STOP CLASSI POLLAIO: SONO FUORI LEGGE?

MUSSINI (M5S) “STOP CLASSI POLLAIO:  SONO FUORI LEGGE ?”

Dopo l’approvazione in Commissione Istruzione  della risoluzione del Movimento 5 Stelle,
depositata  interrogazione al Ministro Carrozza a prima firma  Maria Mussini
che ricorda una serie di norme che attestano come le “classi pollaio” violino diversi dispositivi in materia di prevenzione incendi, tutela della salute e luoghi di lavoro

RIOMA – Continua la battaglia del Movimento 5 Stelle contro le cosidette “classi pollaio”. Dopo la risoluzione a prima firma Fabrizio Bocchino (M5S), approvata la scorsa settimana in Commissione Istruzione,  nove parlamentari al Senato, prima firmataria Maria Mussini hanno depositato una interrogazione a risposta orale al Ministro dell’Istruzione Carrozza. Nel documento si ricostruisce tutto l’iter e le problematiche causate dalle cosidette “classi pollaio”  e ricorda come il  “il decreto ministeriale 26 agosto 1992, recante “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”, al punto 5.0 dell’allegato, recita “Il massimo affollamento ipotizzabile è fissato in 26 persone/aula” e quindi prevede che “qualora le persone effettivamente presenti siano numericamente diverse dal valore desunto dal calcolo effettuato sulla base della densità di affollamento, l’indicazione del numero di persone deve risultare da apposita dichiarazione rilasciata sotto la responsabilit à del titolare dell’attività”, ovvero il dirigente scolastico”.
La Mussini cita poi altre norme che rendono di fatto fuori legge le classi pollaio: da note sulla sicurezza del dipartimento dei Vigili del Fuoco ( n. P480/4122 sott. 32 del 6 maggio 2008 ),  al il decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro. La Mussini ricorda poi come “il 31 luglio 2013 è stato approvata in Commissione 7ª al Senato, con l’accordo di tutte
le forze politiche nonché del Governo, la risoluzione inerente la problematica delle  classi cd. “pollaio”. La risoluzione impegna il Governo “ad adottare con sollecitudine tutte le più opportune iniziative, volte al coordinamento della normativa primaria e secondaria applicabile in materia di numero minimo e massimo di persone per classe e, alla luce dei risultati di tali iniziative, a introdurre modifiche alla normativa vigente volte al ridimensionamento del numero massimo di alunni per classe, con particolare riguardo alle disposizioni relative alla formazione delle classi negli istituti secondari di secondo grado”. Da qui una serie di domande alle quali il Ministro Carrozza dovrà rispondere in aula in una seduta ad hoc.
“Qualora le disposizioni annualmente emanate dal MIUR in ordine alle dotazioni organiche delle scuole richiedano la formazione di classi con un numero di alunni superiore a quello di cui al decreto ministeriale del 26 agosto 1992, mediante quali atti il dirigente scolastico sia tenuto a certificare la sussistenza delle condizioni richieste per la legittimità della deroga?” chiede la Mussini.
“Con quali modalità i lavoratori degli istituti scolastici e, in generale, gli stakeholders possono visionare gli atti certificanti la legittimità della deroga?” continua la parlamentare al Senato del Movimento 5 Stelle. “Nel caso si verificasse un incidente direttamente riconducibile all’eccessivo affollamento delle classi in deroga, quali sono le responsabilità del dirigente scolastico?” chiede poi la Mussini.
“A quali organi spetta il compito di vigilare sulla corretta applicazione del Decreto ministeriale del 26 agosto 1992 e di verificare l’esistenza degli atti che certifichino la legittimità della deroga?” continua la parlamentare ?.  Infine Maria Mussini chiede “se la normativa del D.P.R. 81/2009 e gli atti relativi alle dotazioni organiche e alla formazione delle classi emanati annualmente dal MIUR possono essere considerati dai dirigenti scolastici prevalenti, per quanto riguarda il numero massimo di alunni per classe, sulla citata normativa in materia di prevenzione incendi e di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro pubblici”.

ALLEGATO TESTO COMPLETO INTERROGAZIONE
Interrogazione a risposta orale

MUSSINI, BOCCHINO, SERRA, MONTEVECCHI, BIGNAMI, GAETTI, ORELLANA, CASTALDI, CAMPANELLA. – Al Ministro dell’istruzione, università e ricerca. – Premesso che:

l’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, reca disposizioni in materia di organizzazione scolastica;

il comma 4 di detto articolo 64 è stato recepito e attuato, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, per i rapporti con le regioni e per la pubblica amministrazione e l’innovazione, tramite il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81;

il suddetto D.P.R. 81/2009 stabilisce – agli articoli 9, 10, 11 e 16 – i criteri di formazione delle classi con particolare riferimento al numero minimo e massimo di alunni per classe, modificando la precedente normativa di cui al decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331;

l’art. 4, comma 1, del D.P.R. 81/2009 prevede altresì la possibilità di derogare in misura non superiore al 10% al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto per ciascun tipo e grado di scuola dallo stesso regolamento;

considerato che:

il decreto ministeriale 26 agosto 1992, recante “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”, al punto 5.0 dell’allegato, recita “Il massimo affollamento ipotizzabile è fissato in 26 persone/aula” e quindi prevede che “qualora le persone effettivamente presenti siano numericamente diverse dal valore desunto dal calcolo effettuato sulla base della densità di affollamento, l’indicazione del numero di persone deve risultare da apposita dichiarazione rilasciata sotto la responsabilità del titolare dell’attività”, ovvero il dirigente scolastico;

il comma 3, dell’articolo 5, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante norme per
l’edilizia scolastica, dispone che fino all’approvazione di norme tecniche regionali,
possano essere assunti quali indici di riferimento circa il numero di alunni per classe
quelli contenuti nel decreto ministeriale del 18 dicembre 1975; quest’ultimo prevede che le aule scolastiche siano di altezza non inferiore a tre metri e che il rapporto superficie/alunno sia di 1.80 metri quadri/alunno nelle scuole dell’infanzia e del primo ciclo e di 1.96 metri quadri/alunno nelle scuole superiori di 2° grado;

la nota n. P480/4122 sott. 32 del 6 maggio 2008 del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso pubblico e della Difesa civile del Ministero dell’interno ha chiarito che, ove la normativa di riferimento del Ministero dell’istruzione consenta l’adozione di indici numerici maggiori per la formazione delle classi, la deroga sarà consentita e legittima solo in presenza di apposita dichiarazione del titolare dell’attività, ovvero il dirigente scolastico, attestante che l’incremento numerico degli alunni per determinate classi, purché modesto, non pregiudica le condizioni generali di sicurezza ed il sicuro esodo dalle aule in caso di necessità;

il decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro stabilisce in capo al datore di lavoro obblighi e funzioni di prevenzione per la tutela della sicurezza e della salute, applicabili anche al dirigente scolastico per espressa previsione dell’art. 3 comma 1, ed in particolare all’art. 33 impone al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali di provvedere all’individuazione in concreto dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro (applicabili, come si è detto, anche agli edifici scolastici in quanto luoghi di attività pubbliche), nel rispetto della normativa vigente;

il 31 luglio 2013 è stato approvata in Commissione 7ª al Senato, con l’accordo di tutte
le forze politiche nonché del Governo, la risoluzione inerente la problematica delle
classi cd. “pollaio”. La risoluzione impegna il Governo “ad adottare con sollecitudine tutte le più opportune iniziative, volte al coordinamento della normativa primaria e secondaria applicabile in materia di numero minimo e massimo di persone per classe e, alla luce dei risultati di tali iniziative, a introdurre modifiche alla normativa vigente volte al ridimensionamento del numero massimo di alunni per classe, con particolare riguardo alle disposizioni relative alla formazione delle classi negli istituti secondari di secondo grado”,

