato di voti e che usano modalità di classificazione chiare come nel caso dei giudizi. L’urgenza, però, «è allineare le politiche sull’attribuzione di voti con framework generali di valutazione».

L’estate porterà 15 mila nuove assunzioni

da ItaliaOggi

L’estate porterà 15 mila nuove assunzioni

La promessa. Nel triennio successivo, liberi 44 mila posti

Antimo Di Geronimo

Entro l’estate il ministero dell’istruzione intende immettere in ruolo 15mila precari tra docenti e Ata, contro i 26mila dell’anno scorso e i 69mila del 2011/2012. Il numero limitato di assunzioni è dovuto all’incidenza preponderante dell’ultima riforma del sistema pensionistico sulle cessazioni dal servizio al prossimo 1° settembre 2013. É quanto emerge dalla lettura combinata della relazione tenuta dal ministro dell’istruzione, Maria Chiara Carrozza, davanti alle commissioni di camera e senato il 6 giugno scorso e da una risposta ad un’interrogazione parlamentare fornita, sempre dalla titolare del dicastero di viale Trastevere, il 19 giugno alla camera.

In particolare, le stime del turn-over del personale, per i prossimi anni scolastici, sono di circa 44mila unità di personale docente e Ata. Da tali dati emerge che l’entità del personale che potrà essere assunto, in conseguenza diretta del turnover, ammonta complessivamente a circa 59mila unità nel prossimo quadriennio. Per questo motivo è allo studio la definizione di un piano triennale di immissione in ruolo, 2014/2017, del personale precario, che dovrebbe consentire di ridurre il numero di soggetti che ancora prestano servizio nella scuola con contratti a tempo determinato. E al tempo stesso introdurre, gradualmente e compatibilmente con le risorse disponibili, l’organico funzionale del sostegno e raggiungere la sostanziale equivalenza tra organico di diritto e di fatto nel sostegno, con l’inquadramento in ruolo dei circa 30 mila docenti di sostegno.

Che vengono utilizzati annualmente e, in prospettiva, avere l’organico funzionale come nuovo metodo di gestione degli organici. Le 15mila immissioni in ruolo previste per quest’anno derivano dal piano triennale di assunzioni disposto dall’articolo, comma 17 del decreto legge 70/2011.

Piano con il quale sono stati coperti i posti vacanti e disponibili a seguito del turn-over nel triennio di riferimento, con l’aggiunta di quelli che erano precedentemente vacanti e disponibili e di cui non era stata data l’autorizzazione alla copertura con contratti a tempo indeterminato. Nulla è cambiato per quanto riguarda i criteri di scorrimento delle graduatorie dalle quali saranno tratti gli aventi titolo alle assunzioni.

Pertanto, il 50% sarà tratta prioritariamente dalle graduatorie dei concorsi ordinari e il rimanente 50% dalle graduatorie a esaurimento, fatte salve le quote riservate agli invalidi e la priorità nella scelta della sede ai portatori di handicap e ai loro assistenti.

Inidonei, senato verso la deliberante contro il passaggio coatto

da ItaliaOggi

Inidonei, senato verso la deliberante contro il passaggio coatto

La legge prevede il trasferimento di circa 3.500 docenti

Nicola Mondelli

Per alcune migliaia di docenti dichiarati permanentemente inidonei all’insegnamento per motivi di salute, ma idonei a svolgere altri compiti nelle scuole e negli uffici dell’amministrazione scolastica territoriale e centrale e per alcune centinaia di insegnanti tecnico-pratici appartenenti alle classi di concorso ad esaurimento C999 e C555, si intravede finalmente la possibilità che possa essere evitato il pericolo di essere costretti a transitare nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario.

A disporre il trasferimento coatto sono i commi 13, 14 e 15 dell’art. 14 del decreto legge n. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

In due disegni di legge presentati dai senatori Francesca Puglisi e altri (Pd) e da Giamarco Centinaio (LN-Aut) viene infatti chiesta l’abrogazione delle predette norme.

Una richiesta che in sede di esame dei due disegni di legge in Commissione Cultura del Senato sembra avere trovato il consenso quasi unanime dei rappresentanti delle forze politiche rappresentate. Un consenso propedeutico all’esame dei due disegni di legge unificati non più in sede referente, come sta attualmente avvenendo, ma in sede deliberante.

