Il Governo trova i soldi: sono quelli degli insegnanti

Il Governo trova i soldi: sono quelli degli insegnanti

MISURE PER IL LAVORO /ISTRUZIONE E FORMAZIONE

Di Menna: 7,6 milioni di euro tolti al personale della scuola. Chiediamo chiarimenti. Se fosse confermato aprirebbe un contrasto forte tra mondo della scuola e Governo.

 

Dopo i proclami, le misure concrete prendono altre strade – è l’osservazione fortemente preoccupata e critica del segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna dopo l’esame di alcune misure contenute nella parte istruzione e formazione del ‘pacchetto lavoro del Governo’.
7,6 milioni di euro destinati alla ‘ valorizzazione e alla sviluppo professionale della carriera del personale della scuola’,  verrebbero tolti alla retribuzione degli insegnanti per finanziare interventi previsti dal decreto.
E’ quanto si legge nel comma 5 dell’art 5 del testo Governativo – disposizioni in materia di istruzione e formazione – nella bozza ancora non definitiva – che dice: “agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1 (del medesimo articolo) si provvede mediante riduzione del fondo di cui all’articolo 64, comma 9, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, con modificazioni , dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per euro 7,6 milioni a decorrere dall’anno 2014.”
La legge di riferimento – a voler entrare nelle conseguenze concrete del comma in questione, spiega Di Menna – è  quella che destina i fondi per la professionalità dei docenti. Ci troveremmo quindi, di fronte ad una decisione che,ancora una volta, riduce le risorse agli insegnanti mentre se ne loda la centralità.
Il Ministro Carrozza – aggiunge il segretario generale della Uil Scuola – è chiamato a chiarire questo aspetto che se venisse confermato porterebbe inevitabilmente ad un contrasto forte tra il mondo della scuola e il Governo. Contrasto del quale il Paese non ha assolutamente bisogno.

MISURE CHE FAVORISCONO RACCORDO TRA SCUOLA E LAVORO

SCUOLA, PUGLISI (PD): “BENE GOVERNO SU SCUOLA E UNIVERSITA'”
“MISURE CHE FAVORISCONO RACCORDO TRA SCUOLA E LAVORO”

Dichiarazione della senatrice del Pd Francesca Puglisi, capogruppo in Commissione Istruzione al Senato

“Bene i provvedimenti su scuola e università varati dal Consiglio dei Ministri all’interno del Dl lavoro. Nonostante le difficoltà economiche, il Governo sta cercando di ‘riaccendere’ nei giovani il motore del ‘desiderio’, affinché possano davvero credere che questo Paese, con il loro contributo, può farcela”. Lo dichiara la senatrice del Pd Francesca Puglisi, capogruppo in Commissione Istruzione a Palazzo Madama.
“Sono certa  – ha sottolineato la parlamentare – che le misure proposte dalla Ministra Carrozza, favorendo il raccordo tra scuola e lavoro, aiuteranno i ragazzi e le ragazze a capire da subito se la strada che intendono percorrere è quella che appassiona. Unendo il sapere al saper fare, anche la scuola diventa più interessante. E’ il metodo giusto – conclude Puglisi – per abbattere la dispersione scolastica e far trovare a tutti, con la scuola, la strada per la propria vita”.

Giù le mani dalla scuola

Giù le mani dalla scuola. Decreto lavoro, il Governo toglie 8 milioni al fondo per gli insegnanti

Da notizie che filtrano dal Consiglio dei Ministri, sembrerebbe che il decreto legge sul lavoro sottragga circa 8 milioni di euro dal fondo per la valorizzazione e lo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola per finanziare i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore.
Tutto ciò è inaccettabile. Se la notizia sarà confermata, ci troveremmo davanti all’ennesimo scippo ai danni degli insegnanti, di cui il Governo continua a tessere le lodi solo a parole.
Le poche risorse che ci sono nella scuola vanno incrementate, non tagliate. Che il Governo torni sui propri passi e cancelli subito il prelievo. I percorsi di istruzione e formazione professionale non possono essere finanziati a danno delle retribuzioni degli insegnanti. Sicuramente non è questo il nuovo corso che ci aspettavamo.

Francesco Scrima
segretario generale CISL Scuola

Docenti inidonei e ITP

Docenti inidonei e ITP: rinviata la discussione alla prossima settimana in attesa dei numeri del Miur

Nel dibattito sulle proposte di legge all’esame della VII Commissione, il rappresentante del Governo prende atto delle intenzioni del Parlamento e promette di presentare i dati richiesti per trovare la relativa copertura finanziaria.

Anief-Confedir chiede una soluzione rapida per evitare il contenzioso in tribunale viste le violazioni della normativa comunitaria, mentre attende dall’incontro del 1° luglio prossimo lo sblocco delle 5.000 immissioni in ruolo promesse agli ATA dal settembre scorso, dopo il caos sui nominati fino all’avente diritto che hanno costretto l’Amministrazione alle conciliazioni.

DL LAVORO: CARROZZA, SODDISFAZIONE PER VIA LIBERA

DL LAVORO: CARROZZA, SODDISFAZIONE PER VIA LIBERA. SCUOLA E UNIVERSITÀ FONDAMENTALI PER COMBATTERE DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

Il ministro Maria Chiara Carrozza esprime soddisfazione per i provvedimenti che riguardano scuola e università varati stamattina dal Consiglio dei ministri all’interno del Dl lavoro. In particolare, il ministro sottolinea “l’importanza di una logica che includa anche la scuola e l’università nel contrasto alla disoccupazione giovanile e l’ottimo lavoro di raccordo tra i diversi ministeri che hanno contribuito al decreto”.