si chiede di sapere:

qualora le disposizioni annualmente emanate dal MIUR in ordine alle dotazioni organiche delle scuole richiedano la formazione di classi con un numero di alunni superiore a quello di cui al decreto ministeriale del 26 agosto 1992, mediante quali atti il dirigente scolastico sia tenuto a certificare la sussistenza delle condizioni richieste per la legittimità della deroga;

con quali modalità i lavoratori degli istituti scolastici e, in generale, gli stakeholders possano visionare gli atti certificanti la legittimità della deroga;

nel caso si verificasse un incidente direttamente riconducibile all’eccessivo affollamento delle classi in deroga, quali siano le responsabilità del dirigente scolastico;

a quali organi spetti il compito di vigilare sulla corretta applicazione del DM del 26 agosto 1992 e di verificare l’esistenza degli atti che certifichino la legittimità della deroga;

se la normativa del D.P.R. 81/2009 e gli atti relativi alle dotazioni organiche e alla formazione delle classi emanati annualmente dal MIUR possano essere considerati dai dirigenti scolastici prevalenti, per quanto riguarda il numero massimo di alunni per classe, sulla citata normativa in materia di prevenzione incendi e di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro pubblici e privati.

Personale ATA e nuovi percorsi abilitanti speciali PSA

Mercoledì 7 agosto incontro del SAB a Paola su immissioni in ruolo, assegnazioni e utilizzazioni personale ATA e sui nuovi percorsi abilitanti speciali PSA ex TFA.

 

  Il sindacato SAB in vista delle immissioni in ruolo del personale ATA sul contingente dei posti accantonati per il 2012/13, sulla scadenza del 12 agosto delle domande di assegnazione provvisoria e utilizzazione del personale ATA e per le domande d’iscrizione ai nuovi percorsi abilitanti speciali PSA ex TFA con scadenza 29 agosto, mercoledì 7 agosto, dalle ore 17, sarà presente nella sede SAB di Paola, Via Lao n. 9, rione Sant’Agata, il segretario generale prof. Francesco Sola per fornire utili spiegazioni in merito.

I posti destinati alle immissioni in ruolo per il personale ATA sul contingente 2012/13 per la provincia di Cosenza, sono complessivamente 32 così suddivisi: 2 cuochi, 26 collaboratori scolastici e 4 guardarobieri, poiché in quest’ultima graduatoria non esistono aspiranti inclusi, i posti assegnati possono essere ripartiti fra altri profili della medesima area professionale.

Il MIUR, con propria nota, ha comunicato che non si procederà a immissione in ruolo per i profili di DSGA ex segretari in quanto, a livello nazionale, esiste esubero rispetto ai posti vacanti, analogamente non si procederà a immissione in ruolo per gli assistenti amministrativi e assistenti tecnici sia per le medesime motivazioni sia perché, ancora, a livello nazionale, non è stata definita la questione del personale docente non idoneo.

In merito ai nuovi percorsi abilitanti speciali il SAB raccomanda di non avere fretta a inviare le domande poiché vi sono ancora molti punti da chiarire; si spera che il MIUR fornisca, al più presto, delucidazioni anche attraverso FAQ.

 

F.to Prof. Francesco Sola

Segretario Generale SAB

Sit-in 8 agosto 2013 a Montecitorio dei docenti abilitati del TFA

Il Gruppo di docenti abilitati del TFA “Manifestazione a Roma Tieffini per inserimento GaE” ha indetto per il giorno 8 agosto, a partire dalle ore 12:00, un sit-in davanti Palazzo Montecitorio per rivendicare i propri diritti meritocratici e chiedere di essere ricevuti in audizione presso la VII Commissione Cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati, in modo da poter presentare ed esporre il testo di risoluzione già depositato dall’on. Marco Di Lello, finalizzato a legittimare la posizione giuridica che è sempre spettata in passato a chi ha conseguito il titolo di abilitazione all’insegnamento tramite la frequenza di un percorso di formazione a numero chiuso.
Le richieste che verranno avanzate in sede di audizione saranno le seguenti:
a) la riapertura e l’inserimento nella terza fascia delle Graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del TFA ordinario, con un punteggio pari a quello conferito negli anni precedenti agli abilitati SSIS, in virtù della Direttiva 2005/36/CE che sancisce l’uguaglianza dei titoli abilitanti professionali nel territorio dell’Unione Europea e attribuendo al medesimo titolo quel valore di prova concorsuale che consente l’assunzione in ruolo ai sensi dell’art. 97 della Costituzione, tramite il doppio canale di reclutamento tuttora vigente;

b) l’inserimento contestuale nella Prima fascia delle Graduatorie d’Istituto come da sempre conferito agli abilitati SSIS prima del decreto di riapertura del 2009 o, quanto meno, nella Seconda fascia delle stesse, come previsto dalle note e dai regolamenti ministeriali, da attuare entro il prossimo anno scolastico 2013-14, in modo da rendere effettivamente usufruibile da subito il titolo di abilitazione del TFA come prescritto dalle note ministeriali del 29 aprile 2011 prot. n. 1065 e del 17 aprile 2013;

c) la distinzione meritocratica tra i TFA ordinari e i PAS, perseguibile dal punto di vista legislativo mediante il conferimento del valore concorsuale alle prove selettive di accesso e attuabile tramite una distinzione di fascia o di graduatoria e non di semplice punteggio, poiché nonostante le possibili maggiorazioni molti abilitati PAS supererebbero inevitabilmente gran parte dei docenti abilitati con TFA;

d) la continuazione dell’esperienza formativa e meritocratica mediante l’emanazione del bando di un secondo ciclo di TFA ordinario rivolto ai neo laureati, alla luce della loro recente esclusione dalla possibilità di inserimento nella terza fascia delle Graduatorie d’Istituto, a chi non gode di un’anzianità di servizio utile ai PAS e in particolar modo per quei candidati risultati idonei ma non vincenti alle prove del primo ciclo e per coloro che sono risultati vincenti in più classi di concorso di ambito diverso e che hanno dovuto rinunciare ad una di esse ai fini dell’abilitazione, per i quali chiediamo l’ammissione in sovrannumero.

Confidiamo nell’interessamento da parte dei mass media e nella divulgazione che varie testate giornalistiche nazionali e locali vorranno e sapranno dare all’iniziativa, in modo da accendere i riflettori su una categoria professionale che, dopo aver conseguito il titolo di abilitazione con merito e duri sacrifici economici, è stata sinora misconosciuta e dimenticata dal Ministero dell’Istruzione.

Estensione dei contratti dal 30 giugno al 31 agosto

Estensione dei contratti dal 30 giugno al 31 agosto: il GdL di Roma condanna il MIUR al pagamento di 20 mensilità nei confronti di due iscritte ANIEF.

Il Tribunale di Roma dà nuovamente ragione all’ANIEF e riconosce a due docenti precarie il diritto all’estensione dei contratti dal 30 giugno al 31 agosto di ogni anno per erronea apposizione del termine. Illegittimamente il MIUR, infatti, aveva stipulato con le docenti contratti fino al termine delle attività didattiche (30 giugno) per posti di insegnamento vacanti e disponibili che secondo la normativa vigente devono essere stipulati fino al 31 agosto di ogni anno. L’Avv. Salvatore Russo continua la sua inarrestabile serie di vittorie per l’ANIEF e ripristina la legalità ottenendo la condanna del MIUR al pagamento a titolo risarcitorio dei mesi di luglio e agosto di ben 10 anni scolastici.