Se ciò dovesse verificarsi, per gli interessati aumenterebbero notevolmente le possibilità di evitare il passaggio di autorità nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, consentendo nel contempo di riaprire su basi nuove il discorso sul loro futuro professionale che tenga soprattutto conto delle professionalità acquisite nello svolgimento dei compiti loro assegnati tra i quali vanno ricordati: il servizio di biblioteca e documentazione; l’organizzazione dei laboratori; i supporti didattici ed educativi e il supporto nell’utilizzo degli audiovisivi e delle nuove tecnologie informatiche.

Secondo l’ultima rilevazione fatta dal Miur, e datata 11 marzo 2013, sarebbero 3.084 i docenti inidonei, 460 i docenti tecnico-pratici titolari sulla C999 e 28 quelli titolari sulla C555.

Concorso prof, giallo sui posti

da ItaliaOggi

Concorso prof, giallo sui posti

In gara 11.542, ma non si sa se fossero i soli disponibili

Mario D’Adamo

Non si è ancora asciugato l’inchiostro sul codice di comportamento dei pubblici dipendenti che si viene a conoscenza di comportamenti ostruzionistici contrari alle nuove regole. Il Tribunale amministrativo del Lazio, sezione terza bis, ha ordinato al ministero dell’istruzione di consegnare ai concorrenti che li richiedano copia delle tabelle e dei tabulati utilizzati per il computo degli 11.542 posti di insegnante messi a concorso con bando n. 82 del 24 settembre 2012 dall’allora ministro dell’istruzione, Francesco Profumo (sentenza n. 5242/2013).

Il 20 e il 26 marzo scorsi alcune candidate avevano chiesto, ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241 del 1990 sulla trasparenza e i procedimenti amministrativi, l’accesso a tale documentazione, ma il ministero non aveva dato loro alcuna risposta e si era così formato il cosiddetto silenzio – rifiuto. Presentato ricorso al tribunale amministrativo del Lazio, la sezione terza bis lo ha accolto, ordinando al ministero di evadere la richiesta. Non bastano codici deontologici di comportamento sempre più severi per indurre nelle amministrazioni pubbliche comportamenti virtuosi, pratiche anticorruttive e di rispetto dei diritti dei cittadini, obbligando ciascun dipendente a fornire «le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell’ufficio dei quali ha la responsabilità od il coordinamento» e a precisare, quando siano in gioco il segreto d’ufficio o la normativa sulla privacy, i motivi che ostano all’accoglimento di una richiesta di atti e documenti (art. 12 del codice approvato con decreto del presidente della repubblica del 16 aprile 2013, n. 62). È stato necessario proprio adire la magistratura, la quale ha comunque severamente stigmatizzato il comportamento omissivo del ministero, rilevando che, «a quasi vent’anni dall’entrata in vigore delle norme sull’accesso di cui alla legge n. 241, il silenzio-rifiuto opposto dall’amministrazione sulla determinazione dei posti complessivi messi a concorso appare improntato ad un ingiustificato ed ingiustificabile ostruzionismo». Non c’erano nemmeno elementi correlati al segreto istruttorio e aspetti riguardanti la riservatezza che lo potessero giustificare e che in ogni caso si dovevano dichiarare. Le concorrenti avevano richiesto la documentazione sui posti messi a concorso, per controllare da un lato, essendo iscritte in graduatoria a esaurimento, che i posti messi a concorso vadano a saturare tutti quelli disponibili per le nuove assunzioni e solo quelli, senza intaccare la quota loro destinata, e dall’altro, come concorrenti in graduatoria di merito del concorso, che un’eventuale disponibilità di posti inferiore alle effettive esigenze le potesse danneggiare. E lamentavano che non era stato in alcun modo chiarito se le cattedre fossero tutte quelle effettivamente vacanti e disponibili, in ogni regione e in ogni classe di concorso, per il bienni previsto e in quale misura per ciascuno dei due anni. Attraverso la documentazione esse intendono tra l’altro verificare se si sia tenuto conto delle previsioni di pensionamento e se, infine, nel fissare il numero finale di posti, si sia valutato di effettuare un egual numero di assunzioni dalle graduatorie permanenti.

Il tribunale ha anche condannato l’amministrazione scolastica al pagamento delle spese legali e di giudizio, forfetariamente determinate in duemila euro e del pagamento delle quali si dovrebbe assumere l’onere il responsabile del comportamento ostruzionistico e del conseguente danno d’immagine subito dal ministero dell’istruzione, per tacere di altri provvedimenti amministrativi che pure, se ne ravvisassero gli estremi, gli si dovrebbero comminare.