Tra i provvedimenti che riguardano il Miur, sul fronte università si prevede un piano da 10,6 milioni di euro per cofinanziare tirocini curriculari degli studenti universitari presso soggetti pubblici e privati. Si tratta di stage della durata minima di 3 mesi che prevedono un rimborso spese mensile di massimo 200 euro di contributi statali, ai quali andrà ad aggiungersi un uguale importo da parte del soggetto che offre il tirocinio.

Sul fronte scuola, invece, è previsto un aumento della flessibilità fino al 25% dell’orario annuale degli istituti professionali. Nel garantire maggiore flessibilità dell’orario annuale delle lezioni si favorisce un raccordo organico tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale regionale, rispondendo in modo puntuale alle esigenze formative dei giovani e consentendo un più facile accesso al mercato del lavoro.

Inoltre, sempre allo scopo di favorire un miglior raccordo tra scuola e mondo del lavoro, è in fase di elaborazione un piano triennale di interventi per tirocini extracurriculari degli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici.

Responsabile anticorruzione: a che punto siamo?

Responsabile anticorruzione: a che punto siamo?

Una recente nota della CIVIT – relativa alle modalità di comunicazione che le Pubbliche Amministrazioni devono seguire per comunicare il nominativo del Responsabile anticorruzione – ci ricorda che la questione, per quanto riguarda le istituzioni scolastiche, è tuttora aperta.
L’Anp ebbe a segnalare per prima, con una lettera indirizzata lo scorso 15 febbraio all’allora Ministro Profumo, l’inattuabilità nelle scuole delle norme in materia di nomina del Responsabile anticorruzione (e, più ancora, delle disposizioni attuative emanate dalla Funzione Pubblica).
Quella presa di posizione fu condivisa dal MIUR, che qualche settimana dopo indirizzò alla Funzione Pubblica una richiesta di interpretazione autentica, di cui pure abbiamo dato notizia sul sito.
Da allora, silenzio. Ormai i termini fissati (31 marzo) sono largamente superati: ma i dirigenti delle scuole si trovano tuttora stretti fra un adempimento prescritto (e soggetto a sanzioni in caso di mancato seguito) e la sua pratica inattuabilità. Un nodo che andrebbe sciolto al più presto, nell’interesse di tutti.
E’ per questo motivo che il presidente Anp, Giorgio Rembado, ha indirizzato una nota al nuovo Ministro, Maria Chiara Carrozza, ed al responsabile del Ministero per la Pubblica Amministrazione, Gianpiero D’Alia, per sollecitarli ad assumere al più presto una posizione chiarificatrice in merito.

26 giugno DL Lavoro in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 26 giugno 2013, ha approvato un decreto legge per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro ed aumentare l’occupazione.

Di seguito il comunicato stampa:

Il Consiglio dei Ministri ha approvato su proposta dei ministri del Lavoro, Enrico Giovannini, dell’Economia e Finanze, Fabrizio Saccomanni, e della Coesione Territoriale, Carlo Trigilia, un decreto legge per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, aumentare l’occupazione, soprattutto quella giovanile, sostenere le famiglie in difficoltà.

Gli obiettivi perseguiti dal Governo attraverso gli interventi previsti dal decreto-legge mirano ad aumentare il contenuto occupazionale della ripresa accelerando la creazione di posti di lavoro, soprattutto a tempo indeterminato; creando nuove opportunità di lavoro e di formazione per i giovani, per ridurre la disoccupazione e l’inattività, favorendo l’alternanza scuola-lavoro; sostenendo il reinserimento lavorativo di chi fruisce di ammortizzatori sociali; incentivando le assunzioni di categorie deboli della società, come le persone con disabilità (sarà previsto un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità). Si interviene inoltre per potenziare il sistema delle politiche attive del lavoro, per aumentare le tutele dei lavoratori, migliorare la trasparenza e l’efficienza dei meccanismi di conciliazione in caso di licenziamento. Infine, il decreto, che vuole dare risposte concrete alle Raccomandazioni rivolte all’Italia dalla Commissione europea il 29 maggio 2013 nel quadro della procedura di coordinamento delle riforme economiche per la competitività (“semestre europeo”), prevede un forte intervento per sostenere il reddito delle persone maggiormente in difficoltà, specialmente nel Mezzogiorno, cioè l’area caratterizzata da tassi di povertà più elevati. Gli interventi previsti dal decreto legge rappresentano solo il primo passo della strategia del Governo per aumentare l’occupazione, specialmente giovanile, ridurre l’inattività e attenuare il disagio sociale. Un secondo gruppo di misure verrà definito non appena le istituzioni europee avranno approvato le regole per l’utilizzo dei fondi strutturali relativi al periodo 2014-2020 e di quelli per la “Garanzia giovani”.

Incentivi per nuove assunzioni a tempo indeterminato
Vengono stanziati 794 milioni di euro nel quadriennio 2013-2016 (500 milioni per le regioni del Mezzogiorno, 294 milioni per le restanti) per incentivare l’assunzione di lavoratori in età compresa tra i 18 e i 29 anni e che godano di almeno una di queste condizioni:
a) Siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
b) Siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;
c) Siano lavoratori che vivono da soli con una o più persone a carico.

L’incentivo per il datore di lavoro è pari a un terzo della retribuzione lorda imponibile ai fini previdenziali complessiva per un periodo di 18 mesi e non può superare i 650 euro per lavoratore. Se, invece, il datore di lavoro trasforma un contratto in essere da determinato a “indeterminato” il periodo di incentivazione è di 12 mesi. Alla trasformazione deve comunque corrispondere un’ulteriore assunzione di lavoratore.