Come correttamente sostenuto dall’ANIEF, infatti, l’art. 4, comma 1, della legge 124/1999 prevede espressamente che si provveda mediante il conferimento di supplenze annuali (in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo), e cioè estese all’intero anno scolastico – che ha termine al 31 agosto – alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili. Il Giudice del Lavoro di Roma, constatando dalla documentazione depositata dall’Avv. Russo la dimostrazione dell’effettiva vacanza dei posti occupati dalle docenti, dichiara fondate “le pretese connesse al mantenimento del posto di lavoro sino alla data del 31 agosto e al conseguimento delle relativo trattamento giuridico ed economico” in favore delle nostre iscritte.

Come sostenuto dall’ANIEF, infatti, le supplenze relative a ben otto anni scolastici per una docente e due per un’altra ricorrente erano state conferite dal MIUR “per posti di insegnamento vacanti entro il 31 dicembre, con conseguente illegittimità, ai sensi della normativa testé menzionata, dell’apposizione ai contratti del termine di scadenza al 30 giugno”. MIUR, pertanto, condannato “anche a titolo risarcitorio” al pagamento delle retribuzioni dei mesi di luglio e agosto “nella misura prevista dalla contrattazione collettiva del settore e in ragione dell’orario di servizio previsto in contratto” per un totale di 20 mensilità. Nei confronti di entrambe le ricorrenti, inoltre, il MIUR è stato condannato anche al riconoscimento degli scatti di anzianità mai corrisposti per il servizio di insegnamento prestato a tempo determinato.

Ancora una piena vittoria per l’ANIEF, dunque, che fa nuovamente sanzionare in tribunale, ripristinando la legalità, la pessima “abitudine” del MIUR di negare – come invece prescrive la normativa europea – ai docenti precari la medesima progressione stipendiale che corrisponde ai docenti di ruolo e di conferire “erroneamente” contratti di lavoro con termine al 30 giugno per posti di insegnamento vacanti e disponibili che la normativa vigente impone di stipulare al 31 agosto di ogni anno scolastico.

05/08/2013 – Autorizzazione Piano Integrato – Anno scolastico 2013/2014

Oggetto: PON FSE “Competenze per lo Sviluppo” – Circolare AOODGAI prot. n. 2373 del 26/02/2013 – Autorizzazione Piano Integrato – Anno scolastico 2013/2014

Autorizzazioni Calabria e comunicazione all’USR Calabria
Autorizzazioni Campania e comunicazione all’USR Campania
Autorizzazioni Puglia e comunicazione all’USR Puglia
Autorizzazioni Sicilia e comunicazione all’USR Sicilia

Personale ATA di Bari e provincia

Personale ATA di Bari e provincia: immissioni in ruolo per 166 collaboratori scolastici.

Permane la situazione critica per amministrativi e tecnici precari e per i direttori

Sono 166 i collaboratori scolastici precari di Bari e provincia che ieri hanno ricevuto la lieta notizia: tra qualche giorno saranno chiamati a stipulare un contratto di lavoro a tempo indeterminato che, per molti di loro, significherà mettere un punto a diversi anni (per alcuni anche più di 10) di servizio precario nella scuola pubblica statale. A queste si aggiungeranno altre 5 assunzioni sui profili meno numerosi (cuochi, guardarobieri, infermieri e conduttori di aziende agrarie), portando dunque a 171 il numero delle assunzioni in ruolo che avranno decorrenza dal 1° settembre 2012. Dopo lo spaventoso taglio, avviato 4 anni fa dall’ex ministro Gelmini, l’organico dei collaboratori scolastici della provincia di Bari è, ormai, pressocchè completamente saturo: sono soltanto 38 i posti vacanti nelle province di Bari e Bat e se, come sembra, il Ministero dell’Economia autorizzerà il MIUR ad effettuare ulteriori 3500 assunzioni su tutto il territorio nazionale a Bari potrebbero arrivare ancora una trentina di assunzioni in ruolo di collaboratori scolastici a partire dal 1 settembre 2013. Certamente un buon epilogo per tutto il personale coinvolto, ma nelle graduatorie del personale ATA della nostra provincia, anche al netto delle nuove assunzioni, rimarranno ancora quasi 1000 lavoratori precari (di cui 600 proprio tra i collaboratori scolastici).

Per circa 80 amministrativi e 30 assistenti tecnici la stabilizzazione potrebbe arrivare subito se solo la politica smettesse di cincischiare sulla pelle di docenti inidonei e precari e, cancellando le norme che pendono ancora inattuate ormai da più di un anno sul trasferimento coatto degli inidonei nei profili di amministrativi e tecnici, sbloccasse le assunzioni del personale ATA e permettesse ai docenti inidonei di rimanere utilizzati nelle biblioteche o nei servizi di supporto alla didattica.

Non cessa la situazione di incertezza neanche per i circa 40 Direttori dei servizi amministrativi (DSGA) che, a seguito dell’onda lunga del dimensionamento scolastico dello scorso anno e dell’innalzamento dei requisiti pensionistici (Legge Fornero), sono in esubero nella nostra provincia. Diversi di loro, utilizzati proficuamente lo scorso anno negli uffici (regionale o provinciali) dell’amministrazione, auspicano il mantenimento presso gli uffici del provveditorato (che senza di loro sarebbe letteralmente in ginocchio) o presso i centri territoriali per l’educazione degli adulti, ma il ritardo nella definizione del contratto nazionale impedisce di avviare e chiudere rapidamente il contratto di II livello per il loro utilizzo.

Pur cogliendo positivamente lo sblocco delle assunzioni per i collaboratori scolastici, la FLC CGIL di Bari continuerà a pressare l’Amministrazione perché si possa da subito dare soluzione al problema occupazionale del personale precario inserito nelle graduatorie provinciali e per definire un quadro di maggiore certezza per l’erogazione dei servizi ausiliari e amministrativi in tutte le scuole della provincia.

 

Ezio Falco

Segr. gen. FLC CGIL Bari

SCIOPERO GENERALE NAZIONALE 18 OTTOBRE 2013

ALLE ISTITUZIONI/AMMINISTRAZIONI/AZIENDE/ENTI/STRUTTURE PADRONALI …

OGGETTO: COMUNICAZIONE E PROCLAMAZIONE DI SCIOPERO GENERALE NAZIONALE INTERA GIORNATA PER TUTTO IL PERSONALE A TEMPO INDETERMINATO E DETERMINATO, CON CONTRATTI PRECARI E ATIPICI, PER TUTTI I COMPARTI, AREE PUBBLICHE E LE CATEGORIE DEL LAVORO PRIVATO E COOPERATIVO, PER IL 18 OTTOBRE 2013, COME AZIONE DI UNITA’ DI LOTTA CON SCIOPERO DI COBAS, CUB, USB del 18/10/13.