Istat, al via “Immigrati e nuovi cittadini”

da Tecnica della Scuola

Istat, al via “Immigrati e nuovi cittadini”
di A.G.
Si tratta di un nuovo sistema informativo tematico diviso in aree tematiche, tra cui istruzione e formazione. Mappe, grafici dinamici e tavole multifonte permettono di osservare in maniera interattiva l’evoluzione della presenza straniera in Italia. Una parte del nuovo sistema è dedicata alle informazioni prodotte da Eurostat sulle migrazioni internazionali e sulla presenza straniera nei paesi europei.
Dal 24 giugno è disponibile, sul sito internet dell’Istat, il nuovo sistema informativo tematico dedicato a “Immigrati e nuovi cittadini“: si tratta di uno strumento che si pone come singolo punto di accesso ad una ampia banca dati su questo fenomeno.
Il sistema è diviso in aree tematiche – popolazione e famiglie; salute e sanità; lavoro; istruzione e formazione; condizioni economiche delle famiglie e disuguaglianze; assistenza; partecipazione sociale; criminalità – e all’interno di ciascuna area sono rese disponibili informazioni integrate, tratte da diverse rilevazioni ed elaborazioni realizzate dall’Istat. Mappe, grafici dinamici e tavole multifonte permettono di osservare in maniera interattiva l’evoluzione della presenza straniera in Italia. Una parte del nuovo sistema è dedicata alle informazioni prodotte da Eurostat sulle migrazioni internazionali e sulla presenza straniera nei paesi europei. “Immigrati e nuovi cittadini” si pone anche come punto di raccordo tra enti che raccolgono e diffondono informazioni sul fenomeno e utenti. Un’ampia sezione è rivolta proprio ai progetti che l’Istat sta portando avanti insieme ad alcuni importanti soggetti del Sistan.
La sezione del data sharing, all’interno della quale sono disponibili per gli utenti alcuni “widget”, permette la “condivisione di tavole e grafici che si aggiornano in tempo reale. Questo tipo di condivisione, familiare ai fruitori dei social network, consente di incorporare contenuti all’interno di documenti esterni al sito dell’Istat, con un semplice copia/incolla di stringhe di testo. Il fenomeno immigrazione coinvolge oltre 4 milioni ii stranieri che nel 2012 risiedono in Italia. A questa componente radicata sul territorio si accompagnano anche presenze meno stabili dovute a migrazioni temporanee, stagionali, di passaggio o riconducibili ad emergenze internazionali. In ogni caso, anche considerando solo la componente più stabile della presenza, in 10 anni il numero di residenti stranieri è quasi triplicato: all’inizio del 2002 erano meno di 1 milione e 400 mila.
L’elevata eterogeneità delle provenienze è una delle caratteristiche principali dell’immigrazione straniera in Italia. In tempi recenti, tuttavia, è aumentato il peso relativo di alcune cittadinanze rispetto alle altre in un processo di convergenza verso modelli propri dei paesi tradizionalmente meta di immigrazione. Al primo gennaio 1994 la struttura per cittadinanza degli stranieri residenti in Italia era particolarmente composita. Ci volevano ben dieci cittadinanze per arrivare solo al 50% dell’intera distribuzione. Al primo gennaio 2011 ne sono sufficienti cinque: Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina. Il sostanziale equilibrio tra i sessi è in realtà il risultato di evidenti squilibri all’interno delle singole cittadinanze. Solo considerando le prime cinque per numero di residenti, la percentuale di donne sul totale varia dal 44% registrato tra i marocchini all’80% rilevato tra le ucraine. Sbilanciata al maschile anche la collettività albanese (46% di donne) e seppur di poco quella cinese (48%). La comunità romena si caratterizza invece per una prevalenza di donne (55%). Le caratteristiche degli stranieri sono cambiate nel tempo: nuove cittadinanze di origine si sono aggiunte a quelle tradizionali; l’immigrazione ha assunto un carattere sempre più familiare; è cresciuto il numero di minori stranieri (oltre 940mila).
La struttura della popolazione straniera continua a essere molto giovane, specie se confrontata con quella italiana che è invece particolarmente “invecchiata”. La struttura per età degli stranieri ha infatti la forma di una piramide con base allargata per la presenza di numerosi bambini; mentre quella della popolazione italiana ha ormai perso da anni la forma tradizionale. Basta un confronto tra le età medie delle due popolazioni al Censimento 2011 per capire la differenza: 31 anni per gli stranieri, 44 per gli italiani.