Un apprendistato che abbia valore
In una logica di una disciplina maggiormente omogenea sull’intero territorio nazionale, entro il 30 settembre 2013 la conferenza Stato-Regioni dovrà adottare le linee guida che disciplinino il contratto di apprendistato professionalizzante che le piccole e medie imprese e le microimprese dovranno adottare entro il 31 dicembre 2015.

Favorire i tirocini formativi
– Fino al 31 dicembre 2015 è istituito presso il Ministero del lavoro un fondo di 2 milioni di euro annui per permettere alle amministrazioni che non abbiano a tal fine risorse proprie di corrispondere le indennità per la partecipazione ai tirocini formativi.
– È anche autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per promuovere l’alternanza tra studio e lavoro e quindi l’attività di tirocinio curriculare per gli studenti iscritti ai corsi di laurea nell’anno 2013-2014.
– Per creare nuove opportunità di lavoro e di formazione per i giovani, per ridurre la disoccupazione e l’inattività. Il provvedimento prevede il finanziamento di un ampio programma di tirocini formativi per giovani residenti nel Mezzogiorno che non lavorano, non studiano e non partecipano ad alcuna attività di formazione, di età compresa fra i 18 e i 29 anni; un incentivo alle università che sottoscriveranno un protocollo standard definito dal Ministero dell’università e della ricerca per il finanziamento delle attività di tirocinio curriculare presso enti pubblici e privati per gli studenti universitari più meritevoli e in difficoltà economiche; un coordinamento più stretto con la formazione realizzata dagli istituti tecnici. Viene poi istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un’apposita struttura di missione, in vista dell’avvio della “Garanzia giovani”.

Un aiuto al Mezzogiorno
– In considerazione della grave situazione occupazionale che interessa i giovani residenti nelle aree del Mezzogiorno si è deciso di rifinanziare:
a) con 80 milioni di euro, delle misure per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità;
b) con 80 milioni di euro il Piano di Azione Coesione rivolta a enti e organizzazioni del privato sociale che coinvolgano giovani in progetti di valorizzazione dei beni pubblici e per l’inclusione sociale;
c) con 168 milioni di euro, borse di tirocinio formativo per giovani disoccupati, che non studiano, che non partecipano ad alcuna attività di formazione.
– Per ridurre la povertà e per sostenere le famiglie del Mezzogiorno in difficoltà, viene avviato il programma “Promozione dell’inclusione sociale, finanziato con 167 milioni di euro.

Migliorare il funzionamento del mercato del lavoro
Si prevede una serie di interventi, in particolare relativi alla legge 92/2012 volti a chiarire la natura dei contratti e di semplificazione. In particolare sui contratti a termine e di somministrazione (come l’abrogazione del divieto di proroga del contratto “acausale”), contratti di lavoro intermittente, lavoro a progetto e lavoro accessorio.

Rafforzare le tutele per i lavoratori e migliorare la trasparenza
In particolare, in caso di tentativo di conciliazione la mancata presentazione di una delle parti sarà valutata dal giudice nella sua decisione finale; estensione anche ai co.co.pro. delle norme contro le cosiddette “dimissioni in bianco”; rivalutazione del 9.6% delle ammende con rivalutazione della metà del flusso che ne deriva al rafforzamento di misure di vigilanza e prevenzione in materia di sicurezza sul luogo del lavoro; il monitoraggio dei contratti aziendali con deposito obbligatorio presso le direzioni territoriali del lavoro; comunicazioni obbligatorie relative all’assunzione, cessazione, trasformazione e proroga dei contratti valgono a tutti gli effetti.

IL MEZZOGIORNO AL LAVORO
Misure urgenti per l’occupazione giovanile e contro la povertà nel Mezzogiorno.