La Confederazione sindacale Unione Sindacale Italiana in sigla USI, fedele ai principi dell’AIT,  con la presente nota comunica la PROCLAMAZIONE DI SCIOPERO GENERALE NAZIONALE INTERA GIORNATA PER TUTTO IL PERSONALE A TEMPO INDETERMINATO E DETERMINATO, CON CONTRATTI PRECARI E ATIPICI, PER TUTTI I COMPARTI, AREE PUBBLICHE E LE CATEGORIE DEL LAVORO PRIVATO E COOPERATIVO, PER IL GIORNO 18 OTTOBRE 2013, come momento di unità di lotta con manifestazioni per diritti sociali e di cittadinanza nel mese di ottobre 2013 e per astensione collettiva da lavoro proclamata il 15 luglio 2013 da CUB, COBAS e USB per il 18/10/13
Motivi dell’agitazione sindacale e dello sciopero: per la difesa dell’istruzione pubblica, per adeguati investimenti e finanziamenti per l’istruzione con sostegno piattaforma rivendicativa sindacati e movimenti della scuola pubblica, per l’introduzione del salario minimo intercategoriale a 1300 euro netti e di forme di reddito sociale garantito, contro le politiche di privatizzazione di servizi e funzioni già pubbliche e contro le esternalizzazioni di servizi, per l’applicazione delle disposizioni di diritto italiano, europeo e comunitario di piena tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, per ottenere la stabilizzazione dei precari, in difesa del diritto di sciopero, per la pari dignità e diritti sindacali (compreso quello di assemblea) a favore di tutte le organizzazioni di lavoratori/lavoratrici legalmente costituite, per lo sviluppo di reti sindacali europee quali percorsi dal basso di autorganizzazione e collegamento di lotte e  mobilitazioni, su  piattaforme sindacali e sociali, a livello europeo e internazionale, contro politiche di austerità decise da U.E. e BCE, imposte ai governi nazionali. La Confederazione sindacale nazionale USI, ACCETTA LE  LIMITAZIONI IMPOSTE DALLE LEGGI E DAI CONTRATTI DI LAVORO. SONO ESENTATE LE ZONE COLPITE DA CALAMITA’ NATURALI O CON CONSULTAZIONI ELETTORALI, SI ASSICURANO I SERVIZI MINIMI ESSENZIALI E QUELLI OBBLIGATORI.
Saranno successivamente  comunicate le adesioni dei sindacati di categoria e di comparto. Distinti saluti

Per UNIONE SINDACALE ITALIANA Il segr. generale Confederazione USI Roberto Martelli

Bes, il “metodo” di Don Milani batte ogni direttiva

da www.ilsussidiario.net

SCUOLA/ Bes, il “metodo” di Don Milani batte ogni direttiva

Giulia Sponza

lunedì 5 agosto 2013

“In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”. Recita così la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 che entra nel merito degli “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali (più noti con la sigla BES) e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Sempre la medesima Direttiva, raggruppa i BES in tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità, quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socio-economico, linguistico, culturale. Facendo riferimento alla legge 170/2010 viene detto che, a ragione, essa rappresenta “un punto di svolta” nella storia della legislazione scolastica in tema di integrazione poiché essa “apre un diverso canale di cura educativa, concretizzando i principi di personalizzazione dei percorsi di studio enunciati nella legge 53/2003, nella prospettiva di una presa in carico dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto, non solo per l’insegnante di sostegno”. Se le due leggi sopra citate -la 53/2003 e la 170/2010 -costituiscono “norme primarie di riferimento cui ispirarsi per le iniziative da intraprendere con questi casi”, è altrettanto evidente che la sola normativa non sia in grado di realizzare quella presa in carico dell’alunno con BES che deve essere “al centro dell’attenzione e dello sforzo congiunto della scuola e della famiglia” (cfr. C.M. 8/561 marzo 2013). Risulta dunque chiaro come anche la legislazione, negli ultimi anni, si stia sempre più orientando a “un approccio educativo, non meramente clinico” per favorire l’individuazione di “strategie e metodologie di intervento correlate alle esigenze educative speciali nella prospettiva di una scuola sempre più inclusiva e accogliente”. A questo riguardo, proprio la Circolare Ministeriale dello scorso marzo sviluppa, chiarendola ulteriormente, la Direttiva del 27 dicembre 2012. Se infatti fino a oggi il tradizionale approccio all’integrazione scolastica era basato sulla certificazione di disabilità, “estendendo il campo di intervento e di responsabilità di tutta la comunità educante all’intera base dei Bisogni Educativi Speciali (BES)”, risulta evidente come la sempre maggiore complessità rilevabile nelle classi del primo ciclo (primaria e secondaria di primo grado), renda più che mai urgente adottare “una didattica che sia denominatore comune per tutti gli alunni e che non lasci indietro nessuno: una didattica inclusiva più che una didattica speciale”. Proprio in quest’ultimo passaggio si cela, a mio parere, un’intuizione di assoluta novità: parlare infatti di didattica inclusiva e non più di didattica speciale ci segnala che il legislatore ha scelto di strutturare la normativa tesa a regolamentare il buon funzionamento della scuola, non innanzitutto a partire dal deficit dell’alunno, deficit peraltro certificato, ma in base a un criterio che consenta uno sguardo all’alunno da una prospettiva globale. È a questo punto che nel testo della Direttiva viene introdotta e ampiamente dettagliata, mediante l’attivazione dei CTS (Centri Territoriali di Supporto), l’Organizzazione territoriale finalizzata alla realizzazione proprio dell’inclusione scolastica. Non è questa la sede per inoltrarsi nella complessa e articolata struttura di queste “agenzie” e della loro funzione. Mi limiterò a dire che compito specifico dei CTS sarà quello di: “informare”, “formare” oltre che fornire “consulenza” riguardo all’individuazione di più appropriati ausili per l’alunno in difficoltà e alle “modalità didattiche” di intervento. Ma c’è di più: la Direttiva si spinge fino a regolamentare la gestione stessa degli ausili e il comodato d’uso (cfr. par. 2.2.3.) Insomma, a leggere il seguito del testo, si potrebbe pensare di trovarsi a svolgere tali “buone pratiche e attività di ricerca e sperimentazione” in un Paese come la Svezia o la Danimarca (almeno per quello che di tali paesi ci viene raccontato). Io, che insegno in un Istituto Comprensivo dell’hinterland milanese e che da ormai due anni non posso più fare fotocopie, a eccezione di quelle predisposte per le verifiche, non dispongo più di risme di carta per stampare qualsivoglia lavoro destinato alla classe, che nei mesi invernali devo insegnare con il cappotto perché di frequente si rompe la caldaia e mancano i fondi per ripararla, (ma non voglio cedere alla tentazione di prolungare il mio Cahier de doléance). Io che, in questi tempi di crisi globale, mi sono vista “tagliare” buona parte delle risorse umane e di conseguenza mi sono vista ridurre voglio augurarmi non grazie alla recente normativa sui BES -le ore destinate al sostegno per alunni disabili, io che ho dovuto rinunciare alla didattica a piccolo gruppo, alla didattica laboratoriale, agli spazi di copresenza che, nella scuola secondaria di primo grado, costituiscono una indubbia risorsa ai fini di una “didattica inclusiva”… Proprio io, dovrei confidare nel fatto che “ogni anno il CTS del mio distretto scolastico riceve i fondi dal MIUR per il proprio buon funzionamento”? (Cfr. Direttiva cit. al par. 2.2.5-2.2.6) E quand’anche ciò si dovesse realizzare in un ipotetico anno di questo terzo millennio, siamo proprio sicuri che “consegnare” a una struttura esterna alla scuola il nesso, nella pratica, è infatti tutto da verificare -consentirebbe di favorire quella “didattica inclusiva” che il testo della Direttiva invoca e auspica? Sono più propensa a credere che sia ancora una volta la responsabilità e la coscienza di tutto il personale della scuola in stretto rapporto con le famiglie dei ragazzi a prendersi in carico (come finora è stato) la nuova e interessante sfida lanciata comunque dalla recente normativa. Mi permetto questa puntualizzazione anche in forza della mia personale esperienza di didattica “inclusiva” nella scuola statale dove insegno. Un esempio per tutti: due alunni in entrata (entrambi prima media), di provenienza Maghrebina, primaria frequentata in Italia. L’uno DSA severo, con gravi disturbi del linguaggio; l’altro con un ritardo mentale e disturbi del comportamento: entrambi affiancati dal docente di sostegno, ma innanzitutto presi in carico dall’intero Consiglio di classe. Seguiti con lavoro quotidiano e paziente, accompagnati nel proprio percorso individualizzato, favoriti nello sviluppo delle proprie capacità, dei propri talenti tutti da scoprire e da spendere per acquistare serenità, sicurezza e perché no, baldanza! A settembre me li ritroverò sui banchi della seconda… Durante questo primo anno di scuola media si sono “sganciati” dalla struttura convenzionata che li aveva in carico durante il ciclo della primaria: hanno cominciato a camminare… da soli! E non per modo di dire… Lascio dunque aperta la questione e concludo davvero facendo riferimento a “uno” che in Italia, già negli anni ’50, sperimentò, patendola sulla propria pelle e senza disporre di alcuna normativa, la didattica inclusiva: «Per don Milani schierarsi dalla parte dei ragazzi più deboli comporta che la scuola li ami di un amore capace di intuire le loro potenzialità recondite e inespresse. Un amore che porta l’educatore a scommettere nelle possibilità ancora inespresse dei ragazzi meno capaci e più deboli.[…] Così il maestro non è colui che tenta di modellare l’allievo a sua immagine e somiglianza, ma chi si sforza di “indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in modo confuso”».