Aliquota del 2,5% sullo stipendio: l’Inps non arretra

da Tecnica della Scuola

Aliquota del 2,5% sullo stipendio: l’Inps non arretra
di A.G.
L’istituto di previdenza ribadisce che “lungi dal prevedere la restituzione della contribuzione”, tutte le sentenze sulla materia e le norme in vigore “hanno confermato il permanere dell’obbligatorietà della stessa”. E ciò vale “anche per il periodo successivo al 31 dicembre 2010”. Replica dell’Anief: si arrampicano sugli specchi, pronti a depositare i ricorsi.
Si risolverà in tribunale il contenzioso avviato tra i lavoratori che hanno chiesto la restituzione di una parte delle trattenute previdenziali obbligatorie del 2.50% relative alle retribuzione contributiva utile ai fini del TFS, a seguito della illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 10, del decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, riconosciuta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 223 dell’ 8 ottobre scorso.
Attraverso un comunicato corredato da tantissimi riferimenti normativi, emesso il 21 giugno, l’Inps ha spiegato che “lungi dal prevedere la restituzione della contribuzione”, tutte le sentenze sulla materia e le norme in vigore “hanno confermato il permanere dell’obbligatorietà della stessa”. E ciò vale “anche per il periodo successivo al 31 dicembre 2010”.
Dopo aver sottolineato che “per i dipendenti pubblici in regime di TFR non trovano applicazione né la sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2012, né l’art. 1, commi 98-101, della legge 228/2012, in considerazione del fatto che costoro non sono mai stati riguardati dalla norma dichiarata illegittima”, dall’istituto di previdenza nazionale tengono a precisare che “a carico del personale cui spetta il TFR non può più essere trattenuto il
contributo previdenziale del 2,50%”. L’Inps, dopo aver ammesso che “per assicurare l’invarianza della retribuzione netta, il legislatore ha previsto la contestuale diminuzione della retribuzione lorda di tali dipendenti in misura pari a quella della quota di contributo a carico dell’iscritto cui spetti invece il trattamento di fine servizio (IPS o buonuscita)”, ha dunque ribadito che £ una eventuale interruzione di tale diminuzione della retribuzione lorda costituirebbe violazione di precisi obblighi di legge”.
La porta chiusa dall’Inps non è gradita dall’Anief, secondo cui l’istituto previdenziale “si arrampica sugli specchi. È evidente – sostiene il sindacato autonomo – che all’INPS non hanno letto bene i modelli di diffida, perché quelli elaborati dall’Anief per il personale assunto prima del 2000 non parlano di restituzione del 2,5% di TFR ma di certificazione per il 2011 e per il 2012 del credito del 2,69%, frutto della differenza tra le due aliquote: quello del 9,60% spettante per il regime TFS e quella del 6,91% ricevuta in regime TFR”. Il problema, continua l’Anief, è che “questo credito deve confluire nel trattamento di fine servizio vista la legge 228/12, art. 1, cc. 98-99, ma ancora non è stato certificato né dal MEF né dalla stessa legge che prevede una copertura finanziaria di soli 41 milioni rispetto ai più di 3 miliardi richiesti”.
Per quanto riguarda i modelli di diffida elaborati per il personale precario e di ruolo assunto dopo il 2000 o transitato volontariamente in regime di TFR, il sindacato guidato da Marcello Pacifico richiede la restituzione del 2,5% trattenuto fino ad aprile 2013 nei cedolini dello stipendio “con la motivazione della costituzione dello stesso TFR, non tanto per l’applicazione della sentenza n. 223/12 della Corte costituzionale, di per sé chiara nel diniego di tale trattenuta, ma in virtù dello stesso art. 1, c. 3 del DPCM del 20 dicembre 1999 richiamato nel messaggio non integralmente, che prevede un recupero mai attuato”.
Se è vero, infatti, che la retribuzione lorda deve essere ridotta in misura pari al contributo previdenziale obbligatorio soppresso, tuttavia, il Governo in questi 13 anni insieme ai sindacati, non ha mai stabilito, contestualmente “un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e dell’applicazione delle norme sul trattamento di fine rapporto, ad ogni fine contrattuale nonché per la determinazione della massa salariale per i contratti collettivi nazionali.”
Per l’Anief, quindi, “il Governo non può comportarsi diversamente da un’azienda privata dopo che aver privatizzato il rapporto di lavoro”. Pertanto “questo mancato recupero viola sì il principio della parità retributiva essendo la trattenuta parte di una retribuzione differita che porterebbe i neo-assunti a un trattamento peggiore rispetto agli altri lavoratori, contro la legge stessa. Pertanto, permangono tutte le motivazioni che hanno portato alla scrittura di quei modelli di diffida che possono essere richiesti da tutto il personale della scuola all’Anief ma anche dal personale del pubblico impiego alla Confedir, al fine della certificazione del credito vantato. Per l’occasione, nei ricorsi che saranno depositati non appena pubblicato in Gazzetta il nuovo regolamento sulla proroga del blocco degli scatti, sarà impugnata, per l’evidente illegittimità costituzionale, anche la norma che cancella gli incrementi retributivi riconosciuti nel 2011 e continua a bloccare gli stipendi”.
La querelle sindacale, quindi, si allarga. Soprattutto se il blocco degli scatti dovesse, come sembra, essere confermato fino a tutto il 2014.