La riprogrammazione dei Fondi Strutturali 2007‐2013. Il Ministro per la Coesione Territoriale, Carlo Trigilia, nell’ambito della complessiva strategia del Governo per l’occupazione giovanile ha messo a punto un intervento di riprogrammazione dei Fondi Strutturali 2007‐13, definito di concerto con gli altri Ministeri interessati, in coerenza con i Piani d’Azione Coesione del 2012‐13.
Questo intervento è centrato sulla creazione di nuovi posti di lavoro nel Mezzogiorno. Mira a contrastare la forte caduta dell’occupazione indotta dalla recessione e per accompagnare la sua possibile ripresa, così come la regolarizzazione di impieghi “sommersi”; a rafforzare la coesione sociale e territoriale nel paese; a contribuire ad un rafforzamento strutturale del sistema delle imprese; ad indurre un aumento dei consumi e della tassazione a vantaggio dell’intero paese.
I giovani al Sud, alcuni dati statistici. Poche cifre sono sufficienti per illustrare la necessità di questo intervento. Nel Mezzogiorno vi sono 1.250.000 giovani (15‐29 anni) che non studiano né lavorano, più che nell’intero CentroNord. Un giovane meridionale su 3 oggi non studia né lavora. I giovani diplomati del Sud hanno nel 2012 un tasso di occupazione del 31% e i giovani laureati del 49%; tassi entrambi di circa 15 punti inferiori rispetto al resto del paese; la durata media della ricerca della prima occupazione supera i tre anni.
Al tempo stesso cresce sensibilmente al Sud la partecipazione al mercato del lavoro, segno sia di assoluta necessità di impiego in moltissime famiglie, sia di esplicita volontà di contribuire al rilancio del paese. Come ricorda la Banca d’Italia, “l’ offerta di lavoro cresce più rapidamente nelle regioni in cui l’aumento della disoccupazione è più marcato”.
Quattro assi d’intervento. L’intervento è organizzato su quattro assi: a) incentivazione della creazione di lavoro a tempo indeterminato (500 milioni di euro); b) incentivazione dell’autoimprenditorialità e dell’impresa sociale (250 milioni); c) avvicinamento dei giovani che non studiano e non lavorano (NEET) al lavoro attraverso tirocini (150 milioni); d) contrasto alla povertà estrema (circa 170 milioni).
1. La misura principale del primo asse incentiva direttamente la creazione di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato, per i giovani fino a 29 anni di età, attraverso una sensibile riduzione del relativo costo per le imprese. La riduzione è pari al 33% della retribuzione lorda complessiva per un periodo di 18 mesi (con una dotazione di 500 milioni). L’impatto di tale misura sarà rafforzato dalla sua durata nel tempo, almeno fino al giugno 2015, grazie alla certezza del suo rifinanziamento in caso di esaurimento delle risorse; si tenderà così a rendere massimo l’effetto di stimolo di nuove assunzioni non già programmate.
2. Il secondo asse interviene potenziando due strumenti di politica economica già attivi. Da un lato con un rifinanziamento della legge 185 sull’autoimpiego e l’autoimprenditorialità (170 milioni); dall’altro con un rifinanziamento della misura “giovani del non profit” (già definita nel Piani d’Azione Coesione) per sostenere progetti del privato sociale.
3. Parallelamente, come terzo asse, questo impatto sarà rafforzato dalla contemporanea attivazione di una misura per la promozione di stage/tirocini nelle imprese per i giovani NEET, che potranno consentire un processo di progressivo inserimento. Quest’ultima misura ha una ulteriore dotazione di circa 150 milioni di euro, e prevede l’erogazione di un contributo di 3.000 euro per uno stage di sei mesi direttamente al tirocinante, così come un meccanismo gestionale che faciliti l’incontro delle richiesta delle imprese e delle disponibilità delle persone.
4. Il quarto ed ultimo asse interviene sulla povertà estrema. Per motivare questo indispensabile intervento per la coesione sociale, basta ricordare che al Sud un cittadino su tre della popolazione ha sperimentato forme di grave deprivazione in uno degli ultimi due anni (uno su cinque nell’intero paese, Sud incluso). Il 12% dei meridionali è in permanente condizione di grave deprivazione. Con questa misura viene estesa a tutti i comuni del Mezzogiorno la sperimentazione della nuova carta acquisti per le famiglie in stato di indigenza estrema, già prevista per le maggiori città dell’intero paese.
Gli effetti stimati. L’impatto dell’intervento “Il Mezzogiorno al lavoro per l’Italia. Prima parte” sarà sensibile. Coinvolgerà oltre 300.000 persone: in particolare oltre 150.000 cittadini in condizione di povertà estrema. Determinerà la creazione di circa 80.000 nuovi posti di lavoro nel 2013‐14. Il suo impatto sull’economia del Mezzogiorno produrrà una crescita del PIL stimabile in circa il +0,2% per il 2014,rispetto al livello atteso, e il +0,4% per il 2015 e oltre.
Come per tutti gli interventi nel Mezzogiorno, ne beneficerà l’intera economia nazionale: in particolare l’impatto aggiuntivo sulla produzione nel CentroNord sarà fra i 100 e i 200 milioni di euro l’anno, grazie alla fornitura addizionale di beni e servizi al Mezzogiorno.
L’iter. Nelle prossime settimane il Ministro per la Coesione Territoriale definirà gli specifici contenuti dell’intervento: “Il Mezzogiorno al lavoro per l’Italia. Seconda parte”, che si muoverà con la stessa logica e che conterrà misure di rapido impatto per il rafforzamento strutturale delle imprese e dei territori del Mezzogiorno, compiendo un ulteriore passo verso il rapido e proficuo impiego dei Fondi Strutturali 2007‐13 non ancora spesi.
Le misure previste sono destinate a durare nel medio periodo: esse potranno essere rifinanziate sia a valere di ulteriori riprogrammazioni dei fondi 2007‐13, sia attraverso l’appostamento di nuove risorse sui programmi per il 2014‐20.

 

Concorso a cattedra: il Tar Lazio riammette all’orale i candidati che hanno raggiunto i 28/40

Concorso a cattedra: il Tar Lazio riammette all’orale i candidati che hanno raggiunto i 28/40 sommando alla prova laboratoriale l’esito delle precedenti prove scritte

 

Nuovo decreto monocratico d’urgenza (n. 2503/13) emanato dal TAR Lazio in favore degli iscritti ANIEF. I candidati che si sono rivolti al nostro sindacato avevano ottenuto un voto complessivo pari a 28/40 sommando gli esiti degli scritti e della prova di laboratorio, ma erano stati ingiustamente esclusi dal MIUR per non aver ottenuto il voto di 7/10 nella sola prova pratica o laboratoriale.

 

L’Avvocato Marco di Pietro dell’ANIEF, in attesa dell’udienza fissata per il 15 luglio prossimo, ottiene ancora una volta il rispetto dei requisiti fissati dal legislatore nel D.Lgs. 297/94 e l’ammissione con riserva alle prove orali dei nostri iscritti. Il MIUR arbitrariamente, infatti, nel bando di concorso ha previsto il voto minimo di 7/10 come punteggio-soglia da ottenere per la sola prova laboratoriale non considerando la votazione complessiva di 28/40 ottenuta sommando alla prova pratica i risultati degli altri scritti.