(M. Lancisi, Don Milani -La vita, ed. Piemme, maggio 2013, pp.168-169). Nella migliore prospettiva l’organizzazione è il riconoscimento di un valore; se tuttavia il valore affermato rimane “sconnesso” dalla struttura organizzativa che da esso dovrebbe conseguire, si può star certi che tale organizzazione faticherà a funzionare e poco inciderà nel tessuto sociale che dovrebbe fruirne e per il quale è stata realizzata.

Tutti dieci ma l’Invalsi le rovina il voto finale

da LaStampa.it

Tutti dieci ma l’Invalsi le rovina il voto finale

La lettera di denuncia di una prof per quanto accaduto ad una sua alunna durante gli esami di terza media
flavia amabile

 

Pubblico questa lettera che pone un interrogativo molto diffuso fra gli insegnanti delle scuole medie: è giusto affidare una consistente quota della valutazione dei ragazzi alla prova Invalsi così com’è strutturata ora?

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Al Presidente della Camera dei Deputati

Laura Boldrini

Al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Maria Chiara Carrozza

Onorevole Presidente, Onorevole Ministro,

sono un’insegnante di scuola secondaria di primo grado e Vi scrivo perché si è compiuta un’ingiustizia alla quale non avrei mai voluto prendere parte e che si ripeterà uguale a se stessa se Voi, Voi Uomini e Donne dello Stato non porrete rimedio.

Per rispettare la sua giovane età la chiamerò Angela, è una ragazzina di terza media.

È matura, responsabile, educatissima, cortese, attenta agli insegnanti e ai suoi compagni. È didatticamente molto preparata e così potrà affrontare i suoi studi successivi con buon profitto, anche se di questo nessuno può essere certo.

Certo però è che fino ad oggi Angela è stata una ragazza che ha studiato, che si è impegnata, che ha svolto sempre e in maniera puntuale il lavoro assegnatole, che ha quaderni e quaderni in ordine, pieni del suo costante e approfondito lavoro quotidiano.

È stata ammessa a sostenere gli esami di licenza media con una valutazione di dieci/decimi e ha svolto, come noi insegnanti del resto ci attendevamo, delle ottime prove scritte di esame. Naturalmente ha sostenuto in maniera brillante anche il suo colloquio orale però … però ha conseguito una valutazione di sei alla prova nazionale INVALSI.

Così succede che l’alunna venga licenziata con nove (9), come prevede la Legge (CM 48/2012): “…All’esito dell’esame di Stato concorrono gli esiti delle prove scritte e orali, ivi compresa la prova nazionale INVALSI, e il giudizio di idoneità all’ammissione. Il voto finale “è costituito dalla media dei voti in decimi ottenuti nelle singole prove e nel giudizio di idoneità, arrotondata all’unità superiore per frazione pari o superiore a 0,5”.

Per media dei voti deve intendersi la media aritmetica, dovendosi attribuire a tutte le prove d’esame il medesimo rilievo. Si esclude pertanto ogni possibilità di ricorrere alla media ponderata…”

Il calcolo della media (66:7=9,43) è feroce e non ammette aggiustamenti a vantaggio dell’alunno.

Neanche se il giovane è una bella promessa.

All’esame di un giovane di tredici anni non si ammettono appelli. Ai processi si, ma all’esame no.

Ai nostri bravi ragazzi non è concessa replica: siate bravi e freddi alla prima perché non vi sarà concessa seconda battuta. E così succede che un’eccellenza veda abbassata la sua valutazione a nove mentre contemporaneamente succede anche che qualche coetaneo, meno volenteroso ma forse più pronto nel saper affrontare le sue prove di esame, veda il suo voto di uscita dalla scuola media sorprendentemente lievitare rispetto al voto di ammissione.

Non è questo ciò che deve emergere dalla scuola italiana: la penalizzazione del merito a vantaggio della contingenza di un momento o della astuzia di qualcuno.

Oltretutto, e sono onorata per ciò che affermo, non è questo che vuole neanche il legislatore.

Cito sempre da Circolare Ministeriale n. 48 del 31 maggio 2012:

“…Occorre quindi evitare possibili appiattimenti, che rischierebbero di penalizzare potenziali “eccellenze” e di evidenziare i punti di forza nella preparazione dei candidati…”

Perché in sede di scrutinio finale non ci siamo potuti avvalere, come insegnanti, di questa parte della Legge che comunque rimette in discussione il dover semplicemente effettuare una media aritmetica per valutare un percorso di tre anni di studi? La valutazione è un processo estremamente complesso e non può prescindere dalle considerazioni dei docenti sul percorso evolutivo evidenziato in un triennio: non deve succedere che il risultato deficitario in una prova infici il giudizio su un intero percorso di crescita e maturazione.

Non è con un sistema così congegnato che si rende onore e giustizia al merito.

Allora vorrei far sapere al mondo intero che Angela ha un grande valore, è una giovane che merita che venga detto che il suo voto in uscita dalla scuola media doveva essere il massimo e che non mi è stato possibile tacere questa verità. Vi prego di far sapere questa verità a tutti, così da renderle giustizia in un giorno inatteso, visto che quando le spettava non ci è stato concesso.