I sindacati calabresi interrompono le relazioni con l’USR

da Tecnica della Scuola

I sindacati calabresi interrompono le relazioni con l’USR
I sindacati Flc Cgil, Cisl-Scuola, UIL-Scuola, Snals-Confasal, Gilda e Anp in un comunicato accusano il direttore dell’USR della Calabria, Francesco Mercurio, di operare come se fosse il ”padrone” della scuola calabrese
”Di fronte all’ennesimo comportamento del dott. Francesco Mercurio, Direttore dell’ufficio Scolastico Regionale per la Calabria, che denota una visione privatistica della cosa pubblica, che travalica notevolmente i limiti delle corrette relazioni sindacali, del ruolo dirigenziale per una corretta e trasparente amministrazione” i Sindacati Flc Cgil, Cisl-Scuola, UIL-Scuola, Snals-Confasal, Gilda, e Anp ”esprimono tutto il loro sconcerto ed una forte preoccupazione. Si apprende, infatti, di un decreto a firma del dott. Mercurio di cui non v’è traccia di informativa e di pubblicazione attraverso il quale viene costituito un fantomatico ”Comitato regionale per il Coordinamento funzionale del Sistema Nazionale di Valutazione” i cui componenti vengono scelti da Direttore e senza che il decreto stesso venga reso pubblico, insomma una sorta di coordinamento ”ombra”. Anche il ruolo e le funzioni attribuite al coordinamento, ad avviso dei Sindacati, lasciano esterrefatti e connotano una non corretta e conclamata incoerenza del ruolo, delle funzioni del Direttore Mercurio il quale pensa ed opera come se fosse il ”padrone” della scuola calabrese tanto da non dover rendere conto e dare pubblicità ai propri decreti. Molto sommessamente ma con la fermezza e determinazione che si richiede in questi casi vorremmo ricordargli che viviamo ed operiamo in un sistema democratico in cui esistono regole e procedure che tutti devono rispettare anche il Dott. Mercurio”.

Carrozza: la terza prova svolta regolarmente

da Tecnica della Scuola

Carrozza: la terza prova svolta regolarmente
di A.G.
Scongiurato il rinvio nelle zone terremotate del centro-nord Italia, in particolare in Toscana, dove si è registrato solo qualche ritardo dovuto ai sopralluoghi per le dovute verifiche.
Solo qualche ritardo dovuto a verifiche precauzionali, ma nessun rinvio. È questo il bilancio della terza ed ultima giornata dedicate alle prove scritte dell’esame conclusivo di Stato del quinto anno delle superiori, cui hanno partecipato quasi mezzo milioni di studenti. È così stato scongiurato il temuto rinvio delle prove multidisciplinari, su cinque delle materie del quinto anno sino ad oggi non trattate, derivante dai danni procurati dalle scosse di terremoto che negli ultimi giorni hanno colpito il centro-nord Italia, in particolare la Toscana.
A dichiararlo è stato il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, via internet, attraverso un tweet: “le prove di maturità si sono svolte regolarmente, in alcune zone colpite dal terremoto sono iniziate in ritardo, dopo il sopralluogo”, ha scritto il responsabile del Miur.
La regolarità delle prove è stata confermata da fonti ministeriali: tutte le prove, hanno fatto sapere dal Miur, si sono inoltre svolte nella sede prevista. “In alcune zone colpite dal sisma stamani sono state fatte verifiche, ma poi le prove si sono svolte regolarmente. Nessuno ha posticipato la terza prova”.