 

L’ANIEF ricorda che è ancora possibile aderire al ricorso inviando una e-mail a concorsoacattedra@anief.net per ricevere le istruzioni operative prima delle prove orali.

 

Aprea: «Nessuna scuola resterà senza dirigente» Dopo il concorso bloccato

da IlGiornale.it

Aprea: «Nessuna scuola resterà senza dirigente» Dopo il concorso bloccato

Sulla vicenda del concorso per dirigenti scolastici, bloccato per il sospetto che la trasparenza delle buste in cui erano stati inseriti gli elaborati potesse rendere riconoscibili i partecipanti, ha preso posizione l’assessore regionale all’Istruzione, Formazione e Lavoro Valentina Aprea (nella foto), rispondendo a una mozione presentata in aula consiliare. «Siamo in stretto contatto con l’Ufficio scolastico regionale – ha spiegato l’assessore – perché, dopo la sentenza che speriamo positiva, si possa consentire l’avvio dell’anno scolastico 2013-2014 con i nuovi dirigenti in servizio. Ciò che non potremo accettare sono soluzioni di ripiego, che mettano in crisi la funzionalità e la qualità della scuola lombarda e che vedano la nostra regione sottoposta a mobilità forzose pur di avere la funzionalità minima». Quest’anno i posti da dirigente vacanti sono 500, il prossimo anno saranno quasi 700 e tutti dovranno essere coperti da personale di ruolo. «Proprio perché siamo una delle Regioni più virtuose d’Italia e abbiamo proceduto responsabilmente a una razionalizzazione del sistema scolastico non possiamo accettare di avere nemmeno una sede senza dirigente».

Scuola, Italia ancora maglia nera per l’Ocse: “Dal 1995 siete gli unici a tagliare risorse”

da Repubblica.it

Scuola, Italia ancora maglia nera per l’Ocse: “Dal 1995 siete gli unici a tagliare risorse”

Insegnanti tra i più anziani e meno pagati, e mancano laureati e quelle risorse che in altri paesi hanno destinato all’istruzione anche in periodo di crisi. Negli altri paesi investimenti cresciuti del 62%. Ma c’è anche qualche aspetto positivo

di SALVO INTRAVAIA

L’OCSE bacchetta l’Italia su scuola e università, anche se si intravede qualche piccolo progresso rispetto agli ultimi anni. L’ultimo report sull’istruzione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, pubblicato questa mattina, assegna un’immancabile maglia nera all’Italia per diversi aspetti. Nel nostro paese ci sono gli insegnanti più anziani e tra i meno pagati dei paesi Ocse ed europei. La scuola ha subito una vera e propria cura da cavallo e mancano laureati e risorse che invece gli altri paesi, nonostante la crisi, hanno destinato al sistema di istruzione.
Ma andiamo con ordine. Questa mattina l’istituto di Parigi ha pubblicato “uno sguardo sull’istruzione 2013” che mette in evidenza tutte le pecche del sistema formativo nostrano. Bastano poche righe per comprendere la distanza siderale che intercorre tra la politica italiana, in termini di formazione delle nuove leve, e quella dei paesi più avanzati. “L’Italia è l’unico paese dell’area dell’Ocse che dal 1995 non ha aumentato – scrivono gli esperti dell’organizzazione internazionale  –  la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria. All’opposto, nello stesso periodo i Paesi dell’Ocse hanno aumentato in media del 62 per cento la spesa per studente negli stessi livelli d’istruzione”.
E se si passa al settore universitario le cose non cambiano molto. “Negli ultimi 15 anni  –  continuano dall’Ocse  –  la spesa per studente di livello terziario è cresciuta del 39 per cento, registrando un aumento ben superiore alla media Ocse del 15 per cento. Tuttavia, tale aumento è ampiamente riconducibile a quello dei finanziamenti provenienti da fonti private. Ciononostante, la spesa per gli studenti di livello terziario (9.580 dollari Usa equivalenti) continua a essere ben inferiore alla media dell’area dell’Ocse (13.528 dollari Usa equivalenti)”. In altre parole, i paesi più avanzati per restare sul mercato investono sull’istruzione universitaria che in Italia mostra un gap, in termini di spesa per studente, del 30 per cento rispetto ai paesi più avanzati.
In appena 6 anni, “tra il 2005 e il 2011, l’Italia ha conseguito risparmi nei settori dell’istruzione primaria e secondaria di primo grado aumentando il numero di studenti per insegnante” avvicinandosi “alla media internazionale, con un moderato aumento del numero di ore annue d’insegnamento per gli insegnanti, e con una simultanea diminuzione delle ore di istruzione per gli studenti”. Una operazione che raccoglie il plauso degli esperti Ocse. “Si potrebbe pensare che una tale misura avrebbe potuto nuocere alle opportunità di apprendimento degli studenti, ma fin qui, tali risparmi sull’istruzione scolastica non hanno compromesso i risultati dell’apprendimento degli studenti: gli esiti per gli studenti quindicenni nella valutazione Pisa 2009 sono risultati stabili” in lettura e addirittura sono migliorati in matematica e in scienze.
“Di conseguenza  –  concludono  –  il sistema sembra essersi diretto verso una migliore efficienza nell’uso delle risorse”. Ma per il resto è un mezzo disastro. I laureati italiani continuano ad essere troppo pochi: il 15 per cento della popolazione di età compresa fra 25 e 64 anni, contro una media Ocse del 32 per cento. “I tassi d’ingresso all’università sono aumentati all’inizio degli anni 2000 ma dati più recenti indicano che una parte di tale aumento sia stata solo temporanea”. Nel 2006 erano 56 su cento i diplomati che continuavano a studiare all’università, nel 2011 siamo scesi al 48 per cento. A livello Ocse siamo al 60 per cento. Inoltre, tra il 2003 e il 2009, i quindicenni italiani che speravano di conseguire una laurea sono scesi di 11 punti: dal 52 al 41 per cento. Quanto basta, per avviare una seria riflessione sul futuro, anche economico, dello Stivale.
Per la senatrice del Pd, Francesca Puglisi, capogruppo in commissione Istruzione, occorre “raddoppiare il numero dei laureati e dimezzare la dispersione scolastica entro il 2020. Nella contrazione del numero dei giovani intenzionati ad entrare nelle università emerge, purtroppo, tutta la crisi di fiducia che stanno vivendo i giovani italiani”, continua la Puglisi.
“I dati contenuti nel rapporto Ocse  –  dichiara Massimo Di Menna, della Uil scuola  –  confermano quanto ripetiamo da tempo: una spesa per l’istruzione che non cresce, retribuzioni tra le più basse d’Europa, risultati nell’apprendimento che permangono di buon livello grazie all’impegno professionale degli insegnanti alle prese con classi sempre più numerose”.
“Non si tratta di prendere atto della situazione  –  aggiunge Di Menna  –  ma di assumere responsabilità nelle scelte” con “interventi da fare subito”.
Alle accuse dell’Ocse ha risposto con una nota anche il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria: “I dati dell’Ocse evidenziano criticità del nostro sistema di istruzione di medio e lungo periodo oramai note da tempo. Proprio per questo esse sono non solo citate ma anche affrontate con una strategia di medio periodo già dalle recenti audizioni alle Camere del Ministro Maria Chiara Carrozza, nelle quali sono state delineate le linee programmatiche della sua azione”.