Frascati, 16 luglio 2013

Sonia Mini

Cara ministra poni rimedio ai diritti degli idonei al concorso a ds del 2004 in Sicilia

da Tecnica della Scuola

Cara ministra poni rimedio ai diritti degli idonei al concorso a ds del 2004 in Sicilia
Gli idonei al Concorso a ds del 2004 della Sicilia scrivono alla ministra Carrozza, chiedendo di porre rimedio ai diritti di 37 docenti che aspettano, dopo sette anni e a conclusione di un corso di formazione fortemente professionalizzante, l’immissione nei ruoli della Dirigenza Scolastica siciliana
Ill.mo Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Prof.ssa Maria Chiara Carrozza
Gentilissimo Ministro, i sottoscritti docenti, idonei al concorso per Dirigenti Scolastici per la Regione Sicilia ai sensi della Legge 202/2010 e successivo D.M. n. 2 del 2011 con la presente si rivolgono alla S.V. perché voglia intervenire e risolvere la situazione di grave irregolarità venutasi a creare in Sicilia. A tal fine Le rappresentano quanto accaduto nella paradossale vicenda del Concorso a Dirigente Scolastico in Sicilia, bandito nel 2004, espletato 2006 e successivamente annullato per gravissime irregolarità.
La legge n.202/2010, emanata per sanare la situazione venutasi a creare, prevede la rinnovazione del concorso in tre fasi: 1) La sub procedura A) viene conclusa in data 11 Luglio 2010, con la produzione di un elaborato scritto sull’esperienza svolta da parte dei DS già in servizio 2) La sub procedura B) viene conclusa in data 12 luglio 2010 con la produzione di un elaborato scritto sull’esperienza del corso di formazione da parte dei DS idonei, ma non ancora in servizio; 3) La sub procedura C) prevedeva la ricorrezione degli elaborati per tutti coloro che avevano consegnato entrambe le prove scritte e non erano risultati idonei; Nonostante la legge 202/10 contemplasse la conclusione di tutte le operazioni entro un anno dall’emanazione della stessa, e cioè entro la fine del 2011, solamente in data 27 Novembre 2012 viene pubblicato l’elenco di coloro che avevano positivamente superato la ricorrezione delle prove scritte, idonei della sub procedura C). La legge 202/10 non prevedeva una sub procedura per coloro che erano stati bocciati agli esami orali, pertanto intervengono in tal senso due note del Direttore Generale Dott. Chiappetta che prevedono, la prima, l’ammissione direttamente al corso di formazione per i docenti che chiameremo della Sub procedura C bis) e, la seconda, un colloquio per gli stessi. L’Ufficio scolastico Regionale, nell’indicare le date previste per i colloqui nel mese di maggio 2013, precisa che i docenti idonei a seguito del colloquio selettivo, saranno immessi in ruolo dal settembre 2013 insieme agli idonei della sub procedura C) e che frequenteranno il corso di formazione dopo l’immissione in ruolo. Trentacinque dei 106 bocciati agli orali impugnano il provvedimento che impone loro il colloquio orale e chiedono di frequentare il corso di formazione iniziato in data 15 gennaio 2013 per gli idonei della sub procedura C). Il Tar Lazio li ammette con riserva al corso di formazione e impone all’Amministrazione la ricorrezione dei compiti scritti. L’Amministrazione decide di estendere a tutti, anche ai non ricorrenti, la ricorrezione. Ad oggi tutte le operazioni della sub procedura C) sono concluse con il superamento del colloquio selettivo del corso di formazione da parte di n. 37 candidati e, così come previsto dalla Legge 202/2010, dal DM 2/2011 e dal D.D.G. 13/7/2011, si dovrebbe procedere alle immissioni in ruolo degli stessi, con assoluta priorità rispetto agli idonei del concorso del 2011, su tutti i posti disponibili negli a.s. 2010/2011 e 2011/2012, sennonché l’USR Sicilia emana in data 29/05/2013 il decreto n.11206, a firma Dott.ssa Altomonte, che, pur citando in premessa che il D.D.G. 13/7/2011 prevede che le nomine dei dirigenti scolastici risultanti vincitori del concorso 2011 saranno effettuate dopo le nomine dei candidati del concorso 2004, decreta che n.176 posti saranno assegnati ai vincitori del concorso 2011 e che solamente i posti che si renderanno vacanti e disponibili dopo la nomina dei vincitori del concorso 2011 saranno assegnati ai vincitori del 2004, rilevato che nell’a.s. 2010/2011 risultavano vacanti 89 posti e nell’a.s.2011/2012 risultavano n.54 unità in soprannumero. In realtà nell’a.s. 2011/2012, oltre al mantenimento in servizio di n. 47 Dirigenti Scolastici già in età pensionabile, sono state effettuate le seguenti operazioni: n.24 immissioni in ruolo ( decreto del 6/9/2011) n.23 trasferimenti interregionali ( decreto del 27/08/2011)
n.25 incarichi di presidenza (decreto del 06/09/2011) n.156 incarico aggiuntivo di reggenza ( decreto del 6/9/2011) La legge 183, che ha previsto la soppressione delle cattedre di presidenza per le scuole sottodimensionate, è datata 12/11/2011 e, pertanto, va a decurtare le disponibilità dei posti per l’a.s. 2012/2013 e non quelli dell’a.s. 2011/2012. Pretestuosa appare l’affermazione dell’USR Sicilia che considera incompleta la procedura concorsuale di cui alla Legge 202/2010 per i seguenti motivi: 1) Il primo Agosto è stato pubblicato l’elenco dei docenti che hanno superato il colloquio selettivo; 2) Tra i 14 docenti idonei della sub procedura C bis risultano:
N.2 docenti già in quiescenza N.2 docenti già Dirigenti scolastici tramite procedura concorsuale riservata; N. 1 docente già inserita nella graduatoria di merito del Concorso 2011; N. 5 docenti già frequentanti con riserva il corso di formazione con i 40 idonei della procedura C).
Risulterebbero, pertanto, destinatari di un ulteriore corso di formazione solamente n.4 docenti, tra i nuovi idonei. La mancata frequenza del corso di formazione da parte di alcuni non può essere considerata ostativa per la formulazione della graduatoria dei docenti della sub procedura C), perché si ricorda che proprio l’USR Sicilia aveva previsto in data 10 gennaio 2013 per la sub procedura C bis la frequenza del corso di formazione dopo l’ immissione in ruolo, a pari degli idonei del concorso 2011. Alla luce di quanto detto si chiede alla S.V. di voler porre rimedio alla situazione venutasi a creare, che calpesta i diritti di trentasette docenti che aspettano oggi dopo sette lunghi anni e a conclusione di un corso di formazione fortemente professionalizzante l’immissione nei ruoli della Dirigenza Scolastica.
Firmato
Gli idonei del concorso a Dirigenti scolastici per la Sicilia del 2004

Patto educativo di corresponsabilità: sfida da rilanciare

da Tecnica della Scuola

Patto educativo di corresponsabilità: sfida da rilanciare
di Aldo Domenico Ficara
Il Patto educativo di corresponsabilità e il documento – firmato da genitori e studenti contestualmente all’iscrizione nella scuola secondaria di I grado – che enuclea i principi e i comportamenti che scuola, famiglia e alunni condividono e si impegnano a rispettare
Coinvolgendo tutte le componenti, tale documento si presenta dunque come strumento base dell’interazione scuola-famiglia. Riferimento normativo è quello del Decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2007, n. 235. Il focus della problematicità di questo rapporto cade sul rispetto dei ruoli, delle competenze, dei compiti e delle libertà di ciascuna di queste figure. Nell’esercizio della corresponsabilità, infatti, ciò che fa accrescere l’efficacia di questo patto è lo scambio comunicativo e il lavoro cooperativo. Ma ciò che mantiene vivo tale scambio è quel senso di responsabilità sociale che dovrà determinare le scelte strategiche delle scuole, connotando il loro lavoro come contributo significativo alla costruzione del sociale. Le scuole, pertanto, dovranno sfruttare al meglio strumenti e risorse disponibili in modo da consolidare queste nuove forme di collaborazione con le famiglie e aprire nuove forme di dialogo e di comunicazione basate su uno scambio continuo, interno ed esterno, tali da caratterizzare realmente una comunità educante. Il Patto educativo di corresponsabilità è una sfida da rilanciare, perché favorisce da una parte la partecipazione dei genitori alla vita scolastica attraverso i comitati, le associazioni, le iniziative locali di formazione, e dall’altra sostiene e incrementa l’attività nei FORAGS (Forum Regionali dei Genitori della Scuola) e nel FONAGS (Forum Nazionale dei Genitori della Scuola). L’associazionismo dei genitori e degli studenti rappresenta, infatti, un luogo privilegiato di mediazione di interessi, di formazione e preparazione alla partecipazione democratica per il conseguimento del bene complessivo, orizzonte più ampio dell’interesse personale

Domanda on line per l’accesso ai corsi PAS, urgono modifiche o chiarimenti

da Tecnica della Scuola

Domanda on line per l’accesso ai corsi PAS, urgono modifiche o chiarimenti
di A.G.
Dopo l’impossibilità di inserire l’anno in corso, abbiamo appurato che all’interno del pannello “servizi” non sembrerebbe fattibile indicare, per lo stesso anno scolastico, il servizio prestato su più classi di concorso. E nemmeno cumulare le supplenze dell’infanzia con la primaria. Eppure il decreto dirigenziale n. 58 dice che si può.

 

Si aggiungono segnalazioni di “bug” relative alla piattaforma creata dal Miur, all’interno delle ‘Istanze on line’, con lo scopo di far presentare ad almeno 80 mila candidati la domanda di accesso ai Percorsi abilitanti speciali, entro il prossimo 29 agosto. Stavolta alcuni lettori ci fanno presente che all’interno del pannello “servizi” non è possibile indicare, per lo stesso anno scolastico, il servizio prestato su più classi di concorso: infatti, per ciascun anno scolastico, l'interfaccia consente di indicare i giorni di servizio prestati su una sola classe di concorso e se non si raggiungono i 180 giorni l'applicazione segnala che non è possibile inoltrare la domanda. L’errore di programmazione sembrerebbe troppo grossolano per essere vero. Attraverso il decreto dirigenziale n. 58 del 25 luglio scorso, pubblicato sulla GU cinque giorni dopo, viene chiaramente indicato che, per il servizio svolto alle superiori, le tre annualità di supplenze utili per l’accesso ai corsi possono essere effettuate pure su più classi di concorso: basta, sempre, che una annualità riguardi la disciplina specifica nella quale ora ci si candida all’abilitazione. Per la scuola d’infanzia e primaria possono essere utili i servizi annuali svolti anche indifferentemente sui due livelli scolastici, con l’obbligo, però, che ogni annualità sia coperta da 180 giorni minimi della “stessa tipologia di posto”. Abbiamo allora voluto verificare, entrando anche noi nelle ‘Istanze on line’, la bontà delle segnalazioni fornite dai nostri lettori. E non abbiamo potuto fare altro che confermare il problema: sembrerebbe davvero impossibile, per come è stato predisposta la schermata relativa ai “servizi”, unire nello stesso anno scolastico le supplenze svolte su più classi di concorso. Come, allo stesso modo, appare al momento non fattibile l’unione nello stesso a.s. del servizio svolto nella primaria con quello effettuato nelle scuole d’infanzia. Come già abbiamo avuto modo di dire in occasione dell’altra incongruità riscontrata, riguardante la mancata accettazione dell’anno in corso tra quelli i servizi utili per raggiungere le tre annualità minime, è bene che il Miur chiarisca già delle prossime ore: se la domanda telematica contiene effettivamente delle pagine non conformi alle indicazioni del bando di concorso, è bene che si provveda a modificarle con celerità. Qualora, invece, si tratta solo di una compilazione errata di diversi nostri lettori (noi compresi), sarebbe opportuno che il Miur pubblichi una comunicazione (anche una semplice FAQ) all’interno della quale illustri il percorso corretto per inserire più tipologie di servizio svolte nello stesso anno scolastico.

Sparisce il fax nelle scuole?

da Tecnica della Scuola

Sparisce il fax nelle scuole?
di A.G.
Un emendamento al decreto del Fare, introdotto in “zona Cesarini” da Pd e Lega, prevede che per le comunicazioni all’interno di tutta la PA italiana d’ora in poi si utilizzi solo la modalità telematica: un provvedimento epocale, per la cui attuazione c’è ora solo da attendere il sì definitivo al dl.
Potrebbe avere  le ore contate l’uso del fax all’interno della pubblica amministrazione. Quindi anche nelle segreterie di oltre 8mila scuola italiane. All’interno del decreto del Fare è stato infatti introdotto (nella notte tra venerdì 2 e sabato 3 agosto per volontà dei senatori di Pd e Lega) un emendamento che vorrebbe far attuare tutte le comunicazioni della PA attraverso la più sicura (e soprattutto gratuita) modalità telematica. “Ferma restando l’esclusione dell’invio a mezzo fax”, si legge nell’emendamento.
Anche se moltissime istituzioni amministrative e scolastiche già adottano da tempo la modalità telematica, sia per le comunicazioni ufficiali (utilizzando anche la Pec), sia per quelle interne, si tratta di un passaggio epocale.
Per avere la certezza che il provvedimento passi (alla Camera alla fine non se ne fece nulla…), bisognerà però ora attendere l’esito dei lavori previsti al Senato nella giornata di lunedì 5 agosto: l’esame del decreto, infatti, ancora non è entrato nel vivo. E lo farà in ‘zona cesarini’ il 5 mattina, prima che il testo sbarchi in Aula nel pomeriggio.