Vergogna, torna la scuola speciale

da L’Espresso

Vergogna, torna la scuola speciale

 E’ dal 1971 che l’Italia ha integrato gli alunni portatori di handicap nelle scuole con il supporto di insegnanti specializzati. Eppure a Palermo una delibera comunale potrebbe far nascere una materna per bambini autistici.

 di Chiara Baldi     

Si torna a parlare di “scuole speciali” in Italia dopo che il consiglio comunale di Palermo, il 22 maggio, ha approvato una delibera con oggetto l'”istituzione di una scuola materna per bambini affetti da sindrome autistica”. Una delibera che ha scatenato grandi polemiche, dapprima con il deputato Pd Davide Faraone che l’ha definita, in una nota, una mozione che “ci riporta indietro di secoli” e poi con molti esponenti politici che hanno chiesto di chiarirne il contenuto. E il chiarimento è arrivato nei giorni scorsi attraverso le parole del sindaco Leoluca Orlando il quale ha garantito che “l’amministrazione comunale è impegnata nel mondo della scuola affinché si affermi un principio elementare di civiltà: nessuno è escluso, tutti hanno il diritto a percorsi educativi e di socializzazione includenti e non ghettizzanti”.

Ma se la delibera palermitana diventasse attuativa i 500 bambini autistici presenti in città, di età compresa tra gli 0 e i 6 anni, andrebbero incontro ad una ghettizzazione da cui l’Italia è scappata nel 1977 con l’approvazione della legge 517 secondo cui “la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap con la prestazione di insegnanti specializzati”.

“Uno degli elementi fondamentali che ci contraddistingue dagli altri paesi è stata proprio l’integrazione”, dice all’Espresso la dottoressa Paola Visconti, esperta di neuropsichiatria infantile presso l’ambulatorio di Autismo e Disturbi dello Sviluppo Bellaria, Irccs di Bologna, che spiega: “siamo estremamente fortunati ad avere un’integrazione estesa e diffusa a tutti i livelli, soprattutto per i bambini autistici che tendono a imitare i comportamenti negativi e hanno molte difficoltà di socializzazione. In caso di “classi speciali”, verrebbero penalizzati. Trovo che la delibera di Palermo sia una modalità che non va incontro alle attuali strategie abilitative”.

E il problema della ghettizzazione, come spiega la stessa Visconti, “non è solo culturale, è proprio di riduzione di competenze e di inibizioni delle stesse”. “Non dimentichiamo – continua – che i bambini autistici tendono ad imitare il peggio di quello che trovano. L’integrazione, invece, serve per forza di cose a migliorare proprio il comportamento: nella prima fase, fino verso i 3-4 anni, l’imitazione è molto difficile, poi però a mano a mano il cervello compensa queste difficoltà e c’è molto bisogno di avere dei pari che abbiano un comportamento adattivo sociale nella norma: questo serve ad imparare schemi sociali adeguati”.

Ma non solo sono i bambini affetti da autismo a essere penalizzati da un’eventuale separazione delle classi. La presidente nazionale associazione Angsa (associazione nazionale genitori soggetti autistici), la dottoressa Liana Baroni, all’Espresso, dice: “ci sono studi in cui si è visto che il rapporto tra bambini autistici e normodotati fa bene ad entrambi, anche ai secondi che sviluppano una maggiore comprensione, maturità e sensibilità verso la vita, acquisiscono nuovi valori, sensazioni ed emozioni. Le linee guida emanate nel 2011 dall’Istituto Superiore di Sanità dicono che l’autismo deve essere combattuto proprio da scuola, dagli educatori e dalla sanità in un insieme integrato e coordinato: al bambino serve coordinamento tra tutti gli attori che hanno a che fare con lui per poter lavorare sullo stesso tipo di tecniche. L’autismo – spiega Baroni – è mancanza di comunicazione, quindi una delle caratteristiche dei bambini autistici per combattere la malattia deve essere proprio proprio l’integrazione tra pari”.