Una vicenda di fumus persecutionis attuata ai danni di una docente

da Tecnica della Scuola

Una vicenda di fumus persecutionis attuata ai danni di una docente
di Lucio Ficara
Da quando è entrata in vigore la legge 150/2009, che, bisogna ricordare, disciplina le sanzioni disciplinari e le relative competenze di applicazione, nella scuola si sta eccessivamente abusando, da parte dei dirigenti scolatici, di questo potere sanzionatorio
A volte quando un docente, anche se diligente e corretto, si oppone ostinatamente al volere del dirigente scolastico, scatta la minaccia o anche il provvedimento disciplinare. In alcuni casi la minaccia o la semplice censura, sono sufficienti ad intimorire il docente, che si allinea al volere dirigenziale, in altri, il dirigente scolastico, può arrivare, secondo noi contrariamente a quanto previsto dalle norme ordinamentali, a combinare una sospensione dal servizio fino a 10 giorni. Un’arma potente, quella che la legge 150/2009 consegna in mano ai dirigenti scolastici, che purtroppo, come si riscontra da alcune sentenze di tribunale, viene usata impropriamente e in malo modo. Sulla dubbia legittimità del potere conferito ai dirigenti scolastici a sospendere i docenti dal servizio fino a 10 giorni, abbiamo già scritto, adesso vogliamo parlare di una vicenda di fumus persecutionis attuata ai danni di una docente. In cosa consiste il fumus persecutionis? Si tratta di azioni compiute da un soggetto giuridico, come ad esempio il dirigente scolastico o il Rettore di un Convitto nazionale, che non vengono dettate da applicazione della legge o ricerca della verità, ma dalla precisa intenzione di nuocere a una precisa persona. La vicenda è esposta nei fatti da un’elaborata sentenza del tribunale del lavoro di Napoli, depositata in cancelleria in data 11 luglio 2013, con il n. 15091. In questa sentenza si coglie l’intento persecutorio di un Rettore di un Convitto, nei confronti di una docente di sostegno della scuola secondaria di primo grado. Gli atti censori volti a sanzionare la docente sono stati 4, ma per ognuno di questi è stato accolto il ricorso della docente, che è risultata vittima delle attenzioni particolari e persecutorie del Rettore. La sentenza, infatti, dichiara le sanzioni disciplinari illegittime e condanna il Miur alla rifusione delle spese di lite in favore della parte ricorrente. La nostra curiosità rispetto a questa vicenda surreale, si sofferma su due episodi degni di nota, che riteniamo utili menzionare. Il primo episodio che vogliamo focalizzare è quello della sanzione disciplinare combinata alla docente per omissione di soccorso, nei confronti di un allievo infortunatosi in classe. Questa sanzione disciplinare è stata considerata illegittima, per l’oggettiva lievità della lesione allo zigomo del ragazzo. Ha fatto dunque bene la docente di sostegno ad attendere il docente dell’ora che è sopraggiunto in ritardo, valutando che l’infortunio del ragazzo era così lieve che non necessitava di un pronto intervento, tanto da lasciare incustodita la classe. Nella sentenza è scritto che l’omissione di soccorso è una condotta che presuppone la necessità indifferibile di somministrare le cure, che non risulta, dai referti registrati nell’infermeria del Convitto, nel caso specifico. Il secondo episodio che si riferisce ad un’altra sanzione disciplinare è la contestazione fatta alla docente di procurato allarme per l’inopportuna richiesta di intervento delle Forze di Pubblica Sicurezza. Il giudice nella sentenza considera che nella giornata in questione, alla ricorrente furono mosse gravi contestazioni , additandola di essersi allontanata arbitrariamente dalla classe e di avere firmato contemporaneamente in due classi la sua presenza. Quindi la docente di sostegno, afferma il giudice, è stata accusata pesantemente di condotte violative dei doveri istituzionali del docente, ed è quindi giustificabile nella concitazione del momento avere richiesto l’intervento delle Forze dell’Ordine. Al termine della sentenza si definisce la docente di sostegno una professionista diligente e l’impianto sanzionatorio destituite di fondamento e comunque sproporzionate pur nella loro lievità. Questa vicenda e dalla lettura della sentenza, emergono tutti i limiti della legge 150/2009, che permette di utilizzare le sanzioni disciplinari come un’arma di vendetta e non come un mezzo di giustizia.

Domande di accesso ai PAS, ecco come registrarsi alle “Istanze on line”

da Tecnica della Scuola

Domande di accesso ai PAS, ecco come registrarsi alle “Istanze on line”
di Alessandro Giuliani
L’iscrizione alla piattaforma ministeriale è indispensabile: solo chi ne è in possesso può inoltrare la candidatura ai corsi abilitanti riservati. Come indicato nella apposita guida del Miur, attraverso la registrazione si viene in possesso di Username, Password di Accesso e Codice Personale temporaneo. Tramite i quali si ottiene il modulo di adesione, che si porterà (assieme a un documento di riconoscimento e il tesserino del codice fiscale) presso una segreteria scolastica, Usr o AT (attenzione perché alcuni Usr, come quello del Lazio, si sono dichiarati indisponibili). Prima della conclusione della procedura, rimane da sostituire il “Codice Personale temporaneo con uno di propria scelta”.
Diversi candidati all’accesso ai Percorsi abilitanti speciali non hanno ancora provveduto alla registrazione alla piattaforma telematica “Istanze on line”. Eppure, si tratta di un passaggio indispensabile, poiché solo coloro che sono in possesso delle credenziali di accesso al sistema telematico possono fare regolare domanda di accesso ai corsi abilitanti riservati al personale che dall’a.s. 1999/2000 ha svolto almeno 3 annualità da 180 giorni ciascuna (oppure ininterrottamente dal 1° febbraio sino allo svolgimento degli scrutini finali), di cui una sulla disciplina nella quale ora si chiede di abilitarsi.

Pertanto, tutti coloro che si accingono a presentare domanda, entro il prossimo 29 agosto (con possibile proroga di due giorni) è bene che provvedano sin da subito a registrarsi ad “Istanze on line” e venire in possesso di questi requisiti. Come indicato dal Miur, con la procedura di Registrazione, gli utenti ottengono le credenziali di accesso (Username, Password di accesso e Codice Personale) al Sistema Istanze Online su cui saranno resi disponibili i moduli delle domande insieme ad altri servizi a corredo.
La registrazione si compone dei seguenti passi:
–       Accesso alla sezione “Istanze on line – Registrazione”
–       Inserimento dati anagrafici e recapiti dell‟interessato (telefono, indirizzo di residenza, casella di posta elettronica ecc…)
–       Ricezione per posta elettronica delle credenziali di accesso (Username, Password di Accesso, Codice Personale temporaneo)
In particolare, la Username si compone di “nome e cognome” (di norma si seguono le regole dell’accesso alla casella di posta elettronica istituzionale); la Password di Accesso di un codice alfanumerico da utilizzare per l‟accesso ai Servizi on line (per gli utenti di posta elettronica istituzionale si utilizzerà la stessa password); il Codice Personale ènecessario per l‟inserimento delle istanze, viene inviato alla fine della procedura di registrazione e deve essere cambiato al primo accesso ai Servizi on line dopo l‟identificazione.
–       Ricezione del Modulo di adesione
–       Conferma della ricezione della e-mail mediante inserimento del Codice Personale temporaneo ricevuto in un‟apposita funzione della sezione “Istanze on line”
–       Stampa del modulo di adesione
–       Riconoscimento fisico presso una segreteria scolastica, Usr o un AT (l’ex Provveditorato agli studi) preposto a questo compito in funzione del procedimento amministrativo per il quale si richiede per la prima volta l‟accesso. “Il riconoscimento fisico – spiega il Miur – è essenziale per garantire l‟identificazione di chi redige istanze con strumenti informatici e la validità del documento informatico”
–       Sostituzione del Codice Personale temporaneo con uno di propria scelta
–       Conclusione della procedura di Registrazione.
Il Miur ha predisposto una valida guida operativa per l’utente, con una spiegazione che accompagna l’interessato all’iscrizione passo passo (anche attraverso pagine illustrate) finalizzata proprio alla registrazione alle “Istanze on line”.
Si tratta di una guida che condurrà, con alcuni passaggi conseguenziali, direttamente alla “Stampa del modulo di adesione”. Una volta ottenuta questa stampa, il candidato si recherà presso un’istituzione scolastica o ministeriale, centrale o periferica, per effettuare il Riconoscimento fisico. A tal proposito, si fa presente che alcuni Uffici scolastici regionali, come quello del Lazio, in questi giorni si sono dichiarati indisponibili a svolgere questa operazione di riconoscimento dei docenti precari “a causa della complessità delle procedure connesse all’avvio del prossimo anno scolastico” (completamento della mobilità, probabili immissioni in ruolo, conferimento delle supplenze annuali, ecc.). Pertanto, è bene che gli interessati verifichino, anche attraverso i siti internet istituzionali degli Usr o degli AT, se il servizio è attivo o sospeso.
Una volta individuato l’istituto o l’ufficio scolastico che garantisce tale servizio di identificazione, il candidato all’abilitazione potrà presentarsi, negli orari indicati da ciascuna amministrazione, presentando, oltre al modulo di adesione, la fotocopia fronte-retro del documento di riconoscimento indicato nel suddetto modulo ed il tesserino del codice fiscale (in alternativa anche la tessera sanitaria). Qualora si individuasse un’altra persona, andrà presentato anche il modulo di delega compilato e firmato dall’aspirante (come indicato nelle procedure indicate al paragrafo 4. 5. 1., con titolo “La delega”, posta sempre all’interno della guida operativa per la registrazione).