“E’ probabile che la motivazione della mozione palermitana – dice Baroni – sia dovuta al fatto che i bambini autistici hanno bisogno di ‘un’educazione speciale’. Ma temo si sia confusa l’educazione speciale con la scuola speciale: educazione speciale vuol dire che i bambini con autismo hanno bisogno di personale docente di sostegno che sia preparato sull’autismo e che conosca le nuove tecniche che permettono all’insegnante di comunicare con l’alunno. Questo non ha nulla a che fare con una scuola speciale in cui invece viene impedito il contatto tra bambini autistici e non di cui invece i bambini hanno bisogno”.

Italia “insufficiente”: parola di Ocse

da Tecnica della Scuola

Italia “insufficiente”: parola di Ocse
di Pasquale Almirante
Positivi solo i progressi fatti delle donne: 1 su 4 tra i 25 e i 34 anni è laureata contro uno su sei tra gli uomini
Per l’Ocse dunque, come abbiamo già detto altrove, l’Italia ha una pagella costellata da insufficienze e dunque da bocciare, anche se vengono segnalati dei lievi progressi, come quello relativo alle donne laureate: una su quattro infatti, tra i 25 e i 34 anni, è in possesso del titolo accademico contro 1 su 6 degli uomini. Un sorpasso dunque significativo,ma che non può incoraggiare, vista la scarsa percentuale degli uomini laureati. Il rapporto, che esamina tutti i 34 Paesi avanzati che aderiscono all`Ocse, mette in chiaro il pesante stato della nostra istruzione e i problemi che gravitano ancora sul sistema scolastico italiano da oltre 15 anni. Dunque la nostra Nazione sta ancora una volta in fondo alla classifica per le risorse dedicate all`istruzione per la quale viene investito solo il 4,7% del Pil e tra il 2008 e il 2010, governo Berlusconi con dicastero Miur affidato a Gelmini, la spesa è stata tagliata del 7%. Ma lo studio ha pure evidenziato la penuria di laureati rispetto agli altri Paesi e sull`emergere di una crescente disaffezione verso l`istruzione universitaria che non pare più offrire adeguate opportunità di lavoro e stipendio. Ma il nodo attorno a cui nessuno a quanto pare vuole riflettere si avvince nell’età del corpo docente, che è il più anziano dell`area Ocse, in omaggio pure alla legge Fornero sulle pensioni, e il peggio pagato rispetto agli altri Paesi. Senza risposta del tutto poi l`elevata percentuale di giovani che non studia nè lavora, i cosiddetti Neet, pari al 23%, una delle maggiori dell`area Ocse. Un dato positivo, oltre a quello che si riferisce alle donne con laurea, è però il miglioramento nei risultati di apprendimento degli studenti quindicenni che, nonostante i tagli, sono migliorati in matematica e in scienze. Il che porta l`Ocse a dire che “il sistema sembra essersi diretto verso una migliore efficienza dell`uso delle risorse”. Che è affermazione di doppia importanza e un omaggio alla categoria bistrattata dei docenti. infatti costoro, se da un lato subiscono i mancati aumenti dal 2009, il congelamento del contratto, l’aumento del carico orario, le classi sovraffollate, la carenza di strutture con edifici cadenti, dall’altro continuano nell’opera missionaria di sollevare le sorti dei loro alunni. Ma si può pure collegare questo miglioramento del rendimento degli alunni al cambio di strategia didattica dei nostri prof i quali, capendo che un test fa la differenza, fanno esercitare i ragazzi al loro uso, come si fa in Europa, deprimendo magari altre attività che però non rendono giustizia del loro operato, attirandosi, come è già avvenuto nel passato, le ire di soloni del merito. Contestualmente, dopo le dichiarazioni della senatrice Puglisi, del segretario Uil, Di Menna, anche Valeria Fedeli, Vicepresidente Pd del Senato, dice: “I dati resi noti oggi dal Censis sono sconcertanti. Nel 2012 solo il 13,8% degli italiani risultava laureato. In Europa siamo battuti in negativo solo dalla Romania dove i non laureati arrivano al 13,6%. Svezia, Regno Unito e Finlandia, ne hanno il triplo. Tra il 2010 e il 2012 c’è stato un incremento minimo dello 0,8%.  Non va meglio se ci si confronta con i dati sulla lettura dei libri: nel 2005 il 57,7% degli italiani non leggeva nemmeno un libro all’anno, va meglio ma di poco nel 2012 con un incremento della lettura del 3,7%. Risultiamo, insomma, agli ultimi posti per cultura e istruzione ma siamo terzi per l’uso di medicina estetica! Più che mai è necessario contrastare un degrado che porta al continuo svilimento del nostro patrimonio culturale e del valore dell’istruzione per le persone.  L’investimento prioritario per il Paese è nella scuola, è attraverso di esso, infatti, che passa la costruzione della nostra identità migliore. Di giorno in giorno assistiamo alla chiusura di giornali, cinema e teatri rendendo sempre meno usufruibili queste opportunità mentre giovani, e meno giovani, sempre secondo i dati Censis, passano la maggior parte del loro tempo davanti a videogiochi o giochi online”.

UilScuola: il Rapporto Ocse deve far riflettere il Governo

da Tecnica della Scuola

UilScuola: il Rapporto Ocse deve far riflettere il Governo
di P.A.
Il rapporto Ocse ancora una volta ci mette fra gli ultimi posti in Europa riguardo a spesa per studente, stipendi, età media dei docenti. Ma se gli standard di apprendimento tengono è merito dei prof ai quali però si disconosce il lavoro
I dati contenuti nel rapporto Ocse confermano quanto la Uil Scuola ripete da tempo: una spesa per l’istruzione che non cresce, retribuzioni tra le più basse d’Europa, risultati nell’apprendimento che permangono di buon livello grazie all’impegno professionale degli insegnanti alle prese con classi sempre più numerose. Per questo Di Menna dice che per “dare qualità alla scuola italiana occorrono investimenti e riconoscimento del lavoro. Ma occorrono pure risorse, stabilità e sburocratizzazione. Queste le direttrici di intervento. Al ministro, che incontreremo lunedì prossimo, indicheremo le misure da attuare subito.” Non si tratta di prendere atto della situazione – aggiunge Di Menna – ma di assumere responsabilità nelle scelte: riproporremo al neo ministro Carrozza gli interventi urgenti, da fare subito. Quello delle retribuzioni è un tasto dolente del nostro sistema di istruzione. Gli insegnanti italiani hanno stipendi inferiori alla media dei Paesi Ocse, con un divario che aumenta con il crescere dell’anzianità di servizio. Il Governo pensa di bloccare i contratti e gli scatti di anzianità, è davvero fuori strada. Bloccare i contratti e non consentire il pagamento degli scatti di anzianità sarebbe una doppia ingiustizia. Per gli scatti di anzianità va aperto il confronto per individuare, così come è stato fatto negli anni scorsi, le risorse. Sappiamo bene – sottolinea il segretario della Uil Scuola – che il contesto europeo e la situazione finanziaria consentono pochi margini di manovra. Pensiamo comunque che si debba operare, come hanno fatti i paesi europei più virtuosi: ridurre sprechi e privilegi davvero inaccettabili, qualificare la spesa pubblica. Vanno spostate risorse a favore dell’istruzione. Attraverso l’istruzione, infatti, si costruisce un processo di crescita economica, civile, di coesione sociale.

Pillole del Sapere, il M5S chiede al Ministro la sospensione dei funzionari indagati

da Tecnica della Scuola

Pillole del Sapere, il M5S chiede al Ministro la sospensione dei funzionari indagati
di A.G.
Per i deputati grillini della Commissione Cultura sarebbe una misura “assolutamente opportuna”, a fronte di un caso con gli alti dirigenti Miur accusati di essere protagonisti “di una rete d’affari finalizzata al dirottamento di bandi e dei relativi fondi comunitari per centinaia di milioni di euro”.
A meno di un giorno di distanza dalla pubblicazione della notizia sull’avvio delle indagini da parte della Procura di Roma sull’operato di alcuni funzionari del Miur, per l’ipotesi di cattiva gestione dei fondi Ue destinati principalmente alle cosiddette “Pillole del Sapere”, i deputati in Commissione Cultura del Movimento 5 Stelle si sono rivolti al ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, perché adotti con celerità la misura della sospensione nei confronti dei dipendenti del Miur che hanno ricevuto gli avvisi di garanzia.
“Nel caso venga confermata l’iscrizione nel registro degli indagati per abuso d’ufficio – spiegano i deputati M5S – considereremmo l’uso della misura sospensiva assolutamente opportuna a fronte di un caso che, in base alle indagini compiute dalla Procura di Roma, vedrebbe dirigenti, funzionari, consulenti e collaboratori del Ministero protagonisti di una rete d’affari finalizzata al dirottamento di bandi e dei relativi fondi comunitari per centinaia di milioni di euro, in favore di società amiche degli indagati”.

“Il ministro Carrozza, che al tempo dei reati contestati non ricopriva l’attuale carica, ha assicurato da parte del Miur trasparenza e collaborazione. Consideriamo la sua disponibilità un segnale certamente apprezzabile che, a nostro parere, non è però sufficiente. Serve – concludono i deputati M5S – un segnale netto nei confronti dei cittadini, i quali hanno il diritto di essere rassicurati rispetto a un reato contestato particolarmente odioso: il dirottamento a fini privati, da parte di dipendenti dello Stato, di finanziamenti destinati al bene della collettività”.

Trasferimenti, pubblicati anche quelli dei docenti di scuola media

da Tecnica della Scuola

Trasferimenti, pubblicati anche quelli dei docenti di scuola media
di A.G.
Gli interessanti possono conoscere l’esito della loro domanda collegandosi direttamente al sito internet del ministero dell’Istruzione
Nel corso del 25 giugno il Miur ha pubblicato, sul proprio portale on line gli annunciati trasferimenti dei docenti della scuola secondaria di primo grado.

Per conoscere l’esito della loro domanda di trasferimento, gli insegnanti interessati devono collegarsi alla pagina on line e riempire i seguenti “campi”: cognome, nome, codice scuola di partenza, codice scuola di arrivo.
La mobilità dei docenti della scuola secondaria di primo grado fa seguito a quella dei colleghi che operano nel primo livello scolastico (infanzia e primaria). Mancano ancora all’appello i docenti della scuola secondaria di secondo grado, oltre che tutto il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario.
Alla fine delle operazioni di mobilità, se si includono anche le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie, saranno almeno 100mila i dipendenti della scuola italiana che dal 1° settembre cambieranno (nella gran parte dei casi volontariamente) la sede di servizio presso cui operano.